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VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO 5.4.1 Introduzione Questo capitolo prende in esame i trattamenti necessari alla trasportabilità e alla distribuzione del gas naturale, con- siderando i principali processi di purificazione del gas e le relative apparecchiature sia nel caso di produzione da gia- cimenti a gas sia nel caso di gas associato al greggio. Nel caso particolare di produzione da giacimenti a gas con- densato, la fase vapore e il suo trattamento verranno ana- lizzati in questo capitolo, mentre la fase liquida e il relati- vo trattamento sono stati trattati nel cap. 5.3. La presente trattazione si riferisce alle apparecchia- ture di superficie, che vanno dalle teste pozzo d’eroga- zione (escluse) alla consegna ai gasdotti di trasporto e distribuzione. Tali apparecchiature comprendono gli impianti di separazione gas-liquido, quelli di disidrata- zione, degasolinaggio e addolcimento e quelli per la rimo- zione di altre sostanze presenti nel gas quali i mercap- tani e il mercurio. Tenendo presente il grande sviluppo del trasporto di gas naturale liquefatto, in questo capitolo verranno descrit- ti i pretrattamenti necessari alla liquefazione, oltre natu- ralmente ai processi di liquefazione. Le caratteristiche chimico-fisiche del gas naturale sono legate alla sua origine e alla sua composizione. Que- st’ultima, però, salvo particolari casi, non influenza in modo marcato né il trattamento né il trasporto. Per que- sta ragione non verrà presa in considerazione l’origine del gas. In particolare, la composizione chimica e le per- centuali più o meno elevate di idrocarburi superiori in esso presenti non incideranno sulle considerazioni rela- tive ai processi esaminati. Pertanto non sarà fatta distin- zione tra gas secco (dry gas), gas condensato e gas asso- ciato al greggio. È invece importante notare che le apparecchiature di superficie necessarie alla manipolazione e alla purifica- zione del gas naturale non sempre sono uguali a quelle utilizzate per trattare il gas di raffineria e il gas di sintesi. Il gas naturale contiene idrocarburi superiori, dalle paraffine agli aromatici, ai nafteni; non contiene invece, al contrario dei gas di raffineria e di sintesi, le olefine. Per quanto concerne gli inquinanti, il gas naturale può contenere una vasta gamma di composti che posso- no conferirgli caratteristiche negative sia per il traspor- to sia per la distribuzione. Il principale componente non idrocarburico conte- nuto nel gas naturale è l’acqua che viene rimossa median- te la disidratazione, il processo di trattamento più comu- ne nella produzione di gas naturale. Nel cap. 5.3, relativo al trattamento dell’olio, sono state esaminate le caratteristiche dell’acqua presente in un flui- do di giacimento. Nel caso specifico del gas, l’acqua di strato ha una salinità inferiore a quella che si riscontra comunemente nei campi a olio; ciononostante la presen- za di cloruri nell’acqua prodotta con il gas va esaminata e trattata con cura per ridurre al minimo o meglio evitare l’inquinamento che essa provoca nei processi di purifica- zione del gas stesso. Mentre la presenza di acqua libera in un olio è accet- tabile se in quantità ridotte, nel gas questo componente deve essere rimosso totalmente, per evitare la formazione di con- densa nelle condizioni di trasporto e di distribuzione più critiche cioè a pressione elevata e a bassa temperatura. Il parametro che definisce tale condizione è il punto di rugia- da in acqua, ovvero la temperatura, a una data pressione, alla quale si forma la prima goccia di acqua condensata. Il gas naturale può contenere gas inerti come azoto, N 2 , ed elio, He. In generale la loro presenza è accettabi- le entro i limiti di variabilità del potere calorifico. Spesso il gas naturale contiene biossido di carbonio, CO 2 , e questo composto è tollerato a valori più o meno elevati, previa disidratazione del gas stesso; esso infatti può conferire una notevole acidità al gas combinandosi con l’eventuale acqua di condensa. Non è invece tollerata la presenza di solfuro di idro- geno, H 2 S, che spesso è presente nel gas insieme ad altri 681 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

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Page 1: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

5.4.1 Introduzione

Questo capitolo prende in esame i trattamenti necessarialla trasportabilità e alla distribuzione del gas naturale, con-siderando i principali processi di purificazione del gas e lerelative apparecchiature sia nel caso di produzione da gia-cimenti a gas sia nel caso di gas associato al greggio. Nelcaso particolare di produzione da giacimenti a gas con-densato, la fase vapore e il suo trattamento verranno ana-lizzati in questo capitolo, mentre la fase liquida e il relati-vo trattamento sono stati trattati nel cap. 5.3.

La presente trattazione si riferisce alle apparecchia-ture di superficie, che vanno dalle teste pozzo d’eroga-zione (escluse) alla consegna ai gasdotti di trasporto edistribuzione. Tali apparecchiature comprendono gliimpianti di separazione gas-liquido, quelli di disidrata-zione, degasolinaggio e addolcimento e quelli per la rimo-zione di altre sostanze presenti nel gas quali i mercap-tani e il mercurio.

Tenendo presente il grande sviluppo del trasporto digas naturale liquefatto, in questo capitolo verranno descrit-ti i pretrattamenti necessari alla liquefazione, oltre natu-ralmente ai processi di liquefazione.

Le caratteristiche chimico-fisiche del gas naturalesono legate alla sua origine e alla sua composizione. Que-st’ultima, però, salvo particolari casi, non influenza inmodo marcato né il trattamento né il trasporto. Per que-sta ragione non verrà presa in considerazione l’originedel gas. In particolare, la composizione chimica e le per-centuali più o meno elevate di idrocarburi superiori inesso presenti non incideranno sulle considerazioni rela-tive ai processi esaminati. Pertanto non sarà fatta distin-zione tra gas secco (dry gas), gas condensato e gas asso-ciato al greggio.

È invece importante notare che le apparecchiature disuperficie necessarie alla manipolazione e alla purifica-zione del gas naturale non sempre sono uguali a quelleutilizzate per trattare il gas di raffineria e il gas di sintesi.

Il gas naturale contiene idrocarburi superiori, dalleparaffine agli aromatici, ai nafteni; non contiene invece,al contrario dei gas di raffineria e di sintesi, le olefine.

Per quanto concerne gli inquinanti, il gas naturalepuò contenere una vasta gamma di composti che posso-no conferirgli caratteristiche negative sia per il traspor-to sia per la distribuzione.

Il principale componente non idrocarburico conte-nuto nel gas naturale è l’acqua che viene rimossa median-te la disidratazione, il processo di trattamento più comu-ne nella produzione di gas naturale.

Nel cap. 5.3, relativo al trattamento dell’olio, sono stateesaminate le caratteristiche dell’acqua presente in un flui-do di giacimento. Nel caso specifico del gas, l’acqua distrato ha una salinità inferiore a quella che si riscontracomunemente nei campi a olio; ciononostante la presen-za di cloruri nell’acqua prodotta con il gas va esaminatae trattata con cura per ridurre al minimo o meglio evitarel’inquinamento che essa provoca nei processi di purifica-zione del gas stesso.

Mentre la presenza di acqua libera in un olio è accet-tabile se in quantità ridotte, nel gas questo componente deveessere rimosso totalmente, per evitare la formazione di con-densa nelle condizioni di trasporto e di distribuzione piùcritiche cioè a pressione elevata e a bassa temperatura. Ilparametro che definisce tale condizione è il punto di rugia-da in acqua, ovvero la temperatura, a una data pressione,alla quale si forma la prima goccia di acqua condensata.

Il gas naturale può contenere gas inerti come azoto,N2, ed elio, He. In generale la loro presenza è accettabi-le entro i limiti di variabilità del potere calorifico.

Spesso il gas naturale contiene biossido di carbonio,CO2, e questo composto è tollerato a valori più o menoelevati, previa disidratazione del gas stesso; esso infattipuò conferire una notevole acidità al gas combinandosicon l’eventuale acqua di condensa.

Non è invece tollerata la presenza di solfuro di idro-geno, H2S, che spesso è presente nel gas insieme ad altri

681

5.4

Impianti di trattamentodel gas prodotto

Page 2: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

composti solforati come i mercaptani. Mentre il conte-nuto del primo composto deve essere ridotto a valori tra-scurabili a causa della sua tossicità, il contenuto limitedi altri composti solforati (zolfo totale) è più elevato.

Un altro composto spesso presente nel gas è il mer-curio, Hg, che è presente in forma elementare o in alcunisuoi composti tra cui il più frequente è il solfuro, HgS. Lapresenza di questo metallo pesante nel gas può creare note-voli problemi, non tanto nella produzione e nelle reti diraccolta del gas stesso, quanto negli eventuali trattamen-ti di degasolinaggio e di liquefazione. Infatti alle bassetemperature il mercurio elementare passa dalla fase gas-sosa, in cui si presenta nel giacimento, alla fase liquida equesta condizione deve essere evitata mediante un oppor-tuno trattamento del gas.

Infine, il gas prodotto può contenere particelle soli-de di varia origine, come sabbia o argilla colloidale, tra-scinate dal giacimento da cui viene prodotto, oppure pro-dotti di corrosione. Questi solidi sospesi devono essereeliminati per rendere commerciabile il gas.

5.4.2 Specifiche del gas di vendita

Potere calorifico e indice di WobbeGran parte del gas prodotto trova la sua utilizzazio-

ne come combustibile per usi civili e come tale vienedistribuito agli utenti mediante apposite reti.

Per questo utilizzo il potere calorifico del gas deveavere un campo limitato di variabilità. In generale nel-l’analisi di compatibilità e di intercambiabilità tra varitipi di gas si usa come parametro di riferimento il pote-re calorifico superiore del metano (9.001,6 kcal/Sm3),essendo quest’ultimo di gran lunga predominante nellaproduzione di gas naturale. Il campo di variabilità delpotere calorifico in generale non deve superare il �10%.Questo dato, abbastanza grossolano, da solo serve a defi-nire il contenuto di inerti (N2, CO2, He, ecc.) accettabi-li per la commerciabilità di un gas naturale.

Nel gas naturale possono essere presenti anche idro-carburi superiori (etano, propano, butani, ecc.), caratte-rizzati da un potere calorifico molto più elevato di quel-lo del metano; il contenuto di inerti e di idrocarburi supe-riori può quindi determinare una notevole variabilità, purmantenendo il vincolo sopra esposto.

Nel controllo della combustione, oltre al potere calo-rifico, è importante anche un altro parametro del gas: ladensità specifica riferita all’aria. Per semplicità si puòaffermare che l’effetto combinato dei due parametri finqui descritti nella combustione del gas può essere ricon-dotto a un unico parametro detto indice di Wobbe e defi-nito come PCS/ds0,5, dove PCS è il potere calorifico supe-riore e ds la densità specifica della miscela di gas inesame. Nel caso del metano assunto come riferimento,l’indice di Wobbe è pari a 12.094,8 kcal/Sm3.

Nella valutazione della compatibilità di un gas per lasua immissione in una rete di distribuzione è più correttoriferirsi, anziché al più semplice potere calorifico, all’in-dice di Wobbe sopra definito. Il campo di variabilità comu-nemente accettato in quest’ultimo caso è dell’ordine di� 5%. Come si può facilmente notare questa specifica ènotevolmente più restrittiva della precedente, soprattuttoper la conseguente limitazione determinata dalla percen-tuale massima d’inerti consentita.

Nel trattamento del gas, la specifica sopra descritta èdi fondamentale importanza in quanto è alla base dei trat-tamenti che il gas deve subire per essere commerciabile.

Punto di rugiada in acqua e in idrocarburiCome accennato, il gas deve essere trasportato con

lunghi gasdotti e successivamente inviato alle utenzemediante reti di distribuzione. Il trattamento del gas vienerealizzato a monte del sistema di trasporto e di distribu-zione. La rete di distribuzione non prevede infatti alcuntrattamento ma solo riduzioni di pressione; per questomotivo il gas deve rispettare delle specifiche tali da garan-tire che in tutte le fasi di trasporto e distribuzione non siverifichino condizioni di condensazione d’acqua e/o idro-carburi. È evidente che le specifiche suddette variano infunzione del territorio attraversato. Spesso le condizio-ni di punto di rugiada (dew point) in acqua e in idrocar-buri dipendono anche dal particolare trattamento suc-cessivo a cui deve essere sottoposto il gas. Come si vedràin seguito, il gas può essere trattato per recuperare gliidrocarburi superiori o addirittura può essere liquefattoper essere trasportato a pressione atmosferica con navimetaniere. In questi casi il gas deve subire un processodi refrigerazione più o meno spinta; di conseguenza piùo meno spinto sarà l’abbassamento richiesto del puntodi rugiada in acqua e in idrocarburi.

Solitamente le due specifiche comportano due valo-ri diversi anche se intuitivamente si potrebbe pensare adun unico valore. Le ragioni di questa differenza sono didue tipi. Come verrà evidenziato oltre, una condensa-zione d’acqua anche molto modesta in una linea di tra-sporto o nel trattamento del gas può provocare problemi,come l’ostruzione della linea stessa, molto più importantidi quelli causati dalla modesta condensazione di soli idro-carburi. Per questa ragione i margini operativi per la con-densazione d’acqua devono essere più elevati. Un secon-do motivo è legato al particolare comportamento dell’e-quilibrio bifase gas-idrocarburi liquidi rispetto a quellogas-acqua. Quest’ultimo ha un andamento univoco dellasaturazione in funzione della pressione. A parità di con-tenuto d’acqua, quanto più è elevata la pressione tantomaggiore è la temperatura di rugiada. Nel caso degli idro-carburi il comportamento è più complesso e la saturazionee/o la condensazione hanno un andamento non univocorispetto alla pressione. La curva di fase rappresentata nellafig. 1 mostra come la temperatura di condensazione, nel

682 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

Page 3: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

campo delle pressioni più basse, aumenti all’aumenta-re della pressione fino a un valore massimo (cricon-denterma), mentre al di sopra di tale valore l’andamentodella temperatura di rugiada in funzione della pressio-ne si inverte e a un aumento della pressione corrispon-de una diminuzione della temperatura di rugiada. Que-sto campo di pressioni al di sopra della cricondenter-ma viene per questo definito zona di condensazioneretrograda (v. cap. 4.2). In questa condizione a una ridu-zione di pressione corrisponde, a temperatura costan-te, una condensazione di idrocarburi liquidi anzichéuna sottosaturazione.

Quanto sopra descritto spiega il motivo per cui neldefinire la specifica di dew point in idrocarburi non cisi riferisce, come per l’acqua, a una pressione prefissa-ta, ma a tutto il campo di pressioni a partire da quellaatmosferica. La specifica di dew point in acqua vienepiù comunemente definita come contenuto d’acqua nelgas. Ovviamente il dew point in idrocarburi non può esse-re tradotto in un contenuto prefissato.

Contenuto di gas inerti (CO2 e N2)La concentrazione di biossido di carbonio (CO2) può

essere abbastanza elevata senza interferire con il vinco-lo principale relativo all’indice di Wobbe.

In sostanza il contenuto massimo ammissibile di CO2è legato al contenuto massimo ammissibile di inerti tota-li (generalmente CO2�N2). Dal momento che, come sivedrà nei trattamenti di purificazione necessari all’otte-nimento della qualità richiesta, è più facile rimuovere ilbiossido di carbonio che non l’azoto, si preferisce, perquanto possibile, lasciare invariato quest’ultimo e rimuo-vere il CO2 fino a raggiungimento dell’indice di Wobberichiesto e/o del contenuto massimo di inerti totali. Ingenerale contenuti di CO2 fino al 2-3% mol sono accet-tabili; il contenuto di inerti totali, CO2�N2, non dovreb-be eccedere il 6,5% mol.

Contenuto massimo di solfuro di idrogeno (H2S)Il contenuto massimo accettato per le reti di distribu-

zione negli Stati Uniti e in America settentrionale è di 1/4grain/102 Sft3�5,74 mg/Sm3�4,0 ppm in volume; valo-ri uguali sono generalmente accettati anche in Europa.Tale contenuto, molto basso, dimostra come la rimozio-ne del solfuro di idrogeno debba essere pressoché totale.

