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1 150° ANNIVERSARIO UNITA’ D’ITALIA GIOVANI CABIAGLIESI NEL RISORGIMENTO L’atto di nascita dello Stato italiano, indipendente ed unificato, è datato 14 marzo 1861. Nello stesso giorno il nuovo Parlamento italiano, espressione delle prime elezioni politiche svoltesi il 27 gennaio, approvava all’unanimità il disegno di legge col quale veniva proclamato il regno d’Italia; Vittorio Emanuele II ne assumeva il titolo di re d’Italia, carica che riservava per sé e per i suoi discendenti. L’Italia era finalmente coesa ma ancora Venezia e Roma mantenevano la loro identità separata; la prima era nelle mani dell’Austria, l’altra era residenza da secoli del papa. La Santa Sede era sostenuta dalle potenze cattoliche, particolarmente dalla Francia, che stabilmente manteneva le sue truppe in Roma. Cavour, tuttavia, era intimamente convinto che sia Venezia che Roma dovessero, prima o poi, entrare a far parte del nuovo regno: e la “questione romana” egli volle ben presto affrontare. Il punto di vista di gran parte dei neo parlamentari in merito a tale “questione” era ben espresso dall’interpellanza del deputato Audinot: “ L’Italia ha bisogno di Roma, come Roma ha bisogno dell’Italia… Roma ha bisogno dell’Italia perché l’aiuti a togliersi dal collo il giogo che l’opprime; L’Italia ha bisogno di Roma perché è Roma la capitale naturale dell’Italia; ha bisogno di Roma, perché Roma capitale d’Italia spegnerebbe immediatamente e distruggerebbe le gare municipali delle altre città; ha bisogno di Roma perché da questo estremo lembo d’Italia (Torino) non si può eternamente governare la Nazione; ha bisogno di Roma perché Roma capitale d’Italia sarebbe l’espressione più alta dell’unità e dell’indipendenza nazionale”. Cavour, neo ministro degli interni del nuovo regno, colse l’occasione per pronunziare sull’argomento uno dei suoi più memorabili discorsi politici. “In Roma – egli disse - concorrono tutte le circostanze storiche, intellettuali, morali, che debbono determinare le condizioni della capitale di un grande stato… ; tutta la storia di Roma, dal tempo di Cesare al giorno d’oggi, è la storia di una città la cui importanza si estende infinitamente al di là del suo territorio, di una città, cioè, destinata ad essere la capitale di un grande stato. Convinto, profondamente convinto di questa verità, io mi credo in obbligo di proclamarlo, nel modo più solenne, davanti a voi, davanti alla nazione, e mi tengo altresì in obbligo di fare in questa circostanza appello al

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150° ANNIVERSARIO UNITA’ D’ITALIA

