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collana diretta daAntonio Paolucci

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EdizioniPolistampa

Museo della Basilica di Santa Maria delle Graziea San Giovanni Valdarno

a cura diPaola Refice

Guida alla visita del museoe alla scoperta del territorio

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Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni ValdarnoEnti promotori / Promoted byEnte Cassa di Risparmio di FirenzeRegione Toscana

In collaborazione con / In collaboration withSoprintendenza Speciale per il Polo Museale FiorentinoSoprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico per le province

di Firenze, Pistoia e Prato Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di Firenze,

Pistoia e PratoSoprintendenza per i Beni Architettonici, per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico,

Artistico ed Etnoantropologico per la provincia di ArezzoDiocesi di FiesoleComune di San Giovanni Valdarno

Progetto e coordinamento generale / Project and general coordinationMarcella Antonini, Verdiana Fontana, Barbara Tosti

Comitato scientifico / Scientific committeePresidente: Antonio PaolucciCristina Acidini Luchinat, Caterina Caneva, Rosanna Caterina Proto Pisani,

Carla Guiducci Bonanni, Giangiacomo Martines, Paola Refice, Claudio Rosati,Bruno Santi, Timothy Verdon

Cura scientifica / Scientific supervisionPaola Refice

Itinerario nel museo a cura di / Museum tour byPaola Refice

Testi di / Texts bySara Ensoli, Secondino Gatta, Michela Martini, Lorenzo Pesci, Paola Refice,

Lucia Sacchetti Lelli

Schede delle opere / Description of the worksSara Ensoli (nn. 2-3), Michela Martini (nn. 4-14), Lorenzo Pesci (nn. 43-53),Paola Refice (n. 19), Lucia Sacchetti Lelli (n. 1; nn. 15-18; n. 20-42)

Musei del Territorio: l’Anello d’oroMuseums of the Territory: The Golden Ring

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Itinerari a cura di / Itineraries byNicoletta Baldini, Maria Pilar Lebole, Benedetta Zini

Glossario e indici a cura di / Glossary and indexes byFrancesca Sborgi

Coordinamento redazionale / Editorial coordinationCristina Corazzi

Traduzioni per l’inglese / English translationEnglish Workshop

Immagine coordinata della copertina / Cover page byRovaiweber design

Progetto grafico / Graphic project Polistampa

Referenze fotografiche / PhotographyStudio Mix Corboli (pp. 36-39; 41-55; 61-65; 80-81; 83-84; 86-87; 91-97)George Tatge

Si ringraziano / AcknowledgementsArchivio Vescovile di Fiesole (AVF)Don Luigi Torniai, Rettore della Basilica di Santa Maria delle GrazieDon Alessandro Righi, Direttore dell’Ufficio Arte Sacra e Responsabile

dell’Ufficio Inventario della Diocesi di FiesolePaolo Bonci, Responsabile dell’Archivio Storico della Basilica

di Santa Maria delle GrazieRoberta Orsi Landini, storica del tessuto e del costume

www.piccoligrandimusei.it

© 2007 Edizioni PolistampaVia Livorno, 8/32 - 50142 FirenzeTel. 055 737871 (15 linee)[email protected] - www.polistampa.comSede legale: Via Santa Maria, 27/r - 50125 Firenze

ISBN 978-88-596-0201-9

In copertina:Giovanni di PiamonteL’arcangelo Raffaele e Tobia, particolare1467dipinto su tavola

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N el 1986 si inaugurava a San Martino a Gangalan-di il primo museo di arte sacra in cui la collabora-

zione tra enti locali, autorità ecclesiastiche e organi delloStato preposti alla tutela trovava quel prezioso punto diequilibrio che sarebbe diventato il fattore saliente di unalunga serie di analoghe iniziative cui l’Ente Cassa di Ri-sparmio di Firenze avrebbe unito il valore aggiunto delproprio sostegno economico.Quella data rappresentava uno dei primi segnali di in-versione di una tendenza secondo la quale, vuoi per mo-tivi logistici, vuoi per una non ancor ben affinata perce-zione della ricchezza delle risorse del territorio, si preferi-va accentrare il patrimonio d’arte delle parrocchie foraneein luoghi considerati più sicuri e controllabili.L’idea oggi prevalente del “museo diffuso” ribalta quellavecchia impostazione per restituire al territorio – grazie al-l’introduzione delle nuove tecnologie che aiutano a mi-gliorare le esigenze della sicurezza – ciò che, spesso per ra-gioni di forza maggiore, era stato prudentemente sottrat-to all’attenzione del pubblico e alla pietas popolare.Il Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a SanGiovanni Valdarno è stato istituito nel 1864 in seguito al-la raccolta, in un apposito locale, di alcuni dipinti prove-nienti da chiese e conventi della città per evitarne la di-spersione conseguente alla soppressione di numerosi istitu-ti ecclesiastici voluta dal nuovo stato unitario. La collezione,già ordinata nel 1950 e successivamente nel 1990, trova og-gi una più idonea e suggestiva collocazione a seguito dei

EdoardoSperanzaPresidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze

Presentazioni

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lavori di ampliamento – inaugurati nell’ottobre 2005 conl’apertura di tre nuove sale – e di allestimento.Oggi l’originaria volontà di salvaguardare, valorizzare ecustodire il patrimonio artistico ecclesiale del museo puòcontare su di uno strumento voluto e promosso dall’EnteCassa di Risparmio e realizzato con la partecipazione con-divisa degli altri soggetti interessati: mi riferisco a Picco-li Grandi Musei, sistema di comunicazione integrato chesi avvale di un sito internet (www.piccoligrandimusei.it),di mostre promosse periodicamente nelle località copertedal progetto e di guide a stampa dei musei coinvolti.La presente guida del Museo della Basilica di Santa Ma-ria delle Grazie a San Giovanni Valdarno si inserisce intale contesto ed è volta, nello spirito dei Piccoli GrandiMusei, a far meglio conoscere e apprezzare la realtà stori-ca e culturale del nostro territorio.

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A San Pietro di Cascia di Reggello c’è il trittico detto diSan Giovenale, l’opera prima di Masaccio, l’incipit

del Rinascimento in pittura. Ma come si arriva a Casciadi Reggello? Si arriva attraverso il percorso insieme geo-grafico ed artistico che cercherò di descrivere.Occorre partire dagli Uffizi, dalla pala di Sant’Anna Met-terza, il dipinto che vede cautamente confrontarsi le dueculture, quella dolce e luminosa di Masolino, quella vo-lumetrica e prospettica di Masaccio. Poi, usciti dagli Uf-fizi, si entra nella cappella Brancacci al Carmine dove ènecessario sostare di fronte al Tributo; “Colosseo di uomi-ni” come è stato definito. Non bisogna dimenticare il mon-te che sta dietro l’episodio evangelico perché quel monte loritroveremo quando, presa l’autostrada in direzione Val-darno Reggello, giunti all’altezza di Incisa, lo vedremo in-combere sulla pianura. È il Pratomagno, la grande mon-tagna che Masaccio vedeva da San Giovanni, il suo pae-se natale, e, lavorando al Carmine a Firenze, finse sullosfondo del Tributo. Ai piedi del Pratomagno, all’ombradi un venerabile campanile, c’è San Pietro di Cascia, il luo-go che ospita il Trittico di San Giovenale.Altro percorso possibile. Il Museo di San Marco a Firenzeè consacrato al Beato Angelico. La pittura come “visibile pre-gare” ha qui la sua perfetta dimostrazione. Fermiamoci difronte alla Annunciazione in affresco dipinta circa il 1440.Ciò che colpisce è la semplicità, quasi la castità della scenarappresentata. La Madonna è una giovinetta umile e unpo’ spaurita che, a braccia conserte seduta su un rustico sga-

AntonioPaolucciPresidentedel ComitatoScientifico

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10antonio paolucci

bello, riceve l’annuncio. L’Angelo è un fanciullo biondo cheaccenna un breve inchino con aria premurosa e felice, esembra abbia fretta di dare l’inaudita notizia: il Verbo siè fatto Carne, Dio si è riconciliato con gli uomini, CristoSalvatore vive nel grembo della Vergine Maria.L’Incarnazione, il mistero più inconcepibile e più ineffa-bile (nel senso che non c’è mente umana che possa com-prenderlo né voce che possa raccontarlo) è presentata dalBeato Angelico con gli strumenti della semplicità e della“moderna” verità. Perché il luogo dell’annuncio è una log-gia fiorentina nitida e rigorosamente esatta nelle propor-zioni e nell’impianto prospettico. Sembra progettata daFilippo Brunelleschi, l’architetto che negli stessi anni co-struiva il Loggiato degli Innocenti. Sullo sfondo un pratoverde e un giardino ombroso, delimitato da una staccio-nata di legno. Verrebbe voglia di entrare in quel giardinosegreto che è figura del Paradiso terrestre. Gli uomini lohanno perduto a causa del peccato dei progenitori, ma ora,grazie al concepimento di Cristo annunciato dall’Angelo, es-so è di nuovo aperto alla speranza dei credenti.Una sottile trama di simboli, una rete di significati legge-ra come un’ala di farfalla, governa la scena. Il pittore siferma sulla soglia del mistero e chiama a una contempla-zione silenziosa. Il silenzio aiuta a entrare nella poesia del-la luce e dell’ombra che accarezza le colonne, i capitelli,svela la profondità del luogo, sfiora il volto della Vergine.La bellezza del mondo che Dio ha dato agli uomini è unmiracolo. Il miracolo del Vero visibile restituitoci dalla pit-tura è il primo gradino per arrivare alla fede. Questo sem-bra voler dire il Beato Angelico nella Annunciazione con-servata nel Museo di San Marco.Ebbene, una variante, quasi un clone, della Annuncia-zione che ho cercato di descrivere e che incanta le centi-naia di migliaia di turisti che ogni anno arrivano in SanMarco, si trova, proveniente dal convento francescano di

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Montecarlo, nel Museo parrocchiale di San Giovanni Val-darno. E un’altra variante ancora dell’Annunciazione –chi volesse proseguire il viaggio per la strada che da Arez-zo porta a Perugia – la incontrerebbe a Cortona.E che dire di Giotto e del suo destino nelle scuole artisti-che di Toscana e d’Italia? Dal suo magistero, come da unarosa dei venti, si dipartono le varianti eccelse che portanoal Buffalmacco di Pisa, all’espressionismo dei bolognesi,alla maniera dolce e fusa di Giovanni da Milano e, in Vald’Arno, alla misura aulica e luminosa di quel grande al-lievo che gli studiosi conoscono come “Maestro di Figline”.Dalla Madonna di Ognissanti degli Uffizi, alla Ma-donna della Costa a San Giorgio del Museo diocesano diSanto Stefano al Ponte a Firenze, è agevole arrivare allaCollegiata di Figline e ai capolavori del maestro che diquesta nobile città ha assunto il nome.La scultura colorata dei Della Robbia ha la sua superbaesemplificazione nel Museo Nazionale del Bargello. Ci so-no tutti i maestri che hanno consegnato al dolce splendo-re dell’ingobbio ceramico le forme del Rinascimento: da Lu-ca, ad Andrea, a Giovanni Della Robbia. Ma chi appenaconosce la provincia italiana sa che le pale robbiane sonopresenti ovunque: dalle Marche all’Umbria, dalla Vernaal Valdarno alla Valdichiana. Ed ecco che il delizioso Bu-sto di fanciulla del Bargello viene a tener compagnia aicapolavori invetriati di cui è orgogliosa, nel suo museo an-nesso alla collegiata di San Lorenzo, Montevarchi. Infineil Ghirlandaio, il Ghirlandaio che sta a Santa Trinita,chiesa vallombrosana di Firenze e sta anche a Vallombro-sa chiesa madre dell’ordine. Quale modo migliore per sot-tolineare una stia comune di storia, di cultura e di fedeche portare nella venerabile abbazia, il Presepio che laCappella Sassetti gelosamente conserva?Così vanno le cose nel nostro Paese, questa è la vera pecu-liarità che ci fa unici ed invidiati nel mondo. Si esce dal-

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la città illustre e dal grande museo oggetto del turismo deigrandi numeri e si entra nella affascinante trama d’orodel museo diffuso. In Italia (e in Toscana con particolarevisibilità e splendore) tutto si riflette in tutto. Storia e Bel-lezza si moltiplicano in rivoli preziosi che occupano ogniprofilo di collina, ogni piega del paesaggio. Masaccio staagli Uffizi e al Carmine ma anche a San Pietro di Casciadi Reggello; il Beato Angelico lo incontriamo a San Mar-co ma anche a San Giovanni Valdarno; Giotto abita gliUffizi e Santo Stefano al Ponte ma i suoi mediati river-beri arrivano fino alla collegiata di Santa Maria Assun-ta a Figline. I maestri robbiani sono ubiqui (al Bargellocome a Montevarchi) e ubiquo è il Ghirlandaio che sta nel-l’abbazia di Vallombrosa come nella Cappella Sassetti diSanta Trinita.Affinché tale concetto emerga con evidenza smagliante,nel 2007, la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenzepresieduta da Edoardo Speranza ha portato a Cascia diReggello la Madonna Casini (dagli Uffizi), a San Gio-vanni alcuni comparti, appena restaurati, della celebrepala dei Linaioli del Beato Angelico (da San Marco), aFigline la Madonna di San Giorgio alla Costa del gio-vane Giotto, a Montevarchi la Fanciulla del Bargello, e aVallombrosa la pala Sassetti del Ghirlandaio. L’obiettivoè degno e importante. Noi vogliamo che i tesori d’arte di-stribuiti nelle città e nei paesi della nostra regione – agliUffizi e al Bargello di Firenze come nei piccoli centri enelle mirabili raccolte di arte sacra che costellano la Valledell’Arno – vengano intesi e vissuti come parti di quell’u-nico e vivo museo sotto il cielo che è la Toscana.

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I l patrimonio artistico della Toscana è costituito da un’in-finita quantità di espressioni artistiche che spaziano dai

manufatti etruschi alle avanguardie del ’900, passando peril Rinascimento ed il Barocco e coinvolgono l’intero terri-torio regionale.Possiamo affermare che l’intera nostra regione è un museoa cielo aperto e gli oltre 450 musei della Toscana un sologrande museo capace di toccare più di 450 aspetti unici ediversi della nostra storia.L’idea che guida i nostri progetti culturali e che ci ha per-messo di iniziare a valorizzare le potenzialità, spesso nonsfruttate, della Toscana minore è proprio quello di presen-tare la nostra offerta come un unico museo vivo e moderno.Un unico museo formato da una rete di siti e di attivitàche interagiscono e dialogano fra loro abbinando la voca-zione ad esporre e conservare a quella della promozione edella valorizzazione.È la logica di “sistema” la chiave di volta per permettereun’efficace promozione anche dei musei così detti “piccoli”che avrebbero altrimenti minori possibilità di visibilità.Attraverso il sostegno alle forme di cooperazione fra musei,a livello tematico o territoriale, riusciamo a far crescere siala qualità dell’offerta e raggiungere livelli di eccellenza. Untraguardo che, in considerazione di quanto la nostra terraha da offrire, dobbiamo considerare irrinunciabile.Continueremo ad investire in cultura perché consideria-mo la cultura un fattore di sviluppo economico e di occu-pazione qualificata e soprattutto perché investire in cul-tura significa investire sull’intelligenza delle persone e sul-l’identità di un territorio: la Toscana.

ClaudioMartiniPresidentedella RegioneToscana

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L a Diocesi di Fiesole con il concorso di alcuni Enti, co-me l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, e la collabo-

razione delle Soprintendenze, ha realizzato musei per l’ar-te sacra dislocati sul territorio, cercando di mantenere leopere d’arte nelle zone di origine. In questi ultimi anni so-no nati i musei della Basilica di San Giovanni Valdarnocon l’Annunciazione del Beato Angelico, della Pieve di Ca-vriglia con la Croce tardo-ottoniana della seconda metàdel secolo XII, della Collegiata di Montevarchi con il Tem-pietto robbiano, di Cascia di Reggello con il Trittico diSan Giovenale di Masaccio, di Vallombrosa con la paladel Ghirlandaio, di Incisa Valdarno con la tavola di Se-bastiano Mainardi, e non va dimentico quello della Col-legiata di Figline Valdarno, il primo sorto sul territorionegli anni Ottanta del Novecento, che conserva la tavoladel Cigoli.I Musei d’arte sacra sono da considerarsi come luoghi pri-vilegiati per la conservazione, la tutela e la valorizzazio-ne del patrimonio artistico, culturale e religioso della co-munità diocesana, un patrimonio che merita di essere con-siderato punto di riferimento per iniziative culturali e pa-storali. È infatti sempre più urgente ed indispensabile ope-rare sul territorio a tutti i livelli, non solo per salvaguar-dare le preziose opere d’arte esistenti, ma per creare nellecomunità locali strutture vive che possano essere una sor-ta di documentazione di arte, di storia e di memoria, nel-la quale ritrovare le origini delle nostre radici.

† LucianoGiovannettiVescovo di Fiesole

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L’ incomparabile interesse del patrimonio sacro in Ita-lia – e particolarmente in Toscana – ha tra i propri

poli di eccellenza i musei ecclesiastici, diocesani e subdio-cesani, nati già nel secolo XIX ma enormemente accresciu-ti, per numero e livello dell’offerta espositiva, in questi ul-timi anni. La normativa di riferimento e le stesse letterepastorali disegnano la missione del museo ecclesiastico co-me centro propulsore della pastorale culturale e base del-la memoria e dell’identità delle comunità religiose.Tale missione confina senza soluzione di continuità con unfine in senso lato didattico e formativo, aperto a fasce diutenza giovanili ma anche ai fruitori dell’educazione per-manente.Dei musei ecclesiastici, peraltro, non va sottaciuto il pecu-liare interesse turistico, che si accresce nella misura in cui ilturismo tende a specializzarsi e a diffondersi in manieracapillare nel territorio, anche al di fuori dei grandi centri.Alla base di queste funzioni sono la prassi e la scienza del-la conservazione, che vedono da decenni le Soprintenden-ze affiancare e orientare le singole istituzioni nel non sem-plice compito della tutela: al quale, nelle sue varie forme,concorrono oggi più che mai i soggetti privati.Il Valdarno Superiore, territorio di grande ricchezza sto-rica e artistica, posto tra Firenze e Arezzo, vede la propriavalorizzazione legata oggi più che mai ai centri minori eai loro musei, ai quali si volge l’efficace, generosa azionedell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Paola ReficeSoprintendenzaper i BeniArchitettonici e per il Paesaggio,per il PatrimonioStorico, Artisticoed Etnoantro-pologico della provinciadi Arezzo

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I l Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie rap-presenta una meta fondamentale per il turista che giun-

ge a San Giovanni Valdarno, la città di Masaccio, attrat-to dalle bellezze storiche e artistiche della città.Nel Museo sono conservate le opere più significative delpatrimonio storico artistico di quella collezione di arte sa-cra che, a partire dal 1864, si è venuta costituendo met-tendo insieme i dipinti più pregevoli presenti nelle chiesecittadine.Il Museo, oltre ad offrire al visitatore opere di ottimo pre-gio che fanno da adeguata cornice alla Annunciazionedel Beato Angelico, dà un rilevante contributo alla rico-struzione della storia della città. Le opere dei numerosi artisti, che hanno lavorato o sononati a San Giovanni e che nel ’400 frequentavano le bot-teghe fiorentine trovano nel Museo della Basilica un co-nenitore che ne valorizza le qualità sacre ed artistiche.San Giovanni era nota come “la piccola Firenze” perchérisentiva già dal ’400 del fiorire di arti e mestieri della vi-cina città.Nel Museo non sono presenti opere di Masaccio, ma si pos-sono ammirare dipinti del fratello minore Giovanni di SerGiovanni detto Lo Scheggia, di Mariotto di Nardo, diMariotto di Cristofano e di altri artisti contemporanei esuccessivi.Il rinnovato allestimento del Museo della Basilica permetteun esame attento ed efficace delle opere disposte con intel-ligenza ed attenzione intorno a quello che ne costituisce

EmanueleBani

Assessore alla Cultura

Comune di San Giovanni

Valdarno

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sicuramente l’elemento di maggior prestigio e bellezza:l’Annunciazione di Fra Giovanni da Fiesole, più famo-so come Beato Angelico.Questa opera di prestigio mondiale, trattandosi di unadelle tre Annunciazioni su tavola dell’Angelico, insieme aquella di Cortona ed a quella del Prado di Madrid, è sem-pre stata legata alla terra del Valdarno ed ha trovato nelMuseo della Basilica la sua collocazione ideale.Un Museo dunque, quello della Basilica, che arricchiscela comunità locale e che porta alla mostra Rinascimentoin Valdarno il contributo della città di San Giovanni Val-darno, città d’autore.

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Museodella Basilicadi Santa Maria delle Graziea San Giovanni Valdarno

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I l museo, recentemente riallestito, è ospitato in unedificio contiguo al complesso di Santa Maria delle

Grazie, che si affaccia sulla centralissima piazza, allespalle del Palazzo di Arnolfo. La piazza costituisce unelemento significativo all’interno della struttura urba-na della cittadina, una delle tre “terre nuove” (San Gio-vanni, Castelfranco, Castel Santa Maria-Terranuova)progettate e realizzate da Firenze entro i primi decennidel xiv secolo. La “novità” dei tre impianti «sta proprionel fatto di derivare da un progetto redatto ex novo, concriteri e finalità individuati, costruendo geometrica-mente un insediamento organizzato intorno a una viaprincipale, che ne raccorda i palazzi pubblici, e isolatodall’esterno mediante una cinta di mura». Lo stesso Pa-lazzo di Arnolfo – che deve il nome al suo famoso, tra-dizionale progettista, Arnolfo di Cambio – costituiscel’elemento più significativo della piazza “secondaria”, de-lineata, dal lato opposto, dalla facciata porticata dellabasilica, e sul lato nord, da quella di San Lorenzo.Da quest’ultima chiesa proviene gran parte dei mate-riali conservati nel museo, costituito nel suo nucleo,già nel 1864, nella Sagrestia della basilica, grazie all’o-pera generosa di Vincenzo Mannozzi Torini, esponen-te di uno dei più illustri casati sangiovannesi.All’origine di questo come di molti altri musei italianivanno poste le controverse vicende della soppressionepostunitaria delle Congregazioni religiose, che porta-rono all’alienazione di edifici e arredi, nonché, in non

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Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno

Paola Refice

Basilica diSanta Mariadelle Grazie

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24museo della basilica di santa maria delle grazie

pochi casi, alla dispersione di veri e propri patrimonistorico-artistici e devozionali.

Il santuario di Santa Maria delle Grazie

L’origine della basilica sangiovannese si discosta da-quella dei molti edifici sorti intorno a “Madonne mi-racolose” tra Cinque e Seicento in Toscana sia per pre-cocità che per tipologia edilizia.L’evento straordinario che ne determinò la costruzionesi colloca infatti alla fine del Quattrocento e si verificò aseguito della pestilenza scoppiata in Valdarno per il pas-saggio delle truppe di Ferdinando i di Napoli e del papaSisto iv dirette contro Lorenzo de’ Medici. L’immaginemiracolosa in questione inoltre non era dipinta in un ta-bernacolo viario, bensì nella zona superiore della porta-torre cittadina rivolta verso Siena ed era infatti affianca-ta, secondo la consuetudine del tempo, da quella dei san-ti protettori della città, Lorenzo e Giovanni Battista.Il grande afflusso di popolo spinse subito i sangiovan-nesi ad allestire inizialmente un tabernacolo ligneo cheproteggesse l’immagine e un supporto sopraelevato coninginocchiatoi che, senza ostacolare la viabilità della por-ta sottostante, consentisse la preghiera dei devoti. Maben presto si dovette provvedere a qualcosa di più soli-do e capiente. Così nel 1486 papa Innocenzo viii ap-provò la costruzione dell’oratorio ed a ciò furono pre-posti dodici procuratori e due provveditori. Questa se-conda fase edilizia portò all’edificazione, in un primotempo, di una cappella voltata sovrastante la zona ditransito della porta, poi trasformata nel 1523 in una chie-sa con navate suddivise in nove campate sormontate danove cupolette. A questo periodo risalgono le opere d’ar-te più antiche come gli affreschi di Luberto da Monte-varchi che illustrano il Miracolo di Monna Tancia (1510)

LuciaSacchetti

Lelli

PiazzaMasaccio

con l’ingressodel Museo

della Basilicadi Santa Maria

delle Grazie

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25museo della basilica di santa maria delle grazie

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sulla parete a sinistra dell’altar maggiore e la lunetta diGiovanni della Robbia con l’Assunzione di Maria (1510-1513) sopra il varco di Porta San Lorenzo. I lavori di am-pliamento continuarono però per tutto il corso del Cin-quecento, aggiungendo le due ampie rampe di scale inpietra serena, il campanile, la sagrestia vecchia ed infinel’altar maggiore, ricostruito dopo che un rovinoso in-cendio nel 1596 aveva distrutto quello ligneo. Per il nuo-vo altare si ricorse addirittura agli architetti granducali,Bernardo Buontalenti, Matteo Nigetti e al giovane Giu-lio Parigi cui spettò la realizzazione della tavola con Glo-ria di angeli e veduta di San Giovanni Valdarno destina-ta a incorniciare l’immagine miracolosa. Nel Seicento siprovvide ad arricchire gli altari della chiesa di opere d’ar-te e di affreschi la sagrestia e l’esterno dell’oratorio. Men-tre ai primi del Settecento si affidò ai pittori VincenzoFerrati e Giuseppe Nicola Nasini la decorazione ad af-fresco delle volte delle cupolette e della facciata inaugu-rata l’8 settembre del 1704, giorno dell’incoronazionedell’immagine sacra. Purtroppo tale facciata non si è con-servata sino a noi, perché sostituita nel 1840 da una piùclassicheggiante che meglio si adattava, nelle sue linee es-senziali, alla cappella costruita fra il 1712 e il 1725 in pian-ta rettangolare in fondo alla chiesa che accoglieva nel-l’altare di mezzo la Decollazione del Battista di Giovan-ni da San Giovanni. Al centro della grande Cappella fucostruito nel 1943 l’Altare del combattente, distrutto ap-pena un anno dopo da un bombardamento e rimpiaz-zato nel dopoguerra da un’imponente cupola.

Il museo

Nel caso di San Giovanni Valdarno, alla lungimiranzadel Mannozzi Torini fece seguito la solerte azione del-la Soprintendenza, allora fiorentina: negli anni Cin-

PaolaRefice

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quanta le opere furono collocate nell’edificio adiacen-te all’Oratorio, appositamente restaurato; Luciano Ber-ti le catalogò e le arricchì. Successivamente altri ogget-ti d’arte entrarono a far parte del museo: tra essi l’An-nunciazione del Beato Angelico, proveniente dalla chie-sa del convento francescano di Montecarlo, non lon-tano da San Giovanni.I recenti lavori, avviati nel 2000 e terminati nel 2005,hanno comportato l’ampliamento delle aree espositive– con l’acquisizione di tre nuove sale – e l’adeguamen-to degli ambienti ai criteri vigenti. Le sale sono colle-gate tra di loro in una suite dall’andamento dinamico;le opere sono scandite dall’uso del colore, cui è stata af-fidata l’individuazione e la valorizzazione dei vari mo-menti del discorso museografico.Il museo ospita dipinti di epoca compresa tra il xiv e ilxvii secolo, nonché oreficerie liturgiche, paramenti e al-tri oggetti di grande importanza per San Giovanni e ilsuo territorio.Adempie a una funzione eminentemente didattica, ol-tre che turistica. Inoltre, nello spirito dell’attuale nor-mativa sui musei ecclesiastici – stante la sua colloca-zione nell’area della basilica – conserva e rende fruibi-le alla comunità parrocchiale e diocesana testimonian-ze significative della vita ecclesiale della comunità.

L’ingressodel Museodella Basilicadi Santa Mariadelle Grazie

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Tra la fine del 1478 e l’inizio del 1479, dopo mesi di guerra e devastazioni,una terribile epidemia di peste colpì gli abitanti di San Giovanni. Due

terzi di essi perirono e, fra questi, il figlio di un’anziana vedova e sua mo-glie. La vecchia donna, Monna Tancia, che secondo le cronache aveva al-l’epoca settantacinque anni, rimase sola con il nipotino non ancora svez-zato. Il bimbo di poco meno di tre mesi, che aveva nome Lorenzo, rimasesenza chi lo nutrisse. Invano la nonna cercò una balia per farlo allattare:la paura del morbo che al piccolo aveva ucciso entrambi i genitori portò aduna serie sconsolante di rifiuti. A nulla servirono le insistenze della vecchiache, disperata, decise infine di implorare l’aiuto della Vergine. Si recò allo-ra non lontano da casa sua presso la Porta di San Lorenzo, ove era affre-scata, sull’esterno della torre, l’immagine della Madonna col Bambino, af-fiancata dai santi Lorenzo e Giovanni Battista. Qui si inginocchiò col bim-bo moribondo e pregò la Vergine di un aiuto. Fatto ritorno a casa, duran-te la notte, il bimbo piangeva disperato. Per tentare di placarlo un poco lanonna lo fece attaccare alle sue mammelle. Fu allora che cominciò a scatu-rire latte in abbondanza che saziò il piccolo e lo salvò da una morte sicura.La notizia della sorprendente lattazione si diffuse velocemente, anche per-ché il latte continuò a fluire, ci dice ancora la leggenda, per un anno e ottomesi. Numerosi furono in questo lasso di tempo i testimoni del prodigio. Latradizione popolare vuole che addirittura Lorenzo de’ Medici si sia recatoad osservare il fenomenale allattamento. Da questo momento esplose la de-vozione per la santa immagine e numerosi altri furono i miracoli. Il Co-mune, quindi, decise prima di proteggere l’immagine con un tabernacolo(1482), poi di costruire per essa un oratorio (1484). L’oratorio, che nascevaquindi sotto il patronato del Comune, venne affidato ad un’Opera che erapresieduta dal Padre Guardiano del Convento di Montecarlo. Questi ave-

Il miracolo di Monna Tancia:nascita di un santuario

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va pure l’incarico di “correttore” dell’oratorio. Può essere interessante nota-re che il piccolo Lorenzo da grande diventerà Religioso Francescano con ilnome di frate Egidio e che, dopo la morte nel convento di Madrid, sarà an-noverato nella lista dei beati dell’Ordine.

Secondino Gatta

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1 Sala 1Hall 1

2 Sala 2Hall 2

3 Sala 3Hall 3

4 Corridoio fra Sala 3 e Sala 4Corridor between Halls 3 and 4

5 Sala 4Hall 4

6 Sala 5Hall 5

7 Sala 6Hall 6

Biglietteria / BookshopTickets / Bookshop

delPianta museo

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Ingresso e biglietteria

Dall’ingresso al piano terreno una rampa conduce alpiano nobile, sul quale si apre l’ingresso-bigliette-

ria, con il piccolo bookshop; le collezioni delle altre sa-le sono introdotte da un importante oggetto di orefi-ceria, un grande paliotto barocco di Bernardo Puccini.

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Visita al museo

Paola Refice

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1. bernardo puccini(Firenze, notizie 1656-1694)Paliotto1684argento sbalzato, cesellato,bulinato e inciso su fondo di velluto rosso; cm 230�90punzoni: su due volute di acanto:tre palle entro scudo, due martelliincrociati in campo ovale, leonepassante in campo ovaleBasilica di Santa Maria delle GrazieDonato da Maria Salomé SestiniPucciarelli per il perdono di agosto

del 1684 reca, agli estremi della fasciasuperiore con girali fitomorfi lavo-rati a giorno, i blasoni delle famiglieSestini e Pucciarelli. La zona centraleaccoglie un cartiglio dai bordi fo-gliacei baccellati includente l’im-magine di Maria Assunta in cielo dalquale si dipartono ampi girali in-trecciati di acanto. Anche due cop-pie di fasce decorative affiancano lazona centrale e ripropongono glistessi motivi lavorati a giorno. I nu-merosi successivi cambi di tela han-no purtroppo appiattito notevol-

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mente lo sbalzo e danneggiato unmanufatto di pregevole esecuzioneavvicinabile nei motivi all’analogooggetto del monastero di San Vin-cenzo Ferrer a Prato, precedente ilnostro di circa un decennio. L’at-tenta recente rilettura dei marchi ciconsente di attribuire l’opera all’o-rafo Bernardo Puccini, immatrico-latosi all’Arte della Seta il 21 giugno1656, attivo per la Compagnia diSant’Isidoro già dal 1680 e sepoltoin San Pier Maggiore a Firenze nel1694.

33ingresso e biglietteria

i, particolare1

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1 - Sala 1

Dopo l’ingresso, le sale si snodano su un unico pia-no, a livelli leggermente diversi, collegati da brevi

rampe. La prima, la seconda e la terza sala custodisco-no pitture su tavola di soggetto religioso, eseguite damaestri toscani, databili a partire dalla fine del Trecen-to a tutto il secolo successivo.

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2. mariotto di nardo(notizie 1394-1424)Trinità tra la Vergine e Maria Maddalena con santi1400-1405trittico, tempera su tavola;cm 152�236pieve di San Giovanni Battista

Proveniente dalla pieve di San Gio-vanni Battista, il trittico, assieme adalcuni frammenti di affresco nellachiesa di San Lorenzo in San Gio-vanni Valdarno, è stato attribuito aMariotto di Nardo, valente pittorefiorentino che attuò il recupero del-la tradizione giottesca. Nella tavola

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centrale la figura dell’Eterno Padresorregge la croce dove il corpo del Fi-glio, ormai inerme, ricade pesante suse stesso; Maria e Maddalena, ingi-nocchiate ai lati della croce, espri-mono il proprio dolore.Nella tavola sinistra, nel tondo postoal centro della cuspide san Giuseppe

sorregge la verga fiorita; in basso, sanGiovanni Battista e san Giacomo.Nell’altra tavola al centro della cuspi-de, il profeta Zaccaria sostiene il car-tiglio con l’iscrizione latina et voca-bit nomen eius iohannes, mentrein basso sono raffigurati san Giovan-ni Evangelista e sant’Antonio Abate.

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3. giovanni del biondo(documentato 1356-1398)Dio benedicenteCristo nel sepolcrodatate 1374cuspidi; tempera su tavola;

cm 68,5�55 (Dio Padre); cm 70,5�55 (Cristo)Quasi identiche per misura e car-penteria le due cuspidi assieme ad unaterza, perduta ma documentata negliinventari ottocenteschi, appartene-

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vano probabilmente allo stesso po-littico. Attribuite fin dal 1950 a Gio-vanni del Biondo, la cuspide con DioPadre era forse collocata sopra una ta-vola raffigurante il Battesimo di Ge-sù; l’altra cuspide, raffigurante il Cri-

sto nel sepolcro, come vir dolorum,uomo dei dolori, secondo l’icono-grafia diffusa tra i pittori fiorentinidella fine del xiv-inizi del xv secolo,era posta sopra una tavola raffiguranteuna Madonna o una Crocifissione.

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2 - Sala 2

4. mariotto di cristofano(San Giovanni Valdarno 1395-Firenze 1457)Madonna in trono col Bambino tra i santi Antonio abate, Lorenzo,Giovanni Battista, Giacomo apostoloe quattro committenti1453tavola; cm 123,5�173iscrizioni: in basso: questa tavolafece fare maso di s[er] piero dis[er] marco p[er] lanima dimona filipa sua don[na] e disuoi morti an[no] m[cc]cc[l]iiidie x agosto chiesa di San Lorenzo

La tavola, attribuita dal Cohn (1958)a Mariotto di Cristofano, cognato diMasaccio, mostra una “Sacra Con-versazione”, in cui Maria in trono colBambino è circondata da santi chepartecipano al sacro colloquio. Un’i-scrizione ricorda i donatori, dipintiin dimensioni ridotte in ginocchioai lati della scena, e la data di esecu-zione, 10 agosto 1453, festa di san Lo-renzo, cui è dedicata la chiesa da cuiproviene l’opera. La tavola appartie-ne alla fase tarda e scadente di Ma-riotto, come risulta dalla schemati-cità compositiva e dalle incertezzeprospettiche.

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5. giovanni di ser giovanni dettolo scheggia(San Giovanni Valdarno 1406-Firenze 1486)Madonna in trono col Bambino1440-1450tavola; cm 258�119chiesa di San LorenzoLa tavola è stata attribuita dal Salmi(1951) al Maestro del Cassone Adi-mari, identificato dal Bellosi (1969)in Giovanni di ser Giovanni detto loScheggia, fratello minore di Masac-cio. Su uno sfondo impreziosito daun delicato roseto ispirato a Dome-nico Veneziano campeggia l’impo-nente figura di Maria in trono colBambino, ritratta con le fattezze di-stintive del pittore: la bocca stretta,il mento piccolo, le palpebre larghe

e le profonde occhiaie, la fronte al-ta. Un sottile richiamo a Masaccio sicoglie nella salda resa delle mani del-la Vergine e nel motivo delle puntedi diamante (vedi Trinità in SantaMaria Novella), testimonianza dellaperizia scultorea dello Scheggia.Circa la destinazione, superata l’ipo-tesi di un unico complesso, com-prendente anche gli Angeli musicantidi Paolo Schiavo e dello Scheggia e isanti Biagio e Ansano, dello stessoSchiavo, si propende a considerare l’o-pera come parte centrale di un colos-sale tabernacolo e le altre quattro co-me elementi decorativi delle ante diun organo portativo, simile a quelloricordato dall’Alberti (1754) nella Ba-silica di Santa Maria delle Grazie, di-pinto a suo dire da Andrea del Sarto.

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6. giovanni di ser giovanni detto lo scheggia(San Giovanni Valdarno 1406-Firenze 1486)Coro di angeli musicanti1440-1450tavola; cm 154�62chiesa di San LorenzoL’opera, attribuita dal 1940 al Mae-stro del Cassone Adimari e quindiallo Scheggia, presenta una schie-ra di dieci angeli, su quattro regi-stri, a file alternate di due e tre, che

cantano e suonano strumenti a fia-to, a percussione e a corda. La ma-no del pittore si coglie in partico-lari quali le bocche piccole, gli oc-chi dalle grandi palpebre, ma so-prattutto nel vivace espressioni-smo, quasi caricaturale, dei suona-tori di strumenti a fiato. Il carna-to bruno, chiaroscurato dei volti ealcuni cenni prospettici, come i liu-ti ed il tamburello in ardito scorcio,appaiono invece di chiara lezionemasaccesca.

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7. paolo di stefano badalonidetto paolo schiavo(Firenze 1397-Pisa 1478)Coro di angeli musicanti1435-1440tavola; cm 160�57chiesa di San LorenzoLa tavola, affine a quella dello Scheg-gia per struttura compositiva e par-ticolari stilistici (disposizione figure,

punzonatura aureole, foggia abiti edacconciature), è attribuita dal Lon-ghi (1940) a Paolo di Stefano Bada-loni, detto Schiavo. Il pittore, for-matosi nell’ambito di Lorenzo Mo-naco, è influenzato dal raffinato sti-le di Masolino, come si vede dalladelicatezza cromatica degli incarna-ti e dalla resa eterea ed incorporea de-gli angeli.

