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A cura di Mara Miniati - Piccoli Grandi Musei...Mara Miniati Edizion i Polistam pa E n ti prom otori C om u n e d i F iren ze con E n te C assa d i R isp arm io d i F iren ze e R egion

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A cura diMara Miniati

EdizioniPolistampa

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Enti promotoriComune di FirenzeconEnte Cassa di Risparmio di FirenzeeRegione ToscanaProvincia di FirenzeMuseo di Storia Naturale dell’Università degliStudi di Firenze

Istituto e Museo di Storia della ScienzaFondazione Scienza e Tecnica

Con il patrocinio diMinistero per i Beni e le Attività CulturaliMinistero dell’Istruzione, dell’Università edella Ricerca, Ufficio Scolastico Regionaleper la Toscana - Direzione Generale

Università degli Studi di FirenzeAssociazione Nazionale Musei Scientifici

In collaborazione conDirezione Regionale Beni Culturali ePaesaggistici della Toscana

Soprintendenza Speciale per il PatrimonioStorico, Artistico ed Etnoantropologico e peril Polo Museale della città di Firenze

Soprintendenza per i Beni Architettonici,Paesaggistici, Storici, Artistici edEtnoantropologici per le province di Firenze,Pistoia e Prato

Soprintendenza Archeologica della ToscanaGabinetto Scientifico Letterario “G.P. Vieusseux”Fondazione Osservatorio Ximeniano di Firenze

Accademia dei Georgofili di FirenzeUniversità degli Studi di Firenze, PoloScientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino,OpenLab

Associazione Nazionale Insegnanti di ScienzeNaturali

Con il contributo diBanca CR Firenze

Comitato ScientificoPresidente Antonio PaolucciCristina Acidini, Paolo Galluzzi, Guido Gori,Giovanni Pratesi, Claudio Rosati, Carlo Sisi

Coordinamento ScientificoMara Miniati

Progetti a cura di

Silvestra BietolettiFirenze 1829. Arte, scienza e società

Fausto BarbagliLa Tribuna di Galileo e la Specola fiorentina

Mara Miniati e Simone ContardiLa Fisica a Firenze nell’Ottocento. Macchine emodelli da utilizzare

Paolo Brenni, Anna Giatti e Guido GoriLa didattica delle scienze nell’Ottocento

RealizzazioneEnte Cassa di Risparmio di Firenze – UfficioProgetti Culturali motu proprio

Supervisione generaleAntonio GherdovichCoordinamento e relazioni esterneMarcella AntoniniResponsabile del progettoBarbara Tosti

Segreteria scientifica e organizzativaPaola Petrosino e Elena ChitiSigma CSC

AllestimentiProgetto diLuigi Cupelliniin collaborazione conCarlo Pellegrini

RealizzazioneArredando srlFranco Bianchi TappezzerieGalli AllestimentiJulie Guilmette, montaggio materiali cartaceiAlessandro Martini, Light DesignerStampa in Stampa

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento1 novembre 2009 – 9 maggio 2010

daPalazzo Medici RiccardiFirenze 1829. Arte, scienza e società

aMuseo di Storia Naturale - Sezione “La Specola”La Tribuna di Galileo e la Specola fiorentina

Istituto e Museo di Storia della Scienza (Museo Galileo)La Fisica a Firenze nell’Ottocento. Macchine e modelli da utilizzare

Fondazione Scienza e Tecnica – Gabinetto di FisicaLa didattica delle scienze nell’Ottocento

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Modelli di macchine funzionantiStella Battaglia e Gianni Migliettain collaborazione conAlberto Tarchi, lavorazione metalliGiacomo Oleandro, falegnameria

Restauri e interventi di manutenzione

Firenze, Biblioteca MarucellianaAA.VV. Monumenti del Giardino PucciniIntervento: Alessandra Masi, Firenze

Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli UffiziSoprintendenza Speciale per il PatrimonioStorico, Artistico ed Etnoantropologico e peril Polo Museale della città di Firenze

Giuseppe Martelli, Veduta prospettica della nuovapiazza antistante il Museo di Fisica

Giuseppe Martelli, Progetto per la facciata esternadel Museo di Fisica

Giuseppe Martelli, Spartito del pavimento dellaTribuna di Galileo

Cornici: Simone Ranfagni, Firenze

Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo PittiSoprintendenza Speciale per il PatrimonioStorico, Artistico ed Etnoantropologico e peril Polo Museale della città di Firenze

Niccola Cianfanelli, Luca Pacioli presentaLeonardo a Ludovico il Moro

Niccola Cianfanelli, Studio del ritrattodi Benvenuto Cellini

Niccola Cianfanelli, Studio del ritratto di Cosimode’ Medici

Interventi: Jolanda Larenza, FirenzeAntonio Ciseri, Ritratto di Raffaello LambruschiniAristodemo Costoli, AutoritrattoFerdinando Folchi, Un’Accademia musicale nelsalone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio pro AsiliInfantili

Interventi: Letizia Nesi, Impruneta

Firenze, Museo di Storia Naturale – SezioneBotanica

Luigi Calamai, Modello di zucca sezionataIntervento: GEA Restauri di Lisa Lombardie Maria Grazia Cordua, Firenze

Firenze, Museo di Storia Naturale – Sezione diZoologia “La Specola”

Carte settecentesche e ottocentescheIntervento: Julie Guilmette, Firenze

Pistoia, Biblioteca ForteguerrianaCatalogo delle piante di fiori e frutti che si trovanodisponibili nel Giardino Puccini a Scornio pressoPistoia

Intervento: Legatoria e Restauro di PaolaMichelacci, Quarrata

Interventi permanentiFirenze, Museo di Storia Naturaledell’Università degli Studi di Firenze –Sezione di Zoologia “La Specola”:

• allestimento percorso espositivo del Torrinoastronomico

• impianti grafici e didascalici• integrazioni sistemi d’illuminazione• supporti multimediali• realizzazione del Modello di strumento deipassaggi di Sisson del secolo XIX, 2009

Firenze, Istituto e Museo di Storia della Scienza:• realizzazione di modelli funzionantidi macchine di fisica:– Macchina elettrostatica a strofinio delXIX secolo, 2009

– Globo elettromagnetico di Leopoldo Nobili(1830 circa), 2009

– Macchina per esperimenti con la forza centrifugadella fine del XVIII secolo, 2009

– Doppio cono saliente del XVIII secolo, 2009• ricostruzione di una camera oscura delXIX secolo