GIOVANI CABIAGLIESI NEL RISORGIMENTO

L’atto di nascita dello Stato italiano, indipendente ed unificato, è datato 14

marzo 1861. Nello stesso giorno il nuovo Parlamento italiano, espressione delle prime elezioni politiche svoltesi il 27 gennaio, approvava all’unanimità il disegno di legge col quale veniva proclamato il regno d’Italia; Vittorio Emanuele II ne assumeva il titolo di re d’Italia, carica che riservava per sé e per i suoi discendenti. L’Italia era finalmente coesa ma ancora Venezia e Roma mantenevano la loro identità separata; la prima era nelle mani dell’Austria, l’altra era residenza da secoli del papa. La Santa Sede era sostenuta dalle potenze cattoliche, particolarmente dalla Francia, che stabilmente manteneva le sue truppe in Roma. Cavour, tuttavia, era intimamente convinto che sia Venezia che Roma dovessero, prima o poi, entrare a far parte del nuovo regno: e la “questione romana” egli volle ben presto affrontare. Il punto di vista di gran parte dei neo parlamentari in merito a tale “questione” era ben espresso dall’interpellanza del deputato Audinot: “ L’Italia ha bisogno di Roma, come Roma ha bisogno dell’Italia… Roma ha bisogno dell’Italia perché l’aiuti a togliersi dal collo il giogo che l’opprime; L’Italia ha bisogno di Roma perché è Roma la capitale naturale dell’Italia; ha bisogno di Roma, perché Roma capitale d’Italia spegnerebbe immediatamente e distruggerebbe le gare municipali delle altre città; ha bisogno di Roma perché da questo estremo lembo d’Italia (Torino) non si può eternamente governare la Nazione; ha bisogno di Roma perché Roma capitale d’Italia sarebbe l’espressione più alta dell’unità e dell’indipendenza nazionale”. Cavour, neo ministro degli interni del nuovo regno, colse l’occasione per pronunziare sull’argomento uno dei suoi più memorabili discorsi politici. “In Roma – egli disse - concorrono tutte le circostanze storiche, intellettuali, morali, che debbono determinare le condizioni della capitale di un grande stato… ; tutta la storia di Roma, dal tempo di Cesare al giorno d’oggi, è la storia di una città la cui importanza si estende infinitamente al di là del suo territorio, di una città, cioè, destinata ad essere la capitale di un grande stato. Convinto, profondamente convinto di questa verità, io mi credo in obbligo di proclamarlo, nel modo più solenne, davanti a voi, davanti alla nazione, e mi tengo altresì in obbligo di fare in questa circostanza appello al

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patriottismo di tutti i cittadini d’Italia e dei rappresentanti di tutte le più illustri città, onde cessi ogni discussione in proposito, affinché chi ha l’onore di rappresentare questo paese a fronte delle estere potenze possa dire: la necessità di avere Roma per capitale è riconosciuta e proclamata dall’intera nazione”. Infine dopo essersi alquanto indugiato a spiegare il concetto ed il contenuto della celebre formula: “Libera Chiesa in libero Stato” Cavour concluse esprimendo la fiducia che potesse essere data “alla stessa generazione di aver risuscitato una nazione e di aver fatto cosa più grande, più sublime ancora : di aver cioè riconciliato il Papato con l’autorità civile; di aver firmato la pace tra la Chiesa e lo Stato, tra lo spirito di religione ed i grandi principi della libertà”. Concluse quella discussione una votazione sopra un ordine del giorno presentato dal deputato Carlo Buoncompagni; ordine del giorno che così si esprimeva: “ La Camera udite le dichiarazioni del Ministro, confida che, assicurata la dignità, l’indipendenza, il decoro del Pontefice e la piena libertà della Chiesa…, Roma, capitale acclamata dall’opinione nazionale, sia resa all’Italia”. Quasi tutti i deputati diedero il loro voto favorevole. A Roma, ora, si sapeva quali fossero il pensiero e gli intendimenti della nuova Italia1. Questo il clima politico che si respirava nel Nuovo Regno d’Italia negli stessi giorni in cui la classe 1844 passava la visita di leva. Era l’11 gennaio 1865 e, tra molti ventenni del Mandamento di Cuvio, si presentarono nella caserma del Distretto di Varese cinque giovani cabiagliesi regolarmente accompagnati e accuditi dagli incaricati dell’Amministrazione comunale; così come previsto dalla legge: “Nel giorno che sarà stato stabilito i coscritti requisiti dei singoli comuni verranno riuniti nei capoluoghi di distretto, e spediti al capoluogo della provincia in convoglio. Ogni comune è obbligato a somministrare l’intero contingente attribuitogli. Le Amministrazioni comunali faranno accompagnare da individui a ciò specialmente incaricati i requisiti, e provvederanno alla custodia dei medesimi ed a tutto ciò che durante il viaggio può essere loro necessario” 2. Erano: Peter Vincenzo; De Maddalena Giacomo; Rossi Giacomo; Porrani Giacomo; Focco Anselmo.

