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1 Celant, Germano, Una macchi- na visuale. L’allestimento d’arte e i suoi archetipi moderni, in Plaisant, Pasquale, Polano, Sergio (a cura di), «Rassegna», a. IV, giugno 1982, pp. 6-11. 3 LA GALLERIA, LA SALA E I NUOVI SPAZI DEDICATI ALL’ESPOSIZIONE 168 Nuove modalità ostensive. Il debito verso l’architettura moderna Afferma Germano Celant: « Che cos’è l’allestimento nel corso della sto- ria? Nell’Ottocento è l’evocazione di un luogo o di un ambiente, prefe- ribilmente di stampo borghese o museale, fatto con mezzi pittorici e volumetrici tradizionali. Dai salons parigini alle Expo universali, dal 1893 al 1902, via Vienna e Bruxelles, fino alle Biennali di Venezia e all’Esposizione di Torino, l’allestimento è decisamente un procedere ornamentale e illustrativo; indica un percorso o una situazione particola- re, fornisce una soluzione temporanea alle richieste del committente, artista o mercante, ma rimane sempre ancorato alla tradizione della pina- coteca classica o del deposito d’antiquariato. Lo scopo è quello di crea- re un supporto materiale e uno sfondo per un oggetto da vedere e da vendere. L’attitudine è quindi di far partecipare il pubblico ad una situa- zione ambientale conosciuta o desiderata, affinché acquisti. Pertanto i velluti alle pareti, le grandi piante, gli elaborati piedistalli, insieme alle pompose e barocche cornici, tendono a creare una memoria per la sacra- lità o una preziosità economica degli oggetti esposti. L’allestimento lavo- ra al servizio dell’esaltazione e della cerimonia della mostra, terreno di prestigio e di novità. Tuttavia non si può dire che i templi della spettaco- larizzazione non comportino un metodo espositivo. Questo è già presen- te e specifico, tanto che la sua articolazione si estende sino a toccare ed influenzare le avanguardie storiche» 1 . 3.3. Essenzialità di spazi e rarefazione quantitativa delle opere esposte 3.3.1. IV Esposizione parziale di indu- strie artistiche. Ceramica, arte vetraria, smalti, Palazzo delle Esposizioni, 1889, incisione.

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1 Celant, Germano, Una macchi-na visuale. L’allestimento d’arte e isuoi archetipi moderni, in Plaisant,Pasquale, Polano, Sergio (a curadi), «Rassegna», a. IV, giugno1982, pp. 6-11.

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Nuove modalità ostensive. Il debito verso l’architettura moderna

Afferma Germano Celant: « Che cos’è l’allestimento nel corso della sto-ria? Nell’Ottocento è l’evocazione di un luogo o di un ambiente, prefe-ribilmente di stampo borghese o museale, fatto con mezzi pittorici evolumetrici tradizionali. Dai salons parigini alle Expo universali, dal1893 al 1902, via Vienna e Bruxelles, fino alle Biennali di Venezia eall’Esposizione di Torino, l’allestimento è decisamente un procedereornamentale e illustrativo; indica un percorso o una situazione particola-re, fornisce una soluzione temporanea alle richieste del committente,artista o mercante, ma rimane sempre ancorato alla tradizione della pina-coteca classica o del deposito d’antiquariato. Lo scopo è quello di crea-re un supporto materiale e uno sfondo per un oggetto da vedere e davendere. L’attitudine è quindi di far partecipare il pubblico ad una situa-zione ambientale conosciuta o desiderata, affinché acquisti. Pertanto ivelluti alle pareti, le grandi piante, gli elaborati piedistalli, insieme allepompose e barocche cornici, tendono a creare una memoria per la sacra-lità o una preziosità economica degli oggetti esposti. L’allestimento lavo-ra al servizio dell’esaltazione e della cerimonia della mostra, terreno diprestigio e di novità. Tuttavia non si può dire che i templi della spettaco-larizzazione non comportino un metodo espositivo. Questo è già presen-te e specifico, tanto che la sua articolazione si estende sino a toccare edinfluenzare le avanguardie storiche»1.

3.3. Essenzialità di spazi e rarefazione quantitativa delle opere esposte

3.3.1. IV Esposizione parziale di indu-strie artistiche. Ceramica, arte vetraria,smalti, Palazzo delle Esposizioni,1889, incisione.

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La situazione alla fine del XIX secolo era quella indicata da Celant.Molti studiosi che si sono occupati dell’argomento sono concordi nelriconoscere sostanzialmente la stessa successione riconoscendo un ruoloparticolare alla costruzione del South Kensinghton Museum, conosciutopoi come Victoria and Albert Museum.

Sandro Ranellucci, nell’analisi degli avvenimenti che portarono allo svi-luppo della museografia degli anni ’50 in Italia, definisce i passaggi inmodo analogo e precisa il ruolo delle esposizioni: «Ancor prima che in

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3.3.2-3. Esposizione artistica di tessutie trine, Palazzo delle Esposizioni,1887, incisioni.

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realizzazioni specificamente museali, è noto, è in occasione di esposizio-ni nazionali o universali che si assiste in modi diversi di esporre.Dall’esigenza di costruire e di smontare strutture di rapida edificabilità,scaturisce l’evolversi di edifici più leggeri, ampi e luminosi.Tali modalità innovative, introdotte nelle prime grandi esposizioni, nonmancarono di esercitare influenze dirette sull’evoluzione degli allesti-menti museali.A seguito della Prima Esposizione Universale, realizzata a Londra nel1851, una testimonianza parziale dei prodotti dell’arte industriale fuospitata in un edificio creato per l’occasione, secondo criteri omogeneirispetto a quel tipo di manifestazione.Il museo, completamente diverso dalle tipologie più diffuse in queltempo, era ospitato in un’architettura di ghisa e vetro dal carattere utili-tario eppure in qualche modo monumentale. Prima denominato SouthKensington Museum, in seguito ridenominato Victoria and AlbertMuseum, esso costituì per molti aspetti un’anticipazione rispetto a tuttoil secolo successivo»2.