Firenze, Fondazione Scienza e Tecnica –Gabinetto di Fisica:

• integrazioni sistemi d’illuminazione

PrestatoriArezzo, Fraternita dei LaiciAsciano, Museo CassioliEmpoli, Biblioteca Comunale “Renato Fucini”Firenze, Archivio di StatoFirenze, Archivio Ridolfi di MeletoFirenze, Biblioteca MarucellianaFirenze, Biblioteca Nazionale CentraleFirenze, Ente Cassa di RisparmioFirenze, Fondazione Scienza e TecnicaFirenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli UffiziFirenze, Gabinetto Scientifico Letterario “G.P.Vieusseux”

Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo PittiFirenze, Galleria del CostumeFirenze, Galleria dell’AccademiaFirenze, ITIS “G. Salvemini”

Firenze, Kunsthistorisches Institut in Florenz –Max Planck Institut

Firenze, Biblioteca di Scienze dell’Universitàdegli Studi di Firenze

Firenze, Museo di Storia Naturaledell’Università degli Studi di Firenze

Firenze, Istituto e Museo di Storia della ScienzaFirenze, Osservatorio XimenianoPistoia, Biblioteca Comunale ForteguerrianaRoma, Galleria Nazionale d’Arte ModernaTorino, Biblioteca Civica – Sezione Giobertiana

Promozione e comunicazioneSusanna Holm, Sigma CSC

Ufficio StampaCatola & partnersin collaborazione conEvelyne ArrighiSebastiano Collu

Progetto graficoRovaiWeber Design

Sito Web e prodotti multimedialiConcept e Art DirectionAntonio GlessiWeb hostingNetcom srlRedazione webBenedetta ZiniSEOEnrico Bisenzi

Script e consulenza scientifica video “Scienza e tecnicaa Firenze dal primo Ottocento ai giorni nostri”

a cura di Fulvio ContiScript e consulenza scientifica video “Il Museodi Fisica e Storia Naturale”

a cura di Fausto BarbagliAllestimento video in mostraDiversamente

AssicurazioniAXA Art - CS Insurance ServiceGenerali Assicurazioni – AON Fine Arts& Jewellery Division

Movimentazione di opere d’arteArterìa srl

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Servizi in mostraSegreteria e prenotazioniFirenze ScienzaGuardianiaOpera Laboratori FiorentiniPromoculturaBiglietteria on lineWeekend a Firenze

Attività didatticheCoordinamento progettualeChiara Mannoni, Ente Cassa di Risparmiodi Firenze

Laboratori e visite guidateCooperativa TethysPromoculturacon la supervisione diIstituto e Museo di Storia della ScienzaServizi didattico-divulgativi del Museodi Storia Naturale dell’Università degli Studidi Firenze

Università degli Studi di Firenze, PoloScientifico e Tecnologico di Sesto Fiorentino– OpenLab

Didattica on line

Responsabile progettoAlessandra Cavallini, Ente Cassa di Risparmiodi Firenze

Sponsor tecnici

Media Partner

VOLUMEFirenze Scienza. Le collezioni, i luoghie i personaggi dell’Ottocento

Edizioni Polistampa

A cura diMara Miniati

In copertinaSala delle Cicogne, particolare delledecorazioni in gesso. Museo di StoriaNaturale dell’Università di Firenze – Sezionedi Zoologia “La Specola”, torrinoastronomico

Testi diFausto Barbagli, Università degli Studi di FirenzeEmanuele Barletti, Ente Cassa di Risparmiodi Firenze

Silvestra Bietoletti, storica dell’arteMaurizio Bossi, Gabinetto ScientificoLetterario “G.P. Vieusseux”

Simone Contardi, Istituto e Museo di Storiadella Scienza

Guido Gori, Fondazione Scienza e TecnicaMara Miniati, Istituto e Museo di Storia dellaScienza

Alessandro Volpi, Università degli Studi di Pisa

Editing e apparatiCristina CorazziAnna GiattiMara Miniati

Referenze fotograficheArchivio di Stato, FirenzeArchivio Fondazione Scienza e Tecnica, FirenzeArchivio Gabinetto FotograficoSoprintendenza Speciale per il PatrimonioStorico, Artistico ed Etnoantropologicoe per il Polo Museale della città di Firenze

Archivio Istituto e Museo di Storia dellaScienza, Firenze

Saulo Bambi, Archivio Museo di StoriaNaturale dell’Università di Firenze

Biblioteca Nazionale Centrale, FirenzeComune di Firenze, Direzione Cultura, ServiziMusei Comunali

George Tatge, Firenze

RingraziamentiCecilia Alessi, Andrea Bacci, Luana Banelli,Lorenzo Becattini, Alessandro Belisario,Anna Bellinazzi, Sabina Bernacchini, MirellaBranca, Adriana Camarlinghi, FilippoCamerota, Laura Cecchi, Elisabetta Cioppi,Rosita Chiostri, Giampaolo Curioni, Dafne –Firenze, Matteo dell’Edera, Marco del PantaRidolfi, Andrea di Meo, Franca Falletti,Lara Fantoni, Laura Faustini, LiubaGhidotti, Carlo Ghilli, Annamaria Giusti,Stefano Giusti, Andrea Gori, Aldo Imarisio,Maddalena Innocenti Franceschini,Alessandra Lenzi, Elena Montali, AlbertoMoreni, Chiara Nepi, Alberto Ottanelli,Francesca Padula, Milena Pagni, SilviaPandolfi, Carla Pinzauti, Luisa Poggi,Andrea Rabbi, Maria Stella Rasetti, TeresaGiunta Ricasoli, Dinni Rolfo, Laura Saba,Teresa Saviori, Alba Scarpellini, GiorgioStrano, Massimo Tarassi, Barbara Tomassi,Leonardo Torrini, Vincenzo Vaccaro,Monica Zavattaro, Maria Flora Zurlo

Si ringraziano i collezionisti privati che hannomesso a disposizione della mostra le opere di loroproprietà.

L’editore assicura di aver posto ogni cura nel prendere contattocon i detentori dei diritti e dichiara la propria disponibilità adassolvere gli obblighi di legge anche nei confronti di quanti nonfosse riuscito a raggiungere.