1 Armando Lodolini – Amedeo Tosti; CENTO ANNI: storia e vita italiana in un secolo d’unità nazionale. – Società Poligrafica Editoriale, Città di Castello, 1960 2 ASVa ; Atti del Governo 1° volume 1859; Milano dalla Regia Stamperia – 1860. – cfr “ PATENTE SOVRANA del 17 settembre 1820 portante le prescrizioni relative alla coscrizione militare rimessa in attività in forza della Legge del 17 giugno 1859 colle modificazioni ivi contenute” – SEZIONE XIX – Della spedizione del contingente al capoluogo di provincia.

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Giacomo Rossi

Così recita il Regolamento in merito alla visita di leva: “Giunte le reclute nel capoluogo della provincia, verranno raccolte in locale apposito, in cui rimarranno in pendenza della loro accettazione. Un ufficiale della gendarmeria,…, verrà incaricato principalmente di sorvegliare le reclute, di pagare le spese del vitto, di presentare le reclute, di consegnarle alla Commissione provinciale… Di mano in mano quindi che arriveranno i contingenti, il Delegato provinciale si farà presentare le reclute… e le sottoporrà alla visita di un medico e di un chirurgo da lui nominati, le interrogherà intorno alle obbiezioni che potessero opporre contro la loro destinazione al servizio, e si assicurerà tanto della loro attitudine al servizio, quanto della legalità della loro

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requisizione. Le reclute ammesse verranno indi consegnate alla Commissione incaricata della definitiva accettazione…3

Dei ragazzi di Cabiaglio due furono esentati dal servizio di leva: il primo, Porrani Giacomo figlio di Giovanni Battista e Leoni Ernesta, nato il 27 febbraio, di professione studente, chiese la liberazione dal servizio militare mediante pagamento. Il fatto non era insolito, la legge lo consentiva : era possibile farsi sostituire da altra persona: “Qualunque coscritto destinato a far parte dei contingenti di reclutamento che voglia esimersi dal servire personalmente potrà presentare un supplente che assuma e presti il servizio per lui”.4 Evidentemente il supplente doveva possedere precisi requisiti che lo rendessero idoneo al servizio militare ed inoltre “non potrà essere ammesso un supplente se prima non verrà giustificato per parte del coscritto di aver effettuato un deposito di lire 300 nella cassa del proprio comune. Mediante questo deposito i coscritti, dopo che il supplente è accetto ed ha prestato il giuramento, rimangono esonerati da ogni responsabilità di rimpiazzo… Compiuta la capitolazione del supplente, il coscritto ritira dalla Cassa comunale il deposito.5

Il Consiglio di leva lo fece rivedibile per l’anno successivo adducendo la gracilità come giustificativo.6

L’altro, De Maddalena Giacomo di Vittorio e Tagliabue Carolina , nato il 27 settembre, calzolaio di professione, venne esonerato per problemi di salute essendo affetto da ambiopia dell’occhio destro provocata da causa organica.7

Agli altri tre toccò di servire la patria. Focco (Fochi) Anselmo era orfano di padre; Giacomo infatti era deceduto da

qualche anno ma nonostante ciò Anselmo non venne ritenuto sostegno necessario per la madre vedova Vittoria Ravizzoli poiché la stessa poteva contare sull’aiuto di altri figli e figlie: Angelo, Luigi, Benvenuto, Domenico, Giuseppe, Bonfiglia, Angela Maria. Oltretutto l’Esercito due anni prima aveva dovuto rinunciare alla leva del fratello Domenico riformato per “vene varicose e nodose sulle gambe specialmente al poplite destro”8