È bene notare che nei processi di addolcimento delgas si ha contemporaneamente una rimozione significa-tiva anche del biossido di carbonio.

Contenuto di zolfo totaleNon essendo legato a problemi di sicurezza, ma solo

alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, il conte-nuto di zolfo totale, che molto spesso coincide con quel-lo dello zolfo mercaptanico, è di 17 mg/Sm3, quindi moltopiù elevato di quello del solfuro di idrogeno. Molti pro-cessi di rimozione del solfuro di idrogeno e dei gas acidiin generale hanno solo una modesta incidenza nella rimo-zione dei mercaptani e quindi dello zolfo totale. Moltospesso un gas naturale che ha un alto contenuto in sol-furo di idrogeno contiene anche quantità non trascura-bili di mercaptani che debbono essere ridotte fino allapredetta specifica con un trattamento adeguato.

Discorso analogo vale per i gas di petrolio liquefat-ti (GPL) ottenuti dal trattamento di degasolinaggio delgas. Per quanto riguarda il solfuro di idrogeno, i GPLdevono rispettare una specifica simile a quella previstaper il gas; per quanto riguarda invece i mercaptani, i GPL,essendo usati anche per autotrazione, devono rispettarela stessa specifica della benzina e superare il cosiddettoDoctor test, cioè contenere meno di 10 ppm di mercap-tani. Pertanto i GPL devono subire un adeguato tratta-mento per essere commercializzati, molto simile a quel-lo descritto per l’olio.

Contenuto di solidi sospesiNon esiste una specifica di contenuto univoca. Lo

standard di abbattimento dei solidi sospesi nel gas vieneottenuto generalmente come conseguenza dell’abbatti-mento di particelle liquide. Solo in casi particolari, det-tati principalmente da particolari esigenze di trattamen-to, il gas viene sottoposto a una vera e propria filtrazio-ne per la rimozione dei solidi sospesi.

Contenuto di mercurioMolti gas naturali contengono quantità significative

di mercurio. In linea di principio questo inquinanteandrebbe rimosso per ridurre l’inquinamento atmosfe-rico; in pratica spesso il gas naturale subisce solo pro-cessi di trattamento molto semplici come la disidrata-zione. In questi casi un contenuto limitato di mercurionon ha impatti importanti nel trattamento stesso e vienequindi accettato. Diversa è la condizione in cui il gasdebba subire processi di refrigerazione; in questo caso è

683VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

pres

sion

e

cricondenterma

temperatura

100806040200

punti dirugiada

punti dibolla

zona di condensazioneretrograda

C

fig. 1. Diagramma di fase per una miscela multicomponente.

Page 4: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

necessario prevedere un trattamento di rimozione moltospinta del mercurio, fino a 10 ppb.

5.4.3 Separazione gas-liquido

Dal punto di vista teorico (dinamica delle particelle disper-se in un fluido) non vi è alcuna differenza fra la sedi-mentazione di gocce di liquido in un gas e la separazio-ne per gravità liquido-liquido. Anche dal punto di vistapratico le differenze sono poco importanti.

Il calcolo della velocità finale di caduta delle parti-celle, Vt, viene effettuato tramite il bilancio delle forzeche agiscono sulle particelle durante la loro sedimenta-zione nel fluido disperdente. Nel caso di particelle sfe-riche indeformabili di diametro Dp si ottiene:

Vt�[4gDp(rp�r) /3C�r]1/2

dove g è l’accelerazione di gravità, rp la densità delle par-ticelle, r la densità del fluido disperdente, C� il coeffi-ciente di galleggiamento (drag coefficient). Nel caso diseparazione di particelle liquide sospese in un liquidodisperdente, la caduta delle particelle avviene general-mente in condizioni di moto laminare a causa del bassovalore assunto dal numero di Reynolds (Re), che è defi-nito dalla relazione: Re�DpVtr /m (dove m è la viscositàdel liquido disperdente). È così possibile esprimere il coef-ficiente C� con la semplice relazione: C��24/Re e ciò con-sente di calcolare Vt tramite la legge di Stokes (v. cap. 5.3).Nel caso, invece, di separazione di particelle liquide in ungas, Re assume un valore molto più elevato a causa dellabassa viscosità del fluido disperdente (gas) e, pertanto,non è più possibile assumere che la caduta delle particel-le avvenga in condizioni di moto laminare. In questo casoil coefficiente C� viene calcolato in funzione di Re trami-te appositi programmi o con espressioni di maggiore com-plessità. La risoluzione della relazione che lega Vt a Dprichiede un calcolo per tentativi (trial and error) e questametodologia è stata codificata nelle API RP 520.

Il suo utilizzo più immediato riguarda il dimensiona-mento o la verifica del separatore KOD (Knock Out Drum)posto a protezione di una fiaccola (flare). In questo casoparticolare non è possibile utilizzare alcun tipo di interniatti a favorire la coalescenza delle gocce disperse per ragio-ni di sicurezza. Ne consegue che il dimensionamento delrecipiente si basa esclusivamente sulla separazione pergravità fin qui illustrata. Con tale metodologia, il diame-tro delle particelle rimosse dalla corrente gas è, nel casocitato, dell’ordine di 250 mm, mentre in altri casi può rag-giungere valori leggermente inferiori; si tratta comunquedi una separazione molto grossolana. Un altro esempiodell’utilizzo della semplice separazione per gravità è quel-lo relativo allo slug catcher (v. par. 5.4.6), dove la fun-zione principale dell’apparecchiatura è quella di fermarecuscini di liquido trascinati in una corrente di gas.

In tutti gli altri casi in cui, oltre alla separazione gros-solana per gravità, è necessario garantire un buon abbat-timento dei liquidi trascinati, bisogna inserire nel sepa-ratore un’unità snebbiante che faciliti la coalescenza dellegocce, favorendo l’abbattimento di particelle con dia-metro superiore a 10 mm. Non è facile risalire al gradodi purificazione ottenibile con questo accorgimento, infat-ti la distribuzione statistica dei diametri delle gocce nonè di facile determinazione.

È prassi consolidata considerare pari a 0,1 Gal/106

Sft3 il contenuto di liquido trascinato nel gas a valle diun’unità snebbiante dimensionata per abbattere le goccedi diametro maggiore di 10 mm. Questa semplificazio-ne pratica deriva dai dati di molte unità di separazionepiù che da studi sulla dinamica delle particelle e sullastatistica della distribuzione delle gocce.

Una delle unità snebbianti più comunemente usate èil pacco rete (wire mesh pad): esso viene inserito perpen-dicolarmente al flusso del gas a una distanza prefissatadal bocchello d’uscita e di entrata della corrente stessa.

Nella separazione di liquido dal gas la tipologia piùusata è quella del separatore verticale dove il bocchellod’uscita del gas è posizionato al centro del fondo ellitti-co superiore del recipiente. In questo caso il criteriodimensionale del separatore si basa principalmente sulcalcolo della sezione minima necessaria all’installazio-ne sopra descritta.

L’equazione che determina la velocità massima del gasnella materassina snebbiante è la seguente:

Vt�K[(rL�rG) /rG]1/2

dove rL è la densità delle particelle liquide e rG la den-sità del gas disperdente. La costante K varia in funzionedel tipo di separazione richiesto e della pressione ope-rativa del separatore. I valori consigliati dalla GPSA (GasProcessors Suppliers Association) in funzione delle diver-se pressioni operative vanno da 0,36 a pressione atmo-sferica fino a 0,21 a 100 bar e oltre (quando la densità èespressa in lb/Sft3).

Per alcune tipologie specifiche di separazione, peresempio separatori KOD a protezione di compressori, ivalori di K vengono ridotti con coefficiente pari a 0,8.

Nel separatore verticale la sezione di passaggio cor-risponde quindi a quella del pacco rete orizzontale instal-lato. Per le altre dimensioni, quali l’altezza, è necessa-rio conoscere la portata di liquido che si vuole rimuo-vere e determinare il tempo di permanenza che può variarein funzione delle condizioni operative e delle caratteri-stiche chimico-fisiche dei fluidi da separare.

In casi particolari si possono usare anche separatoriorizzontali, con unità snebbiante posizionata in modo ana-logo a quello verticale, cioè con flusso del gas dal bassoverso l’alto. Quando il separatore può ricevere un flussobifase con quantità di liquidi importanti e discontinue sipuò anche usare un separatore orizzontale a doppio corpo.

684 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

Page 5: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

Nel campo della separazione di liquidi dal gas sonomolto usate anche altre tipologie di unità snebbianti. Lepiù comunemente usate sono i cicloni e i cosiddetti vani.I primi basano la coalescenza e la conseguente separa-zione sull’effetto centrifugo ottenuto nel movimento cir-colare del gas. I risultati sono molto interessanti; è infat-ti possibile ottenere un grado di separazione più spintocon rimozione pressoché totale di particelle fino a 3 mmo addirittura diametri più bassi e/o riduzione del diame-tro del separatore in cui vengono inseriti i cicloni. Losvantaggio di questa soluzione è dato dalla maggiore per-dita di carico causata dal suo utilizzo; molto spesso que-sto svantaggio è comunque trascurabile.

La seconda tipologia di elementi coalescenti è costi-tuita da pacchi di vani, molto usati anche nei separatoriolio-gas (v. cap. 5.3). In questo tipo di separazione lacoalescenza è favorita dal cosiddetto ‘effetto chicane’molto simile a quello della centrifugazione descritto inprecedenza.

Entrambi i sistemi rendono più compatta l’apparec-chiatura e consentono di separare in modo estremamen-te efficiente anche eventuali particelle solide trascinatedal gas assieme al liquido. Inoltre sono autopulenti, cioèpermettono di drenare automaticamente il particolatosolido nel liquido separato. Anche il tradizionale paccorete separa particelle solide assieme al liquido ma, sfor-tunatamente, per le sue caratteristiche costruttive, tendea trattenere i solidi separati e a collassare. Quando il gasda separare può avere un notevole contenuto di solidi,per esempio cristalli di paraffina separatisi dal liquido,come nel caso di un separatore freddo, è necessario sosti-tuire il pacco rete con vani o cicloni.

I materiali più usati nella costruzione dei separatorisono LTCS (Low Temperature Carbon Steel, acciaio alcarbonio per basse temperature) per il mantello e AISI(American Iron and Steel Institute) 304L o 316L per gliinterni. Nel caso il gas abbia un contenuto non trascura-bile di gas acidi (H2S e CO2) e sia saturo d’acqua, ancheil mantello deve resistere alla corrosione acida. Di soli-to questo si realizza con una placcatura interna al reci-piente (3 mm di spessore) di AISI 316L.

5.4.4 Disidratazione e degasolinaggio

Equilibrio trifase vapore-liquido-solidoÈ noto che una miscela di idrocarburi allo stato gas-

soso può dare luogo a condensazione d’acqua e/o di idro-carburi al variare delle condizioni operative.

Quando in una corrente di gas naturale si ha la for-mazione di acqua libera, per effetto della pressione ele-vata e della bassa temperatura possono formarsi dei com-posti, idrati, molto instabili ma con le caratteristiche fisi-che di un solido.

La formazione di un punto triplo di equilibrio (vapo-re, liquido, solido) dipende dalle condizioni operative edalle caratteristiche della miscela gassosa in esame.

Gli idrocarburi leggeri, dal metano all’isobutano, inpresenza di acqua libera possono dar luogo a formazionedi idrati solidi a pressioni elevate e temperature ridotte.

La tendenza a formare idrati negli idrocarburi leg-geri aumenta con il peso molecolare dell’idrocarburofino all’isobutano; dal normal butano in poi tale tendenzasi annulla e il componente si comporta come un inertenell’equilibrio sopra descritto.

Anche la presenza di biossido di carbonio e di solfurodi idrogeno può favorire la formazione di idrati; tale ten-denza è modesta per il primo e molto più elevata per il secon-do. Sono stati costruiti dei diagrammi (fig. 2) che consen-tono di valutare il punto di formazione di idrati in una certacondizione operativa (temperatura e pressione) in funzio-ne del peso molecolare medio o della densità del gas.

L’indicazione è valida con approssimazione in quan-to, come si è detto, gli idrocarburi dal normal butano aisuperiori non partecipano alla formazione degli idrati;discorso analogo vale per gli inerti come l’azoto perché,pur alzando il peso molecolare, riducono la tendenza aformare idrati del gas che li contiene. Il modo più precisodi valutare la formazione degli idrati è quello di calcola-re l’equilibrio vapore-solido per la miscela di gas in esa-me. Il metodo più usato si basa sulle costanti d’equilibrioKrs � y/x dove y è la frazione molare dell’idrocarburo nel

685VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

metano

0,6 de

nsità

del g

as

0,7

0,8

30 4040

60

80100

150

200

300

400

600

8001.000

1.500

3.000

4.000

6.000

50 60temperatura (°F)

pres

sion

e (p

sia)

70 80 90

fig. 2. Diagramma temperatura-pressione; curve di formazione di idrati (GPSA, Gas Processors Suppliers Association).

Page 6: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

gas e x la frazione molare dello stesso in fase solida.Come per la determinazione del punto di rugiada, il puntodi formazione degli idrati soddisfa la seguente condi-zione: Σ y/Krs�1. I valori di Krs per i componenti coin-volti vengono determinati sperimentalmente in funzio-ne di pressione e temperatura.

Lo studio per evitare la formazione di idrati derivadall’impatto disastroso che possono creare la formazio-ne di solidi in una linea di trasporto di gas e la possibi-le formazione di un vero e proprio tappo nella linea coin-volta dal fenomeno.

L’eliminazione delle cause è molto semplice e si basasulla rimozione dell’acqua mediante disidratazione delgas stesso.

Gli inibitori vengono utilizzati per brevi tratti di linea,per esempio nelle flow lines che collegano il pozzo conil centro di raccolta e di trattamento dove viene realiz-zata la disidratazione.

Gli inibitori d’idrati sono composti ad alta igrosco-picità che possono agire in fase sia gassosa sia liquidacome l’alcol metilico, CH3�OH, caratterizzato da un’e-levata volatilità oltre che da igroscopicità. Altri inibito-ri quali glicol monoetilenico (C2H6O2) e dietilenico(C4H10O3), caratterizzati da una volatilità molto bassa,agiscono invece in fase liquida.

Il risultato che si ottiene con l’uso degli inibitori èquello di abbassare il punto di formazione degli idrati auna temperatura inferiore a quella minima riscontrabiledurante il trasporto.

Si supponga di dover trasportare un gas attraverso unacondotta sottomarina. Le condizioni più gravose di tra-sporto sono costituite dalla temperatura del fondo del mare,assunta pari a 6 °C, e la pressione massima d’esercizio,assunta a 90 bar assoluti. Il gas sia prodotto a 90 bar asso-luti e a 20 °C e all’ingresso nella condotta sottomarina siasaturo in acqua; la portata sia di 2·106 Sm3/d. Per sempli-cità si considera un gas costituito al 100% da metano.

Dal diagramma di fig. 2 risulta che il gas ha un puntodi formazione idrati pari a 54 °F�12 °C. Per evitare chesi formino idrati è quindi necessario, in questo caso, otte-nere un valore di 6 °C. Il diagramma di fig. 3 rappresental’andamento del punto di formazione idrati con utilizza-zione di EG (etilenglicol o glicol etilenico). Nel caso inesame la concentrazione finale accettabile del glicol dilui-to è inferiore al 50% in peso. Per ottenere la quantità di gli-col da iniettare è quindi necessario sviluppare un sempli-ce bilancio di materia. Si calcola la quantità d’acqua checondensa dalla condizione di saturazione (20 °C e 90 barassoluti) alla condizione finale (6 °C e 90 bar assoluti) eche risulta pari a 16 kg/h. Se la concentrazione del glicoliniettato è pari all’85% in peso e quella finale è il 50%, ilquantitativo iniettato non deve essere inferiore a 25 kg/h.