© 2009 EDIZIONI POLISTAMPAVia Livorno, 8/32 - 50142 FirenzeTel. 055 737871 (15 linee)[email protected] - www.polistampa.com

ISBN 978-88-596-0672-7

Main Sponsor

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PresentazioniXI Michele Gremigni

XII Claudio Martini

XIII Matteo Renzi

XIV Andrea Barducci

XV Cristina Acidini

XVI Augusto Marinelli

XVII Paolo Galluzzi

3 Firenze 1829-1859. IntroduzioneMara Miniati

15 Tra scienza, commercio e finanza. Aspetti del dibattitofiorentino d’inizio OttocentoAlessandro Volpi

29 Periodici, viaggi e diffusione della scienza al Gabinetto VieusseuxMaurizio Bossi

43 «Per la prima montatura dell’Ufizio della Cassa di Risparmio»:cronaca di un allestimento bancario a Firenze nel 1829Emanuele Barletti

59 Firenze e le Riunioni preunitarie degli scienziati italianiFausto Barbagli

67 L’Utile e il Bello: legami fra arte e scienza nella Firenzedella RestaurazioneSilvestra Bietoletti

85 Vincenzio Antinori e il Gabinetto di Fisica dell’Imperialee Reale Museo di Fisica e Storia Naturale di FirenzeSimone Contardi

109 Il collezionismo naturalistico nel Museo di Fisicae Storia Naturale di Firenze di metà OttocentoFausto Barbagli

119 Le Scuole d’Arti e Mestieri: dal Conservatorio all’IstitutoTecnico Toscano (1809-1859)Guido Gori

Catalogo delle opere

139 Firenze 1829. Arte, scienza e società

145 La Tribuna di Galileo e la Specola fiorentina

153 La Fisica a Firenze nell’Ottocento. Macchine e modellida utilizzare

Apparati

159 Fonti archivistiche

160 Bibliografia citata

169 Indice dei nomi

SOMMARIO

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Presentazioni

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Presentazioni XI

Michele GremigniPresidente dell’Ente Cassadi Risparmio di Firenze

Leespressioni dell’arte, unavolta tanto, nonla fanno da protagonista, anche se non man-cano quegli aspetti del decoro e del gusto cosìradicati nella tradizione fiorentina,mode com-prese, in cui la città ha sempre saputo distin-guersi.

Le scienze e le innovazioni tecnologicherappresentanopiuttosto un elemento decisivo,la cartina di tornasole di una certa idea di so-cietà avanzata che l’avveduta classe dirigentelocale porta avanti in un mondo destinato co-munque a cambiare.

In questo contesto trovano spazio anchenuove idee nell’economia e nella finanza. Pro-prio nel 1829 viene fondata la nostra Cassa eda parte di gentiluomini che avevano più di-mestichezza con altre materie come la chimi-ca e l’agraria ma che dimostrarono di sapersimuovere con agilità e buon senso pure nell’ar-te del risparmio elevato a strumento di am-mortizzatore sociale, alla ricerca di equilibri econtrappesi attraverso i quali costruire realtàumane tutto sommato più giuste.

È incredibilequantecosepossonoaccadere intrent’anni! Sicuramente dal 1829 al 1859,

l’intervallo cronologico su cui sono focalizzatele varie iniziative espositive organizzate all’in-terno del progetto “Firenze Scienza. Le colle-zioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento”, dieventi significativi senesonoverificatiparecchi.

L’età della Restaurazione, il ritorno all’or-dine e ai regimi prenapoleonici avrebbe dovu-to sancire anche in Toscana il ristabilimentodel buon tempoantico e dello status quonel ras-sicurante ricordo di passate glorie e di irripe-tibili stagioni di magnificenza.

E invece no. Propiziante un giovane e sen-sibile granduca, Leopoldo II, sul trono dal1824, inun climagenerale dell’Europa che, do-po lo sconquassoprovocatodalBonaparte, nonpoteva più essere la stessa, Firenze, che per laverità non si eramai assopita del tutto sugli al-lori,maaveva sempredatoqualche segnodi vi-talità, non foss’altro per l’orgoglio riottoso deisuoi cittadini, torna copiosa a produrre cultu-ra in tutte le componenti del vivere civile.

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Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’OttocentoXII

un trentennio dell’Ottocento, in cui Firenze ela Toscana furono sia capitale intellettuale d’I-talia, sia unodei centri europei del sapere scien-tifico.

Qui, infatti, videro la luce il primo telegrafo,la prima telescrivente, i primi esperimenti sultelefono e il primo motore a scoppio. Non so-lo città d’arte, dunque, ma anche vivace e in-novativo polo di attrazione della cultura scien-tifica.

Negli ultimi anni, purtroppo, il numero distudenti iscritti alle facoltà scientifiche è mol-to diminuito: attualmente per ogni 1.000 ma-tricole in Psicologia se ne contano soltanto 50in Chimica o Fisica.

Iniziative come questa della FondazioneCassa di Risparmio di Firenze sono prezioseperché possono far conoscere al grande pub-blico la Toscana della scienza di ieri, di oggi e,ne siamo convinti, anche di domani.

Da Leonardo a Galileo, da Meucci fino ai7.800 ricercatori che oggi lavorano al

Sant’Anna di Pisa, al CERM di Sesto Fiorenti-no o negli altri istituti presenti, la Toscana è dasempre terra di grandi scienziati.

Oggi la nostra regione è sede di un conso-lidato sistema della ricerca scientifica specia-lizzata, all’avanguardia sia in Italia che in Eu-ropa, con oltre 100 laboratori, 15 centri di ri-cerca, 7 dipartimenti universitari, 2 centri dieccellenza in tecnologie informatiche e dellacomunicazione.

Unaltroesempiodell’eccellenza toscanacheaffonda le sue radici nella tradizione,maanchenell’attenzione che da sempre le istituzioni, apartire da quelle culturali, hanno dedicato allaformazione di intere generazioni di toscani.

Questo volume si occupa di una parte si-gnificativa della grande storia della scienza inToscana: quella stagione preunitaria, durata

Claudio MartiniPresidente della Regione Toscana

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Presentazioni XIII

Matteo RenziSindaco del Comune di FirenzeLa ricerca scientifica ha trovato dimora fin

dall’antichità a Firenze, città che nel corsodell’Ottocento ha conosciuto un significativoe rinnovato impulso a recitare un ruolo di pri-mo piano nel contesto scientifico italiano e in-ternazionale.

“Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi ei personaggi dell’Ottocento”, con grande ri-gore storico e appassionata ricostruzione do-cumentaria, ha l’indubbio merito di riportarein primo piano il formidabile fermento di que-gli anni ed approfondire finalmente un temaad oggi non del tutto esplorato, rendendo ac-cessibili e “vicini” storie, personaggi, inven-zioni. E proseguendo così la strada intrapre-sa dalla nostra città per la divulgazione e laconoscenza scientifica, come dimostrano lemolte e significative Istituzioni che fanno as-saporare ancora oggi il gusto dei risultati de-gli studi e della ricerca scientifica: ilMuseo diStoria della Scienza, il Museo di Storia Na-turale, l’Accademia dei Georgofili, l’Osserva-torio Ximeniano, l’Istituto Tecnico Toscano,tanto per fare alcuni esempi.

Tutto questo, se da un lato ci convince sem-pre più a valorizzare e rilanciare il nostro ster-minato patrimonio culturale, sia artistico chescientifico, dall’altro ci insegna che per resta-re grande Firenze non può vivere solo del suopassato. Ed anche in questo Terzo millenniodeve poter continuare a svolgere un ruolo daprotagonista anche sul fronte scientifico, pun-tando e investendo sulla ricerca. La nostracittà ospita importanti centri di ricerca scien-tifica e tecnologica, molti dei quali sono rico-nosciuti come poli d’eccellenza. Iniziative co-me quella promossa dall’Ente Cassa ci dimo-strano che, ieri come oggi, la ricerca scientifi-ca va stimolata perché è il motore dell’inno-vazione tecnologica, è l’indicatore del pro-gresso civile di una nazione, di una regione, diuna città, è un mezzo di promozione sociale edi valorizzazione delle persone.

Dobbiamo guardare e conoscere il passa-to per imparare a costruire il futuro. “FirenzeScienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggidell’Ottocento” ci offre un’importante oppor-tunità in questa nostra difficile sfida.

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Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’OttocentoXIV

Andrea BarducciPresidente della Provinciadi Firenze

Di fronte al suo straordinario patrimonio ar-tistico, l’aspetto di Firenze “luogodi scien-

za” passa spesso in secondo piano nell’appealdel turismo mondiale, spesso anche nell’im-maginario, nella percezione dei suoi cittadini.Ben vengano dunque iniziative come quellapromossa dall’Ente Cassa di Risparmio di Fi-renze, che hanno il pregio di ricordarcelo.

Come Presidente della Provincia sono par-ticolarmente felice chePalazzoMediciRiccar-di ospiti parte di un’esposizione che ricorda eche raccontaunperiodo storico in cui sono sta-te gettate le basi delmoderno sviluppo edel sa-pere tecnologico, che illustra luoghi, perso-naggi, idee che all’inizio dell’Ottocento hannofatto di Firenze la capitale intellettuale della ri-cerca e centro europeo del sapere scientifico.

Delle quattro esposizioni raccolte da “Fi-renzeScienza”, PalazzoMediciRiccardi ospi-ta “Firenze 1829. Arte, scienza, società”. Non

è una scelta casuale. Le mura di uno dei pa-lazzi che hanno ospitato le menti più genialinel campodel sapere umano accolgono inque-sta occasione le testimonianze di Firenze pre-risorgimentale, con i suoi interessi collezioni-stici e il suo desiderio di progresso.

“Firenze 1829. Arte, scienza, società” ci ri-manda all’idea di moralità, scientifica e cultu-rale, che ha caratterizzato la storia di questacittà, e ci ricorda come la scienza, l’innovazio-ne e la creatività siano uno strumento fonda-mentale per il progresso sociale ed economicodelle comunità; è dunque una mostra partico-larmente preziosa per noi amministratori, chedovremmo sempre avere la “scienza utile” trai nostri obiettivi politici.

Un sincero ringraziamento va quindi al-l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che ha ilmerito di promuovere sul territorio iniziativedi alto valore artistico e scientifico.

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Presentazioni XV

renze – nel solco peraltro degli interessi scien-tifici tenuti in gran conto dai Medici –, e chefu lo humus da cui trassero origine e spinta vi-tale i musei scientifici della città, non solo nu-merosi,ma quantomai vari per l’ampiezza de-gli ambiti rappresentati.

Oggi che il nostro passato si allontana dal-la nostra vita quotidiana con la velocità di unagalassia in fuga, è reale il rischio che interecollezioni perdano di significato per le gene-razioni a venire. Perché se un’opera d’arte an-tica, che pur non corrisponde più ai canoniestetici odierni, è comunque tutelata dal con-senso critico che le si è costruito e strutturatoattorno nel nome di una bellezza o di un valo-re storico che trascendono il tempo, un pre-parato o un manufatto creati in ambito scien-tifico rapidamente passano all’obsolescenzafunzionale, e da quella all’oblio o peggio. Mafarli rivivere, e restituir loro la memoria del-l’utilità ed eventualmente dell’innovazione cheespressero, è un’azione altissima che dalla co-noscenza conduce direttamente alla tutela; edi questo sono particolarmente lieta.

Per chi si occupa di musei, uno dei più im-portanti fronti d’impegno – e una delle più

frequenti occasioni d’insuccesso – è trasmet-tere il senso della storia del museo: che sia an-tica o recente, che sia lineare o complessa, ognistoria inizia conuna formazione ed è spesso ca-ratterizzata, nel suo sviluppo cronologico, datrasformazioni. Il museo non “è”, sic et simpli-citer, ma nasce, esiste, diviene e, in casi spora-dici e dolorosi, finisce. Cultura, volontà, ri-sorse di molti confluiscono in questi processie li rendono possibili: ma dell’immenso lavo-ro erogato, del sapere sotteso, della dedizioneprofusa ben poco trapela sino a raggiungereil visitatore.

Anche per questo è particolarmente pre-zioso questo libro curato daMaraMiniati, nel-l’ambito dell’iniziativa “PiccoliGrandiMusei”che quest’anno l’Ente Cassa di Risparmio diFirenzemeritoriamente dedica aimusei scien-tifici. I vari saggi e il bel corredo d’immaginiricompongono quel tessuto pulsante di ricer-che scientifiche e di applicazioni tecnologicheche caratterizzò la storia ottocentesca di Fi-

Cristina AcidiniSoprintendente per il PatrimonioStorico, Artistico edEtnoantropologico e per il PoloMuseale della città di Firenze

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Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’OttocentoXVI

L’Ateneo fiorentino è oggi l’erede di que-sta gloriosa tradizione culturale di cui il pre-sente volume ricostruisce uno dei più bei mo-menti, ed opera per assicurarne un’ampia frui-zione.

