17
MARIA Mensile sulle opere e sulle missioni dei Padri Maristi italiani Tariffa Associazioni senza fine di lucro Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - DCB - ROMA n. 11 - 12 Novembre - Dicembre 2008

MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

  • Upload
    others

  • View
    3

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

MARIAMensile sulle opere e sulle missioni dei Padri Maristi italiani

Tarif

fa A

ssoci

azi

oni s

enza

fine d

i lucr

o P

ost

e It

alia

ne S

.p.A

. Spediz

ione in

Abbonam

ento

Post

ale

- D

.L. 3

53/2

003 (co

nv.

in L

. 27/0

2/2

004 n

. 46) art

. 1 c

om

ma 2

- D

CB

- R

OM

A

n. 11 - 12 Novembre - Dicembre 2008

Page 2: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

comparsa di Cristo: il mistero del realediventa un segreto che l’indagine umana puòsvelare. Pareti e volta della spelonca crollanoe dalle fenditure filtra la luce: l’era della vitasotterranea è esaurita; comincia l’era dell’e-sperienza reale. L’acqua e le perle del ferma-glio del manto di Maria richiamano la suapurezza incontaminata. Le formazioni roc-ciose, erose dalle forze naturali, sembranoessere metafora della fecondazione inattesadi Maria. Fiori e verzura annunciano la pri-

mavera perenne della redenzione.La correlazione tra i personaggi è basata suuna fitta trama di sguardi e di gesti. LaMadonna ha un aspetto giovanile; avvoltanel manto blu, seduta (o inginocchiata) quasial centro della composizione, osserva ilGiovannino in preghiera poggiandogli lamano destra sulla spalla mentre la sinistra,scorciata, è sospesa sopra il Bambino sedutoe di profilo. Questi, sostenuto dall’angelo,guarda e benedice il Battista, devotamente

ICONOGRAFIA MARIANAICONOGRAFIA MARIANA ICONOGRAFIA MARIANAICONOGRAFIA MARIANA

Tra la fine del 1482 e l’inizio del 1483Leonardo lascia Firenze e si reca a Milano.Nella città sforzesca, una delle metropolieuropee del tempo, egli sperava di riceverecommissioni importanti, come puntualmen-te avvenne. Il primo contratto (del 25 aprile1483), sottoscritto da lui e dai fratelliAmbrogio ed Evangelista de’ Predis, riguar-dava tre tavole di un polittico per la Cappelladella Concezione in San Francesco Grande. Ilcommittente, la Confraternita dellaConcezione, assegnava a Leonardo la tavolacentrale, con una Nostra Donna. Nel polittico,la Vergine delle Rocce fungeva da 'quadro dicopertura’ della statua dell’ImmacolataConcezione, che veniva mostrata solo il gior-no della festa. Sembra che l’audace interpre-tazione del tema leonardesco derivi dal pen-siero teologico di Amedeo Mendes da Silva;questi, fondatore di conventi francescani inLombardia e confessore personale di papaSisto IV, aveva eletto la sua residenza pressoi conventuali di San Francesco a Milano.

Abbiamo la certezza che Leonardo dipinsedue volte il soggetto1. Secondo la tradizionepiù accreditata, la prima versione fu proba-bilmente inviata da Ludovico il Moro comedono di nozze a Massimiliano d’Asburgoandato sposo a Bianca Maria Sforza. DaInnsbruck sarebbe finita in Francia quandoEleonora, nipote di Massimiliano, sposòFrancesco I. Non sappiamo la ragione per la qualeLeonardo abbia sostituito la prima versione2.Di fatto, nella seconda introduce notevolivarianti: le figure sono più grandi e il pan-

neggio semplificato; il gesto dell’Angeloindicante il Giovannino (ora con la piccolacroce) è soppresso e il suo sguardo non è piùrivolto all’esterno. Pur conservando com-plessivamente la stessa posizione, i perso-naggi sono investiti da un’ombreggiaturapiù densa. La tonalità è più fredda.Differiscono anche il chiarore del cielo e laverzura. Da tali semplificazioni iconografi-che e simboliche si può dedurre che la secon-da versione sia stata voluta dall’artista stesso- mai pago delle sue creazioni - per intensifi-care la monumentalità dei personaggi.

Prima di tentare una lettura dell’opera, intri-gante come tutte delle opere di Leonardo,premettiamo l’opportuna osservazione dellostorico: “La Vergine delle rocce è indubbia-mente un quadro a chiave, carico di significa-ti ermetici: non simbolici, tuttavia, perché ilsimbolo manifesta, sia pure in modo traslato,mentre Leonardo vuole che i significatirimangano oscuri, adombrati, e visibili sianosoltanto le forme: come i fenomeni naturali,che si vedono e certo hanno cause e signifi-cati che possono essere indagati e scoperti,ma non sono dati a priori”3. Tuttavia, perquanto soggettiva, un’analisi è possibile.Non vi sono dubbi che nel dipinto i fenome-ni naturali interagiscono con i personaggi. Lacaverna è un motivo che ha sempre affasci-nato l’artista sotto il profilo scientifico-geolo-gico, ma soprattutto come ‘interiora’ dellaterra, ricettacolo della vita geologica, deimoti nello spazio e nel tempo che costitui-scono il suo segreto. I ghiacciai rimandano alpassato, alla preistoria, che finisce con la

La Vergine delle Rocce

Leonardo (1495-1508)olio su tavola, cm. 189,5 x 120,

Londra, National Gallery

La versione del Louvre (1483 - 86)

2 3

Page 3: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

ESPERIENZE

4 5

ICONOGRAFIA MARIANA

inginocchiato e a mani giunte, cinto di pelodi cammello e reggente la piccola croce, l’in-separabile simbolo iconografico. E’ fuor di dubbio che il Battista3 ricopre unruolo primario. Secondo gli apocrifi, Maria eil Bambino avrebbero incontrato Giovanninonel deserto durante la fuga in Egitto; non èescluso che lo scenario roccioso alluda a que-sto evento. D’altro canto è probabile che lasingolare accentuazione del Battezzatorederivi da un’espressavolontà dei committen-ti: la confraternita fran-cescana aveva comefigura di riferimento,oltre a Cristo e sanFrancesco, il Battista.Guardando il dipinto, imembri dellaConfraternita potevanoidentificarsi con lui cheadora il Bambino e sen-tirsi protetti dallaVergine così come pro-tegge il piccolo.Qualcuno ha ipotizzatoche l’angelo siaGabriele; il suo gestoindicherebbe che la suamissione è compiutacon la nascita del Salvatore. Ora tocca alBattista, e poi a Gesù, completare la missioneche per volontà divina egli ha annunciato.Queste osservazioni sono timidi balbetta-menti che non scalfiscono l’ermetismo (inva-licabile) del capolavoro leonardesco.Sorprendente è l’invenzione formale, che“ribalta totalmente la concezione della palad’altare quattrocentesca sopprimendo ognischematica gerarchia degli spazi e valoriz-zando il carattere elusivo del tema sacro”4.La stessa natura non è qui veristicamenteintesa, ma pare svolgere la funzione di apo-calittico commento dell’evento. A ciò s’ag-giunge il suggestivo alternarsi di ombre eluci che definisce i volumi.Il groviglio di sentimenti espresso dall’em-blematico anello dei personaggi sacri si sta-glia sui misteriosi fenomeni geologici ed

atmosferici. Il processo cosmico che muteràper sempre il corso della storia ha l’iniziocon la donna di Nazaret, la mite e dolce fan-ciulla eletta da Dio a Madre del Salvatore. Ilsuo volto, di pallore lunare, campeggia alcentro della composizione. Con i suoi gesti –la mano che sospinge il piccolo Battista versoGesù e l’altra stesa su quest’ultimo – pareaffermare che il Messia annunciato dai profe-ti (di cui il Battista è l’ultimo rappresentante),

abita ormai il mondo,in febbrile attesa dellaredenzione promessa.A ricordare che il pro-getto salvifico ha origi-ne celeste, l’Angelo.Inginocchiato perchésta al cospetto del Dioincarnato e dellaTuttapura. Sul suo voltosi riflette lo stesso timi-do sorriso, venato dimalinconia, dellaVergine. La venaturamalinconica procededalla consapevolezzadell’alto prezzo che ilBambino dovrà pagareper il riscatto dellacreazione; il sorriso

dalla certezza che l’epilogo del dramma saràla vittoria pasquale, allusa anche dal chiaro-re d’alba che, salendo dall’orizzonte, va tin-gendo le pietre.

1 Per un confronto, è riprodotta anche la prima versione.2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce delLouvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto noncorrisponda a quello commissionato dalla Confraternitadella Concezione). Una delle ipotesi è che ancheLudovico il Moro abbia chiesto a Leonardo una Verginedelle rocce ispirata alle visioni del Beato Amedeo e che siastata esposta momentaneamente nella chiesa milanesedi San Francesco Grande in attesa che Leonardo prepa-rasse la versione per la chiesa (quella londinese). 3 Argan, p. 376.4 L’accentuazione della figura del Battista è molto piùesplicita nella prima versione (oggi al Louvre).5 Mauro Natale, La Pittura in Italia, Il Quattrocento, Electa1987, p. 88.