Il glicol diluito all’arrivo della condotta verrà sepa-rato e riportato alla concentrazione voluta medianterigenerazione. Quest’ultima si ottiene riconcentrando

a pressione atmosferica il glicol mediante ebollizionedell’acqua di condensa. Il glicol iniettato agisce in faseliquida e deve quindi essere miscelato in modo ottima-le alla corrente di gas da proteggere. Per essere effica-ce, il glicol deve bagnare tutta la superficie della con-dotta; se la lunghezza di quest’ultima è notevole, il quan-titativo di glicol che si accumula nella linea può esseremolto rilevante. Questo effetto viene enfatizzato dal pro-filo batimetrico del gasdotto sottomarino.

Al fine di evitare elevati accumuli di liquido e rela-tiva riduzione della capacità di trasporto del sistema, puòessere di grande utilità spiazzare il liquido con un lan-cio di sfere in sequenza. In alternativa, all’arrivo dellacondotta è necessario prevedere l’installazione di unoslug catcher di notevoli dimensioni.

Da ultimo si può notare che la riduzione del punto dirugiada in acqua ottenuta con questa metodologia è signi-ficativa. Tale valore è leggermente inferiore alla tempe-ratura minima della condotta (6 °C) alla pressione d’arri-vo, che sarà inferiore ovviamente alla pressione iniziale.

Il gas così ottenuto dopo la separazione dell’EGdiluito non è a specifica per il trasporto e la distribu-zione (il punto di rugiada in acqua richiesto è minore di�10 °C a 60 bar assoluti), pertanto deve subire un trat-tamento di disidratazione.

In passato, nel caso di trasporto di gas da un impiantooffshore, l’uso dell’iniezione di glicol era sistematica.

Il sistema di trasporto così concepito prevede l’inie-zione dell’inibitore dopo una prima separazione a testapozzo, con pressione operativa pari alla pressione d’ero-gazione del pozzo stesso. Questa soluzione permette dievitare la miscelazione dell’acqua di strato salata con il gli-col. Quest’ultimo viene iniettato a monte della riduzionedi pressione inserita su ogni linea di produzione a valle delseparatore di testa pozzo sopra menzionato. In questo modoil glicol inibisce gli idrati che possono formarsi in seguitoal raffreddamento conseguente al salto di pressione nella

686 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

100�40 0 40

50% 25% 0%

temperatura (°F)

pres

sion

e (p

sia)

80

1.000

dati sperimentaliHammerschmidt

10.000

fig. 3. Inibizione di idrati mediante glicol etilenico.

Page 7: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

valvola di cui sopra (per effetto Joule-Thompson). Il gli-col iniettato viene separato a terra, rigenerato e rispeditoin piattaforma mediante una piccola linea di trasporto coas-siale alla linea principale del gas. Questa linea viene instal-lata contemporaneamente al gasdotto stesso.

In tempi più recenti, specialmente quando la condottasottomarina è di notevole lunghezza, si è affermata l’al-ternativa, complessivamente più semplice in termini ope-rativi, di installare un sistema di disidratazione in piat-taforma: in questo modo il gas naturale all’arrivo a terrapuò essere immesso direttamente nelle reti di trasportoe di distribuzione. Ciò nonostante, in molti casi si usaancora il sistema di iniezione di inibitori.

Come si è detto in precedenza, per la protezione dagliidrati si può usare alcol metilico che viene utilizzato insostituzione al più comune EG quando l’abbassamentodel punto di formazione idrati è molto rilevante. L’alcolmetilico, a parità di concentrazione finale, offre un puntodi formazione idrati più basso di quello che si ottienecon glicol etilenico.

L’uso dell’alcol metilico non è molto diffuso per l’i-niezione in quanto una notevole porzione del liquidoiniettato passa in fase vapore nel gas e viene quindi per-duta; inoltre il glicol è meno infiammabile e non è néaggressivo né tossico, al contrario dell’alcol metilico cheha il vantaggio di agire in fase gassosa. È quindi la solu-zione ideale per un uso discontinuo (per esempio perproteggere un pozzo in avviamento o per sciogliere untappo di idrati formatosi accidentalmente).

Quanto sopra esposto spiega il motivo per cui nor-malmente una iniezione di alcol metilico discontinua vienesempre abbinata alla più comune iniezione continua di EG.

Disidratazione per raffreddamentoDa quanto esposto al punto precedente si evince come

uno dei sistemi più semplici per disidratare un gas siaquello di raffreddarlo iniettando contemporaneamente il

quantitativo necessario di inibitore. La temperatura fina-le del trattamento coincide in prima approssimazionecon la temperatura di rugiada che si vuole ottenere.

Nel caso esaminato in precedenza si dovrebbe raf-freddare il gas a �10 °C per esempio mediante espan-sione dello stesso da 90 a 60 bar assoluti.

Considerando la stessa composizione (100% di meta-no), dal diagramma entalpia-pressione del metano sideduce che la semplice espansione provoca un raffred-damento di circa 14,5 °C. Quindi, per ottenere il risul-tato voluto, è necessario prevedere uno scambiatore cari-ca-effluente che permetta di preraffreddare il gas a montedell’espansione da 20 °C a 2 °C. Il gas uscente dal sepa-ratore freddo a �10 °C si riscalderà a 9 °C circa, raf-freddando il gas entrante (fig. 4). È quindi sufficiente laperdita di carico considerata, abbinata a un interscam-bio molto modesto, oppure una espansione più conte-nuta con un interscambio più spinto, per ottenere il risul-tato voluto, ovvero un punto di rugiada in acqua pari a�10 °C a 60 bar assoluti.

Tornando all’esempio precedente e all’iniezione diinibitore, si può notare che mediante l’iniezione di meta-nolo si potrebbe usare una concentrazione finale leg-germente inferiore al 50% in peso, mentre nel caso diglicol etilenico si dovrebbe iniettarne un quantitativo taleda mantenere la concentrazione dell’EG diluito supe-riore al 60%. In entrambi i casi si tratta comunque diquantitativi molto modesti.

Si consideri ora di iniettare un quantitativo signifi-cativo di EG (per esempio 1.000 kg/h, con una concen-trazione pari al 97% in peso). L’acqua da inibire, in que-sto caso, sarà superiore al quantitativo del caso prece-dente: 23 kg/h circa. La diluizione causata dalla rimozionedell’acqua al punto di rugiada richiesto è poco signifi-cativa, quindi il glicol mantiene una concentrazione ele-vata (95% in peso). Questo incide altrettanto significa-tivamente nell’equilibrio acqua-gas. Utilizzando il dia-

687VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

scambiatore gas/gas

gas trattato

al sistema diseparazione

EG

gas dalseparatoread altapressione

LC

TIC

sepa

rato

re f

redd

o

PIC

fig. 4. Condizionamentodi gas medianteseparatore freddo.

Page 8: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

gramma di equilibrio EG-acqua (fig. 5) si vede che allaconcentrazione sopra esposta di glicol il punto di rugia-da in acqua richiesto si ottiene con una temperatura dicontatto di circa 15 °C, molto più elevata dei �10 °C cal-colati in precedenza.

Seguendo lo schema di impianto descritto in prece-denza è sufficiente quindi raffreddare il gas a una tem-peratura di poco inferiore e iniettare 1.000 kg/h di EGconcentrato. Essendo il raffreddamento molto modesto,altrettanto modesto sarà il salto di pressione necessarioper ottenerlo.

Per completare l’analisi sopra sviluppata si deve nota-re che, a parità di contenuto d’acqua richiesto, a una pres-sione più elevata corrisponde un punto di rugiada più alto,per esempio a 75 bar assoluti di pressione del separato-re freddo (LTS, Low Temperature Separator) corrispon-de un punto di rugiada di circa �8 °C che fa aumentareil margine operativo rispetto alla disidratazione richiesta.

In molti casi ottenere un raffreddamento del gas a bassocosto, come nel precedente esempio, non è possibile. In

questa condizione le proprietà del glicol testé evidenziatepossono essere utilizzate senza l’ausilio del raffreddamento.

Disidratazione mediante assorbimento con glicolIl glicol più utilizzato in questo tipo di disidratazio-

ne è quello trietilenico (TEG), ma in alcuni casi si pos-sono utilizzare vantaggiosamente anche il dietilenico(DEG) e il monoetilenico (EG) che presentano caratte-ristiche diverse, come indicato in tab. 1.

La fig. 6 mostra lo schema dell’impianto. Una cor-rente di TEG concentrato viene alimentata alla testa diuna colonna di assorbimento operante in pressione, alfondo della quale viene iniettato il gas da trattare. Il con-tatto del glicol effettuato con più stadi di equilibrio incontrocorrente con il gas provoca la disidratazione di que-st’ultimo all’uscita dalla testa della colonna in questio-ne. Dal fondo della colonna si scarica la corrente di TEGdiluito dall’acqua che ha assorbito (TEG ricco). In unaseconda colonna, operante a pressione atmosferica e prov-vista di un ribollitore di fondo, il TEG ricco viene ricon-centrato mediante distillazione dell’acqua assorbita.

La colonna di rigenerazione è divisa in due sezioni, unasuperiore di rettifica e una inferiore di arricchimento; l’a-limentazione del glicol divide le due sezioni. Al fine diridurre il consumo d’energia per la rigenerazione, il TEGconcentrato dal fondo del ribollitore viene interscambiatocon la carica. Per produrre un adeguato riflusso e abbatte-re le perdite di TEG dovute alla rigenerazione, al di sopradella sezione di riflusso viene installato un condensatore.Solitamente, quest’ultimo è costituito da una serpentinaelicoidale che realizza lo scambio di calore tra il glicol fred-do da rigenerare, che scorre all’interno della serpentinastessa, e i vapori che salgono dalla sezione di riflusso.

688 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

tab. 1. Proprietà fisiche dei glicol

EG DEG TEG

Formula chimica C2H6O2 C4H10O3 C6H14O4

Peso molecolare 62,1 106,1 150,2 Temperatura diebollizione (°C) a 1 atm 197,3 244,8 285,5

Viscosità (cP) a 25 °C 16,5 28,2 37,3 Viscosità (cP) a 60 °C 4,7 7 8,8 Temperatura didecomposizione (°C) 165 165 206,7

200

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

20 32040 60 80 100 120 140 160 180 200 220 240 260 280 300

tem

pera

tura

di r

ugia

da in

acq

ua (

°F)

temperatura della soluzione (°F)

0 %30 %

50 %60 %

70 %75 %

80 %85 % 90 %

92 %

94 %95 %96 %

97 %

98 %

99 %in peso del glicol etile

nico

fig. 5. Temperatura di rugiada del gas in funzione dellatemperatura dellesoluzioni acquose di glicol etilenico.

Page 9: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

Il glicol ricco all’uscita dell’assorbitore è saturo inacqua ed è in equilibrio con la corrente di gas da tratta-re alle condizioni operative della colonna, pertanto con-tiene gas disciolto. Per liberare questo gas e rendernepossibile l’utilizzo come combustibile, a monte dellacolonna rigeneratrice si installa un barilotto di flash ope-rante a bassa pressione (da 3 a 7 bar assoluti) che soli-tamente viene inserito a valle del condensatore di testasopra descritto, per avere un modesto preriscaldamen-to del TEG e facilitare la separazione suddetta median-te la riduzione della viscosità (il TEG è il più denso epiù viscoso dei tre tipi di glicol precedentemente cita-ti, v. ancora tab. 1).

Se il gas trattato ha un contenuto trascurabile di idro-carburi superiori, il separatore (flash drum) deve soltantodegassare il glicol e in questo caso può essere bifase ver-ticale con modesto tempo di permanenza. Quando il gastrattato è un gas associato al greggio e quindi ricco inidrocarburi superiori (light ends), il TEG ricco può con-tenere anche idrocarburi liquidi. Questi ultimi provoca-no un notevole aumento della tendenza a schiumeggia-re tipica del sistema glicol-gas naturale e devono quin-di essere rimossi nel modo più efficiente; per questo siutilizza un separatore orizzontale trifase con un tempodi permanenza del liquido rilevante (20-30 minuti).

A valle del flash drum il TEG ricco viene filtrato conun filtro a cartuccia e con un filtro a carboni attivi. Perpiccole portate di glicol entrambi i filtri operano sullacorrente totale; per portate rilevanti il filtro a carboniattivi tratta solo parte della portata totale (dal 20 al 50%).Dopo la filtrazione e l’interscambio, il glicol ricco entranella colonna di rigenerazione. Il ribollitore di fondo è

solitamente di tipo kettle e la colonna viene direttamen-te flangiata sulla parte superiore del ribollitore stesso.

Per il riscaldamento si possono utilizzare vari siste-mi. Nel caso si debba rigenerare il TEG, la temperaturadel ribollitore viene mantenuta leggermente superiore ai200 °C in quanto a 207 °C si ha una notevole degrada-zione termica del TEG stesso. È evidente quindi che ilcontrollo della temperatura finale di rigenerazione deveessere molto preciso ed efficace, anche per il DEG el’EG, che presentano una temperatura di degradazionemolto più bassa (165 °C).

Tenendo presente che la decomposizione, sia pur inquantità modesta, può avvenire al contatto con la paretecalda del riscaldatore, che deve essere necessariamente atemperatura più alta, occorre limitare e mantenere a unvalore costante la sua temperatura. Questo risultato si ottie-ne riducendo a un valore molto basso la densità di flussotermico nel riscaldatore, cercando ovviamente di unifor-marla su tutta la superficie (12.000 kcal/hm2). Benché ilcoefficiente globale di scambio termico sia abbastanzaelevato, dovendo principalmente far ribollire dell’acqua,il salto di temperatura alla parete rimane comunque alto.

Molti sistemi di rigenerazione TEG prevedono l’uti-lizzo di tubi di fiamma e tubi di fumo immersi nel bagnoda riscaldare. Questa soluzione non sempre è adeguataalle esigenze sopra descritte; infatti, quand’anche venis-se rispettato il sopraccitato parametro di densità di flus-so termico, quest’ultimo sarebbe comunque un valoremedio, molto variabile lungo la superficie di scambioe con valori molto elevati in prossimità dei bruciatori. L’usodi tubi di fiamma e di tubi di fumo, inoltre, rende mol-to più ingombrante il ribollitore rispetto a uno scambio

689VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

glicolrigenerato

glicolricco

condensa

filtro

gas secco

gasumido

flash gas

flas

h dr

um

vapor d’acqua

rige

nera

tore

ribollitore

polmone

assorbitore

depuratoredi

ingresso

fig. 6. Schema semplificato di disidratazione con glicol.

Page 10: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

indiretto ottenuto con un tradizionale fascio tubiero ocon un riscaldatore elettrico a resistenze corazzate.

Se, come spesso avviene nei giacimenti di idrocar-buri, la produzione di energia elettrica, effettuata per altreesigenze, ha un costo modesto, l’ultima soluzione pre-senta notevoli vantaggi di semplicità, affidabilità, com-pattezza e, in definitiva, di riduzione dei costi sia ope-rativi sia d’investimento. Essendo il costo della superfi-cie di scambio molto modesto, si possono ridurre, conminimo aggravio e mantenendo una grande compattez-za, le densità di flusso termico a 10 kW/hm2 (pari a 8.600Kcal/Hm2). Questo valore, accoppiato al controllo dellatemperatura di rigenerazione e alla garanzia intrinsecadel sistema di mantenere perfettamente uniforme la tem-peratura del corpo riscaldante su tutta la superficie, rea-lizza il sistema ottimale di riscaldamento.

Analoghi vantaggi avrebbe, se disponibile, il vaporecondensante a media pressione (20 bar assoluti); tutta-via questa condizione non è molto frequente.

Infine si può usare anche un sistema di riscaldamentoa olio caldo (hot oil) che però non dà gli stessi risultati delprecedente. Inoltre, per sua natura, questo sistema non puògarantire un’uniformità di temperatura di parete. Il suo uti-lizzo dà infatti risultati che si avvicinano a quelli dei tubidi fiamma dei quali, ovviamente, è molto più sicuro e affi-dabile, anche se comporta un costo maggiore.