“Firenze Scienza” permette al Museo diStoria Naturale di aprire al pubblico le portedi due luoghi tra i più significativi e al con-tempo meno noti alla maggior parte dei fio-rentini: la Tribuna di Galileo, senz’altro il piùbell’esempio di architettura tardoneoclassicadi Firenze, e il Torrino della Specola, recen-temente restaurato con il contributo della Re-gione Toscana e dell’Ente Cassa di Risparmiodi Firenze in occasione delle celebrazioni ga-lileiane.

Proprio da quest’ultimo, che domina Fi-renze con rara discrezione, si possono scor-gere tutti quei luoghi di scienza che furonoteatro del progresso scientifico e tecnologicopreunitario che questo volume piacevolmen-te ricorda.

La presentazione di questo volume, che cor-reda la relativa mostra “Firenze Scienza”,

è una straordinaria occasione per ricordare ilruolo primario assunto da Firenze nella cul-tura di metà Ottocento. Tale periodo, seppu-re poco conosciuto, costituisce un momentofondamentale per la nascita dell’insegnamen-to superiore a Firenze.

Proprio nei primi anni del trentennio in esa-me, e precisamente nel 1833, all’interno delMuseo di Fisica e Storia Naturale furono de-finitivamente attivate le cattedre e i percorsiformativi che configurarono questa Istituzio-ne come luogo d’insegnamento.

Nel 1859,durante labreveparentesi delGo-verno provvisorio della Toscana, il Presidentedel Consiglio dei Ministri Bettino Ricasoli e ilMinistrodellaPubblica IstruzioneCosimoRi-dolfi fondarono, presso il Museo, la Classe diScienze dell’Istituto di Studi Superiori Praticidi Perfezionamento chenel 1924portò alla na-scita dell’Università degli Studi di Firenze.

Augusto MarinelliRettore dell’Università degli Studidi Firenze

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Presentazioni XVII

ca. Restituire visibilità alla ricchezza del pa-trimonio tecnico-scientifico fiorentino signi-fica dunque anche contribuire a valorizzareculturalmente quei giacimenti di tesori arti-stici che rendono questa città e questa regio-ne uniche al mondo.

“FirenzeScienza” offre l’occasione per sot-toporre a concreta sperimentazione l’ambi-zioso disegno di dar vita a una rete tra i prin-cipali musei scientifici della città. Largamen-te condiviso dai diversi poli museali, questodisegno si propone di potenziarne il segnalecomunicativo nei confronti del pubblico e diprodurre economie di scala nella gestione enella promozione, attraverso l’adozione distrategie programmatiche coordinate e con-vergenti, seppure nel rispetto pieno dell’auto-nomia delle singole realtà istituzionali.

L’esigenza di procedere verso una proficuaintegrazione ha cominciato a prendere formanegli anni iniziali dell’ultimo decennio rag-giungendo un primo livello concreto di elabo-razione nel dettagliato studio di fattibilità, rea-lizzatonel 2002 [http://brunelleschi.imss.fi.it/fi-renzescienza/] dall’Istituto e Museo di Storiadella Scienza, grazie, ancora una volta, al ge-neroso contributo dell’Ente Cassa di Rispar-mio di Firenze.

Vale la pena sottolineare che quello studiorecava lo stesso titolo – Firenze Scienza – del-l’iniziativa che si tiene oggi a battesimo. Essasegna una tappa importante nel percorso perla realizzazione di una rete permanente in gra-do di valorizzare questo importantissimo seg-

L a decisione assunta dall’Ente Casa di Ri-sparmio di Firenze di dedicare l’edizione

2009della benemerita iniziativa “PiccoliGran-di Musei” alla valorizzazione del patrimoniodeimusei tecnico-scientifici dell’area fiorenti-namerita plauso incondizionato per una seriedi ragioni importanti.

Nell’anno che celebra la ricorrenza quat-trocentenaria delle scoperte celesti ottenute daGalileo grazie al cannocchiale, essa conferiscedeciso impulso al già avviato processo di mes-sa in rete di un complesso di risorse musealiche costituiscono un plesso di assoluta eccel-lenza, non solo a livello nazionale. Il marchioche contraddistingue questa iniziativa – “Fi-renze Scienza” – mira infatti a restituire la vi-sibilità che merita alla dimensione straordina-ria della città di Galileo, quella Firenze che èstata, fin dai lontani secoli medievali, un luogoeccezionale di elaborazionedi nuovimodelli diconoscenza sull’uomo e sulla natura e un cen-tro incisivo di diffusione dei saperi scientifici.

In conseguenza dei processi fortemente se-lettivi e banalizzanti innescati dal turismo dimassa, negli ultimi decenni questa Firenze èrimasta quasi totalmente oscurata dai baglio-ri accecanti della “Città d’Arte”

In realtà, le stesse eccellenze artistiche diFirenze e della Toscana lasciano trasparire, achi le osservi con occhio non distratto, l’in-terscambio proficuo e programmatico che si èvenuto fin dall’inizio stabilendo in questo ter-ritorio tra lo sviluppo delle conoscenze scien-tifiche e l’eccellenza della produzione artisti-

Paolo GalluzziPresidente della FondazioneScienza e TecnicaDirettore dell’Istituto e Museodi Storia della Scienza di Firenze

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mento del patrimonio culturale, favorendo nelcontempo lo sviluppo della ricerca e la più am-pia diffusione delle conoscenze.

In questa direzione la decisione delMuseodi StoriaNaturale dell’Università di Firenze edell’Istituto e Museo di Storia della Scienza(che assumerà tra breve la nuova denomina-zione di Museo Galileo) di dar vita ad un or-ganismo collegiale che favorisca la collabora-zione programmatica tra i due plessi musealiscientifici più rilevanti del nostro territorio.Unorganismo aperto alla partecipazione delle al-tre realtà, antiche e recenti, che costituisconopresenze significative nel territorio per la ric-chezzadel patrimonio e per l’efficacia delle ini-ziative verso il pubblico.L’auspicio è che si pos-sa giungere alla formale costituzionedi una re-te stabile tra i musei scientifici fiorentini pri-madella conclusionedella sperimentazione re-sa possibile da “Firenze Scienza”.