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8. paolo di stefano badalonidetto paolo schiavo(Firenze 1397-Pisa 1478)Sant’ AnsanoSan Biagio1438-1440tavola; cm 160�56 e cm 159�53iscrizioni: ai piedi di Ansano:[…]sanochiesa di San LorenzoLe due opere, attribuite a Paolo Schia-vo, modestamente conservate, pres-soché identiche per formato, dimen-sioni e particolari come la punzona-tura delle aureole, mostrano su fon-do dorato due santi martiri, Ansanoe Biagio. Il primo appare come ungiovane, sontuosamente vestito con

un abito scuro bordato di pelliccia edun ampio mantello rosso, che tienenella destra la palma del martirio enella sinistra il cuore col trigrammadi Cristo, simbolo della piena dona-zione a Dio e al Suo Nome; il secon-do è raffigurato come un uomo an-ziano, dalla fluente barba grigia, inricchi abiti vescovili, con un morbi-do piviale rosso dal bordo dorato, fer-mato al petto da un bel fermaglio,che da un lato impugna il pastorale eil pettine dentato, strumento del mar-tirio, e dall’altro tiene un messale. Letavole, di pregevole fattura, mostra-no l’impronta masoliniana nella raf-finatezza compositiva e nella roseadelicatezza degli incarnati.

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9. nanni di bartolo detto il rosso (?)(Firenze, notizie dal 1419 al 1451)Busto di san Lorenzoprima metà del secolo xvscultura lignea, intagliata, dorata e argentata; cm 61,5�53,5�27,5iscrizioni: sul piedistallo: s. laurenzichiesa di San LorenzoIl busto, in legno di pioppo argenta-to e dorato, è generalmente attribui-to a Nanni di Bartolo detto il Rosso,scultore fiorentino, vicino all’ambitodonatelliano. Sappiamo che l’opera,dono del vescovo di Fiesole RanieriMancini nel 1784, ogni anno, per lafesta del santo, era posta sull’altaredella chiesa di San Lorenzo. Il recen-te restauro ha permesso di escluderela presenza di una originaria policro-mia, come anche l’ipotesi si trattassedi una statua intera. Il modello sem-bra piuttosto imitare i preziosi busti-reliquiari in oro e argento diffusi nel-l’area aretina e fiorentina nel Tre eQuattrocento. Il santo appare comeun distinto giovane, vestito con la dal-matica diaconale; le esili mani, deli-catamente appoggiate sul petto, ten-gono il libro, simbolo del ministerodella Parola. Il volto, scurito dall’os-sidazione dell’argento, ormai cadu-to, conserva la delicatezza dei linea-menti e lo sguardo trasognato ed as-sorto, tipici dell’artista.

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10. giovanni di piamonte(documentato nel 1456)L’arcangelo Raffaele e Tobia1467tavola; cm 138�83iscrizioni: nel cartiglio: raphaelmedicinalis mecum sis

perpetualis et sicut fuisti/ cumthobia semper mecum sis in viachiesa di San LorenzoLa tavola è stata attribuita dal Bellosi(1987) a Giovanni di Piamonte, pit-tore che, dopo la formazione pier-francescana ad Arezzo, opera a Firen-ze vicino al Baldovinetti e al Pollaio-lo. Lo studio degli stemmi, ai lati delcartiglio, ha rivelato la committenza(le famiglie fiorentine Del Soldato eSerragli) e la precisa data di esecuzio-ne (15 luglio-15 dicembre 1467). Il te-ma del viaggio di Tobia e Raffaele, al-

la ricerca del rimedio miracoloso perguarire la cecità del padre, è frequen-te nella Firenze del secolo xv, quando,come mostra l’iscrizione, il culto diRaffaele era particolarmente sentito;una ragione può essere il desiderio diprotezione invocato dalle ricche fa-

miglie della borghesia mercantile suifigli, spesso inviati in lunghi viaggi diformazione nelle lontane Fiandre.Su un bello sfondo che ricorda la val-le dell’Arno, Tobia procede pensie-roso ed incerto, quasi in punta deipiedi, lasciandosi guidare dall’arcan-gelo, che, vestito in eleganti abitiquattrocenteschi, avanza sicuro, in-coraggiando il giovane con lo sguar-do ed il gesto della mano. Il pesce, lascatola dei medicinali ed il cane, ca-richi di significati metaforici, sonoprecise allusioni al testo biblico.

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11. mariotto di cristofano(San Giovanni Valdarno1395-Firenze 1457)Christus patiens tra la Vergine e santa Lucianella predella: santi Silvestro,Michele arcangelo, Ivo1420-1425tavola; cm 207,5�137chiesa di Santa LuciaL’opera, attribuita dal Cohn(1958) a Mariotto di Cristofa-no, cognato di Masaccio, pre-senta su fondo oro la lumino-sa figura di Cristo Risorto,che, sostenendo la croce, ver-sa il Sangue Santo nel calicesottostante, secondo l’icono-grafia dell’Effusio sanguinis, al-lusione del sacrificio eucari-stico; ai lati, in una visione spe-culare, la Vergine che interce-de presso il Figlio e santa Lu-cia, con il collo trapassato dalcoltello, strumento del marti-rio, e gli attributi della palmae della lucerna. Il pittore haqui unito in modo insolito,ma mirabile, il motivo delCorpo e Sangue mistico aquello, più raro e di originenordica, dell’intercessione diMaria. La pregevole tavola ap-partiene alla più felice produ-zione giovanile di Mariotto.

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I pittori del Valdarno

N el 1417 Guido di Piero, noto come Beato Angelico, è già attivo co-me “dipintore” nella Compagnia di San Niccolò al Carmine; a po-

co più di un anno dopo è fatto risalire il suo ingresso nel convento dome-nicano di Fiesole. Su questa duplice identità, estetica e mistica, la criti-ca ha disegnato la sua immagine, vero e proprio archetipo di campionedi un Rinascimento “religioso”. Già Giorgio Vasari, nelle Vite, affermache Guido «essendo non meno stato eccellente pittore e miniatore che ot-timo religioso, merita per l’una e l’altra cagione che di lui sia fatta ono-ratissima memoria». La fortuna di tale archetipo fu rafforzata dal re-pertorio iconografico, visto che, come aggiunge Vasari, «si esercitò conti-nuamente nella pittura, né mai volle lavorare altre cose che di Santi».Al 1418 risale il pagamento per una tavola in Santo Stefano da parte deiCapitani d’Orsanmichele; gli ultimi anni sono spesi a Roma, al serviziodi Eugenio IV e poi Niccolò V, per una serie di opere, alcune delle qualiperdute. La sua attività è stata oggetto di innumerevoli studi, dei qualirende conto una vasta bibliografia.Gran parte delle opere principali sono conservate in Toscana: a Firenze,nel convento e al Museo di San Marco, a Cortona, nel Museo Diocesano(Annunciazione, 1430-1435 ca.) e altrove. Nel Valdarno, l’ Annuncia-zione ora nel Museo di San Giovanni proviene appunto dalla chiesa fran-cescana di Montecarlo.

Paola Refice

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57sala 2

L a pittura prospettica di Tommaso di ser Giovanni Cassai, detto Ma-saccio, l’uso del chiaroscuro e del colore fanno di lui uno degli inizia-

tori del Rinascimento. Nato a San Giovanni nel 1401, giunto molto gio-vane a Firenze entrò come diretto collaboratore nella cerchia del pittoreMasolino da Panicale. Al 1422, anno d’immatricolazione dell’artista al-l’Arte dei Medici e degli Speziali, risale il trittico della chiesa di San Gio-venale presso Cascia di Reggello, opera che rivela già una piena adesioneai principi rinascimentali.Nel 1424 ca. Masaccio, in collaborazione con Masolino, esegue Sant’An-na Metterza (Uffizi), dove è evidente l’influenza di Donatello nella re-sa realistica e arrotondata delle forme.Entrambi gli artisti lavorarono ancora insieme agli affreschi della Cap-pella Brancacci in Santa Maria del Carmine a Firenze; attraverso l’usosapiente della luce che definisce i corpi e i drappeggi, Masaccio esegue inquesto ciclo di affreschi le Storie di San Pietro e del Peccato originale.Mirabile opera dell’artista è inoltre il polittico (1426) per la chiesa del Car-mine a Pisa, smembrato nel Settecento, e ora diviso fra i musei di Lon-dra, Pisa, Vienna, Berlino e Napoli.Prima di trasferirsi a Roma, dove morirà all’età di soli ventisette anni,Masaccio realizzò l’affresco della Trinità (1427 ca., Santa Maria Novel-la, Firenze), dove per la prima volta attua con estremo rigore la tecnicadella prospettiva scientifica, secondo i principi enunciati da Brunelleschi.

Sara Ensoli

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58museo della basilica di santa maria delle grazie

I l Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie conserva valide te-stimonianze di due illustri artisti che, sebbene lontani nel tempo, ri-

sultano vicini nel talento e legati alla loro terra d’origine dal nome: Gio-vanni di ser Giovanni detto lo Scheggia e Giovanni Mannozzi detto Gio-vanni da San Giovanni.Fortuna critica ben diversa la loro: per lungo tempo dimenticato il pri-mo, forse anche a causa della sovrastante figura del più illustre fratello,fra i primi artisti del Seicento fiorentino ad essere riscoperto e valorizza-to invece il secondo.Dello Scheggia si conosceva solo il nome e la parentela con il grande Ma-saccio, ma si ignorava lo stile fino al 1969, quando Luciano Bellosi ha pro-posto di accostare l’unica sua opera firmata, il frammentario Martirio disan Sebastiano della parete destra dell’oratorio di San Lorenzo a SanGiovanni Valdarno (riscoperto nel 1903), ad un nutrito corpus di opereche venivano riunite o sotto il convenzionale nome di Maestro del Cas-sone Adimari (Longhi, 1926) o di Maestro di Fucecchio (Pudelko, 1932-1934). Il Museo della Basilica conserva ben tre tavole di questo artistache, pur avendo bottega a Firenze, preferiva dipingere in città opere didestinazione domestica, come i cassoni nuziali, i deschi da parto, piccoleanconette o spalliere per letti, lasciando invece al contado e perciò ancheal suo paese natale opere ad affresco, come il Sant’Antonio abate conepisodi della sua vita, il Sant’Antonio da Padova e san Bernardino daSiena per la chiesa di San Lorenzo o tavole di grandi dimensioni come laMadonna col Bambino, i Cori di angeli o la Sacra Conversazione, de-stinate anch’esse per la stessa chiesa e oggi conservate nel museo.Mentre l’ingresso nel mondo dell’arte era stato facile continuazione diuna tradizione famigliare per lo Scheggia, nipote di un maestro di le-gname e fratello di un illustre pittore, diversamente Giovanni Mannoz-zi fu non poco ostacolato dalla famiglia che lo voleva prima notaio e poichierico come lo zio pievano. Giovanni dovette dunque fuggire a Firen-ze per esser avviato all’arte nella bottega di Matteo Rosselli e poi alla pro-spettiva in quella di Giulio Parigi, che ci piace credere avesse già adoc-chiato l’abilità del giovanissimo Mannozzi quando a fine Cinquecento,

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al seguito del Buontalenti, del quale avrebbe preso l’eredità come archi-tetto granducale, lavorava per l’altare della Madonna delle Grazie.A Firenze la vena curiosa di Giovanni si apre sia alla lezione del disegnofiorentino che a quella degli artisti nordici come Jacques Callot e FilippoNapoletano, alla pittura correggesca e veneta e anche a quella caravag-gesca tanto da spingerlo a cimentarsi – lui sempre incline all’affresco –nella tela ad olio con la Decollazione del Battista oggi al museo. Nono-stante i numerosi viaggi a Roma, in Emilia e i lavori a Vico d’Elsa, a Mon-summano, a Pistoia e a Firenze, Giovanni tenne frequenti contatti conla città natale lasciando in essa più di un’opera: gli affreschi dell’An-nunciazione e dello Sposalizio della Vergine sulla scalinata di accessoalla basilica, la tela con San Giuseppe e il Bambino Gesù dentro la chie-sa e due tabernacoli ad affresco oggi purtroppo perduti.

Lucia Sacchetti Lelli

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60museo della basilica di santa maria delle grazie

3 - Sala 3

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12. giovanni di ser giovannidetto lo scheggia(San Giovanni Valdarno 1406-Firenze 1486)Madonna in trono col Bambino e santi1460-1470tavola; cm 173�188iscrizioni: nel cartiglio del Battista:ecce agnus deichiesa di San Lorenzo

L’opera, attribuita alla fase tarda delloScheggia, presenta Maria in trono colBambino ed i santi Caterina d’Ales-sandria, Giovanni Battista, Pietro edAnsano(?). La rigida schematicità com-positiva è in parte riscattata dalla viva-cità cromatica della tavolozza del pit-tore, dai particolari architettonici, se-gno della sua spiccata abilità scultorea,e dalla sicurezza del disegno prepara-torio, evidenziata dal recente restauro.

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62museo della basilica di santa maria delle grazie

13. domenico di francesco detto di michelino(Firenze 1417-1491)Madonna in trono col Bambino e santi1450-1460tavola; cm 158�192chiesa di Santa Margherita de’ Cerchi a Firenze

La pregevole tavola, dono di un pri-vato nell’Ottocento, in origine ese-guita per la chiesa fiorentina di San-ta Margherita de’ Cerchi (dove si con-serva la predella con gli stemmi deicommittenti), è attribuita a Dome-nico di Francesco, detto di Micheli-no dal nome dell’artigiano presso cui

13, particolari

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63sala 3

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l’artista si formò prima di entrare nel-la bottega del Beato Angelico.Dal fondo oro, decorato con un mo-tivo a “gricce” tipico dei tessuti delQuattrocento, emerge una Madon-na in trono col Bambino dallo sguar-do dolce e malinconico, attorniata daisanti Antonio abate, Giovanni Batti-sta, Pietro martire e Giacomo apo-stolo; in ginocchio in primo pianosono le sante Margherita d’Antiochia,cui è dedicata la chiesa d’origine, che

schiaccia il drago simbolo del demo-nio, e Lucia con la fiaccola accesa, se-gno della sua perenne fede. La pala,commissionata dal nobile fiorentinoGiovanni di Borromeo Borromei,forse per le nozze con Antonia Gua-sconi, mostra nel bel pavimento mar-morizzato l’influenza dell’Angelico(Annunciazione), mentre nella deli-catezza chiaroscurale dei volti fem-minili e nell’elaborato trono un ri-chiamo allo stile di Filippo Lippi.

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64museo della basilica di santa maria delle grazie

14. jacopo di arcangelo detto del sellaio(Firenze 1442-1493)Annunciazionenella predella: Adorazione del Bambino, santi Giuliano e Sebastiano1472 (?)tavola; cm 136�161 (tavola); cm 18�195 (predella)iscrizioni: nella predella:questa ta/vola aff/attafare//bernardo/di manfre/

di righattiere//anno d[omi]nimcccclxxiichiesa di Santa Lucia (?)La tavola è stata attribuita dal Be-renson (1909) a Jacopo di Arcange-lo detto del Sellaio, pittore formato-si nella bottega di Filippo Lippi emolto legato al Botticelli. Jacopo ri-prende l’iconografia classica dell’“An-nunciazione” della seconda metà delQuattrocento a Firenze. Maria è se-duta in trono con lo sguardo umil-mente abbassato, porta una mano al

i4, particolari

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petto e tiene nell’altra il libro chiu-so; il suo atteggiamento, raccolto emeditabondo, affatto turbato, mo-stra che la Vergine ha già accolto sen-za riserve la volontà di Dio. In gi-nocchio davanti a Lei, il giovane ar-cangelo Gabriele, con una delicataghirlanda di roselline in testa ed unamorbida veste di velluto, compie l’al-to annuncio, benedicendo con la de-stra e stringendo nella sinistra il gi-

glio, simbolo di purezza. La scenaambientata in un portico rinasci-mentale mostra sullo sfondo un pa-rapetto di marmo che rappresental’hortus conclusus, emblema della ca-stità di Maria. La predella, anche sedi dubbia pertinenza, rivela la com-mittenza e la datazione al 1472. L’o-pera, d’influenza botticelliana, ap-partiene alla più alta produzione gio-vanile del pittore.

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66museo della basilica di santa maria delle grazie

4 - Corridoio fra Sala 3e Sala 4

I locali di passaggio sonooccupati da vetrine conoreficerie liturgiche

15. manifattura fiorentinaPisside1609argento sbalzato, tornito e inciso,parti a fusione;cm 24�8,50 (piede) �13 (coppa)stemmi sul coperchio: dellafamiglia Corboli e della città di San Giovanni ValdarnoBasilica di Santa Maria delle Grazie

16. giovan battista di niccolòcellerini (?)(Firenze, notizie prima metà xviisecolo)Sportello di ciborio1624-1628argento sbalzato, cesellato, inciso;legno e rame dorato; cm 31�15Basilica di Santa Maria delle Grazie

17. manifattura fiorentinaCoppia di Corone per dipintoprimo decennio del secolo xviilamina d’argento sbalzata, cesellatae dorata; paste vitree colorate;cm 13,5�30 e cm 8,5�18Basilica di Santa Maria delle Grazie

18. manifattura toscanaCoppia di Corone per dipintoSeconda metà del secolo xviiargento in filigrana, paste vitreecolorate; cm 9�21 e cm 9�14Basilica di Santa Maria delle Grazie

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5 - Sala 4

Una breve rampa introduce alla piccola sala, nella qua-le è esposta l’Annunciazione del Beato Angelico.

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68museo della basilica di santa maria delle grazie

19. guido di pieropoi fra giovanni da fiesole(beato angelico)(notizie dal 1417-Roma 1455)Annunciazionenella predella: Storie della Verginetavola; cm 95�158 (tavola);cm 16�30 (ciascun scomparto della predella)convento di MontecarloIl tema principale, l’Annunciazionedella Vergine, è descritto secondoschemi iconografici convenzionali, al-l’interno di una preziosa architettura.Le scene della predella rappresentanoil Matrimonio della Vergine, la Visitadi Maria a Elisabetta, l’Adorazione deiMagi, la Presentazione di Gesù al Tem-pio, il Transito della Vergine.L’attribuzione della pala, provenien-te dalla chiesa del convento france-

scano di Montecarlo, è stata lunga-mente controversa. L’opera è stata de-finitivamente attribuita al Beato An-gelico a seguito dei restauri eseguitiagli inizi degli anni Settanta sotto ladirezione di Anna Maria Maetzke,che hanno rivelato – a dispetto dellecomplesse vicende esecutive e degliampi, ma comunque marginali, rifa-cimenti operati nel 1630 per adattar-la a un nuovo altare – la sostanzialeappartenenza a un’unica mano, e unelevatissimo livello esecutivo.Dal recente studio di Michel Feuil-let (2000) la data – oscillante per lacritica all’interno di alcuni decenni –sarebbe attestata intorno al 1440. Es-sa è, comunque, considerata succes-siva alle altre due opere dello stessosoggetto tuttora conservate a Corto-na (Museo Diocesano) e al Prado.

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I l convento di Montecarlo nasce attorno al 1428-1429 in relazione allevicende del non lontano convento di Ganghereto, presso Terranuova

Bracciolini, un cenobio che custodiva la memoria di un miracolo di sanFrancesco d’Assisi. Qui una comunità di frati francescani risiedeva findal passaggio del fondatore, in una data imprecisata nei primi decennidel Duecento. Le cronache locali narrano che negli anni attorno al 1429gli abitanti di Terranuova avessero preso l’abitudine di usare il piazzaleantistante il convento per feste e balli profani. Inutilmente la piccola co-munità di frati aveva tentato di opporsi alla poco edificante usanza. SanBernardino da Siena in persona sarebbe quindi intervenuto nella fac-cenda intimando ai suoi confratelli di abbandonare quel luogo e di cer-carne uno nello stesso tratto della valle dell’Arno. Il luogo fu presto tro-vato grazie al nobile Carlo Ricasoli, devoto amico dei frati francescani,che donò all’ordine una sua proprietà rurale poco a sud di San Giovan-ni, su una collina detta Monte Ortale. Lo stesso marchese Ricasoli si in-caricò di far eseguire i lavori per far erigere una chiesa e trasformare inconvento le strutture abitative già esistenti. I lavori durarono circa diecianni ed il convento, che fu posto sotto il titolo di San Giovanni Battista,divenne popolarmente noto come San Francesco a Montecarlo, in onoredel suo donatore. La chiesa venne consacrata il 28 aprile 1438. Il conven-to, dotato di un’infermeria e di un’annessa spezieria, svolse una tangibi-le opera assistenziale nei confronti della popolazione vicina e dei vian-danti e pellegrini. Anche l’attività pastorale dovette essere di rilievo, taleche nel 1484 è al superiore del convento di Montecarlo che il Comune af-fida la direzione spirituale e temporale della nascente Opera dell’Orato-rio di Maria SS. delle Grazie.

I contesti religiosi di provenienza:il convento di Montecarlo

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Nei secoli successivi il convento viene più volte restaurato grazie ai filan-tropici interventi della famiglia Ricasoli e del granduca Pietro Leopoldo,ma dovette subire le soppressioni del 1810, causate dalle leggi napoleoni-che, e del 1866, in seguito alle leggi postunitarie. Ceduto al Comune ven-ne poi riacquistato dai Ricasoli nel 1874 e donato nuovamente ai frati chevi rimasero fino al 1982. A questa data risale la cessione ad una comunitàdi recupero per tossicodipendenze a causa dell’esiguo numero di frati ri-masti. Le due opere più famose del convento, L’Annunciazione del Bea-to Angelico e l’Incoronazione della Vergine di Neri di Bicci, sono ora de-positate, rispettivamente, presso il Museo della Basilica di Santa Mariadelle Grazie e presso il Museo del Santuario della Verna.

Secondino Gatta

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6 - Sala 5

L a quinta sala contiene dipinti e suppellettili liturgi-che, organizzati intorno a un grande cassone da sa-

grestia, parte originale dell’arredo dell’ambiente, a lun-go utilizzato proprio con questa funzione, sito alla spal-le dell’altare maggiore della basilica, alla quale è colle-gato attraverso due aperture.

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Prima vetrina a destra

20. manifattura toscanaCalicesecolo xviiargento sbalzato, cesellato, fuso e inciso;cm 26,5�14 (base) �9 (coppa)iscrizioni: sulla base e nelsottocoppa: ba – ioannae – opaBasilica di Santa Maria delle Grazie

21. manifattura fiorentinaCalice1755argento sbalzato, cesellato, fusoe inciso;cm 27�13,5 (base) �9,5 (coppa)punzoni: due illeggibili e dell’Arte della Setaiscrizioni: nel bordo del piede:fatto dal piovano sebastianobegni 1755stemmi: BegniBasilica di Santa Maria delle Grazie

22. salvatore morelli(Firenze, notizie 1778-1851)Calice1850argento sbalzato, cesellato, fuso,bulinato;cm 28�13 (piede) �9 (coppa)punzoni: sul dorso del piede: sm in losangaiscrizioni: sul bordo esterno delpiede: i priori giov. batta e

francesco masoni fratellioffrono a maria santissima ilpresente calice l’anno 1850.Basilica di Santa Maria delle Grazie

23. manifattura fiorentinaCalice1662argento sbalzato, cesellato,bulinato, parti a fusione;cm 24,5�11(piede) �9 (coppa)stemma nel sottocoppa: Toriniiscrizioni: sul piede: calicemistum sacerd dominici turinian. sui obit. 1660 dnovovitet.1662 deo reddidit haresBasilica di Santa Maria delle Grazie

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24. manifattura fiorentinaCalicesecolo xviiiargento sbalzato, bulinato e fuso;cm 22�10 (base) �8 (coppa)Basilica di Santa Maria delle Grazie

25. manifattura toscanaSecchiello per acqua benedetta e aspersorioseconda metà del secolo xviargento sbalzato, cesellato e tornito; cm 15�23 (secchiello); cm 27 (aspersorio)Basilica di Santa Maria delle GrazieIl secchiello, poggiante su base cir-colare, presenta una pancia sfericadecorata con baccellature che va ra-stremandosi verso il piede con mo-

tivi a foglie di acanto. Il manico è ri-solto con il motivo di due delfini af-frontati il cui dorso si inarca in vo-lute contrapposte, mentre l’asperso-rio mostra una strozzatura decoratacon foglie lanceolate.

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26. paolo laurentini (?)(Firenze, notizie 1606-1675)Calice1650 ca.argento sbalzato, cesellato, fuso,tornito e bulinato; cm 27�13 (piede) �10 (coppa)Basilica di Santa Maria delle Grazie

27. manifattura fiorentinaNavicellafine del secolo xvi-inizi del secolo xviiargento sbalzato, cesellato,bulinato e inciso; cm 13,5�27stemmi sul coperchio: Del ChiaroBasilica di Santa Maria delle GrazieLa navicella poggia su un piede ellitti-co riproponendo gli stessi motivi de-corativi con infiorescenze, girali fito-morfe e testine angeliche del turiboloche l’accompagna, arricchendo il tut-to con rinascimentali festoni di fiori efrutti. Il coperchio accoglie invece nel-le due valve l’immagine dell’Assuntafra le nubi e lo stemma della famiglia

offerente: Chiari o Del Chiaro, origi-nari del quartiere fiorentino di SantoSpirito, ma spesso citati nei documentisangiovannesi dal Seicento in poi.Questa pregevole parure, che non pre-senta traccia di punzoni, rivela co-munque la mano di un abile argentie-re fiorentino e doveva accompagnareil dono delle tele con San Giovanni Bat-tista e san Lorenzo collocate sull’altarmaggiore ai lati dell’immagine sacradella Madonna. Sulla dalmatica del sanLorenzo ritroviamo infatti il motivoaraldico dei tre crescenti dello stemmadei Del Chiaro con i dorsi affrontatianziché volti in banda e sormontati daun rastrello come sulla navicella.

75sala 5

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27, particolare

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28. manifattura fiorentinaTuribolofine del secolo xvi-inizi del secolo xviiargento sbalzato, cesellato,bulinato e inciso; parti a fusione;cm 30�8,3 (base)�14 (diametro braciere)stemmi nel braciere: Del ChiaroBasilica di Santa Maria delle GrazieL’arredo estremamente raffinato, conpiede circolare impostato su gradinodecorato a palmette, presenta un bra-ciere rigonfio ornato con infiore-scenze su fondo puntinato alternatea stemmi uscente in una breve tesasorretta da mensole con testine dicherubino. Il coperchio, concepitoin forma di piccolo tempietto rina-

scimentale a sezione esagonale, pre-senta nel corpo centrale sei specchielegantemente lavorati a giorno e di-visi da statuette di santi – san Gio-vanni Battista, san Lorenzo, santa Lu-cia, san Francesco, santa Chiara e sanGiacomo Maggiore(?) – addossateagli spigoli. Il coperchio è conclusoda cupoletta embricata con lanternae globo secondo una tipologia anco-ra classicamente cinquecentesca.

Seconda vetrina a destra

29. bernardo holzmann(Notizie 1685-1728)Ostensorio1708-1709

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argento sbalzato, cesellato, fuso,tornito, inciso e parzialmentedorato; cm 75�16 (diametro base) �35 (diametro raggiera)punzoni: sulla base: bh in campocircolare; stemmi nel verso dellaraggiera: stemma matrimonialeDel Nero Rinuccini sormontato da corona baronaleBasilica di Santa Maria delle GrazieIl prezioso manufatto fu donato nel1709 all’oratorio mariano dal baro-ne Cerbone del Nero e dalla moglie,figlia del marchese Folco Rinuccini,in occasione di una loro visita al-l’immagine miracolosa di Maria. Au-tore del prezioso arredo è l’argentie-re di origine tedesca Bernardo Holz-

mann, che già dal 1685 risulta pre-sente a Firenze presso la bottega del-lo scultore Giovan Battista Fogginicon il quale collaborò nelle opere dicommittenza granducale divenendoil suo unico argentiere di fiducia.Nella mostra dell’ostensorio trovia-mo il tradizionale motivo eucaristi-co dei grappoli d’uva e delle spighe,dai quali fuoriescono raggi dorati, eall’innesto con il fusto tre teste dicherubini. Anche sulla base teste dicherubini si alternano a festoni digrappoli d’uva e spighe.

30. manifattura toscanaOstensorio a sole1625argento sbalzato, cesellato e tornito, parti a fusione;cm 53�22,5 (diametro raggiera)iscrizioni: sul piede: opa 1625fondato di botiBasilica di Santa Maria delle Grazie

31. bernardo holzmann(Notizie 1685-1728)Reliquiario a ostensorio dei capelli di Maria1710-1711argento sbalzato, cesellato, fuso, tornito, inciso; cm 37�11(diametro base) �13 (mostra)punzoni: sulla mostra: bh in campo circolareBasilica di Santa Maria delle Grazie

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Il reliquiario fu donato dal vescovodi Fiesole monsignor Orazio Pan-ciatichi per contenere la reliquia deicapelli della Vergine Maria giunta nel1711 all’oratorio dal monastero dellesuore di sant’Agostino. Anche que-sto prezioso arredo è uscito dalla bot-tega dell’argentiere granducale Ber-nardo Holzmann e, presentando nonpoche analogie stilistiche con il coe-vo paliotto di Santa Maria dell’Im-pruneta realizzato dal tedesco insie-me a Cosimo Merlini e allo scultoreGiovan Battista Foggini, ci induce acredere che l’ideatore di questo reli-quiario come degli altri due conte-nenti i resti di san Gioacchino e disant’Anna sia il Foggini stesso. Il fa-

stigio della mostra a volute contrap-poste con riccioli fortemente ricur-vi, i festoni di rose e fiori che incor-niciano la teca, circondata a sua vol-ta da un serto di alloro, e la conchi-glia smerigliata all’innesto con il fu-sto paiono cifre stilistiche di indub-bia derivazione fogginiana.

32. manifattura fiorentinaReliquiario ad ostensoriosecolo xviii-xixlamina d’argento sbalzata, cesellatae incisa su anima di legno; cm 22�13Basilica di Santa Maria delle Grazie

33. bernardo holzmann(Notizie 1685-1728)Reliquiario a ostensorio del legnodella Croce (già delle ossa di sanGioacchino)1712-1713argento sbalzato, cesellato, fuso,tornito, inciso; cm 37�11(diametro base) �14 (mostra)punzoni: sul retro della teca e sul bordo della base: bh in campo circolareBasilica di Santa Maria delle GrazieAnche questo reliquiario come quel-lo gemello che conteneva le ossa disant’Anna fu donato alla chiesa san-giovannese dal vescovo Panciatichi nel1713, come viene ricordato nel Librodi memorie conservato nell’archiviodella basilica, e fu realizzato sempre

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nella galleria granducale dall’Holz-mann forse su disegno del Foggini.Dal piede in forma circolare e deco-rato con foglie di acanto si diparte unfusto pressoché identico a quello delreliquiario mariano: un nodo con ser-to di alloro e l’altro maggiore pirifor-me decorato da ovoli incorniciati.Dalla teca, circondata ancora una vol-ta da alloro, si apre una mostra a vo-lute contrapposte includenti testineangeliche entro campi graniti.

34. bernardo holzmann(Notizie 1685-1728)Reliquiario a ostensorio di santaFilomena (già delle ossa di sant’Anna)1712-1713

argento sbalzato, cesellato, fuso,tornito, inciso; cm 37�11 (diametro base) �14 (mostra)punzoni: sul retro della teca e sul bordo della base: bh in campo circolareBasilica di Santa Maria delle Grazie

35. manifattura toscanaBacile1666argento sbalzato, cesellato e inciso;cm 25,5 (diam.)iscrizioni: sul bordo interno dellatesa: vinum et ordinatcharitatem in illis qui probatisunt. argento an. d:ni mdclxviBasilica di Santa Maria delle Grazie

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36. manifattura fiorentinaReliquiario a ostensorio di san Giuseppe1819lamina d’argento sbalzata, cesellatae incisa su anima di legno;cm 45�17iscrizioni: mater alma dirige etprotege iuvenem achillem f.giampieri belgiie studiispisanum 1819Basilica di Santa Maria delle Grazie

37. giovanni mannozzidetto giovanni da san giovanni(San Giovanni Valdarno 1592-Firenze 1636)Sposalizio della Vergine1621affresco staccato; cm 243�214Basilica di Santa Maria delle Grazie, testata destra della scalinata esterna

Quest’opera è la prima versione del-lo Sposalizio della Vergine che Gio-vanni da San Giovanni dipinse insie-me all’Annunciazione in cima alle duerampe di accesso all’oratorio maria-no. Emersa nel 1953 in occasione del-lo strappo – per restaurarle – delle duelunette, in pessimo stato di conserva-zione, risulta molto ben leggibile, no-nostante sia stata martellinata dall’ar-tista per sovrapporvi l’affresco defini-tivo. Il momento dello scambio deglianelli fra Giuseppe, sulla cui verga fio-rita scende una bianca colomba, e Ma-ria alla presenza di un anziano sacer-dote e di alcuni giovani uomini e gio-vani ragazze è in linea con la più clas-sica tradizione iconografica e richia-ma nella sobria impostazione spazia-le la coeva Circoncisione di Cutiglia-no e nelle tonalità pastello gli affre-schi della cappellina di Vico d’Elsa.

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Nell’angolo, a sinistra delloSposalizio della Vergine

38. manifattura toscana Croce astile1600lamina d’argento sbalzato, cesellatoe inciso, parti a fusione, su animadi ferro; cm 42�31iscrizioni: nella formellaquadriloba dietro le gambe delCristo: 1600 fatta da m. piero e giovan battista gardistemmi nel verso all’incrocio deibracci: forse stemma dei GardiBasilica di Santa Maria delle GrazieLa croce processionale dall’impianto

decisamente arcaizzante con formel-le quadrilobe, arricchite da elemen-ti aggettanti piriformi e a punta dilancia, sia ai terminali che all’incro-cio dei bracci e dietro le gambe delChristus patiens, circondato dai sim-boli della passione, ripropone, in for-me decisamente meno raffinate, ilmodello cinquecentesco di Pietro diMartino Spigliati eseguito per la Fra-ternita del Latte di Montevarchi. So-pra la testa di Gesù è l’immagine cri-stologica del pellicano, mentre neiquattro terminali le figure dei santiGiovanni Battista e Pietro (patronidei donatori), sant’Antonio Abate esan Giuseppe.

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39. giovanni mannozzidetto giovanni da san giovanni (San Giovanni Valdarno 1592-Firenze 1636)Decollazione del Battista1620olio su tela; cm 234�170iscrizioni: a destra sotto la grata:gio. da s.to gio.ni 1620chiesa di San LorenzoIl dipinto fu realizzato dal Mannoz-zi su commissione dei confratelli del-la Compagnia di san Giovanni De-collato per il loro altare nella chiesadi San Lorenzo. Su tale altare rima-se fino al 1729, quando gli stessi con-fratelli ne fecero eseguire una copiada Jacopo Ciacci, donando l’origi-nale all’oratorio di Maria SS. delleGrazie. Dopo i bombardamenti del-la seconda guerra mondiale che di-strussero parte dell’oratorio l’operafu ricoverata nella sagrestia della

chiesa e di qui nel museo. La tela fir-mata e datata al 1620 sotto la gratadella bassa finestra dalla quale altricarcerati assistono con rassegnazio-ne alla consegna della testa del Bat-tista, il cui corpo giace riverso in unlago di sangue ancora sgorgante dalcollo, rivela l’interesse di Giovanniper l’opera del Caravaggio ancoraprima del suo documentato viaggioa Roma nel 1621. La fama delle ope-re del pittore lombardo era giunta aFirenze già ai primi del Seicentoquando il cavalier Francesco del-l’Antella aveva fatto liberamente re-plicare a Filippo Paladini proprio laDecollazione del Merisi per l’altaredi famiglia nella chiesa fiorentina diSan Jacopo in Campo Corbolini eaveva portato da Malta l’Amorinodormiente caravaggesco, oggi a pa-lazzo Pitti, tradotto proprio dal Man-nozzi in veste di Tranquillità d’ani-

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mo nella facciata del palazzo del-l’Antella in piazza Santa Croce.La luce di Giovanni non squarcia peròdrammaticamente la scena alla ma-niera caravaggesca, ma si sofferma sul-la nuca, sull’abito prezioso e sulle per-le dell’ancella, lasciando ancora benleggibili i particolari in ombra. Cosìcome il dramma solenne della tavoladi Malta è stemperato nello svolazzomanieristico del panno del carnefice,nel suo ghigno caricaturale che ricol-lega Giovanni a quel gusto arguto perla satira burlesca tanto affine al suocarattere bizzarro e stravagante.

40. gregorio pagani(Firenze 1558-1605)San Lorenzo e san Giovanni Battista1600olio su tela; cm 188�78iscrizioni: sulle cornici: ad mdcBasilica di Santa Maria delleGrazie, altare maggioreI due dipinti furono realizzati nel1600, come attesta l’iscrizione sullebelle cornici coeve, per affiancare, so-pra l’altare maggiore, l’immagine mi-racolosa di Maria e rappresentano,infatti, i santi più cari alla devozio-ne sangiovannese. La restituzione diqueste tele – prima assegnate dalleguide locali a Simone Pignoni – allamano di Gregorio Pagani da parte diLuciano Berti (1959) è confermataanche dal ritrovamento di disegni

preparatori dal vero in un taccuinodel pittore conservato presso lo Sch-loss Fachsenfeld di Stoccarda (Thiem,1970). Mentre la figura del san Gio-vanni Battista, vestito di pelo di cam-mello e con un vivace drappo rosso,emerge morbidamente dalle tenebredel fondo secondo schemi ancoracinquecenteschi, l’immagine del sanLorenzo ci rivela, grazie alla luce chelo colpisce da sinistra, un volume euna plasticità più decisi. Il volto delgiovane martire tradisce fisionomiefamiliari ad altre opere del Pagani ela preziosa dalmatica in broccato d’o-ro con ricami rossi che si adagia sul-la cotta di lana bianca ci riproponeinsistentemente il motivo araldicodei tre crescenti con i dorsi affronta-ti dello stemma della famiglia DelChiaro, già presente sul turibolo esulla navicella del museo.

