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AVVERTENZE

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IL CASOIl contratto di associazione è qualificabile per adesione secondo il disposto dell’art.1341 c.c. e come tale subordinato alla specifica approvazione per iscritto per l’efficacia delle clausole di contenuto vessatorio ?

Il socio di un Circolo nautico svolgeva opposizione al decreto ingiuntivo di pagamento di somma dovuta a titolo di iscrizione all’associazione, la cui debenza era contestata in quanto era stata comunicata l’intenzione di non proseguire nel rapporto. Il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione sul rilievo che la clausola contrattuale che stabiliva l’obbligo del pagamento delle quote, anche in caso di recesso del socio, costituiva clausola vessatoria da approvare per iscritto.Proponeva ricorso per Cassazione il Circolo nautico denunziando la violazione e falsa applicazione dell’art.1341 e seg. c.c. e l’omessa o insufficiente motivazione in relazione alla applicazione dell’art.1341 c.c..

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LA SOLUZIONELa Corte accoglieva il ricorso premettendo che le disposizioni dello statuto e dell’atto costitutivo di un’associazione hanno natura negoziale e sono regolate dai principi generali del negozio giuridico, salve le deroghe imposte dai particolari caratteri propri del contratto di associazione. La partecipazione ad un’associazione presuppone comunanza di interessi e di risorse finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali di talché i patti associativi non sono riconducibili ad alcuna ipotesi di vessatorietà che, alterando il sinallagma contrattuale, includa posizioni sfavorevoli o di debolezza meritevoli della tutela prevista per le clausole vessatorie.La disposizione di cui all’art. 1341 c.c., in ordine alla sottoscrizione delle clausole c.d. onerose, non è applicabile al contratto di associazione non configurandosi, nel caso, la presenza di un contraente più debole meritevole della particolare tutela prevista per le “clausole vessatorie”.

Corte di Cassazione, III sez. civ., sentenza n. 8372 dell’8 aprile 2010

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IL CASOQuale è il limite di utilizzo in sede contenziosa dei documenti non esibiti da un circolo in sede di accertamento?

Un Circolo Ippico ricorreva avverso un avviso di accertamento Iva. L’Agenzia delle Entrate, soccombente in primo grado, interponeva appello che il giudice di seconde cure rigettava; pertanto ricorreva per Cassazione deducendo vizio di motivazione della sentenza e violazione di legge. La Corte riteneva fondati i motivi nella parte in cui deducevano vizio di motivazione per esserne la sentenza affetta non riscontrando adeguatamente la deduzione dell’ufficio in ordine alla natura del circolo ed all’attività nello stesso svolta.Non meritava accoglimento il motivo vertente sulla violazione di legge. Affermava la Corte che l’art.52, co.5 DPR n.633/72 che prevede il divieto di utilizzo in sede giudiziaria di documenti non esibiti in sede amministrativa costituisce un limite al diritto di difesa. Tale divieto pertanto ricorre qualora ad una precisa richiesta da parte dell'amministrazione fiscale, sia seguito il rifiuto da parte del contribuente e non anche nel caso in cui la mancata esibizione derivi da una mancata richiesta.

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Equivale al rifiuto di esibizione “la dichiarazione del contribuente,contraria al vero, di non possedere la documentazione o la sottrazione all’ispezione dei documenti in suo possesso,ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto e quindi per colpa”. L’argomentazione è ripresa da Corte Cass. n.7269/09 e riportata nella motivazione. Sottolinea la Corte che occorre una specifica richiesta da parte dei funzionari del fisco non potendo costituire rifiuto la mancata esibizione di ciò che non viene espressamente richiesto.

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LA SOLUZIONEI documenti non esibiti dal contribuente, nonostante la richiesta degli organi accertatori, non potranno essere utilizzati in sede contenziosa. Il divieto di utilizzazione non ricorre qualora la mancata esibizione derivi da una mancata richiesta degli accertatori.

Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza n.21768 del 14 ottobre 2009

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IL CASOQuali sono i requisiti necessari per accedere al trattamento agevolato in materia di imposte sui redditi e Iva in favore di associazioni sportive dilettantistiche ed altri enti associativi?

Un Circolo sportivo reagisce all’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate che, sul presupposto dell’inapplicabilità della disciplina agevolata dettata per gli enti di tipo associativo, riteneva i ricavi prodotti per l’attività svolta quali componenti positivi di reddito e, di conseguenza, rettificava le dichiarazioni presentate dall’associazione ai fini Irpeg, Irap ed Iva.La Commissione Tributaria Provinciale dichiarava l’illegittimità dell’avviso di accertamento, la decisione era confermata dal Giudice del gravame. L’ufficio interponeva ricorso per Cassazione, affidandolo ad un unico articolato motivo con cui denunciava la violazione della norma in tema di onere della prova ed omessa ed insufficiente motivazione su punti decisivi.

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Il Collegio ha ritenuto che, per fondare l’accesso alle agevolazioni d’imposta, sia sui redditi che sul valore aggiunto, non sono sufficienti requisiti formali, l'appartenenza dell'ente alle categorie ritenute di rilevanza sociale quali gli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti e la conformità dello statuto alle disposizioni ex D.Lgs. n.460/97, essendo necessario che l’attività si svolga in concreto nel pieno rispetto delle prescrizioni delle clausole dell’atto costitutivo o dello statuto inserite, ai sensi dell’art.5 D.Lgs. n.460/97, quali condizione per la fruibilità, da parte delle associazioni sportive dilettantistiche, di trattamento agevolato in ordine al calcolo d’imposta sui redditi ed alla assoggettabilità ad Iva. In sostanza, in base alla normativa richiamata, le attività delle associazioni sportive dilettantistiche svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi nei confronti di iscritti, associati o partecipanti, non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo solo se l’attività effettivamente esercitata è conforme a quella dichiarata e se lo statuto prevede le clausole previste dagli artt.148 Tuir e 4 DPR n.633/72.

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In tal caso è estesa alle associazioni sportive dilettantistiche la disciplina di esclusione dall’Iva prevista per talune operazioni svolte dagli enti di tipo associativo.Non rientra, fra le attività istituzionali del circolo, l’attività di bar con somministrazione di cibi e bevande verso pagamento di corrispettivo anche se effettuata a favore degli associati; trattasi di attività attraverso cui il circolo si finanzia, da ritenersi attività di natura commerciale ai fini del trattamento tributario.

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LA SOLUZIONEIl riconoscimento del diritto delle associazioni sportive dilettantistiche all’applicazione del regime agevolato di esclusione dal prelievo fiscale sui proventi per talune attività non discende, tout court, dall’accertata appartenenza dell’ente nella categoria delle associazioni anzidette, dalla natura e dalle modalità di svolgimento dell’attività dell’ente, essendo necessario che l’attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni delle clausole dell’atto costitutivo o dello statuto, inserite ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n.460/97 (oggi co.8, art.148 Tuir) quali condizione per la fruibilità da parte delle associazioni sportive dilettantistiche di trattamento agevolato in ordine al calcolo di imposta sui redditi ed alla assoggettabilità ad Iva (ex art.4, DPR n.633/72).

Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza n.11456 del 12 maggio 2010

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