Se, come confido, questo obbiettivo saràconseguito, l’iniziativa promossa dall’EnteCassa di Risparmio di Firenze assumerà unsignificato ancora più incisivo, avendo confe-rito impulso determinante a un progetto or-ganico di valorizzazione di risorse d’impor-tanza strategica per una più ricca e correttacaratterizzazione dell’immagine della nostracittà (non più solo “Città d’Arte”) e per il no-tevole potenziale che esse sono in grado diesprimere anche sul pianodel richiamodi nuo-vi flussi di turismo qualificato.

Per queste e molte altre ragioni “FirenzeScienza” costituisce un evento eccezionale da-

gli sviluppi estremamente promettenti, so-prattutto se gli Enti che hanno la responsabi-lità di promuovere la cultura, la tutela del pa-trimonio e la sua valorizzazione, anche ai finidella fruizione turistica, sosterranno con con-vinzione il processo avviato.

Le iniziative che formano il suggestivo pro-gramma di “Firenze Scienza” già delineano loscenario stimolante che scaturirà dall’inte-grazione in rete delle risorse. Lemostre, gli al-lestimenti permanenti, gli interventi di comu-nicazione fanno infatti tutti fulcro sulla sta-gione tanto significativa quanto poco cono-sciuta del collezionismo scientifico dell’età lo-renese. Tra fine Settecento e metà Ottocento,Firenze non fu solo un centro avanzato di ri-cerca scientifica, capace di attrarre grandiscienziati non solo italiani. La nostra città po-teva allora esibire anche un imponente e avan-zatissimo complesso museale dedicato allescienze: il Museo di Fisica e Storia Naturale,frequentato da unnumerodi cittadini e di stra-nieri non inferiore a quello della Galleria de-gli Uffizi.

L’auspicio è che, attraverso iniziative esem-plari come questa, Firenze possa tornare adesibire al mondo intero le straordinarie be-nemerenze che vanta come centro di eccel-lenza, attraverso i secoli, in numerosi settoridella ricerca scientifica e come giacimento diuno straordinario patrimonio tecnico-scien-tifico accumulato e conservato grazie a un’at-tività di collezionismo prolungata, oculata eresponsabile.

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’OttocentoXVIII

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Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghie i personaggi dell’Ottocento

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Firenze 1829-1859. Introduzione

Diretto da uno scienziato illustre comeFe-lice Fontana, coadiuvato dal giovaneGiovan-ni Fabbroni, il museo era divenuto in pocotempo un punto di riferimento privilegiato distudiosi e specialisti, visitato da illustri perso-naggi e viaggiatori curiosi, arricchito conti-nuamente da novità provenienti dall’estero eda manufatti costruiti all’interno delle offici-ne e dei laboratori del museo stesso1.

Nel 1790 Pietro Leopoldo lasciò la Tosca-na, gli subentrò Ferdinando III (1769-1824),poi vennero i francesi. La direzione delmuseoera stata affidata aGirolamo de’ Bardi (1777-1829), che rimase alla guida dell’istituzioneanche dopo il ritorno dei Lorena, senza se-gnarne, però,momenti particolarmente signi-ficativi.

Nel 1829, però, alla morte di Bardi, il suoposto venne assegnato dal nuovo granducaLeopoldo II aVincenzioAntinori (1792-1865)e da questomomento le sorti dell’istituto cam-biarono. Era un’epoca di trasformazioni e fer-menti, di spinte al rinnovamento e all’apertu-ra2: Firenze richiamava letterati e poeti, scien-ziati e viaggiatori, grazie anche alla presenzadi un gruppo di intellettuali di grande spesso-re, come Vieusseux, Ridolfi, lo stesso Antino-ri e molti altri, sensibili alle suggestioni e allenovità provenienti d’oltralpe e interessati allosvecchiamento della vita scientifica cittadina.Furono quindi favorite le collaborazioni dipersonaggi di spicco, anche non fiorentini, co-me il fisicoLeopoldoNobili e l’astronomoGio-vanni Battista Amici, che ebbero ruoli fonda-

È soltanto un trentennio. Trenta anni in pie-no Ottocento, il periodo del governo del-

l’ultimo granduca lorenese, in una Toscanache presto sarebbe venuta a far parte del nuo-vo Stato italiano. Di questo trentennio, tra1829 e 1859, si occupa il volume.

Le date non sono casuali: la seconda è quel-la dell’“addio” del granduca Leopoldo II, laprima, meno facilmente identificabile, è quel-la dell’apparire sulla scena toscana e fiorenti-na in particolare di alcune personalità di spic-co che segneranno fortemente lo sviluppo del-la città, sia da un punto di vista culturale insenso lato, che in campo strettamente scienti-fico e tecnico. Ed è soprattutto questo ultimoaspetto, meno coltivato e noto, ma non menosignificativo e di rilievo, che il volume inten-de sottolineare, portando in primo piano una“Firenze scientifica” sorprendente per la qua-lità dei protagonisti e la quantità dei risultati.

Quando Leopoldo di Lorena (1797-1870)(fig. 1) divenne granduca, nel 1824, la situa-zione delle scienze fisiche in Toscana non eradellemigliori. L’attenzioneper le preziose e ric-chissime raccolte scientifiche di epoca medi-cea era andata attenuandosi e il ruolo dell’isti-tuzione creatadaPietroLeopoldo (1747-1792)un cinquantennio prima, il Museo di Fisica eStoria Naturale, era divenuto assai meno si-gnificativo, nonostante la presenza di un nuo-vo emodernoGabinetto scientifico, volutodal-lo stesso Pietro Leopoldo, dotato di macchinee modelli, di pregevoli raccolte naturalistiche,di eccezionali manufatti anatomici in cera.

Fig. 1. Aristodemo Costoli,Leopoldo II di Asburgo, bustomarmoreo, metà XIX secolo.Firenze, Museo di StoriaNaturale - Sezionedi Zoologia “La Specola”,Tribuna di Galileo, vestibolo

Mara Miniati

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Fig. 2. Filippo Pacini,Microscopio compostoinvertito, ca. 1868. Firenze,Istituto e Museo di Storiadella Scienza

direttamente coinvolto anche il georgofiloLeonardo Ximenes. Negli anni di LeopoldoII, esattamente nel 1827, gli accademici Raf-faello Lambruschini, Lapo de’ Ricci eCosimoRidolfi stesso dettero vita al «Giornale Agra-rio Toscano», una rivista che si propose la di-vulgazione delle scienze agrarie.