Particolare del volto della Vergine

NATALE NEL DESERTO

Carlo Carretto

Durante l’Avvento mi trovavo sulle dune chiare e calde di Beni Abbes, la stupenda oasi saha-riana. Avevo deciso di prepararmi al Natale in solitudine e avevo scelto come luogo il pozzodi Ouarourout dove l’acqua era abbondante e una piccola grotta naturale poteva servire dacappella (…). Il tempo non tardò a cambiare e il deserto divenne livido e freddo per la brumache copriva il sole. Anche la solitudine diventò difficile perché mi aveva scoperto Alì, figlio diMohamed Assalì, un vero amico che pascolava le sue undici pecore nei paraggi e che era asse-tato di compagnia e di conversazione. Sembrava che lo facesse apposta, ma non sapeva tro-vare per le sue bestie pascoli più adatti e più ricchi di Ouarourout. Mi girava attorno, da lon-tano s’intende, perché sapeva che quando ero in preghiera doveva stare lontano e non dis-turbarmi. Il pozzo era comune e quindi era giustificato ad avvicinarsi quando andavo adattingere acqua. Naturalmente ne approfittava per invitarmi al tè, che preparava lui dopoaver preso tutto l’occorrente nella mia tenda. Alì faceva bene il tè e amava prenderlo con meaccompagnandolo col pane ch’io avevo cotto sotto la cenere. Poi partiva per il pascolo e pertutta la giornata s’accontentava di guardarmi da lontano (…). Il tempo si fece più cattivo edovetti rinforzare le corde che tenevano la tenda prevedendo la bufera, che nel deserto è ter-ribile. La tempesta si scatenò ben presto. Chi è stato nel deserto sa cos’è la tempesta di sabbia.Per dirvi ciò che può capitare, basta ricordarvi che in pieno giorno dovete accendere i faridella macchina per vedere la pista e i vetri e la vernice diventano smerigliati dalla violenzadella sabbia.L’unico mio rifugio diventò la grotta e là pensai di restare giorno e notte, non volendo inter-rompere il ritiro. Pensando ad Alì che non avevo più visto, mi convinsi che doveva aver capi-to a tempo le cose e, per non farsi sorprendere dalla tempesta aveva certamente raggiunto l’o-vile e la tenda paterna. Me ne stavo pregando nella grotta quando lo vidi irrompere di corsa,agitato all’estremo: ‘Vieni, vieni fratel Carlo. Le pecore stanno morendo nella sabbia; sonoperdute. Aiutami!’. Corsi alla macchina e con lui ci buttammo nel deserto sconvolto dal ventoe dalla sabbia che ciaccecava. Non fufacile ritrovare lepecore in quell’infer-no. Erano spaventa-te, indebolite e vaga-vano qua e là tra leraffiche di sabbia e dipioggia che avevacominciato a cadere.Non avevo mai vistoniente di simile edesperimento ancorauna volta come, neldeserto, vita e mortesiano così vicine dicasa. Mentre io gui-

Page 4: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

ESPERIENZE

6 7

ESPERIENZE

davo la macchina e cercavo di non smarrirmi, Alì si precipitava sulle pecore e ad una ad unale intasava sulla macchina, esauste e inebetite dalla paura. Riuscimmo a portare le pecorenella grotta, unico rifugio possibile per sfuggire a quell’uragano che ci tagliava il respiro. Lapiccola grotta fu piena di lana, di belati e di acre odore di gregge. Non mi era difficile pensa-re alla grotta di Betlemme e cercavo di scaldarmi mettendomi vicino alle pecore più grosseche, bagnate come me, tremavano nella semioscurità della sera. Tolsi l’Eucaristia dal tabernacolo e mi appesi la teca al collo sotto il bournous (mantello).Naturalmente non riuscimmo ad accendere il fuoco per la cena; dovemmo accontentarci dimangiare pane e una scatola di sardine. Ma ad Alì le sardine piacevano. Io avevo voglia dipregare e capii subito che in fondo non m’era andata male con tutto quel trambusto. Forseavrei potuto trascorrere una notte un po’ speciale. Era vicino il Natale. Ero in una grotta conun pastore. Avevo freddo. C’erano le pecore e puzza di sterco. Non mancava proprio niente.L’Eucaristia che avevo appesa al collo m’impegnava a pensare a Gesù presente sotto il segnodel pane, così simile al segno di Betlemme, terra del pane.Scendeva la notte. Fuori la tempesta continuava ad imperversare sul deserto. Ormai nellagrotta tutto era silenzio. Le pecore riempivano lo spazio disponibile. Alì dormiva avvolto nelsuo bournous con la testa appoggiata sulla spalla di una grossa pecora. Ai piedi aveva dueagnellini. Io pregavo ripetendo a memoria il Vangelo di Luca: “Ora mentre si trovavano in quel luogo, sicompirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depo-se in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’albergo”. Tacqui e rimasi in attesa. Maria diventò la mia preghiera e me la sentii vicina vicina. Gesù eranell’Eucaristia proprio lì, coperto dal mantello. Tutta la mia fede, la mia speranza, il mioamore erano in un punto. Non avevo più bisogno di meditare: bastava contemplare in silen-zio. Avevo tutta la notte a disposizione e l’alba era ancora lontana. Sognavo? Vegliavo? Nonlo so. Il tutto era una cosa sola. Del resto, che differenza c’è tra il sogno e la realtà quando ilsogno riguarda la venuta di Dio sulla terra e la realtà è una grotta come quella descritta daglievangelisti? Credere che Dio si è fatto uomo è il più grande sogno dell’uomo. Si direbbe chetale fu il desiderio di unire la terra al cielo che il Natale diventò la realizzazione di quel desi-derio. Insomma il Natale, la venuta di Dio sulla terra, l’ho desiderata io e l’ho sognata o è unfatto straordinario come un sogno che si è avverato? Penso l’uno e l’altro, tanto è cosa straor-dinaria; certamente la venuta ha anticipato il sogno perché nessuno di noi sarebbe stato capa-ce di fare un sogno così unico e bello. Che ne dici tu, Maria, tu che sei la più interessata? Non ti pareva un sogno l’avere un figlio diquel genere? Ti pareva cosa reale? L’averlo generato nella carne era niente in confronto allafatica di generarlo nella fede. Vedere un bimbo, il tuo bimbo era facile, ma credere, credere,mentre gli facevi fare la pipì in un angolo, che proprio lui, il tuo bimbo, era il Figlio di Dio,non era cosa facile. La fede era certamente oscura, dolorosa anche per te, non solo per noi, tuoifratelli su questa terra di viventi. Io ho qui, sotto il mantello, appesa al collo la teca contenen-te l’Eucaristia. E’ un piccolo pezzo di pane consacrato dalla fede della Chiesa; lo porto con me,lo amo, lo adoro, ma non è facile credere. Non è così Maria? Non c’è fatica più grande sullaterra della fatica di credere, sperare, amare: tu lo sai. Aveva ragione la tua cugina Elisabetta adirti: Beata te che hai creduto. Sì, beata te, Maria. Beata te che mi aiuti a credere. Beata te che haiavuto la forza di accettare il mistero della Natività, e il coraggio di prestare il tuo corpo ad unsimile avvenimento, che non ha limiti nella sua grandiosità e nella sua inverosimile piccolez-za. Nell’incarnazione gli estremi si sono toccati e l’infinitamente lontano s’è fatto l’infinita-mente vicino, l’infinitamente potente s’è fatto l’infinitamente povero. Maria, capisci cos’hai fatto? Sei riuscita a stare ferma sotto il peso di un mistero senza confi-ni. Sei riuscita a non tremare davanti alla luce dell’Eterno che cercava il tuo ventre come casa

per riscaldarsi. Sei riuscita a non morire di paura davanti al ghigno di Satana, che ti dicevache era cosa impossibile che la trascendenza di Dio potesse incarnarsi nella sporcizia dell’u-manità. Che coraggio, Maria! Solo la tua umiltà poteva aiutarti a sopportare simile urto diluce e di tenebra (…).Sono qui in una stalla accanto a Maria e m’immergo nel Vangelo e il Vangelo mi dice: Mariadiede alla luce il suo figlio. La trascendenza è divenuta incarnazione, la paura s’è fatta dolcezza,l’incomunicabilità abbraccio. Il lontano s’è fatto vicino, Dio divenne Figlio. Capite quale rove-sciamento s’è compiuto? Per la prima volta una donna poté dire in tutta Verità: ‘Dio mio,figlio mio’. Ora non ho più paura. Se Dio è quel bimbo messo lì sulla paglia della grotta, Dionon mi fa più paura. E se anch’io posso sussurrare accanto a Maria: ‘Dio mio, figlio mio’, ilparadiso è entrato a casa mia, recandomi veramente la pace (…).Maria, credo come te che quel bimbo è Dio ed è tuo figlio, e lo adoro. Adoro la sua presenza

nella teca che porto, dove Lui è nascosto sotto il segno fragilissimo del pane, più fragile anco-ra della carne. Sento te, Maria, che di tanto in tanto ripeti, come a Betlemme: ‘Dio mio, figliomio’. E io ti rispondo: ‘Dio mio, figlio mio’. E’ il rosario di stasera. Come allora. Il fiato deglianimali scalda la grotta. Come allora.

(da “Beata te che hai creduto”, ed. Paoline 1980)

Piero di Cosimo, Madonna col Bambino e San Giovannino (entro il 1490)(già Londra, mercato antiquario)

Page 5: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

bisogno di parlarne’ (1,8). Essi hanno abban-donato gli idoli ‘per servire al Dio vivo evero e attendere dai cieli il suo Figlio, cheegli ha risuscitato dai morti, Gesù, che cilibera dall’ira ventura’ (1, 9-10); già questoaccenno al ritorno di Cristo mostra che il temadella parusìa ha una notevole importanzanella lettera. Quanto all’espressione ‘l’ira ven-tura’, essa indica la giustizia di Dio (intesacome punizione per chi non si pente), prossi-ma a venire o comunque possibile in ognimomento.