Le novità introdotte dal South Kensington Museum non riguardano solol’uso di nuovi materiali ma si concretizzano nella definizione di unadiversa tipologia per rispondere a modalità espositive. Lo spazio internodel museo subisce modificazioni perché cambia il rapporto tra il visita-tore e l’oggetto esposto.

Antonella Huber porta il limite temporale indietro di cinquant’anni, alla“Première Exposition des produits de l’Industrie Française”, conseguen-za, insieme all’industria della Rivoluzione Francese.

2 Ranellucci, Sandro, Allestimentomuseale in edifici monumentali,Edizioni Kappa, Roma 2005, p. 14.

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ESSENZIALITÀ DI SPAZI

3.3.4. Sala di architettura della PrimaBiennale romana, Palazzo delleEsposizioni, 1921, incisione.

Nella pagina precedente:

3.3.5. Prima mostra industriale dellacittà di Roma, Palazzo delleEsposizioni, 1890, incisione.

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3 Huber, Antonella, Il Museo italiano,Edizioni Lybra Immagine, Milano,1997, p. 39.

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Questa manifestazione presenta per la prima volta nuove modalità osten-sive legate a nuove architetture dedicate a questa funzione.«Una nuova architettura accompagnava l’avvento di questo nuovo mododi esibire: edifici leggeri, veloci da costruire e da smontare; Giedion lidefinirà “edifici transitori”, e del resto era lo scopo stesso a determinar-ne la forma. “La giustapposizione e il confronto vogliono spazi grandi eampi, uno sguardo panoramico vuole luce e apertura, la rappresentazio-ne di una disciplina richiede uniformità nella realizzazione affinché ilvisitatore non venga distratto dall’architettura”»3.La diretta emanazione dell’architettura del South Kensington, chiamatodapprima Museum of Ornamental Art, dalla manifestazione del CrystalPalace viene di nuovo ribadita; Henry Cole, membro del comitato pro-motore dell’esposizione universale del 1851, si occupò della costituzionedella collezione permanente in un primo momento collocata nella sedeprovvisoria nella Marlborough House.«Si trattava di una nuovissima tipologia museale perfettamente in sinto-nia con la cultura del tempo; era anche un’architettura museale assoluta-mente diversa da tutte quelle che l’avevano preceduta, ancora monumen-tale ma chiaramente “utilitaria”. Un’architettura di ghisa e vetro chesembrava dimenticare la grande stagione dei musei di ispirazione neo-classica. Il tempio si era trasformato in una macchina e non solo esterna-mente»4.Il South Kensington Museum diventa un modello. La scelta di porre alcentro l’uomo che si racconta attraverso la sua produzione e non le opered’arte rappresenta una novità accolta e diffusa in numerosissimi altrimusei. Attività per noi divenute usuali come le aperture serali e le conferenzevengono introdotte insieme a importanti novità tecnologiche, come laluce a gas. Il museo si avvicina al pubblico e alle sue necessità, lo rendepartecipe e meno distaccato nella semplice osservazione degli oggetti.Dalla maggiore presenza di pubblico deriverà, in alcuni casi, l’introdu-zione di sale di lettura e di posti di ristoro, altra novità divenuta consue-tudine nel museo moderno.

A Roma nel 1874 nasce il M.A.I, Museo Artistico Industriale, in funzio-ne di rilancio della piccola industria e dell’artigianato, già allora penaliz-zati rispetto alle realtà del nord Italia.A differenza delle realtà anglosassoni l’istituzione non viene adeguata-mente sostenuta e comincia un pellegrinaggio attraverso varie sedi prov-visorie e inadeguate alle finalità che si prefiggeva.Negli anni successivi l’interesse sembra risvegliarsi fino alla decisione dicreare un Museo Italiano d’Arte Industriale, ampliamento del M.A.I.,

3.3.6. Regio Museo ArtisticoIndustriale, sede di via Conte verde,Sesta sala, 1934 (foto ICCD N°E18442).3.3.7. Regio Museo ArtisticoIndustriale, Targa (foto ICCD N°E21178).3.3.8. Regio Museo ArtisticoIndustriale, pannello in ceramica rea-lizzati da Duilio Cambellotti e daisuoi allievi, Aula Magna ITIS GALILEI, 1921 c.

Nella pagina seguente:

3.3.9. Mostra artistica dei metalli,Palazzo delle Esposizioni, 1886, inci-sione, copertina de “L’illustrazioneitaliana”, anno XIII, n. 11, 14 marzo1886.

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4 Ibidem.

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con maggiori esposizioni ma anche incremento dell’offerta didattica,secondo l’esempio delle altre capitali europee.Contemporaneamente nasce il Museo Artistico Industriale di Napoli, ein altre città italiane erano già sorte collezioni e scuole dedicate all’argo-mento.Tramontata l’idea di dotare la capitale di una struttura di valore interna-zionale, le attività continuano con difficoltà dando vita comunque amostre, su intagli e intarsi, tessuti e merletti, oggetti artistici in vetro,metallo e ceramica, tenute al Palazzo delle Esposizioni.Tra gli allievi del M.A.I. personaggi come Giuseppe Cellini, DuilioCambellotti, Adolfo De Carolis, che, in modo analogo a quanto avvienenel Bauhaus, in seguito divengono i docenti delle varie officine.Dopo un ultimo tentativo di rilancio nel 1928, il declino procede fino aldefinitivo smembramento delle collezioni nel dopoguerra, disperse invari musei romani.La struttura realizzata a Roma che si avvicina maggiormente all’idea dicomunicazione con il pubblico e di rapporto dinamico tra oggetti e visi-tatore è il già citato Regio Museo Geologico dell’ingegner RaffaeleCanevari.L’edificio, debitore per il linguaggio all’architettura del ferro, proponespazi del tutto nuovi nel panorama romano, tanto più se si consideranole contemporanee realizzazioni in ambito espositivo.Le teche inclinate contenenti i minerali sono collocate nel grande spaziocentrale a doppia altezza illuminato dall’alto o nella sala a colonnine dighisa illuminata da finestre alte poste a ovest.È scontato osservare che l’argomento specifico del museo, la geologia, hastimolato in modo minore lo sviluppo di tutte le attività collaterali, veranovità del South Kensingthon, a differenza di come avrebbe potuto esse-re ad esempio in un museo di arte industriale.Le attività ludico-didattiche, fondamentali nei musei scientifici contem-poranei, trovano origine dal desiderio di comunicare al pubblico laragione della nascita dei “nuovi oggetti” industriali, mostrare le loro qua-lità, informare sul progresso della tecnologia; il desiderio di comunicaresembra divenire, nel museo contemporaneo, il primo obiettivo.