La rivista era pubblicata da Giovan PietroVieusseux (1779-1863), il ginevrino che, nel1820, aveva fondato, sempre a Firenze, il Ga-binetto scientifico e letterario, che divenne su-bito luogo d’incontro e di scambi culturali del-la comunità intellettuale fiorentina, noto e fre-quentato anche dagli stranieri che vivevanoper tempi più o meno lunghi a Firenze. Dal1821, al Gabinetto si era affiancata l’«Antolo-gia», un periodico largamente unitario, note-volmente all’avanguardia nel criterio edito-riale, sul quale pubblicavano i loro scritti let-terati e scienziati, polemisti e riformatori7. IlGabinetto era, come ricorda Volpi all’iniziodel suo saggio in questo volume, «un luogo do-ve era possibile leggere e discutere di lettera-tura e di scienza, di viaggi e di finanza, di ar-te e di politica». Maurizio Bossi, nel suo con-tributo, ricorda quanto fosse importante perVieusseux la circolazione delle idee e quantoegli lamentasse il ritardo dell’Italia rispetto adaltri Paesi nello sviluppo delle scienze.

Questa “Firenze della scienza” si presentadunque straordinariamente vivace: il fisicoLeopoldo Nobili inventa la calamita scintil-lante e altri dispositivi innovativi che permet-tono importanti progressi nel campo dell’elet-tromagnetismo8; Giovanni Battista Amici co-struisce microscopi di altissima qualità e av-via un’officina meccanica che sarà all’originedelle future Officine Galileo9; il medico pi-stoiese Filippo Pacini (1812-1883) scopre nel1835 i corpuscoli che ancora portano il suonome e, nel 1854, il vibrione del colera ser-vendosi di microscopi particolari da lui stes-so costruiti10 (fig. 2).

mentali nello sviluppo delle ricerche fisiche inToscana, e fu promossa la pubblicazione diopere fondamentali letterarie e storiche, poe-tiche e giuridiche, segno di un fermento cul-turale di grande respiro.

In rapporto di amicizia con il giovane gran-duca, uomo colto e di grande sensibilità,mem-brodi società scientifiche e in stretto e costantecontatto con l’élite intellettuale toscana, Vin-cenzio Antinori si prefisse di restituire alMu-seo di Fisica quel ruolo che gli spettava, nonsolo ampliandone le funzioni e le raccolte, maanche ordinando queste ultime «scientifica-mente e storicamente»3, come egli stesso ebbea dichiarare. Il contributo di Simone Contar-di presente in questo volume punta l’atten-zione proprio su Antinori, sul suo progetto dirivitalizzazione di una istituzione impoveritae sulla sua precisa e radicata consapevolezzadell’importanza del Museo come centro di ri-cerche, erede «di una tradizione straordinarianel campo delle scienze»4.

Il Museo di Fisica non era l’unica istitu-zione, a Firenze, di notevole rilievo nel cam-po scientifico. Da anni esisteva, ad esempio,l’Osservatorio Ximeniano, fondato nel 1756dal gesuita Leonardo Ximenes e affidato poialla cura dei Padri Scolopi, osservatorio astro-nomico e meteorologico e, successivamente,sismologico, al quale si affiancavano anchecattedre d’insegnamento5. Al suo secondo di-rettore, Padre Giovanni Inghirami, astrono-mo e cartografo, si deve la prima carta geo-metrica della Toscana (1830), disegnata concriteri moderni e modello per una vasta pro-duzione successiva.

Attiva aFirenze era anche l’Accademia deiGeorgofili, fondata nel 1753 e presieduta, al-l’epoca della Restaurazione, da Cosimo Ri-dolfi, impegnata nello studio di problemi re-lativi all’agricoltura e anche, alla fine del Set-tecento, nelle opere di bonifica della Val diChiana e dellaMaremma6, opere nelle quali fu

4 Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento

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Negli anni di Leopoldo II non mancanoneanche novità in campo tecnico e tecnologi-co.Ad esempio, ancora aFirenze, il padre sco-lopio Eugenio Barsanti, fisico e matematicooriginario di Pietrasanta, e l’ingegnere luc-chese Felice Matteucci portano a compimen-to le loro ricerche e consegnano, il 5 giugno1853, all’Accademia dei Georgofili la memo-ria nella quale essi illustrano la loro invenzio-ne, il motore a scoppio, un dispositivo rivolu-zionario11, con una potenza di venti cavalli edotato di due cilindri. L’invenzione, brevetta-ta nel 1854, resterà però priva di diffusione esarà presentata al pubblico soltanto nel 1861(figg. 3-4).

Pochi anni dopo, nel 1856, l’abate seneseGiovanniCaselli (1815-1891) sviluppa il prin-cipio del fax che lo scozzese Alexander Bainaveva brevettato alcuni anni prima: Casellipensa ad uno strumento capace di scansiona-re immagini e testi che, trasmessi tramite im-pulsi elettrici, vengono ricomposti da un ap-parecchio ricevitore. Lo strumento si chia-mavaPantelegrafo (unione dell’aggettivo gre-

5Firenze 1829-1859. Introduzione

Fig. 3. Ritratto di Padre Eugenio Barsanti, la sua casa natale e il primo motore verticale a gas,seconda metà XIX secolo. Firenze, Istituto e Museo di Storia della Scienza

Fig. 4a-b. Disegni del motore Barsanti-Matteucci, ca. 1854. Firenze, Biblioteca NazionaleCentrale

a b

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seguenze che ne derivarono, sia da un puntodi vista sociale, che scientifico e politico13.

In occasione del Terzo Congresso, quellofiorentino, fu inaugurata all’internodelMuseodi Fisica la Tribuna di Galileo, vero e proprio“tempio” dedicato allo scienziato pisano, a ce-lebrazione delle glorie laiche e scientifiche chedai Medici ai Lorena avevano reso e rendeva-no illustre laToscana,maal contempoancheoc-casionedi riflessione sul significatodella scien-za toscana e fiorentina e sul ruolo della tradi-zione galileiana. Alcuni saggi presenti in que-sto volume si occupano con particolare atten-zione di questo tema e ad essi rinvio per ogniapprofondimento (ad esempio,Barbagli eBie-toletti).Mi limito a segnalare che il Congressofiorentino, che fu presieduto daCosimoRidol-fi e che vide la partecipazione di 888 «compo-nenti»14, fu anche l’occasione di dibattiti e di-scussioni scientifiche e di presentazione di in-venzioni e apparecchiature tecniche.Diqueste,conviene ricordarne almeno alcune: gli stru-menti ideati dalmatematicoTitoGonnella, pro-fessore nell’Accademia di Belle Arti di Firen-ze, il primo destinato a «quadrare le figure pia-

co pan, che significa tutto, con il termine tele-grafo) e riscosse subito un grande successo,non a Firenze ma in Francia, dove Caselli loperfezionò grazie al costruttore parigino Fro-ment12 (figg. 5-6).