L’AUTODIFESA. Ora Paolo parla di sé, dicome si è comportato nel predicare il vange-

lo in Tessalonica. Uscito dall’esperienzadolorosa vissuta a Filippi, ha trovato la forzadi predicare con coraggio, sincerità e massi-mo disinteresse: ‘Dopo avere prima soffertoe subito oltraggi a Filippi, come ben sapete,abbiamo avuto il coraggio di annunziarvi ilvangelo di Dio in mezzo a molte lotte. E ilnostro appello non è stato mosso da volon-tà d’inganno, né da torbidi motivi, néabbiamo usato frode alcuna; ma come Dioci ha trovati degni di affidarci il vangelo,così lo predichiamo, non cercando di piace-re agli uomini, ma a Dio, che prova i nostricuori’ (2, 2-4). E’ evidente in questi passi – enei seguenti dove afferma di non aver mai

pronunciato ‘parole diadulazione’ o avuto‘pensieri di cupidigia’ o‘cercato la gloria umana’-un’autodifesa dalleaccuse mossegli daisuoi avversari. Al con-trario, afferma d’esserestato amorevole ‘comeuna madre nutre e hacura delle propriecreature’ (2,7) e di averlavorato giorno e notte‘per non essere dipeso ad alcuno’ (2,9);per dimostrare quantoli ami, desidererebbenon solo aver dato loroil vangelo, ma la suastessa vita. Sotto formadi ringraziamento aDio, Paolo rievoca lagrande fede deiTessalonicesi - i qualihan saputo scorgerenelle sue parole la pre-senza del Verbo celeste– e la persecuzionesubita dai loro conna-zionali, come i Giudeiconvertiti la subisconodai propri. A propositodei Giudei, Paolo pro-

LETTERE PAOLINE - I TESSALONICESI

8 9

LETTERE PAOLINE - I TESSALONICESI

La lettera risale agli anni 50-51, quindiprima della stesura definitiva deiVangeli. E’ una preziosa testimonianzadella fede cristiana (a soli vent’annidagli eventi pasquali), del modo in cui siparlava di Cristo e della notevole chia-rezza e profondità dottrinale già alloraraggiunta. Inoltre mostra con forte evi-denza i sentimenti dell’Apostolo: “Innessun’altra lettera come qui, dove nondeve combattere alcun errore o abuso,Paolo si manifesta tanto vibrante, sin-ceramente felice di aver ricevuto notizieche hanno dissipato le sue ansietà. Lacommozione con cui parla del tempotrascorso con quelli di Tessalonica e deldesiderio di rivederli, fa pensare all’at-teggiamento di un innamorato e, insie-me, di un padre affettuoso”.Tessalonica era il porto principale dellaMacedonia. Paolo e Sila vi trovano unanumerosa comunità ebraica. I due allog-giano in un primo tempo in una locanda,fino a quando Giasone, un convertito, liospita in casa sua. Paolo si mantienelavorando in un laboratorio di tessutiper tende. Gli Atti degli Apostoli ricor-dano che Paolo annuncia Cristo nellasinagoga locale. Solo un piccolo gruppolo segue; i più vedono in lui un concor-rente pericoloso e organizzano un’agita-zione di piazza per impressionare leautorità locali. Paolo e Sila riparano adAtene. Da lì Paolo invia Timoteo aTessalonica per sapere come stanno lecose. Teme che l’ostilità dell’ambientescoraggi i pochi cristiani di origineebraica e demoralizzi i fedeli pagani. Magli preme anche di confutare le insinua-

zioni degli avversari; essi dicono che,come tutti i propagandisti delle scuolefilosofiche e i predicatori di dottrinenuove, Paolo si è servito della sua elo-quenza per sedurre i curiosi e spillarequattrini ai ricchi; che si sia dileguato difronte al pericolo, concludono, è laprova della sua cattiva fede. Sono questele ragioni che spingono Paolo a scriverela lettera.

I RINGRAZIAMENTI. Dopo la consueta for-mula di saluto - in questo caso particolar-mente sobria - Paolo passa subito a ringra-ziare Dio per essere la chiesa deiTessalonicesi impegnata nella fede, operosanella carità e nutrita di costante speranza nelSignore Gesù (1,2). Tutto ciò non è avvenutosoltanto per opera umana (la predicazione),ma per la presenza operante dello Spirito diDio: ‘Il nostro vangelo, infatti, non si è dif-fuso fra voi soltanto per mezzo della paro-la, ma anche con potenza e con SpiritoSanto’ (1, 4-5). I fedeli di Tessalonica, dun-que, sono stati fatti oggetto di una particola-re grazia da parte di Dio (eletti). ‘E voi sietediventati imitatori nostri e del Signore’ (1,6): con questa espressione Paolo non si ponecerto sullo stesso piano di Cristo, ma si pre-senta come uno che l’ha scelto come modellodi vita. I fedeli di Tessalonica sono sullabuona strada: hanno accolto ‘la parola con lagioia dello Spirito Santo anche in mezzo agrande tribolazione’. Proprio per aver per-severato nella fede nonostante le persecuzio-ni essi sono diventati ‘modello a tutti i cre-denti che sono nella Macedonia enell’Acaia’ (1,7); non solo, soggiunge, ‘ma lafama della vostra fede in Dio è diffusa dap-pertutto, di modo che non abbiamo più

LA PRIMA LETTERA AI TESSALONICESI

Page 6: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

considerazione l’amore fraterno, nel quale iTessalonicesi già si distinguono, esortandolia fare ‘ancora di più’, e offre loro delle indica-zioni concrete: ‘Vivere in pace, attenderealle cose vostre e lavorare con le vostremani, come vi abbiamo ordinato, al fine dicondurre una vita decorosa di fronte agliestranei e di non aver bisogno di nessuno’(4,11-12); se Paolo esemplificava l’esortazio-ne alla santità invitando alla purezza delcorpo, qui esemplifica l’esortazione all’amo-re proponendo il lavoro per non pesare suglialtri e come un’opportunità d’essere caritate-voli e credibili.

IL GIORNO DEL SIGNORE. Nel prosie-guo, la lettera assume il tono dell’istruzione.Sembra che Paolo intenda chiarire alcunedifficoltà che gli sono state riferite. Egli affer-ma che, al momento della parusìa, è indiffe-rente l’essere tra quelli già morti o tra i vivi; imorti infatti risorgeranno e formeranno con irimasti in vita un unico corteo incontro aCristo: ‘Noi crediamo che Gesù è morto erisuscitato; così anche quelli che sonomorti, Dio li radunerà per mezzo di Gesùinsieme con lui’ (4,14). Il solenne ‘Noi credia-mo’ d’apertura è giustificato dall’enunciazio-ne del nucleo centrale del messaggio cristia-no; l’argomento teologico che segue – larisurrezione dei cristiani conseguente allarisurrezione di Cristo - è semplice e inconfu-tabile come un dogma. Paolo evoca poi lo scenario del ‘giorno delSignore’ servendosi di elementi tradizionalidelle teofanie e degli scritti apocalittici: ‘IlSignore stesso, a un ordine, alla voce del-l’arcangelo e al suono della tromba di Dio,discenderà dal cielo. E prima risorgeranno imorti in Cristo; quindi noi, i vivi, i super-stiti, saremo rapiti insieme con loro tra lenubi, per andare incontro al Signore nell’a-ria, e così saremo sempre con il Signore’ (4,16-17). Egli pensa che il ‘giorno del Signore’non sia lontano e include se stesso e i suoi let-tori tra coloro che probabilmente lo vedran-no prima di morire. Se è vero che spera così,è altrettanto vero, come lui stesso dichiara

altrove (cfr. 5, 1-3 e 2 Ts 2, 1-12) che quelmomento non è prevedibile.

LA VIGILANZA. Il desiderio di conoscere iltempo della parusia è umano, tuttavia èdestinato a restare insoddisfatto; Paolo ram-menta, in proposito, un punto dell’insegna-mento cristiano, direttamente collegato alleparole di Gesù: ’Riguardo poi ai tempi e aimomenti, fratelli, non avete bisogno che vene scriva; infatti voi ben sapete che come unladro di notte, così verrà il giorno delSignore’ (5, 1-2). Ciò che conta, prosegue, èl’essere vigilanti così da non lasciarsi coglie-re di sorpresa: ‘Non dormiamo come glialtri, ma restiamo svegli e siamo sobrii’ (5,6). L’idea che la vita è una lotta, suggerisce aPaolo immagini desunte dal mondo militare:‘Dobbiamo essere sobrii, rivestiti con lacorazza della fede e della carità e avendocome elmo la speranza della salvezza’ (5, 8).Come accade sul finire di una lettera,l’Apostolo accumula frettolosamente le rac-comandazioni che ritiene utili per migliorarela vita cristiana dei Tessalonicesi. Invita alrispetto di quanti svolgono compiti direttivi;ad aiutare i fratelli in difficoltà; a vivere nel-l’ottimismo cristiano cogliendo il bene ovun-que sia e a rallegrarsene e ringraziare; a nonsoffocare le ispirazioni che vengono dall’alto.

LA CONCLUSIONE. ‘Il Dio della pace visantifichi fino alla perfezione, e tutto quel-lo che è vostro, spirito, anima e corpo, siconservi irreprensibile per la venuta delSignore nostro Gesù Cristo. Colui che vichiama è fedele e farà tutto questo!’ (5, 23-24). In calce aggiunge: ‘Vi scongiuro, per ilSignore, che si legga questa lettera a tutti ifratelli’. Che Paolo dia grande importanza aquest’ultima raccomandazione lo dimostra ilpassaggio dal plurale maiestatico al singola-re e l’uso dell’espressione forte ‘vi scongiuro’.L’usanza di leggere pubblicamente le sue let-tere e di passarle alle altre comunità cristianene ha favorito la conservazione e quindi ilformarsi della raccolta degli scritti canonicipaolini.

nuncia un severo giudizio su quelli tra loroche ostacolano la realizzazione del pianodivino di salvezza: ‘essi colmano la misuradei loro peccati! Ma ormai l’ira è arrivata alcolmo sul loro capo’ (2,16).