Il TEG rigenerato passa nello scambiatore carica-effluente dove cede gran parte del calore sensibile. Avalle dello scambio viene pompato alla pressione d’as-sorbimento e inviato attraverso un raffreddatore finalealla testa dell’assorbitore (contractor). Spesso tale raf-freddamento viene effettuato mediante interscambio conil gas trattato uscente dall’assorbitore.

Il trattamento di disidratazione mediante assorbimentocon glicol è dunque un processo continuo molto sempli-ce. Per garantire una buona funzionalità dell’impianto, ènecessario prevedere anche un polmone per le pompe dicircolazione, il quale viene collegato al ribollitore kettleche lo alimenta per caduta. Il tempo di permanenza otti-male per il polmone in esame è di 20 minuti.

Con un sistema di rigenerazione come quello descrit-to, basato sulla pura rigenerazione termica, la concentra-zione massima ottenibile per il TEG è circa del 98,8% inpeso. Tale valore può fornire una disidratazione accetta-bile solo nelle normali condizioni di lavoro della colonnadi assorbimento, ovvero a pressione operativa maggioredi 60 bar e a una temperatura ambiente di 30-35 °C.

Quando il passaggio del gas al sistema di trasporto edistribuzione richiede una compressione, risulta più con-veniente spostare l’unità TEG a valle della compressione.

Dal diagramma di fig. 7 si vede come il punto di rugia-da d’equilibrio corrispondente al 98,5% in peso di TEG,alla temperatura di contatto di 50 °C, sia incompatibi-le con le normali condizioni di trasporto. Questo ancheperché, per avere la disidratazione voluta, è necessario

mantenere una differenza di concentrazione positiva trail gas disidratato e la corrispondente condizione d’e-quilibrio (driving force). Quest’ultima consente lo scam-bio di materia tra la corrente di gas e il TEG stesso.Quanto più alta è la driving force tanto minore è il nume-ro di stadi d’equilibrio necessari all’ottenimento delrisultato voluto, quindi tanto più piccola sarà la colon-na d’assorbimento per realizzare gli stadi di equilibriosuddetti.

Anche la quantità del glicol circolante ha un impattonotevole sul numero di stadi richiesto dalla disidratazione.

Da quanto esposto finora si può notare come la con-centrazione del glicol sia il parametro determinante nelladisidratazione. Quando le condizioni operative lo richie-dono è quindi necessario rigenerare il glicol in modo piùspinto.

Di seguito vengono presentati i tre modi più comu-ni di rigenerazione spinta. Con queste metodologie sipossono ottenere concentrazioni molto elevate fino al99,98% in peso e anche superiori.

Il sistema più comunemente usato è quello di instal-lare a valle del ribollitore una colonna di stripping congas (dryer). Il glicol concentrato termicamente nel ribol-litore viene alimentato alla testa della colonna sopra-menzionata, che contiene un impaccamento sfuso di un’al-tezza fissata (da 800 a 2.000 mm). Nella parte inferiore

690 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

�65

�60

�55

�50

�45

�40

�35

�30

�25

�20

�15�10

�5

0

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85

5

10

15

20

2530

35

40

45

tem

pera

tura

di r

ugia

da d

el g

as (

°C)

temperatura del gas in entrata (°C)

99,9599,999,899,7

99,5

99

98

97

969590

99,97

fig. 7. Diagramma di equilibrio acqua-TEG. La lineatratteggiata rappresenta la concentrazione ottenibilemediante pura rigenerazione termica del TEG a 204 °C e pressione atmosferica.

Page 11: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

della colonna viene iniettato del gas di stripping preri-scaldato a 200 °C. Quest’ultimo, in controcorrente al liqui-do (TEG) che scende, realizza lo scambio di materia trale due correnti, asportando l’acqua e quindi disidratan-do completamente il glicol.

Il risultato che si ottiene è molto importante e richie-de costi d’investimento e d’esercizio modesti; infatti lacolonna di stripping è molto piccola e la tipologia diinterni è la più economica e semplice da installare. Ilcosto operativo, legato alla quantità di gas utilizzato,dipende dalle condizioni a cui quest’ultimo può esseresmaltito: se infatti viene utilizzato come combustibile,il costo è molto modesto e questa soluzione è senz’altroda preferirsi. Se, invece, il gas uscente dalla testa delrigeneratore non può essere direttamente smaltito madeve essere ricompresso e trattato come la corrente delgas principale, l’uso del gas di stripping deve essere valu-tato molto attentamente.

Un secondo metodo per realizzare alte concentra-zioni ed evitare la degradazione termica del glicol nellarigenerazione è quello di utilizzare un sistema per ope-rare sottovuoto. Lo schema di rigenerazione è identicoa quello descritto inizialmente; l’unica differenza con-siste nel mantenere il sistema a una pressione molto bassa(0,1 bar assoluti) mediante un adeguato gruppo da vuoto(per esempio un sistema di eiettori bistadio con vaporecome fluido motore, oppure, quando questo non è dispo-nibile, una pompa ad anello liquido).

L’equilibrio binario del sistema TEG-acqua e DEG-acqua varia in funzione della pressione a cui viene effet-tuata la rigenerazione. In proposito si può notare che a 0,13bar assoluti a concentrazioni molari molto alte corrispon-dono temperature molto più basse di quelle che causano ladegradazione. In questo modo, oltre a evitare la conseguente

degradazione termica il sistema consente l’utilizzo di fluididi riscaldamento a temperature più favorevoli dal punto divista economico (per esempio vapore a bassa pressione equindi producibile mediante recuperi termici).

Quando l’impianto di trattamento del gas prevedenel suo complesso l’utilizzo del vapore, tale sistemapuò realizzare notevoli risparmi (costo ridottissimo delgruppo da vuoto e ribollitore a fascio tubiero estrema-mente compatto).

Un terzo sistema, coperto da brevetto contrariamenteai due precedenti, è il cosiddetto sistema Drizo, che pre-vede l’utilizzo di gas di stripping ottenuto vaporizzandocomposti liquidi mediante un adeguato serpentino di riscal-damento. Questi composti sono essenzialmente degli idro-carburi aromatici (toluene, xilene, ecc.) normalmente pre-senti in concentrazioni modeste nei gas associati al greg-gio. Essi vengono assorbiti dal glicol, dove si concentrano,e nella fase di rigenerazione vengono recuperati median-te condensazione dei vapori di testa.

Il condensatore e il relativo separatore trifase per-mettono di separare in fase liquida gli idrocarburi aro-matici suddetti e contemporaneamente di separare l’ac-qua prodotta dalla rigenerazione. In questo modo, poten-do condensare il tutto a pressione atmosferica etemperatura relativamente alta, è facile ed economicoriciclare gli aromatici alla colonna di stripping del TEGmediante vaporizzazione dei medesimi (fig. 8). Con que-sto sistema è possibile realizzare concentrazioni del99,99% in peso sia di TEG sia di DEG. Questa opzione,abbinata a un adeguato numero di stadi di equilibrio del-l’assorbitore, permette di raggiungere disidratazioni delgas pari a 1 ppm in peso d’acqua residua.

Il materiale usato per gli impianti al glicol, salvo casiparticolari, è l’acciaio al carbonio sia per l’assorbitore

691VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

STRIPPING GAS DRIZO��R�

vapor d’acquae stripping gas

condensatoredi riflussostripper stripper

sorgentedi calore

glicol riccoglicol ricco

glicol rigenerato

stripping gas

ribollitore

glicol ricco

condensatoredi riflusso

sorgentedi calore

pompa delsolvente

vaporizzatoredel solvente

glicol ricco

glicol ricco

glicol rigeneratosolvente di stripping

ribollitore

acqua

glicol riccotubo verticale tubo verticale

fig. 8. Schemi semplificati di rigenerazione TEG.

Page 12: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

sia per la parte della rigenerazione. Gli interni delle colon-ne sono invece in AISI 304 o 316L.

Disidratazione mediante adsorbimento con setacci molecolari

Quando si vuole ottenere la rimozione pressoché tota-le dell’acqua (0,1 ppm di contenuto residuo) si può usareun adsorbimento a letto solido. Questo trattamento, a dif-ferenza del precedente, è semicontinuo.

Le molecole d’acqua e di alcuni inquinanti polari(CO2, H2S e mercaptani) vengono adsorbite da un geldi silice che agisce come un filtro molecolare (molecu-lar sieve) lasciando passare il gas inalterato attraversoil letto e trattenendo nei suoi centri attivi, con un lega-me di natura prettamente fisica, le molecole polari sopramenzionate e l’acqua in particolare. La capacità di adsor-bimento per quest’ultima è molto elevata: 20% in pesonel primo periodo d’adsorbimento. Successivamente, inseguito ai cicli termici che contraddistinguono la rige-nerazione del letto, tale capacità si riduce per progres-siva degradazione del materiale adsorbente. A fine vitadi un letto (tre anni di durata media) la capacità scendeal 13% in peso circa. Per tale ragione, nel calcolare ilvolume di adsorbente necessario per realizzare la disi-dratazione voluta, si usa un parametro leggermente infe-riore (12%).

Per ottenere la disidratazione del gas con continuitàè necessario disporre di più letti adsorbenti (di solito tre,dei quali due in funzione e uno in rigenerazione).

L’adsorbimento dell’acqua viene ottenuto facendofluire il gas dall’alto al basso della colonna di adsorbi-mento (down flow).

La rigenerazione viene effettuata interrompendo ilciclo di adsorbimento prima che il letto si saturi comple-tamente d’acqua e per il suo stripping si utilizza gas dirigenerazione opportunamente riscaldato a circa 280 °C.

Il gas di rigenerazione viene fatto fluire in senso oppo-sto a quello d’adsorbimento (up flow) per garantire larimozione completa dell’acqua adsorbita.

Lo scambio di materia dal gas al solido durante l’ad-sorbimento è favorito dalla pressione elevata, mentre ilfenomeno inverso, durante la rigenerazione, è favoritodall’alta temperatura e/o dalla bassa pressione. Solita-mente nei trattamenti del gas naturale l’abbassamento dipressione non viene utilizzato per la rigenerazione, cheavviene soltanto per effetto della temperatura e ciò com-porta per essa valori molto elevati. Tali valori rappre-sentano il limite principale del sistema di disidratazionein esame. Infatti il riscaldamento del gas di rigenerazio-ne richiede una sorgente a temperatura molto elevata.

Negli impianti di piccole dimensioni, dove la poten-zialità di rigenerazione è modesta, si possono utilizzare,come elemento riscaldante, delle resistenze corazzate.Ciò permette un controllo ottimale della temperatura delgas stesso e di quella della superficie riscaldante.

Per impianti di grandi dimensioni, con potenzialitàpiù elevata, il sistema usato per il riscaldamento del gasdi rigenerazione si basa su forni radianti; in questo modosi realizza il contatto diretto tra il gas e la superficie deiserpentini del forno soggetti ad irraggiamento.

La tipologia di riscaldatore più usata è quella a fornoverticale con bruciatori sul fondo (pipe still: v. cap. 5.3).La rigenerazione è costituita da varie fasi: la prima coin-cide con il rapido riscaldamento del letto; la seconda,la più importante, si svolge a temperatura costante ecoincide con la rimozione dell’acqua adsorbita. Quan-do gran parte della rigenerazione è stata realizzata latemperatura riprende a salire fino al valore massimo,molto prossimo a quello del gas di rigenerazione: a que-sto punto lo stripping dell’acqua è completato. La fasesuccessiva è quella del raffreddamento del letto che deveessere riportato alle condizioni ottimali per l’adsorbi-mento. Il gas che attraversa il letto in questa fase è sem-plicemente gas disidratato, ovviamente non riscaldato.Alla fine di tale fase il setaccio è pronto per un nuovociclo di adsorbimento.

L’adsorbente generalmente è un granulato di formasferica o di pezzatura cilindrica (estruso), le cui dimen-sioni più utilizzate sono 1/8'' o 1/16''. La velocità super-ficiale del gas accettabile, diversa per i due tipi di gra-nuli, dipende dalla pressione operativa.

Con questo criterio si procede al dimensionamentodella sezione di passaggio del letto. L’altezza viene cal-colata per realizzare il volume necessario ad adsorbirela quantità d’acqua richiesta (che a sua volta dipendedalla lunghezza del ciclo che si vuole ottenere). La den-sità del materiale adsorbente è di circa 700 kg/m3. Quan-to alla rigenerazione, il criterio di dimensionamento sibasa su un semplice bilancio di energia. L’apporto dicalore tramite il gas di rigenerazione deve sopperire alriscaldamento del letto e al calore di desorbimento del-l’acqua. Inoltre il calore di riscaldamento deve tenereconto dell’aumento di temperatura del recipiente stessoe del calore disperso.

Spesso per ridurre queste due ultime componenti, masoprattutto per ridurre lo stress termico del recipiente, l’ad-sorbitore prevede una coibentazione interna al recipienteche permette di mantenere la parete metallica di quest’ul-timo a una temperatura intermedia tra quella del letto equella esterna. Il rapporto tra la portata di gas di rigenera-zione e quella del gas trattato varia di solito da 5 a 10%.

La fig. 9 mostra uno schema tipico dell’unità di disi-dratazione. Come si può vedere, il gas di rigenerazio-ne all’uscita dal letto viene raffreddato e l’acqua con-densata in seguito a tale raffreddamento viene separa-ta. A valle del separatore, il gas di rigenerazione vienericiclato verso le due colonne che operano in fase diadsorbimento. Questo schema di adsorbimento-rige-nerazione viene completamente automatizzato asser-vendo a un processore, opportunamente programmato,

692 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

Page 13: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

l’azionamento delle valvole di intercettazione che rego-lano i flussi e quindi le fasi del ciclo.

Si può notare che lo schema descritto può essere uti-lizzato non solo per la disidratazione del gas naturale maanche per quella di prodotti liquidi leggeri quali GPL econdensati recuperati mediante refrigerazione del gasstesso.

DegasolinaggioIl degasolinaggio del gas ha diverse finalità, tra cui

in primo luogo quella di renderlo trasportabile. Duran-te il trasporto e la distribuzione il gas deve rispettare deilimiti di punto di rugiada in acqua e in idrocarburi. Taleobiettivo solitamente richiede una variazione trascura-bile della composizione originale del gas che si realizzaincidendo soltanto sul contenuto di alcuni componenti(idrocarburi pesanti e superiori).

Il condensato che si recupera può essere stabilizza-to in modo semplice, del tutto simile a quello sviluppa-to per il greggio. La caratteristica che differenzia questastabilizzazione rispetto a quella del greggio è data dalprodotto che si ottiene, che è molto più simile a una ben-zina leggera.

I vapori prodotti nella stabilizzazione vengono com-pressi dalla pressione operativa della stabilizzatrice(7-10 bar assoluti) alla pressione di alimentazione del-l’impianto di degasolinaggio stesso.

Spesso il gas da trattare è molto ricco, non solo in idro-carburi pesanti (C5+) ma anche in idrocarburi superiori

(etano, propano e butani). Un caso tipico di questa situa-zione è quello costituito dai gas associati al greggio o daquelli provenienti da gas condensato. In queste condizio-ni non sempre è sufficiente rispettare la specifica dellatemperatura di rugiada in idrocarburi. Infatti, proprio per-ché non si modifica in modo marcato la composizione delgas, non sempre si realizza il secondo obiettivo del con-dizionamento che riguarda il controllo del potere calori-fico e conseguentemente dell’indice di Wobbe.

Per ottenere il suddetto risultato, nella maggior partedei casi è necessario spingere il recupero in idrocarburisuperiori, riducendo in modo marcato il contenuto dipropano e butani. Questo richiede ovviamente un tratta-mento più spinto.

Se il gas da trattare è associato al greggio, la produ-zione di gas è modesta rispetto a quella di greggio (bassoGOR, Gas Oil Ratio). La produzione di condensato leg-gero conseguente al degasolinaggio è quindi una por-zione trascurabile della produzione totale di olio. Per-tanto risulta possibile stabilizzare il condensato leggeromiscelandolo al greggio prodotto senza per questo inci-dere sulla tensione di vapore richiesta per l’olio stesso;in questo modo si può recuperare gran parte dei butanie degli altri idrocarburi superiori senza ricorrere allacommercializzazione di un terzo prodotto.