3 ASVa ; Atti del Governo 1° volume 1859; Milano dalla Regia Stamperia – 1860. – cfr “ PATENTE SOVRANA del 17 settembre 1820 portante le prescrizioni relative alla coscrizione militare rimessa in attività in forza della Legge del 17 giugno 1859 colle modificazioni ivi contenute” – SEZIONE XIX – Del deposito provinciale delle reclute; SEZIONE XX – Della presentazione delle reclute alla Commissione provinciale, del loro esame e della loro accettazione per parte della medesima . 4 ASVa ; Atti del Governo 1° volume 1859; Milano dalla Regia Stamperia – 1860. – cfr “ PATENTE SOVRANA del 17 settembre 1820 portante le prescrizioni relative alla coscrizione militare rimessa in attività in forza della Legge del 17 giugno 1859 colle modificazioni ivi contenute”- SEZIONE XXI Dei supplenti; {41. 5 ASVa ; Atti del Governo 1° volume 1859; Milano dalla Regia Stamperia – 1860. – cfr “ PATENTE SOVRANA del 17 settembre 1820 portante le prescrizioni relative alla coscrizione militare rimessa in attività in forza della Legge del 17 giugno 1859 colle modificazioni ivi contenute”- SEZIONE XXI Dei supplenti; {43. 6 ASVa “Lista di estrazione della leva dell’anno 1864; classe 1844 - Distretto di Varese - Mandamento di Cuvio – numero assegnato 89” 7 ASVa “Lista di estrazione della leva dell’anno 1864; classe 1844 - Distretto di Varese - Mandamento di Cuvio – numero assegnato 48” 8 ASVa “Lista di estrazione della leva dell’anno 1862; classe 1842 - Distretto di Varese - Mandamento di Cuvio – numero assegnato 110”

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Di Anselmo abbiamo pochissime informazioni, conosciamo la data di nascita sia attraverso l’atto di battesimo9 che gli atti della visita di leva10 :13 gennaio 1844. Dalla stessa fonte apprendiamo che la sua statura era di m 1,66, che svolgeva il lavoro di muratore e che fu ritenuto abile al servizio militare senza precisarne la classe ed il reggimento di destinazione. Nessun altro documento successivo a tale data fornisce notizie di Anselmo. Non sappiamo dove abbia svolto il servizio militare, non esiste atto negli archivi parrocchiali o comunali che informi di un suo eventuale matrimonio o della sua morte. Anche l’archivio privato della sua famiglia non lo cita in nessun rogito o atto notarile: tutto lascia supporre che possa essere deceduto durante una delle guerre di indipendenza per l’unità d’Italia. Probabilmente un martire del Risorgimento. Rossi Giacomo nacque il 31 ottobre da Angelo e Conti Anna Maria11. Fu giudicato abile di seconda categoria12 al servizio di leva13 con il numero di matricola 22953 così viene contrassegnato nel documento di Congedo Assoluto rilasciato a Napoli nel mese di aprile del 1868: statura metri 1,69; capelli castagni; sopraciglia idem; occhi idem; fronte bassa; naso regolare; bocca media; mento tondo; viso ovale; colorito naturale; segni particolari nessuno; ammogliato no; di professione fabbroferraio sa leggere e scrivere. Con Circolare Ministeriale del 28 aprile 1866 N° 16 Divisione Gabinetto del Ministro sezione 1° venne chiamato sotto le armi il giorno 2 maggio e assegnato al 6° Reggimento Fanteria Brigata Aosta. Partecipò alla Campagna di guerra nell’anno 1866 contro gli Austriaci per l’Indipendenza d’Italia. 14

Si trattò della Campagna di Guerra comunemente nota come Terza Guerra d’Indipendenza. Ecco brevemente i fatti. Alla fine del febbraio 1866, la Prussia chiese insistentemente al governo italiano di partecipare ad un’iniziativa comune contro l’Austria; mentre la Prussia avrebbe potuto reclamare l’Hannover e il Granducato di Nassau, il Regno d’Italia avrebbe avuto l’opportunità di battersi per strappare il Veneto all’impero asburgico. L’8 aprile si stipulò l’alleanza italo-prussiana e meno di un mese dopo il nostro Giacomo Rossi venne chiamato sotto le armi. Con una mossa a sorpresa però l’Austria offrì il Veneto alla Francia, affinché questa lo cedesse a sua volta all’Italia, a condizione che entrambe rimanessero neutrali nel possibile conflitto austro-prussiano. Al principio dell’estate il governo italiano venne quindi a trovarsi con un bel dilemma da sbrogliare: da un lato gli veniva concesso il Veneto senza colpo ferire e dall’altro la Prussia sollecitava l’alleato a iniziare i preparativi di guerra. Lamarmora, presidente del Consiglio scelse una debole via di