L’AUSPICIO. Riprende poi il tono narrativointerrotto e confessa ciò che i Tessalonicesinon possono che conoscere in modo vago: ilsuo forte desiderio di rivederli dopo il dis-tacco forzato e il rammarico di non poterlosoddisfare (‘satana ce lo ha impedito’), il timoreche nelle tribolazioni essi si perdano d’ani-mo: ‘Per questo – prosegue - non potendo

più resistere, abbiamo deciso di restare soliad Atene e abbiamo inviato Timoteo,nostro fratello e collaboratore di Dio nelvangelo di Cristo, per confermarvi ed esor-tarvi nella vostra fede, perché nessuno silasci turbare in queste tribolazioni’ (3, 1-3).Le notizie avute da Timoteo lo rendono dop-piamente felice sia perché lo rassicuranocirca la saldezza della fede e della carità deiTessalonicesi, sia perché i suoi sentimentisono ampiamente corrisposti; poi il motivoumano dell’amicizia s’intreccia a quello apo-stolico di poter perfezionare la formazionedei nuovi cristiani: ‘Quale ringraziamentopossiamo rendere a Dio riguardo a voi, pertutta la gioia che proviamo a causa vostradavanti al nostro Dio, noi che con viva insi-

stenza, notte e giorno, chiediamo di potervedere il vostro volto e completare ciò cheancora manca alla vostra fede?’ (3, 9-10). Ilricordo di quel desiderio sfocia in una pre-ghiera formulata come un augurio: per sé dipoter tornare a Tessalonica, per i destinataridi crescere nell’amore e di rafforzare la lorosantità così da affrontare senza timori ‘il gior-no del Signore’ (la parusìa).

ESORTAZIONI. Dopo aver pregato per laloro santità, ora Paolo li esorta a progredirein una condotta coerente con l’insegnamentoricevuto: ‘Voi conoscete quali norme vi

abbiamo dato da parte del Signore Gesù.Perché questa è la volontà di Dio, la vostrasantificazione: che vi asteniate dall’impudi-cizia, che ciascuno sappia mantenere il pro-prio corpo con santità e rispetto, non comeoggetto di passioni e libidine, come i paga-ni che non conoscono Dio’ (4, 2-5). I cristia-ni della Tessalonica vivono in un ambientepagano dai costumi rilassati, specie perquanto concerne la vita sessuale: ciò spiegala raccomandazione di Paolo a trattare il pro-prio corpo col massimo rispetto; i suoi nonsono semplici consigli umani, ma comanda-menti di Dio: ‘Chi disprezza queste normenon disprezza un uomo, ma Dio stesso, chevi dona il suo Santo Spirito’ (4, 8).L’Apostolo cambia argomento e prende in

10

LETTERE PAOLINE - I TESSALONICESI LETTERE PAOLINE - I TESSALONICESI

11

Pag. precedente:El Greco,

San Paolo (1600-07),Coll. Marqués de San Feliz

AccantoRaffaello,

Il discorso di san Paolo ad Atene(1509-20),

cartone per gli arazzi della Cappella Sistina,

Victoria & Albert Museum,Londra

Page 7: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

PARROCCHIE - 2 PARROCCHIE - 2

13

RIVAIO - CASTIGLION FIORENTINO

Tutti conosciamo la parrocchia. P. Lorenzo Curti è l’attuale parroco.

Collaboratori i Padri Buccelletti, Topini e Fratel Eugenio. Brevi relazioni e belle foto

documentano l’intensa attività estiva della parrocchia

a cura di Fabio e Katia

IL GRUPPO GIOVANI RIVAIO ‘92 A VIGNE

Un passettino ancora più lontano da Castiglion Fiorentino per il GGR92 inquesta estate 2008! Il campo estivo si è infatti allegramente svolto in quel di Vigne, piccolo pae-sello a metri 850 nei dintorni di Fabriano, dai simpatici paesani e dove unpaesaggio simile a quello alpino ha fatto da cornice alle nostre giornate digioco e di riflessione. Il tema del campo che abbiamo affrontato è stato un viaggio tra i testimo-ni della fede del nostro mondo, dai personaggi remoti a quelli da noi piùconosciuti. Due buone camminate hanno accompagnato le estenuanti partite a calcio-tennis, gioco che quest’anno ha coinvolto tutta la compagnia. Inaspettate invece le due uscite fuori casa: la visita alle spettacolari Grottedi Frasassi e l’ingegnoso Museo della Carta di Fabriano dove abbiamopotuto mettere le mani in pasta per creare dei veri e propri fogli di carta contanto di filigrana. Il tutto condito con la spensieratezza dei nostri ragazzi !!!

12

AZIONE CATTOLICA RAGAZZI Un caloroso saluto a tutti da parte dell'Azione Cattolica dei Ragazzi!!Ebbene sì, la mitica ACR è sbarcata da due anni ormai a CastiglionFiorentino ed anche quest’anno i ragazzi della nostra parrocchia (e nonsolo) si sono imbarcati nell'avventura dei campeggi estivi del ‘Tempo EstateEccezionale’. Luogo di questa avventura? Gello di Anghiari!! Una simpa-tica casa in mezzo al verde con chiesa annessa. Il campo-elementari a cui inostri ragazzi hanno partecipato aveva come ambientazione niente popò dimeno che ‘La spada magica - Alla ricerca di Camelot‘. Non basterebbero mille parole per descrivere la gioia di questi ragazzi edegli educatori. Guardate questa foto e capirete da soli quanto si sianodivertiti tra gioco, lavoro e preghiera!! 1 2 3 4 5 6 ciao!!!!!!!!!!!

Page 8: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

14

PARROCCHIE - 2 PARROCCHIE - 2

15GRUPPO GIOVANI RIVAIO 1993

Il campeggio della Parrocchia del Rivaio per i ragazzi nati nel 1993, si èsvolto dal 27 settembre al 02 agosto in Casentino a Corezzo con il titoloS.P.Q.R. Sono Pazzi Questi Ragazzi!!. L'idea è stata di ambientarlo nel 50A.C. dove noi, irriducibili Galli, lottavamo contro l'invasore Romano. Il campeggio era improntato sul tema della 'libertà' in questo senso, l’epicastoria del piccolo villaggio di Galli dove vivevano Asterix e Obelix con i loroamici, ci sembrava adeguata per creare l’ambientazione giusta per trattaretemi come la libertà dell'uomo, la libertà di essere se stessi e la libertà discegliere. Infatti tali argomenti ben si adattavano alla lotta contro Romausurpatrice della libertà e della civiltà galliche, di cui i personaggi ne anda-vano fieri.

La settimana è trascorsa tra formazione, preghiere, giochi e gite con spiritodi profonda comunione dove praticamente ogni momento di vita è statovissuto tutti insieme.

GRUPPO GIOVANI PIU’ GRANDI

Il Campo estivo si è svolto nel fantastico ambiente di Passo Cereda, che grazie aPadre Renzo è sempre pronto ad accoglierci nelle nostre avventure. Dal 4 all'11agosto ci siamo così avventurati nelle Dolomiti, che ci hanno permesso di affron-tare camminate di svariata difficoltà per i ripidi pendii rocciosi. In particolarericordiamo l'arrivo sulla cima Mulaz, a 2907 metri di altitudine, dove la vista spa-ziava su tutti i maggiori gruppi delle Dolomiti.

Il tema del Campo, ripreso dalla GMG di Sidney, è stato "Mi sarete testimoni". Loabbiamo affrontato, come sempre, confrontandoci con discussioni, e con l'aiuto diun libro (‘il Diavolo e la signorina Prym’), di un film (‘Juno’) e di una canzone,(‘Cambierà’) di Neffa. Abbiamo parlato dell'essere testimoni nel mondo secolariz-zato in cui siamo immersi, dove a volte è necessario già essere dei missionari, deitestimoni, negli ambienti che frequentiamo quotidianamente, e dove la soddisfa-zione che ci arriva quando ci sentiamo di aver davvero agito per il verso giusto(cioè con il coraggio dei veri testimoni), è davvero notevole. E’ stata una bella esperienza. Alcuni giovani, per la prima volta con noi, si sonopotuti inserire con facilità nel nostro gruppo: l'ambiente montano è un importan-tissimo mezzo per creare gruppo. Nel nostro piccolo ci siamo così sentiti anche noi più vicini ai tanti giovani che sisono ritrovati a Sidney.

Page 9: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

16 settembre, martedì. Di prima mattina duepullman trasportano i partecipanti (66) dapiazza del mercato di Ospitaletto all’aero-porto di Orio al Serio (Bergamo). Il parroco,don Renato, prende posto sul primo. Io sul-l’altro. Mentre faccio recitare qualche pre-ghiera propiziatrice, passo in veloce rassegnai partecipanti: molte coppie attempate (certa-mente pensionati), pochi single, pochissimigiovani. Aeroporto superaffollato. Dovevoimmaginarlo: siamo nella regione italianapiù trafficata d’Italia. Check-in veloce e ciaccolgono le poltrone (comode) del vettoreEuroflight. Quattro tranquille ore di volo. Siaprono i portelloni e una vampata d’aria tor-rida toglie il respiro. Siamo in Giordania. Ciaccomodiamo nei due pullman locali. Sulnostro, ci dà il benvenuto, in buon italiano, laguida. Si fa chiamare Aldo. Un signore(beduino di nascita, lo dice con fierezza), lau-reato in archeologia e, a suo dire, autore dilibri di storia locale. Ci sistemiamo nel GulfHotel, ad Aqaba, la seconda città giordanaper importanza, affacciantesi sul Mar Rosso.Sono le 16,00 passate e il programma nonprevede nulla fino alla cena. Prendo posses-so della camera (singola) assegnatami.Carina: ampia, con salottino, tv, frigo, condi-zionatore, bagno faraonico. Dopo una docciafaccio un giretto. Mi attira la cortina di picchispogli e seghettati che fa da sfondo alla città.