41. manifattura toscanaBancone da sagrestiasecolo xviiiradica di noce intarsiata;cm 104�310�150Basilica di Santa Maria delle Grazie, sagrestia

42. giuseppe nicola nasini(Castel del Piano 1657-Siena 1736)Madonna col Bambino e cardellinoolio su tela; cm 113,5�85Basilica di Santa Maria delle Grazie

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T ra le dotazioni tessili della Basilica di Santa Maria delle Grazie spic-cano per qualità e ricchezza le mantelline in seta – teli sacri confe-

zionati per coprire il miracoloso affresco – che fonti inedite, relative a me-morie, inventari e libri d’amministrazione dell’Opera, riferiscono per lopiù a donazioni di illustri personaggi, compagnie laiche e anonimi be-nefattori. La realizzazione agli inizi del XVI secolo del prezioso “lampa-naio” in legno dorato, eseguito per l’altare maggiore dai fratelli legnaio-li Domenico e Francesco Scheggia di Firenze, ma sfortunatamente distruttonell’incendio del 1596, impose paramenti liturgici di pari ricchezza chel’inventario del 1516 ricorda tessuti in damasco e velluto, spesso rifiniticon fregi figurati. In linea con l’alto livello di questi manufatti gli in-ventari della prima metà del Cinquecento menzionano preziose man-telline, solitamente in sete operate con gli emblemi araldici dei donatori(Giugni, 1523; Puccini, 1539), cui si aggiungono nel corso degli anni al-tre di particolare bellezza, come la mantellina «di Teletta d’argento dren-tovi un Vaso di fiori a ricamo d’oro e due angeli che reggono una coro-na», offerta in dono nel 1589 da Ilarione Lapini. Continuamente utiliz-zate fino alla completa consunzione e, talvolta, disfatte nell’ininterrottaattività di recupero di sacrestia, rimane oggi di tali arredi cinquecente-schi la mantellina in raso rosso ricamato d’oro, dono congiunto delle fa-miglie Libri e Pazzi, che riscontri inventariali consentono di datare frail 1588 e il 1597. Non esposta al momento per le cattive condizioni con-servative, la mantellina ha subito un primo restauro già nel 1600 ad ope-ra dei banderai fiorentini Piero Ruggeri e Costantino Marochi, che neampliarono le dimensioni in conformità alla mostra della nuova tavoladipinta da Giulio Parigi fra il 1596 e il 1598 per il rinnovato complesso

Magnificenza e devozione: le mantellinedella Basilica di Santa Maria delle Grazie

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dell’altare maggiore. Nessun acquisto di mantelline viene registrato peril XVII secolo, ma il riscontro puntuale fornito dagli inventari documen-ta il loro costante aumento negli anni, confermando che questo genere diarredi tessili era prescelto nelle donazioni, perché meno costoso di un pa-rato completo o di un singolo paliotto. I tessuti citati sono comunque dialto livello – velluti operati in oro, telette d’oro ricamate, rasi e dama-schi broccati – e illustri anche i nomi dei donatori: Rossi, Catani, Car-nesecchi, Antinori e Bencivenni, menzionati insieme ad altri anonimidevoti, fra i quali si ricorda una gentildonna di Firenze che regala all’o-ratorio «una mantellina di seta paonazza a fiorj con trine e frange d’o-ro», registrata nell’inventario del 1693. L’intervento dell’Opera nell’ap-provvigionamento di nuove mantelline è documentato infatti una solavolta nel 1606 quando, a seguito di un legato di 25 scudi, si decide di farconfezionare una mantellina con un «Domascho pagonazzo d’opera gran-de», uscito dalla bottega del setaiolo fiorentino Vincenzo Salviati. Emi-nenti personalità continuano a donare pregiate mantelline ancora nelSettecento: il 29 settembre 1713 il fiorentino Marsuppini regala all’ora-torio una mantellina «paonazza con fiori piccoli d’argento e d’oro tessu-ti» ed il 29 maggio 1729, il vicario di San Giovanni, Francesco MariaGiorni, ne offre una con ricami a «fiori di Seta al Naturale», molto si-mile, nell’effetto, a quella «di raso bianco ricamata d’oro a riccio, e fio-ri di seta al Naturale», annotata come dono Martellini Del Falcone nel-l’inventario del 1749 ed oggi in collezione privata.Grazie al nuovo espediente tecnico sperimentato intorno al 1732-1733 daltessitore lionese Jean Revel (1684-1751) – il point rentré che favorisce effet-ti di chiaroscuro nell’iconografia del disegno lasciando penetrare l’una nel-l’altra le trame di diverso colore – la tendenza al naturalismo caratterizzain questi anni anche i motivi ornamentali delle sete operate, di cui è splen-dido esempio la mantellina in lampasso del museo (cat. n. 43), decorata confiori e architetture quasi “dipinte” di chiara tradizione reveliana.

Lorenzo Pesci

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I l percorso si chiude con la sesta sala, dedicata intera-mente ai parati liturgici.

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Entrando nella sala dei paramenti, a destra

43. manifattura lioneseMantellina1735-1745lampasso liséré broccato in setapolicroma e argento; cm 118�83,5Basilica di Santa Maria delle GrazieIl motivo della mantellina si caratte-rizza per lo sviluppo verticale a scac-chiera di isole vaganti in argento fi-lato, dalle quali originano lussureg-gianti fiori di peonie, rose e tubericarnosi che incorniciano uno scor-cio di paesaggio. L’impostazione deldisegno rientra nella tipologia orna-mentale a “isolotti” ed è tipica deitessili francesi ideati per l’abbiglia-

mento intorno agli anni Quarantadel Settecento. L’impiego del pointrentré, espediente tecnico introdot-to da Jean Revel (1684-1751) nel 1733per esaltare gli effetti plastici del di-segno, riconduce il raffinatissimo tes-suto ad opificio di ambito lionese.La confezione, eseguita giuntandoframmenti di varia grandezza, evi-denzia il reimpiego del tessuto da unabito femminile donato alla chiesa.

Nella grande vetrina la presentazione dei paramentiprocede in senso orario

44. manifattura italianaPianeta, stola, manipolo e velo di caliceprimo quarto del xviii secolotaffetas con ricami in seta, oro eargento e applicazioni in cartolinod’oro e d’argento, canutiglia d’oroe paillettes dorate;cm 103�61 (pianeta); cm 220�22 (stola); cm 88�21,5 (manipolo); cm 61�59 (velo)Basilica di Santa Maria delle GrazieCornici mistilinee in filo d’oro apunto steso, intrecciate a rigoglioseinfiorescenze ricamate a punto raso(tulipani, peonie e rose), si dispon-gono specularmente rispetto ad unasse centrale scandito da una larga

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banda verticale, al cui interno si suc-cedono un fiore di garofano e unapeonia sorretta da un’infiorescenzafantastica. Perizia tecnica e significa-

to simbolico dei fiori sono alla basedi questo pregiato manufatto, pro-babilmente uscito da un laboratorioconventuale di alta specializzazione.

45. manifattura franceseParato in terzo1770-1775pékin liséré broccato in seta, oro e argento;cm 115�71,5 (pianeta); cm 111�126�96 (tonacelle); cm 221�19,5 (stola); cm 94�20,5 (manipolo)Basilica di Santa Maria delle GrazieSul fondo avorio il motivo si artico-la in senso verticale ondulante, com-

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posto da rami dorati dai quali sboc-ciano mazzi di rose, intrecciati a ban-de longitudinali in cannellato, cam-pite da stilizzate corolle recise. Il tes-suto del parato è un esempio di unnuovo genere tessile, il pékin, intro-dotto in Francia a partire dal 1770 ca.e caratterizzato da rigide spartitureverticali con pochi effetti cromatici,tenuti sempre su tonalità chiare, inlinea con il gusto di sapore già neo-classico.

46. manifattura fiorentinaVelo di caliceprimo quarto del xvii secolodamasco bicolore di seta; cm 54�56,5Basilica di Santa Maria delle GrazieSul fondo in raso faccia ordito di co-lore rosso cremisi, il disegno, descrittoin bianco dalla faccia trama della stes-sa armatura, compone teorie paralle-

le e sfalsate ad orientamento alternodi rametti arcuati dai quali nasconofoglie dentate e infiorescenze stiliz-zate in quattro varianti. Il disegno, dipiccolo rapporto modulare, proponeun’impostazione asimmetrica e di-namica, secondo la formula di modanel periodo per le stoffe da abbiglia-mento.

47. manifattura lioneseVelo omerale1833teletta d’oro con ricami in seta,oro, argento, canutiglia d’oro e d’argento, paillettes dorate eargentate e borchiette d’argento;cm 70�267Basilica di Santa Maria delle GrazieAl centro del velo si dispone in for-te rilievo il simbolo eucaristico delPellicano rappresentato nell’atto dinutrire i suoi piccoli con la sua car-ne e il suo sangue; gli angoli sono evi-denziati da mazzi fioriti con spighe,ricorrenti, quest’ultime, nella pro-duzione tessile e ricamatoria otto-centesca. Il manufatto, «venuto diLione», fu acquistato per cinquantafrancesconi e rifinito nelle guarni-zioni dai battilori Agostino e Gio-vanni Corsellini di Firenze. Dallabottega fiorentina dei setaioli Gio-vanni Sugheri e Nicola Giorgi pro-viene invece la fodera, in ermesinodi seta giallo oro.

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48. manifattura toscanaVelo omeraleultimo quarto del xvii secolotaffetas marezzato ricamato in seta e oro; cm 58�256Basilica di Santa Maria delle GrazieRicami in bavella di seta policromadescrivono rose e garofani che, in-trecciandosi a volute in filo d’oro ap-plicato a punto steso, si dispongonolungo il perimetro del velo, al centrodel quale è il simbolo di san Bernar-dino contornato da raggi e fiori. Nel1782 il velo fu sottoposto ad un in-tervento di restauro da parte della si-gnora Luisa Brandini che, seguendouna pratica assai diffusa in ambito li-turgico, riportò il ricamo sul fondoattuale.

49. manifattura fiorentinaBordo figuratoprimo quarto del xvi secololampasso lanciato in seta e oro;cm 34�44,5Basilica di Santa Maria delle GrazieIl bordo, probabilmente usato perdecorare i riquadri di una tonacella,presenta al centro un disco raggiato

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con il monogramma di Cristo ihs;negli angoli quattro cherubini alatidisposti in modo da creare una chiu-sura circolare. In alto e in basso cor-re un fregio, delineato da righe ver-di, composto da rosette a sei petali al-ternate a foglie d’acanto.Realizzati a Lucca già nel Trecento, itessuti figurati a soggetto sacro di-ventano nel Rinascimento una spe-cializzazione delle manifatture di Fi-renze che li eseguono spesso su car-toni preparatori di artisti eccellenti.

50. manifattura italianaVelo di calice1755-1765taffetas cangiante lisérélanciato in seta; cm 53�55Basilica di Santa Maria delle Grazie

Modulo decorativo ad andamentoverticale sinuoso composto da nastridi pizzo intrecciati a mazzi di fiori sil-vestri con orientamento alternato.L’esemplare presenta una variante deldisegno a “meandro”, motivo che, ap-parso in Francia intorno al 1740, hapraticamente impostato una tipolo-gia decorativa di grande successo nel-la moda europea cui si è guardato fi-no al terzo quarto del xviii secolo.

51. manifattura fiorentinaPianeta, stola, manipolo e bustaprimo quarto del xvii secolovelluto cesellato di seta operato a un

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corpo a una trama lanciata in oro;cm 115�69 (pianeta); cm 228�22 (stola); cm 90�19 (manipolo); cm 25,5�25 (busta)Basilica di Santa Maria delle GrazieReticolo di piccole maglie ovalischiacciate delineate da coppie di fo-glie speculari divaricate, allineate inteorie ripetute in verticale a scac-chiera. Al centro delle maglie è unainfiorescenza stilizzata. La laminettadorata di fondo, spezzata in più pun-ti, si è completamente ossidata, pri-vandoci dei bagliori che rendevanoquesto velluto da abbigliamento pre-zioso anche all’occhio.

52. manifattura fiorentinaPianeta e stolasecondo quarto del xvii secolovelluto cesellato di seta operato a un corpo a una trama lanciata in argento; cm 108�67 (pianeta); cm 230�20 (stola)Basilica di Santa Maria delle GrazieRete di maglie ogivali costituite darami con nodi intrecciati e fiori sti-lizzati nei punti di tangenza, che rac-chiudono due bouquets diversificaticon fiore di cardo al centro. Il dise-gno, in velluto tagliato e riccio di co-lore rosso cremisi, emerge dal fondoin seta avorio, attraversato da lami-nette d’argento.

La pianeta faceva parte in origine diun parato in terzo, confezionato, su ri-scontri inventariali, fra il 1632 e il 1668;ciò dimostra la grande fortuna di que-sta tipologia tessile, che oltre un se-colo dopo la sua ideazione (1530 ca.)veniva riproposta dalle manifatture diFirenze senza sostanziali variazioni.

53. manifattura fiorentinaPianeta e stolaprimo quarto del xvii secolovelluto cesellato di seta operato a un corpo;cm 113�69 (pianeta); cm 238�21,5 (stola)

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Basilica di Santa Maria delle GrazieIl tema centrale è un vaso da cui spun-ta un giglio stilizzato affiancato dagruppi di tre garofani speculari. Ilsoggetto, ripetuto a scacchiera in ver-ticale, è racchiuso all’interno di unagriglia romboidale aperta, formata darametti fioriti biforcati, alternati a co-rolle stilizzate poste nei punti di tan-genza. Il disegno, in velluto viola ta-gliato e riccio, si stacca dal fondo ver-de brillante costruito in un raso irre-golare, detto “turco”, che evidenziacome i nostri tessitori, nel comples-so sistema di influenze stilistiche fraOriente e Occidente, ricopiasseronon solo i motivi tipici delle stoffeturche, ma riproponessero anche par-ticolarità tecniche a loro peculiari.

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Itinerari

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Da Firenze a San Giovanni Valdarno

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I dintorni di San Giovanni Valdarno

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L asciando il centro di Firenze e attraversando l’Arnopresso il ponte Giovanni da Verrazzano (uno dei più

recenti di cui la città sia stata dotata negli ultimi decen-ni), s’imbocca il viale Donato Giannotti che proseguepoi nel viale Europa. Intorno a quest’arteria, snodo sucui gravita un animato quartiere cittadino, si conserva-no edifici di grande interesse storico-artistico. Sono so-prattutto costruzioni a carattere religioso: così arrivan-do all’altezza di via Danimarca, voltando a destra ed im-mettendosi sulla via di Ripoli, è possibile raggiungere labadia a Ripoli che sorge sull’omonima piazza. La fon-dazione risalente al vii-viii secolo, era in origine un mo-nastero benedettino femminile che, passato in seguitoai Vallombrosani, venne infine soppresso nel primissi-mo Ottocento. La chiesa, dedicata a San Bartolomeo,ha subito rifacimenti nel tardo Cinquecento (1598) quan-do venne dotata del portico e poi, successivamente, so-prattutto nell’Ottocento e negli anni Trenta del secoloseguente. L’interno, ad unica navata e cripta, conservaopere d’arte di valore, fra le altre: nella cappella maggioreuna Madonna in gloria e santi di Francesco Curradi, nelpresbiterio, a sinistra, La contessa Matilde dona alla chie-sa la Carta, di Giovanni Camillo Sagrestani (1706), nelsacello a destra della cappella maggiore una Madonnacol Bambino e santi di Jacopo Vignali (1630). Prose-guendo per la medesima via di Ripoli si trova, dappri-ma, la chiesa di San Pietro in Palco, consacrata nella se-conda metà del Trecento: decorata di affreschi dello stes-

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Da Firenze al Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno

NicolettaBaldini

San GiovanniValdarno,Palazzo Pretorio,detto “Palazzo di Arnolfo”

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so secolo, ha subito vari rifacimenti ma è stata di recen-te restaurata. A questo punto, sempre seguendo la via diRipoli, ma facendo una breve deviazione, una volta ol-trepassata la frazione di Sorgane, incontriamo a destrala pieve di San Pietro a Ripoli, di cui abbiamo testi-monianze a partire dall’viii secolo, pur essendo sortasulle vestigia di un precedente edificio. La struttura ori-ginaria è stata più volte modificata nel corso dei secoli:verso la metà del Settecento alla costruzione si detterole forme che seguivano il gusto tardobarocco e, poi, du-rante il 1932-1933, si cercò di restituire una sorta di aspet-to medievale all’intero complesso. Significativi sono al-l’esterno il campanile, la facciata tripartita con piccoloportico trecentesco e il portale rinascimentale, mentrel’interno, a tre navate con la centrale absidata, conservadella sua originaria decorazione (che doveva ricoprirlainteramente) solo alcune testimonianze: nell’ultima cam-

Fig. 1. Badia a Ripoli

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pata della navata destra Cristo in pietà e i simboli dellaPassione e un’Annunciazione e nella navata sinistra unaframmentaria Vergine Annunciata, affreschi, come glialtri rammentati, riferiti a Pietro Nelli (fine del xiv se-colo). Si annovera fra le opere anche un dipinto di Ora-zio Fidani datato 1638 rappresentante la Decollazione delBattista (Proto Pisani, 1994).Riprendendo il viale Europa e proseguendo in direzio-ne di Rosano su una delle dolci e suggestive colline cheanimano il paesaggio si può ammirare, sulla destra, lachiesa di Santa Maria a Quarto, che fa parte del Co-mune di Bagno a Ripoli; l’edificio, pur risalente alme-no al xiii secolo, ha subito restauri, con inserimenti instile neogotico, negli anni Trenta del Novecento. Leopere che vi si conservano sono: all’altare una Madon-na di Bicci di Lorenzo e un’Annunciazione di Neri diBicci. Entrando, a questo punto, sulla via di Rosano epercorrendo il raccolto Borro di Vallina, si arriva a Vil-lamagna, località in cui si conservano molti edifici dirilievo, ma su tutti è da segnalare una delle più impor-tanti pievi del territorio fiorentino, quella di San Don-nino a Villamagna. L’attuale edificio risale all’anno Mil-le, quando fu realizzato sulle vestigia di una costruzio-ne dell’viii secolo. Dopo un restauro condotto nel 1930,nel corso del quale vennero rimosse le aggiunte baroc-che, la pieve ha riacquistato, in parte, le sue «severe for-me romaniche». L’esterno, «dalle pareti rivestite da con-ci di filaretto d’alberese», presenta «la semplice faccia-ta a capanna […] con i due spioventi laterali ribassatie un portale incorniciato da conci di pietra bianca» e ilcampanile che si erge con tre piani di bifore e una cel-la campanaria aggiunta successivamente (Ungar, 1999).L’interno, a tre navate impostate su pilastri rettangola-ri su cui poggiano arcate a tutto sesto, si conclude conun’abside a volta gotica costolonata; vi si possono am-

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mirare numerose opere d’arte, fra le altre: a metà dellanavata destra il trittico Madonna col Bambino e santi diMariotto di Nardo (riferito al 1394-1395); nella testatadella navata sinistra una Madonna col Bambino fra i san-ti Gherardo di Villamagna e Donnino di Francesco Gra-nacci, pittore che, nato proprio a Villamagna nel 1477,ebbe una formazione ghirlandaiesca; e ad un esponen-te della famiglia Ghirlandaio, a David specificamente,è stata attribuita la tavola che si trova a metà della na-vata sinistra: la Madonna in trono e santi.Riprendendo nuovamente la strada che segue, sempredappresso, il corso dell’Arno, la conformazione del ter-ritorio ci consente di ammirare sull’altra sponda del fiu-me (in località Compiobbi), la villa Le Falle; notevoleanche per la bellezza del suo giardino, l’edificio, appar-tenuto alla famiglia fiorentina dei Guadagni, venne ri-costruito durante la fine del Cinquecento dall’architet-to Gherardo Silvani. Ammirando la campagna che, dol-ce e incantevole, accompagna entrambe le rive dell’Ar-no, si arriva ad un piccolo bivio sulla via di Rosano, bi-vio che ci permette di raggiungere uno degli edifici piùsuggestivi e singolari che animano i margini del fiume:le Gualchiere di Remole. La storia dell’edificio nella suaforma attuale – atta cioè ad alloggiare le gualchiere, mac-chine per feltrare i panni – è strettamente connessa allevicende degli Albizi, una delle potenti famiglie della Fi-renze del Trecento. Nella prima metà di quel secolo gliAlbizi spesero ingenti capitali per tali impianti posti lun-go entrambe le rive dell’Arno a monte di Firenze: com-prarono le gualchiere del Girone, di Quintole e di Ro-vezzano ed edificarono la struttura di Remole, creandoin tal modo un’organizzazione, atta allo sfruttamento delfiume, strettamente connessa alla lavorazione della la-na. La specificità delle Gualchiere di Remole è data in-nanzitutto dalla modernità del progetto dell’impianto

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che, edificato nel 1326, con-tava ben venti ceppi digualchiera (per battere ipanni nella fase di infeltri-mento della lana) divisi incinque case tra loro conti-gue, adatte all’alloggio de-gli operai che erano addet-ti al buon funzionamentodella struttura. Nel 1334 aquesto nucleo originariovennero aggiunte la torre ela colombaia, dando cosìall’insieme l’apparenza diun piccolo villaggio, pro-tetto da una cinta di muramerlate, con al centro unospazio comune circondatoda diversi edifici (fra i qua-li anche una chiesetta conun chiostro) e animato alsuo interno dai gualcheraie dal personale di servizio

che vi risiedeva con le famiglie e vi svolgeva il propriolavoro. Pur avendo perduto, a partire dal 1429 circa, lasua originaria importanza, l’impianto è stato in uso co-me mulino e gualchiera fino ai primi del Novecento eciò che rende l’insieme estremamente affascinante è chei prospetti esterni del complesso sono ancora quelli ori-ginali trecenteschi anche se con chiare aggiunte e re-stauri di età moderna che tuttavia non disturbano l’in-sieme della struttura (Fabbri, 2004).Rientrando sulla via di Rosano dopo qualche chilome-tro incontriamo, sulla destra, le cosiddette Piramidi diRosano, due suggestive collinette dalla forma pirami-

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Fig. 2. Gualchiere di Remole

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dale che ci introducono nel borgo di Rosano formato-si intorno all’importante Abbazia di Santa Maria, mo-nastero benedettino femminile fondato, secondo la tra-dizione, nel 780 e che è testimoniato nei documenti apartire dall’xi secolo. Gli interventi sugli edifici che com-pongono il nucleo originario dell’abbazia si sono suc-ceduti a partire dal xii-xiii secolo fino al Settecento,mentre la chiesa, a motivo dei danni subiti durante laseconda guerra mondiale, è stata oggetto di un restau-ro che ne ha recuperato la struttura medievale. Poichéle religiose vivono in stretta clausura la visita al com-plesso è limitatissima: i chiostri sono accessibili soltan-to in occasione della festività del Corpus Domini, men-tre la chiesa è aperta unicamente per le funzioni liturgi-che. Questo edificio, dall’impianto a tre navate con co-pertura a capriate lignee, conserva importanti opere d’ar-te – fra le altre un Fonte battesimale del 1423, un’An-nunciazione di Jacopo di Cione, databile al 1365 circa,un trittico di Giovanni da Ponte con l’Annunciazione esanti del 1434. Ma su tutte ha una rilevanza straordina-ria il Crocifisso con Storie della Passione e Resurrezione diCristo, datato al 1129 (in riferimento alla riconsacrazio-ne della chiesa), ed assegnato ad un artista a cui è statodato il nome di “Maestro di Rosano”. Il restauro, a cuila tavola è stata sottoposta dal 1993 al 2006, ha valoriz-zato ulteriormente l’altissima qualità del manufatto – lapiù antica Croce dipinta conservata – e lo studio che èscaturito da quest’intervento conservativo potrà per cer-to fare nuova luce anche sull’anonimo artefice, di ori-gine romana, che, in modo straordinariamente innova-tivo, ha reso con tanta maestria le sembianze del Cristo(triumphans) e gli episodi caratterizzanti la sua salvificaPassione (Monciatti, 2007).A questo punto prendendo la strada provinciale 90 e di-rigendoci verso Rignano si trova, alla sinistra, il castel-

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lo di Volognano. Tale agglomerato, che domina la con-fluenza fra Arno e Sieve e dal quale si possono ammira-re i territori del Valdarno e del Pratomagno, sorse pro-babilmente su un preesistente insediamento romano; illuogo è tuttavia ricordato per la prima volta nel 1214 intestimonianze documentarie relative alla chiesa di SanMichele, mentre il castello è rammentato non anterior-mente al 1220. Residenza, durante il Medioevo, della fa-miglia da Quona, che prese poi il cognome di Da Quo-na di Volognano, il maniero venne distrutto nel 1304dalla Repubblica fiorentina per l’appartenenza dei pro-prietari alla fazione ghibellina. Nonostante alcuni trat-

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Fig. 3. “Maestro di Rosano”, Crocifisso con Storie della Passione eResurrezione, Rosano, Abbazia di Santa Maria

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Fig. 4. Castello di Volognano

Fig. 5. Castello di Volognano, chiesa di San Michele

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ti di muratura testimonino l’edificazione duecentesca,l’aspetto attuale del castello è quello neogotico: con cin-ta muraria fornita di due porte di accesso, torre merla-ta e appunto la chiesetta dedicata a San Michele all’in-terno della quale si trova la pala d’altare eseguita da Ma-riotto Albertinelli, firmata e datata 1514, con la Madon-na col Bambino in trono fra i santi Pietro, Paolo, Apollo-nia, l’arcangelo Michele e il committente inginocchiato,forse riconoscibile in Zanobi della Vacchia. Vi sono con-servate, inoltre, una Madonna col Bambino, su tela, diBicci di Lorenzo, databile al 1385-1390, ma “rimoderna-ta” forse nel 1485 ed infine, e non meno rilevante, la Ma-donna della cintola già riferita a Domenico Puligo ed oraassegnata al cosiddetto “Maestro di Volognano” (Pa-dovani, 2002) «opera molto importante e rappresenta-tiva nell’ambito del panorama artistico fiorentino delprimo Cinquecento» (Bencistà, 1999).Proseguendo per la medesima strada sulla destra si tro-va la località di Torri con la chiesa di Santo Stefano, checonserva all’interno un quadro di Francesco Curradi, indeposito dalla Sovrintendenza fiorentina, una bella ta-vola attribuita al bolognese Lorenzo Sabatini (1562-1572ca.) ed una predella o gradino d’altare con San Seba-stiano, re David, un pontefice e un vescovo, presumibil-mente opera di Francesco Granacci, che era stata as-semblata ad un Trittico, attribuito al “Maestro dell’In-coronazione Christ Church”, oggi custodito presso lavicinissima chiesa di San Cristoforo in Perticaia, di sem-plice struttura romanica. Continuando a percorrere lastrada provinciale 90 si raggiunge il comune di Rigna-no sull’Arno. Forse insediamento di origine romana,come parrebbe suggerire il nome (Arinianum), il borgoè ricordato per la prima volta nei documenti della se-conda metà dell’xi secolo; sorto in una posizione stra-tegica di attraversamento dell’Arno, si trova infatti in

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un punto di deviazione dalla Strada dei Sette Ponti cheprocede sull’altra sponda dell’Arno e si dipana parzial-mente sul tracciato della Cassia Vetus, arteria famosa perle numerose e antichissime pievi (Pelago, Pitiana, Ca-scia, Scò, Gropina e San Giustino) disseminate sul suopercorso che congiungeva, lungo le pendici del Prato-magno, Firenze ad Arezzo e quindi a Roma. È ovvio chesulla deviazione, anche se sul lato opposto del fiume,sorgesse la pieve di San Leolino che, riconsacrata nel2000, dopo un lungo e complesso intervento di restau-ro, ha ritrovato le sue antiche forme architettoniche e lesue opere di notevole valore storico-artistico, già rico-verate nella parrocchiale novecentesca del paese. L’edi-

Fig. 6. Rignano sull’Arno, chiesa di San Leolino

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ficio, le cui prime notizie documentarie risalgono al1066, è un pregevole esempio architettonico dell’xi se-colo, con impianto basilicale a tre navate su pilastri,chiuso da tre absidi semicircolari. Decorano la pieve l’In-coronazione della Vergine, un polittico ad affresco data-bile all’ultimo quarto del Trecento, l’affresco con la Ma-donna della Consolazione forse opera di collaborazionefra Lorenzo di Bicci e Bicci di Lorenzo, e il Fonte batte-simale con le Storie di san Giovanni Battista in terracot-ta invetriata, opera di Santi Buglioni e bottega, riferibi-le a circa il 1520 (San Leolino a Rignano, 2000). Verso lafine del 1100 presso la pieve dovette svilupparsi un ca-stello, dipendente prima dalle monache di Sant’Elleroe poi dai monaci di Vallombrosa, che era già in stato didegrado durante la prima metà del Trecento, quando siandava sviluppando, per volontà della Repubblica fio-rentina, il borgo (da cui prese vita l’attuale Rignano) piùvicino al ponte sull’Arno. In questo centro sono natedue figure illustri: l’umanista Vespasiano da Bisticci(1421-1489) ed il pittore Ardengo Soffici (1879-1964).Da Rignano, attraversando l’Arno sull’antico ponte in-torno a cui si è sviluppato l’agglomerato, si può fare (edè oltremodo consigliabile) una deviazione per rag-giungere la chiesa di San Clemente a Sociana, che pre-senta una struttura molto semplice a navata unica «conun breve transetto ed abside quadrata; esternamente unpiccolo campanile a vela ed un portico, frutto dell’ul-timo intervento di restauro degli anni Sessanta» (Ben-cistà, 1999), restauro che ha seguito quelli del 1580, del1733 e del 1877. Di grande valore il patrimonio che vi siconserva a partire dal bassorilievo, collocato sull’altaredel transetto sinistro, con la Madonna col Bambino as-segnato ad Antonio Rossellino e databile fra il settimoe l’ottavo decennio del Quattrocento; posti al centro del-la parete absidale i due Angeli reggicandelabro riferiti a

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Mino da Fiesole, del 1480 circa, ed infine una tavolacon la Madonna Assunta e santi, attribuita a GirolamoMacchietti (Bencistà in Caneva, 1999).Ritornando a Rignano, proseguendo sempre sulla me-desima strada provinciale 90, dirigendosi verso San Gio-vanni è d’obbligo visitare Incisa in Val d’Arno, nomeche deriva «dalla collocazione del borgo in una gola dal-le pareti ripide, scavata dall’Arno ma che un tempo sicredeva “incisa” dai Romani» (Tigler, 2005). Nella par-te bassa del paese, presso il Municipio, si trova la chie-sa di Sant’Alessandro, sorta nel 1786 sul luogo dell’ora-torio della soppressa Compagnia del Corpus Domini,e di cui, sulla facciata dell’attuale edificio, resta a testi-monianza il portale cinquecentesco. L’interno è a navataunica con due altari e abside voltata e decorata con af-freschi novecenteschi; nel 1984 vi è stato collocato untrittico con Madonna col Bambino, san Michele ed un san-to evangelista (proveniente dalla chiesa di San Michele

Fig. 7. Castello di Incisa in Val d’Arno

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a Morniano) del pittore fiorentino Andrea di Giusto,attivo nella prima metà del Quattrocento e influenza-to, anche in quest’opera, forse degli anni Quaranta delsecolo, dagli artisti più celebrati del tempo: l’Angelico,Masaccio e Paolo Uccello, di cui Andrea fu collabora-tore. Percorrendo la via Castellana (che conduce al co-siddetto Castello dell’Incisa) si trova sulla destra l’ora-torio del Crocifisso del Castello: sorto originariamen-te nel 1364 presso un ospedale che dava ricovero a ma-lati e a viandanti, è dedicato ad un Crocifisso ligneo ri-tenuto miracoloso che qui pervenne durante una pro-cessione partita da Firenze. L’edificio è sede di un pic-colo ma ricco ed elegante Museo di arte sacra, istitui-to nel 2002, nel quale sono conservate importanti ope-re d’arte: tavole e paramenti sacri provenienti da chie-se dei dintorni dell’Incisa. Fra gli altri manufatti sonoparticolarmente degni di nota: una Madonna col Bam-bino su tavola attribuita al “Maestro di Barberino” (at-tivo tra il 1358 ed il 1369) e in origine nella chiesa di SanLorenzo a Cappiano, una cinquecentesca Madonna colBambino e i santi Giulitta, Quirico, Bartolomeo e il com-mittente, attribuita a Giuliano Bugiardini (già nella chie-sa di San Quirico a Montelfi), un Cristo Crocifisso in le-gno policromo di Scuola fiorentina del primo venten-nio del xvi secolo (pertanto non identificabile con quel-lo che, in origine, ha dato vita all’oratorio), un CristoRedentore in rame applicato su tavola della cerchia diLudovico Cigoli (originariamente in Santo Stefano aCetina), un San Michele di Orazio Fidani (secolo xviii),oltre a ricchi arredi, argenti, ex voto e tessuti prevalen-temente dei secoli xvii e xviii (Caneva, 2004). Fra que-sti spicca un prezioso e raro cappuccio di piviale rica-mato eseguito tra la fine del secolo xv e l’inizio del xvi.Procedendo dal museo si sale nella parte alta dell’abita-to arrivando al Castello, dove sono presenti tracce di

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strutture di epoca medievale e, oltre alla ex chiesa di SanBiagio, con resti delle antiche mura, una casa apparte-nuta, secondo la tradizione, alla famiglia di FrancescoPetrarca, nella quale si vuole che il poeta, di natali are-tini, trascorresse i primi sette anni della sua esistenza.Ritornando nella parte bassa dell’abitato si trovano su-bito a destra, procedendo sempre in direzione di San Gio-vanni Valdarno, la chiesa e il convento dei Santi Cosmae Damiano al Vivaio dei Frati minori. Originariamen-te esisteva in questo luogo una chiesa-oratorio intitolataalla Vergine Maria, con annesso un monastero femmi-nile che dava assistenza ai viandanti durante il xiv seco-lo. Nel primo decennio del Cinquecento la fondazionepassò ai frati minori francescani i quali, nel 1516, quan-do papa Leone x Medici transitò nel Valdarno (ritor-nando a Roma dopo la visita nella sua Firenze), chieseroal pontefice il permesso di edificare una nuova chiesa e

Fig. 8. Chiesa dei Santi Cosma e Damiano al Vivaio

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un convento che furono dedicati ai santi Cosma e Da-miano il cui culto era particolarmente caro alla famigliaMedici. All’edificio, consacrato nel 1530, fu annesso, nel1592, il porticato atto ad accogliere i pellegrini. Il com-plesso venne rimaneggiato durante il xviii secolo, quan-do l’interno della chiesa fu ammodernato secondo i ca-noni dell’epoca, evidenti nella ricchezza decorativa, neipreziosi stucchi e nelle decine di tele che la ornano e laconnotano come omogeneo e significativo complessotardobarocco. Fra le opere d’arte si segnala un bassorilievoin terracotta policroma con una Madonna col Bambinoattribuita a Lazzaro Cavalcanti detto il Buggiano, su di-segno di Luca della Robbia. Il complesso conventuale haseguito le vicende delle soppressioni prima leopoldine,poi francesi ed infine del governo italiano, mantenendotuttavia nel tempo la funzione di scuola per religiosi.Proseguendo sul nostro percorso possiamo raggiungere lapieve di San Vito a Loppiano, una delle più antiche del-la diocesi di Fiesole, che «si trova ricordata anche con i to-ponimi di Schergnano e di Ancisa»; sorta, infatti, «agli al-bori dell’xi secolo, si suppone sia stata denominata a Scher-gnano dal nome del proprietario del terreno dove essa fucostruita», in seguito, al tempo della costruzione del «ca-stello dell’Ancisa» presso l’Arno, nel punto più stretto del-la valle, «nacque un piccolo borgo» e la chiesa assunse iltitolo di «San Vito all’Ancisa». Con l’ampliarsi del borgodi Incisa e l’edificazione della chiesa di Sant’Alessandro,a questa fu dato il titolo di pieve e San Vito divenne prio-ria con l’appellativo di «San Vito a Loppiano dal nomedel bell’altipiano dove la chiesa» è posta (Bencistà, 1999).Avendo subito radicali trasformazioni, durante il secoloxix, l’edificio ha perso molte delle testimonianze della suaorigine romanica, tuttavia il restauro degli anni Ottantadel Novecento ha dato modo di poter meglio godere delcomplesso architettonico. La chiesa, preceduta da un por-

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tico seicentesco con la-pidi e una lastra tom-bale quattrocentesca,ha sul fianco sinistro lacappella della Compa-gnia e sul destro la ca-nonica in prossimitàdella quale doveva sor-gere un chiostro. L’in-terno dell’edificio, chemantiene ancora lastruttura originaria, è atre navate e conservauna bella tavola quat-trocentesca con la Ma-donna della Cintolaopera di Francescod’Antonio. Sempre neidintorni di Incisa sonoda segnalare la roma-nica chiesa di San Mi-chele a Morniano dacui proviene la già ri-cordata tela di OrazioFidani, artista attivo aFirenze intorno alla metà del xvii secolo, rappresentanteSan Michele pesa le anime, ora nel Museo di arte sacra del-la medesima località, e la chiesa di San Lorenzo a Cap-piano che ospitava in origine la Madonna in trono fra isanti Domenico, Lorenzo, Giovanni Battista e Lucia, ope-ra di Bastiano Mainardi, genero di Domenico Ghirlan-daio, databile al primo decennio del Cinquecento, an-ch’essa ospitata nel Museo di Incisa.Da Incisa, sempre percorrendo la strada statale, si pro-segue alla volta di Figline Valdarno. Prima di entrare

Fig. 9. Chiesa di San Michele a Mor-niano

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nell’abitato s’incontra il san-tuario della Madonna delPonterosso che venne edifica-to durante la seconda metà delCinquecento (1570) anche peraccogliere un’immagine mira-colosa ad affresco, ora sull’al-tar maggiore, raffigurante laVergine in trono col Bambino.Quest’opera fu realizzata, in-torno al 1499, in un’edicola si-tuata presso la medesima lo-calità, per volontà del fioren-tino Antonio di Paolo d’An-tonio de’ Parigi, che si rivolsead un artista allievo di PietroPerugino, forse identificabilenel figlinese Giovanni di Pa-pino Calderini (Baldini,2005). Rimasta per qualchedecennio nella sua originariacollocazione, in seguito alla di-sastrosa alluvione del 1557, sirese necessario tributare allavenerata Madonna un più de-gno ricovero che sollecitò lacostruzione dell’attuale edifi-

cio, sostenuta anche dai granduchi Medici. Su uno de-gli altari si può ammirare anche una sontuosa Madon-na col Bambino e santi del figlinese Egisto Sarri (secoloxix) di cui il Museo della Collegiata possiede altre ope-re importanti. Da qui si giunge al centro di Figline Val-darno. La cittadina è una fra le più antiche “terre mu-rate” fiorentine, essendo stata progettata alla metà delDuecento quando, in seguito alla distruzione del ca-

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Fig. 10. Giovanni di Papi-no Calderini (attr.), “Ma-donna del Ponterosso”, Fi-gline Valdarno, Santuariodel Ponterosso

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stello di “Feghine”, situato su un colle che dominava ilfiume, la Repubblica di Firenze decise di promuoverelo sviluppo del piccolo borgo che si trovava nella pia-nura sottostante. Dotata, durante il Trecento, di muraancora visibili (anche se per buona parte inglobate inabitazioni), Figline rivestì per Firenze una grande im-portanza, era considerata infatti il “granaio” della città.All’interno della cinta muraria vi sono edifici di note-vole valore storico e culturale. Al centro la piazza Mar-silio Ficino – dedicata ad uno dei più importanti uma-nisti del Quattrocento che qui vi ebbe i natali nel 1433 –ha la struttura di un tipico “mercatale” ossia piazza attaad accogliere il mercato; su di essa si affacciano: a nordun loggiato, parte del seicentesco Ospedale Serristori, diorigine trecentesca, e a sud la Collegiata di Santa Mariaeretta a partire dal 1257, ai piedi di San Romolo, la col-linetta che sovrasta il paese. Come ricordato «sono con-trastanti le notizie a proposito delle origini della chiesale cui fondamenta sembra che fossero state gettate al-meno un secolo prima, dopo che furono distrutti il ca-stello vecchio di Figline e una chiesa dedicata a Santa Ma-ria» posta sulla ricordata collina (Bencistà, 1999). Sor-ta come pieve, nel 1493 ebbe il titolo di collegiata, cioèvi fu insediato un capitolo con un proposto, dodici ca-nonici e con rendite stabili. Molto rimaneggiata fra il xviied il xix secolo, i restauri del secolo scorso l’hanno li-berata dalle strutture seicentesche anche se la chiesa con-serva, del primitivo assetto gotico, ben poco: le dimen-sioni della navata unica e i grandi finestroni ogivali. L’e-sterno è caratterizzato soprattutto da un bel portale cin-quecentesco, mentre all’interno si conservano varie ope-re d’arte, fra le altre la Madonna col Bambino, angeli e isanti Elisabetta d’Ungheria e Ludovico di Tolosa del co-siddetto “Maestro di Figline”, tavola databile a dopo il1317, anno di canonizzazione di san Ludovico, mentre

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nell’ottocentesca cappella del Sacramento, a pianta cir-colare, che si apre sempre sulla parete destra, si può am-mirare un San Giuseppe, terracotta policroma riferibilead Andrea della Robbia e presumibilmente realizzata frail 1505 ed il 1510.In alcuni ambienti annessi alla collegiata nel 1983 è sta-to istituito il Museo di arte sacra nel quale si possonoammirare, fra le altre opere: il Martirio di San Lorenzodel Cigoli (1590), due tavolette con Angeli databili al1480 circa, assegnate, dopo il restauro, a DomenicoGhirlandaio, un tempo ai lati della già ricordata Mae-stà del “Maestro di Figline” conservata in chiesa; sonoinoltre custoditi nel museo anche numerosi parati esuppellettili di pregio.Dalla collegiata andando verso via Castel Guinelli si tro-vano sia un agglomerato di case di epoca bassomedie-vale che poi la cosiddetta Casa grande dei Serristori, ca-ratterizzata da un cortile con due loggiati del xv secoloe giardino all’italiana, da cui si può ben osservare unaporzione delle antiche mura trecentesche con una del-le torri. Altri edifici rendono oltremodo gradevole e con-sigliabile la visita del centro di Figline: il Palazzo Preto-rio, riedificato nel 1931, con l’originaria torre civica incui si trova una cappella che conserva una terracotta in-vetriata, Madonna con Bambino e santi, probabilmentedella bottega di Benedetto Buglioni. Dal Palazzo si rag-giunge la chiesa di San Francesco, edificata nelle sue at-tuali forme tra la fine del Duecento ed i primi anni delTrecento, in luogo di una struttura preesistente di mi-nori dimensioni. La facciata, che mostra segni della suaoriginaria bicromia, è preceduta da un portico rinasci-mentale, che gira sul lato sinistro, dove si sviluppa il con-vento francescano, mentre sul lato destro sono addos-sate abitazioni risalenti al xvi secolo. Sotto il portico,presso l’entrata della chiesa, si ammira un tabernacolo

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con Madonna col Bambino della scuola di Giovanni Pi-sano; vi sono inoltre murati vari stemmi, mentre le lu-nette conservano affreschi seicenteschi. L’interno, a na-vata unica con transetto e tre cappelle absidali, ripro-pone l’antica struttura sulla quale però intervenne undrastico restauro negli anni Venti del Novecento, quan-do i Francescani tornarono in possesso della chiesa e delconvento. Sulla controfacciata una serie di affreschi da-tabili al secondo decennio del Quattrocento sono ope-ra del pittore fiorentino Francesco d’Antonio; lungo laparete destra si trova un affresco, originariamente nelchiostro, attribuito a Pier Francesco Fiorentino e rap-presentante la Madonna col Bambino e i santi Bartolo-meo e Sebastiano. Sulla parete sinistra un affresco dellaScuola del Botticelli con la Madonna Assunta che donala Cintola a san Tommaso fra san Giovanni Battista e sanGiuliano. In sacrestia, infine, si conserva una Madonnacol Bambino, in stucco, della bottega del Ghiberti da-tata fra il 1420 ed il 1430. Interessanti anche il chiostroe la sala capitolare che documentano dell’importanzadella fondazione francescana.Nonostante queste testimonianze sottolineino il pesorivestito dalla città durante il Medioevo, il centro mo-stra attualmente un assetto di carattere prettamente ot-tocentesco dal momento che, proprio fra Otto e No-vecento, la cittadina ebbe una notevole rinascita per leindustrie che vi sorsero.Dopo aver visitato Figline, riprendendo la strada sta-tale si arriva a San Giovanni Valdarno, dove, in localiprossimi alla Basilica di Santa Maria delle Grazie, hasede l’omonimo museo.Chiamata in origine San Giovanni in Altura e poi Ca-stel San Giovanni, San Giovanni Valdarno, il maggiorcentro produttivo della zona (soprattutto per lo sfrut-tamento della lignite prima e per la lavorazione dei me-

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talli poi), sorse nel 1299 per volontà dei fiorentini, se-condo un progetto tradizionalmente attribuito ad Ar-nolfo di Cambio. La pianta, propria delle “terre nuove”,era chiusa da mura rettangolari (riedificate nella secon-da metà del Trecento) su cui si aprivano quattro porte.Fra le due piazze principali della cittadina (piazza Ca-vour e piazza Masaccio) si erge il Palazzo Pretorio, orasede del Municipio, la cui edificazione è riferita sempread Arnolfo di Cambio, ma che ebbe un ampliamento

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Fig. 11. San Giovanni Valdarno, Palazzo Pretorio (detto “Palazzo diArnolfo”)

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quattrocentesco esuccessivi rimaneg-giamenti. Circonda-to da un portico supilastri, mostra allepareti un gran nu-mero di stemmi inpietra ed in terracot-ta dei podestà e vi-cari che svolsero que-ste mansioni perconto di Firenze.Sul fondo di piazzaMasaccio sorge laBasilica di Santa Ma-ria delle Grazie, nel-le cui adiacenze hasede il museo, e sem-pre su questa piazzasi aprono il quattro-centesco “Palazzac-cio” e, accanto, lachiesa di San Loren-zo, trecentesca, conall’interno affreschidel xiv e xv secolo,fra i quali due frammenti assegnati a Giovanni di serGiovanni detto lo Scheggia, fratello di Masaccio. Sulfondo di piazza Cavour si trova la pieve di San GiovanniBattista, edificata nel corso della prima metà del Tre-cento, con all’esterno un portico su colonne di epocapiù tarda, adornato di tondi robbiani. Fra i vari edificidi rilievo sul Corso si apre la Casa di Masaccio, il bennoto pittore al quale San Giovanni dette i natali nel1401; divenuta ora sede espositiva, vi è conservata la Col-

Fig. 12. San Giovanni Valdarno, Casadi Masaccio

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lezione comunale di Arte moderna e contemporanea.La raccolta comprende opere di Giovanni Fattori, diOttone Rosai, così come di Piero Guccione, AntonioBueno, Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti; e ancoraVenturino Venturi, Mario Airò, Massimo Bartolini, Al-berto Garutti. Sempre sul Corso si trova la casa nataledel pittore Giovanni Mannozzi, più noto come Gio-vanni da San Giovanni (1592-1636).