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ESSENZIALITÀ DI SPAZI

Raffaele Canevari, Museo del RegioUfficio Geologico, vista interna diuna sala, 1887.

3.3. 10-11. Raffaele Canevari, Museodel Regio Ufficio Geologico, 1887,immagini dello stato attuale.

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Le analogie tra l’esperienza di Albini e la scuola romana. Da Adalberto Libera a Costantino Dardi.

-L’intensa attività degli anni ‘30-Le esposizioni al circo Massimo-Il dopoguerra-Le esperienze di Minissi, Dardi, Sacripanti

Il ruolo degli allestimenti temporanei è ben chiarito nello scritto cheGiuseppe Pagano pubblica su Casabella Costruzioni nel 1941: «Uno deipiù efficaci veicoli per la conoscenza, la diffusione e la saggiatura delleidee che presiedono al gusto moderno è rappresentato dalle esposizioni[…] Sembrerebbe che, dal punto di vista della storia dell’arte, dovesse-ro essere più importanti degli avvenimenti più solidi e meno passeggeri,ma è pur vero che l’uomo, quando vuol saggiare una novità (anche sequesta novità sarà, dopo qualche anno, una verità accettata dalla maggio-ranza) preferisce far degli esperimenti in corpore vili, in occasioni prov-visorie.[…]Senza questa caratteristica, che diminuisce al minimo laresponsabilità economica dell’esperimento che giustifica le necessitàturistiche dell’avvenimento con la “generosa accettazione del nuovo”,che offre agli organizzatori l’occasione di aver sottomano e a buon prez-zo gli artisti più vivi e più discussi, che permette e fomenta la discussio-ne, la critica e la conseguente pubblicità, le esposizioni si trasformano inbanali ricostruzioni stilistiche, dove la prudenza architettonica malamen-te interpreta l’intenzione novatrice degli organizzatori. […] In questicasi, difatti, il “gusto nuovo” venne tollerato quasi come una necessitàpubblicitaria e l’architettura nuova, anziché diventare argomento diattenzione delle classi dirigenti (come avveniva allora in Germania, inSvezia, in Svizzera, in Olanda, nel Belgio e in Finlandia), dovette adattar-si ad entrare nella storia dell’arte moderna sotto l’equivoca denominazio-ne di “stile novecento”: stile affermatosi con iniziale coraggio nelle espo-sizioni, nelle fiere e nell’allestimento dei negozi»1.Sergio Polano nella premessa all’Antologia critica del suo fondamentaletesto sugli allestimenti, oltre a richiamare lo scritto di Pagano, cita ancheil giudizio di Edoardo Persico sulla sala 130 della IV Triennale di Milano:«La sala 130 può essere considerata come una delle opere più significa-tive che siano state create in Italia, secondo l’ordine dell’architetturamoderna»2.L’importanza delle esposizioni per lo sviluppo dell’architettura in quelparticolare periodo e in genere nelle successive fasi, non sembra essere indiscussione, ma richiama modalità già messe in atto.

1 Pagano, Giuseppe, Parliamo unpo’ di esposizioni, in «CasabellaCostruzioni», 1941, n. 159-160,marzo-aprile.2 Persico, Edoardo, La sala 130, in«La Casa bella», 1930, luglio.

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3.4.L’allestimento temporaneo inteso come campo di sperimentazione

3.4.1. Giuseppe Terragni, Palazzodelle Esposizioni, Mostra dellaRivoluzione Fascista, 1932, la sala O,Il 1922.

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Raffaello Giolli, sulle pagine di “Casabella”, parlando della Sala dellaVittoria di Persico ricorda come: «[…] l’architettura sia spesso costretta,quando vuole cambiare le sue misure contro l’abitudini della gente, alavorare in baracche provvisorie. Anche alcuni degli esperimenti piùrisolutivi dell’architettura barocca furon fatti in scenari per feste, vivi unasola giornata. Spesso i padroni del mondo consentono, in queste soleoccasioni, agli architetti nuovi, di “scherzare” in libertà. Così soltanto losi è permesso a Persico, in qualche sala d’esposizione»3.Come precisa Pagano nel 1941, infatti, la provvisorietà sembra consenti-re la sperimentazione più avanzata, la messa in atto, in occasioni nonmarginali, della nuova architettura che in Europa ha già cominciato amostrare la sua forza.Il fenomeno si era notato già a Milano, dove i contatti con l’Europa,Germania soprattutto, erano stretti e assidui. Proprio l’influenza diPersico e i viaggi in Germania e in Spagna, sono considerati causa fon-

3 Giolli, Raffaello, La sala dellaVittoria, in «Casabella», 1936, 102-103, giugno-luglio.

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3.4.2. Pietro Aschieri e Enrico DelDebbio, Palazzo delle Esposizioni, I Quadriennale, 1930, Salone d'Onore.3.4.3. Pietro Aschieri e Enrico DelDebbio, Palazzo delle Esposizioni, I Quadriennale, 1930, il bar.3.4.4. Pietro Aschieri e Enrico DelDebbio, Palazzo delle Esposizioni, I Quadriennale, 1930, la serra.