Quando invece il trattamento riguarda la produzionedi gas da un giacimento a gas condensato la soluzionesopradescritta diventa difficilmente realizzabile. Infattiun giacimento di questa natura è caratterizzato da un

693VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

// // //

acqua

gas di rigenerazione

gas dirigenerazione

gassecco

gas dialimentazione

chiusa

aperta

condensatore

rige

nera

tore

adso

rbit

ore

sepa

rato

rea

urto

sepa

rato

re d

iin

gres

soriscaldatore gasdi rigenerazione

FRC

550 °F

500-550 °F

fig. 9. Schema di disidratazione a due letti.

Page 14: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

GOR molto superiore rispetto al gas associato e quindida una portata di liquido separato dal gas molto ridotta.Di conseguenza il condensato leggero (derivante dal dega-solinaggio), ricco in propano e butani, non sempre puòessere miscelato alla corrente sopradescritta. In questacondizione è necessario realizzare un terzo prodotto, ilGPL, che è una miscela di propano e butani con conte-nuti marginali di etano (2-4% in mol) e di C5+ (1% involume). Il GPL, oltre a questi limiti di composizione,essendo un prodotto finito, deve rispettare tutte le rela-tive specifiche di vendita.

Lo stoccaggio del GPL, nei casi di produzioni mode-ste, viene realizzato in appositi recipienti cilindrici oriz-zontali, a pressione (11 bar assoluti) e a temperaturaambiente, che per ragioni di sicurezza vengono interra-ti. Per maggiori produzioni si usano sfere in pressionecon capacità fino a 2.000 m3.

Per produzioni molto elevate e tempi di stoccaggiolunghi, come nel caso di trasporto via mare, il GPL vienestoccato a pressione atmosferica mediante refrigerazio-ne. In questo caso, è di uso comune lo stoccaggio sepa-rato dei due componenti (propano e butani) che posso-no successivamente essere miscelati nelle proporzionivolute. In questo modo si può controllare la pressione dibolla del prodotto finale in funzione delle condizioni cli-matiche del mercato a cui è destinato. Abbassando laconcentrazione del propano, per esempio al 30% in peso,si ottiene una miscela adatta ai climi caldi; contenuti piùelevati sono accettabili per climi temperati o freddi. Nelcaso di utilizzazione come carica per la petrolchimica,propano e butani vengono commercializzati puri.

In funzione dei diversi obiettivi sopra descritti si pos-sono realizzare diverse tipologie di degasolinaggio piùo meno spinte, dalla più semplice (con punto di rugiadain idrocarburi del gas da �7 a �10 °C) fino a recuperiche riguardano anche l’etano e non solo il GPL.

Il processo più semplice e intuitivo di degasolinag-gio è quello basato sulla refrigerazione del gas, che sipuò ottenere in molti modi. Uno è quello considerato inprecedenza per ottenere la semplice disidratazione, basa-to sull’autorefrigerazione del gas per espansione. Loschema d’impianto è identico (v. ancora fig. 4); la soladifferenza è data dalle caratteristiche del gas da trattare.In questo caso infatti l’alimentazione all’unità di dega-solinaggio non è un gas secco (dry gas) ma un gas ricco.Nel separatore freddo, LTS, si separano quindi due fasiliquide al fondo: una di acqua e glicol e una di idrocar-buri. Benché le due fasi abbiano una notevole differen-za di densità e la fase disperdente, quella degli idrocar-buri, abbia una viscosità molto bassa, solitamente il LTSè soltanto bifase. Quindi la separazione tra glicol dilui-to e idrocarburi condensati si effettua in un separatore avalle dedicato a questa operazione. Per migliorare la con-dizione di quest’ultima separazione si può preriscalda-re l’emulsione.

Una volta separate le due correnti liquide, il con-densato viene stabilizzato e il glicol viene rigenerato. Inquesta situazione la portata di glicol è molto modestaperché si tratta di inibire gli idrati e non di disidratare.Inoltre la concentrazione del glicol da iniettare vienemantenuta a un livello più basso (70-85% in peso) perridurne la viscosità. Per questa operazione è usato quasiesclusivamente il glicol monoetilenico.

Di solito, nella separazione gas-liquido a freddo ven-gono utilizzati sistemi di abbattimento delle gocce piùsofisticati e più efficienti della semplice materassina fil-trante. Quest’ultima oltretutto è poco indicata anche acausa del suo possibile intasamento (e conseguente rot-tura) dovuto alla formazione di cristalli di idrati e diparaffina solida conseguente a un malfunzionamento nel-l’iniezione dell’inibitore. Per eliminare questi inconve-nienti è spesso utilizzato il separatore a cicloni.

È bene notare che lo schema di trattamento (LTS)descritto sopra è molto più utilizzato per il degasolinag-gio che per la semplice disidratazione, per la quale è limi-tato a pochi casi circoscritti; infatti l’abbassamento dipressione e il conseguente raffreddamento hanno un effet-to contrapposto per quanto riguarda l’acqua, mentre lacondensazione degli idrocarburi, al di sopra della cri-condenterma, è favorita da un abbassamento della pres-sione, oltre che dal conseguente abbassamento di tem-peratura legato all’espansione. Ciò fa sì che quando sideve operare un degasolinaggio del gas la pressione ope-rativa ottimale è data dalla cricondenterma stessa o daun valore prossimo a essa. Il valore di questo parametroper il gas naturale è nell’intervallo 30-50 bar assoluti,corrispondente a livelli di pressione non ottimali per ladisidratazione.

Se il gas da trattare viene prodotto a pressioni piùelevate si può quindi utilizzare il salto di pressione che,insieme alla riduzione di temperatura, facilita la con-densazione di idrocarburi. A valle del trattamento si pro-cede poi alla compressione necessaria per il trasportodel gas (70-80 bar assoluti di pressione).

In altri casi, come per il gas associato a un greggio,il gas viene prodotto a pressioni più basse e deve quin-di essere compresso a monte del trattamento. In questecondizioni, mantenendo quanto più possibile la pressio-ne operativa dell’unità ai valori sopra indicati, è neces-sario prevedere un diverso sistema di refrigerazione.

Questa condizione può essere ottenuta mediante unciclo esterno di refrigerazione meccanica. In tal caso latemperatura richiesta dal separatore freddo viene otte-nuta con uno scambiatore (chiller) in cui il fluido refri-gerante evapora a bassa temperatura asportando caloreal gas da trattare. Le altre componenti dell’unità di trat-tamento non sono molto diverse dallo schema prece-dentemente descritto.

La peculiarità di questa soluzione è quella di man-tenere pressoché invariata la pressione del gas trattato

694 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

Page 15: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

attraverso l’unità. Le perdite di carico nell’interscambiogas-gas e nel chiller possono essere contenute nel campodi 1-1,5 bar.

Nel par. 5.4.6 verranno descritte più dettagliatamen-te le varie unità di refrigerazione utilizzate nel condi-zionamento del gas e nello stoccaggio refrigerato deiprodotti liquidi che ne derivano (GPL e NGL, NaturalGas Liquid).

Con la refrigerazione meccanica si possono rag-giungere temperature molto più basse di quelle richie-ste dal semplice condizionamento del gas. Per esempio,usando propano come fluido refrigerante, si può mante-nere la temperatura d’evaporazione a �40 °C circa; diconseguenza si può raffreddare il gas fino a �36 °C.

In questo campo di temperature è necessario proce-dere a una vera e propria disidratazione del gas a montedella refrigerazione stessa, in quanto il sistema di inibi-zione idrati precedentemente descritto ha un campo diutilizzo molto limitato.

Per evitare la condensazione di acqua la disidrata-zione deve garantire ovviamente una temperatura di rugia-da del gas più bassa di quella a cui verrà portato median-te la refrigerazione. La tipologia di disidratazione pre-scelta sarà quindi adeguata al punto di rugiada richiesto.

Per esempio, dovendo raffreddare a �35 °C un gasassociato si utilizza una disidratazione con TEG rige-nerato in modo spinto (99,95% in peso) con strippingo sotto vuoto. In alcuni casi può essere usata anche ladisidratazione ancora più spinta con setacci molecola-ri. Il condensato leggero che si ottiene nel separatorefreddo (LTS) viene definito in questo caso NGL. Que-sta corrente liquida è satura in idrocarburi leggeri e peressere commercializzata deve subire un adeguato fra-zionamento.

Lo schema più comune in questi casi è quello cheprevede due prodotti liquidi: GPL e gasolina stabilizza-ta. Il prodotto liquido dal fondo dell’LTS viene alimen-tato a una prima colonna di frazionamento, deetanatri-ce, il cui prodotto di testa è un gas costituito essenzial-mente da metano ed etano; il prodotto di fondo è costituitoda propano e idrocarburi superiori (C3+).

Il gas di testa della deetanatrice, dopo aver recupe-rato le frigorie con un interscambio, viene miscelato allacorrente principale del gas. Dal momento che la colon-na in esame opera a pressione di 25-30 bar assoluti, perottenere questo risultato è necessario prevederne la ricom-pressione. Il prodotto di fondo diviene l’alimentazionedella colonna successiva dove si effettua il frazionamentodei due prodotti liquidi. Dalla testa di tale colonna siottiene il GPL, dal fondo la gasolina stabilizzata.

A volte, anziché del solo GPL, si prevede un recu-pero molto spinto degli idrocarburi superiori che inclu-de l’etano (carica per la petrolchimica).

In questo caso la refrigerazione che si deve ottenere èmolto spinta: fino a circa �100 °C. Questa temperatura

finale del gas potrebbe essere ottenuta mediante un ciclodi refrigerazione in cascata. L’impianto più usato in que-ste condizioni utilizza l’autorefrigerazione del gas stes-so, integrata eventualmente con un apporto esterno difrigorie prodotte con un ciclo di refrigerazione mecca-nica (ciclo a propano). Per raggiungere le basse tempe-rature sopra citate si utilizza l’espansione del gas stessocon produzione di lavoro attraverso un espansore. Pervalutare in modo semplice quanto sopra ci si riferisce aldiagramma entalpia-pressione del metano.

Si realizza un’espansione con produzione di lavoroottenendo un raffreddamento molto più elevato a paritàdi espansione. Nell’espansore si ottiene comunementeun rendimento adiabatico dell’85%, pertanto il raffred-damento ottenuto si discosta molto poco dalla corri-spondente trasformazione a entropia costante.

Normalmente la turbina d’espansione è calettata all’al-bero di un compressore centrifugo che ricomprime il gastrattato. Con questa soluzione si può quindi ottenere unnotevole abbassamento di temperatura del gas con unariduzione di pressione contenuta.

5.4.5 Altri trattamenti

Addolcimento

Assorbimento con alcanolammineQuesto processo ha lo scopo di rimuovere i gas acidi

(essenzialmente CO2, H2S e COS) presenti nel gas natu-rale. Anche i mercaptani, qualora presenti in quantitati-vi superiori al limite accettabile (20 ppm di zolfo tota-le), devono essere rimossi dal gas.

Mentre la rimozione del biossido di carbonio e delsolfuro di idrogeno si ottiene con un unico trattamen-to, quella dei mercaptani si realizza, generalmente, conun trattamento separato. Esistono molti processi diaddolcimento del gas naturale. Senza dubbio il piùcomune si basa sull’assorbimento mediante una solu-zione alcalina (pH 11-13). Questo tipo di lavaggio delgas si fonda quindi sulla reazione di neutralizzazionetra l’acido debole da rimuovere (H2S, CO2) e un rea-gente basico appropriato. Questa reazione deve esserereversibile per permettere la rigenerazione della solu-zione reagente.

In tab. 2 sono riportate le caratteristiche dei reagen-ti più comunemente usati (alcanolammine) nell’industriadel gas naturale.

Un altro reagente usato in sostituzione delle alcano-lammine e che sviluppa una reazione di neutralizzazio-ne molto simile a queste ultime in fase acquosa è il car-bonato potassico (K2CO3).

Le reazioni base dell’assorbimento e della rigenera-zione delle ammine, in presenza di H2S e CO2, si pos-sono rappresentare come segue:

695VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

Page 16: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

Reazioni dell’ammina primariavelocità di reazione

2NRH2 + H2S ↔ (RNH3)2S istantanea

(RNH3)2S + H2S ↔ 2RNH3HS istantanea

2NRH2 + H2O + CO2 ↔ (RNH3)2CO3 moderata

(RNH3)2CO3 + H2O + CO2 ↔ 2RNH3HCO3 moderata

2NRH2 + CO2 ↔ RNHCOONH3R moderata

Reazioni dell’ammina terziariavelocità di reazione

2R3N + H2S ↔ (R3NH)2S istantanea

(R3NH)2S + H2S ↔ 2R3NHHS istantanea

2R3N + H2O + CO2 ↔ (R3NH)2CO3 lenta

(R3NH)2CO3 + H2O + CO2 ↔ 2R3NHHCO3 lenta

Trattandosi di reazioni in fase liquida la cinetica del-l’assorbimento dipende, oltre che dalla velocità di rea-zione, dal passaggio del gas acido dalla fase gassosa aquella liquida e dal relativo equilibrio di reazione.

Spesso la diffusione al film tra le due fasi vapore-liquido rappresenta l’elemento critico del processo glo-bale d’assorbimento, incluse le reazioni di equilibrio infase liquida sopra citate. Per questa ragione nella realiz-zazione pratica di un assorbimento con reazione è neces-sario analizzare molto accuratamente questo aspetto peravere un dimensionamento ottimale dell’assorbitore. Intermini pratici si può affermare che per ridurre l’impat-to della resistenza alla diffusione al film gas-liquido èfondamentale aumentare quanto più possibile la super-ficie di contatto tra le due fasi rendendo contempora-neamente sottile il film liquido, ovvero usare interni conun alto rapporto tra superficie e volume (impaccamentisfusi o strutturati). A parità di volume dell’assorbitorequesta scelta comporta una riduzione marcata del tempodi permanenza del liquido nell’assorbitore stesso.

Per quanto riguarda l’avanzamento della reazione,la situazione è opposta: è evidente che un tempo di

permanenza del liquido ridotto non favorisce certamen-te il completamento della reazione. Vi è infatti una note-vole differenza nella cinetica di reazione del solfuro diidrogeno con il reagente basico rispetto a quella che que-st’ultimo svolge con il biossido di carbonio, principal-mente nel caso di addolcimento mediante ammine ter-narie e quaternarie. Tipico è il caso della MDEA (metil-dietilenammina) che garantisce un assorbimento moltoselettivo a favore dell’H2S rispetto al CO2.

Quanto sopra esposto spiega come si possa miglio-rare notevolmente la selettività minimizzando il tempodi permanenza, operando un’adeguata scelta e un cor-retto dimensionamento degli interni della colonna diassorbimento e scegliendo opportunamente il reagente.

La reazione di assorbimento del solfuro di idrogeno,che richiede tempi inferiori, si può realizzare con un minornumero di stadi di equilibrio in controcorrente. Sfruttan-do questa peculiarità è possibile quindi abbattere quasitotalmente l’H2S, come richiedono le specifiche di tra-sporto e di distribuzione del gas, senza dover rimuoverecompletamente il CO2 che, salvo casi particolari, può rima-nere nel gas anche a valori relativamente elevati.

Quando invece si deve rimuovere in modo spinto ilbiossido di carbonio, pur utilizzando gli stessi reagenticaratterizzati da alta selettività (per esempio MDEA), sideve progettare l’impianto aumentando considerevol-mente sia il numero degli stadi di equilibrio sia il tempodi permanenza del liquido; per esempio nel caso di assor-bimento con piatti a valvole si usa un alto numero di piat-ti. Inoltre per migliorarne l’efficienza si aumenta il tempodi permanenza del liquido sul piatto con vari accorgi-menti, per esempio aumentando l’altezza dello stramazzoe utilizzando, ove possibile, la configurazione a un solopassaggio. Quando le portate di ammina sono elevate(alta concentrazione di CO2 da rimuovere), quest’ultimaopzione può comportare un aumento troppo penalizzantedel diametro dell’assorbitore; in questo caso si utilizzail piatto a doppio passaggio (double-split flow).