I dintorni di San Giovanni Valdarno

Da San Giovanni Valdarno si consigliano tre percorsidistinti. Dirigendosi a nord-ovest, attraversando colli-nette e pascoli contraddistinti da una ricca vegetazione,si può raggiunge Gaville, un borgo che sorge dove eraanticamente ubicato un famoso castello (detto Gavil-laccio) degli Ubertini, feudatari del luogo. Vi si può vi-

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Fig. 13. Gaville, pieve di San Romolo

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sitare la pieve di San Romolo, una delle più importan-ti pievi romaniche del Valdarno; che, secondo la tradi-zione, venne edificata a fianco dell’imponente torre cam-panaria (forse in origine una torre di avvistamento ro-mana) nel 1007, probabilmente sul luogo di un sacellopiù antico. Sorta per volontà degli Ubertini e del ve-scovo di Fiesole (di cui il primo rappresentante fu ap-punto San Romolo), nel 1030 era già in fase avanzata diedificazione, e circa quarant’anni dopo venne ultima-ta. La facciata della chiesa si presenta a bozze compat-te, con al centro un portale nella cui lunetta vi era unaMadonna col Bambino fra san Pietro e san Romolo, af-fresco di scuola senese del primo Quattrocento (ora col-locato nella canonica); l’interno, a tre navate spartite dapilastri e colonne con capitelli di grande pregio, conservaun’Annunciazione di ambito ghirlandaiesco. Nei localidella già ricordata canonica ha sede, dal 1974, il Museodella civiltà contadina, dove sono raccolti circa 4.000pezzi che illustrano i cicli produttivi della campagna.Da San Giovanni, superando l’Arno e dirigendoci ver-so Castelfranco di Sopra, su di una collinetta si troval’antica Badia di Santa Maria in Mamma, più comu-nemente detta La Badiola. La fondazione, benedetti-na, è documentata a partire dal 1125, tuttavia delle suaoriginaria struttura (che ha subito un restauro nel 1937)s’intravede ben poco. Per la medesima arteria, prose-guendo sempre alla volta di Castelfranco, un bivio sul-la sinistra ci consente di raggiungere la località di Re-nacci, il cui toponimo deriva, forse, da “renaccio”, amotivo della natura sabbiosa del colle. La vasta pro-prietà, appartenuta per secoli alla famiglia Rinuccini diFirenze, dal 1834 divenne possesso dei Corsini da cuiprende il nome una villa circondata da piante secolari;nei pressi si può visitare anche la chiesa di San Silvestro,edificata agli inizi del xviii secolo ma restaurata negli

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anni Ottanta del Novecento.Sempre da San Giovanni Valdarno ma spingendosi asud-ovest è consigliabile visitare Cavriglia. Dirigendo-si verso questa località (dal centro o dalla parte sud diSan Giovanni) si attraversano tratti boschivi e sul per-corso si può ammirare in alto, su una collina, il con-vento di Montecarlo, un complesso rinascimentale lacui chiesa si dice fondata da san Bernardino, e dalla qua-le proviene la pala con l’Annunciazione del Beato An-gelico conservata nel Museo della Basilica di Santa Ma-ria delle Grazie di San Giovanni Valdarno. Quindi il bo-sco ci introduce a Cavriglia, centro ben noto anche peril suo Parco Naturale di grande estensione. Nel paese sipuò visitare l’antica pieve dedicata a san Giovanni Bat-tista, risalente ai secoli xi-xii, più volte rimaneggiata edora un esempio di barocco insolito per quest’area ma diuna certa raffinatezza. L’annesso museo, ospitato nel

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Fig. 14. Convento di Montecarlo

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piccolo oratorio, conserva arredi sacri dal xv al xviii se-colo, terrecotte invetriate, una Croce ottomana in bron-zo dorato di particolare rilievo ed anche una piccola Pa-ce in rame dipinto della manifattura di Limoges del xvisecolo con cornice in argento.Dal momento che questa zona è stata, durante gli an-ni Trenta e Quaranta del Novecento, un importantecentro per l’estrazione della lignite (in cui vennero im-pegnati fino a 6.000 operai) ed in seguito, fra gli anniSessanta e Settanta, il perno dell’intera economia del-

Fig. 15. Cavriglia

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la zona con la centrale termoelettrica di Santa Barbara,testimonianza significativa di questa storia recente, nel-la vicina località di Castelnuovo dei Sabbioni (a ovestdi Cavriglia) è stato allestito il Museo della Miniera cheripercorre, attraverso materiali per lo scavo e documenti,il duro lavoro nel bacino minerario. Da Cavriglia, pro-seguendo verso sud e con una breve deviazione, si arri-va a Montegonzi, un borgo di antica origine, proba-bilmente di epoca longobarda, nel quale si conservanoresti della struttura originaria: il cassero, attualmente re-sidenza privata, e tre porte dell’antica cerchia muraria.

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Fig. 16. Castelnuovo dei Sabbioni, centrale termoelettrica di SantaBarbara

Si ringraziano: Lucia Bencistà, Cecilia Frosinini, Cecilia Ghelli, Fran-cesco Martelli, Alessio Monciatti, Gloria Papaccio, Rosanna Proto Pisa-ni, Giuseppina Carla Romby, Giuliana Righi ed in modo particolare i Di-rettori ed il personale del Kunsthistorisches Institut di Firenze.

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BAGNO A RIPOLI

SAN GIOVANNI VALDARNO

MONTEVARCHI

FIGLINE VALDARNO

CASTELFRANCO DI SOPRA

PONTASSIEVE

GREVE IN CHIANTI

TERRANUOVA

BRACCIOLINI

CAVRIGLIA

LORO CIUFFENNA

INCISA IN VAL D'ARNO

PIAN DI SCÒ

REGGELLO

RIGNANO SULL'ARNO

PELAGO

MontemignaioTosi

San Francesco

Montegonzi

Ricasoli

Consuma

Modine

Fornaci Incisa

Massa

VallombrosaOsteria Nuova

Antella

Villamagna

Capannuccia

San Polo in Chianti

Strada in Chianti

Chiocchio

Grassina

Ponte a Ema

Candeli

San Donato in Collina

Troghi

Le Corti

ElleraCompiobbi

Montebeni

Vallina

San Jacopo al Girone

Le Falle Sieci

Le Palaie

Carbonile

Bombone

TorriSant'Ellero

Donnini

Paterno

Rosano

Diacceto

Fontisterni

Dudda

Brollo

Ponte agli Stolli

Gaville

Poggio alla Croce

Piazza

Montefioralle

Lucarelli

Pieve di Panzano

Panzano in Chianti Lamole

Lucolena in Chianti

Badiaccia a Montemuro

Volpaia

Castiglione Ubertini

Grimoli

Castelnuovo dei Sabbioni

Neri

Vacchereccia

Massa

Meleto Santa Barbara

San CiprianoPorcellino

VilleMadrigale

Restone

Vaggio

Faella

Treggiaia

Piantravigne

Certignano

Persignano

Caspri

Pulicciano

BiondoMontanino

Matassino

Le Valli

Palazzolo

Burchio

Leccio

San Clemente

Ciliegi

Cancelli

Cascia

Borgo a Cascia

Pietrapiana

San Donato in Fronzano

Borselli

Ferrano

Raggioli

Saltino

Castello

Poggio di Loro

Penna

Tasso

Montemarciano

RosanoosR an

TorriTo

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Lecciocio

Ciliegi

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VAL D'AARN

FIGLINE VALDARNONE VA ARARNALDE DARNO

Restonee

Castelnuovo dei Sabbioniiabvo deC i Sa iC

CAVRIGLIARIGVRIGCAV

OVANNI OVASAN GIOOVAA GIOVNONOVALDARVA ADA ONNONOARNO

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D al massiccio del Pratomagno ai monti del Chian-ti, l’Arno percorre una riserva naturale detta “ val-

le dell’Inferno e Bandella”, di cui protagonisti sono i bo-schi di farnia e cerro, i salici, i pioppi neri e i lecci cheabitano questa lunga gola di bacini artificiali che sem-bra esaurirsi alla “stretta dell’Incisa” per poi nuovamenteampliarsi nella provincia aretina fino ad includere il ter-ritorio solcato dall’Ambra, affluente di sinistra dell’Ar-no verso Siena.Il territorio che consigliamo di percorrere per un itine-rario che offra al visitatore non solo gli splendori stori-co-artistici della valle dell’Arno, ma affianchi ad essi unaproduzione artigianale nata molti anni fa e ancora viva

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Artigianato artistico ed enogastronomiadel Valdarno Superiore

Maria PilarLebole e BenedettaZini

Fig. 1. Bosco della Valle dell’Inferno

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Fig. 2. Veduta del paese di Figline Valdarno

Fig. 3. Veduta del paese di San Giovanni Valdarno

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e presente, è quel tratto distrada corrispondente a cir-ca 40 chilometri, che si puòpercorrere mediante l’auto-strada del Sole (A1) tra il ca-sello di Firenze sud e quel-lo di Valdarno, oppure par-tendo da Firenze e seguen-do la valle dell’Arno lungola via Aretina, quindi, pas-sato Pontassieve, salendo asinistra verso Vallombrosaper riscendere a Rignano,oppure ad oriente versoReggello, Pian di Scò e Ca-stelfranco di Sopra.Il Valdarno Superiore sto-ricamente corrisponde adun territorio ricco di pievie castelli strategicamenteimportante per le sue “ter-re murate”. Dapprima do-minate dai Conti Guidi delCasentino e poi dal xiii se-

colo controllate dal Comune di Firenze come agglome-rati protetti da mura dal tipico impianto urbanistico ascacchiera, queste “terre murate” ancora oggi testimo-niano come la storia abbia conservato la cultura e la ci-viltà di quelle popolazioni e ne sono mirabili esempi ipaesi di Incisa, Figline, San Giovanni e Montevarchi.Lo scenario che incontriamo lungo questo tratto di stra-da presenta molteplici sfaccettature: dalle pendici soli-tarie dei boschi di quercia, castagni, conifere e faggi, sepercorriamo la strada alquanto tortuosa fino alla cimapiù elevata dell’intero massiccio del Pratomagno (mon-

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Fig. 4. Strada dei Sette Ponti oCassia Vetus

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te Pianellaccio, 1593 metri), da cui si dischiude il pa-norama dell’intera Toscana, dalle Apuane all’Amiata, dalChianti alle torri di San Gimignano, fino al paesaggiovaldarnese dalla Cassia Vetus che corrisponde alla Stra-da dei Sette Ponti (attualmente detta anche via dei Set-teponti), o e che è la stessa che percorriamo per questoitinerario.Il denominatore comune di questo territorio è rappre-sentato dalle “balze”, quei fenomeni di erosione ai pie-di della dorsale del Pratomagno, disegnati da una par-ticolare struttura morfologica fatta di calanchi e cana-loni, affascinanti per il contrasto tra la spigolosità del-la roccia e le tonalità calde della materia che assume neimesi estivi al tramonto inconfondibili gradazioni ros-so-arancio, proprie di questa terra.Queste forre argillose costituiscono una delle molte areeprotette del Valdarno e accolgono, a valle, tanti stabi-

Fig. 5. Le “balze”

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limenti industriali per al-cuni tratti di strada, e zo-ne in continua evoluzioneeconomica (come quelladella strada provinciale 11Lungo l’Arno, detta del-l’Acquaborra, che da Ter-ranuova Bracciolini va ver-so Arezzo attraversando ilponte della storica “diga diLevane”, protagonista nel1966 della tragedia fioren-tina), oppure piccoli nu-clei rurali come quelli lun-go la Strada dei Sette Pon-ti che conduce fino adArezzo, che è un percorsotra i più suggestivi dellavalle dell’Arno. Quest’ul-timo itinerario è senzadubbio uno tra quelli con-sigliati da percorrere a pie-di lungo i sentieri, per ap-

prezzare le variazioni del territorio dalla bassa collina fi-no alla sommità del Pratomagno. La vegetazione qui èmista, a macchia, a zone boschive con in prevalenzaquerce, faggi e abeti, che si alternano ora a vigneti pia-ni e terrazzamenti, ora a sterminate distese di prati dapascolo, ora ai disegni delle arature, ai colori delle col-ture dalla semina alla maturazione, o a campi di olivi ein primavera a suggestive macchie di “maggio”, il ter-mine che in questa zona sottintende la “ginestra”.La parte centrale, quella per intendersi attraversata dal-l’Autostrada del Sole e dalla “direttissima” ferroviaria, èindubbiamente il nodo pulsante dell’economia di que-

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Fig. 6. Le “balze”

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Fig. 7. Vigneto a terrazzamento tipico del Valdarno

Fig. 8. Vendita di abbigliamento a Terranuova Bracciolini

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sto territorio, una delle aree piùsviluppate dell’intera Toscana so-prattutto per ciò che riguarda lapiccola e media impresa artigia-nale, e nell’ultimo ventennio an-che per la presenza di alcuni sta-bilimenti industriali che hannoprodotto marchi divenuti famosinel mondo e leader indiscussi nelsettore dell’abbigliamento e degliaccessori. Alla produzione di ab-bigliamento, pelletteria ed acces-sori, la più diffusa in Toscana, siaffianca in misura ormai minorela produzione di vetro e cristallodella zona di San Giovanni Val-darno, che storicamente vede lasua nascita intorno alla fine delxiii secolo e ancora oggi, con unaproduzione indubbiamente me-no artigianale ma pur sempre in-cisiva per l’economia della zona,

ne caratterizza il territorio. La produzione vede oggettiin vetro, fatti a regola d’arte, dalle vetrate artistiche, al-le lampade tipo “tiffany”, ad oggetti d’arredamento rea-lizzati in vetro fusione, vetri e dipinti a mano e incisi.A San Giovanni anche la produzione dei salumi si dif-ferenzia con la “barese”, un tipico salume locale, op-pure con il “rigatino”, uno speciale tipo di pancetta “ste-sa” locale, molto saporita. Del Pratomagno sono notiil prosciutto e le castagne, oltre che gli antipasti tosca-ni come i crostini neri, la semplice “fettunta”, la fettadi pane leggermente insaporita con aglio fresco e con-dita con un filo d’olio extravergine d’oliva e a piacerecon fagioli.

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Fig. 9. Produzione divetro dello stabilimentoIVV di San GiovanniValdarno

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L’olio merita un’appunto a parte in questa zona: da Fi-renze ad Arezzo tutto il Valdarno è ricco di oliveti, male zone d’eccellenza valdarnesi sono quelle di Pontas-sieve, Reggello (che presenta anche la “Rassegna del-l’Olio Extravergine di Oliva di Reggello e Pratoma-gno”) e Pergine Valdarno. Insieme all’olio dei collid’Ambra e del Pratomagno.A tavola un famoso legume è sopravvissuto ai più comu-ni cannellini e toscanelli: il re del Val-darno, dell’area Setteponti è il tan-to pregiato fagiolo zolfino: picco-lo, rotondo, giallo e di buccia sot-tile viene coltivato soprattutto tral’Arno e il Pratomagno. L’area diproduzione è compresa, nel ver-sante occidentale del Pratomagno,fra i Comuni di Castiglion Fiboc-chi, Laterina, Loro Ciuffenna,Terranuova Bracciolini, Castel-franco di Sopra, Pian di Scò(provincia di Arezzo) ed il Co-mune di Reggello (provincia di Firenze), in zone collina-ri e pedemontane, perché ama i terreni poveri e asciutti enon sopravvive in pianura nei ristagni d’acqua. La semi-na avviene in primavera spesso sui terrazzamenti degli oli-vi ed oramai è diventato un prodotto pregiatissimo per leminime quantità di produzione e per l’alto costo di ven-dita. Bisogna guardarsi dalle speculazioni sul nome, il ve-ro fagiolo zolfino è solo in questa zona!La cottura di questi fagioli dalla buccia sottile può va-riare dalle 3-4 ore e oltre, per un risultato denso e cre-moso. Si gustano lessi, conditi con olio extravergine dioliva (meglio se forte e fruttato) e adagiati su fette dipane toscano abbrustolito o come contorno della bi-stecca fiorentina.

Fig. 10. Logo dell’Associa-zione Fagiolo Zolfino dellaPenna

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Molto in voga, specialmente in passato, era la cotturadello “zolfino” nel fiasco di vetro. Vi si aggiungeva ac-qua, olio, sale, peperoncino, salvia e pomodoro e il fia-sco privato del collo più stretto veniva riposto tra la ce-nere di legna arsa ancora calda, aggiungendo acqua ditanto in tanto e facendo attenzione che non fuoriu-scisse e bagnasse il fiasco dall’esterno, pena lo scoppioimmediato.Come’è noto nella più tradizionale usanza contadina, lozolfino come il fagiolo cannellino è ottimo nella ribol-lita e nella “fettunta” anche il giorno dopo la cottura.Oggi, salvato dall’estinzione, è presente su una super-ficie attorno ai 30-40 ettari, e i coltivatori producononon più di 200-300 quintali di piante, comunque in-sufficienti a far fronte alle crescenti richieste. Per la va-lorizzazione e la tutela dello zolfino si è costituito ungruppo di lavoro a cui hanno partecipato l’Associazio-ne Ente Fiera col progetto Setteponti, l’agenzia Arsiadella Regione Toscana ed i tecnici di Coldiretti, Cia,Unione Agricoltori per promuovere iniziative di speri-mentazione, miglioramento delle tecniche agronomi-che, degustazioni (e collaborano a questo programmal’Università, la Provincia di Arezzo, la Comunità Mon-tana del Pratomagno, alcuni ristoratori, i produttori, Ar-cigola Valdarno…) e per coinvolgere produttori e con-sumatori nella salvaguardia di questo prodotto.Anche i polli sono di ottima qualità e ruspanti per ec-cellenza: belli da vedersi oltre che da gustare, si presen-tano con le piume bianche, la cresta e i bargigli rossi esono meglio conosciuti come i “polli del Valdarno”; laproduzione è di razza valdarnese bianca, o Valdarnobianca, la carne è soda e gustosa, sono adatti a tanti ti-pi di ricette, per bollito, arrosto, il sugo o la frittura.Dal 2001 un gruppo di allevatori sotto la guida del-l’Arsia Toscana, in collaborazione con le Università di

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Firenze e di Milano si è dedicato al recupero e alla va-lorizzazione della razza definendone gli standard di raz-za e selezionando la specie.Fra le carni un piatto tradizionale toscano, ma che in que-sti luoghi si trova molto comunemente anche nelle sa-

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Fig. 11. I polli del Valdarno

Figg. 12, 13, 14. Carnevale dei Figli di Bocco

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gre paesane e nei mercati settimanali è la porchetta, ov-vero il maialino di latte arrostito per intero sul fuoco.La ricetta prevede che il maialino venga farcito con tut-te le spezie e gli odori. Una volta arrivata a cottura e ta-gliata a fatte la porchetta viene mangiata tra due fettedi pane. Come ben noto del maiale non si butta vianulla, e anche qui si mangia un po’ tutto, dalle parti ma-gre a quelle grasse fino alla croccante crosta che è la par-te migliore, “il boccon del prete” come popolarmentesi usa dire da queste parti. Una delle più famose è laporchetta di Monte San Savino, in provincia di Arez-zo, dove annualmente nel mese di settembre si svolgel’altrettanto famosa Sagra della Porchetta.Folklore, manifestazioni paesane che testimoniano la vi-talità di questi paesi si svolgono soprattutto nella sta-gione estiva: il castello di Bucine, ad esempio, ospita nel-le serate estive alcuni concerti ed eventi musicali, vi so-no poi la Festa della grandine a maggio a Castelfrancodi Sopra, la mostra dei Presepi a Laterina, i mercati del-l’antiquariato a Montevarchi e Terranuova Bracciolini,

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il Palio degli Arcieri e la Fiera Nazionale degli uccellida richiamo a Pian di Scò, le feste del Perdono che sisvolgono i primi giorni di settembre in tutti i paesi, ilPalio di San Rocco di Figline Valdarno con la sagra del-la Nocciola, mentre nel mese di febbraio da non per-dere è la sfilata nel centro storico di Castiglion Fiboc-chi del Carnevale dei Figli di Bocco, con maschere e co-stumi di tradizione veneziana. Nel paese un gruppo disarte, organizzate in una piccola impresa amatoriale,producono abiti sartoriali per festeggiare un carnevaledel tutto speciale: i costumi infatti sono bellissimi, cu-rati nei dettagli e ricamati a mano.

Itinerario da Firenze a San Giovanni Valdarno

Diverse sono le strade per raggiungere San Giovannipartendo da Firenze. La più pratica e veloce è indub-biamente l’Autostrada A1 in direzione di Arezzo, mauna variante degna di nota è la strada che passa per SanDonato in collina e che muove salendo da Bagno a Ri-poli attraversando località come Meoste, La Croce, l’Ar-co del Camicia, la Fonte del Pidocchio (da cui la vec-chia strada a sinistra conduce all’Apparita, poiché da lìa chi proveniva dal Valdarno appariva per la prima vol-ta Firenze), La Corte, Osteria Nuova, Le Quattro Vie,San Donato in Collina, cui segue la villa settecentescadi Torre a Cona. Dunque per Troghi e Cellai si scendea Incisa.Chi volesse percorrere la provinciale Sette Ponti potrebbepartire da Rosano ed arrivare ad Incisa seguendo l’Arnoper la via Aretina. Passato Pontassieve, che rimane in vi-sta per alcuni tratti di strada, si sale verso il monte del-la Vallombrosa. Di qui la valle si allarga e si trova Ri-gnano, mentre a sinistra vi sono le pendici della zona diReggello, e su un colle, circondato da uno straordina-

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rio parco, domina la villa di Sammezzano. Quindi SanClemente e passata la villa di Leccio, località che molticonoscono per gli outlet aziendali che propongono im-portanti marchi della moda italiana a prezzi ribassati, sigiunge a Ciliegi fino ad arrivare ad Incisa.In questo tratto di strada (la Sette Ponti o Cassia vetus)si consiglia una breve sosta nella rocca di Incisa, anti-camente meta di viandanti, mercanti e pellegrini, e unavisita al Museo presso l’oratorio del Crocifisso.Questa zona è sicuramente un’ospitale meta turistica percoloro che desiderano conoscere la campagna circo-stante, grazie alla presenza di numerosissime strutturericettive, bed & breakfast e agriturismi. Proseguendo inmodo rettilineo rispetto al fiume sulla sinistra, giun-giamo a Figline Valdarno. Qui sono ancora presentitratti delle mura, e meritano la visita la chiesa gotica diSan Francesco, gli edifici dei Serristori, la Casa Gran-

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Fig. 15. Incisa in Val d’Arno

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de e l’Ospedale. A oriente c’è la zona di Reggello, Piandi Scò e Castelfranco. La sosta nel suo centro storicomerita una visita alla piazza principale, quella dedica-ta a Marsilio Ficino che qui vi nacque.In questo centro le botteghe di artigianato artistico nonsono molte: l’esperienza di un restauratore di mobiliche ci accoglie nella sua bottega-laboratorio con un sot-tofondo musicale jazz è quella di Marco Pecchioli, chedagli anni Ottanta produce arredi, cornici e mobili se-guendo lo stile della più antica tradizione con laccatu-re e dorature. L’artigiano racconta che a Figline, negliultimi anni, la richiesta di mobili ottocenteschi e di re-stauri ha visto il proliferare di diverse botteghe di anti-quariato che si sono ben organizzate, tutte iscrivibili aidintorni di Figline. La zona di Figline, sulla scia dellaproduzione vetraria valdarnese, offre una produzionevetraria artistica con l’azienda Vetrerie Artistiche di Gian-ni Prosperi. Qui si realizzano vetrate stratificate, portein vetro, scale, tavoli, pannelli e oggettistica in vetro-

Fig. 16. Palazzi del centro storico di Figline Valdarno

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fusione, oltre a pavimenti in vetro temperato e stratifi-cato.A Figline, per chi non la conoscesse già, merita atten-zione la piccola raccolta dell’Antica Spezieria dell’o-spedale Serristori, che occupa un ambiente posto al pia-no terreno, in una posizione di grande valore ambien-tale. Qui viene esposta una collezione di maioliche, ve-tri ed ampolle, posti all’interno di armadiature in no-ce di grande pregio che rivestono tutte le pareti, ed unaraccolta di dipinti.L’istituzione è stata aperta al pubblico nel 1982. La sto-ria di questa farmacia è legata a quella dell’ospedale Ser-ristori, fondato nel 1399 da uno dei priori della Re-pubblica Fiorentina, Serristoro di Ser Jacopo. Non sap-piamo con precisione quando la farmacia sia stata aper-ta all’interno dell’ospedale ma è ipotizzabile che ciò siaavvenuto agli inizi del xvi secolo.Il forte processo di industrializzazione che è in corsonel Valdarno non ha tuttavia occultato le antiche tra-dizioni popolari e contadine, e lo sviluppo del settorevitivinicolo nella zona ha sapientemente unito la tra-dizione popolare al gusto e ai prodotti locali. Poco ol-tre la piazza Ficino, in via Castelguinelli, troviamo in-fatti un negozio chiamato La Porta del Chianti, a con-duzione familiare, dove si vendono i migliori vini lo-cali, tra cui si segnala la zona di Vitereta, oppure quel-li nazionali, tutti degustati con ottimi salumi e for-maggi, dai pecorini stagionati affinati in foglie di ficoe abbinati a marmellate, oppure con sperimentazionedegli abbinamenti come la crema di marroni, del tut-to priva di conservanti. E ancora bruschette, assaggi dipappa al pomodoro e ribollita durante la stagione in-vernale e panzanella nel periodo estivo, oltre all’ottimofarro della Garfagnana. La vinoteca organizza anchecorsi e serate a tema: corso di distillati, per apprezzare

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la grappa e le acquaviti, il cognac e l’armagnac, il cal-vados o il rum; corsi di vino, dalla vite alla cantina: lanascita del vino, o i vini speciali dolci, liquorosi e i vi-ni spumanti.Proprio per esaltare le peculiarità e la qualità delle atti-vità economiche della zona, si svolge a Figline un’im-portante rassegna di prodotti alimentari locali, dai fa-gioli zolfini, ai formaggi, all’olio e al vino. A novembreinfatti nella piazza centrale del paese ha luogo “Au-tumnia”, con l’esposizione di animali di particolare pre-gio allevati nella zona, come i bovini di razza chinina,i polli del Valdarno o i maiali di cinta senese. Uno spa-zio è curato dal Museo della Civiltà Contadina di Ga-ville, e ripropone ricostruzioni di ambienti lavorativitipici del passato con esposizione di vecchie attrezzaturee strumenti e manufatti della vita e del lavoro contadi-no nella zona del Valdarno. L’esposizione è articolata invarie sale, dedicate alle principali attività della zona:raccolta del grano e produzione di olio e vino.

Fig. 17. La Porta del Chianti, enoteca di Figline

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Proseguendo lungo la SR 69, passiamo Carresi e Re-stone incontrando il bivio per Castelnuovo dei Sab-bioni e Cavriglia. Una deviazione per il Parco di Cavri-glia interesserà di certo anche i visitatori più piccoli. Inlocalità Cafaggiolo, a Castelnuovo dei Sabbioni, pos-siamo ammirare un consistente patrimonio di animaliproveniente in gran parte da donazioni fatte al parconegli anni Ottanta. La scelta degli animali è stata sa-pientemente fatta verso specie non pericolose che vivo-no in condizioni di semilibertà come daini, maiali dicinta, struzzi, caprioli, scimmie giapponesi, lama, mu-floni e i più protetti bisonti e orsi bruni. Esiste anche uncentro per la rivalutazione di asini e muli affiliato alCoordinamento Nazionale degli Asinai (associazione“L’Asino”) dove si insegna ad accudire gli asini, si pos-sono montare asini, pony e cavalli in un maneggio, op-pure fare dei giretti nei sentieri del parco. Campi per ba-sket, tennis e pallavolo consentono di praticare questeattività all’interno del parco, su prenotazione, e la piscina

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Fig. 18. La Porta del Chianti, enoteca di Figline

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è aperta al pubblico nei mesi estivi. Il territorio di Ca-vriglia è stato nella prima metà del Novecento anche unimportante centro minerario per l’estrazione della li-gnite, lo documenta la storia delle miniere del territo-rio nata nel 1991 a Castelnuovo dei Sabbioni, con il Cen-tro di Documentazione delle Miniere di lignite per forni-re, in funzione didattica, tutte le informazioni sulle mi-niere del territorio, il cui sfruttamento è iniziato con leescavazioni nella seconda metà del xix secolo. Le mi-niere con il tempo hanno esaurito la loro forza produt-tiva e adesso la popolazione tenta di ripristinare un na-turale paesaggio leso dalle profonde escavazioni dei mac-chinari. Il Centro è dotato di una sala per la proiezionedi video e di una sala computerizzata che consente ri-cerche anche tramite Internet, e comprende anche una

Fig. 19. Manifesto del Parco di Cavriglia

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piccola campionatura di materiale fossile provenientedai giacimenti con documentazione fotografica.Nel centro storico, accanto alla pieve di San Giovanni,la quattrocentesca vinaia, un tempo magazzino di vinie granaglie, ospita l’ottimo ristorante Il Cenacolo cheoffre le specialità tipiche del Valdarno.Pasta fatta in casa, bistecca alla fiorentina e salumi dicinta senese sono alcune delle prelibatezze offerte dal-l’Osteria La Vecchia Macina, in località Poggio di Col-le, a Castelnuovo dei Sabbioni. Ancora da segnalare l’E-noteca Borgoforra, dove lo chef propone tipiche specia-lità chiantigiane riviste e arricchite e si effettuano cor-si di cucina anche giornalieri.Tornando verso il paese di San Giovanni Valdarno, ri-cordiamo che il settore siderurgico si è sviluppato inquesto territorio fin dal xv secolo. Nel 1872 nacque pro-prio a San Giovanni la Società Italiana per l’Industria delFerro, poi divenuta Società delle Ferriere Italiane che nel1914 contava più di mille salariati. A questo tipo di pro-duzione, si aggiunse quella dell’acciaio e all’inizio delNovecento la prima centrale termoelettrica a lignite. Maall’origine della produzione sangiovannese, riconduci-bile ai primi decenni del xix secolo, è la lavorazione delvetro. Il primo stabilimento nacque nel Poggio dellaCiulla per la produzione di lastre di vetro, che poi si dif-ferenziò in produzione di cristallo e lavorazione artisti-ca e oggettistica di vetri di alta qualità ancora oggi espor-tati in tutto il mondo come la Arte Arredo. Un’altra azien-da molto conosciuta per l’alta qualità della produzioneè la IVV (Industria Vetraria Valdarnese scrl) che oggi oc-cupa circa 150 persone e produce in un anno circa duemilioni di oggetti esportando quasi il 50% dei suoi pro-dotti in tutto il mondo. Le linee vanno dal contempo-raneo al classico, all’etnico, o neoromantico e fusion.Altra interessante caratteristica aziendale è il vetro sen-

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za piombo: eliminando le sostanze inquinanti l’aziendarealizza vetro ecologico senza intaccarne la qualità. ASan Giovanni si possono comprare i loro prodotti al-l’IVV shop, un vasto ambiente aperto al dettaglio.Un altro settore importante per l’economia di San Gio-vanni tra la metà del xix secolo e il secondo dopoguer-ra è stato quello tessile. Lino, canapa, nastri di cotonee filati di pelo di coniglio accanto alla più comune la-na hanno assorbito molta manodopera, indirizzata suc-cessivamente verso la maglieria e la produzione di cal-zoleria. Ancora oggi i settori più produttivi sono le cal-zature, la pelletteria, l’abbigliamento e i tessuti.Da piazza Masaccio verso la stazione di San Giovanni,si consiglia una sosta all’Osteria dell’Angelo, dove in unpiccolo locale potrete gustare i piatti tipici valdarnesicome la pasta fatta in casa e carne esclusivamente dirazza chianina, come il tipico “stufato alla Sangiovan-nese” e i fagioli zolfini.Lo stufato è un piatto di origine povera, segretamentetramandato dalle donne di San Giovanni:

«Racconta una leggenda che una donna,per onorare meglio la Madonnafece un piatto forte e assai drogatoche battezzò col nome di Stufato […]»

Per prepararlo occorre molta pazienza e buona volontà:una mistura di spezie, garofano e noce moscata ben do-sati sono gli ingredienti da aggiungere al battuto di prez-zemolo e cipolle nell’olio d’oliva, che unito alla carnedi muscolo di zampa viene messo a cuocere in un te-game di coccio.

«[…] Questo piatto che viene da lontanoSaprà ridarti quel rapporto umanoE far capire anche al più somaroChe il tempo è vita e che non è denaro».

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Vogliamo concludere questa gita nel Valdarno con unainteressante nota dolce! Sempre nel centro storico, invia Garibaldi, c’è l’Antico Forno, sede produttiva prin-cipale con alcuni punti vendita nel territorio circostante,

dove potrete trovare ogni prelibatezzadi pane esclusivamente cotto a legna ela famosa “schiacciata a metro”. Per i

palati più golosi sono da assaggiarele “frittelle” e “i cenci” nel periododel Carnevale Sangiovannese, ce-lebrato con sfilate in maschera e

carri allegorici, e ancora il “panco-santi” farcito con uvetta, noci e pe-

pe, tipico della zona del Chiantisenese e riproposto come preli-batezza toscana. Quindi la “fan-toccia”, un grande biscotto aforma di “befana” originario del-

la zona tra Incisa e Levane, ma pro-dotto anche a San Giovanni duran-

te l’Epifania.

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La selezione delle aziende è stata realizzata a discrezione degli autori e nonpuò considerarsi in alcun modo esaustiva rispetto alle aziende presenti nel-l’area citata. Si ringraziano le aziende artigiane e le strutture ricettive perla disponibilità a collaborare durante la fase di ricerca. Un particolareringraziamento va a Massimo Malvisti e a Emanuele Rappa per la corte-se collaborazione. Grazie a Filippo Bigazzi per i preziosi consigli e per ilvalido aiuto durante la fase di ricerca.