9 APCa “Liber baptizatorum V volume 1839-1896” 10 ASVa “Lista di estrazione della leva dell’anno 1864; classe 1844 - Distretto di Varese - Mandamento di Cuvio – numero assegnato 96” 11 APCa “Liber baptizatorum V volume 1839-1896” 12 Per la definizione di seconda categoria cfr. “Decreto N°16 -l 17 giugno 1859 di EUGENIO principe di Savoja- Carignano luogotenente generale di sua maestà” ; “Art.4 “ Il contingente che deve somministrare ogni Comune all’Esercito è diviso in due categorie. La prima comprende i coscritti destinati a subito raggiungere le bandiere, e la seconda quelli che muniti di congedo illimitato rimangono alle case loro a disposizione del Governo.”- Cfr ASVa ; Atti del Governo 1° volume 1859; pagg. 24-25; Milano dalla Regia Stamperia - 1860 13 ASVa “Lista di estrazione della leva dell’anno 1864; classe 1844 - Distretto di Varese - Mandamento di Cuvio – numero assegnato 79” 14 Archivio Privato Rossi Bice “Congedo assoluto di Rossi Giacomo. Aprile 1868”

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mezzo che consisteva nell’avviare una guerra contro l’Austria senza coinvolgersi minimamente in un’operazione militare congiunta con la Prussia. Le operazioni di guerra si mossero con molta approssimazione e confusione nell’area del famoso Quadrilatero sotto il duplice comando di Lamarmora, che nel frattempo era divenuto capo di stato maggiore e di Cialdini. Il 6° Reggimento fanteria Aosta, nel quale era stato arruolato il nostro Rossi Giacomo, si ritrovò ad eseguire i confusi ordini di Lamarmora nella battaglia sulle alture di Custoza nel giugno di quell’anno. L’attacco austriaco alle truppe italiane, sebbene si fosse concluso con la conquista del paese di Custoza, non fu una vera e propria vittoria. Lo stato maggiore italiano diede prova di una smodata emotività, allorché, riunitosi per valutare l’esito della battaglia, la giudicò una sconfitta molto più grave di quanto non fosse. Anche per mare le cose non andarono bene per l’Italia ma nonostante ciò l’Austria con la pace di Praga cedette il Veneto a Napoleone III, affinché lo consegnasse all’Italia. Il 21 ottobre 1866, con plebiscito, 647.426 veneti si dichiararono favorevoli all’unione con il Regno d’Italia sotto il governo monarchico-costituzionale del re Vittorio Emanuele II.15 Ma per quella data il nostro cabiagliese era già tornato al suo lavoro di fabbroferraio essendo “partito in congedo illimitato con la sua classe il 12 ottobre 1866 autorizzato a fregiarsi della medaglia istituita con Decreto 4 Marzo 1865 colla fascetta della suddetta Campagna”16. Dopo l’impegno militare Giacomo si profuse anche nel civile come dimostrano le parole di una lapide in sua memoria: GIACOMO ROSSI / LAVORATORE INDEFESSO / PADRE ESEMPLARE / AMATISSIMO DAL PROPRIO PAESE / AL QUALE DEDICO’ L’OPERA SUA / PER BEN MOLTI ANNI / LASCIA BUONA MEMORIA DI SE’ / IN CHI LO CONOBBE / PROFONDO RIMPIANTO / NELLA FAMIGLIA SUA. .