Lo schema di assorbimento-rigenerazione tipico èquello rappresentato in fig. 10. Il gas acido viene lavatodalla soluzione amminica rigenerata e opportunamente

696 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

tab. 2. Proprietà fisiche delle ammine

MEA DEA MDEA SNPA-DEA

Formula chimica HOC2H4NH2 (HOC2H4)2NH2 (HOC2H4)2NCH3 (HOC2H4)2NH2Peso molecolare 61,08 105,14 119,16 - Temperatura di ebollizione (°C) a 1 atm 170,5 246 247,22 - Viscosità (cP) a 20 °C 24,1 350 10,3 (a 30 °C) - Calore di reazione con H2S (kcal/kg) 305-371,5 277,3-332,7 283,4 Calore di reazione con CO2 (kcal/kg) 343,8-388,2 321,6-360,5 362,1 Capacità specifica di assorbimento di gas acido (mol/mol) 0,33-0,4 0,35-0,65 0,6-0,8 0,72-1,02

Intervallo di concentrazione (% in peso) 15-22 25-35 35-50 25-35

Page 17: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

raffreddata nella colonna d’assorbimento. L’assorbimentoè favorito dalle basse temperature, anche perché la rea-zione che si sviluppa è esotermica.

La soluzione ricca dal fondo dell’assorbitore vieneprima inviata in un flash drum dove per effetto della pres-sione ridotta (3-7 bar assoluti) si separa una parte delgas; successivamente, la soluzione, dopo aver scambia-to calore con la soluzione rigenerata calda, viene ali-mentata alla testa della colonna di rigenerazione. Qui ilgas acido viene rimosso mediante stripping in correntedi vapore. In sostanza la reazione inversa di desorbimentoè favorita dalla bassa pressione (1,1 bar assoluti) e dal-l’alta temperatura ottenuta mediante il ribollitore di fondo(120-132 °C ). Anche le ammine, come il glicol, sonosoggette a degradazione termica che limita la tempera-tura di rigenerazione; tale limite è ancor più marcatodalla necessità di controllare la corrosione. Per limitarela temperatura di rigenerazione si ricorre a soluzionimolto diluite; da questo punto di vista l’ammina più sta-bile e che consente concentrazioni particolarmente ele-vate è la MDEA (v. ancora tab. 2). Il tipo di fluido riscal-dante più usato nel ribollitore è il vapore saturo a bassapressione.

Assorbimento con carbonato potassicoL’unità non è molto diversa da quella con soluzione

amminica già citata. Nel caso dell’assorbimento con solu-zione di carbonato potassico a caldo (hot potassium car-bonate), il raffreddamento della soluzione rigenerataall’ingresso dell’assorbitore può essere evitato o ridottoal minimo (fig. 11). Questo processo è stato molto uti-lizzato negli anni passati perché, come facilmente intui-bile, diminuisce il consumo di energia termica per larigenerazione e l’uso di grandi superfici di scambio. Unsecondo vantaggio, in casi particolari come quello ana-lizzato qui di seguito, è legato al tipo di gas da trattare.

Come tutte le altre soluzioni a contatto con una fasegassosa, quella basica necessaria all’addolcimento hauna forte tendenza alla formazione di schiuma, che vienemolto accentuata dalla presenza di una terza fase costi-tuita da idrocarburi liquidi, i quali possono essere pre-senti in quanto trascinati dal gas o prodotti in seguito acondensazione.

Talvolta, nella rimozione di gas acido in forti con-centrazioni, nell’assorbitore possono crearsi condizionidi sovrasaturazione anche legate alla riduzione di un iner-te, quale per esempio il biossido di carbonio, con conse-guente aumento della concentrazione degli idrocarburipesanti (C5+) presenti nel gas d’alimentazione. In queste

697VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

gasdesolforatogdesolforatog gas

acidog

acido

gas dicaricagcarica

flashgas

ribollitore

condensatore

raffreddatoredella soluzione

rigenerata

scambiatoresoluz. ricca/soluz. rigen.

fig. 10. Lavaggioamminico.

gas desolforatogas acido

vapore

gas dicaricagcarica soluzione rigenerata

soluzionericca

fig. 11. Assorbimento con carbonato potassico a caldo.

Page 18: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

condizioni il raffreddamento della soluzione circolantea temperatura ambiente, tipico del processo con ammi-ne, può provocare la sovrasaturazione e di conseguenzala presenza indesiderata di idrocarburi liquidi.

Il processo con carbonato a caldo evita questa condi-zione mantenendo tutto l’assorbitore a temperatura ele-vata (80-90 °C). Lo svantaggio principale di questa solu-zione è legato alla necessità di reintegrare l’acqua che allealte temperature satura il gas trattato. Per ridurre questofenomeno e contemporaneamente migliorare il bilancioenergetico dell’impianto, è prassi comune inserire a montedell’assorbitore uno scambio di calore tra il gas d’ali-mentazione e il gas trattato, con recupero dell’acqua con-densata da quest’ultimo. Questa soluzione ha una secon-da finalità che si può rivelare determinante quando que-sto trattamento di addolcimento è seguito da una successivadisidratazione, per esempio mediante glicol. In questo casoil semplice abbattimento delle gocce trascinate non è suf-ficiente a proteggere dall’inquinamento la soluzione cir-colante nell’impianto a valle. L’abbattimento a umido rea-lizzato mediante la condensazione d’acqua, oltre a esse-re più efficiente, diluisce in modo importante laconcentrazione di reagente basico nell’acqua trascinatadal gas, riducendone quindi la concentrazione.

Il processo originale hot carbonate è stato modificatoe sostituto dai più efficienti processi Benfield ed Eickmeyer(Eickmeyer, 1962) schematizzati in fig. 12. Questi due pro-cessi si differenziano principalmente da quello al carbo-nato caldo perché prevedono un raffreddamento della cor-rente alimentata in testa all’assorbitore, oltre all’utilizzodi additivi brevettati adatti a ridurre la corrosività dellasoluzione da rigenerare. Questi additivi consentono soprat-tutto di mantenere una più elevata concentrazione del rea-gente nella soluzione acquosa, aumentando così la capa-cità di trattamento e riducendo il circolante dell’impian-to. Lo schema previsto da questi ultimi processi puògarantire, oltre a una rimozione parziale del biossido dicarbonio (concentrazione finale di CO2 nel gas minoredell’1% in mol), una rimozione del solfuro di idrogeno aspecifica di distribuzione del gas.

Utilizzo di membraneUna rimozione parziale di gas acidi dal gas naturale,

principalmente biossido di carbonio (CO2), può anche esse-re ottenuta mediante l’uso di membrane semipermeabili.

Il principio su cui si basa l’impianto in esame è sem-plice: una miscela di più componenti, in questo caso infase gassosa, può essere separata in due correnti distintesfruttando la permeabilità selettiva di alcuni compostipolari presenti nel gas (come acqua e CO2) rispetto agliidrocarburi. In questo modo, una corrente di gas natura-le con altissimi contenuti di biossido di carbonio e satu-ra d’acqua può essere trattata con un impianto a mem-brane per ottenere la rimozione parziale di CO2 (per esem-pio l’80% del contenuto iniziale) e una contemporanea

disidratazione del gas. La corrente da trattare in pres-sione (42-48 bar assoluti) viene preventivamente filtra-ta per proteggere la membrana di separazione dalla pre-senza di particelle solide o gocce di idrocarburi.

Per prevenire la formazione di condensa, che potreb-be anche essere causata dalla sovrasaturazione in idro-carburi superiori conseguente alla rimozione dell’inerte(CO2), il gas viene preriscaldato a una temperatura dicirca 20 °C al di sopra del suo punto di rugiada.

A valle di questo pretrattamento, il gas viene separa-to in due correnti dalla membrana. La prima corrente,costituita principalmente dagli idrocarburi, è il gas tratta-to; la seconda, il gas permeato, è una corrente in cui siconcentrano il biossido di carbonio e l’acqua rimossi. Que-st’ultima corrente si trova a una pressione molto vicina aquella atmosferica (2-3 bar assoluti) e contiene una partenon trascurabile di idrocarburi, soprattutto metano.

Gli idrocarburi superiori (propano, butani, ecc.) riman-gono invece nella corrente principale; in questo modo,attraverso la rimozione dell’inerte, si ottiene un notevo-le arricchimento del contenuto di idrocarburi superiorinel gas trattato che ne facilita la separazione e il recu-pero mediante LTS.

L’impianto è molto compatto e quindi adatto a instal-lazioni offshore. I limiti principali per la sua utilizzazionesono legati alle notevoli perdite di idrocarburi (20% circa)nella corrente di scarto (permeato) e al costo operativomolto elevato, dovuto alla sostituzione frequente della mem-brana stessa che costituisce il cuore dell’impianto.

Tutti gli impianti di addolcimento descritti preve-dono l’uso di materiali adeguati per resistere alla cor-rosione acida sia nell’assorbitore a pressione, sia nella

698 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

gas desolforato

gas acido

vapore

gas dicaricagcarica soluzione rigenerata

soluzionericca

fig. 12. Processo split-flow con carbonato potassico.

Page 19: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

rigenerazione (acciai a norme NACE, National Asso-ciation of Corrosion Engineers). In particolare la testadella rigenerazione e il relativo condensatore e accumu-latore di riflusso richiedono acciai AISI 316L o duplex.

Cenni sul trattamento di recupero dello zolfo e di lavaggio del gas di coda

Quando il gas acido rimosso contiene solfuro di idro-geno, quest’ultimo deve subire un trattamento successi-vo che lo trasforma in zolfo. Questo processo, che quiviene solo accennato, richiede una serie di stadi di rea-zione che realizzano la reazione di Claus: 2H2S�SO2↔ 2H2O�2S�calore. La reazione si realizza su un lettocatalitico (bauxite) con i reagenti in quantità stechio-metrica. Il rapporto stechiometrico si ottiene con unaparziale ossidazione con aria del solfuro di idrogeno aSO2 ottenuto ad alta temperatura (1.100 °C o maggiore)nel reattore termico.

Il mantenimento della temperatura di reazione è datodal calore ottenuto dall’ossidazione parziale dell’H2S aSO2; la temperatura di reazione è legata inoltre alla quan-tità di inerti presenti nel gas acido. Nel caso di addolci-mento di gas con contenuti elevati di CO2 quest’ultimopuò determinare una diluizione notevole del solfuro diidrogeno nel gas acido e conseguentemente ridurre latemperatura del reattore termico al di sotto del valoreottimale sopra citato. Questo avviene quando la con-centrazione dell’H2S è inferiore al 50% in mol.

Se il gas da trattare ha un rapporto H2S/CO2 inferio-re a uno, il modo migliore per ridurre i costi legati all’im-pianto di conversione in zolfo (SRU, Sulfur Recovery Unit)è quello di ottenere un addolcimento selettivo, ovvero larimozione totale del solfuro di idrogeno abbinata a unassorbimento parziale di CO2. Con un contenuto residuonel gas del 2-3% in mol di CO2 si può ridurre di gran lungala quantità di gas acido da trattare nell’impianto SRU.

Per poter rilasciare nell’atmosfera l’azoto e il biossidodi carbonio che costituiscono il gas residuo (tail gas) ènecessario inoltre ridurne il contenuto di composti solfo-rati. Per realizzare ciò, è necessario prevedere un’unità dilavaggio del gas di coda (TGCU, Tail Gas Clean-up Unit).Quest’ultima consta di un reattore di idrogenazione perridurre i composti solforati a H2S, seguito da un raffred-damento e da una sezione di arricchimento in H2S del gasacido così ottenuto. Questa sezione provvede a un lavag-gio con MDEA che consente di assorbire la gran parte delsolfuro di idrogeno presente nel gas di coda. In questomodo, attraverso la rigenerazione della soluzione ricca, siottiene un gas acido più ricco di H2S che viene riciclato inalimentazione all’impianto di recupero dello zolfo assie-me all’alimentazione principale. Con l’abbinamento SRU-TGCU è possibile limitare l’emissione in atmosfera di com-posti solforati allo 0,1% dello zolfo totale prodotto.

È importante notare come la presenza di CO2 nel gasacido e conseguentemente nel gas di coda della SRU

provochi un appesantimento di tutto il sistema di lavag-gio descritto oltre che dell’unità stessa. Il riciclo della cor-rente contenente H2S che proviene dalla TGCU provocauna ulteriore diluizione della carica della SRU, in quantoanch’essa è fortemente diluita. Se si tiene conto del fattoche sia il recupero di zolfo sia la conseguente TGCU hannouna notevole importanza nel trattamento di desolforazio-ne del gas, si può facilmente intuire anche l’importanzadella selettività nell’addolcimento del gas naturale.

Cenni sull’assorbimento fisicoIn molti casi, specialmente quando la concentrazio-

ne di H2S e CO2 nel gas da trattare è molto elevata, puòessere conveniente l’utilizzo di un solvente fisico perottenerne la rimozione.

A differenza dei processi trattati in precedenza, l’usodi un solvente fisico non dà luogo a una reazione di neu-tralizzazione con conseguente sviluppo di calore. La suarigenerazione viene effettuata quindi senza apporto dicalore e per semplice separazione flash, con più stadi apressioni ridotte fino a quella atmosferica. Spesso, permigliorare la rigenerazione del solvente, l’ultimo stadiodi flash viene seguito da una colonna di stripping a fred-do mediante gas dolce. Questa soluzione può essere adot-tata sia per ottenere una rimozione parziale del gas acido,sia per la rimozione totale.

Recentemente l’utilizzazione generalizzata d’impiantidi desolforazione per tutti i prodotti petroliferi ha por-tato alla saturazione del mercato dello zolfo, con la con-seguente notevole difficoltà di smaltimento dello stes-so. Per ovviare a tale inconveniente, nel trattamento digas ad alto contenuto di H2S associato alla produzionedi greggio, trova sempre più spazio l’utilizzo di impian-ti di rimozione parziale come quello qui descritto, instal-lati a testa pozzo. In questo modo, anziché prevedere laproduzione di zolfo, i gas di rigenerazione del solventevengono compressi e miscelati a una parte del gas asso-ciato e reiniettati nel giacimento stesso.

Cenni sulla rimozione del solfuro di idrogeno con processi ossidativi

Quando un gas ha un contenuto molto modesto diH2S (per esempio pari a 0,02-0,05% in mol) può esserepurificato senza intaccare il contenuto di biossido di car-bonio. In questo modo si realizza il 100% di selettività,impossibile con i solventi precedentemente descritti.

I processi ossidativi per la rimozione dell’H2S pre-sentano anche un altro grande vantaggio: consentono diprodurre direttamente lo zolfo elementare nella fase dirigenerazione della soluzione ricca, oltre a realizzare larigenerazione a freddo mediante una semplice ossida-zione con aria.

Questa tipologia di trattamento ha origini lontane:deriva infatti dai primi processi realizzati per la desolfo-razione del gas di cokeria. L’assorbimento del solfuro di

699VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

Page 20: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

idrogeno e la sua ossidazione a zolfo avvenivano su un lettodi limonite, sesquiossido di ferro, insufflando nella caricaun piccolo volume d’aria per fornire la quantità stechio-metrica di ossigeno richiesta dalla reazione di ossidazio-ne dell’H2S a zolfo. Tale processo, per le sue caratteristi-che intrinseche, è discontinuo e mal si adatta a un tratta-mento di grandi portate di gas in alta pressione, tipichedell’industria del gas naturale. Recentemente sono statimessi a punto dei processi basati su questa reazione cheutilizzano il catalizzatore a base di ossidi di ferro, mante-nuto in soluzione acquosa mediante chelanti organici (bre-vetto LO-CAT e Sulferox). In questo modo è possibile rea-lizzare un processo continuo di assorbimento-rigenera-zione, come quello utilizzato per un lavaggio amminico.

L’H2S presente nel gas viene assorbito e ossidato insoluzione nell’assorbitore a pressione. La soluzione assor-bente è molto diluita e quindi richiede una quantità diliquido circolante molto elevata per rimuovere quantita-tivi modesti di H2S: questa è la limitazione principaledel processo in esame.