Scendo sul lungomare. Tra i palmizi, unmosaico di microscopici appezzamenti qua-drati di terra coltivata a verdura: ogni lembodi terra è contesa al deserto e sfruttata. Ungruppo di ragazzini con maschera esplora ifondali del Mar Rosso. Ore 20,00, cena a selfservice. Abbondanza di piatti. Dominano leverdure e coloratissimi intingoli. Assaggiotutto. Solo soletto ritorno sul lungomare perfumarmi un narghilé. Prendo posto al tavolodi un locale (chiamiamolo così), delimitatoda tende consunte e slavate. Un megascher-mo televisivo trasmette una partita di calcio.Scelgo il tavolo più appartato. Tra l’indiffe-renza generale, un’enorme pantegana attra-versa ancheggiando il perimetro. Appoggiole gambe su una sedia (non si sa mai), eanch’io fingo indifferenza aspirando convoluttà il fumo aromatizzato. A nanna.

17 settembre, mercoledì. E’ il gran giorno diPetra, quella che, più di 2000 anni fa, fu lacapitale dei Nabatei, potenti beduini prove-nienti dall’Arabia settentrionale. Colazione epartenza. Quasi a prepararci visivamentealla leggendaria città morta coi suoi templi,tombe e case scavate e scolpite nella roccia,sfila sotto i nostri occhi un paesaggio lunare,ora piano ora montuoso. Incontriamopochissimi villaggi e accampamenti beduini.Arriviamo a Wadi Musa. Scendiamo alla Rest

16

PARROCCHIE - 2 DIARIO DI VIAGGIO - 1

17

LA TRE GIORNI DEL GRUPPO FAMIGLIE

Sotto un sole cocente, venerdì 27 giugno il Gruppo Famiglie di Rivaio è partito per iltradizionale appuntamento con la Tre Giorni, questa volta svoltosi nei dintorni diRassina, presso la struttura scout di Santa Maria del Bagno. Anche se quest’anno, persvariati motivi, il gruppo non era al gran completo, l’esperienza è stata comunque posi-tiva. Per noi famiglie stare alcuni giorni a stretto contatto, condividendo gli spazi,cooperando tutti alla preparazione dei pasti, gestendo l’insieme totale dei figli, è un’oc-casione importante di crescita e di confronto sia per gli adulti che per gli stessi bambi-ni. E’ molto interessante rispecchiarsi nelle altre famiglie nelle varie situazioni cheanche in tre giorni possono presentarsi, come per esempio il modo di affrontare i capric-ci dei bambini o le piccole tensioni che possono affiorare all’interno delle coppie.Osservare negli altri quelle stesse situazioni del quotidiano che non possiamo valutarecriticamente quando le viviamo in prima persona può essere veramente utile anche percapire meglio noi stessi. Non sono poi certo mancati i momenti di preghiera al mattinoe alla sera che, rallegrati dalla chitarra di Carlo, hanno coinvolto piacevolmente anche ibambini. Noi adulti ci siamo inoltre ritagliati un po’ di tempo per leggere e commenta-re il brano del Vangelo della domenica e ci siamo fermati anche a parlare dei progettiper il futuro del gruppo, con la speranza che possa abbracciare anche nuove famiglie.Abbiamo poi fatto una lunga passeggiata tutti insieme, siamo scesi al paese per il gela-to, siamo andati alla Messa al Santuario della Verna, sperando di aver offerto ai nostrifigli una valida alternativa alla tv o alla play station. Per concludere, infine, vogliamofare le nostre felicitazioni a Luigi, Barbara e Gabriele per il lieto evento e dare il nostrobenvenuto nel Gruppo Famiglie alla piccola Elisa, nata pochi giorni fa, certi che anchelei sarà dei nostri al prossimo appuntamento.

GIORDANIAParte I

P. Gianni Colosio

In inverno è bello sognare ricordando le escursioni estive. Vi propongo il diario del mio viaggio in Giordania con una settantina di parrocchiani di Ospitaletto.

Otto giorni di scenari meravigliosi, di riflessione su alcuni luoghi biblici,

di amicizia, sotto un sole implacabile.

Page 10: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

House per i biglietti e a piedi percorriamo ilSiq, immensa spaccatura nella montagna roc-ciosa, una gola tortuosa di circa tre chilome-tri le cui pareti si ergono altissime. In alcunipunti le cime sembrano toccarsi. Nella fendi-tura delle roccie appare all’improvviso ilsimbolo di Petra, il cosiddetto Khazneh(tesoro), da alcuni ritenuto la tomba di un renabateo, da altri il tempio di Iris. Autenticogioiello architettonico, in cui si fondono ele-menti assiro-babilonesi, greci, romani, cinesiaddirittura. Il rapimento estatico prodottodalla stupefacente bellezza del monumento edel luogo (ho visto qualcuno con le lacrimeagli occhi per l’emozione), è solo l’ouverture

di una catena di emozioni suscitate dalla teo-ria di monumenti, certo meno importantidello Khazneh ma altrettanto suggestivi.Colpisce soprattutto l’imponente cavea delteatro, pressoché intatta, capace di 6000 spet-tatori. Spinto dall’entusiasmo e dalla curiosi-tà, io e molti del mio gruppo non vogliamoperdere l’occasione di arrampicarci fino almonastero, fotocopia del tempio di Khazneh,ma più grande. Intraprendiamo la faticosasalita lungo un sentiero alternato a gradinidiseguali e sconnessi. Abbiamo il fiatone siaper l’interminabile ascesa sia per l’aria rare-fatta (siamo a un’altitudine di 1600 metri).

Qualcuno desiste e fa dietro-front. Non m’ar-rendo nonostante la fatica. Sono ripagatodalla visione mozzafiato che mi si squadernadavanti sulla cima: un’aspra catena montuo-sa a perdita d’occhio e l’imponente struttura

del tempio. La discesa taglia le gambe.Pranzo veloce e frugale (a base di verdure efrutta) per aver tempo e modo di perlustrarealtro. Salgo una collinetta e ammiro il pavi-mento a mosaico di una chiesa bizantina sco-perta di recente. Da lassù getto un colpod’occhio sui grandiosi interventi urbanisticidei Romani (dove non sono stati questi bene-detti romani!). Esausto, mi fermo per un tèdissetante. Osservo l’andirivieni dei turisti.Chi indaffarato a farsi immortalare davantiai vari monumenti (mi son sempre chiestoperché la gente ne deturpa la bellezza facen-dosi ritrarre davanti!!!), chi a contrattareoggettini coi venditori o a tirare sul prezzoper un giro in cammello. Perse le tracce delgruppo, mi avvio all’uscita temendo d’esserein ritardo. Ripercorro a fatica il Siq; la stan-chezza si fa sentire. Scopro il mio gruppospamparanzato. Intuendo che sono allo stre-mo delle forze, mi si fanno incontro conacqua e tonificanti caramelle zuccherine.Cinque minuti di pullman e sosta, in WadiMusa, alla sorgente che, secondo antiche tra-dizioni locali, sarebbe quella fatta spillaredalla bacchetta di Mosè per dissetare il popo-lo (sento però che nel circondario ve ne sonopiù d’una attribuite al biblico condottiero). Ioe la guida accendiamo una sigaretta. Miscappa l’occhio e due militari fanno segno dino: dimenticavo che è il mese del Ramadan,

18

DIARIO DI VIAGGIO - 1 DIARIO DI VIAGGIO - 1

19

Sopra: alla fine del Siq occhieggia nella spaccaturadella roccia il Khazneh.

Sotto: la facciata del Khazneh.A sinistra: il grande teatro, capace di 6000 spettatori,

interamente ricavato dalla roccia.

Accanto: il Monastero,splendido tempio

dedicato al dio nabateo Du-Shara,

contende al Khaznehil primato per imponenza

e solennità.

Sotto: due vedute dei monumenti di Petra.

Page 11: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

il mese del digiuno islamico, ed è proibitomangiare-bere-fumare in pubblico. Facciofinta di non averli visti. Aqaba. Cena in hotel.Ammiro l’eleganza del mio gruppo, speciedelle donne (adesso mi spiego i valigionisproporzionati rispetto alla relativa brevitàdel soggiorno giordano). La guida mi diceche gli italiani si riconoscono subito percome vestono (beh, almeno un primato l’ab-biamo!...). Non sono più solo a gustare il nar-ghilé notturno: mi fa compagnia Matteo (ilpiù giovane dei gitanti).

18 settembre, giovedì. Partiamo per WadiRum. Deserto. Il viaggio è breve. Giunti adun certo punto, lasciamo i pullman e pren-diamo posto su una fila di jeep che arranca-no sulle dune. Il sole dardeggia con rabbiosaviolenza. Già stracotto, mi copro il più possi-bile. Una delle jeep s’insabbia e gli occupan-ti sono costretti a spingerla.