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damentale del cambiamento di rotta di Franco Albini, giovane e promet-tente architetto laureato nel 19294.L’attività di Albini durante gli anni trenta, è costituita in massima parteda padiglioni ed esposizioni progettati per varie occasioni; questa attivi-tà sarà determinante nella messa a punto del linguaggio architettonicoche caratterizzerà le opere del maestro brianzolo nel dopoguerra.Anna Maria Mazzucchelli nel 1934, sempre sulle pagine di “Casabella”,affronta la questione della dipendenza dalle tendenze europee delle saledell’esposizione dell’Aeronautica italiana e cerca di fornire una visioneglobale del cambiamento italiano, comprendendo nell’analisi la mostradella Rivoluzione fascista a Roma.Dice la Mazzucchelli: « La mostra è, generalmente, nello stile dell’archi-tettura moderna: il visitatore, prescindendo dall’argomento può compie-re quasi una rassegna delle tendenze dell’architettura europea, e dellaloro risonanza in Italia», e ancora più avanti: «Le tendenze più significa-tive del gusto all’esposizione dell’Aeronautica si possono riassumeresecondo questo criterio: le sale di Sironi, Baldessarri, Pratelli si riallaccia-no alla mostra della Rivoluzione, alla quale accenneremo più avanti, peri valori plastici della costruzione e la violenza dei giochi decorativi»5.L’analisi continua rilevando le analogie a questo o a quell’altro maestroeuropeo: Le Corbusier, Gropius, Mendelsohn, Breuer, Bonatz, fino aMel’nikoff e Kandinski, e mettendo in evidenza i diversi risultati nelle

4 Bucci, Fedrico, Rossari, Augusto (acura di), I musei e gli allestimenti diFranco Albini, Electa, Milano 2005,pp. 18-21, 78-124, 218-219.5 Mazzucchelli, Anna Maria, stile diuna mostra, in «Casabella», n. 80,agosto1934.

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3.4.5. Adalberto Libera e AntonioValente, Palazzo delle Esposizioni,Mostra della Rivoluzione Fascista,1932, sala U, il Sacrario dei Martiri.

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3.4.6. Mario Sironi, Palazzo delleEsposizioni, Mostra della RivoluzioneFascista, 1932, La marcia su Roma,sala Q.

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esposizioni romane e milanesi: « Se Gropius e Mel’nikoff, Breuer e LeCorbusier non sono ignoti ai giovani artisti italiani, bisogna notare che illoro merito sta appunto nell’aver rivissuto queste esperienze apportan-dovi tutto il peso della loro personalità, e della loro fede»6.

È opportuno avere presente la cronologia delle mostre e mettere in evi-denza quanto l’evoluzione dell’architettura delle esposizioni romane èstrettamente connessa alle contemporanee esperienze milanesi7. Negli anni immediatamente successivi alla realizzazione del padiglioneNestlè a Parigi, da parte di Le Corbusier, si diffonde la tendenza di uti-lizzare le mostre commerciali per mettere in pratica la “nuova architettu-ra”.La galleria della Grafica di Muzio e Sironi a Monza nel 1930 rappresen-ta forse il primo esempio, di tanti, nel quale non esiste più una separazio-ne tra gli oggetti esposti e il contenitore, ma ci si trova di fronte ad ununicum inscindibile di immagine, spazio e comunicazione di un messag-gio.In Italia si nota inoltre la presenza di una serie di istanze derivate sia dalCostruttivismo russo sia dall’Espressionismo tedesco, come già ricorda-to, senza dimenticare l’effetto del Futurismo, corrente artistica che mani-festa le sue idee nel campo delle esposizioni attraverso FortunatoDepero.La Mostra della rivoluzione fascista del 1932 rappresenta un momento diprima verifica e di confronto tra Milano, con Nizzoli e Terragni, e Roma,sede della mostra, con l’apporto importante di Adalberto Libera.L’anno successivo alla Triennale di Milano si ripropongono tematiche

6 Ibidem7 Cfr. Polano, Sergio, Mostrare,Edizioni Lybra Immagine, Milano1988; Plaisant, Pasquale, Polano,Sergio (a cura di), in «Rassegna», a.IV, giugno 1982.

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L’ALLESTIMENTO TEMPORANEO

3.4.7. Mario Paniconi, GiulioPediconi, Mostra augustea dellaromanità, Palazzo delle Esposizioni,1937, sala.

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analoghe con spunti nuovi e nuove soluzioni che troveranno manifesta-zione evidente nel 1934, durante la Mostra dell’aeronautica italiana.Pagano, Nizzoli e Persico dimostrano le possibilità delle nuove ideedando nuovo impulso alla ricerca delle forme espressive dell’esposizio-ne.La nuova Triennale del 1936 mette in scena un razionalismo italianoormai compiuto, che ha in questa occasione la giusta visibilità: Paganoordina la mostra dimostrando di nuovo un maggiore equilibrio tra i dif-ferenti riferimenti di partenza.Le mostre romane organizzate al Circo Massimo, in particolare quelledel Tessile e del Minerale, negli ultimi anni prima della guerra vedonoprotagonisti di nuovo Libera e De Renzi, ma anche Quaroni, Muratori eFariello e numerosi altri architetti che allestiscono i padiglioni come veree proprie piccole architetture.La mostra autarchica del Minerale italiano del 1938 rappresenta un veroe proprio antefatto dell’Esposizione internazionale E42: il direttore arti-stico, Cipriano Efisio Oppo, sarà di nuovo coinvolto con lo stesso ruoloe affiancato, per la parte architettonica, da Marcello Piacentini, che avràil compito di moderare le istanze architettoniche considerate troppomoderne e non adatte all’esaltazione del regime.I progettisti che partecipano nel 1939 ai concorsi per gli edifici dell’E42,sono di fatto gli stessi che l’anno prima avevano allestito i padiglioni dellamostra autarchica del Minerale italiano8.In molti casi le architetture ricalcano l’impostazione dei padiglioni consomiglianze molto marcate nell’aspetto formale e nell’allestimento.Le architetture dell’E42 risentono inevitabilmente delle indicazioni chePiacentini aveva imposto, con un conseguente abbandono delle impor-