Fig. 20. La Fantoccia dell’Epifania

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riserva naturale della valle dell’inferno e bandellaTel. 0575 [email protected]

le balzeTel. 0575 [email protected]

associazione fagiolo zolfinodel pratomagnoFrazione Penna53028 Terranuova Bracciolini(Arezzo)Tel. 055 9705039Fax 055 [email protected]

Incisa Valdarnorelais villa al ventoVia S. Maddalena, 1150064 Incisa in Val d’Arno(Firenze)Tel. 348 3812822Fax 055 [email protected]

Figline Valdarnomarco pecchioliVia Castelguinelli, 850063 Figline Valdarno (Firenze)Tel. 339 6530012

vinoteca la porta del chiantiVia Castelguinelli, 7050063 Figline Valdarno (Firenze)

Tel. 055 959341Tel. 339 [email protected]

antico forno di canu & innocenti sncVia S. Croce, 2050063 Figline Valdarno (Firenze)Tel. 055 953353

vetrerie artistiche di gianni prosperi & c. sncVia della Comunità Europea50063 Figline Valdarno (Firenze)Tel. 055 959087Fax 055 [email protected]

antica spezieriadell’ospedale serristoriPiazza xxv Aprile50063 Figline Valdarno (Firenze)Orario: aperto a richiestaIngresso gratuitoInformazioni: tel. 055 9125247

museo della civiltàcontadina di gavillePieve di San RomoloGaville50063 Figline Valdarno (Firenze)Tel. 055.9501083Fax 0559156249museo.gaville@tiscalinet.itwww.comune.figline-valdarno.fi.it/musei/gaville.html

Parchi naturali, artigianato artistico ed enogastronomia

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Cavriglia

parco di cavrigliaLocalità CafaggioloCastelnuovo dei Sabbioni52020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 967544Fax 055 [email protected]

centro di documentazione delle miniere di ligniteVia Giovanni xxiii, 2Tel. 055 9678003Castelnuovo dei Sabbioni52020 Cavriglia (Arezzo)www.comune.cavriglia.ar.it/[email protected]

ristorante il cenacoloVia del Riposo, 652020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 [email protected]

osteria la vecchia macinaLocalità Poggio di Colle,Castelnuovo dei Sabbioni52020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 9677925Cell. [email protected]

trattoria enotecaborgoforraLocalità Montegonzi52020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 966738

ristorante pitenaVia Chiantigiana, 316

52022 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 966016www.ristorantepitena.com

villa barberinoViale Barberino, 19Loc. Meleto52020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 961813Fax 055 961071

San Giovanni

arte arredo di iacopozziantonellaLavorazione vetro, stoffa, muralesVia Mannozzi, 1452027 San Giovanni Valdarno(Arezzo)Tel. 055 9121875

ivv (Industria VetrariaValdarnese scrl)Lungarno Guido Reni, 6052027 San Giovanni Valdarno(Arezzo)Tel. 055 944444Fax 055 [email protected] shopTel. 055 942619

osteria dell’angeloCucina Tipica ToscanaVia della Madonna, 3/552027 San Giovanni ValdarnoTel. 055 943799

antico forno di canu & innocenti sncvia Garibaldi, 7852027 San Giovanni ValdarnoTel. 055 9123091

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GlossarioFrancesca Sborgi

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AffrescoTecnica di pittura murale basata sul-l’incorporazione dei colori alla calcedell’intonaco, che grazie alle partico-lari modalità esecutive offre straordi-naria durevolezza dell’opera nel tem-po. Il supporto murario asciutto e pu-lito è preparato con un primo stratogrossolano d’intonaco (il rinfazzo) sulquale è steso uno strato più sottile,detto arriccio. Sull’arriccio è traccia-ta con terra rossa la sinopia (disegnopreparatorio dell’opera, sostituito dalQuattrocento dallo spolvero e poi dalcartone). È quindi steso il tonachino,strato leggero di sabbia fine mista acalce, sul quale l’artista dipinge l’o-pera con colori mescolati con acqua.La caratteristica principale dell’affre-sco è la rapidità di esecuzione richie-sta all’artista, che deve applicare il co-lore sull’intonaco fresco, senza la-sciarlo asciugare. Per questo motivola porzione di superficie da affresca-re viene preparata quotidianamente(sono le cosiddette giornate), in rap-porto al lavoro che si prevede di por-tare a termine. Pentimenti, correzio-ni o completamenti dell’opera sonoapportati a secco, usando colori a tem-pera (v.).

AspersorioStrumento a forma di piccola sferatraforata, talvolta provvista di setole,dotato di manico, usato per spruzza-re d’acqua benedetta persone o cose.

BaccellaturaMotivo decorativo costituito da ele-menti convessi, a rilievo o a incavo(baccelli) ottenuti dalla stilizzazione diun baccello vegetale.

BacileBacinella per la lavanda delle mani,usata insieme alla brocca o al mesciac-qua, piccolo contenitore con beccuc-cio funzionale a versare l’acqua.

BasilicaTipologia di edificio di origine roma-na, a pianta rettangolare, di vaste di-mensioni, costituita da ampia navatacentrale culminante nell’abside, da-vanti al quale è collocato l’altare, e dadue o quattro navate laterali minori,divise dalla maggiore da una serie dicolonne o pilastri.

BroccatoTessuto di seta, lino o canapa, dicomplessa e lenta lavorazione, parti-colarmente pregiato, caratterizzatoda disegni operati, con intrecci cheproducono un peculiare effetto a ri-lievo.

BulinoUtensile a forma di asta con manicoin legno e punta in acciaio (naso o bec-co del bulino) usato per incidere me-talli, legno e cuoio a fini ornamentali(cfr. Incisione).

BustaCustodia per il corporale, di formaquadrata, fatta di stoffa decorata cu-cita su un supporto di cartone, usataappoggiata al calice (v.).

CaliceVaso liturgico di forma conica, pog-giante su stelo con base, usato nellaMessa per la consacrazione del vino inSangue di Cristo. Data la sua centra-lità nella liturgia cristiana, è solita-mente riccamente decorato, realizza-to in oro o in argento dorato all’in-

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terno della coppa; lo stelo e la basepossono essere di altri materiali, ec-cettuati il vetro e l’avorio, non incor-ruttibili.

Capitoli, libro deiLibro che raccoglie, divise in capitola-zioni, notizie storiche relative alla fon-dazione e tutte le norme che regolanola vita quotidiana e le funzioni reli-giose di un ordine.

CesellaturaFine lavoro di decorazione di un og-getto metallico, ottenuto tramite il ce-sello, piccolo scalpello d’acciaio conpunta arrotondata, provvisto di testavariamente sagomata a seconda dellaforma cercata che, battuto con unmartelletto, imprime la superficie me-tallica senza inciderla.

CiborioPiccola edicola nella quale è custodi-ta l’ostia consacrata; posta al centrodell’altare, ha forma di tempietto ed èchiuso da sportello solitamente fine-mente decorato.

CroceOggetto che può essere realizzato invari materiali, formato da due assi in-crociati perpendicolarmente, divenu-to, con o senza Cristo Crocifisso, ilsimbolo più caratterizzante della reli-gione cristiana. La croce astile o pro-cessionale, solitamente in metallo, èposta sulla sommità di un’asta e usatanelle processioni. È decorata con mo-tivi incisi o sbalzati su entrambi i lati(recto e verso) con motivi figurati.

CuspideCoronamento a forma triangolare diun dipinto su tavola; anche detto di

elemento decorativo a forma di ap-puntito triangolo.

DamascoTessuto di antichissima origine orien-tale che prende il nome dalla città diDamasco, famosa per la sua produ-zione. Si caratterizza per l’ordito e latrama dello stesso colore, che forma-no disegni lucidi su fondo opaco. Puòessere lanciato o broccato.

DoraturaTecnica usata per ricoprire d’oro, inpolvere o in foglia, supporti di metal-lo, legno, cuoio e altri materiali. Per ladoratura del metallo viene utilizzato ilprocedimento dell’amalgama, comeindicato da Benvenuto Cellini: sullasuperficie metallica è disteso unifor-memente un composto di oro puro emercurio che evapora al contatto conil metallo opportunamente riscalda-to, permettendo così all’oro di aderi-re al supporto.

ErmesinoTaffetas (v.) di seta leggero.

FiligranaAntichissima tecnica di oreficeria ese-guita con sottilissimi fili e nastri di oroo argento che intrecciati e saldati in-sieme formano raffinate trame arabe-scate o a fogliami.

FusioneTecnica per ottenere opere scultoree at-traverso una colata di metallo fuso den-tro uno stampo, realizzabile in pieno (ilmetallo è colato dentro una forma vuo-ta e la riempie completamente; si ot-tiene una scultura massiccia) o in cavo(il metallo è colato in una forma chiu-sa e fuso in strato molto sottile).

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IncisioneImmagine ottenuta su un supporto dilegno, di metallo o di pietra attraver-so un lavoro di intaglio a mano convari strumenti – bulino (v.), puntasec-ca, pettine… – o attraverso un pro-cesso chimico che utilizza acidi cor-rosivi. Dal disegno su supporto cosìottenuto, detto matrice, possono es-sere tirati gli esemplari a stampa. Perestensione, con il termine si indica sial’esemplare così ottenuto che il com-plesso di tecniche usate per la realiz-zazione dell’immagine e la riprodu-zione a stampa.

IntaglioTecnica di lavorazione a scavo di le-gno, gemme, avorio, marmo che sirealizza incidendo con strumenti me-tallici la traccia di un disegno apposi-tamente predisposto.

LampassoTessuto operato, di origine cinese e digrande pregio, spesso arricchito di tra-me d’oro o d’argento, dall’aspetto pe-sante. Il disegno è formato da tramesupplementari su una trama di fondosolitamente in raso o taffetas.

LanciatoEffetto di disegno sul dritto di un tes-suto, formato da una trama supple-mentare (trama lanciata) che è tessu-ta senza partecipare alla costruzionedel fondo della stoffa.

LeggìoSostegno per i libri liturgici destinatoa mantenerli aperti e in posizione op-portuna per la lettura, solitamente col-locato, in chiesa, nella zona antistan-te l’altare.

LiséréEffetto di disegno di un tessuto otte-nuto dalla trama di fondo che esce suldritto. Se il motivo è di piccole di-mensioni non necessita di fermatura;altrimenti è legato al tessuto di basecon fili dell’ordito di fondo (liage ré-pris, v.), o con un ordito supplemen-tare (ordito di legatura).

MantellaSopravveste a ruota senza maniche,indossata sulle spalle come rifiniturae in pendant dell’abito.

MantellinaPezza di tessuto operato o, ricamato,usata per coprire e riparare oggetti sa-cri, quali reliquiari (v.) o venerate im-magini dipinte.

ManipoloIndumento liturgico, costituito da unastretta banda di tessuto, dello stessocolore della pianeta (v.); in passato eraindossato dal sacerdote sull’avam-braccio sinistro, legato da nastri, du-rante la Messa.

NavicellaRecipiente liturgico di forma allun-gata, simile a una piccola barca, dota-to di due valve apribili come coper-chio nella parte superiore, destinato acontenere i grani di incenso, da farbruciare sui carboni nel turibolo (v.).

Olio, pittura a Tecnica di pittura su tavola o tela incui il colore è ottenuto mescolandopigmenti a olii vegetali grassi (di lino,di papavero, di noce) con l’aggiunta dioli essenziali (essenza di trementina),che rendono i colori meno vischiosi epiù trasparenti. Il colore è steso su una

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base preparata precedentemente (im-primitura e, nel caso della tela, mesti-ca) con gesso e colla, e poi ricopertoda vernice trasparente a fini protettivie per ottenere una maggiore brillan-tezza. La tecnica, di origine antichis-sima, è perfezionata nel xv secolo dal-l’arte fiamminga e trova poi vasta dif-fusione nel resto d’Europa; permettedi ottenere una gran varietà di risul-tati, grazie all’ampia gamma dei pig-menti utilizzati e ai diversi possibilirapporti fra i vari strati di colore.

OstensorioSuppellettile liturgica, a forma di tem-pietto in epoca medievale e poi, daltardo xvi secolo, di sole raggiato, nel-la quale si racchiude l’ostia consacra-ta, per presentarla all’adorazione deifedeli, all’interno della chiesa o in oc-casione di processioni.

PaliottoParamento in marmo o pietra scolpi-ta, in avorio o metallo sbalzato e ce-sellato, o tessuto solitamente in seta,che serve a rivestire la parte anterioredell’altare, la mensa, che, in quanto sa-cra, deve rimanere invisibile.

PalmettaElemento decorativo d’ispirazione ve-getale, costituito da un numero di-spari di foglie disposte a ventaglio.

ParatoComplesso dei paramenti liturgici in-dossati nella celebrazione della Messa;è detto in terzo quando è costituito dapianeta (v.) e stola (v.) del celebrante,tonacella (v.) e stola del diacono, pi-viale dell’assistente; è invece detto inquarto con l’aggiunta di una tonacel-la. L’aspetto formale del parato stabi-

lisce il grado gerarchico di apparte-nenza, mentre i colori variano nel cor-so dell’anno, indicando i diversi mo-menti liturgici. Il bianco (o argento),indicante purezza e maestà, è usatonelle feste del Signore, della Madon-na, dei Santi confessori e non marti-ri. Il rosso, colore della Passione e delsangue di Cristo, è prescritto per Pen-tecoste, nella domenica delle Palme,nella festa della Croce, degli Apostolie in tutte le celebrazioni di martirio.L’oro (o giallo) è raccomandato nellefestività solenni, come il Natale e laPasqua. Il verde, colore della speran-za nella vita eterna, è usato nelle mes-se infrasettimanali e domenicali deltempo ordinario. Il viola, colore dipentimento che rimanda alle percos-se della Passione di Cristo, è usato inAvvento e Quaresima e, in sostituzio-ne del nero, come colore indicante ca-ducità, in riti di esequie e di suffragio.

PékinTessuto caratterizzato da intrecci di-versi disposti in modo da creare effet-ti di righe verticali. Possono essere ag-giunti effetti broccati.

PianetaVeste liturgica indossata dal vescovo odal sacerdote esclusivamente per il ri-to della Messa, tagliata a goccia, aper-ta lateralmente e in alto per la testa, de-rivata dalla foggia del mantello daviaggio di uso tardoromano, detto ap-punto planeta.

PissideContenitore in metallo prezioso, do-rato all’interno e chiuso da un coper-chio, dove sono conservate le ostieconsacrate destinate alla sommini-strazione ai fedeli durante l’Eucare-

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stia. Viene coperta da un velo e custo-dita nel tabernacolo sopra l’altare.

PunzoneBarretta di acciaio terminante con unalettera, un numero o una sigla o un se-gno particolare, da imprimere sulla su-perficie di un oggetto metallico per in-dicarne l’esecutore o l’appartenenza.

ReliquiaParte del corpo o oggetto appartenu-to a un santo, a Cristo o alla Verginee in quanto tale conservato ed espostoalla venerazione dei fedeli.

ReliquiarioContenitore di varie forme (a vaso, acofanetto, a scatola) e materiali, ge-neralmente riccamente ornato, desti-nato a conservare ed esporre ai fedelila reliquia (v.).

RegistroVolume contenente le deliberazioniprese dal capitolo dei monaci su que-stioni sia religiose che profane.

SbalzoTecnica di lavorazione dei metalli pre-ziosi, consistente nell’incisione (v.) abulino e (v.) cesello di motivi sulla par-te posteriore del metallo ridotto a unalastra molto sottile, così da otteneresulla parte dritta figure a rilievo.

SecchielloContenitore per l’acqua benedetta,usato insieme all’aspersorio (v.) per lebenedizioni rituali.

StolaIndumento liturgico che insieme al ma-nipolo (v.) è in pendant con la pianeta(v.); è costituito da una lunga striscia di

tessuto indossata sulle spalle e discen-dente sul davanti, terminante in formageneralmente trapezoidale e decoratoda frange e croci. È indossato nelle fun-zioni liturgiche in modi diversi dagliofficianti, a seconda del grado gerar-chico: il diacono la indossa sulla spallasinistra, allacciandola sul fianco destro;il sacerdote intorno al collo e poi in-crociata sul petto; il vescovo, invece, di-scendente in due liste verso il basso.

TaffetasTipologia base di tessuto, chiamato te-la se è in lino, lana o cotone. Si ottie-ne dall’intreccio, mediante telaio, diuna serie di fili paralleli e mantenutiin tensione (ordito), con un’altra seriedi fili trasversali (trama).

Tempera, pittura aTecnica di pittura che prevede di scio-gliere i colori in acqua e di usare co-me legante con il supporto, adegua-tamente preparato con l’imprimitura,sostanze organiche agglutinanti nonoliose, quali emulsione di uovo, latte,lattice di fico, gomma, cera. Il sup-porto può variare dalla pietra al me-tallo alla carta, ma è solitamente legnodi pioppo. Comparsa in Europa alla fi-ne del xii secolo, conosce grande dif-fusione fino all’avvento della pittura aolio (v.).

TonacellaTunica trapezoidale indossata dal sud-diacono, di fattura simile alla dalma-tica del diacono, ma con maniche piùlunghe e strette.

TritticoDipinto composto di tre tavole unitefra loro da una cerniera.

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TuriboloRecipiente metallico contenente i car-boni sui quali brucia l’incenso duran-te le sacre funzioni, costituito da unacoppa con coperchio traforato, così dafar uscire il fumo profumato; è sor-retto da catenelle che permettono unmovimento oscillatorio per megliodiffondere il fumo.

VellutoTessuto caratterizzato da superficiepelosa, costituito da due orditi, unoper il fondo, l’altro per il pelo, otte-nuto tramite l’inserimento di un filolavorato ad anelli per mezzo di ferri(velluto riccio) o del quale possono es-sere invece tagliate le sporgenze anel-liformi (velluto tagliato). Se l’orditodi pelo copre interamente l’armaturadi fondo, il velluto è detto unito. Si di-ce invece operato nel caso in cui il pe-

lo sia disposto in modo da creare undisegno.

Velo di caliceArredo liturgico di forma quadrata,degli stessi colori dei paramenti litur-gici ai quali si accompagna, usato percoprire il calice e la patena (il piatto dimetallo che copre il calice e contienel’ostia) durante la Messa.

Velo omeraleLunga striscia tessuta in seta e rica-mata, indossato sulle spalle dal cele-brante e usato per prendere l’ostenso-rio o avvolgere i vasi sacri.

VolutaElemento decorativo curvilineo o spi-raliforme, caratterizzante il capitelloionico e composito; è anche usato co-me raccordo tra le varie parti archi-tettoniche di un edificio, ad esempiola facciata di una chiesa.

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Museum of the Basilica of Santa Maria delle Grazie in San Giovanni Valdarno

Paola Refice

The recently re-furbished museum ishoused in a building that adjoins thecomplex of Santa Maria delle Grazie,on the central square behind the Palaz-zo Arnolfo. The square is a significantelement inside the urban structure ofthe town, one of the three “new lands”(San Giovanni, Castelfranco and Cas-tel Santa Maria-Terranuova) plannedand constructed by Florence in the ear-ly decades of the 14th century. The “in-novation” of the three towns’ layouts«comes specifically from the fact thatthey were derived from a plan drawnup ex novo, identifying the criteria andthe aims, geometrically building a set-tlement organized around a main roadlinking its public buildings, and sepa-rated from the outside by means of aboundary wall». The same PalazzoArnolfo – that owes its name to the fa-mous, traditional designer, Arnolfo diCambio – is the most significant ele-ment of the “secondary” square, de-fined by the porticoed façade of thebasilica on the opposite side and by thatof San Lorenzo on the north side.Many of the works preserved in themuseum come from this latter church.The core of the museum had been cre-ated in the basilica’s sacristy since 1864,thanks to the generous work of Vin-cenzo Mannozzi Torini, a representa-

tive of one of San Giovanni’s most il-lustrious families.The controversial events of the post-Unity suppression of religious congre-gations are behind this museum’s ori-gin, as is the case for many other Ital-ian museums. Often, those eventsbrought about, together with the alien-ation of religious buildings and fur-nishings, the loss of a true devotional,artistic and historical heritage.

The Shrine of Santa Maria delle Grazie

Lucia Sacchetti Lelli

Both for its early development and itsbuilding typology, the origin of SanGiovanni’s basilica is distinct from thatof the many other buildings that arosearound the “miraculous Madonnas”between the 16th and 17th centuries inTuscany.The extraordinary event that deter-mined its construction took place atthe end of the 15th century after theplague outbreak in the Valdarno. Theplague followed the passage of Ferdi-nando i of Naples and Pope Sixtus iv’stroops who were directed againstLorenzo de’ Medici. In addition, themiraculous image in question was notpainted in a roadside tabernacle, butrather above the city’s tower-gate to-wards Siena. In fact, it was flanked byimages of the city’s protector saints,Lawrence and John the Baptist, as wasthe custom of the time.The great flow of people immediatelypushed the inhabitants of San Gio-vanni at first to set up a wooden taber-

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nacle to protect the image, and a raisedplatform with kneeling-stools wherethe faithful could pray without block-ing the gate’s traffic. But it soon be-came necessary to provide somethingmore solid and capacious. Thus in 1486Pope Innocent viii approved the con-struction of an oratory under the su-pervision of twelve procurators andtwo superintendents. This secondbuilding phase initially led to the cre-ation of a vaulted chapel next to thegate’s transit area; in 1523 it was trans-formed into a church with aisles thatwere subdivided into nine bays sur-mounted by nine small domes. Themost ancient works of art date to thisperiod, and include the frescoes by Lu-berto da Montevarchi that illustratethe Miracle of Mona Tancia (1510) onthe wall to the left of the main altar,and Giovanni della Robbia’s lunettewith the Assumption of Mary (1510-1513)above the Porta San Lorenzo passage.It continued to be enlarged through-out the 16th century, with the additionof two wide ramps of stairs in greysandstone, the bell tower and the oldsacristy. The last addition was the mainaltar, rebuilt after a ruinous fire in 1596had destroyed the wooden one. Thenew altar’s design and construction fellto none other than the grand ducal ar-chitects, Bernardo Buontalenti, Mat-teo Nigetti and the young Giulio Pa-rigi. The last of these was charged withpainting the Glory of Angels and Viewof San Giovanni Valdarno, which wasto frame the miraculous image. In the17th century, works of arts embellishedthe church’s altars, and frescoes were

painted in the sacristy and on the ex-terior of the oratory. In the early 18th

century, the fresco decoration on thedomes of the small cupolas and thefaçade was entrusted to the painterVincenzo Ferrati and to GiuseppeNicola Nasini. The façade was inau-gurated on 8th September 1704, thecoronation day of the holy image. Un-fortunately, that façade has not sur-vived up to today because it was sub-stituted in 1840 by a more classical one.Its essential lines adapted better to therectangular-plan chapel built between1712 and 1725 at the bottom of thechurch which housed, on its middlealtar, Giovanni da San Giovanni’sDecollation of John the Baptist. The Ser-viceman’s Altar was built in the centerof the large chapel in 1943, but it wasdestroyed just one year later in a bomb-ing and replaced after the war by animpressive cupola.

The Museum

Paola Refice

In the case of San Giovanni Valdarno,Mannozzi Torini’s far-sightedness wasfollowed by the, then Florentine, So-printendenza’s zealous action. Duringthe 1950’s the works were placed in thebuilding adjacent to the Oratory,which had been restored for that ex-press purpose. Luciano Berti cata-logued the collections and added tothem. Subsequently other works of artbecame part of the museum; amongthese were Fra Angelico’s Annunciationthat came from the church of the Fran-

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ciscan convent of Montecarlo, not farfrom San Giovanni.Recent works, begun in 2000 and fin-ished in 2005, enlarged the exhibitionareas – with the acquisition of threenew halls – and brought the rooms in-to conformity with the new safety stan-dards. The halls are connected into adynamic progression of spaces; theworks are grouped by colors, which areused to identify and promote variouspoints in the museographic itinerary.The museum houses paintings fromthe 14th to the 17th centuries, as well asliturgical goldsmithery, vestments andhangings and other objects of great im-portance to San Giovanni and its ter-ritory.It masterfully achieves both didacticand touristic functions. Moreover, inthe spirit of the current set of rules forecclesiastical museums - being locatedin the basilica itself - it preserves sig-nificant evidence of the community’secclesiastical life, making it available tothe parish and diocesan communities.

The Miracle of Mona Tancia: the Birth of a Shrine

Between the end of 1478 and the begin-ning of 1479, after months of war anddevastation, a terrible epidemic of theplague struck the inhabitants of San Gio-vanni. Two thirds of them perished, in-cluding the son of an old widow and herdaughter-in-law. The old woman, MonaTancia, said to have been 67 years old atthat time, was left alone with her un-weaned grandson. The baby Lorenzo,barely three months old, had no one tobreast-feed him. His grandmothersearched in vain for a wet nurse to feedhim but fear of the plague that had killedboth of the baby’s parents brought only aseries of discouraging refusals. The oldwoman’s persistent requests and promis-es of compensation were useless. Mean-while the child was becoming frantic withhunger. Finally, the desperate woman de-cided to implore the Virgin for help. Shewent to the Gate of San Lorenzo, not farfrom her home, where an image of theMadonna and Child flanked by SaintsLawrence and John the Baptist was fres-coed on the outside of the tower. Shekneeled there with the dying infant andprayed to the Virgin for help. This done,she returned home. That night the babywas desperately crying; in an attempt toplacate him, his grandmother put him toher breast. It was at that moment thatshe began to produce the abundant milkthat satisfied the little one and saved himfrom certain death. News of the aston-ishing lactation rapidly spread, also be-cause legend has it that the milk contin-ued to flow for one year and eight months.

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There were numerous witnesses to thismiracle over time. A popular traditionsays that even Lorenzo de’ Medici him-self went to see this miraculous lactation.From that time on, worship of the holyimage started with many other miraclesthat followed. The Municipality then de-cided, first, to protect the image with atabernacle (1482) and, later, to constructan oratory for it (1484). The oratory,which had been created under the Mu-nicipality’s patronage, was then entrust-ed to an institution that was presided overby the Father Guardian of the Monte-carlo Convent. He also had the role of or-atory “co-rector”. It may be interesting tonote that little Lorenzo joined the Fran-ciscans when he grew up, taking the nameof Brother Egidio. After his death in theorder’s convent in Madrid, he was listedamong the blessed souls of the order.

Secondino Gatta

Visiting the Museum

Entrance and ticket office

A ramp leads from the ground floor tothe piano nobile, where the entrancewith the ticket office is found alongwith a small bookshop. An importantwork of goldsmithery, a large Baroquefrontal by Bernardo Puccini introducesthe collections in the other halls.

1. bernardo puccini(Florence, documented 1656-1694)Frontal1684incised, engraved, repoussé andchiselled silver on a red velvetbackground; 230�90 cmstamps: on two acanthus volutes:three balls within a shield, twocrossed hammers in an oval field,passant lion in an oval fieldBasilica of Santa Maria delle GrazieDonated by Maria Salomé Sestini Puc-ciarelli for the indulgence of August1684, the Sestini and Pucciarelli fami-lies’ coats-of-arms are found at the endsof the upper strip with open-workplant-shaped volutes. The central areahas a scroll ornament with leafy, pod-shaped edges that includes an image ofthe Assumption of Mary into Heavenfrom which branch off two large vo-lutes intertwined with acanthus leaves.There are also two pairs of decorativebands that flank the central area andrepeat the same open-work motifs. Themany subsequent substitutions of thecloth have unfortunately markedly flat-

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tened the repoussé and damaged a mas-terfully executed work with motifs sim-ilar to those of a comparable work inthe Monastery of San Vincenzo Ferrerin Prato, a work that pre-dates ours byabout a decade. The recent careful in-terpretation of the stamps enables usto attribute the work to the goldsmith,Bernardo Puccini, who had enrolled inthe Silk Guild on 21 June 1656. He hadbeen working for the Company ofSaint Isidore since 1680 and was buriedat San Pier Maggiore in Florence in1694.

1 - Hall 1

After the entrance, the halls proceedon a single floor at slightly different lev-els, connected by short ramps. Thefirst, second and third halls house pan-els of religious subjects by Tuscan mas-ters, dating back to the end of the 14th

century and continuing throughoutthe subsequent one.

2. mariotto di nardo(documented 1394-1424)Trinity between the Virgin and MaryMagdalene with Saints1400-1405triptych, tempera on a woodenpanel; 152�236 cmParish Church of San GiovanniBattistaThis triptych from the Parish Churchof San Giovanni Battista, together withsome fresco fragments from theChurch of San Lorenzo in San Gio-vanni Valdarno, has been attributed toMariotto di Nardo, a skillful Floren-tine painter who revived the Giottesquetradition. In the central panel, the fig-ure of the Eternal Father supports across where the body of the now mo-tionless son falls heavily; Mary and theMagdalene express their own sorrowas they kneel at the sides of the cross.In the left panel, within the tondo inthe center of the cusp, Saint Josephholds up the flowering rod; Saint Johnthe Baptist and Saint James are below.In the other panel in the center of thecusp, the prophet Zacharias holds thescroll with the Latin inscription et vo-cabit nomen eius iohannes, while

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Saint John the Evangelist and Saint An-thony the Abbot are depicted below.

3. giovanni del biondo(documented 1356-1398)Benedictory GodChrist in the Tombdated 1374cusps; tempera on a wooden panel;68.5�55 cm (God the Father); 70.5�55 cm (Christ)The two cusps are almost identical insize and carpentry. Documented in 19th

century inventories, together with athird one now lost, they were probablypart of the same polyptych - one that,since 1950, has been attributed to Gio-vanni del Biondo. The cusp, depictingGod the Father, was perhaps placedabove a panel with the Baptism of Je-sus. The other cusp shows Christ in thetomb, as vir dolorum, the Man of Sor-rows, according to an iconographywidespread among Florentine paintersat the end of the 14th and beginning ofthe 15th centuries; it was placed above apanel that portrayed either the Madon-na or the Crucifixion.

2 - Hall 2

4. mariotto di cristofano(San Giovanni Valdarno 1395-Florence 1457)Madonna Enthroned with Childamong Saints Anthony the Abbot,Lawrence, John the Baptist, James the Apostle and Four Clients1453wooden panel; 123.5�173 cminscriptions: below: questa tavolafece fare maso di s[er] piero dis[er] marco p[er] lanima di monafilipa sua don[na] e di suoi mortian[no] m[cc]cc[l]iii die x agostoChurch of San LorenzoThe panel was attributed by Cohn in1958, to Mariotto di Cristofano, Masac-cio’s brother-in-law. It shows a “HolyConversation” in which Mary en-throned with the Child is surroundedby saints who are participating in theholy colloquy. The inscription recordsthe names of the donors, the smallpainted figures kneeling to the sides ofthe scene, and the date of its execution,10 August 1453, Saint Lawrence’s feastday. It is the saint to whom the churchof provenance is dedicated. The panelbelongs to Mariotto’s late, inferior pe-riod, as may be seen from the schemat-ic composition and uncertain perspec-tives.

5. giovanni di ser giovanni alsoknown as lo scheggia(San Giovanni Valdarno 1406-Florence 1486)Madonna Enthroned with Child1440-1450

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wooden panel; 258�119 cmChurch of San LorenzoThis panel was attributed by Salmi in1951 to the Master of the Cassone Adi-mari, who was identified in 1969 by Bel-losi as Giovanni di ser Giovanni, Masac-cio’s younger brother, who was alsoknown as Lo Scheggia. On a back-ground embellished with a delicaterose-bush inspired by Domenico Vene-ziano, the imposing figure of Mary en-throned with the Child stands out; sheis portrayed with the painter’s distinc-tive characteristics: a narrow mouth, asmall chin, wide eyelids, deep eye sock-ets and a high forehead. A subtle refer-ence to Masaccio is seen in the solidrendering of the Virgin’s hands and inthe diamond-point motif, (see the Trin-ity in Santa Maria Novella), a testimo-ny to Lo Scheggia’s sculptural skill.As for its destination, the theory of asingle grouping, which included theMusician Angels by Paolo Schiavo andLo Scheggia as well as Saints Blaise andAnsanus also by Schiavo, has been dis-carded. The work now tends to be con-sidered as having once been the cen-tral part of a colossal tabernacle, whilethe four other panels served as decora-tive elements on the doors of a porta-tive organ, similar to the one recordedby Alberti (1754) in the Basilica of San-ta Maria delle Grazie painted, accord-ing to him, by Andrea del Sarto.

6. giovanni di ser giovanni alsoknown as lo scheggia(San Giovanni Valdarno 1406-Florence 1486)Chorus of Musician Angels

1440-1450wooden panel; 154�62 cmChurch of San LorenzoAttributed to the Master of the Cas-sone Adimari since 1940 and thus toLo Scheggia, the work presents a hostof ten angels, on four alternating rowsof two and three, who are singing andplaying wind, percussion and string in-struments. The painter’s hand is seenin such details as the small mouths, thelarge lidded eyes but especially in thelively expressionism of the wind in-strument players that are almost cari-catures. The dark chiaroscuro com-plexion of the faces and some perspec-tive features, such as the boldly fore-shortened lutes and tambourine, ap-pear instead to be a clear reference toMasaccio’s style.

7. paolo di stefano badaloni alsoknown as paolo schiavo(Florence 1397-Pisa 1478)Chorus of Musician Angels1435-1440wooden panel; 160�57 cmChurch of San LorenzoIn 1940, this panel was attributed byLonghi to Paolo di Stefano Badaloni,also known as Paolo Schiavo; the com-positional structure and stylistic details(the arrangement of the figures, thestamped halos, the hair and clothingstyles) are similar to those in the workby Lo Scheggia. The painter, trainedunder Lorenzo Monaco, was influ-enced by Masolino’s refined style, ascan be seen by the chromatic delicacyof the complexions and the ethereal,incorporeal rendering of the angels.

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8. paolo di stefano badaloni also known as paolo schiavo(Florence 1397-Pisa 1478)Saint AnsanusSaint Blaise1438-1440wooden panel; 160�56 cm and 159�53 cminscriptions: at the feet of Ansanus:[…]sanoChurch of San LorenzoThe two works, attributed to PaoloSchiavo, modestly preserved, nearlyidentical in shape, size and details suchas the stamped halos, show the twomartyred saints, Ansanus and Blaise,on a gold background. The first ap-pears as a sumptuously dressed youth,with a dark, fur-trimmed robe and alarge red mantel, who is holding thepalm of martyrdom in his right handand, in his left hand, a heart with theChristogram, a symbol of his full ded-ication to God. The second is por-trayed as an old man with a flowinggray beard, dressed in the rich robes ofa bishop with a soft, gold-bordered redpivial fastened by a beautiful clasp at hisbreast; on one side, he is holding a pas-toral and a toothed comb, the instru-ment of his martyrdom, and a missalon the other. The excellent workman-ship of the panels show Masolino’s in-fluence in the compositional refine-ment and the delicately rosy complex-ions.

9. nanni di bartolo also known as rosso (?)(Florence, documented from 1419to 1451)

Bust of Saint Lawrencefirst half of the 15th centurySilver-plated and gilded carvedwooden sculpture; 61.5�53.5�27.5 cminscriptions: on the pedestal:s. laurenziChurch of San LorenzoThe bust, in gilded and silver-platedpoplar wood, is generally attributed toNanni di Bartolo, who was also knownas il Rosso. He was a Florentine sculp-tor near Donatello’s circle. We knowthat the work, a 1784 gift from RanieriMancini, Bishop of Fiesole, was placedon the altar of the Church of SanLorenzo each year on his feast day. Therecent restoration has ascertained theabsence of an original polychromy, aswell as the theory that it had once beena full statue. The model instead seemsto imitate the precious gold and silverbust-reliquaries that were common inthe Arezzo and Florence areas duringthe 14th and 15th centuries. The saint ap-pears as a refined young man dressedin a deacon’s dalmatic; the thin hands,delicately resting on his breast, hold abook, the symbol of his ministry of theWord. His ruined face, darkened bythe tarnished silver, now lost, preservesthe delicacy of its features with the far-away and engrossed look typical of theartist.

10. giovanni di piamonte(documented in 1456)The Archangel Raphael and Tobias1467wooden panel; 138�83 cminscriptions: on the cartouche:raphael medicinalis mecum sis

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172museo della basilica di santa maria delle grazie

perpetualis et sicut fuisti/ cumthobia semper mecum sis in viaChurch of San LorenzoThe panel was attributed by Bellosi (in1987) to the painter Giovanni di Pia-monte. He worked in Florence afterhaving trained with Piero dellaFrancesca in Arezzo, and was close toBaldovinetti and Pollaiolo. The studyof the coats-of-arms at the sides of thescroll reveals its purchasers, (the Flo-rentine Del Soldato and Serragli fam-ilies) and the exact dates of its execu-tion (15 July-15 December 1467). Thetheme of Tobias and Raphael’s journey,in search of a miraculous cure for theblindness of the boy’s father, was a fre-quent one in 15th century Florencewhen, as the inscription shows,Raphael was especially revered. Onereason may have been the desire of therich, bourgeois merchant families toinvoke special protection for their chil-dren, often sent on long educationaljourneys to faraway Flanders.On a beautiful background that recallsthe Arno valley, Tobias proceeds pen-sively and uncertainly, almost on tip-toe, letting himself be guided by thearchangel, dressed in elegant 15th cen-tury robes, who advances surely, en-couraging the youth with his look andthe gesture of his hand. The fish, thebox of medicines and the dog, full ofmetaphorical meanings, are faithful al-lusions to the biblical text.

11. mariotto di cristofano(San Giovanni Valdarno 1395-Florence 1457)Christus patiens between the Virgin

and Saint LucyOn the predella: Saints Sylvester,Michael the Archangel and Ives1420-1425wooden panel; 207.5�137 cmChurch of Santa LuciaThe work was attributed by Cohn(1958) to Mariotto di Cristofano, Ma-saccio’s brother-in-law. It presents theluminous figure of the Risen Christ ona gold background while supportingthe cross as the Holy Blood pours in-to the Chalice below, an allusion to theEucharistic sacrifice found in the Effu-sio sanguinis iconography. To the sides,there is the Virgin, in a mirrored view,interceding with her son, and SaintLucy, whose neck is run through by aknife, the instrument of her martyr-dom, with the palm and oil lamp at-tributes. The motif of the mysticalBody and Blood is joined in an unusualyet marvelous way to the less commonone of Mary‘s intercession, of north-ern provenance, by the painter. The ex-cellent panel belongs to Mariotto’s bestearly period.

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The painters of the Valdarno

In 1417 Guido di Piero, also known asFra Angelico, was already working as apainter for the Company of San Niccolòal Carmine; a little more than a year lat-er he entered the Dominican convent inFiesole. The critics have drawn his pro-file from this dual identity of the aestheticand the mystic, a true archetypical mod-el of the “religious” Renaissance. Previ-ously Giorgio Vasari, in his book TheLives, had stated that Guido «was no lessexcellent as painter and illuminator thanhe was up right as churchman, and forboth one and the other of these reasons hedeserves that most honorable recordshould be made of him». The success ofsuch an archetype was reinforced by theiconographic repertory given that, asVasari adds: «He was continually labor-ing at his painting, and he would neverpaint anything save Saints».In 1418 the Capitani d’Orsanmichelepaid for a painting in Santo Stefano. Hislast years were spent in Rome in the ser-vice of Eugene IV and later Nicholas V,where he created a series of works, someof which are now lost. His work has beenthe subject of innumerable studies, whichhave produced a vast bibliography.A large number of his important worksare found in Tuscany: in the Convent andMuseum of San Marco in Florence, inthe Diocesan Museum of Cortona (An-nunciation, 1430-1435 ca.) and else-where. The Annunciation, that is nowkept in the Museum of San Giovanni,originally came from the FranciscanChurch of Montecarlo in the Valdarno.