20

DIARIO DI VIAGGIO - 1 DIARIO DI VIAGGIO - 1

21

A mano a mano che procediamo, il paesag-gio si fa lunare nel vero senso della parola:distese immense di sabbia da cui s’ergonoimponenti pareti di granito dalle forme piùstravaganti e dai toni cangianti. Di tanto intanto una tenda beduina macchia di nero glisquillanti ocra dell’incomparabile scenario.Naturalmente pranziamo sotto una mega-tenda beduina. Noi pensiamo che i beduini siano dei poveridiavoli. Ricrediamoci! Sono fieri del lorostato. Non lascerebbero per nessuna cosa almondo il loro habitat, da cui traggono tuttoquello che serve per vivere, e vivere bene (hovisto più d’una mercedes parcheggiatadavanti alle tende!). Come? Sfruttando ognicentimetro di terra, allevando greggi che s’a-dattano a brucare i magri cespugli e i pochifili d’erba che spuntano nelle sabbie onegl’interstizi rocciosi, migrando verso zonebagnate dalla (scarsissima) pioggia, frequen-tando le (rare) oasi per procacciarsi acqua,verdura e frutti. E poi, hanno capito che il turismo è oro, e sidanno da fare. Prendiamo ad esempio quelliche ci hanno ospitato per il pranzo. Hannoallestito un hotel vero e proprio fatto ditende (una quarantina allineate). Ne ho visi-tato una: letto matrimoniale (con cuscinimodellati in forma di cigni che si baciano),tappeti a copertura della sabbia, bacile per leabluzioni. Autobotti giornaliere soddisfano ilfabbisogno d’acqua. I pranzi, a base di ver-dure e carne di montone, sono consumati sutavoli bassi coperti da tovaglie con decora-zioni etniche, tessute artigianalmente.Musica locale dal vivo. Frenetici danzatorirallegrano la (lenta?) digestione dei clienti.A sera, falò accesi, candele sui tavoli e,sovrastante, la smagliante, immensa cappastellata… Contenti i turisti, che diranno diaver trascorso vacanze ‘primitive’. Contentii beduini, che intascano soldoni con pocaspesa!

Sopra: due istantanee sul deserto di Wadi Rum.

Accanto: l’hotel beduino fatto di tende nel Wadi Rum.

In alto:(a sinistra) un particolare del mosaico della chiesa bizantina scoperta di recente;

(a destra) un colpo d’occhio sui restidei monumenti romani.

In basso: (a sinistra) la via romana con sullo sfondotombe nabatee;

(a destra) l’impressionante veduta dall’alto del Monastero.

Page 12: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

CHIESA

22 23

CHIESA

TRA CONCILIO E RICONCILIAZIONEIL MOTU PROPRIO DI BENEDETTO XVI

SUMMORUM PONTIFICUM

Francesca Caracò

Introibo ad altare Dei. Inizia così il RitoTridentino - approvato da Papa S. Pio V(nel 1570) - che per cinquecento anni è statocelebrato nella Chiesa Cattolica ApostolicaRomana. Il sacerdote chiede perdono deipropri peccati prima di salire all’altare ediniziare la S. Messa - il mistero della tran-sustanziazione, da sempre al centro dellavita del cristiano. Nel 1988 Papa Giovanni Paolo II, di fronteall’atto scismatico di Monsignor Lefevbre,redige il Motu Proprio Ecclesia Dei con ilquale, fra le altre pronunce, ribadisce la‘continuità del Concilio con la Tradizione’,che questo rito rappresenta. Con l’intentodi riconciliare e di riunire ‘la tunica strap-pata di Cristo’, Benedetto XVI ha voluto asua volta redigere il Motu ProprioSummorum Pontificum (luglio 2007).Ultimamente si parla con insistenza diquesto Rito e delle reazioni che il MotuProprio di Papa Benedetto ha suscitatonella Chiesa.

I Concili hanno sempre agito nella continu-ità della Tradizione (dal latino tradere, cioèconsegnare). Nel diritto canonico vige lanorma: ‘Quello che il legislatore ha voluto dire,lo ha veramente detto, quello che ha taciuto nonha voluto dirlo’. Ebbene, Papa Giovanni XXIII,nella sua prima Enciclica Ad Petri Cathedram(del 1959) precisava che il Concilio VaticanoII ‘voleva principalmente promuovere l’in-cremento della fede, il rinnovamento dei cos-tumi e l’aggiornamento della disciplinaecclesiastica’, e all’apertura ufficiale delConcilio (l’11 ottobre 1962), dichiarava che ‘ilConcilio vuole trasmettere pura e integra ladottrina senza attenuazioni o travisamenti’.Mentre fervevano i lavori di preparazione

del secondo periodo del Concilio, PapaGiovanni XXIII morì. Gli succedettel’Arcivescovo di Milano Giovanni BattistaMontini. Nel Discorso ai Padri Conciliari(novembre 1965), Paolo VI affermava che‘l’aggiornamento è inteso non come rotturacon il passato o contrapposizione di momen-ti storici, ma come crescita, perfezionamentodel bene sempre in atto nella Chiesa.Giovanni XXIII alla parola programmatica diaggiornamento non voleva attribuire il signi-ficato che qualcuno tenta di darle, quasi essaconsenta di relativizzare, secondo lo spiritodel mondo, ogni cosa nella Chiesa: dogmi,leggi, strutture, tradizioni, mentre fu cosìvivo e fermo in lui il senso della stabilità dot-trinale e strutturale della Chiesa da farne car-dine del suo pensiero e della sua opera’.

Il Concilio Vaticano II, che nei suoi docu-menti ha spiegato ed interpretato magistral-mente, nella fedeltà alla Tradizione, il ruolodella Chiesa del XX secolo, non ha abolito ilrito tridentino. L’Eucaristia, come centralitàdella S. Messa, è stato sempre il principiodella dottrina cattolica. Benedetto XVI nel-l’enciclica Deus Caritas est scrive:‘L'Eucaristia ci attira nell'atto oblativo diGesù. Noi non riceviamo soltanto in modostatico il Logos incarnato, ma veniamo coin-volti nella dinamica della sua donazione.L'immagine del matrimonio tra Dio e Israelediventa realtà in un modo prima inconcepi-bile: ciò che era lo stare di fronte a Dio diven-ta ora, attraverso la partecipazione alla don-azione di Gesù, partecipazione al suo corpo eal suo sangue, diventa unione’.

La S. Messa, sia con il rito tridentino sia conquello conciliare, pone la centralitàsull’Eucaristia. Nell’Eucaristia c’è Gesù

Cristo incarnato, nato in una grotta. In quelPane Eucaristico c’è lo stesso Gesù Cristo chefu crocifisso per noi. Alla sua morte, Gesùspirò con un urlo di tale potenza da conver-tire il centurione Longino, che esclamò:Veramente quest’uomo era Figlio di Dio.Nell’Ostia Viva c’è il Cristo risorto.

Con le novità introdotte dal Vaticano II,parte della comunità cattolica legata al ritotridentino (mai abolito, di fatto escluso dallecelebrazioni in tutte le Chiese), si sentì emar-ginata. Alcuni reagirono non frequentandopiù la Messa; altri si adattarono. Nel 1971Monsignor Marcel Lefebvre fonda ad Ecône(Svizzera), la Fraternitas Sacerdotalis Sancti PiiX, approvata dalla Santa Sede. Tale movi-mento raccoglie in sé i sacerdoti (chiamatilefebvriani dal nome del fondatore), che vole-vano conservare il rito tridenti-no. Nel 1975 Mons. Lefebvre sipone di fatto contro la Chiesa diRoma quando decide diordinare dei sacerdoti formatiesclusivamente ad Ecône, senzal’accordo dell’autorità dioce-sana. Papa Paolo VI intervienecon varie lettere personali percercare di trovare un’intesa. MaLefebvre inasprisce la polemicacontro la Curia romana: disat-tende la proibizione di ordinarenuovi sacerdoti e di aprire nuove case. Nel1976 è sospeso a divinis e la FraternitàSacerdotale San Pio X entra così in stato didisobbedienza; ma non è ancora scisma.

La tunica del Cristo si strappa definitiva-mente nel giugno 1988, quando Lefebvre,dopo aver firmato tutti gli atti del ConcilioVaticano II (uniformandosi così ai vari tenta-tivi di composizione del Vaticano), con-travviene (inspiegabilmente) al divieto diordinare alcuni Vescovi, provocando un attoscismatico, sanzionato formalmente daGiovanni Paolo II con il motu proprioEcclesia Dei. In tale documento il Papa mani-festa ‘l’afflizione di tutta la Chiesa di fronteall’illegittima ordinazione episcopale’, e rib-

adisce che ‘il Successore di Pietro è il custodedell’unità della Chiesa, che la disobbedienzaal Romano Pontefice porta con sé un rifiutopratico del Primate Romano e costituisce attoscismatico, grave offesa a Dio e comporta lascomunica’.

Con la Ecclesia Dei però Giovanni Paolo II sispinge oltre ed istituisce una ‘Commissione,con il compito di collaborare con i Vescovi,con i Dicasteri della Curia Romana e con gliambienti interessati, allo scopo di facilitare lapiena comunione ecclesiale dei sacerdoti,seminaristi, comunità o singoli religiosi ereligiose finora in vario modo legati allaFraternità fondata da Mons. Lefebvre, chedesiderino rimanere uniti al Successore diPietro nella Chiesa Cattolica, conservando leloro tradizioni spirituali e liturgiche, alla luce

del Protocollo firmato lo scor-so 5 maggio dal CardinaleRatzinger e da Mons.Lefebvre, inoltre, dovrà essereovunque rispettato l'animo ditutti coloro che si sentonolegati alla tradizione liturgicalatina, mediante un'ampia egenerosa applicazione delledirettive, già da tempoemanate dalla SedeApostolica, per l'uso delMessale Romano secondo

l'edizione tipica del 1962’. La Commissioneprende il nome del motu proprio Ecclesia Deie regola tuttora i rapporti con gli ambientitradizionalisti cattolici.