8 Mostra autarchica del minerale ita-liano. Roma 1938.Direzione artistica: Cipriano EfisioOppo. Ufficio Tecnico: Mario DeRenzi, Giovanni Guerrini, MarioPaniconi e Giulio Pediconi.Padiglione dell’arte: GiovanniGuerrini. Padiglione dei combustibilisolidi: Eugenio Montuori e GiovanniGuerrini. Padiglione dei combustibililiquidi: Mario Paniconi e GiulioPediconi. Padiglione dei minerali fer-rosi: A. Luccichenti, V. Monaco e V.Ventura. Padiglione del piombo edello zinco: Franco Albini, GiuseppePalanti e Giacomo Minoletti.Padiglione dei minerali per la produ-zione dell’alluminio: F. Fariello, L.Quaroni, S. Muratori. Giardino d’in-verno: Cipriano Efisio Oppo.Padiglione del marmo: F. Fuselli eBruni. Padiglione dell’Africa orientaleitaliana: Carlo Enrico Rava e FrancoPetrucci. Padiglione dell’autarchia,ricerche ed invenzioni: ErnestoPuppo e Annibale Vitellozzi.Padiglione dello zolfo: G. Franzi e P.Lombardi. Padiglione dell’amianto:Annibale Vitellozzi. Padiglione delcemento: U. Luccichenti. Padiglionedel salgemma e del salmarino: G.Cancellotti e I. Mancini. Padiglionedella difesa della razza: S. Mezzina, F.Petrucci, P. Catalano. Padiglione delleacque minerali: G. Guerrini, S.Peressutti. Padiglione delle armi:Mario De Renzi. Padiglione scuoleprofessionali: V. Paladini, F. Tedeschi.Mostra della bonifica integrale: L.Bucci, F. Fariello, G. Guerrini, L.Quaroni, R. Nicolini, S. Muratori, F.Santini.

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L’ALLESTIMENTO TEMPORANEO

3.4.8-9. Mario De Renzi, , Padiglionedelle armi, Mostra autarchica delMinerale, Circo Massimo 1935,immagini dell’interno.3.4.10-11. Francesco Fariello,Ludovico Quaroni e SaverioMuratori, Padiglione dei minerali perla produzione dell'alluminio, Mostraautarchica del Minerale, CircoMassimo 1935, immagine dell’internoe disegni.3.4.12. Mario Paniconi e GiulioPediconi, Padiglione dei combustibililiquidi, Mostra autarchica delMinerale, Circo Massimo 1935,immagine dell’interno.

Nella pagina precedente:

3.4. 13. Mario De Renzi, , Padiglionedelle armi, Mostra autarchica delMinerale, Circo Massimo 1935,immagine notturna del fronte.3.4.14. Amedeo Luccichenti,Vincenzo Monaco e Vittorio Ventura,Padiglione dei minerali ferrosi,Mostra autarchica del Minerale, CircoMassimo 1935,

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tanti novità emerse in occasione delle mostre degli anni precedenti afavore di uno sterile e presunto monumentalismo.Molti progettisti, De Renzi in particolare, in osservanza alle indicazioniimposte, forniscono soluzioni progettuali molto meno ricche di spuntirispetto a quelle che solo un anno prima avevano proposto per la mostraal Circo Massimo9. Agnoldomenico Pica, protagonista diretto in quegli anni, analizza e com-menta a distanza di due decenni gli avvenimenti del periodo preso inconsiderazione.Nell’introduzione al fondamentale testo edito nel 1960 da Roberto Aloi,Esposizioni. Architetture-Allestimenti, Pica conclude il discorso conalcune fondamentali precisazioni relative al rapporto tra esposizioni effi-mere ed esposizioni museali: «Questo modo moderno della esposizionevalendosi della fotografia, della grafica e della scenotecnica di avanguar-dia, della moderna illuminotecnica è riuscito ad incastonare nell’ordinecartesiano del primo Le Corbusier e nella astratta purezza dei ritmiarchitettonici le suggestioni potenti dell’Espressionismo e l’ironia allusi-va del Surrealismo, ed è giunto proprio a creare una sorta di particolaris-sima e specializzata regia spettacolare, regia talmente suggestiva, raffina-ta, attenta che ha finito per farsi affidare perfino il riordino dei museid’arte antica.In effetti il problema del museo non è sostanzialmente altra cosa da quel-lo della esposizione, non vi è dunque da meravigliarsi se, specialmente inItalia e del resto con ottimi risultati, non si è esitato ad applicare ancheal museo la tecnica della esposizione: ne sono venute talora composizio-ni eccitanti che […] potremmo imputare a una sorta di Surrealismoambientale.Il discorso sulla attuale organizzazione architettonica dei musei è natu-

9 Cfr. il Padiglione delle Armi nellaMostra Autarchica del minerale italia-no con il progetto di concorso per ilMuseo delle Forze Armate all’E42.

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3.4.15. Paolo Portoghesi con M.Boudet, V. Gigliotti e R. Rubino,Mostra critica delle opereMichelangiolesche, Palazzo delleEsposizioni, 1964.