Peter Vincenzo qualificato alla visita di leva come muratore probabilmente era molto più di un semplice manovale, gli si sarebbe potuto attribuire il titolo se non di architetto almeno di geometra. L’attestato conferitogli dalla reale accademia di

belle arti in Milano ci conferma della bontà di tale convincimento:

Signor Vincenzo Peter di Cabiaglio Provincia di Como

L’Accademia le ha aggiudicato un premio con medaglia di rame pei lodevoli progressi da lei fatti nella scuola degli Elementi di Architettura, Sez. 1°.

Nel conferirle questa onorevole distinzione, sono certo che Ella trarrà da essa nuovo incitamento a proseguire negli

studi dell’arte a cui si è dedicato. Milano 2 Dicembre 1861

15 Cfr.Mario Enrico Ferrari,”La storia, gli avvenimenti, i personaggi; tomo terzo :L’età contemporanea politica, società ed economia dal 1861 ai giorni nostri”; della collana STORIA SOCIALE E CULTURALE D’ITALIA; Bramante editore, Busto Arsizio 1988 16Archivio Privato Rossi Bice “Congedo assoluto di Rossi Giacomo. Aprile 1868”

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Il Presidente17

Non è da escludere che il Peter grazie a questo riconoscimento avrebbe potuto richiedere l’esenzione dal servizio militare come previsto dalla legge18 ma non si avvalse di tale opportunità. Dopo l’accurata visita psico-fisica Vincenzo risultò di ottima costituzione e nonostante la statura di soli m 1,57 venne arruolato. Accertate le generalità ( figlio di Francesco e Gattoni Clotilde, nato il 19 marzo 1844), contrassegnato dal numero di Matricola 162 con qualifica di 1° categoria19, lo si assegnò al Contingente militare nel 42° Fanteria. “La durata del servizio pei coscritti di prima categoria è di anni undici. Si compie in tempo di pace con cinque anni di servizio sotto le armi e sei in congedo illimitato. È però facoltà del Governo di ammettere i militari a percorrere una ferma di anni otto in continuato servizio“ 20 durante i quali certamente prese parte alla Terza Guerra d’Indipendenza, di cui abbiamo già fatto cenno raccontando di Giacomo Rossi, ed in seguito alla presa di Roma. Fatti questi ultimi che descriveremo brevemente.

Con l’esito del conflitto franco – prussiano, che vedeva la Francia irrimediabilmente battuta e, proclamata la repubblica al posto dell’impero, venne a cadere per l’Italia ogni obbligo di rispettare la Convenzione di settembre21. Questo fu anche il pensiero del governo italiano e ad esso non mancò l’incitamento del Parlamento, il quale approvò un ordine del giorno in cui si diceva “ di confidare che il Ministero si sarebbe adoperato a risolvere la questione Romana secondo le aspirazioni nazionali”. Tuttavia, allo scopo di dare al mondo ancora una prova di spirito conciliativo(!) e di evitare un possibile spargimento di sangue, il re d’Italia, l’8 settembre, volle fare ancora un tentativo di accordo con la Santa Sede, inviando a tale scopo, a Roma, il ministro degli esteri Ponza di San Martino, latore di una Sua lettera autografa, nella quale ancora una volta pregava il Pontefice di voler addivenire ad un accordo definitivo per la soluzione della questione romana.