La soluzione assorbente viene poi rigenerata a pres-sione atmosferica e temperatura ambiente insufflandoaria che libera lo zolfo elementare in fase solida; questozolfo può essere estratto dalla soluzione rigeneratamediante un filtro rotativo. Se il chimismo della reazio-ne viene adeguatamente tenuto sotto controllo, i pani dizolfo ottenuti attraverso la filtrazione ed essiccati pos-sono essere facilmente manipolati e trasportati.

Come si è accennato all’inizio, dovendo trattare ungas con bassi contenuti di H2S, la filtrazione, la mani-polazione, lo stoccaggio e il trasporto dello zolfo noncostituiscono un problema. Se si considera che anche lozolfo prodotto mediante la reazione di Claus, pur essen-do molto più puro, non trova oggi facile collocazione acausa della sua sovrabbondanza, viene a cadere lo svan-taggio di produrre zolfo parzialmente inquinato dal sol-vente, come nel caso descritto.

Rimozione dei mercaptani

Questi composti sono molto spesso presenti nei gasad alto contenuto di solfuro di idrogeno, anche se in quan-tità molto più limitate rispetto a quest’ultimo.

Benché essi abbiano caratteristiche acide, più mar-cate per il metilmercaptano che per l’etilico, non ven-gono totalmente rimossi durante il trattamento di addol-cimento mediante lavaggio amminico.

Tenendo conto dei valori di concentrazione ammessi perla commercializzazione del gas, in alcuni casi può quindirisultare necessario ricorrere a un trattamento aggiuntivo.

In realtà il comportamento termodinamico dei duecomposti (volatilità simile a quella dei butani per il meti-lico e dei pentani per l’etilico) fa sì che un notevole abbat-timento dei mercaptani si possa ottenere con la refrige-razione del gas legata al degasolinaggio.

È facile intuire che un recupero spinto dei butani pre-senti in un gas ricco comporta contemporaneamente unabbattimento pressoché totale dell’etilmercaptano e unarimozione più limitata, ma significativa, del metilmercap-tano che, come detto, viene rimosso in modo più signifi-cativo dal lavaggio amminico. Ne risulta che, in un tratta-mento globale del gas che preveda un addolcimento segui-to da un degasolinaggio spinto, entrambi i mercaptanivengono rimossi dall’effetto combinato dei due trattamenti.

Si può notare che, qualora l’addolcimento prevedaun lavaggio con solvente fisico ad alta pressione, que-st’ultimo trattamento esercita una rimozione molto piùspinta di quella ottenibile con il corrispondente lavag-gio amminico e di solito garantisce da solo il raggiun-gimento della specifica richiesta. Il trattamento ossida-tivo precedentemente descritto non ha invece alcunainfluenza sulla rimozione dei mercaptani.

Eventuali tracce indesiderabili di questi ultimi perparticolari trattamenti, come la liquefazione del gas, ven-gono assorbite e quindi rimosse totalmente dai setaccimolecolari usati per la disidratazione. Eccettuato questocaso particolare, normalmente non si deve ricorrere a untrattamento dedicato alla rimozione dei mercaptani, maci si affida al trattamento globale.

Rimozione del mercurio

Molti impianti di recupero spinto di NGL e in parti-colare quelli di liquefazione, oltre all’uso generalizzatodi acciai inossidabili ad alto contenuto di nichel, usanoscambiatori, per esempio i plate fin costruiti con allu-minio e sue leghe. Questo materiale, in presenza di pic-colissime quantità di mercurio liquido, provoca un amal-gama dei due elementi, con conseguente distruzione del-l’apparecchiatura stessa. È pertanto necessario ridurrepreventivamente a bassissime concentrazioni l’eventua-le presenza di mercurio nel gas da trattare.

Analizzando la volatilità di questo elemento si capisceche la sua presenza nel gas naturale può raggiungere anchelivelli elevati alle condizioni di giacimento (alte tempera-ture). A temperatura ambiente l’effetto dannoso del mer-curio non è significativo perché, in queste condizioni, rima-ne in fase gassosa e quindi non interagisce con le superfi-ci metalliche con cui viene a contatto. Alle bassetemperature, se presente in concentrazioni non trascurabi-li, raggiunge la condizione di saturazione e, nella fase liqui-da conseguente, produce gli effetti sopramenzionati, par-ticolarmente pericolosi per le componenti in alluminio.

Anche altri materiali d’uso comune nell’industria delgas possono subire danni, interagendo con il mercurioliquido. Per i motivi esposti, in tutti i processi che richie-dono la refrigerazione del gas alla base del trattamentoè necessario quindi prevedere un’unità di rimozione delmercurio, costituita da un reattore su supporto solido cheriduce il mercurio a valori di poche ppb e che ha una

700 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

Page 21: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

configurazione simile a un filtro a carbone attivo. Il mer-curio presente nel gas, passando attraverso il filtro, rea-gisce formando composti solforati (HgS) che consento-no di recuperarlo e manipolarlo in modo sicuro. Questarimozione solitamente viene effettuata a valle della disi-dratazione (realizzata con glicol) e a monte di tutti i trat-tamenti successivi.

5.4.6 Apparecchiature di processoe impianti particolari

Separatori e slug catcherPer la separazione liquido-gas gli apparecchi più uti-

lizzati sono del tutto simili a quelli descritti nel cap. 5.3,con la differenza che la configurazione dei separatori piùusata è in questo caso quella verticale.

Il separatore a doppio corpo è uno dei pochi sistemidi configurazione orizzontale utilizzati nel trattamentodel gas naturale. Le due tubazioni di interconnessionetra i due corpi sovrapposti (down comers) sono di dimen-sioni sufficienti a smaltire rapidamente il cuscino di liqui-do in arrivo con il gas, lasciando libero il corpo supe-riore del separatore, che in questo modo funge esclusi-vamente da abbattitore delle gocce trascinate dal gas. Laparte inferiore funge da polmone del liquido; il gas chesi separa da quest’ultimo risale al corpo superiore attra-verso i due down comers. Questo sistema di separazio-ne può essere installato all’arrivo di una breve condottacon condensazione e conseguente accumulo di liquido.

Quando la condotta è di grandi dimensioni e l’accu-mulo (hold up) diventa molto importante è necessarioprevedere un vero e proprio polmone di assorbimentodei liquidi (slug catcher). Quello più comunemente usato(finger type) è costituito da un sistema di tubazioni oriz-zontali parallele collegate tra loro a pettine. Ciascun ele-mento del pettine funziona come il separatore a doppiocorpo sopra descritto. Aumentando il numero degli ele-menti in parallelo e considerando lunghezze dell’ordinedi 100 m, per la parte inferiore, si possono catturare eseparare adeguatamente volumi di liquido molto eleva-ti con un’apparecchiatura ingombrante ma relativamen-te semplice ed economica.

Le due parti, superiore e inferiore, per facilitare laraccolta e il drenaggio del liquido separato, hanno unaleggera pendenza rispetto all’ingresso del gas: inclina-zione verso l’alto per la parte superiore e inclinazioneverso il basso per quella inferiore.

Scambiatori di caloreGli scambiatori di calore utilizzati nel trattamento del

gas vanno dai più comuni scambiatori a fascio tubiero (shelland tubes), ai più sofisticati scambiatori a piastre (platefin), fino agli scambiatori criogenici utilizzati nei recupe-ri spinti di NGL o nella liquefazione del gas naturale.

Nel trattamento del gas sono stati recentemente intro-dotti scambiatori estremamente compatti che rappre-sentano un’evoluzione degli scambiatori a piastre (PCHE,Plate Compact Heat Exchanger), molto utilizzati, in spe-cial modo nel trattamento offshore.

La scelta del tipo di scambiatore più adatto è legataessenzialmente a criteri operativi (potenzialità richiestae alte temperature da raggiungere) e logistici (spaziodisponibile combinato alla necessità di minimizzare ipesi). Altro fattore particolarmente importante è la neces-sità di manutenzione dello scambiatore legata princi-palmente alle caratteristiche dei fluidi da trattare e allarelativa tendenza allo sporcamento.

In generale, quando l’interscambio coinvolge fluidi digiacimento con contenuto non trascurabile di solidi sospe-si e comunque con tendenza elevata allo sporcamento, èconsigliabile limitare l’uso ai tradizionali scambiatori shelland tubes, utilizzando la tipologia a testa flottante che per-mette di sfilare il fascio tubiero dal mantello. Questa ope-razione consente la pulizia meccanica della superficieesterna del fascio tubiero e la facile sostituzione di sin-goli tubi eventualmente danneggiati.

Quando i fluidi da interscambiare sono entrambi puli-ti, per esempio gas a valle di un separatore o meglio anco-ra di una singola unità di trattamento come quella adibitaalla disidratazione, è possibile utilizzare scambiatori moltopiù compatti, come quelli a piastre. Il materiale costruttivodi un plate fin è l’alluminio, che consente di operare anchea temperature criogeniche (�160 °C) ma non è indicato peri fluidi con contenuti significativi di solidi sospesi (bassaresistenza all’erosione rispetto all’acciaio). Questo scam-biatore consente di ottenere coefficienti di scambio moltoelevati ed elevate superfici di scambio per unità di volume.

Il PCHE, a parità di condizioni, permette di ridurreulteriormente l’ingombro. È bene notare che questi tipidi scambiatori più compatti e leggeri hanno un costomolto più elevato del convenzionale fascio tubiero, taleda limitarne l’utilizzo ai soli casi (installazioni offsho-re) in cui il contenimento dello spazio occupato e delpeso risulti fondamentale.

CompressoriNel trattamento del gas i compressori hanno una gran-

de importanza in quanto hanno una rilevanza economi-ca determinante. La scelta della tipologia ottimale si basasu due parametri fondamentali: la portata in volume effet-tivo all’aspirazione e la pressione di mandata.

Si può notare che, nel campo delle basse pressioni,sono molto utilizzati i compressori a vite (rotary screw)che permettono di ottenere rapporti di compressionemolto elevati con un singolo stadio; sono inoltre parti-colarmente utilizzati come compressori del fluido fri-gorifero (v. oltre) e come compressori del flash gas.

I più comuni nell’industria del gas naturale sono i com-pressori centrifughi, che hanno come unica limitazione la

701VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

Page 22: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

portata minima all’aspirazione. Con un sistema di com-pressione a più stadi con raffreddamento intermedio ècomunque possibile coprire quasi tutti i campi di utiliz-zo nel trattamento del gas.

Nel campo delle basse portate e alte pressioni di man-data sono utilizzati i compressori alternativi, che hannoperò un impiego più limitato perché necessitano di mag-gior manutenzione rispetto a un’equivalente macchinarotante; inoltre il moto alternato del pistone, su cui si basala compressione, crea vibrazioni indesiderate e spinte oriz-zontali alternate che, scaricandosi sui supporti della mac-china, si trasmettono alle strutture su cui poggia que-st’ultima. Questa peculiarità costituisce un notevole svan-taggio soprattutto nel caso di piattaforme offshore.

La macchina motrice per i compressori più utilizzataè il motore elettrico. Questa soluzione è particolarmenteindicata nel caso di compressori centrifughi e rotativi anchedi grandi capacità. La limitazione è legata al tipo di gene-razione dell’energia elettrica e alla potenza richiesta dallasingola macchina. Benché si possano usare motori elet-trici da 5 MW e oltre, per le alte potenze si preferisce l’ac-coppiamento diretto con una turbina a gas. Quest’ultima,a differenza della soluzione precedente, permette di rego-lare facilmente la capacità del compressore variando ilnumero dei giri della turbina: in tal modo si ottiene un’im-portante riduzione della potenza assorbita ai bassi regimi.

Nel caso di compressori alternativi l’uso di motorielettrici per l’azionamento è limitato dalla necessità diinserire un riduttore di giri tra il motore elettrico (3.000-3.600 rpm, rotazioni per minuto) e il compressore (400-900 rpm). Ciò comporta un ingombro notevole e una nontrascurabile dissipazione di energia. È quindi comune-mente usato il motore a combustione interna che puòessere accoppiato direttamente al compressore avendoun analogo numero di giri; questa soluzione nei campidelle basse e medie portate è molto utilizzata per poten-ze unitarie elevate (1-2 MW).

Per portate molto elevate e pressioni medio-bassesono utilizzati i compressori assiali, che trovano un note-vole utilizzo non tanto nella compressione del gas natu-rale quanto in quella dei fluidi frigoriferi abbinati allaliquefazione dello stesso.

EspansoriLe tipologie degli espansori (turbine a espansione di

gas, usate nei sistemi di refrigerazione) comunementeutilizzate sono due.

La prima, definita a impulso radiale, è utilizzata in quasitutte le applicazioni del trattamento del gas. Uno dei limi-ti di cui tenere conto nell’applicazione di questo tipo dimacchine è il rapporto d’espansione che non dovrebbe supe-rare il valore di tre; per rapporti d’espansione più elevati èpreferibile utilizzare più stadi di espansione perché ciò per-mette di ottenere rendimenti molto più elevati. Di solitoqueste macchine sono relativamente piccole rispetto alle

turbine a vapore da cui derivano; ci sono comunque appli-cazioni con espansori fino a 5 MW di potenza.

La seconda tipologia di espansori (turbine assiali) èquella utilizzata per potenze più elevate e portate di gasmolto rilevanti; nel campo del gas naturale questa uti-lizzazione non è comunque frequente. Per le basse poten-ze (per esempio fino a 3 MW), l’espansore ha un nume-ro di giri elevatissimo (15.000-18.000 rpm). Pertantol’accoppiamento diretto con un compressore centrifugoche utilizza il lavoro d’espansione prevede una macchi-na estremamente compatta e ad alta efficienza. Per con-tro è necessario prevedere un sistema di lubrificazionealtrettanto efficiente comune alle due macchine.

Si deve notare che l’impiego degli espansori per la refri-gerazione del gas naturale sta prendendo piede, sostituen-do largamente gli impianti tradizionali a refrigerazione mec-canica. Le ragioni di questa tendenza derivano dalla sem-plicità e soprattutto dalla compattezza, come già spiegato.Inoltre è facile notare che con questa apparecchiatura si puòridurre e in qualche caso annullare l’utilizzo di potenza for-nita esternamente al ciclo. Tutto ciò porta a una grande eco-nomicità rispetto alle soluzioni equivalenti che utilizzanol’effetto Joule-Thompson o la refrigerazione meccanica.

Impianti frigoriferiSi è visto in precedenza che nell’industria del gas

naturale molti processi sono basati sulla refrigerazione.

702 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

PB,PC

PATB

TB

TB=TC

SC

SD

TA

TA TD

hLB hLA hVB

entalpia (kcal/kg)

pres

sion

e (k

Pa)

h'VD hVD

A

B C

D' D

Dh Qcd

punto criticocurva dei punti

di bollacurva del punto

di rugiada

fig. 13. Refrigerazione meccanica: A, schema semplificato;B, diagramma entalpia-pressione (GPSA).

AB

C D

valvola di espansione

evaporatore

compressore

condensatore

A

B

Page 23: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

Si aggiunga che anche lo stoccaggio e il trasporto di gasdi petrolio liquefatti (NGL) e il gas naturale liquefatto(GNL) sono basati sull’utilizzazione di vari sistemi direfrigerazione meccanica. Fatta questa premessa si pos-sono analizzare gli impianti più comunemente usati.