Paola Refice

The perspective painting and his use ofchiaroscuro and color make Tommaso diser Giovanni Cassai, also known as Ma-saccio, one of the initiators of the Re-naissance. Born in San Giovanni in 1401,he went to Florence when he was veryyoung. He began to collaborate directlywith the painter Masolino da Panicale.The triptych from the Church of SanGiovenale, near Cascia di Reggello, awork that already shows a complete ad-herence to Renaissance principles, dates to1422, the year of the artist’s enrollment inthe Physicians and Pharmacists’ Guild.In 1424 ca. Masaccio collaborated withMasolino on the work of Sant’Anna Met-terza (Uffizi), where Donatello’s influ-ence is evident in the realistic and full ren-dering of the forms. The two artists againworked together on the frescoes for theBrancacci Chapel in Santa Maria delCarmine in Florence. Through a knowl-edgeable use of light that defines the bod-ies and the draperies, Masaccio executedthe fresco cycle of the Stories from the lifeof Saint Peter and of the Original Sin.Another of the artist’s marvelous works isthe polyptych for the Church of theCarmine in Pisa, which was dismemberedin the 18th century and whose sections cannow be found in museums in London,Pisa, Vienna, Berlin and Naples.Before moving to Rome, where he pre-maturely died at the age of twenty-seven,Masaccio carried out the Trinity fresco(1427 ca., Santa Maria Novella, Flo-rence) where, for the first time, he put in-to practice a technique of scientific per-spective based on the principles articu-lated by Brunelleschi.

Sara Ensoli

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The Museum of the Basilica of SantaMaria delle Grazie has important worksby two illustrious artists who, althoughworking at different times in the past, hadsimilar talents and were closely linked totheir land of origin by their names: Gio-vanni di ser Giovanni, also known as LoScheggia, and Giovanni Mannozzi, alsoknown as Giovanni da San Giovanni.The critics have appreciated them differ-ently over time. The former had been longforgotten, perhaps as a result of the im-posing figure of his more illustrious broth-er Masaccio; while the second was amongthe first of the 17th century Florentine artiststo be re-discovered and appreciated.Until 1969, only Lo Scheggia’s name andhis relationship to the great Masaccio wereknown, but nothing was known abouthis style; in that year Luciano Bellosi com-pared Lo Scheggia’s only signed work, thefragmentary Martyrdom of Saint Se-bastian (re-discovered in 1903) from theright wall of the San Lorenzo Oratory inSan Giovanni Valdarno, with a largebody of work that had been assigned toeither the artist with the conventionalname of Master of Cassone Adimari(LONGHI, 1926) or that of the Master ofFucecchio (PUDELKO, 1932-1934). TheMuseum of the Basilica houses a goodthree paintings by this artist. Despite hav-ing a workshop in Florence, he preferredpainting household goods, such as wed-ding chests, birthing stools, little altar-pieces or headboards for his clients in thecity, while in the countryside, and there-fore also in his hometown, he paintedworks such as the frescoes of Saint An-thony the Abbot with Episodes fromHis Life, the Saint Anthony of Padua

and Saint Bernardino of Siena for theChurch of San Lorenzo or large-scalepaintings on a panel such as the Madon-na with Child, the Choruses of Angelsor the Holy Conversation, which werealso destined for the same church and aretoday housed in the museum.For Lo Scheggia, the grandson of a mas-ter carpenter and brother of an illustri-ous painter, entry into the world of artwas the simple continuation of a familytradition. While Giovanni Mannozzi’sentry into that world was hampered byhis family who first wanted him to be-come a notary and then a clergyman likehis uncle, the parish priest. Giovannitherefore had to run away to Florence inorder to start his career, training in artfirst in Matteo Rosselli’s workshop andlater learning perspective in that of GiulioParigi. We like to think that the latterhad already perceived the very youngMannozzi’s skill when he, together withBuontalenti, worked for the altar of theMadonna delle Grazie at the end of the16th century. (Mannozzi later inheritedthe role of grand ducal architect fromBuontalenti). In Florence, Giovanni’s in-terests opened to both Florentine designas well as to northern artists like JacquesCallot and Filippo Napoletano, to Venet-ian and Correggio’s painting. His inter-est in Caravaggio made him – who hadalways inclined towards frescoes – try oilpainting with the Decollation of Johnthe Baptist, which today is in the muse-um. Despite numerous trips to Rome andEmilia and his works in Vico d’Elsa,Monsummano, Pistoia and in Florence,Giovanni had frequent contact with hishometown, leaving many works there:

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the frescoes of the Annunciation and theVirgin’s Wedding on the access staircaseto the basilica, the canvas with SaintJoseph and the Baby Jesus inside thechurch and two frescoed tabernacles, nowlost.

Lucia Sacchetti Lelli

3 - Hall 3

12. giovanni di ser giovanni also known as lo scheggia(San Giovanni Valdarno 1406-Florence 1486)Madonna Enthroned with Child and Saints1460-1470wooden panel; 173�188 cminscriptions: on the cartouche ofJohn the Baptist: ecce agnus deiChurch of San LorenzoThe work, attributed to Lo Scheggia’slate period, depicts the Virgin Mary en-throned with the Child and SaintsCatherine of Alexandria, John the Bap-tist, Peter and Ansanus (?). The rigidlyschematic composition is partly re-deemed by the chromatic liveliness ofthe painter’s palette, the architectonicdetails – a sign of his clear sculpturalability – and by the assurance of thepreparatory drawing, highlighted by arecent restoration.

13. domenico di francesco also known as di michelino(Florence 1417-1491)Madonna Enthroned with Child and Saints1450-1460wooden panel; 158�192 cmChurch of Santa Margherita de’ Cerchi in FlorenceThis valuable panel was a private do-nation in the 19th century. It was origi-nally created for the Florentine Churchof Santa Margherita de’ Cerchi, (wherethe predella with the patrons’ armori-al bearings is still found), and is attrib-

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uted to Domenico di Francesco, alsoknown as di Michelino from the nameof the artisan where the artist hadtrained before entering Fra Angelico’sworkshop.A Madonna enthroned with Child,with a sweet and melancholy look,emerges from a gold background dec-orated with a “gricce” motif typical of15th century textiles. She is surroundedby Saints Anthony the Abbot, John theBaptist, Peter the Martyr and James theApostle. Kneeling in the foreground isSaint Margaret of Antioch, to whomthe church of origin is dedicated, whois crushing a dragon, the symbol of thedemon, and Lucy with a lighted oillamp, a sign of her perennial faith. Thealtarpiece, commissioned by the Flo-rentine noble, Giovanni di BorromeoBorromei, perhaps for his wedding toAntonia Guasconi, shows Fra Angeli-co’s influence (Annunciation) in thebeautiful marble floor, while the deli-cate chiaroscuro of the female faces andthe elaborate throne recall the style ofFilippo Lippi.

14. jacopo di arcangelo also known as del sellaio(Florence 1442-1493)Annunciationon the predella: Adoration of theChild, Saints Julian and Sebastian1472 (?)wooden panel; 136�161 cm (woodenpanel); 18�195 cm (predella)inscriptions: on the predella:questa ta/vola aff/attafare//bernardo/di manfre/di righattiere//anno d[omi]ni

mcccclxxiiChurch of Santa Lucia (?)Berenson (1909) attributed the panelto Jacopo di Arcangelo also known asDel Sellaio, who trained in Filippo Lip-pi’s workshop and was very tied to Bot-ticelli. Jacopo draws on the classic “An-nunciation” iconography of the secondhalf of 15th century Florence. Mary isseated on a throne with a modest, low-ered look, one hand to her breast anda closed book in the other. Her silentand meditative attitude, totally calm,shows that the Virgin has already un-reservedly consented to God’s will.Kneeling before her, the youngarchangel Gabriel, with a delicate gar-land of small roses on his head and asoft velvet robe, makes his noble an-nouncement, blessing with his righthand and holding in his left a lily, thesymbol of purity. The scene is set in aRenaissance portico whose backgroundmarble parapet represents the hortusconclusus, an emblem of Mary’s chasti-ty. Although of dubious relevance, thepredella tells us the name of the work’spatron and its date, 1472. The work,clearly influenced by Botticelli, belongsto the painter’s best works of his earlyperiod.

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4 - Corridor between Halls 3 and 4

The passageways have display caseswith liturgical goldsmithery.

15. florentine productionPyx1609repoussé, turned and incised silver, cast parts; 24�8.50 cm (foot) �13 (cup)Coats-of-arms on the lid: of theCorboli family and of the city of SanGiovanni ValdarnoBasilica of Santa Maria delle Grazie

16. giovan battista di niccolòcellerini (?)(Florence, documented in the firsthalf of the 17th century)Ciborium door1624-1628incised, chiselled and repoussé silver;wood and gilded copper; 31�15 cmBasilica of Santa Maria delleGrazie

17. florentine productionPair of crowns for a paintingfirst decade of the 17th centuryrepoussé, chiselled and gilded silverlamina; colored glass paste;13.5�30 cm and 8.5�18 cmBasilica of Santa Maria delle Grazie

18. tuscan workshopPair of crowns for a paintingMid-17th centurysilver filigree, colored glass paste;9�21 cm and 9�14 cmBasilica of Santa Maria delle Grazie

5 - Hall 4

A short ramp leads to the small hallwhere Fra Angelico’s Annunciation isexhibited.

19. guido di pierolater fra giovanni da fiesole(fra angelico)(documented from 1417-Rome 1455)Annunciationon the predella: Stories from the Life of the Virginwooden panel; 95�158 cm (wooden panel);16�30 cm (each section of the predella)Convent of MontecarloThe main theme, the Annunciation ofthe Virgin, is described according toconventional iconographic schemes,inside a precious structure. The sceneson the predella depict the Virgin’s Wed-ding, theVisit of Mary to Elizabeth, theAdoration of the Magi, Jesus Being Pre-sented at the Temple, and the Transit ofthe Virgin.The attribution of the altarpiece, fromthe church of the Franciscan convent inMontecarlo, had long been controver-sial. Following a restoration carried outat the beginning of the 1970’s under thedirection of AnnaMaria Maetzke, it wasdefinitively attributed to Fra Angelico.Despite the complex execution and theextensive but nevertheless marginal al-terations carried out in 1630 in order toadapt it to a new altar, it was revealedthat the work fundamentally belongedto a single and highly skilled hand.According to Michel Feuillet’s recentstudy (2000), the work’s date, fluctu-

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ating by a few decades according to crit-ics, is placed around 1440. It is never-theless considered subsequent to twoother works on the same subject stillfound in the Diocesan Museum ofCortona and in the Prado.

The Religious Places of Provenance:The Convent of Montecarlo

The Convent of Montecarlo was found-ed around 1428-1429 following the eventsat the nearby Convent of Ganghereto,near Terranuova Bracciolini, a cenobythat preserved the memory of one of SaintFrancis of Assisi’s miracles. Here a com-munity of Franciscan brothers had residedsince the founder’s passage at an uncer-tain date in the early decades of the 13th

century. The local chronicles tell how, inthe years around 1429, the inhabitants ofTerranuova had begun to use the largesquare in front of the convent for partiesand dances. The small community ofbrothers tried in vain to counter this un-worthy custom. Saint Bernardino ofSiena personally intervened in the mat-ter, ordering his fellow brothers to aban-don that place and to look for another inthe same part of the Arno valley. A placewas soon found, thanks to a devotedfriend of the Franciscan friars, the nobleCarlo Ricasoli who gave the order one ofhis rural properties a little south of SanGiovanni, on a hill called Monte Ortale.Marquis Ricasoli took it upon himself tohave a church erected and to have the ex-isting houses transformed into a convent.The works lasted about ten years. Theconvent was given the name of San Gio-vanni Battista but it became known lo-cally as San Francesco a Montecarlo, inhonor of its donor. The church was con-secrated on 28 April 1438. The convent,equipped with an infirmary and anapothecary’s, gave extensive assistance tothe local population as well as to pilgrimsand wayfarers. Pastoral work was so im-

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portant that the Municipality entrustedthe spiritual and temporal managementof the nascent organization of the Ora-tory of Maria SS. delle Grazie to the su-perior of the Montecarlo convent in 1484.Over the following centuries, the conventwas restored many times, thanks to thephilanthropy of the Ricasoli family andof Grand Duke Pietro Leopoldo. How-ever it underwent, suppression first in1810 under the Napoleonic laws and thenagain in 1866, following the post-Unitylaws. The Ricasoli family then bought itback from the Municipality in 1874 andit was again donated to the friars who re-mained there until 1982. At that time, itbecame a recovery community for drugaddicts because of the few brothers left.The two most famous works in the con-vent, the Annunciation by Fra Angelicoand the Coronation of the Virgin byNeri di Bicci, are now in, respectively, theMuseum of the Basilica of Santa Mariadelle Grazie and the Museum of the LaVerna Sanctuary.

Secondino Gatta

6 - Hall 5

The fifth hall contains paintings andliturgical furnishings, organizedaround a large sacristy chest, original-ly part of the room’s furniture, onceused for this purpose, and placed be-hind the main altar of the basilica towhich it is connected by two openings.

First display case to the right

20. tuscan productionChalice17th centuryrepoussé, chiselled, incised and castsilver; 26.5�14 cm (base) �9 cm (cup)inscriptions: on the base and thesaucer: ba – ioannae – opaBasilica of Santa Maria delle Grazie

21. florentine productionChalice1755embossed, chiselled, incised and castsilver27�13.5 cm (base) �9.5 cm (cup)stamps: two illegible and one of theSilk Guildinscriptions: on the edge of the foot:fatto dal piovano sebastianobegni 1755Coats-of-arms: BegniBasilica of Santa Maria delle Grazie

22. salvatore morelli(documented 1778-1851)Chalice1850embossed, chiselled, engraved andcast silver

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28�13 cm (foot) �9 cm (cup)stamps: on the back of the foot: sm in a lozengeinscriptions: on the external edge ofthe foot: i priori giov. batta efrancesco masoni fratellioffrono a maria santissima ilpresente calice l’anno 1850.Basilica of Santa Maria delle Grazie

23. florentine productionChalice1662engraved, chiselled and repoussésilver, cast parts;24.5�11 cm (foot) �9 cm (cup)Coat-of-arms on the saucer: Toriniinscriptions: on the foot: calicemistum sacerd dominici turini an.sui obit. 1660 dnovovitet. 1662 deo reddidit haresBasilica of Santa Maria delle Grazie

24. florentine productionChalice18th centuryembossed, engraved and cast silver22�10 cm (base) �8 cm (cup)Basilica of Santa Maria delle Grazie

25. tuscan productionHoly water pot and aspergillumsecond half of the 16th centuryrepoussé, chiselled and turned silver;15�23 cm (holy water pot); 27 cm (aspergillum)Basilica of Santa Maria delle GrazieThe holy water pot, that rests on a cir-cular base, has a potbelly with pod-shaped decorations that taper towardsthe foot decorated with acanthus leaf

motifs. The handle is made of two dol-phins facing each other, their backsarching in opposing swirls while theaspergillum has a narrow section dec-orated with lanceolate leaves.

26. paolo laurentini (?)(documented 1606-1675)Chalice1650 ca.repoussé, chiselled, cast, turned andengraved silver;27�13 cm (foot) �10 cm (cup)Basilica of Santa Maria delle Grazie

27. florentine productionIncense boatend of the 16th century-beginning ofthe 17th centuryincised, engraved, repoussé and chiselled silver; 13.5�27 cmCoats-of-arms on the lid: Del ChiaroBasilica of Santa Maria delle GrazieThe incense boat rests on an ellipticalfoot with the same decorative motifsas the thurible it accompanies – inflo-rescences, plant-shaped swirls and an-gel heads – the whole enriched withRenaissance festoons of flowers andfruit. On a valve of the lid, there is animage of our Lady of the Assumptionamong the clouds and, on the other,the coat-of-arms of the donor family:the Chiari or Del Chiaro family, whowere originally from the Florentineneighborhood of Santo Spirito, but of-ten mentioned in San Giovanni docu-ments from the 17th century on.Despite not having any stamp marks,this valuable set reveals the hand of askilful Florentine silversmith. It must

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have accompanied the paintings ofSaint John the Baptist and SaintLawrence that were donated and placedon the main altar to the sides of theholy image of the Madonna. On SaintLawrence’s dalmatic, we find the DelChiaro family’s heraldic motif of threecrescents with their backs facing, ratherthan turning in a bend, surmountedby a rake, like the one on the incenseboat.

28. florentine productionThuribleend of the 16th century-beginning of the 17th centuryincised, engraved, repoussé and chiselled silver, cast parts;30�8.3 cm (base) �14 cm (brazierdiameter)Coats-of-arms on the brazier: Del ChiaroBasilica of Santa Maria delle GrazieThis extremely refined vessel with a cir-cular foot set on a palmette-decoratedstep has a rounded brazier, decoratedwith inflorescences on a dotted back-ground alternated with coats-of-arms,that ends in a brief brim with a bordersupporting cherub heads. The lid, inthe form of a hexagonal Renaissancetempietto, has six elegantly open-worksquares on the central body divided bystatuettes of saints – Saint John theBaptist, Saint Lawrence, Saint Lucy,Saint Francis, Saint Claire and SaintJames – placed on the edges. The lid isfinished with a small dome crownedby a lantern and a globe, once again aclassical 16th century typology.

Second display case to the right

29. bernardo holzmann(documented 1685-1728)Monstrance1708-1709engraved, turned, cast, chiselled repoussé and partly gilded silver;75�16 (base diameter) �35 cm(rays’ diameter)stamps: on the base: bh in a circular fieldcoats-of-arms on the rays’ verso: DelNero Rinuccini wedding coat-of-armsurmounted by a baronial crownBasilica of Santa Maria delle GrazieThis precious work was donated in1709 to the Marian oratory by BaronCerbone del Nero and his wife, thedaughter of Marquis Folco Rinuccini,during one of their visits to the mirac-ulous image of Mary. The creator ofthis valuable piece was the silversmithof German extraction, Bernardo Holz-mann. Since 1685, he had worked inthe Florentine workshop of the sculp-tor Giovan Battista Foggini, withwhom he collaborated on works com-missioned by the grand duke, becom-ing his one faithful silversmith. In theupper part of the monstrance, we findthe traditional Eucharistic motif withbunches of grapes and ears of wheatfrom which gilded rays depart, andthree cherub heads at the stem joint.Also on the base, cherub heads alter-nate with festoons of grape bunchesand ears of wheat.

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30. tuscan productionSun-shaped monstrance1625repoussé, chiselled and turned silver,cast parts;53�22.5 cm (rays’ diameter)inscriptions: on the foot: opa 1625 fondato di botiBasilica of Santa Maria delle Grazie

31. bernardo holzmann(documented 1685-1728)Monstrance Reliquary with Mary’s hair1710-1711engraved, turned, cast, chiselled and repoussé silver;37�11 cm (base diameter) �13 cm(upper part)stamps: on the upper part: bh in a circular fieldBasilica of Santa Maria delle GrazieThe reliquary was donated by the bish-op of Fiesole, Monsignor Orazio Pan-ciatichi, to hold the relic of the VirginMary’s hair, which was given to the or-atory of the monastery of the Sisters ofSaint Augustine in 1711. This preciouswork also came from the workshop ofBernardo Holzmann, the grand-ducalsilversmith, and displays several stylis-tic similarities to the coeval frontal inSanta Maria dell’Impruneta. It was car-ried out by the German artist togeth-er with Cosimo Merlini and the sculp-tor, Giovan Battista Foggini. These styl-istic similarities lead us to believe thatthe creator of this reliquary, as well asof two others that contain the remainsof Saint Joachim and Saint Anne, wasFoggini himself. The opposing volutesof the fastigium in the upper part with

tightly curved curls, the festoons of ros-es and flowers that frame the casket,which is surrounded by a laurel wreath,and the grained shell at the stem jointare undoubtedly stylistic ciphers byFoggini.

32. florentine productionMonstrance reliquary18th century-19th centuryrepoussé, chiselled and engravedsilver lamina on a wooden support;22�13 cmBasilica of Santa Maria delle Grazie

33. bernardo holzmann(documented 1685-1728)Monstrance reliquary of the Wood fromthe Cross (formerly of the bones of SaintJoachim)1712-1713incised, turned, cast, chiselled and repoussé silver;37�11 cm (base diameter) �14 cm(upper part)stamps: on the back of the casket and on the edge of the base: bh in circular fieldBasilica of Santa Maria delle GrazieThis reliquary, like its twin that con-tained the bones of Saint Anne, was al-so donated to the San Giovanni churchby Bishop Panciatichi in 1713, as isrecorded in the Libro di memorie(memories) found in the basilica’sarchives. It was also created in thegrand-ducal workshop by Holzmann,perhaps based on a design by Foggini.The stem, almost identical to that ofthe Marian reliquary, rises from a cir-cular foot decorated with acanthus

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leaves. The knot is decorated with alaurel wreath and a larger pyriform oneis decorated by framed ova. Around thecasket, once again surrounded by a lau-rel wreath, there are opposing volutesthat include angel heads in grainedfields.

34. Bernardo Holzmann(documented 1685-1728)Monstrance reliquary of Saint Philomena (previously of the bones of Saint Anne)1712-1713engraved, turned, cast, chiselled and repoussé silver;37�11 cm (base diameter) �14 cm(upper part)stamps: on the back of the casket andon the edge of the base: bh in circular fieldBasilica of Santa Maria delle Grazie

35. tuscan productionBasin1666engraved, chiselled and repoussésilver; 25.5 cm (diam.)inscriptions: on the inside of the rim:vinum et ordinat charitatem inillis qui probati sunt. argentoan. d:ni mdclxviBasilica of Santa Maria delle Grazie

36. florentine productionMonstrance reliquary of Saint Joseph1819repoussé, chiselled and engravedsilver lamina on a support of wood;45�17 cm

inscriptions: mater alma dirige et protege iuvenem achillem f.giampieri belgiie studiis pisanum1819Basilica of Santa Maria delle Grazie

37. giovanni mannozzialso known as giovanni da sangiovanni (San Giovanni Valdarno1592-Florence 1636)The Virgin’s Wedding1621detached fresco; 243�214 cmBasilica of Santa Maria delle Grazie,at the head of the external staircase,to the rightThis work was the first version of TheVirgin’s Wedding painted by Giovannida San Giovanni together with the An-nunciation at the top of the two accessramps to the Marian oratory. In 1953,it was discovered in a state of poorpreservation when the two lunetteswere detached. Despite having beenhammered by the artist to make placefor the final fresco, it is still clearly dis-cernable. It depicts the moment whenthe rings are being exchanged betweenJoseph, with a dove descending on tohis flowering rod, and Mary in the pres-ence of an old priest and some youngmen and women, according to themost classical iconographic tradition.It recalls the Circumcision by Cuti-gliano, for its simple spatial arrange-ment, and the frescoes in the small Vi-co d’Elsa chapel, for its pastel tones.

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In the corner to the left of The Virgin’sWedding

38. tuscan productionProcessional Cross1600engraved, chiselled and repoussésilver lamina, cast parts, on an ironarmature; 42�31 cminscriptions: in the quatrefoil panelbehind the legs of Christ:1600 fatta da m. piero e giovan battista gardiCoats-of-arms on the back at theintersection of the arms: perhaps theGardi coat-of-armsBasilica of Santa Maria delle GrazieThis undoubtedly archaizing proces-sional cross with quatrefoil panels en-riched by projecting pyriform andlance-point elements at both the endsand the intersection of the arms as wellas behind the legs of the Christus patienssurrounded by symbols of the Passion,calls to mind, in decidedly less refinedforms, the 16th century model by Pietrodi Martino Spigliati, created for theMontevarchi Fraternita del Latte(Company of the Milk). Above thehead of Jesus is the Christological im-age of the pelican, with figures of SaintsJohn the Baptist and Peter (the donors’patron saints), Anthony the Abbot andJoseph at the ends.

39. giovanni mannozzialso known as giovanni da sangiovanni (1592-1636)Decollation of John the Baptist1620oil on canvas; 234�170 cm

inscriptions: to the right under thegrating: gio. da s.to gio.ni 1620Church of San LorenzoThe Compagnia di San Giovanni Decol-lato (Company of the Beheaded SaintJohn the Baptist) commissionedManozzi to do this painting for theiraltar in the Church of San Lorenzo,where it remained until 1729. In thatyear, the same religious Company hadJacopo Ciacci make a copy of it, do-nating the original to the Oratory ofMaria SS. delle Grazie. After a largepart of the oratory was destroyed inbombings during the Second WorldWar, the work was moved to thechurch’s sacristy and from there to themuseum. The signature and the paint-ing’s date of 1620 are found under thegrating of the low window from whichsome prisoners resignedly witness theexecutioner handing John the Baptist’shead to Salome. His body, lying on itsback in a pool of blood that still spurtsfrom his neck, reveals Giovanni’s in-terest in Caravaggio’s work even beforehis documented trip to Rome in 1621.The fame of the Lombard painter’sworks had already reached Florence inthe early 17th century when SirFrancesco dell’Antella, had Filippo Pal-adini copy Merisi’s Decollation for hisfamily’s altar in the Florentine Churchof San Jacopo in Campo Corbolini. Inaddition, he had brought the SleepingCupid by Caravaggio from Malta, to-day in Palazzo Pitti, which Manozzihimself changed into theTranquillity ofthe Heart on the façade of the Antellapalace in Santa Croce Square.However, Giovanni’s use of light does

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not break the scene dramatically asCaravaggio’s does, but stops at the napeof the neck, the precious robe and themaid’s pearls, leaving still visible thedetails in shadows. The solemn dramaof the Malta painting is dissolved, inthis painting, in the Mannerist flutter-ing of the executioner’s cloth and in thecaricature of his sarcastic smile, whichreconnects Giovanni to that sharp-wit-ted taste for burlesque satire that wasso akin to his bizarre and extravagantcharacter.

40. gregorio pagani (Florence 1558-1605)Saint Lawrence and Saint John the Baptist1600oil on canvas; 188�78 cminscriptions: on the frames: ad mdcBasilica of Santa Maria delle Grazie,main altarThe two paintings were carried out in1600, as confirmed by the inscriptionon the beautiful coeval frames, to flankthe miraculous image of Mary on themain altar. In fact, they represent thetwo most dearly worshiped saints inSan Giovanni. Although local guideshad assigned these paintings to SimonePignoni earlier, the restitution of thesepaintings to Gregorio Pagani’s body ofwork by Luciano Berti (1959) has alsobeen confirmed by the discovery ofpreparatory life drawings in one of thepainter’s sketchbooks kept at theSchloss Fachsenfeld in Stuttgart(Thiem, 1970). While the figure ofSaint John the Baptist, dressed in acamel skin and with a lively red drape,

emerges delicately from the back-ground darkness still following 16th cen-tury schemes, the image of SaintLawrence reveals a more decided vol-ume and plasticity, thanks to the lightthat strikes him on the left. The youngmartyr’s face resembles the faces fa-miliar to other works by Pagani andthe precious gold brocade dalmaticwith red embroidery that is carefullyplaced on the white wool surplice re-peatedly shows the heraldic motif ofthe Del Chiaro family’s coat-of-armswith its three crescents, their backs fac-ing, as already seen on the museum’sthurible and incense boat.

41. tuscan productionSacristy counter18th centuryInlaid walnut briar-root wood;104�310�150 cmBasilica of Santa Maria delle Grazie,Sacristy

42. giuseppe nicola nasini (1657-1736)Madonna with Child and Thistle Finchoil on canvas; 113.5�85 cmBasilica of Santa Maria delle Grazie

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Magnificence and Devotion: AltarCurtains from the Basilica of SantaMaria delle Grazie

Among the textile sets of the Basilica ofSanta Maria delle Grazie, the silk altarcurtains – holy cloths prepared to cover themiraculous fresco – stand out for theirquality and splendor. Unpublishedsources, related to memoirs, inventoriesand account books of the Opera (thechurch’s administrative institution), re-fer mainly to donations by illustrious per-sonages, lay companies and anonymousbenefactors. At the beginning of the 16th

century, the creation of the precious lam-panaio, or lights, in gilded wood, madefor the main altar by the carpenter broth-ers, Domenico and Francesco Scheggia ofFlorence (which unfortunately was de-stroyed in the fire of 1596), imposed anequivalent richness for the liturgical vest-ments and paraments, recorded in the1516 inventory, as made of damask andvelvet fabrics, often finished with figuredornaments. In line with the high quali-ty of these items, the inventories of thefirst half of the 16th century mention pre-cious altar curtains, usually in damasksilk with the heraldic emblems of theirdonors (GIUGNI, 1523; PUCCINI, 1539).During the years, other especially beau-tiful ones were added, like the altar cur-tain «in silver tissue, inside of which thereis a vase of flowers in gold embroideryand two angels holding a crown», offeredas a gift by Ilarione Lapini in 1589. Theywere used continuously until they werecompletely worn out and, sometimes, tak-en apart and re-used as it was usual inthe never-ending recycling activities car-

ried out in the churches. Today, of such16th century furnishings, only the gold-embroidered red satin altar curtain re-mains, a joint gift from the Pazzi andLibri families. Inventory records permitdating it to between 1588 and 1597. Notdisplayed at the moment because of itspoor condition of preservation, the altarcurtain had already undergone its firstrestoration in 1600, carried out by the Flo-rentine banderai (parament makers)Piero Ruggeri and Costantino Marochi.They enlarged it to accommodate the newwooden panel painted by Giulio Parigibetween 1596 and 1598 for the complete-ly renovated main altar. No other altarcurtain purchases were recorded in the17th century but a careful examination ofinventory documents shows their constantincrease over the years. It confirms thepopularity of donating this type of textilefurnishings because they were less expen-sive than a complete set of vestments or afrontal. The fabrics mentioned are how-ever of a high quality – damask velvetsworked in gold, embroidered gold tissues,brocaded satins and damasks – as illus-trious are the names of their donors: Rossi,Catani, Carnesecchi, Antinori and Ben-civenni, mentioned together with otheranonymous devotees, including a noblewoman from Florence who gave the Or-atory «a flowered purple silk altar cur-tain with lace and gold fringes» as record-ed in the 1693 inventory. The Opera’s in-volvement in the provision of new altarcurtains is in fact documented only a sin-gle time in 1606 when, following a be-quest of 25 scudi, it was decided to pur-chase an altar curtain, made of a «largepurple damask», from the workshop of

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the Florentine silk weaver VincenzoSalviati. Eminent personages continuedto donate valuable altar curtains well in-to the 18th century. On 29th September,1713 the Florentine Marsuppini gave theOratory an altar curtain that was «pur-ple with small woven silver and gold flow-ers». Later, on 29th May, 1729 the vicar ofSan Giovanni, Francesco Maria Giorni,offered one with embroideries of «Nat-ural silk flowers», very similar in effect tothe one «embroidered in curled goldthread with natural silk flowers on whitesatin», recorded as a gift from Martelli-ni Del Falcone in the 1749 inventory andtoday part of a private collection.The weaver from Lyons, Jean Revel (1684-1751), introduced a new technical devel-opment, the point rentré, that favorschiaroscuro effects in the design iconog-raphy by permitting different-coloredweaves to pass through each other. Thanksto it, in those years, a tendency towardsnaturalism also characterized the orna-mental motifs of damask silks. The mu-seum’s lampas altar curtain (cat. n. 43)is a good example of this, with its flowerdecorations and almost “painted” struc-tures that are clearly derived from JeanRevel.

Lorenzo Pesci

7 - Sala 6

The tours ends with the sixth hall, ded-icated entirely to liturgical hangingsand vestments.

Entering the hall of paraments andvestments to the right

43. lyonnaise productionAltar curtain1735-1745Liséré lampas brocaded inpolychrome silk and silver;118�83.5 cmBasilica of Santa Maria delle GrazieThis altar curtain’s motif is character-ized by a vertical checkerboard pro-gression of scattered silver-threaded is-lands, from which luxuriant peonies,roses and fleshy tubers develop andframe a view of the countryside. Thedesign’s arrangement falls into the or-namental “islet” typology and is typi-cal of the French textiles used for cloth-ing around the 1740’s. Jean Revel’s(1684-1751) introduction of point ren-tré in 1733, a technique that was usedto enhance the plastic effects of the de-sign, traces back this extremely refinedfabric to a Lyons factory. The piece,which was put together using various-ly sized fragments, highlights how afabric from a woman’s dress donatedto the church had been reused.

In the large display case, the presentationof the paraments and vestments proceedsin a clockwise direction

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44. italian productionPlanet, stole, maniple and chalice veilfirst quarter of the 18Th centurytaffeta with embroideries in silk, goldand silver and applications of goldand silver cartolino (fibres rolled upin strips of gold foil), gold tinsel andgilded sequins;103�61 cm (planet); 220�22 cm (stole);88�21.5 cm (maniple); 61�59 cm (veil)Basilica of Santa Maria delle GrazieMixtilinear frames of gold threadcouching are intertwined with luxuri-ant inflorescences embroidered in satinstitch (tulips, peonies and roses). Theyare set in a mirrored arrangement alonga central line marked by a wide verti-cal band. In the center of the band, car-nations and peonies alternate, sup-ported by a fantastic inflorescence.Technical skill and the symbolic mean-ings of the flowers are at the basis ofthis valuable article, which probablycame out of a highly specialized con-vent workshop.

45. french productionThree-piece set of vestments1770-1775peking liséré brocaded in silk, gold and silver;115�71.5 cm (planet); 111�126�96 cm(tunicle); 221�19. 5 cm (stole);94�20.5 cm (maniple)Basilica of Santa Maria delle GrazieThe motif develops in a vertical un-dulation on an ivory background, withgilded branches with bunches ofblooming roses, intertwined with lon-gitudinal ribbed bands, which have abackground of stylized cut corollas.

The fabric used in these vestments is anexample of a new textile type, peking,that was introduced in France begin-ning in 1770 ca.. It is characterized byrigid vertical divisions with few chro-matic effects, always in shades of lightcolors, in line with the already neo-clas-sical taste.

46. florentine productionChalice veilfirst quarter of the 17th centuryTwo-colored silk damask; 54�56.5 cmBasilica of Santa Maria delle GrazieComplete module. On a satin warpbackground in crimson red, the design,in white on the weft of the same weave,shows parallel and staggered series, withalternate directions, of curved sprigsfrom which four variants of stylizeddentate leaves and inflorescencesemerge. The small modular design hasan asymmetrical and dynamic arrange-ment, according to the formula forclothing fabrics in fashion at the time.

47. lyons productionHumeral veil1833Gold tissue with embroidery in silk,gold, silver, gold and silver tinsel,gilded and silver-plated sequins, and silver studs; 70�267 cmBasilica of Santa Maria delle GrazieThe Eucharistic symbol of the pelicanis emphasized in the center of the veil.It is represented in the act of feeding itsyoung with its own flesh and blood. Inthe corners, there are bunches of flow-ers with wheat ears, the latter being arecurrent theme in 19th century textile

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production and embroidery. The arti-cle, «made in Lyons», was acquired forfifty francescones, a coin from the Lor-raine grand duchy, and finished withtrimmings by the Florentine gold-beat-ers, Agostino and Giovanni Corselli-ni. The yellow-gold silk sarcenet (lightsilk fabric) lining, instead, came fromthe Florentine workshop of the silkweavers, Giovanni Sugheri and Nico-la Giorgi.

48. tuscan productionHumeral veillast quarter of the 17th centurywatered taffeta embroidered in silkand gold; 58�256 cmBasilica of Santa Maria delle GrazieEmbroideries in polychrome floss silkdescribing roses and carnations inter-twined with swirls in gold threadedcouching are placed along the veil’sperimeter with the symbol of SaintBernardino, surrounded by rays andflowers, in the center. In 1782 the veilunderwent a restoration by Mrs. LuisaBrandini who transferred the embroi-dery on the current background, fol-lowing a rather widespread practice forliturgical furnishings.

49. florentine productionFigured decorationfirst quarter of the 16th centurylancé lampas in silk and gold; 34�44.5 cmBasilica of Santa Maria delle GrazieThe decoration was probably used forthe square of a tunicle; it has Christ’smonogram ihs on a rayed disc in thecenter. In the corners, four winged

cherubs are placed in such a way as tocreate a circular closing. A frieze runsabove and below, marked by green linesmade up of six-petal rosettes alternat-ing with acanthus leaves.Already made in Lucca by the 14th cen-tury, fabrics with sacred figures becamea Florentine speciality in the Renais-sance. They were often carried outbased on cartoons by first-rate artists.

50. italian productionChalice veil1755-1765lancé liséré shot silk taffeta; 53�55 cmBasilica of Santa Maria delle GrazieThis decorative module has a sinuousvertical progression made up of laceribbons intertwined with bunches ofwild flowers with an alternate orienta-tion. The exemplar is a variant of the“meander” design, a motif that ap-peared in France around 1740. It prac-tically laid out a new and highly suc-cessful decorative typology in Euro-pean fashion that was a source of in-spiration until the third quarter of the18th century.

51. florentine productionPlanet, stole, maniple and casefirst quarter of the 17th centurychiseled silk velvet worked in a singleweave with a lancé weft in gold;115�69 cm (planet); 228�22 cm(stole); 90�19 cm (maniple); 25.5�25 cm (burse);Basilica of Santa Maria delle GrazieA network of small flattened ovalstitched frames outlined by mirroredpairs of divaricate leaves, aligned in se-

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ries, vertically repeated in a checker-board fashion. In the center of thestitched frames is a stylized inflores-cence. The small gilded lamina in thebackground, broken up in many parts,is completely tarnished, depriving usof the flashes that made this velvet al-so precious to the eye.

52. florentine productionPlanet and stolesecond quarter of the 17th centurychiseled silk velvet worked in a singleweave with a lancé weft in silver;108�67 cm (planet); 230�20 cm (stole)Basilica of Santa Maria delle GrazieNetwork of ogival stitched framesmade up of branches with intertwinedknots and stylized flowers at the pointswhere they cross that enclose two dif-ferent bouquets with a thistle flower inthe center. The design, in a crimson redcut and terry velvet, emerges from anivory silk background crossed by smallsilver laminas.The planet was originally part of athree-piece set of vestments made be-tween 1632 and 1668, according to in-ventory records, showing the great suc-cess of this textile typology which hadremained substantially unchanged inthe Florentine workshops more than acentury after its invention (1530 ca.).

53. florentine productionPlanet and stolefirst quarter of the 17th centurychiseled silk velvet worked in a single weave;113�69 cm (planet); 238�21.5 cm (stole)Basilica of Santa Maria delle Grazie

The central theme is a vase that holdsa stylized lily flanked by mirroredgroups of three carnations. The sub-ject, repeated vertically in a checker-board fashion, is enclosed inside anopen rhomboid grill formed by flow-ering forked sprigs that alternate withstylized corollas set where they inter-sect. The design, in a cut and curly pur-ple velvet, is set off against a brilliantgreen background made of an irregu-lar satin, known as “Turkish”, thathighlights how our weavers, in thecomplex flow of stylistic influences be-tween the East and the West, copiednot only typical motifs found in Turk-ish fabrics but also used their distinc-tive technical specialities.