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ralmente un altro, implicando tutta un’altra serie di problemi, né inten-diamo impostarlo in questa sede.Qui ci premeva soltanto notare come, ormai senza sforzo e anzi conspontaneità, l’arte e la tecnica della esposizione siano potute entrare nelmuseo e nella galleria d’arte, il che, ove ancora occorresse, chiarirebbeveramente ad abundantiam quale e di quale incidenza sia stato il muta-mento che, nell’allestimento della esposizione, la modernità, in questiultimi quarant’anni, ha operato»10.

La guerra pose fine a questa tumultuosa successione di avvenimenti, omeglio, costringendo ad una riflessione riguardo tutta l’architettura nellanecessaria pausa dovuta a ben più pressanti problemi, preparò la stradaai successivi sviluppi.Nel dopoguerra, infatti, immediatamente si presentarono i problemilegati alla necessità della ricostruzione e tra questi, in secondo pianorispetto a quello della casa, la necessità di restituire ad una degna collo-cazione le numerosissime opere d’arte che durante la guerra erano statemesse in salvo o trafugate. In numerosissimi casi le sedi delle collezionirisultavano inutilizzabili o comunque non più adatte all’uso.Proprio in questa occasione si rivelarono fondamentali le esperienzematurate negli anni trenta.È sbagliato tuttavia pensare che il rapporto tra esposizioni effimere esperimentazione dell’architettura delle esposizioni, e dell’architettura insenso lato, instaurato in quel decennio, sia un’eccezione e non una moda-lità costante e continua.È opportuno quindi considerare anche le successive occasioni in cui, neldopoguerra, si ripresentano le stesse condizioni e opportunità.La Quadriennale di Roma, ad esempio, riprende le sue attività nel 1948,

10 Pica, Agnoldomenico, Esposizioni,in Aloi, Roberto, Esposizioni.Architetture – Allestimenti, Hoepli,Milano 1960, p.12.

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3.4.16. Paolo Portoghesi con M.Boudet, V. Gigliotti e R. Rubino,Mostra critica delle opereMichelangiolesche, Palazzo delleEsposizioni, 1964.

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non proponendo però, nelle successive edizioni, nessuna particolarenovità riguardo le modalità di allestimento, lasciando ad altri il compitodi offrire proposte concrete ai nuovi problemi.Come ricorda Silvio Pasquarelli: «Bisognerà giungere all’ultima edizione,la decima (1973), perché si vedano nuovamente delineati i temi cultura-li che fanno di un allestimento un momento di riflessione progettuale. Èben noto come dagli anni sessanta si assista ad una autentica fusione frai motivi agitati nell’universo delle arti figurative e le valenze più signifi-cative della cultura architettonica: il mezzo espressivo che caratterizzatale fusione è la mostra. In questo quadro va letta l’esperienza portata atermine nella Quadriennale da Costantino Dardi con la collaborazione diA. Zattera e G. Leoncilli Massi, che vede l’allestimento in funzione diduttile supporto alle molteplici sollecitazioni provenienti dal panoramadell’avanguardia contemporanea. […]La sensibilità del progettista a sin-tonizzarsi con le indicazioni dei curatori della mostra è espressa, in con-clusione, dall’allestimento: le varie tendenze del mostrare si trasformanoin tipologie di strutture espositive che, nella loro organizzazione spazia-le, devono tendere a restituire un compiuto e organico percorso attraver-so i vari momenti della mostra»11.Tralasciando l’esperienza della Quadriennale, a partire dagli anni ’50,non mancano a Roma importanti occasioni nelle quali i progettisti dimostre temporanee propongono felici soluzioni a temi allestitivi com-plessi12.Nel 1956 Palma Bucarelli, figura importantissima per il rilancio dellaGalleria Nazionale d’Arte Moderna e di tutto il movimento artisticoromano, chiama Carlo Scarpa a progettare l’allestimento della mostra suPiet Mondrian.La Bucarelli rappresenta in questa piccola occasione quello che perScarpa e Albini sono stati Licisco Magagnato e Caterina Marcenaro in

11 Pasquarelli, Silvio, LaQuadriennale di Roma, in “Rassegna”,n.10, anno IV, giugno 1982, pp. 55-61.12 1956, Mostra Piet Mondrian,Galleria nazionale d’arte moderna.Carlo Scarpa. (S.P.-Mostrare, p. 21, p.47); 1964, Mostra critica delle opereMichelangiolesche. Galleria nazionaled’arte moderna. Paolo Portoghesi conM. Boudet, V. Gigliotti e R. Rubino.(S.P.-Mostrare, p. 35); 1973, XQuadriennale. Palazzo delleEsposizioni. Costantino Dardi. (S.P.-Rassegna, p. 61); 1975, MostraMajakovskij, Mejerchol’d,Stanislavskij. Palazzo delle Esposizioni.Maurizio Di Puolo, (S.P.-Rassegna, p.82), (S.P.-Mostrare, p. 35); 1975,Mostra Tesori d’arte sacra di Roma edel Lazio. Palazzo delle Esposizioni.Maurizio Di Puolo. (S.P.-Rassegna, p.82), (S.P.-Mostrare, p. 35); 1978,Mostra Alberto Savinio. Palazzo delleEsposizioni. Costantino Dardi e AriellaZattera. (S.P.-Rassegna, p. 79); 1978,Mostra Il teatro della Repubblica diWeimar e Erwin Piscator. Palazzodelle Esposizioni. Maurizio Di Puolo.(S.P.-Rassegna, p. 82); 1978, MostraRoma Interrotta. Mercati Traianei.Franco Raggi e Daniela Puppa. (S.P.-Rassegna, p. 82); 1979, MostraL’avanguardia polacca, Palazzo delleEsposizioni. Maurizio Sacripanti. (S.P.-Mostrare, p. 22), (S.P.-Rassegna, p.82); 1979, Mostra Piranesi nei luoghidi Piranesi. Castel Sant’Angelo.Roberto Einaudi. (S.P.-Rassegna, p.81); 1981, Mostra Oro del Perù.Cortile del Palazzo dei Conservatori inCampidoglio. Maurizio Di Puolo. (S.P.-Rassegna, p. 82); 1981, MostraInventario di una psichiatria. PalazzoBraschi. Costantino Dardi. (S.P.-

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3.4.17-19. Carlo Scarpa, allestimentodella mostra “Piet Mondrian”,Galleria Nazionale d’Arte Moderna1956, immagini della mostra.