17 Archivio Privato Peter Giuseppe “Attestato della Reale Accademia delle Belle Arti di Milano che accompagna la medaglia assegnata a Peter Vincenzo” 18 ASVa ; Atti del Governo 1° volume 1859; Milano dalla Regia Stamperia – 1860. – cfr “ PATENTE SOVRANA del 17 settembre 1820 portante le prescrizioni relative alla coscrizione militare rimessa in attività in forza della Legge del 17 giugno 1859 colle modificazioni ivi contenute” – SEZIONE IV Degl’individui totalmente esentati {10 – Sono affatto esenti dal servizio militare : a)… b)… c)…d)…e) gli allievi delle accademie di belle arti, i quali riportarono uno dei primi premi, ecc… 19 19 Per la definizione di prima categoria cfr. “Decreto N°16 -l 17 giugno 1859 di EUGENIO principe di Savoja- Carignano luogotenente generale di sua maestà” ; “Art.4 “ Il contingente che deve somministrare ogni Comune all’Esercito è diviso in due categorie. La prima comprende i coscritti destinati a subito raggiungere le bandiere, e la seconda quelli che muniti di congedo illimitato rimangono alle case loro a disposizione del Governo.”- Cfr ASVa ; Atti del Governo 1° volume 1859; pagg. 24-25; Milano dalla Regia Stamperia - 1860 20 ASVa ; Atti del Governo 1° volume 1859; Milano dalla Regia Stamperia – 1860 - “DECRETO N°16 del 17 giugno 1859 di EUGENIO principe di Savoja- Carignano luogotenente generale di sua maestà” ; Art.10 21 Tale Convenzione venne stipulata il 15 settembre 1864 tra l’Italia del governo Minghetti e la Francia di Napoleone III. Il trattato prevedeva il ritiro in due anni delle truppe francesi che presidiavano Roma per tutelare il Papa in cambio di un impegno da parte dell’Italia a non invadere lo Stato Pontificio e a proteggere quest’ultimo in caso di attacchi esterni. A garanzie dell’impegno da parte italiana , la Francia chiese il trasferimento della capitale Torino a Firenze. Scomparso dalla scene Napoleone III l’Italia si sentiva libera dagli obblighi derivanti da tale Convenzione.

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Fallito, però anche questo supremo tentativo, altro non rimase che cedere la parola alle armi: l’11 settembre, infatti, il regio governo dava ordine al generale Raffaele Cadorna di muovere su Terni, alla testa di 5 divisioni e varcare il confine pontificio, per marciare quindi su Roma. Alle 5.10 del 20 settembre 1870, le prime cannonate piemontesi riecheggiarono nel cielo di Roma. Vennero colpiti gli archi e i merli di Porta Pia e Porta Maggiore, le mura e i contrafforti del colle Vaticano e della cinta leonina.

Alle 6.35 aprirono il fuoco le batterie del generale Bixio che dirigevano il tiro contro Porta San Pancrazio. I proiettili sfiorarono la cupola di San Pietro e finirono nel Borgo e nei giardini Vaticani. Altri caddero a Transtevere dove scoppiò un furioso incendio. Il Papa convocò il corpo diplomatico ed alla presenza dei rappresentanti di 17 nazioni espose la sua viva protesta. Poi dichiarò di aver dato in quel preciso istante l’ordine della resa totale per evitare un’inutile spargimento di sangue. Nello stesso tempo venne issata sulla Cupola di San Pietro la bandiera bianca.

Nonostante il chiaro segno di resa i colpi delle cannonate continuarono a solcare il cielo di Roma. Avendo le truppe papaline di fatto smesso di difendersi per ordine del Papa, due battaglioni (uno di fanteria, l’altro di bersaglieri) si accostarono alla cinta muraria più debole, nei pressi di Porta Pia, per sistemare di fianco alcune cariche esplosive ad alto potenziale e nonostante la porta fosse ormai libera da militi e da ostruzioni.

A seguito di quell’esplosione si aprì una stretta breccia larga poco più di un paio di metri. Quindi la spaccatura venne allargata a colpi di cannone e piccone dagli uomini del genio sabaudo.

Nonostante le bandiere bianche di resa, la fanteria sabauda si dispose su tre colonne di attacco. Uno schieramento formidabile per assaltare una porta spalancata.

Su questo episodio militare, la mitologia risorgimentale si è sbizzarrita ad imbastire incredibili episodi di valore, costruendo eroi e vicende su stampe e foto raffiguranti cariche , scontri e luoghi esistiti solo nell’immaginario di quella conquista.22

Rimangono comunque i fatti: il 42° Fanteria insieme al contingente di bersaglieri all’interno della 12° divisione aprì la breccia liberando Roma dalla monarchia papale; con loro era il Caporale Peter Vincenzo che per aver partecipato a questa impresa venne insignito della Medaglia ai Benemeriti della Liberazione di Roma 1849-1870.