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From Florence to the Basilica di SantaMaria delle Grazie Museumin San Giovanni Valdarno

Nicoletta Baldini

On leaving the centre of Florence andcrossing the Arno River over the Gio-vanni da Verrazzano bridge (one of themost recently built in decades), we turndown viale Donato Giannotti contin-uing into viale Europa. This thorough-fare cuts through a bustling neigh-bourhood with important historicaland artistic buildings, mostly of a reli-gious character. As soon as you reachVia Danimarca, turn right and proceedalong via di Ripoli to the badia a Ripoli,an abbey located on the piazza bearingthe same name, its origins dating backto the 7th-8th century. Originally a Bene-dictine convent, it was later home tothe Vallombrosan monks and was ulti-mately suppressed during the early yearsof the 19th century. The church, dedi-cated to St. Bartholomew, was renovat-ed in the late 16th century (1598) whena portico was added, and then again,particularly in the 1800’s and in the1930’s. The interior, with its single aisleand crypt, houses important works ofart that include: Madonna in Glory andSaints by Francesco Curradi in the mainchapel, Countess Matilde Presents theCharter to the Church by GiovanniCamillo Sagrestani (1706) in the pres-bytery to the left, and, in the votivechapel to the right of the main chapel,a Madonna with Child and Saints by Ja-

copo Vignali (1630). Continuing alongVia di Ripoli, the first building we cometo is the Church of San Pietro in Pal-co, which, following its consecration inthe second half of the 14th century, un-derwent various alterations and hasbeen recently restored. Continuingalong Via di Ripoli, but taking a smalldetour, just after the village of Sorgane,on the right, we come to the ParishChurch of San Pietro a Ripoli, of whichthere is written evidence beginningfrom the 8th century (even though itrose from the ruins of an earlier build-ing). Its original structure has been re-peatedly altered over the centuries.Towards the middle of the 18th centurythe building took on the late baroqueappearance in vogue at the time, andlater, in 1932-1933, they sought to returnthe entire building to its medieval ap-pearance. On the outside worthy ofnote is the bell-tower, the tripartitefaçade with its small 14th-century por-tico, and the Renaissance portal. Theinterior, with two aisles and a nave end-ing in an apse, retains only a few ex-amples of its original decoration (whichmust have covered it entirely): Christ inPietà and the Symbols of the Passion andan Annunciation in the last bay of theright aisle, and fragments of an An-nunciation of the Virgin in the left aisle.These aforementioned works have beenattributed to Pietro Nelli (late 14th cen-tury). A Beheading of St. John the Bap-tist by Orazio Fidani dated 1638 can al-so be admired. (Proto Pisani, 1994).Returning along viale Europa and con-tinuing in the direction of Rosano, onone of the picturesque and enchanting

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hills that dot the countryside, theChurch of Santa Maria a Quarto canbe admired on the right, in the munic-ipal district of Bagno a Ripoli. The build-ing, although dating back at least to the13th century, underwent restoration inthe 1930s with neo-Gothic additions.The works that are housed there are:at the altar a Madonna by Bicci diLorenzo and an Annunciation by Neridi Bicci.Coming onto the Via di Rosano andproceeding through the Vallina Gully,we reach Villamagna, where many im-portant buildings can be found. Stand-ing out as one of the most importantparish churches in the Florentine terri-tory is San Donnino a Villamagna. Thecurrent edifice dates back to the yearone thousand, when it was erected onthe ruins of an 8th-century structure.After being restored in 1930, when thebaroque additions were removed, theparish church regained in part its “aus-tere Romanesque form”. The exterior,“with walls showing courses in alberesestone”, presents “a simple gabled façade[…] with two lowered lateral roof slopesand a portal framed by white stoneblocks” a bell-tower that rises with threestoreys of double-lancet windows, anda belfry added at a later date (Ungar,1999). The interior has a nave and twoaisles supported by rectangular pillarssurmounted with round arches and aGothic ribbed-vault apse. Among thenumerous works of art housed in thechurch are: the triptych Madonna withChild and Saints by Mariotto di Nardo(dated to 1394-1395) halfway down theright aisle. At the head of the left aisle

is a Madonna with Child between SaintsGerard from Villamagna and Domninusby Francesco Granacci, a painter whowas born right in Villamagna in 1477and who was trained in the workshopof Ghirlandaio. The panel MadonnaEnthroned and Saints can be seenhalfway down the left aisle and is at-tributed to a member of the Ghir-landaio family, David. Proceeding oncemore along the road that closely fol-lows the Arno River, the conformationof the territory lets us admire the villaLe Falle on the opposite bank of theriver (in Compiobbi), also noteworthyfor the beauty of its gardens. The build-ing once belonged to the FlorentineGuadagni family and was reconstruct-ed in the late 16th century by the archi-tect Gherardo Silvani. As we admire thepleasant and scenic countryside on bothsides of the Arno, we come to a smalljunction on Via di Rosano that takesus to one of the most picturesque andunique buildings that dot the riverbanks: the Gualchiere di Remole, orfulling mills of Remole. The building’shistory in its present form – for hous-ing machines used to full wool – isclosely connected to the events con-cerning the Albizi family, one of themost powerful in 14th - century Flo-rence. In the first half of that century,the Albizi family spent enormous sumsof money for those mills located alongboth banks of the Arno upriver fromFlorence. They purchased the fullingmills of Girone, Quintole and Rovez-zano and also built the structure in Re-mole in order to create a network for theutilisation of the river so closely tied to

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the processing of wool. The specificityof the Gualchiere di Remole is aboveall due to the modernity of the plan ofthe works that, constructed in 1326, in-cluded twenty fulling hammers (forbeating the cloth in the wool feltingphase), divided into five adjacentdwellings suitable for housing thelabourers who worked there. In 1334 thetower and the colombaia (a kind ofpenthouse in the shape of a dovecot)were added to this original nucleus, thusgiving it the appearance of a small vil-lage protected by a circle of crenelatedwalls. There was a communal area inits centre surrounded by several build-ings including a small church with acloister, where the fullers and domesticservants with their families lived andworked. Although it lost its original im-portance beginning from about 1429,the works were used as a fulling milluntil the start of the 20th century, andwhat makes it so fascinating is that theexterior wall structure of the complexstill retains its original 14th-century ap-pearance even after obvious additionsand restorations carried out in moderntimes that do not, however, spoil thestructure on the whole (Fabbri, 2004).Returning onto Via di Rosano, after afew kilometres we reach, on the right,the so-called Piramidi di Rosano orPyramids of Rosano, two small, verypicturesque pyramid-shaped hills thatlead us to Rosano, a village that rose uparound the important Abbey of SantaMaria, a Benedictine convent that wasfounded, according to tradition, in 780,and that is mentioned in documents asfar back as the early 11th century. Alter-

ations on the buildings that comprisethe original nucleus of the abbey tookplace starting from the 12th-13th centuriesup until the 18th century, while thechurch, because of damage it sufferedduring World War II, was restored toits original medieval state. Since thenuns are strictly cloistered, visits to thecomplex are very limited. The cloistersare accessible only during the feast ofCorpus Domini, while the church isopen only during liturgical services. Thisthree-aisled church with a wood trussedceiling houses important works of artsuch as a baptismal font from 1423, anAnnunciation by Jacopo di Cione, dat-ing back to about 1365, and a triptychby Giovanni da Ponte with the Annun-ciation and Saints from 1434. But amongthe works of art housed in the churchthe Crucifix with Stories from the Passionand Resurrection of Christ, attributed toan artist who has been given the nameof “Master of Rosano”, especially standsout. It is dated to 1129 (with referenceto the reconsecration of the church).The restoration of the panel, executedfrom 1993 to 2006, further enhancedthe extremely high quality of the work– it is the most ancient painted cross inwood still existing – and the study thathas ensued following this restorationwill undoubtedly shed new light on itsanonymous Roman-born author, who,in an extraordinarily innovative way, de-picted Christ’s features (triumphans) andthe events related to his Passion withsuch great mastery (Monciatti, 2007).From here, taking Provincial Road 90towards Rignano we pass (to the left)the castle of Volognano. The village

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dominates the point where the Arnoand Sieve rivers meet, offering splen-did views over the Valdarno and Prato-magno areas. Probably erected on a pre-existent Roman settlement, the villagewas first recorded in 1214 in documentspertaining to the Church of SanMichele, while the earliest mention ofthe castle is dated 1220. During theMiddle Ages the castle was home to theda Quona family – which later becameDa Quona di Volognano. In 1304 it wasdestroyed by the Florentine Republicin retaliation for the owners havingsided with the Ghibelline faction.Even though part of the structure stillreveals its 13th century origins, the cur-rent aspect of the castle is neo-Gothic.The outer walls, with two gates and abattlemented tower, also include thesmall aforementioned Church of SanMichele. Inside the church is the altarpiece by Mariotto Albertinelli – bear-ing his signature and the date 1514 –with the Madonna Enthroned and Childwith Saints Peter, Paul, Apollonia andthe Archangel Michael, and the Kneelingclient, perhaps identifiable with Zanobidella Vacchia. The church also housesa Madonna and Child on canvas by Bic-ci di Lorenzo, datable to 1385-1390 but“modernized”, probably in 1485, and anequally remarkable Madonna of the Gir-dle once attributed to Domenico Puli-go – but now considered the work of theso-called Master of Volognano (Padova-ni, 2002): “a very important and rep-resentative work of early 16th-centuryFlorentine art” (Bencistà, 1999).Along the same road lies (to the right)the village of Torri. The local Church

of Santo Stefano in simple Romanesquestyle houses a painting by FrancescoCurradi (a loan from the Florence Su-perintendency), a beautiful painting ona wooden panel attributed to the Bolog-nese painter Lorenzo Sabatini (1562-1572circa), and a predella or altar-step rep-resenting Saint Sebastian, King David,a Pontiff and a Bishop probably the workof Francesco Granacci, which had beenadded to a Triptych attributed to the“Master of the Christ Church Incorona-tion”, today in the nearby Church ofSan Cristoforo in Perticaia.Still following Provincial Road 90, wereach the town of Rignano sull’Arno.Perhaps originally a Roman settlement,as its name(Arinianum) would suggest,the village is mentioned for the firsttime in documents from the second halfof the 11th century. Strategically locatedat an Arno river crossing, it actuallystands a little off the Strada dei SettePonti that runs along the other bank ofthe river, partially following the ancientroute of the Cassia Vetus. The ancientRoman way is famous for the numer-ous and very old parish churches (Pela-go, Pitiana, Cascia, Scò, Gropina andSan Giustino) scattered along its route;skirting the slopes of the Pratomagno,it used to join Florence to Arezzo andhence to Rome. Hence, along the roadthat branched off from the main artery,even though on the other side of theriver, the Church of San Leolino waserected. This church was reconsecratedin 2000 after long and complex worksrestored it to its ancient structure. It hasalso recovered its original works of art,of notable value, that had been kept in

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the 20th-century parish church of thetown. The first records of the buildinggo back to 1066. A fine example of 11th-century architecture, with a basilicanplan consisting of a nave and two sideaisles lined with pillars and ending inthree semi-circular apses, the church isembellished by a frescoed polyptychrepresenting the Incoronation of the Vir-gin (datable to the last quarter of the14th century), another fresco, Our Ladyof Consolation, possibly a collaborationbetween Lorenzo di Bicci and Bicci diLorenzo, and the christening font inglazed terracotta representing Storiesfrom the Life of Saint John the Baptist(approximately datable to 1520) by San-ti Buglioni and his workshop (San Le-olino a Rignano, 2000).Towards the end of the 12th century, acastle must have been erected in thevicinity of the church, subject first tothe Sant’Ellero nuns and later to theVallombrosa friars. It was already in astate of decline during the first half ofthe 14th century, when the hamlet, setclose to the bridge over the Arno, start-ed to flourish under the Florentine Re-public, giving life to the nucleus of to-day’s Rignano. Two illustrious figureswere born here: the humanist Ves-pasiano da Bisticci (1421-1489) and thepainter Ardengo Soffici (1879-1964).From Rignano, crossing the Arno overthe ancient bridge around which thevillage developed, a strongly recom-mended detour leads to the Church ofSan Clemente a Sociana, an extreme-ly simple single-aisled church, “ with ashort transept and a square apse; out-side, a small bell gable and a portico -

an addition dating from the latestrestoration works done in the Sixties”(Bencistà, 1999). Previous restorationworks were carried out in 1580, 1733and 1877. The church’s patrimony is ofgreat value, starting from the bas-reliefMadonna and Child located on the al-tar in the left transept, attributed toAntonio Rossellino (datable between1470 and 1480); also, at the centre of theapse wall, two Candle-holder Angels at-tributed to Mino da Fiesole (1480 ca.),and finally a wooden panel represent-ing the Assumption of the Virgin withSaints, attributed to Girolamo Mac-chietti (Bencistà in Caneva, 1999).Going back to Rignano and continuingalong Provincial Road 90 towards SanGiovanni, one must visit Incisa in Val d’Arno. The name (incisa meanscarved), springs from the “location ofthe village inside a steep walled gorgeformed by the Arno river, but once be-lieved to have been “carved” out by theRomans” (Tigler, 2005). In the lowerpart of the village, near the town hall,stands the Church of Sant’Alessandrobuilt in 1786 on the site of the oratory ofthe abolished Company of the CorpusDomini. The current building has main-tained the 16th-century front portal ofthe oratory. The single-aisled interior hastwo altars and a vaulted apse adornedwith 20th-century frescoes. In 1984a trip-tych representing the Madonna andChild, Saint Michael and an EvangelistSaint (from the Church of San Michelein Morniano) was transferred here. Thework is by the Florentine painter Andreadi Giusto who was active during the firsthalf of the 1400’s and, as seen in this

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work, was influenced by the most cele-brated artists of his time: Fra Angelico,Masaccio and Paolo Uccello, with whomhe collaborated. Going up Via Castel-lana which leads to the so-called Castel-lo dell’Incisa or Castle of Incisa, we pass,on the right, the Oratory of the Croci-fisso del Castello (or Oratory of the Cru-cifix of the Castle). Built originally in1364 next to a hospital which cared forwayfarers and the ill, the oratory is ded-icated to a wooden Crucifix that wasthought to be miraculous and wasbrought here during a procession whichhad started from Florence. The build-ing houses a small but rich and elegantmuseum, the local Museum of SacredArt, founded in 2002, where importantworks of art are kept; they comprisepaintings on wooden panels, vestmentsand furnishings from churches aroundIncisa. Among the others are particular-ly worth mentioning: a Madonna andChild on a wooden panel attributed tothe “Master of Barberino” (active be-tween 1358 and 1369), from the Churchof San Lorenzo in Cappiano; a Madon-na and Child with Saints Julitta, Cyria-cus, Bartholomew and the Client from the16th century attributed to Giuliano Bu-giardini (once kept in the Church of SanQuirico in Montelfi); a Christ Crucifiedin polychrome wood of Florentineschool, dated from the first two decadesof the 16th century – and therefore notidentifiable with the crucifix which wasat the origin of the creation of the ora-tory; a Christ Redeemer in copper fixedon a wooden panel executed by a fol-lower of Ludovico Cigoli, which wasoriginally in the Church of Santo Ste-

fano in Cetina; a Saint Michaelby OrazioFidani (18th century); and rich furnish-ings, silverware, ex-votos and fabricsfrom the 17th and 18th centuries (Cane-va, 2004). Among the latter, particular-ly noteworthy, is a rare and precious em-broidered cope hood from the end of the15th and the beginning of the 16th cen-turies. Leaving the museum and con-tinuing towards the higher part of thesmall town, one reaches the Castello, orcastle, where traces of the medieval struc-ture are still visible and where one can see,besides the former Church of San Bia-gio with remains of the ancient defensivewalls, the house which, according to tra-dition, once belonged to the family ofFrancesco Petrarca and inside which thepoet, born in Arezzo, presumably spentthe first seven years of his life.Back in the lower part of the small town,moving towards San Giovanni Val-darno, one finds, immediately to theright, the church and convent of SantiCosma e Damiano al Vivaio dei Fratiminori. Originally, there used to be onthe same site an oratory-church dedi-cated to the Virgin Mary annexed to aconvent that gave shelter to wayfarersduring the 14th century. During the firstdecade of the 1500’s, the foundationpassed into the hands of the FranciscanFriars Minor. In 1516, as the Medici PopeLeon x was travelling through the Val-darno, heading back to Rome after a vis-it to his native Florence, the friars askedthe pontiff permission to erect a newchurch and convent. The two buildingswere dedicated to Saints Cosmas andDamian, whose cult was particularlydear to the Medici family. The building

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was consecrated in 1530 and in 1592 anarcade was added to provide shelter forthe pilgrims. The complex was modi-fied during the 18th century when theinterior of the church was modernizedfollowing late-Baroque canons, evidentin its conspicuously rich decoration, pre-cious ornamental stuccos and in thedozens of canvas. Worth noticing,among other works of art: a polychrometerracotta bas-relief with Madonna andChild attributed to Lazzaro Cavalcantiknown as il Buggiano, based on a draw-ing by Luca della Robbia. The conventunderwent the successive suppressionsdecreed first by Leopoldo, then by theFrench, and finally by the Italian gov-ernment, however managing to preservethrough the years its function as a schoolfor the religious.Continuing along our itinerary, we canreach the Parish Church of San Vito aLoppiano, one of the most ancient inthe diocese of Fiesole, “also recordedunder the names of Schergnano andAncisa”. Indeed, “built at the dawn ofthe 11th century, it is assumed to havebeen named a Schergnano following thename of the owner of the land on whichit was erected”; later, at the time the“castello dell’Ancisa” was being built nearthe Arno, there, where the valley wasthe very narrowest, “a small village wasborn” and the church took on the nameof “San Vito all’Ancisa”. When Incisabecame bigger and the Church of San-t’Alessandro was built, the latter re-ceived the title of parish church, whileSan Vito became a priory with the nameof “San Vito a Loppiano after the beau-tiful plateau on which the church

stands” (Bencistà, 1999). Due to dras-tic transformations made in the 19th cen-tury, the building lost many traces ofits Romanesque origins. However,restoration works carried out in the1980’s have permitted to better enjoythe architectural complex. The church,fronted by a 17th-century portico withplaques and a 15th - century tombstone,is flanked on the left by the chapel ofthe Company, and on the right by therectory next to which a cloister musthave been. The interior has preserved itsoriginal structure with a nave and twoside-aisles, and still houses a fine 15th-century wooden panel, the Madonna ofthe Girdle by Francesco d’Antonio.In the surroundings of Incisa othernoteworthy churches include the Ro-manesque Church of San Michele aMorniano which used to house thepainting on canvas representing SaintMichael Weighing the Souls (now at theIncisa Museum of Sacred Art) by Ora-zio Fidani, an artist active in Florencearound the mid-17th century; and theChurch of San Lorenzo a Cappianowhere was originally kept the Madon-na Enthroned with Saints Domenic,Lawrence, John the Baptist and Lucy(datable to the first decade of the 16th

century), now also found at the IncisaMuseum, which is the work of Bas-tiano Mainardi, son-in-law of Domeni-co Ghirlandaio.From Incisa, following the same StateRoad, we now head for Figline Val-darno. Before reaching the town prop-er, we pass the Sanctuary of the Madon-na del Ponterosso, built, during the sec-ond half of the 1500’s (1570), also to

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house a miraculous image – a fresco ofthe Virgin Mary Enthroned with Child –now standing on the main altar. Thework, executed around 1499, was orig-inally inside an aedicule located inFigline Valdarno. It was produced at thebehest of the Florentine Antonio diPaolo d’Antonio de’ Parigi, who com-missioned it to a student of Pietro Pe-rugino, maybe identifiable with theFigline artist Giovanni di PapinoCalderini (Baldini, 2005). The workremained for a few decades in its orig-inal location, but following the disas-trous 1557 flood, it became necessary togrant the venerated Madonna a moresuitable home. Thus the sanctuary wasbuilt, in part also with support from theMedici Grand Dukes. On one of thealtars one can also admire a sumptuousMadonna and Child with Saints of theFigline artist Egisto Sarri (19th century)of whom the Museum of the CollegiateChurch houses other important works.From here we reach the town centre.Figline Valdarno is one of the most an-cient Florentine walled lands, the so-called “terre murate”, having beenplanned in the mid-1200’s when, fol-lowing the destruction of the “Fegh-ine” castle set atop a hill dominatingthe river, the Florentine Republic de-cided to promote the growth of thesmall village situated in the plain below.Provided with defensive walls duringthe 14th century (which are still visibletoday, although for the most part theyhave been incorporated into houses),Figline became very important for Flo-rence - it was indeed considered thecity’s granary. Buildings of considerable

historical and cultural value can be seeninside the perimeter of the ancient walls.The central piazza Marsilio Ficino,named after one of the most importanthumanists of the 1400’s who was bornhere in 1433, presents the typical struc-ture of a mercatale, namely a marketsquare. It is faced (north) by a 14th-cen-tury arcade, part of the 17th-century Os-pedale Serristori; and (south) by theCollegiate Church of Santa Maria start-ed in 1257 at the foot of San Romolo,the small hill overlooking the town. Asconcerns the collegiate church, “thereexists conflicting information regard-ing the origins of the church, whosefoundations would appear to have beenlaid at least 100 years earlier, after the de-struction of the old Figline castle andthat of a church dedicated to SaintMary”, located on the aforementionedhill (Bencistà, 1999). Initially a parishchurch, it received the title of collegiatechurch in 1493, which means a chapterwas set up there, with a provost andtwelve canons, and could count on fixedrevenues. Deeply modified between the17th and 19th centuries, it was freed fromits 17th-century additions during restora-tion works carried out in the last cen-tury; however, the church has preservedvery little of its original Gothic struc-ture, but for the original dimensions ofits single aisle, and its large ogival win-dows. Outside, the most remarkablefeature is the fine 16th-century portal,while the interior houses various worksof art, including a Madonna and Childwith Angels and Saints Elizabeth of Hun-gary and Ludwig of Toulouse by the so-called “Master of Figline”, a painting

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on a wooden panel datable to after 1317,year in which Saint Ludwig was can-onized. Inside the 19th-century circularcappella del Sacramento or Chapel of theHoly Sacrament – which opens to theright – one can admire a Saint Joseph inpolychrome terracotta attributable toAndrea della Robbia and probably pro-duced between 1505 and 1510.The local Museum of Sacred Art wasset up in 1983 in premises adjacent to thecollegiate church; among other worksto be admired, let us mention the Mar-tyrdom of Saint Lawrence by Cigoli(1590), two small paintings on woodenpanels with Angels (datable to 1480 ca.),which after their restoration have beenattributed to Domenico Ghirlandaioand figured once respectively at the sidesof the above-mentioned Majesty by the“Master of Figline” kept inside thechurch. Numerous precious vestments,hangings and vessels are also displayedinside the museum.Leaving the collegiate church and go-ing towards Via Castel Guinelli, we passfirst a group of houses from the lateMiddle Ages, and then a villa known asCasa grande dei Serristori, with its in-teresting courtyard flanked by two 15th-century open galleries and an Italian-style garden from where a portion ofthe ancient 14th-century walls with oneof the towers are clearly visible. Othermonuments make a visit to the oldtown of Figline definitely worthwhile:the Palazzo pretorio (Magistrate’s build-ing), rebuilt in 1931 with the originalmunicipal tower inside which is achapel housing a glazed terracotta of aMadonna and Child with Saints, prob-

ably from the workshop of BenedettoBuglioni. Not far from the Palazzostands the Church of San Francesco,erected in its current outline at the turnof the 13th century over the foundationsof a pre-existing construction of small-er dimensions. The façade, which showstraces of its original two-colour pattern,is fronted by a Renaissance portico thatcontinues along the left side where itbecomes part of the Franciscan con-vent, while on the right-hand side thechurch is flanked by houses dating backto the 16th century. A tabernacle repre-senting the Madonna and Child fromthe school of Giovanni Pisano can beadmired under the portico next to theentrance of the church, where are alsoa number of coats of arms. The porti-co lunettes have preserved frescoes fromthe 17th century. The single-aisled inte-rior, with a transept and three apsidalchapels, has remained faithful to the an-cient structure; however, drastic restora-tion work was carried out in the 1920’s,when the Franciscan Friars retook pos-session of the church and convent.The inner façade shows a series of fres-coes datable to the first two decades ofthe 15th century, by the Florentine painterFrancesco d’Antonio. On the right-handwall is a fresco attributed to PierFrancesco Fiorentino, that was originallyin the cloister, representing the Madon-na and Child with Saints Bartholomewand Sebastian, while the left-hand wallshows a fresco by the school of Botticellidepicting the Assumption of the VirginMary Offering her Girdle to SaintThomas, with Saints John the Baptist andJulian. Finally, the sacristy houses a stuc-

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co Madonna and Child from Ghiberti’sworkshop (dated to between 1420 and1430). Also interesting – the cloister andchapter hall which record the impor-tance of the Franciscan foundation.Despite these monuments and worksof art bearing testimony to the impor-tance the town held during the Mid-dle Ages, the current town centre hasa typically 19th-century layout, owing tothe remarkable industrial boom thattook place here between the 19th and20th centuries.After visiting Figline, continuing alongthe State Road, we reach San Giovan-ni Valdarno and its Museum of SacredArt situated next to the Basilica of San-ta Maria delle Grazie and bearing thesame name.First named San Giovanni in Altura,then Castel San Giovanni, San Gio-vanni Valdarno, the main industrialcentre in the area (at first especially forthe exploitation of brown coal or lig-nite and then for the processing of met-als) was founded in 1299 by the Flo-rentine rulers, following a design tradi-tionally attributed to Arnolfo di Cam-bio, as part of Florence’s “terre nuove”– new lands. The plan of the town prop-er, common to all the “terre nuove”, wassurrounded by rectangular defensivewalls provided with four gates. Thewalls were later rebuilt in the secondhalf of the 14th century. Between the twomain piazzas of the small town (piazzaCavour and piazza Masaccio) rises theMagistrate’s palace (Palazzo pretorio),today the Town Hall, also attributed toArnolfo di Cambio, but which was en-larged during the 15th century and also

underwent further modifications overtime. Surrounded by a portico restingon pillars, the palazzo is hung by a greatnumber of coats of arms in stone andterracotta, those of the podestà (gover-nors) and deputy governors who heldhere their offices on behalf of Florence.The Basilica of Santa Maria della Gra-zie and the adjacent museum stand atone end of piazza Masaccio. Overlook-ing the same piazza, also note: the 15th-century small palazzo or palazzettoRicorboli and, next to it, the 14th-cen-tury Church of San Lorenzo housingfrescoes from the 14th and 15th centuriesincluding two fragments attributed toGiovanni di ser Giovanni, known as loScheggia, brother of Masaccio.At one end of piazza Cavour stands theParish Church of San Giovanni Bat-tista, built during the first half of the1300’s. The outside portico on columnsadorned with Della Robbia tondi isfrom a later period. Among the variousnoteworthy buildings lining the Cor-so, let us mention the Casa di Masaccioor Masaccio’s house; the renownedpainter was actually born in San Gio-vanni in 1401. Now an exhibition cen-tre, the building houses the town’s Col-lection of Modern and ContemporaryArt, which includes works by Giovan-ni Fattori and Ottone Rosai, as well asby Piero Guccione, Antonio Bueno,Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti,not to mention Venturino Venturi,Mario Airò, Massimo Bartolini, andAlberto Garutti. Also on the Corsostands the native house of the painterGiovanni Mannozzi, better known asGiovanni da San Giovanni (1592-1636).

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The surroundings of San GiovanniValdarno

Three recommended excursions startfrom San Giovanni Valdarno. Drivingnorth-west across low hills and lushpastures, one reaches Gaville, a villagethat stands where once rose a castleknown as Gavillaccio, property of theUbertini family, the local feudatories.In Gaville one can visit the ParishChurch of San Romolo (one of themost important Romanesque parishchurches in Valdarno) which, accord-ing to tradition, was erected in 1007next to the mighty bell-tower (perhapsoriginally a Roman watch-tower), pre-sumably on the site of a pre-existingvotive chapel. The church was erectedat the behest of the Ubertini family andthat of the bishop of Fiesole (whosefirst representative was precisely SaintRomulus). In 1030 its construction wasalready at an advanced stage and wascompleted about 40 years later.The façade is in compact ashlars. Thelunette of the central portal used tohouse an early 15th-century Madonnaand Child with Saints Peter and Romu-lus of Sienese school, now kept insidethe rectory. Inside the church, with anave and two side-aisles separated bypillars topped with capitals of great val-ue, is found an Annunciation by a fol-lower of Ghirlandaio. The rooms of theaforementioned rectory have been theseat, since 1974, of the Museo dellaciviltà Contadina (Museum of countryculture)which displays a collection ofabout 4,000 pieces illustrating ruralwork year-round.

From San Giovanni, crossing the Arnoand heading towards Castelfranco diSopra, atop a little hill one will noticethe Abbey of Santa Maria in Mamma,commonly referred to as La Badiola.The Benedictine foundation was firstrecorded in 1125, although very littlecan still be discerned of its originalstructure (which was restored in 1937).Remaining on the same artery, alwaysin the direction of Castelfranco, a roadon the left will bring us to Renacciwhose placename might be derivedfrom “renaccio” given the sandy soil ofthe hill (rena meaning “sand”). The vastestate was owned for centuries by theFlorentine Rinuccini family until in1834 it became the property of theCorsini family, after whom the villasurrounded by age-old trees wasnamed. In the near surroundings onecan also visit the Church of San Silve-stro built in the early 18th century butrestored in the 1980’s.Starting once more from San Giovan-ni Valdarno but this time headingsouth-west, Cavriglia deserves a visit.Setting off either from the centre or thesouth part of San Giovanni the roadruns through stretches of woods and atsome point on the way one can admire,high atop a hill, the convent of Mon-tecarlo, a Renaissance complex whosechurch is said to have been founded bySaint Bernardino; the altar piece withthe Annunciation by Fra Angelico nowat the Museum of the Basilica of S.Maria delle Grazie in San GiovanniValdarno used to be kept here. After thewoods we eventually reach Cavriglia,also noted for its vast Natural Park.

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Inside the village, one can visit the oldparish church dedicated to Saint Johnthe Baptist which dates back to the 11th-12th centuries; modified many times, itnow stands as an example of baroquearchitecture, very unusual for this areaand yet revealing a certain refinement.The adjoining museum is located in-side the small oratory where are dis-played sacred furnishings from the 15th

to the 18th centuries, glazed terracottapieces, an Ottoman Cross in gildedbronze of particular interest as well asa small Pax Board in painted copperwith a silver frame manufactured inLimoges in the 16th century.Given that the area was an importantcentre for the extraction of brown coal(or lignite) during the 1930’s and 1940’s,employing at one time up to 6,000workers, and that it then became themainstay of the economy of the entireregion during the 1960’s and 1970’s ow-ing to the Santa Barbara thermo-elec-tric power plant, the nearby village ofCastelnuovo dei Sabbioni (west ofCavriglia) has opened the Museo dellaMiniera (Mining museum) – a signifi-cant record of recent history. The diffi-cult labour inside the ore fields is doc-umented through the display of exca-vating tools and other source materials.Continuing south from Cavriglia andmaking a slight detour one reachesMontegonzi, an antique settlement,probably of Lombard origin, which haspreserved remains of the primitivestructure, including the keep – now aprivate residence – and three gates ofthe ancient defensive walls.

Special thanks to: Lucia Bencistà, CeciliaFrosinini, Cecilia Ghelli, Alessio Monciatti,Gloria Papaccio, Rosanna Proto Pisani, Giusep-pina Carla Romby, Giuliana Righi and in par-ticular to the Directors and staff of the Kun-sthistorisches Institut of Florence.

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Artistic crafts, fine foodand wine in UpperValdarno

Maria Pilar Lebole and Benedetta Zini

As it follows its course from the Prato-magno massif to the Chianti hills, theArno runs through a natural reserveknown as the Valle dell’Inferno e Ban-della, rich in English and Turkey oakwoods, willow trees, cotton-woods,and holm-oaks which occupy theslopes of this long gorge of artificialbasins. As it nears the narrows of Incisathe gorge seems to end but it widensagain in the Arezzo province, eventu-ally englobing the territory where theAmbra, left affluent of the Arno to-wards Siena, flows.The itinerary we recommend for thediscovery not only of the historic andartistic splendours of the Arno valley,but also of its traditional crafts devel-oped long ago but still well alive,stretches along about 40 kilometres ofroad: it can be covered via highway A1(also known as Autostrada del Sole) be-tween the tollbooth of Firenze sud andthat of Valdarno, or following the Arnovalley from Florence first, along the ViaAretina and then, past Pontassieve, go-ing up (left) towards Vallombrosa anddown again until Rignano – or elseeastward to Reggello, Pian di Scò andCastelfranco di Sopra.From a historical point of view, theUpper Valdarno is a territory rich inparish churches and castles, and strate-

gically important for its “terre murate”(walled lands).First ruled by the Guidi counts fromthe Casentino area, and later (from the13th century) by the Commune of Flo-rence, these “terre murate”, or villagesprotected by defensive walls, present atypical perpendicular street plan andup until today testify how history haspreserved the culture of the local peo-ple, admirable examples being the vil-lages of Incisa, Figline, San Giovanniand Montevarchi.The scenery that surrounds us alongthis stretch of road is multi-facetted:solitary slopes covered by oaks, chest-nuts, conifers and beeches; then – if wego all the way up the tortuous road tothe highest summit of the entire Prato-magno massif (Mount Pianellaccio,1,593 m.) – fabulous views over Tuscanyranging from the Apuan mountains,Mount Amiata, the Chianti hills rightup to the towers of San Gimignano andfinally to the Valdarno landscape bor-dering the ancient Cassia Vetus whichcorresponds to today’s Via dei Sette-ponti or Strada dei Sette Ponti (name-ly Seven Bridges Road), which will beour route for this itinerary.A constant feature throughout the ter-ritory are the ravines, a phenomenoncaused by erosion along the foothillsof the Pratomagno ridge, assuming pe-culiar shapes: crevices and gullies, fas-cinating for the contrast between theirsharp angular contours and the warmshades of the matter which during thesummer months, at sunset, takes onunmistakable red and orange nuances,characteristic of this land.

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These clayey gorges are just one out ofmany protected areas inside Valdarno,while the lower valley is home to manyindustrial plants which line the road incertain stretches; other zones testify theongoing economic development in thearea (such as the stretch of ProvincialRoad 11 Lungo l’Arno known as Ac-quaborra running from TerranuovaBracciolini towards Arezzo, across thenotorious “Levane dam” which wasprotagonist of the tragic flood that hitFlorence in 1966). Small rural villagesdot other parts of the territory such asalong the Via dei Sette Ponti that runsall the way to Arezzo and is one of themost picturesque routes in the Arnovalley.Here a walk along the mountain pathsis highly recommended, to witness thelandscape variations from the foothillsto the top of the Pratomagno. Thepatchwork scenery includes shrubs andwoods dominated by oaks, beeches andfir-trees; vineyards planted on evenground and terraces interspersed withvast expanses of pasture fields andpatches of cultivated fields showing theneat lines of ploughing or else thecolour of young shoots or that of ma-ture crops, and then again olive groves,and in the springtime picturesque spotsof blooming yellow broom.The central part – that which is cutthrough by the Autostrada del Sole andthe straight railway line – is unques-tionably the economic hub of the area,among the most industrialized in Tus-cany. It consists mainly in small andmedium manufacturing enterprisesand, for the last two decades, has also

been home to a number of industrialplants now producing world-famousdesigner clothes and accessories bear-ing leading brands in the sector. Be-sides the production of clothes, leathergoods and accessories, the largest inTuscany, a now minor production ofglass and crystal centred around SanGiovanni Valdarno still lives on. Thetown was founded around the 13th cen-tury and up until today glassware hasremained influential on local econo-my, although its production obvious-ly now relies on less craftsmanlikemethods than in the past. The metic-ulously manufactured glass objectsrange from artistic stained-glass win-dows to Tiffany-style lamps and deco-rative furnishings in melted glass, notto mention hand-painted and engravedglassware.In San Giovanni even salami is madein a particular way, resulting in the lo-cal barese, a typical salami, and rigati-no, a special type of very tasty bacon.The Pratomagno area is renowned forits prosciutto and chestnuts, as well asfor its Tuscan antipastos such as crosti-ni neri (canapés with chicken-liverpâté) and the simple fettunta – a sliceof bread lightly seasoned with fresh gar-lic and a trickle of olive oil, topped atwill with haricot beans.Olive oil in this area deserves a specialnote: from Florence to Arezzo the en-tire Valdarno is rich in olive groves, al-though the most distinguished areasare those of Pontassieve, Reggello(which is host to the Rassegna dell’OlioExtravergine di Oliva di Reggello e Prato-magno or Reggello and Pratomagno

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Extra Virgin Olive Oil Exhibition) andPergine Valdarno. Equally famed is theoil from the Ambra hills and the Prato-magno.The Valdarno cuisine has managed topreserve a now famous bean, the prizedfagiolo zolfino, preventing it from be-ing supplanted by the more commonharicot and toscanelli bean. King of theValdarno and the Setteponti district,the small round yellow legume with athin skin is mainly cultivated in the ter-ritory between the Arno river and thePratomagno mountains. On the west-ern side of the mountain, the area ofproduction comprises the municipaldistricts of Castiglion Fibocchi, Late-rina, Loro Ciuffenna, Terranuova Brac-ciolini, Castelfranco di Sopra, Pian diScò (in the province of Arezzo) andReggello (in the province of Florence);the zolfino bean is cultivated on hillsand foothills, for it grows well in bar-ren and dry land while it cannot sur-vive in the plain, where water stagnates.Sowing takes place in spring, often onthe terraces planted with olive trees andby now the zolfino bean has become aselect product owing to the small quan-tities produced and the high marketprice. Also – beware of imitations: thegenuine fagiolo zolfino is grown exclu-sively in this area!The cooking of these beans with thinskin requires from 3 to 4 hours, or evenmore, until they become thick andcreamy. They are good boiled, seasonedwith extra virgin olive oil (better ifstrong and fruity), and served on toast-ed Tuscan bread or as a side dish witha Bistecca (steak) alla Fiorentina.

A very popular way of cooking thezolfino bean, especially in the past, wasinside a flask. Water, oil, salt, chilli pep-per, sage and tomatoes were added tothe beans and the flask (deprived of itsnarrow neck) was placed inside the fire-place among the ashes still hot fromthe fire. Water was added from time totime, being careful not to overfill thecontainer to avoid wetting the outsideof the bottle, lest it would burst in-stantly.As is well-known in traditional coun-try uses, zolfino beans, just as the hari-cot beans, are excellent inside ribollita(a soup made with vegetables and stalebread) and on the fettunta, also the dayafter they have been cooked.Today, rescued from impending ex-tinction, it is grown on approximately30-40 hectares, and farmers produceno more than 2000 to 3000 kg of pro-duce, too small a quantity to satisfy thegrowing demand. For the promotionand conservation of the zolfino bean, awork group was formed, to which par-ticipated Associazione Ente Fiera withthe Setteponti project, Agenzia Arsia ofthe Tuscan Region and the techniciansof the Italian Farmers’ Associations ofColdiretti, Cia and Unione Agricoltorito promote experimentation, im-provement of agronomic techniques,tasting gatherings, and broadly speak-ing to involve consumers and produc-ers in the safeguard of this product (theUniversity and Province of Arezzo, thePratomagno Comunità Montana,restaurant owners, the growers, ArcigolaValdarno and others also take part inthe initiative).

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Also poultry is of utmost quality, andfree-range par excellence. As beautifulto look at as they are good to taste, thechickens are all white-feathered withred crests and wattles, and are knownas “Valdarno chickens”. The race rearedis Valdarno Bianca.The flesh is firm andtasty, and well suited for many differ-ent recipes, bollito (stew), arrosto (roast),fried or used to make sauce (sugo).Since 2001, a group of breeders underthe guidance of Arsia Toscana, in col-laboration with the Universities of Flo-rence and Milan, have been workingon promoting and preserving the race,defining its standards and controllingthe species selection.Regarding meat, a typically Tuscan dishcommonly found around here at coun-try fairs or at the weekly market isporchetta – an entire piglet cooked ona spit. Following the recipe, the pig isstuffed with spices and aromatic herbs;when ready, porchetta is cut into slicesand eaten between two slices of bread.As everyone knows, “del maiale non sibutta via nulla” – everything is ediblein a pig, nothing goes wasted, and in-deed, also around here, just about everypart is eaten, either lean or fat, up to thecrispy crust which is the best part, “thepriest’s delicacy” as goes the local pop-ular saying. Monte San Savino’sporchetta is famed for being one of thebest. Each year in September, the town(in the province of Arezzo) holds its fa-mous fair called Sagra della Porchetta.The vitality of the local villages is evi-denced by the numerous country fairsand folkloric events held throughoutthe area, especially during the summer

months. Thus, on summer evenings,the Bucine castle hosts a number ofconcerts and other musical events,while in May Castelfranco di Sopra or-ganizes its Festa della grandine (hail);Laterina a Christmas crib exhibition;Montevarchi and Terranuova Bracci-olini antiques fairs; Pian di Scò thePalio degli Arcieri (an archers’ race) andthe Fiera Nazionale degli uccelli da richi-amo (National Fair of Call-Birds).Then, on the first days of September,each village holds celebrations for For-giveness, and Figline Valdarno is hostto the San Rocco Palio (horse-race)combined with the Hazelnut Festival;not to be missed in February, theCarnevale dei Figli di Bocco parade inthe old centre of Castiglion Fibocchi,with costumes and masks from theVenetian tradition. A group of womentailor in the village have set up a smallamateur enterprise and create costumesfor this unique carnival, each onemeticulously made, beautiful and em-broidered by hand.