Il card. Ratzinger, poco prima di diventarePapa, nel libro Rapporto sulla Fede, in qualitàdi Prefetto per la Congregazione dellaDottrina per la Fede, commentando ilConcilio Vaticano II scrive: ‘Il Vaticano II staoggi sotto una luce crepuscolare. Dalla cosid-detta ala progressista, è ritenuto da tempocompletamente superato e di conseguenzacome un fatto del passato non più rilevanteper il presente. Dalla parte opposta dall’alaconservatrice, è ritenuto responsabile dell’at-tuale decadenza della Chiesa cattolica e

Mons. Lefebvre

Page 13: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

persino giudicato apostasia rispetto alConcilio di Trento e al Vaticano I, tanto chequalcuno si è spinto al punto di chiederne unannullamento o una revisione che equivalgaad annullamento (...). Nei confronti dientrambe le posizioni contrapposte va pre-cisato innanzitutto che il Vaticano II è sorret-to dalla stessa autorità del Vaticano I e delTridentino: cioè il Papa e il Collegio deiVescovi in comunione con lui. Dal punto divista dei contenuti va poi ricordato che ilVaticano II si pone in stretta continuità con idue Concili precedenti e li riprende letteral-mente in punti decisivi (…). Da qui due con-seguenze: primo, è impossibile per un cat-tolico prendere posizione in favore delVaticano II contro Trento o il Vaticano I; chiaccetta il Vaticano II afferma al tempo stessol’ininterrotta tradizione della Chiesa, in par-ticolare i due Concili precedenti. E ciò valgaper il cosiddetto progressismo almeno nellesue forme estreme. Secondo, allo stessomodo è impossibile decidersi a favore diTrento e del Vaticano I e contro il Vaticano II.Chi nega il Vaticano II nega l’autorità cheregge gli altri due Concili e così li stacca dalloro fondamento. Ciò valga per il cosiddettotradizionalismo, anch’esso nelle sue formepiù estreme’. Poi spiega che ‘I Papi e i Padriconciliari si aspettavano una nuova unitàcattolica e si è invece andati incontro a undissenso che – per usare le parole di Paolo VI– è sembrato passare dall’autocritica all’au-todistruzione (…). Sono convinto che i guasticui siamo andati incontro in questi venti anninon siano dovuti al Concilio vero, ma alloscatenarsi all’interno della Chiesa di forzelatenti aggressive, centrifughe, magari irre-sponsabili, oppure semplicemente ingenue,di facile ottimismo, di un’enfasi sulla moder-nità che ha scambiato il progresso tecnicoodierno con un progresso autentico, inte-grale (…). Dunque la parola d’ordine, l’esor-tazione a tutti i cattolici che voglianorimanere tali non è certo un tornare indietrobensì tornare ai testi autentici del Vaticano IIautentico’. Dopo la morte di Giovanni Paolo II (2005),il Cardinale Ratzinger è eletto Papa. Il 7

luglio del 2007, proprio per ribadire il con-cetto che si deve tornare ai testi autentici delConcilio Vaticano II, Benedetto XVI promul-ga il motu proprio Summorum Pontificum sul-l’uso del Messale Romano del 1962, la cuiparola chiave è: Riconciliazione. Con tale attoil Papa ha voluto riconciliare la partetradizionalista (e i lefebvriani) a SantaRomana Chiesa. Infatti, il Sommo Pontefice,nella lettera di accompagnamento al motu

proprio, indirizzata ai Vescovi di tutto ilmondo, scrive che le divisioni che hanno lac-erato il Corpo di Cristo, lo hanno spinto ‘afare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli chehanno veramente il desiderio dell’unità, siareso possibile di restare in quest’unità o diritrovarla nuovamente’. Il motu proprio sta-bilisce che: ‘il Messale Romano, promulgatoda Paolo VI nel 1970 è l’espressione ordinar-ia della lex orandi della Chiesa cattolica dirito latino. Il Messale promulgato da San PioV e nuovamente edito dal Beato GiovanniXXIII deve essere, perciò, considerato comeforma straordinaria. Non si crea, dunque, inalcun modo una divisione nella legge dellafede, giacché si tratta di due usi dell’unico ritoromano. Viene stabilito, inoltre, che: ‘nelleMesse celebrate, senza popolo, ogni sacer-

24

CHIESA CHIESA

25

dote cattolico di rito latino, possa, senzabisogno di alcun permesso, usare il Messaledel 1962 o quello promulgato da Paolo VI’.L’art. 5 si sofferma sulla realtà delle parroc-chie, disponendo che laddove esista ‘stabil-mente un gruppo di fedeli aderenti allaprecedente tradizione liturgica, il parrocoaccolga volentieri le loro richieste per la cele-brazione della Santa Messa, secondo il ritodel Messale del 1962. Il parroco dovràprovvedere, affinché il bene di questi fedelisi armonizzi con la cura pastorale ordinariadella parrocchia, sotto la guida del vescovo,evitando la discordia e favorendo l’unità ditutta la Chiesa’.

Il Cardinal Ruini sul quotidiano Avvenire,scrive che Benedetto XVI ha voluto personal-mente illustrare i motivi che lo hanno spintoa promulgare il testo, ‘adempiendo al compi-to essenziale del successore di Pietro, che,come dice il Concilio stesso (Lumen Gentium,n.23), è il perpetuo e visibile principio e fon-damento dell’unità sia dei Vescovi, sia dellamoltitudine dei fedeli. Allo stesso modonella lettera ai Vescovi, con cui accompagnae mette nelle loro mani il motu proprio, papa

Benedetto scrive che la ragione positiva chelo ha indotto a pubblicarlo è quella di giun-gere ad una riconciliazione interna in senoalla Chiesa: egli ricorda espressamente come,guardando alle divisioni che nel corso deisecoli hanno lacerato il Corpo di Cristo, siabbia continuamente l’impressione che, inmomenti critici in cui la divisione stava mat-urando, non è stato fatto il sufficiente daparte dei responsabili della Chiesa per con-servare o conquistare la riconciliazione e l’u-nità. Ciò lo ha spinto a promulgare il motuproprio’.

Ad un anno dalla promulgazione del motuproprio di Benedetto XVI, MonsignorCamille Perl, Segretario della PontificiaCommissione Ecclesia Dei, in un’intervista hafatto una forte dichiarazione, destinata a fardiscutere: ‘In Italia la maggioranza deivescovi, con poche ammirevoli eccezioni, haposto ostacoli all’applicazione del motu pro-prio sulla Messa in latino’. Il CardinaleCastrillon Hoyos, Presidente della PontificiaCommissione Ecclesia Dei, ha criticato ‘l’in-saziabilità di certi tradizionalisti’; ha anchespiegato che: ‘coloro che parlano di vittoriaquando il Papa dà la comunione ai fedeli inginocchio, tornando cioè ad una modalitàpiù tradizionale, sbagliano e non aiutano ilprogetto di Benedetto XVI’. Così conclude-va: “Certi tradizionalisti nelle loro richieste enella loro battaglia sono spinti più dal potereche dall’amore’.

Di fronte a queste dichiarazioni il semplicefedele si rende conto che le divisioni createsinel corso degli anni sono difficili da risanare.Dobbiamo sostenere il lavoro, la pazienza,l’amore del Papa e dei suoi buoni collabora-tori, con la nostra instancabile preghiera,affinché la tunica strappata del Cristo possaessere ricucita. E’ impensabile parlare diecumenismo (cioè dell’unità di tutti i cris-tiani), quando non c’è unità tra gli stessi cat-tolici!

Manoscritto miniato (1050 c.), Pierpont Morgan Library,New York

Giovan Pietro Birago, manoscritto miniato(1490 c.), British Library, Londra

Page 14: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

SPAZIO EX - L’INTERVISTA

26 27

SPAZIO EX - L’INTERVISTA

Come e quando hai abbandonato il semina-rio? Dopo medie e ginnasio al Rivaio - conrelativa vestizione - andai a Santa Fede. Findai primi mesi mi resi conto che quella vitanon faceva per me; troppo diversa rispetto aquella (spensierata) del Rivaio: alzatacciaalle prime luci dell’alba, ritmi impressionan-ti di studio e preghiera.Che facesti? Espressi le mie perplessità aPadre Ferrari, il quale m’invitò a riflettereper due mesi.L’hai fatto? No, gli ho detto che intendevolasciare entro i primi di dicembre.A quel punto? A quel punto Ferrari mi haintimato di prendere subito congedo.