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ben altre e più famose occasioni; lei stessa ricorda e commenta la preoc-cupazione di dover coniugare la monumentalità di un edificio del 1911con il linguaggio asciutto di Mondrian, lasciando che ogni quadro fosselibero di esprimere la sua forza.: «[…] L’avvio alla mostra fu dato da uncorridoio creato con una fine tela grezza tesa su telai, che s’inizia con unatettoia composta in modo da favorire un gioco di luce semplice ed ele-gantissimo . Il corridoio prepara l’animo dell’osservatore al primo qua-dro che si scorge in fondo. Ma poiché quel quadro è ancora del tuttoottocentesco e naturalistico, Scarpa aprì all’ inizio del corridoio un vanorettangolare attraverso il quale si poteva gettare un’occhiata nel salone eintravedere il “Broadway Boogie Woogie”, cioè il punto d’arrivo dellosviluppo dell’artista. I pannelli delle sale sono assai semplici, di grossatela grezza montata su telai e imbevuta di un impasto di calce e gesso chelascia in alcuni punti trasparire la trama creando una superficie viva,senza eccessiva ricerca di raffinatezza ma neppure di rusticità. Il visitato-re, pur muovendosi liberamente, si trova ogni volta di fronte ad un qua-dro solo, il quale conserva così tutto il suo prestigio poetico ed anzi neacquista particolare risalto. Per un direttore di museo affidare l’allestimento di una mostra a unarchitetto crea un poco la preoccupazione che, come avviene qualchevolta per la regia di un’opera teatrale, l’estro dell’architetto trascinatodalle proprie creazioni rischi di soffocare il testo e che la presentazionediventi essa la protagonista »13.

Rassegna, p. 76, 78); 1982, Mostra ’68-’77. Mura Aureliane. CostantinoDardi. (S.P.-Rassegna, 78).13 Bucarelli, Palma, in“L’architettura”, n. 17, marzo 1967,p. 43.

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3.4.20. Carlo Scarpa, allestimentodella mostra “Piet Mondrian”,Galleria Nazionale d’Arte Moderna1956,schizzo.

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Scarpa interviene sullo spazio esistente e lo piega alle necessità dell’espo-sizione con pochi sapienti tocchi. Toglie i velari perché intuisce che laluce che penetra ha una buona qualità e si limita a schermare i lucerna-ri con strisce di tela bianca, per coprire il disegno dei telai in ferro.L’altezza dei pannelli proporziona le sale a misura d’uomo e la stesura diuna riga bianca tra la volta e i pannelli stessi crea un legame tra l’allesti-mento e l’ambiente che l’accoglie. Il colore delle pareti deriva dalla vela-tura, non coprente, dell’intonaco grezzo segnato dalle tinteggiature pre-cedenti, dopo che il colore esistente è stato grattato perché giudicato ina-datto.Le grandi porte in travertino sono uniformate con tinta bianca e i varchiacquistano diverse proporzioni grazie ad un piano di legno posto ai dueterzi dell’altezza.

La Sovrintendente pone l’accento su come l’architetto veneziano riesca acomporre in pianta i pannelli nel grande spazio della Galleria secondo

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3.4.21. Maurizio Sacripanti, allesti-mento della mostra “5 miliardi dianni. Ipotesi per un museo dellascienza”, Palazzo delle Esposizioni1981, immagine dello spazio centrale.

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un percorso che permette l’isolamento delle opere ma allo stesso temporiesce a mantenere l’unità dell’insieme. I traguardi lasciati sapientemen-te tra i pannelli ortogonali lasciano ininterrotto il filo di Arianna del-l’esposizione in un lungo piano sequenza.La qualità delle singole opere emerge così con tutta la poetica diMondrian. L’eccezionale lettura scarpiana trova la sua materialità nelcomplesso di dispositivi messi in atto per l’allestimento: i supporti metal-lici, i pannelli espositivi, le connessioni, la zoccolatura, « Più che un alle-stimento, si tratta di un vero e proprio commento critico»14.La realizzazione di questa mostra, per l’importanza e l’eco che ebbe, nonpoteva non creare un effetto positivo sull’architettura delle esposizioni,anche se il genio del Maestro fu propriamente riconosciuto da tutti sol-tanto in un secondo momento.Quasi in contemporanea alla mostra di Scarpa iniziano a manifestarsi leidee di Franco Minissi, messe in atto in numerose mostre temporanee enel nuovo allestimento del Museo Etrusco di Villa Giulia, nel quale l’ar-chitetto opera una vera e propria riprogettazione dello spazio interno delmuseo alla luce delle esigenze espositive.Volendo fare una sintesi, si può dire che in alcune occasioni emergacostante un’impostazione, nell’allestire le mostre, che deriva inevitabil-mente dalle esperienze fin qui ricordate; la stessa impostazione, lo stessorapporto tra spazio e oggetto esposto sperimentato nelle mostre, vieneapplicato nella definizione degli spazi museali che gli stessi architetti sitrovano a progettare.A proposito di un altro architetto molto attivo in ambito romano, si puòricordare come: «[…] l’allestimento di una mostra è per Sacripanti

14 Ibidem.

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3.4.22-23. Maurizio Sacripanti,Museo della Scienza, lungoteveredella Moretta 1982, schizzi di studio.