From Florence to San GiovanniValdarno: an itinerary

Different roads connect Florence to SanGiovanni Valdarno, the fastest being nodoubt the Autostrada A1 towards Arez-zo. An interesting optional route is theroad that goes by San Donato in Col-lina and continues upward from Bag-no a Ripoli, passing villages such asMeoste, La Croce, l’Arco del Camicia,la Fonte del Pidocchio (from wherestarts the old road to Apparita – left –since for those travelling from Valdarno,

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this was the point where Florence ap-peared to sight for the first time), LaCorte, Osteria Nuova, Le Quattro Vie,San Donato in Collina followed by the18th-century villa Torre a Cona afterwhich, driving past Troghi and Cellai,one descends to Incisa.For those who wish to follow the “SettePonti” Provincial road, the stretch fromRosano to Incisa can be done followingthe Arno river along Via Aretina. PastPontassieve, which remains in sight fora while, the road goes up towards theVallombrosa mountain. Here the val-ley widens and one finds Rignano,while Reggello remains on the left sideof the mountain; surrounded by a fab-ulous park, Villa Sammezzano domi-nates the landscape from the top of ahill. The road then reaches SanClemente, and past the villa of Leccio,a place which is well-known for itsmany outlets offering Italian designerclothes at discount prices, we reachCiliegi and finally Incisa.Along this stretch of road, named SettePonti or Cassia vetus, we recommend ashort stop at the fortress of Incisa, oncea destination for wayfarers, traders andpilgrims, as well as a visit to the Muse-um attached to the Oratory of the Cro-cifisso.A hospitable tourist destination, thearea has plenty of Bed & Breakfast andAgriturismo accommodations for thosewishing to explore the nearby coun-tryside.Following a straight line parallel to theriver (left), we reach Figline Valdarnowhere parts of the old walls are stillstanding. The Gothic Church of San

Francesco deserves a visit, as well as theSerristori buildings, the Casa Grandeand the Ospedale. Eastward lie Reggel-lo, Pian di Scò and Castelfranco. Themain piazza of Figline Valdarno, insidethe old quarter, is also worth a stroll: itis dedicated to Marsilio Ficino – courtphilosopher to Lorenzo the Magnifi-cent – who was born here.In this centre craftsmen’s workshops arenot very numerous. However, we arewelcomed – to the soft sound of jazz -inside the shop and studio of Marco Pec-chioli, a carpenter and restorer whosince the 1980’s produces furnishings,decorative frames and pieces of furni-ture according to the most ancient tra-dition, using lacquering and gildingtechniques. He tells us that over the pastfew years the request for 19th-centuryfurniture and for the restoration of an-tique furniture has favoured the prolif-eration of well-organized antiquesshops, many of which in the sur-roundings of Figline.In the wake of the Valdarno glasswareproduction, the area of Figline has spe-cialized in artistic glassware. VetrerieArtistiche di Gianni Prosperi is one outof many such artistic workshops. Theenterprise produces partitions in lam-inated glass, glass doors, stairways, ta-bles, glass panels and a variety of objectsin melted glass, besides floor-coveringsin tempered and laminated glass.For those who have not yet heard aboutit, the small collection of the AnticaSpezieria (apothecary’s shop) inside theOspedale Serristori is certainly wortha look. Located on the ground-floor, itis set up in a very fine space where a

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collection of majolica, glass containersand phials are displayed inside valuablewalnut cabinets that cover every wall.The old Spezieria also houses a collec-tion of paintings. The institution hasbeen opened to the public since 1982;its history is connected to that of theSerristory hospital, founded in 1399 byone of the priors of the Florentine Re-public - Serristoro di Ser Jacopo. Norecord has been kept of when exactlythe pharmacy was opened inside thehospital, but it can be hypothesizedthat it took place in the early 16th cen-tury.The fast-spreading industrializationprocess currently taking place in the Val-darno area fortunately has not washedaway the age-old traditions of rural life.The wine industry, while experiencinga steady growth, has ably managed topreserve the traditional taste of its prod-uct, which so happily combines withlocal food. Indeed, a short distance awayfrom piazza Ficino, in Via Castel-guinelli, we come across a family-runwine-shop named La Porta del Chiantiwhich sells the best local wines – amongothers, let us mention the excellentquality wines from the area of Vitereta– as well as other prized Italian wines,all served with exquisite cold cuts, sala-mi and different types of cheese rang-ing from ripe pecorino aged in fig leavesand served with various kinds of jam orelse with chestnut purée (and other suchdaring combinations!), all strictly pre-pared without preservatives.Other specialties include bruschette,samplings of pappa al pomodoro and ri-bollita in winter and panzanella dur-

ing the summertime, not to mentiondishes prepared with the famousGarfagnana spelt. The shop also orga-nizes courses and thematic evenings: acourse on spirits, to appreciate distilledalcoholic drinks from grappa tobrandies, cognac, armagnac, calvadosand rum; oenology courses: wine fromthe vine to the cellar, the production ofwine, or else special sweet wines andsparkling wines.With the aim of promoting the speci-ficity and quality of the food producedin the area, Figline holds an importantannual food fair, starring among oth-ers the zolfino bean, different types ofcheese, olive oil and wine. Thus, eachNovember the town’s main piazza wel-comes “Autumnia”, where one can seechoice livestock from the area, such aschianina oxen, Valdarno chickens andcinta senese pigs. A space set up by theMuseo della Civiltà Contadina di Gav-ille (Museum of Rural Culture in Gav-ille) recreates typical work environ-ments from the past, exhibiting ancientfarming tools and everyday objectsfrom rural life in Valdarno. The exhibitcomprises different spaces dedicated tothe area’s main activities: wheat harvestas well as oil and wine production.Continuing along Regional Road 69 wego past Carresi and Restone and reachthe junction for Castelnuovo dei Sab-bioni and Cavriglia. A detour throughthe Parco di Cavriglia is bound to pleasealso the young visitors. At Cafaggiolo(in the near outskirts of Castelnuovo deiSabbioni) we find an interesting assort-ment of animals, most of which weredonated to the park in the 1980’s. The

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selection was meticulously done infavour of non-dangerous species; ani-mals such as fallow deer, cinta pigs, os-triches, roe deer, Japanese monkeys, lla-mas, and mouflons move quite freelyinside the limits of the park, while bi-son and brown bears are better enclosed.There also exists a centre for the re-ap-preciation of donkeys and mules affili-ated to the National Organization ofDonkey Breeders (L’Asino Association)where people are taught how to care fordonkeys, and where it is also possible toride donkeys, ponies and horses at theriding-school, or go for a ride along thepark trails. Besides, basket-ball, tennisand volley-ball can be practised in ap-propriate spaces (by prior booking), anda swimming pool welcomes visitors allthrough the summer months.During the first half of the 20th centu-ry, the territory around Cavriglia wasan important mining centre for the dig-ging out of lignite (or brown coal). Thisaspect of local history is documentedin Castelnuovo dei Sabbioni at theCentro di Documentazione delle Minieredi lignite, which opened in 1991 withthe purpose of rendering available –with didactical purposes – all infor-mation regarding the mines of the ter-ritory, whose exploitation started dur-ing the second half of the 19th century.Over time, the mines were worked outand now the population is trying to re-store the landscape to its former naturalappearance, after it has been damagedby heavy digging. Inside the centrethere is a room used for video viewingand another equipped with computersfor Internet research, which also con-

tains a small collection of fossils gath-ered inside the mines, and photo-graphic documents.In the old quarter, next to the ParishChurch of San Giovanni, a 15th-centu-ry vinaia, once used as a storeroom forwine and grain, houses the excellentrestaurant Il Cenacolo, which servestypical dishes from the Valdarno.As for Osteria La Vecchia Macina, atPoggio di Colle, outside Castelnuovodei Sabbioni, choice dishes includehomemade pasta, bistecca alla fiorenti-na and cinta senese pork salami. An-other mention goes to Enoteca Borgo-forra whose chef offers fine dishes fromthe Chianti area, slightly revisited andenriched; they also offer cookinglessons, including one-day lessons.As we go back towards San GiovanniValdarno, we recall how the iron andsteel industry developed in this terri-tory from the 15th century on. In 1872,precisely in San Giovanni, the SocietàItaliana per l’Industria del Ferro, laterSocietà delle Ferriere Italiane, wasfounded, which in 1914 employed morethan one thousand workers. First ironproduction, then steel as well, and bythe early 1900’s the first thermoelectricpower plant, functioning with lignite,was opened. But one of the most im-portant industries in San Giovanni isglass production which can be datedback to the early decades of the 19th cen-tury. The first glassworks factory was setup in Poggio della Ciulla for the mak-ing of sheets of glass. Eventually, thistype of processing gave birth to differ-ent specializations, among which theproduction of high quality crystal and

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artistic glassware. Up until today, fac-tories such as Arte Arredo export theirproducts all over the world. Anotherenterprise well-known for the excel-lence of its products is IVV – IndustriaVetraria Valdarnese scrl – which countstoday about 150 workers and producesapproximately two million pieces ayear, out of which almost 50% is ex-ported around the world. Styles rangefrom contemporary to classic, includ-ing ethnic, neo-romantic and “fusion”.Another interesting feature is the fab-rication of unleaded glass: by gettingrid of polluting substances, the enter-prise produces environmental friend-ly glass without affecting its quality. InSan Giovanni their products can bebought at the IVV shop, a large retailoutlet. Textiles have been another im-portant line of industrial activity in SanGiovanni, especially from the mid-19th

century to the period after the SecondWorld War. Linen, hemp, cotton rib-bons and rabbit-hair yarn, togetherwith the more common processing ofwool, have given work to a large num-ber of labourers, subsequently absorbedinto the manufacturing of knittedgoods and shoes. Up until today, themost important sectors of local econ-omy are the manufacturing of shoes,leather goods, clothing and fabrics.Between piazza Masaccio and San Gio-vanni’s train station, we recommend astop at Osteria dell’Angelo, a smallrestaurant offering tasty typical Val-darno dishes including homemade pas-ta and strictly chianina beef, such asthe typical Stufato alla Sangiovannese,and zolfino beans.

Stufato, or stew is a simple and tradi-tional peasant dish, handed down bythe housewives of San Giovanni. Thereis even a popular rhyme recalling itslegendary origins:«Racconta una leggenda che una donna,per onorare meglio la Madonnafece un piatto forte e assai drogatoche battezzò col nome di Stufato […]»(There was a woman who / to betterhonour the Madonna / prepared ahearty and spicy dish / which she calledStufato […])Stufato requires a certain amount of pa-tience and good will, to which must beadded, in adequate measure, spices,cloves and nutmeg, chopped parsleyand onion. Lightly fry this mixture inolive oil and stir in the stewing meat(from the leg); then cook in an earth-enware pan.«[…] Questo piatto che viene da lontanoSaprà ridarti quel rapporto umanoE far capire anche al più somaroChe il tempo è vita e che non è denaro».(This age-old dish / will bring you backto human friendship / and even themost thick-headed will right away con-ceive / that time is life, not money.)We would like to conclude this tour ofValdarno with a sweet note! Remain-ing in the old town, in Via Garibaldi,the Antico Forno, produces baked goodsfor a number of other shops in the sur-roundings. Specialities include firstquality bread baked in a wood-burn-ing oven and the famous schiacciata almetro. For those with a sweet tooth,not to be missed are the frittelle andcenci during the Carnival season, whichin San Giovanni is celebrated with fan-

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cy dress parades and carnival floats. An-other treat is pancosanti, prepared withraisins, walnuts and allspice, a typicalChianti sweet from the Siena area, herein a delicious local version; and finallyfantoccia a large Befana-shaped biscuitoriginally from the area around Incisaand Levane that is also prepared in SanGiovanni as part of the Epiphany cel-ebrations.

The selection of the businesses has been made atthe discretion of the authors and is by no meansexhaustive as regards the businesses present inthe area. We wish to express our gratitude to theartisan businesses and the accommodation fa-cilities for their helpful collaboration in the re-search phase. We would especially like to thankMassimo Malvisti and Emanuele Rappa fortheir kind collaboration. We are also thankfulto Filippo Bigazzi for his precious advice andhelp in the research phase.

Natural Parks, Handicraftand Gastronomic Businesses

riserva naturale della valle dell’inferno e bandellaTel. 0575 [email protected]

le balzeTel. 0575 [email protected]

associazione fagiolo zolfinodel pratomagnoAt Penna53028 Terranuova Bracciolini (Arezzo)Tel. 055 9705039Fax 055 [email protected]

Incisa Valdarno

relais villa al ventoVia S. Maddalena, 1150064 Incisa in Val d’Arno (Firenze)Tel. 348 3812822Fax 055 [email protected]

Figline Valdarno

marco pecchioliVia Castelguinelli, 850063 Figline Valdarno (Firenze)Tel. 339 6530012

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vinoteca la porta del chiantiVia Castelguinelli, 7050063 Figline Valdarno (Firenze)Tel. 055 959341Tel. 339 [email protected]

antico forno di canu & innocenti sncVia S. Croce, 2050063 Figline Valdarno (Firenze)Tel. 055 953353

vetrerie artistiche di gianni prosperi & c. sncVia della Comunità Europea50063 Figline Valdarno (Firenze)Tel. 055 959087Fax 055 [email protected]

antica spezieria dell’ospedale serristoriPiazza xxv Aprile50063 Figline Valdarno (Firenze)Opening hours: only on requestFree entranceInformation: tel. 055 9125247

museo della civiltà contadina di gavillePieve di San RomoloGaville50063 Figline Valdarno (Firenze)Tel. 055.9501083Fax 0559156249museo.gaville@tiscalinet.itwww.comune.figline-valdarno.fi.it/musei/gaville.html

Cavriglia

parco di cavrigliaAt CafaggioloCastelnuovo dei Sabbioni52020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 967544Fax 055 [email protected]

centro di documentazione delle miniere di ligniteVia Giovanni xxiii, 2Tel. 055 9678003Castelnuovo dei Sabbioniwww.comune.cavriglia.ar.it/[email protected]

ristorante il cenacoloVia del Riposo, 652020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 [email protected]

osteria la vecchia macinaat Poggio di Colle,Castelnuovo dei Sabbioni52020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 9677925Cell. [email protected]

trattoria enoteca borgoforraat Montegonzi52020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 966738

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ristorante pitenaVia Chiantigiana, 31652022 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 966016www.ristorantepitena.com

villa barberinoViale Barberino, 19At Meleto52020 Cavriglia (Arezzo)Tel. 055 961813Fax 055 961071

San Giovanni

arte arredo di iacopozziantonellaGlassware, fabrics and muralsVia Mannozzi, 1452027 San Giovanni Valdarno (Arezzo)Tel. 055 9121875

ivv (Industria Vetraria Valdarnese scrl)Lungarno Guido Reni, 6052027 San Giovanni Valdarno (Arezzo)Tel. 055 944444Fax 055 [email protected] shop Tel. 055 942619

osteria dell’angeloTypical Tuscan CuisineVia della Madonna, 3/552027 San Giovanni Valdarno (Arezzo)Tel. 055 943799

antico forno di canu & innocenti sncvia Garibaldi, 7852027 San Giovanni Valdarno (Arezzo)Tel. 055 9123091

Glossary

Francesca Sborgi

AspergillumAn implement in the form of a per-forated spherule, sometimes provid-ed with bristles, with a handle, usedto sprinkle holy water on people orthings.

BasilicaLarge church whose typology is de-rived from the Roman hall of justice,having a rectangular plan. It consistsof a wide nave ending in an apse withthe altar placed in front of it, and twoor four aisles, separated from the naveby a series of columns or pillars.

BasinBowl for the washing of hands usedtogether with a jug or a Eucharistflagon, namely a small receptacle witha lip used to pour water.

BookstandA stand for liturgical books, usuallywith a sloping top to hold them openin a position appropriate for read-ing. It is usually placed in the areabefore the altar.

BrocadeA particularly precious fabric madeof silk, linen or hemp, obtainedthrough a complex and slow weav-ing technique, decorated withdamask patterns, with interlacedthreads giving a characteristic raisedeffect.

BurinAn implement in the shape of asmall rod with a wooden handle and

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a steel point (the burin nose or lip)which is used to cut metal, woodand leather for ornamental purpos-es (see Engraving).

BurseA square case, made of decorated fab-ric sewn on a cardboard support,used to hold the corporal. It is rest-ed on the chalice (see entry).

Casting The process used to create sculptur-al works through the pouring ofmolten metal into a mold. To obtaina solid sculpture, the metal is pouredinto an open mold until it is com-pletely filled, in this case it is called fullrelief; on the other hand, hollow cast-ing is when the metal is poured intoa closed mold in a very thin layer.

Chalice A cone-shaped liturgical vessel witha stem ending in a base. It is used atMass for the consecration of wine in-to the Blood of Christ. Owing to itsimportance during the liturgy, it isusually richly decorated and made ofprecious durable materials. The cupis either in copper or silver and gild-ed inside, whereas the stem and thebase can be made of other materials,except glass and ivory, as they are sub-ject to wear.

Chapters (Book of -)A book which contains, in its vari-ous capitulations, historical infor-mation on an order’s foundation aswell as on all the rules pertaining tothe daily life and religious servicesof its members.

ChasubleSee Planet.

ChiselingRefined decoration technique car-ried out on metal objects by meansof a chisel, namely a small steel im-plement with a bevelled head in dif-ferent shapes that, when hit with asmall hammer, marks the metal sur-face without cutting it.

CiboriumA small aedicule where the conse-crated host is kept. It is placed at thecentre of the altar and it is in theshape of a tempietto. It usually has afinely decorated door.

CopeA circular sleeveless garment, wornover the shoulders which completesand matches the vestment.

CrossAn object which can be made of var-ious materials, formed by two axescutting one another at right angles.It became with or without the ChristCrucified, Christianity’s distinctivesymbol. The processional cross, usuallymade of metal, is supported by a longstaff and carried in religious proces-sions. It is incised and embossed withfigures on both sides, respectivelycalled the recto and the verso.

CuspThe triangular crowning of a paint-ing on a panel. The same term is al-so used to refer to the ornamentationin the shape of a pointed triangle.

DamaskFabric of ancient eastern origin whichderives its name from the city of Dam-ascus, famous for its production. It ischaracterized by a warp and weft ofthe same color, which create glossy

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patterns on an opaque background. Itcan be either lancé or brocaded.

EmbossingTechnique of decoration used forprecious materials which consists inengraving (see entry) ornaments witha burin (see entry) and chisel on theback of the metal reduced to a verythin lamina in order to obtain raisedfigures on the front.

EngravingImage either incised by hand on awooden, metal or stone support withdifferent tools – such as a burin (seeentry), a drypoint, or a comb – or ob-tained through a chemical processmaking use of corrosive acids. Thusfrom the design carved on the plate,called matrix, engravings can beprinted. By extension, this term refersto the technical process used forprinting reproduction as well as forthe copy of a picture, design, etc.printed from an engraved plate.

FiligreeAncient jewelry technique carriedout using extremely fine gold or sil-ver wires which are twisted, plaitedand soldered into a delicate open-work with arabesque or leaf designs.

FrescoMural painting technique which con-sists in incorporating the colours withthe lime of which the plaster is made,and that, thanks to its particular pro-cedure, makes the work of art extra-ordinarily durable over time. The wallsupport, dry and clean, is preparedwith an initial coat of rough plaster(the rendering) on which a thinnerone, called brown coating, is spread.

Until the end of the 14th century,they used ruddle on the brown coat-ing to draw the sinopia (the prepara-tory drawing for the artwork) whichwould be later substituted first bythe pouncing and then by the car-toon. Then the plaster finish, a thinlayer of fine sand and lime, is ap-plied; this is where the artist actual-ly paints using water-based colours.When painting a fresco the artist isrequired to rapidly execute it andthus apply the colours on the freshplaster before it dries. Consequent-ly the area to be frescoed is prepareddaily (it is the so-called day’s work),according to the amount of workwhich can be carried out in one day.Any pentimento, correction or fin-ishing touch to the artwork is there-fore carried out on dry plaster, bymeans of tempera colours(see tem-pera painting).

FrontalA parament made of marble, carvedstone, ivory, or embossed, chiseledmetal or else fabric-usually silk usedto cover the front part of the altar,the mensa, which being sacred, mustnot be visible.

GildingA technique used to apply gold, ei-ther in leaves or in dust, on varioussupports such as metal, wood,leather or other materials. For gild-ing metal the following procedure,described by Benvenuto Cellini, isused: one begins by evenly spread-ing the metal surface with an amal-gam of pure gold and mercurywhich evaporates when it comes in

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contact with the suitably heatedmetal, thus causing the gold to ad-here to the support.

Holy water potA small receptacle that contains holywater. It is used together with the as-pergillum (see entry) for ritual bene-dictions.

Humeral veilA long embroidered silk band, wornover the shoulders by the celebrantand used to take the monstrance orwrap the sacred vessels.

Incense-boatAn elongated liturgical receptacle, inthe shape of a small boat, having twomovable valves as a lid on its upperpart, which is intended to hold theincense grains eventually burnt onthe coals of the thurible (see entry).

IntaglioThe process or art of engraving orcarving in a hard material, such aswood, gems, marble or ivory, bymeans of metal instruments follow-ing a pre-established design.

LampasA damask fabric of great value, orig-inally from China, embellished veryoften with gold and silver threads,which has a heavy appearance; thepattern is created by supplementarywefts added to the backgroundweave which is usually in satin ortaffeta.

LancéA pattern on the right side of a fab-ric, consisting of a supplementaryweft(lancé weft) which is woven with-out being attached to the back-ground weave.

LiséréA pattern resulting from the back-ground weave which is seen on theright side of the fabric. If the motifis small-sized it does not need to besecured; otherwise it is attached tothe background weave through thebackground warp threads (liagerépris, see entry)or else through a sup-plementary warp(securing warp).

ManipleLiturgical garment, made up of anarrow strip of fabric in the samecolor as the planet (see entry); in thepast, priests used to wear it on theleft arm, tied with ribbons, duringthe Mass.

MonstranceA sacred furnishing in which theconsecrated host is exposed to theadoration of the faithful inside thechurch or during religious proces-sions. In the Middle Ages it was inthe shape of a tempietto and then,beginning from the late 16th centu-ry, of a rayed sun.

Oil paintingA technique of painting on canvasor a wooden panel where colors areobtained by mixing pigments withthick vegetable oils (such as linseed,poppy-seed or walnut) to which es-sential oils (turpentine) are added soas to make the colors less viscous andmore transparent. The color is firstspread on a previously prepared base(priming and, as to the canvas, groundmixture)with gypsum and glue, andthen coated with a transparent var-nish both to protect it and to makeit shinier. This very ancient tech-

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nique was improved in the 15th cen-tury in Flemish art and then spreadthroughout the rest of Europe; itmakes it possible to have an extraor-dinary variety of results, thanks tothe use of a wide range of pigmentsand to the possible nuances amongthe various layers of color.

PalmetteA decorative element derived from apalm leaf, consisting of an odd num-ber of fan-shaped leaves.

Pekin or PekingFabric characterized by differentweaves so as to create vertical lines.Brocaded designs can be added.

Planet or ChasubleLoose sleeveless tear-shaped liturgi-cal vestment, open at the sides, andat the top for the head, worn by bish-ops and priests during Mass. It is de-rived from the ancient late-Romantraveling cloak which was actuallycalled planeta.

Pod-shaped decorationOrnamental motif made up of a se-ries of convex elements, either con-vex or concave, similar to legumepods.

PunchSmall steel bar that has a letter, anumber, a cipher or a particular de-sign on one end to be stamped onthe surface of a metal object either todenote its maker or its owner.

PyxA vessel made of precious metal, gild-ed on the inside and covered by a lid,in which the consecrated hosts of theEucharist are kept for the faithful. It

is covered by a veil and kept in thetabernacle on the altar.

RegisterA volume containing the resolutionsmade by a chapter of monks re-garding both religious and profaneissues.

RelicA part of the body or belongings ofa saint, Christ, the Virgin which is ip-so facto carefully preserved and ex-posed as an object of veneration tothe faithful.

ReliquaryA richly decorated receptacle, in var-ious shapes (e.g., a vase, a casket ora box) and materials, where a relic(see entry) is kept and displayed tothe faithful.

Sarsenet or SarcenetA light taffeta (see entry) made of silk.

Small copeA circular embroidered piece of fab-ric used to cover and protect sacredobjects, such as reliquaries (see en-try) or worshipped painted images.

StoleAn ecclesiastical vestment which, to-gether with the maniple (see entry),matches the planet (see entry); it con-sists of a long fabric strip, generallyhaving a trapezoidal end, decoratedwith crosses and a fringe, which isworn over the shoulders and hangsdown in front. During religious ser-vices it is worn differently by the cel-ebrants according to their hierarchi-cal rank: the deacon wears it over theleft shoulder only and fastens it onthe right hip; the priest around theneck and across the breast; whereas

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218museo della basilica di santa maria delle grazie

the bishop wears it hanging down onboth sides.

TaffetaA type of cloth in linen, wool or cot-ton. It is produced by interlacing al-ternate threads stretched lengthwise(the warp) with transverse threads(the weft)on a loom.

Tempera paintingA painting technique which involvesdissolving pigments in water and us-ing various non-oily agglutinant sub-stances (such as egg emulsion, milk,rubber and fig latex, or wax) as abinder on the support previously coat-ed with primer. Tempera painting sup-ports can be also made of stone, met-al or paper, but they are generallymade of poplar wood. This technique,born in Europe at the end of the 12th

century, was widely used until thespread of oil painting (see entry).

ThuribleA metal receptacle containing the coalson which the incense is burnt duringchurch ceremonies. It consists of a cupwith a perforated lid, so that the per-fumed smoke can come out; it isswung, holding it by two small chains,so as to better diffuse the smoke.

TriptychA painting consisting of three pan-els hinged together.

TunicleA trapezoidal tunic worn by a sub-deacon, similar to the deacon’ s dal-matic, but having longer and nar-rower sleeves.

Veil (of the chalice)A square embroidered cloth in thesame liturgical colors as the vest-

ments with which it forms a set, usedto cover the chalice (see entry)and thepaten (the metal plate which coversthe chalice and holds the host) dur-ing the Mass.

VelvetFabric with a pile-covered surfaceconstituted of two warps, one for theweave and the other for the pile,which is created by inserting a threadworked in loops by means of needles(terry velvet) whose looped ends canbe cut (cut velvet). If the warp coversthe entire background weave, the vel-vet is called plain. It is instead defineddamask when the pile creates a pat-tern.

VestmentsThe term refers to the set of liturgi-cal garments used during the cele-bration of Mass. It is called three-pieceset of vestments when it is made up of:a chasuble (see entry) and a stole (seeentry), worn by the celebrant; a tu-nicle and a stole worn by the deacon,and a pluvial worn by the assistant;in case a tunicle is added it is definedfour-piece set of vestments. From theformal aspect of the vestment it ispossible to establish the hierarchicalrank of the wearer, whereas its colourvaries according to the different pe-riods of the liturgical calendar. White(or silver), denoting purity andmajesty, is used in feasts celebratingGod, the Madonna, and non-martyror confessor saints. Red, the colour ofPassion and of the blood of Christ, isprescribed on Whitsunday, PalmSunday, in the feasts of the Cross andof the Apostles and in all the cele-

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brations of martyrs. Gold (or yellow)is recommended in solemn festivi-ties, such as Christmas and Easter.Green, the colour of hope for eternallife, is used on Sunday and weekdaymasses in ordinary periods. Purple,symbolizing repentance for its refer-ence to the bruises suffered by Christduring the Passion, is worn duringAdvent and Lent; it can also be used

as a substitute for black, as the colourindicating transience, in suffrage orfuneral rites.

VoluteSpiral or curvilinear decorative ele-ment characteristic of Ionic or com-posite capitals; it is also used as aconnecting element for the variousarchitectural parts of a building,such as the façade of a church.

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Apparati / Apparatus

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San Giovanni Valdarno e laBasilica di Santa Maria delle Grazie

E. Baldi, L’oratorio della Madonna del-le Grazie in San Giovanni Val d’Arno,Firenze 1914.

G.M. Alberti, Notizie istoriche della ter-ra di San Giovanni di Vald’Arno di so-pra, in Cronache e storie di San Gio-vanni Valdarno nel Settecento, a curadi P. Bonci e C. Fabbri, Firenze 1991.

S. Casciu, Il museo della Basilica di S.Maria delle Grazie, MontepulcianoSiena 1993.

M. Scudieri, Il Museo Bandini a Fieso-le, Firenze 1993.

P. Morachiello, Beato Angelico. Gli af-freschi di San Marco, Milano 1995.

P. Bonci, Da oratorio a Basilica, Fieso-le-San Giovanni Valdarno 1996.

M. Feuillet, Beato Angelico. L’ Annun-ciazione di San Giovanni Valdarno,Fiesole 2000.

L. Goosen, Dizionario dei Santi. Storia,letteratura, arte e musica, Milano 2000.

L. Speranza, La memoria dell’arte, Fi-renze 2000.

AA.VV., Rinascimento. Capolavori deimusei italiani, Tokyo-Roma 2001, Mi-lano 2001.

L. Bellosi, Masaccio e le origini del Ri-nascimento, Milano 2002.

M. Battistini, Simboli e allegorie, Mi-lano 2002.

R Giorgi, Santi, Milano 2002.

L. Sacchetti Lelli, Arte e storia a SanGiovanni Valdarno, Fiesole 2002.

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Il Museo di Arte Sacra a Incisa in Val d’Ar-no, a cura di C. Caneva, Firenze 2004.

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T. Verdon, Maria nell’arte europea, Mi-lano 2004.

S. Zuffi, Il Quattrocento, Milano 2004.

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B. Pasquinelli, Il gesto e l’espressione,Milano 2005.

T. Verdon, M. Martini, L. Sacchet-ti Lelli, L. Pesci, Museo della Basili-ca di Santa Maria delle Grazie. Guidaalla lettura delle opere, San GiovanniValdarno 2005.

Artisti

O.H. Giglioli, Giovanni da San Gio-vanni, Firenze 1949.

223

Bibliografia essenziale / Short bibliography

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224museo della basilica di santa maria delle grazie

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R. Lightbown, Piero della Francesca,Milano 1992.

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L. Bellosi, M. Haines, Lo Scheggia,Maschietto e Musolino, Firenze-Sie-na 1999.

L. Cavazzini, Il fratello di Masaccio, Gio-vanni di Ser Giovanni detto lo Scheg-gia, catalogo della mostra (San Gio-vanni Valdarno), Firenze-Siena 1999.

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Botticelli e Filippino, catalogo della mo-stra (Firenze), Milano 2004.

Oreficerie e arredi liturgici

E. Nardinocchi, Bernardo Holzmann:argentiere in Galleria, «MCM», 7, 1988.

Gli Argenti fiorentini, a cura di D. LisciaBemporad, Firenze 1992, 3 voll.

Paramenti sacri

J.L. Santoro, Paesaggio e natura mortanell’arte tessile tra Sei e Settecento, Fi-renze 1986.

D. Devoti, L’arte del tessuto in Europa,Milano 1993.

I tessuti della fede, a cura di D. Degl’In-nocenti, Firenze 2000.

M. Carmignani, Tessuti ricami e mer-letti in Italia, Milano 2005.

L. Pesci, Le mantelline della Basilica diMaria SS. delle Grazie a San Giovan-ni Valdarno, in «Jacquard», 58, 2006,pp. 2-7.

Il territorio

A. Conti, I. Moretti, M. Barducci,Rignano sull’Arno. Tre studi sul patri-monio culturale, Firenze 1986.

R. Proto Pisani, Spigolature sulla pitturafiorentina del Seicento: due Curradi fir-mati e un Fidani datato, in «Arte cri-stiana», lxxxii, n. 763, 1994, pp. 279-284.

L’Arno alle porte di Firenze, Atti del Con-vegno (Pontassieve - Bagno a Ripoli,28-29 ottobre 1994), a cura di G. Pa-renti, Firenze 1996.

L. Bencistà, Chiesa di San Michele a Vo-lognano, Collegiata di Santa Maria aFigline Valdarno, Pieve di San Vito aLoppiano, in Popoli. Arte. Devozione.Itinerari nelle Cinque Verdi Terre, Fi-renze 1999, pp. 33-35, 43-45, 52-53.

C. Caneva, Arte e Storia a San Clemen-te a Sociana (con un contributo di L.Bencistà), San Giovanni Valdarno1999.

M.L. Ungar, Pieve di San Donnino aVillamagna, in Popoli. Arte. Devozio-ne. Itinerari nelle Cinque Verdi Terre,Firenze 1999, pp. 41-43

Le Gualchiere di Remole e il territorio delfiume Arno. Le Ruote della fortuna, acura di O. Armanni, Firenze 1999.

San Leolino a Rignano. Storia e restauro,a cura del comitato per il restauro del-la Pieve di San Leolino, Firenze 2000.

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L. Fabbri, “Opus novarum gualcheriarum”:gli Albizzi e le origini delle Gualchiere diRemole, in «Archivio Storico italiano»,ccxxii, 2004, disp. iii, pp. 507-556.

N. Baldini, Nella bottega fiorentina diPietro Perugino. Una proposta per il

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G. Tigler, Il territorio di Firenze: sezio-ne 5, in Touring Club Italiano, L’Italia,3. Firenze e provincia, Milano 2005.

A. Monciatti, in R. Bellucci, M.Ciatti, C. Frosinini [volume sul re-stauro del “Crocifisso di Rosano” incorso di stampa, Firenze 2007].

225bibliografia essenziale / SHORT BIBLIOGRAPHY

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Bagno a RipoliChiesa di San Pietro a Ripoli 104, 191Chiesa di Santa Maria a Quarto 105, 192

Castelnuovo dei Sabbioni129, 147, 202, 208

Cavriglia127, 128, 147, 148, 201, 208

CompiobbiVilla Le Falle 106, 192

Convento di Montecarlo70, 127, 178, 201

Figline Valdarno132, 143, 144, 207Chiesa di San Francesco 121, 199Palazzo Pretorio 121, 199Santuario della Madonna del Ponterosso

119, 197

FirenzeChiesa di Badia a Ripoli 103, 104, 191Chiesa di San Pietro in Palco 103, 191

GavillePieve di San Romolo 125, 201

Incisa in Val d’Arno143Castello 114, 196Chiesa di San Lorenzo a Cappiano 118, 197

Chiesa di San Michele a Morniano 118, 197Convento dei Santi Cosma e Damiano

al Vivaio dei Frati Minori 116, 196Museo di Arte Sacra 115, 196Oratorio del Crocifisso del Castello 115, 196Pieve di San Vito a Loppiano 117, 197

Rignano sull’Arno111-113, 194-195Castello di Volognano 109, 110, 193Pieve di San Leonino 112, 194

RosanoAbbazia di Santa Maria 108, 193Chiesa di San Clemente a Sociana 113, 195Gualchiere di Remole 106, 107, 192, 193

San Giovanni Valdarno132, 149, 209Basilica di Santa Maria delle Grazie 23,

58, 88, 122, 164, 186, 200Casa di Masaccio 124, 200Chiesa di San Lorenzo 124, 200Palazzo di Arnolfo 23, 103, 123, 164, 200Pieve di San Giovanni Battista

Strada dei Sette Ponti133, 134, 142, 143, 203, 204

TorriChiesa di Santo Stefano 111, 194

VillamagnaPieve di San Donnino 105, 192

227

Indice dei luoghi / Index of places

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228museo della basilica di santa maria delle grazie

Albertinelli Mariotto 111, 194Andrea della Robbia 121, 199Arnolfo di Cambio 23, 200Beato Angelico (Guido di Piero) 27, 56,

63, 67, 68, 71, 115, 165, 173, 176, 177,179, 196

Bugiardini Giuliano 115, 196Buontalenti Bernardo 26, 59, 165, 174Calderini Giovanni di Papino 119, 198Cavalcanti Lazzaro detto il Buggiano

117, 197Cigoli Ludovico 115, 121, 196, 199Domenico di Francesco detto di

Michelino 62, 175Ferrati Vincenzo 26, 165Fidani Orazio 115, 196Fiorentino Pier FrancescoFrancesco d’Antonio 118, 122, 197, 199Giovanni da San Giovanni (Mannozzi

Giovanni) 26, 58, 80, 83, 125, 165, 174,183, 184, 200

Giovanni del Biondo 38, 169Giovanni della Robbia 26, 165Giovanni di Piamonte 52, 171Giovanni di Ser Giovanni, detto lo

Scheggia 42, 44, 58, 61, 124, 169, 170,174, 175, 200

Ghirlandaio Domenico 121, 199Holzmann Bernardo 76, 77, 78, 79, 181,

182, 183Jacopo di Arcangelo, detto del Sellaio

64, 176Laurentini Paolo 75, 180Luberto da Montevarchi 24, 165Luca della Robbia 117, 197Maestro di Figline 120, 121, 198, 199Mainardi Bastiano 118, 197Mariotto di Cristofano 40, 54, 169, 172Mariotto di Nardo 36, 106, 168, 192Masaccio (Tommaso di ser Giovanni

Cassai) 57, 173Morelli Salvatore 73, 179Nanni di Bartolo 50, 171Nasini Giuseppe Nicola 26, 85, 165, 185Nigetti Matteo 26, 165Pagani Gregorio 85, 185Paolo Schiavo (Paolo di Stefano

Badaloni) 46, 48, 170, 171Parigi Giulio 26, 165Puccini Bernardo 32, 33, 167, 168Rossellino Antonio 113, 195Sarri Egisto 119, 198

Indice degli artisti / Index of artists

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Indice

Presentazioni7 di Edoardo Speranza9 di Antonio Paolucci13 di Claudio Martini15 di Luciano Giovannetti17 di Paola Refice18 di Emanuele Bani

Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno

23 Museo della Basilica di Santa Maria delle Graziea San Giovanni Valdarnodi Paola Refice e Lucia Sacchetti LelliVisita al museo

31 • Ingresso e biglietteria34 • 1 - Sala 140 • 2 - Sala 260 • 3 - Sala 366 • 4 - Corridoio fra Sala 3 e Sala 467 • 5 - Sala 472 • 6 - Sala 590 • 7 - Sala 6

Itinerari103 Da Firenze al Museo della Basilica di Santa

Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarnodi Nicoletta Baldini

131 Artigianato artistico ed enogastronomia del Valdarno Superioredi Maria Pilar Lebole e Benedetta Zini

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155 Glossariodi Francesca Sborgi

163 English Version

Apparati / Apparatus223 Bibliografia essenziale / Short bibliography227 Indice dei luoghi / Index of places228 Indice degli artisti / Index of artists

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Finito di stampare in Firenzepresso la tipografia editrice Polistampa

Maggio 2007