Sei tornato a casa? No, mi sono fermato aTorino presso alcuni miei parenti per poterfrequentare un biennio di ragioneria in unascuola privata.Da allora in poi non hai avuto più contatticoi Maristi? Feci qualche visita ai compagniospiti della casa di Moncalieri-Fioccardo, mail Padre Bardessono mi disse, senza tanti giridi frase, che era meglio non tornassi per nonsuggestionare i seminaristi! E così ho inter-rotto i contatti.Una volta diplomato? Ho trovato lavorocome ragioniere in una cartiera milanese.Quindi ti sei stabilito a Milano. Sì. Ci sonorimasto praticamente fino alla pensione, se si

eccettua una parentesi a Parma, come rap-presentante delle cartiere Fedrigoni.A quando risale il matrimonio? Al 1974.Lei è milanese? No, è parmense!Figli? Una figlia, che ci ha dato due splendi-di nipotini, un maschio e una femminuccia.Sei un bravo ‘nonnino’? Beh, mi difendo,ma mia moglie mi batte 10 a 1.A proposito, ti ricordo tifoso iuventino esplendido giocatore. Quando ho lasciato ilseminario – avevo diciassette anni - sonostato per 6 mesi nel vivaio della Juve.Perché non t’hanno ingaggiato, visto il tuocarisma come giocatore? Sai cosa mi diceva-no i tecnici? “Lei gioca col cervello, manca digrinta (leggi cattiveria)”. Siete stati voi Maristia rendermi un ‘agnellino’ (ride di gusto).Non credo! Eri, sei di natura una personaeducata e fine, che non farebbe male a unamosca (arrossisce). Ad ogni modo mi hannomandato a giocare in unasquadre affiliata alla Juve evi ho giocato fino al servi-zio militare.Poi non hai più giocato?Ho continuato, certo, in unasquadra amatoriale. Ancoraoggi faccio delle partitellecon i bielorussi.Con i bielorussi? Sì.Durante l’estate, il comunedove sono nato e dove vadoa passare l’estate, ospita ungruppo di bielorussi, super-

stiti di Cernobyl, e io sono un po’ il loro coor-dinatore; organizzo, insieme ad altri, gite epassatempi.In altre parole fai del volontariato. Sì, è unbel po’ d’anni che sono in pensione e cercod’essere utile a qualcuno.Il resto del tuo tempo libero come lo occu-pi? Faccio bicicletta due ore al giorno. Inestate mi dedico all’agricoltura; ho compratopersino un trattore. Un tempo leggevomolto; adesso meno perché le lezioni d’ingle-se mi impegnano molto.Non sei più tornato al Rivaio? Come no! Nelmio viaggio di nozze non mancai di passaredi là. Sai chi ho incontrato? Il Padre Gea.Come mi ha visto, ha teatralmente allargatole braccia - come faceva lui – e, con enfasi, haesclamato: “Neviano Arduini!!!”. Ricordavail nome del mio paese e non quello del sotto-scritto.

UN TOTTI MANCATOROLANDO FORNARI

Da un bel po’ desideravo raggiungerlo a Parma per una chiac-chierata. L’occasione è venuta: l’antologica del Correggio, unadelle massime personalità dell’arte italiana. Non posso espri-mere a parole l’emozione provata, dall’alto delle impalcaturedella chiesa di San Giovanni e del duomo, nel contemplare davicino il luminoso, fantastico universo correggesco. Non menoemozionante il pranzo-intervista con Rolando. Al Rivaio erail mio (non solo mio) ‘idolo’ umano e sportivo. Delicato e gen-tile con tutti, il sorriso stampato sulle labbra, conciliante sem-pre e comunque. Come calciatore era un funambolico ricama-tore di azioni; agiva con una leggerezza che sembrava sfidarele leggi di gravità; chirurgica la precisione nel centrare lo spec-chio della porta. Per tutte queste ragioni non l’ho mai dimen-ticato. Alcuni anni fa prese parte a un incontro al Rivaio. Daallora il nostro rapporto è stato ricucito. Dopo la visita allamostra ci siamo trovati in un ristorante del centro e abbiamoconversato a lungo. Una conferma della rara gentilezza diRolando: trovando troppo costoso il catalogo della mostra,voleva pagarmelo lui.

Sopra: ottobre 1953, l’allora Scolastico

Giovanni Morlini posa con gli apostolini emiliani (da sin.) Biavardi, Nevi,

Fornari, Ilariuzzi e Savina

A fianco: molti anni dopo(inverno 1978) P. Buresti

in visita agli stessi.(da sin.) Fornari, Biavardi,

Nevi, Buresti, Ilariuzzi. (manca solo Savina)

Page 15: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

Avrai incontrato anche altri Padri, immagi-no. Oh, sì. Padre Buresti. Con lui sono rima-sto in contatto. E’ venuto più volte anche aParma a far visita a me e agli altri ex delposto, come dimostra la foto che ti ho dato.Ricordo che una volta ha portato ancheNocentini, il nostro prof di Matematica aitempi del Rivaio.Avrai un ricordo bello del Rivaio. La festadell’Immacolata per le cerimonie, e soprat-tutto per il fantastico rinfresco che la signora– non mi ricordo più il nome – ogni annooffriva. Un altro bel ricordo? il ritorno dallevacanze estive e il ritrovare i vecchi amici.Chi erano i tuoi amici ? I miei amici intimierano due: Escati e Rubechini.Un ricordo brutto? Il momento delle notesettimanali, quando Padre Necci scendevacol librone e comunicava le valutazioni ingalateo, applicazione ecc… Io avevo unsacrosanto terrore. Trovavo eccessivamentecrudeli le punizioni inflitte agli ‘esclusi’.Erano altri tempi; si usava calcare la mano.D’accordo, ma c’è modo e modo. Sono sicuroche se gli educatori del nostro tempo fosserostati più comprensivi, molti ragazzi non sene sarebbero andati. Ricordo che toccò anchea me fare il monitore. Come sai, il monitoreaveva il compito di segnalare chi parlava odisturbava in assenza del prefetto. Ebbene, io

non ho mai segnalato un solo nome; fui giu-dicato troppo buono e mi tolsero la carica!!!Unaltro flash sulla tua esperienza alRivaio? Devo dire che non ringrazierò maiabbastanza i miei formatori per avermi inse-gnato il galateo. Tutti mi hanno sempredetto, e mi dicono ancora oggi, che io sonodiverso da tutti gli altri. Se sono così, lo devoalle accurate lezioni di bon ton, a mio giudiziopiù utili di tante altre cose.Perché non fai un giro a Brescia? Ti dirò chese accettassi tutti gli inviti che ricevo daimolti amici che ho in giro per l’Italia non

sarei mai a casa.Spero che nel 2009 verrai a CastiglionFiorentino per il centenario! Lì nonmancherò; promesso.Il giorno seguente Rolando m’ha tele-fonato per dirmi di aggiungere tra iricordi più belli del Rivaio la simpatiae la bontà di Padre Gea. Ricordo - haaggiunto - che alla mia vestizione, sorri-dendo mi disse: ‘Caro Rolando, adessonon potrei più cantare Bimba dagli occhiblu’...

28

SPAZIO EX - L’INTERVISTA SPAZIO EX - L’INTERVISTA

29FOTO UFFICIALE DELL’ANNO 1936-37

I Padri sono nella seconda fila dal basso: partendo da sinistra si riconoscono Gentili, Cini, Faletti, D’Andrea Benedetto, Pavese,

Faralli, Angelici.

Fila in basso (da sin.) il secondo è Dante Di Girolamo(oggi parroco in una parrocchia degli USA),

il terzo Raffaello Ferrari (Padre Marista morto alcuni anni fa); il quarto è l’inconfondibile Arturo Buresti (ci ha lasciati da un anno); l’ottavo è Granero (da anni al Collegio San Giovanni Evangelista).

Quarta fila (partendo sempre dal basso) il primo è P. Messori (zio del Padre Marista Franco Messori)

il quarto P. Pontisso (missionario in Oceania; è deceduto da anni)

Sopra: un angelo correggesco? No, è Rolando dopo la vestizione

A fianco: i nonni Anna e Rolando mostrano conorgoglio la nipotina Emma

Page 16: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

ICONOGRAFIA MARIANA

30

SPAZIO EX - L’INTERVISTA

MARIA

Mensile sulle operee sulle missioni

dei Padri Maristi italiani

Direzione e Amministrazione:Via Livorno, 93 - 00162 Roma

tel. 06/8604522 - fax 06/86205535e-mail: [email protected]

home page: www.padrimaristi.it

Direttore ResponsabileP. Gianni Colosio

e-mail: [email protected]

Redazione:Gianni Colosio

Marcello PregnoFrancesca Caracò

Composizione e impaginazioneGianni Colosio

Quote di abbonamento:Ordinario € 10,00

Sostenitore € 15,00Benemerito € 25,00

C.C.P. n. 29159001 intestato a Centro Propaganda Opere Mariste

Via Livorno 93 - 00162 Roma

Autorizzazione Tribunale di Romadel 23.12.94

con approvazione ecclesiastica

Sped. Abb. Post. 27,2,549/95Taxe perçue

Roma

Stampa:Tipografia Artistica Editrice Nardini Via Gastone Maresca 50, 00138 Roma

tel./fax 06.88588098/386e-mail: [email protected]

Una bella foto del gruppetto bresciano, scattata al Castello di Brescia

nell’estate 1956.

In basso (da sin.): Caldera, Ragnoli, Quaresmini, Nicolini (con la mano sulla spalla di

Quaresmini), Luzardi (mani sui fianchi). In alto (da sin.):

Pontiggia, Braga, Rodano Bresciani, Rusconi, Inselvini, Paolo Benedetti,

Colosio, (seminascosto dal braccio alzato di) Pezzotti

2Iconografia mariana

a cura di P. G. Colosio

5Natale nel deserto

Carlo Carretto

8La I Lettera ai Tessalonicesi

a cura della redazione

12Parrocchie - Castiglion F.

a cura di Fabio e Katia

17Giordania IP. Gianni Colosio

22Tra Concilio e Riconciliazione

Francesca Caracò

26SPAZIO EX -L’intervista

29Luoghi e volti della memoria

Finito di stampare il 30 novembre 2008

11 - 12 NOVEMBRE - DICEMBRE

Page 17: MARIA2 La questione circa l’origine della Vergine delle Rocce del Louvre è a tutt’oggi irrisolta (sembra che il soggetto non corrisponda a quello commissionato dalla Confraternita

LeonardoLa Madonna Litta (1490 c.),Ermitage, San Pietroburgo

Un caldo augurio a tutti i nostri lettori