22 Bibliografia.

- Cesare Bartoletti; il Risorgimento visto dall’altra sponda; Arturo Berisio – Napoli - Gerlandino Lentini; La bugia risorgimentale; Edizioni il Cerchio – Città di Castello – Pg - Antonmaria Sonetti; La liberazione di Roma del 1870 – Osservazioni critiche; Tip. Arciv. Siena - Domenico de Marco; Il Tramonto dello Stato Pontificio; Edizioni Scientifiche Italiane – Napoli - De Cesare; Roma e lo Stato Pontificio – Dal ritorno di Pio IX al XX settembre 1870; Forzani - Roma - Mario Enrico Ferrari,”La storia, gli avvenimenti, i personaggi; tomo terzo :L’età contemporanea politica, società ed

economia dal 1861 ai giorni nostri”; della collana STORIA SOCIALE E CULTURALE D’ITALIA; Bramante editore, Busto Arsizio 1988

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La Giunta Provvisoria di Governo di Roma decise, con decreto del 28 settembre

1870, di ricompensare tutti coloro che avevano partecipato alle guerre di indipendenza e liberazione di Roma, con una medaglia che doveva raffigurare: ”… due fasci romani incrociati con in mezzo uno scudo collo stemma di Roma , la lupa e la legenda – Roma rivendicata ai suoi liberatori -…”.23

Della medaglia da indossare “ … alla parte sinistra dell’abito, sospesa ad un nastro coi colori della città (giallo e rosso) …”24 potevano essere insigniti 1) tutti gli ufficiali e i soldati che avevano preso parte alle operazioni militari della Campagna dell’Agro Romano del 1867 e per la liberazione di Roma del 1870, 2) tutti coloro che avevano preso parte alla difesa di Roma del 1849; 3) coloro che si fossero adoperati per la liberazione di Roma dal 1849 al 1870 segnalandosi con atti di valore e

patriottismo.

L’attestato che accompagna la medaglia dice chiaramente che Vincenzo Peter ebbe diritto di fregiarsi della medaglia poiché in qualità di Caporale del 42 Fanteria partecipò alla Campagna di Liberazione della città di Roma nel 187025.

Della medaglia vennero coniati anche due esemplari in oro uno per S.M. Vittorio Emanuele II e l’altro “alla memoria “ dei fratelli Enrico e Giovanni Cairoli. La versione in argento fu assegnata al Generale Garibaldi e al Conte di Cavour (postuma), nonché ai 24 superstiti del fatto di “Villa Glori”.

Sul fronte la medaglia riproduce lo scudo della città di Roma sovrapposto ad una corona di quercia e a due fasci littori, sormontato dalla lupa romana. In basso le

23 Cfr A.S.C. Gabinetto del Sindaco Medaglia i Benemeriti di Roma , b.57 fasc.1 24 Cfr A.S.C. Gabinetto del Sindaco Medaglia i Benemeriti di Roma , b.57 fasc.1 25 Archivio Privato Peter Giuseppe “Medaglia ai benemeriti della liberazione di Roma assegnata a Peter Vincenzo”

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iniziali “C.M.” sul retro ancora una corona di foglie di quercia che racchiudono la scritta” Roma, rivendicata ai suoi liberatori” sotto ad una stella. A piede la firma dello scultore C. Moschetti. La versione in bronzo misura 31,5 mm di diametro.26

In seguito agli avvenimenti di Roma vennero poi stampate delle cartoline raffiguranti alcuni fanti del 42° reggimento, impegnati nell’assalto delle mura in prossimità della breccia di Porta Pia. Questo a ulteriore conferma della partecipazione a tale operazione da parte di quel reggimento nel quale aveva operato Vincenzo Peter.

Diego Rossi

26 La medaglia è descritta a pagina 315 del volume “Le Medaglie italiane negli ultimi 200 Anni” (1° parte) di Alessandro Brambilla