Il principio della refrigerazione meccanica è sche-matizzato nella fig. 13: il ciclo di refrigerazione è rea-lizzato mediante la condensazione di un fluido in pres-sione con una sorgente di freddo a temperatura ambien-te, solitamente acqua di raffreddamento o aria. Il fluidoviene poi fatto espandere dalla pressione di condensa-zione a quella di evaporazione attraverso una valvola.Nell’evaporatore (chiller) il fluido refrigerante evaporaasportando calore dal fluido che si vuole refrigerare. Dalmomento che l’evaporazione avviene a pressione costan-te, per un fluido costituito da un componente puro (peresempio propano) la trasformazione è isoterma e il calo-re assorbito è pari al calore latente di evaporazione. All’u-scita dall’evaporatore il fluido viene aspirato dal com-pressore, riportato alla pressione a cui verrà condensa-to e quindi riportato alla fase liquida. Utilizzando ildiagramma entalpia-pressione per il fluido refrigerantein esame, è possibile calcolare le variazioni di entalpianelle tre fasi principali: condensazione, evaporazione,compressione. L’espansione nella valvola che chiude ilciclo è ovviamente una trasformazione a entalpia costan-te. Dalla variazione di entalpia si ricavano i dati essen-ziali per analizzare il ciclo. La trasformazione D-A e ilrelativo DH rappresentano il calore scambiato nel con-densatore suddiviso in due parti: la prima relativa al raf-freddamento del gas compresso fino al raggiungimentodella temperatura di condensazione TA, la seconda allacondensazione totale e isoterma del fluido. Questa tra-sformazione avviene alla pressione costante PA.

La refrigerazione fornita dal fluido corrisponde allatrasformazione B-C. Il fluido refrigerante, alla pressio-ne PB d’evaporazione, si trova in fase mista in seguitoall’espansione A-B e del relativo raffreddamento dallatemperatura di condensazione alla temperatura di eva-porazione, che avviene per effetto della parziale evapo-razione del fluido stesso. La trasformazione C-D rap-presenta la compressione del fluido e la differenza dientalpia tra i due punti è l’equivalente termico del lavo-ro di compressione richiesto dal ciclo. Si può notare comeil punto D si discosti dal corrispondente D� relativo allaequivalente trasformazione isoentropica. Il sistema sche-matizzato per semplicità trascura le perdite di carico nelcondensatore e nell’evaporatore e nelle linee di connes-sione tra le varie apparecchiature dell’unità. La più impor-tante di queste perdite, relativa al condensatore, non supe-ra comunemente 0,3 bar. Per questo la schematizzazio-ne non si discosta molto dalla realtà operativa.

La scelta del refrigerante più adatto si basa sulle carat-teristiche del fluido da usare e su una serie di valutazio-ni pratiche che vanno dalla disponibilità in loco al tipo

di installazione prevista, alle normative di sicurezza adot-tate e altre ancora.

Il fattore più importante nella scelta del refrigeranteresta comunque la temperatura d’evaporazione che deveessere di qualche grado inferiore a quella di processo.Inoltre è di fondamentale importanza il tipo di conden-sazione da adottare, ad aria o con acqua di raffredda-mento. Infatti il condensatore opererà a una temperatu-ra di qualche grado superiore a quella dell’acqua di raf-freddamento e di almeno una decina di gradi superiorea quella dell’aria ambiente. Salvo casi particolari l’usodell’acqua, al posto dell’aria, consente di risparmiarepotenza di compressione, abbassando la temperatura sud-detta e la pressione corrispondente.

Lo schema illustrato si riferisce a un ciclo di refri-gerazione monostadio. Molto spesso la temperatura dievaporazione richiesta è molto bassa; in questo caso siricorre a un ciclo a più stadi. Il flash intermedio che per-mette di raffreddare il fluido aspirato dal secondo stadioviene detto economizzatore, in quanto il suo impiegocomporta un notevole risparmio di energia che è tantopiù elevato quanto più bassa è la temperatura da rag-giungere. È bene notare che quest’ultima è limitata, prin-cipalmente per ragioni di sicurezza, dalla minima pres-sione d’aspirazione del primo stadio di compressioneche deve superare quella atmosferica.

Sistemi di refrigerazione in cascataNell’industria del gas naturale e principalmente nello

stoccaggio e trasporto di NGL a pressione atmosfericae ancor di più nel trasporto di GNL (Gas Naturale Lique-fatto) è necessario raggiungere temperature di refrige-razione estremamente basse. Lo schema classico perraggiungere tali temperature è quello della refrigera-zione in cascata, riportato in fig. 14; esso si basa su unciclo tristadio a propano che permette di raggiungere�40 °C a 1,08 bar assoluti (le pressioni di interstadiosono rispettivamente di 2,5 e 5,8 bar assoluti a cui cor-risponde una temperatura di �20 e �7 °C). Questo cicloè abbinato in cascata a un ulteriore ciclo bistadio che hacome fluido refrigerante etano che permette di raggiun-gere al primo stadio una temperatura di evaporazioneTe��87 °C alla pressione di 1,1 bar assoluti. La pres-sione di interstadio è 3,6 bar assoluti (T��62 °C) e quel-la di condensatore 13 bar assoluti, cui corrisponde unatemperatura di condensazione Tc��34,5 °C (v. ancorafig. 14). Questa temperatura viene ottenuta facendo eva-porare il propano del primo ciclo. Con questi livelli ter-mici nei vari stadi è possibile ottenere il raffreddamen-to del fluido che interessa, per esempio NGL ad altaconcentrazione d’etano da stoccare a pressione atmo-sferica. Come si può vedere dallo schema, i tre stadi apropano realizzano i primi tre gradini di raffreddamen-to. Il terzo gradino di temperatura fornisce anche le fri-gorie necessarie a far condensare l’etano. Se si estende

703VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

Page 24: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

questa procedura a un sistema con tre fluidi che evapo-rano in cascata si può ottenere il livello di temperaturanecessario a liquefare il gas naturale. Questo processorichiede una temperatura di circa �162 °C per il meta-no puro; per gas contenenti idrocarburi superiori, comeper il gas associato al greggio, il punto di bolla del liqui-do può essere leggermente più elevato in relazione alcontenuto degli stessi.

5.4.7 Liquefazione del gas naturale

Quanto già esposto aiuta a capire i principi basilari dellaliquefazione del gas naturale, anche se non sempre vieneadottato il sistema a cascata precedentemente illustrato.

Prima di descrivere il processo di liquefazione è neces-sario definire le condizioni alle quali la liquefazioneviene effettuata e i vincoli di composizione del gas chedevono essere rispettati per la commercializzazione.

Solitamente la pressione operativa della liquefazioneè legata al sistema di raccolta del gas dai vari giacimenti.Una variazione di 5 bar della pressione operativa fa varia-re sensibilmente il livello di temperatura della parte piùimportante del ciclo, che corrisponde alla liquefazione inpressione del gas naturale. Al livello di pressione più bassocorrisponde un abbassamento della curva di raffredda-mento e quindi una conseguente penalizzazione dell’inte-ro ciclo di liquefazione. Inoltre la parte del ciclo a etile-ne a più bassa temperatura che effettua tale raffredda-mento diventa più estesa. Il risultato è che la riduzione

704 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

fig. 14. Sistema di refrigerazione in cascata propano-etano.

Page 25: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

della pressione operativa fa aumentare la potenza richie-sta dal ciclo a etilene e di conseguenza il consumo di gascombustibile necessario a produrre la relativa potenza, cherappresenta il più importante costo operativo dell’impiantostesso. Il raffreddamento successivo del gas richiede unciclo a metano a più stadi. Questa fase corrisponde al sot-toraffreddamento del liquido necessario a evitare un’ec-cessiva evaporazione del gas liquefatto nella successivaespansione a pressione atmosferica. Nell’espansione flashconseguente si ha un ulteriore raffreddamento per autore-frigerazione del gas liquefatto proporzionale alla quantitàevaporata. Se il gas di flash viene utilizzato come gas com-bustibile si può accettare un’evaporazione massima di pocoinferiore all’8% del liquido, che grazie a essa raggiungeràla temperatura finale di circa �160 °C richiesta per lo stoc-caggio e il trasporto a pressione atmosferica.

Quest’ultimo raffreddamento può essere consideratocome il quarto e ultimo ciclo di refrigerazione. Se il gasnaturale da trattare ha un alto contenuto di azoto, questopuò essere ridotto in modo considerevole mediante il flashsuddetto. Infatti l’N2, che è molto più volatile del metano,si concentrerà nella fase gas evaporato riducendo in que-sto modo il contenuto residuo nel liquido. Questa opzioneconsente di ridurre il costo di trasporto e di rigassificazio-ne al terminale d’arrivo del GNL, riducendo un inerte.

Per tutti gli altri inerti e inquinanti del gas il tratta-mento deve avvenire invece a monte della liquefazione.Molti di questi trattamenti sono già stati descritti, ci sipuò quindi limitare alla loro elencazione nella sequen-za in cui vengono attuati.

All’arrivo del gasdotto di alimentazione sono previ-ste una separazione di eventuali liquidi e una filtrazio-ne del gas separato. A valle è prevista una decarbonata-zione mediante MDEA. Se il gas contiene H2S, que-st’ultima unità rimuoverà anche questo inquinante. Contale trattamento si possono ottenere contemporaneamentela rimozione quasi totale di H2S e 50 ppm di CO2 resi-dua. Il trattamento successivo è la disidratazione totaledel gas fino a 0,1 ppm di contenuto residuo in acqua cheviene ottenuto con setacci molecolari.

Il trattamento con i setacci produce inoltre la rimo-zione completa del solfuro di idrogeno e di altri compo-sti di zolfo non completamente rimossi dal trattamentodi addolcimento con MDEA sopraccitato, quali per esem-pio i mercaptani. Anche il biossido di carbonio residuoda quest’ultimo trattamento può essere assorbito e con-seguentemente rimosso nei setacci. Qualora sia presen-te anche mercurio, a monte della refrigerazione è neces-sario prevedere la sua rimozione.

A questo punto il gas può entrare nel ciclo di refri-gerazione e liquefazione.

È bene notare che un progetto di trasporto del gas lique-fatto prevede un investimento economico decisamente ingen-te. La vita del progetto deve quindi estendersi ben oltre inormali 20-25 anni previsti per un normale sviluppo di

campi a gas di dimensioni medie. Le fonti d’alimenta-zione dell’impianto devono essere molteplici e sfalsatenel tempo. In questa condizione è probabile che le carat-teristiche di queste fonti varino nel tempo, passando dagas relativamente ricco a gas relativamente povero e vice-versa. Se il campo di variazione del potere calorifico econseguentemente quello dell’indice di Wobbe sono supe-riori ai limiti previsti per la distribuzione finale, si puòricorrere a un ulteriore pretrattamento che consiste in unostadio di condizionamento.

Dopo il primo ciclo di refrigerazione, per esempio a�35 °C del ciclo a propano, si inserisce uno stadio di sepa-razione con relativo frazionamento dei liquidi. Il metanoviene riciclato nella corrente principale mediante unacolonna demetanatrice; il C2+ può essere frazionato e ven-duto come NGL o ulteriormente frazionato in GPL e ben-zina leggera. In questo modo è possibile ridurre al valorerichiesto il potere calorifico e l’indice di Wobbe.

Negli anni Settanta del 20° secolo, e ancor più nei suc-cessivi, gli impianti di liquefazione con ciclo a cascata finqui considerati sono stati in gran parte sostituiti dal siste-ma MRF (Mixed Refrigerant Fluid), che però non miglio-ra in maniera sensibile l’efficienza termodinamica glo-bale dei cicli di refrigerazione e conseguentemente il con-sumo d’energia richiesto dalla liquefazione del gas. Ilvantaggio di questo sistema è dato principalmente da piùsemplicità e flessibilità operative. Il ciclo a cascata si basasu una serie di gradini di raffreddamento a temperaturedecrescenti che poco si adattano alla curva di raffredda-mento la quale, come si è visto in precedenza, cambia infunzione delle condizioni operative (pressione) e dellacomposizione del gas (variabile nel tempo). Il sistemaMRF usa invece una miscela di composizione variabiledi più refrigeranti al posto di un componente puro, ade-guando la curva di evaporazione all’andamento di quelladel fluido da raffreddare. In questo modo è possibile sud-dividere il raffreddamento e la relativa liquefazione delgas in due soli cicli con due miscele diverse.

Lo schema di fig. 15 mostra le peculiarità di questoprocesso (Precooled Telarc Process). Il sistema prevededue grossi compressori (assiali ad altissime portate ealtissima efficienza adiabatica) che garantiscono sia ilpreraffreddamento sia la liquefazione. Lo scambio ter-mico è suddiviso in tre interscambi. Il primo raffreddail gas con uno scambiatore a piastre (cold box) fino allatemperatura a cui si separano NGL e i prodotti puri, coni quali si producono le miscele di refrigerante (N2, meta-no, etano, propano, butani e C5+). Due grossi scambia-tori criogenici (spool wound) provvedono alla liquefa-zione del gas e al suo sottoraffreddamento a �148 °C e48 bar assoluti. A valle della liquefazione e del sottoraf-freddamento in pressione, viene realizzata l’espansionein due stadi, a 3,5 bar assoluti e successivamente alla pres-sione atmosferica. I gas prodotti dopo aver interscam-biato e assorbito calore vengono compressi e utilizzati

705VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEL GAS PRODOTTO

Page 26: 5.4 Impianti di trattamento del gas prodotto

come gas per combustione. In parte vengono anche raf-freddati e liquefatti insieme al gas di evaporazione (boiloff ) proveniente dagli stoccaggi.

Lo scambiatore spool wound ha una grande superfi-cie di scambio (fino a 50.000 m2) con un ingombro mode-sto e permette di interscambiare più correnti contempo-raneamente con il refrigerante che evapora introdotto inpiù punti e a vari livelli di temperatura (l’installazione èverticale, come mostra lo schema di fig. 15). Con que-sta tipologia di scambiatori si realizzano interscambi consalti di temperatura molto ridotti che consentono di eco-nomizzare la potenza richiesta dai cicli frigoriferi.

Per altri impianti non si è parlato di utilities e in par-ticolare della generazione di potenza necessaria ad azio-nare i compressori. In questo caso vale la pena di ricor-dare che le motrici di questi ultimi richiedono alcunecentinaia di MW per linea.

Di solito un impianto di liquefazione consiste in tre opiù linee per una capacità totale di 30-40·106 Sm3/d o supe-riore. La potenza richiesta per il funzionamento è pari aquella di una grossa centrale termoelettrica (900 MW).Rispetto ai vecchi impianti, in cui la potenza per aziona-re i compressori era prodotta con turbine a vapore (rendi-mento termodinamico del ciclo pari al 30% circa), quellipiù moderni possono utilizzare cicli combinati con turbi-ne a gas e produzione di vapore, generato dai fumi caldidi scarico delle stesse, che a sua volta aziona una turbinaa vapore (resa complessiva maggiore del 50%).

L’azionamento di grandi compressori assiali al postodei centrifughi usati per piccole potenzialità (rendimentiadiabatici superiori all’85%) con un sistema combinato

riduce il consumo per la liquefazione, che passa da valo-ri dell’ordine del 12-15% a valori del 7-8% circa. Que-sta tecnologia di risparmio energetico, derivante daglisviluppi della generazione di energia elettrica, ha quin-di vantaggi molto importanti nella liquefazione e nel-l’economia globale del trasporto di GNL.

Bibliografia generale

API (American Petroleum Institute) (1982) Guide for pressure-relieving and depressurizing systems, API RecommendedPractice 521.

Benedict M. et al. (1951) An empirical equation forthermodynamic properties of light hydrocarbons and theirmixtures. Constants for twelve hydrocarbons, «ChemicalEngineering Progress», 47, 419-422.

Campbell J.M. et al. (1985-1992) Gas conditioning andprocessing, Norman (OK), Campbell Petroleum, 4v.

Katz D.L., Lee R.L. (1990) Natural gas engineering.Production and storage, New York-London, McGraw-Hill.

Maddox R.N. (1977) Gas and liquid sweetening, Norman(OK), Campbell Petroleum.

Reid R.D. et al. (1977) The properties of gases and liquids,New York-London, McGraw-Hill.

Bibliografia citataEickmeyer A.G. (1962) Catalytic removal of CO2, «Chemical

Engineering Progress», 58, 89-91.

Romano BiancoConsulente scientifico

706 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

FASE DI SVILUPPO DEI GIACIMENTI PETROLIFERI

make up

GPL

�260 °F

50 psia

GNL

GN

gasolina

fig. 15. Processo Telarccon preraffreddamento e separazione dei pesanti.