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un’occasione progettuale non dissimile dalle altre, forse solo meno densadi vincoli. Non a caso la struttura metallica dell’Avanguardia polaccaevoca il “mondo tecnologico” del Teatro di Cagliari e del Museo diPadova»15.Proprio una mostra fornisce all’architetto romano l’idea da sviluppareper un museo della scienza a Roma, progettato nel 1983 in un’area vuotatra ponte S. Angelo e Palazzo Farnese per iniziativa dell’assessore al cen-tro storico Carlo Aymonino16. Le modalità di approccio nell’opera di Maurizio Sacripanti sono chiara-mente espressi in quello che dice Achille Perilli, curatore della mostrasulla Avanguardia polacca: «Una struttura metallica, un ponte lanciato trale colonne dell’atrio monumentale del Palazzo delle Esposizioni diRoma, apre come un segnale/simbolo la mostra dell’Avanguardia polac-ca così come la ricostruzione fantastica di un buco nero, un enorme anel-lo di Moebius, riempie lo stesso spazio per la mostra 5 miliardi di anni.Ipotesi per un museo della scienza. […] Funzionale, l’allestimento diSacripanti non mortifica gli oggetti sovrapponendosi, ma si proponecome struttura interpretativa tendente a mettere a fuoco i valori reali del-l’esposizione […] contrappone dialetticamente il mondo costruttivista ele macchine dadasurrealistiche di Tadeus Kantor: le strutture metalliche,che nella parte costruttivista si propongono come un continuum esposi-tivo con le opere esposte, assumono il ruolo, con le opere di Kantor (pit-tura, oggetti, machineries), di suggeritori di spazi teatrali, in uno scorre-re di momenti diversi, tra un’immagine e un’altra.[…] la sua idea espo-sitiva assume un atteggiamento e un rapporto con le opere che è chiara-mente parziale e dettato da una partecipazione attiva e da una scelta,

15 Gatti, Ilaria, Rossi, Piero Ostilio,Allusione e Illusione, in “Rassegna”,n. 10, anno IV, giugno 1982, p. 76.16 Per approfondire cfr. Neri, MariaLuisa, Thermes Laura, con Giancotti,Alfonso, Serafini, Carlo, (a cura di),Maurizio Sacripanti. Maestro diArchitettura 1916-1996, GangemiEditore, Roma 1998, pp. 160-164.

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3.4.24. Costantino Dardi, Terza sezio-ne della X Quadriennale, Palazzodelle Esposizioni 1973, assonometriadal basso del progetto.

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direi addirittura da un amore verso talune parti della mostra a preferen-za di altre, quasi una prima lettura critica offerta al pubblico»17.La frase di chiusura riecheggia quello che Palma Bucarelli dice a propo-sito di Scarpa.Per concludere il discorso si può dare il giusto risalto alle parole diCostantino Dardi, che oltre alla già citata esperienza nella Quadriennaleè stato protagonista con numerose mostre a Roma e con la sua attività diprogettista e teorico.«L’arte della mostra è stata vista molto spesso come occasione, per l’ar-chitetto, di aggiungere, disporre, sovrimporre un’altra opera, la sua, alleopere che sono oggetto della mostra stessa. Oppure di ribadire il conte-nuto di questa assumendone un elemento o un frammento e riproponen-dolo ribadito, ingrandito, deformato o iterato attraverso un procedimen-to di piazzamento coatto che alla fine lo ripresenta come riflessione cari-caturale dell’immagine originaria»18. In queste parole è chiara la criticaad un atteggiamento comune in molti architetti, con l’indicazione dellagiusta strada da percorrere: «Forse l’arte della mostra dovrebbe più cor-rettamente proporsi l’obiettivo di coordinare i rapporti tra le opere e glispazi e delle opere tra loro, organizzando la sequenza della lettura e dellapercezione, istituendo opportunità di analisi e relazioni»19.I rapporti tra le opere e gli spazi e delle opere tra loro, in una sequenzadi lettura e percezione, in sintesi “l’architettura”: «D’altra parte è neces-sario organizzare un sistema di relazioni visive, figurali, cromatiche, spa-ziali tra le diverse opere che, inevitabilmente, non può essere neutrale ma

17 Gatti, Ilaria, Rossi, Piero Ostilio,Allusione e Illusione, in “Rassegna”,n. 10, anno IV, giugno 1982, p. 76,cfr. anche Neri, Maria Luisa, ThermesLaura, con Giancotti, Alfonso,Serafini, Carlo, (a cura di), MaurizioSacripanti. Maestro di Architettura1916-1996, Gangemi Editore, Roma1998, pp. 158-159.18 Ibidem.19 Ibidem.

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3.4.25. Costantino Dardi, allestimentodella mostra “Funzione e senso.Architettura/Casa/Città. Olanda1870-1949”, Palazzo delle Esposizioni1979, pianta del progetto.3.4.26. Costantino Dardi, CostantinoDardi, Terza sezione della XQuadriennale, Palazzo delleEsposizioni, assonometria.

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non deve neppure costituire un’opera in più che si aggiunge e sovrappo-ne a quelle esposte: la configurazione degli spazi deve saper allora cali-brare i rapporti, suggerire i percorsi, graduare la luce, in una parola faredell’architettura senza sottrarre attenzione alle opere stesse»20.

20 Ibidem.

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3.4.27. Piero Sartogo, allestimentodella mostra “Vitalità del negativo”,Palazzo delle Esposizioni 1971, plastico.

Alla pagina precedente:

3.4.28. Maurizio Di Puolo, allesti-mento della mostra “Majakovskij,Mejerchol'd, Stanislavskij”, Palazzodelle Esposizioni 1975, schizzo del progetto, pianta.3.4.29. Maurizio Di Puolo, allesti-mento della mostra “Majakovskij,Mejerchol'd, Stanislavskij”, Palazzodelle Esposizioni 1975, immagine diuna delle sale.