Da tempo in Toscana erano state promos-se iniziative assai importanti e significativeper lo sviluppo delle ricerche scientifiche etecnologiche, quali i Congressi degli scienziatiitaliani, voluti fortemente dai fiorentini che nefurono i promotori. Il primo si svolse a Pisanel 1839, il terzo a Firenze nel 1841, il quin-to a Lucca nel 1843; ebbero cadenza annualee permisero la formazione di un importantetessuto di comunicazione al di là di confini egoverni.

Il Congresso fiorentino ebbe sede nel Mu-seo di Fisica che, come Contardi ampiamentedimostra in questo volume, sotto la direzionediAntinori avevaacquistatonuovavitalità e ac-cresciuto le sue raccolte, rinnovandosi total-mente. Dei Congressi in generale, e di questoin particolare, si occupa Fausto Barbagli che,tra l’altro, ne sottolinea il significato “naziona-le” e ne descrive la portata innovativa e le con-

6 Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento

Fig. 5. Pantelegrafo Caselli.Da: L.G. Figuier,Les merveilles de la science,Paris 1870

Fig. 6. Pannello confotoritratto di GiovanniCaselli e provadi trasmissione effettuatacon il Pantelegrafo.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

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no in gran parte ad arricchire ulteriormente lecollezioni del Museo.

Contardi si occupa soprattutto del Gabi-netto fisico,mentreFaustoBarbagli dedica unsaggio alGabinetto naturalistico e alle sue rac-colte, già assai consistenti, ricche di animaliimpagliati e fossili, di erbari e modelli anato-mici, che nell’epoca di Leopoldo II furono ul-teriormente accresciute di pezzi eccezionali ecollezioni di rilievo, ancora una volta dimo-strando sia l’interesse coltivato dalla Casatalorenese nei confronti delle scienze, che l’im-portanza attribuita al museo fiorentino, pun-to di riferimento internazionale e richiamoperstudiosi e semplici curiosi, per viaggiatori eletterati.

Intorno almuseo gravitavanomolti dei per-sonaggi che già abbiamo ricordato: Ridolfi,Lambruschini, Ricasoli, Capponi, Vieusseux,Gazzeri, insiemeadAntinori eadaltri, sonopre-senti nelle istituzioni cittadine e spesso promo-tori di eventi significativi, a confermadell’unio-ne di intenti che li accomunava e della fitta retedi scambi e collaborazioni, che faceva della Fi-renze di metà Ottocento un caso esemplare16.

ne» (questo planimetro fu il solo strumentoscientifico italiano a ricevere la massima ono-rificenza alla grande esposizione universale diLondra del 1851), e il secondo costituito da unimponente telescopio poi collocato nel torrinodell’osservatorio; il Tonografo, un tubo sonoropresentato da Luca De Samuele Cagnazzi, diAltamura, professore emerito di Economia eStatistica, che egli lasciò in dono al Congresso;la macchina costruita dal fiorentino LorenzoTurchini, socio dell’Accademia dei Georgofili,meccanico nell’officina di FeliceGori e fabbri-cante di giocattoli meccanici, da lui chiamata«Telotipografia-elettro-magnetica», in gradodiscrivere, leggere e stampare sunastro15 (fig. 7).Durante il Congresso, inoltre, venne letta unaletteradelbologneseEugenioAlbèri, nellaqua-le veniva annunciata l’intenzione del granducadi pubblicare un’edizione completa delle ope-re di Galileo comprensiva dei manoscritti rac-colti, impresa che, com’ènoto, fu effettivamenterealizzata (fig. 8).

Dalle varie sezioni del Congresso proven-gono strumenti e reperti naturalistici, opuscolie manifesti, documenti e immagini, che van-

7Firenze 1829-1859. Introduzione

Fig. 7. Lorenzo Turchini,Telotipogafia o telegrafoa quadrante, 1841. Firenze,Istituto e Museo di Storiadella Scienza

Fig. 8. Galileo Galilei,Le opere, Società EditriceFiorentina, Firenze1842-1856, frontespizio

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Firenze si trasforma, diventa una città “mo-derna”, della qualeSilvestraBietoletti illustra levicende e il gusto, le predilezioni artistiche e lasempre presente commistione di arte e scienza.

È adesso, proprio in questo trentennio, chesi costruiscono le prime ferrovie. Il progetto,avviato nel 1838 per iniziativa del banchierefiorentinoEmanuele Fenzi e del commercian-te livornese Pietro Senn, colmava un ritardorispetto all’apparizione delle ferrovie nelmon-do (fig. 11). Il tratto Pisa-Livorno fu termina-to nel gennaio 1844 e «il viaggio del primo con-voglio ufficiale, il 13 marzo, provocò un suc-cesso immediato e clamoroso»20. Nel giugno1848 la linea fu completata fino aFirenze e so-lennemente inaugurata dal granduca Leopol-do II, insieme alla nuova stazione Leopolda(fig. 12), un elegante edificio che pochi annidopo, nel 1861, diventerà sede della I Esposi-zione Nazionale di Arti e Manifatture. Nel1848 si inaugura anche la stazione fiorentina

Giuseppe Gazzeri (1771-1847) (fig. 9) èuno dei chimici più importanti nella Firenzedel primo Ottocento17: insegnante nel Liceodurante il governo napoleonico, insegnò chi-mica per quasi quaranta anni nella Scuola difarmacia dell’Ospedale di Santa Maria Nuo-va. A lui si devono ricerche di chimica farma-ceutica e applicata, nonché la collaborazionecon Antinori, Ridolfi ed altri per lo sviluppoindustriale della Toscana: comeCommissariogenerale della Magona e Miniere della To-scana si occupò di Larderello e dei suoi terre-ni boraciferi18 e, come socio dell’Accademiadei Georgofili, pubblicò numerose memoriescientifiche, in particolare di chimica agraria.Insieme a Gioacchino Taddei19 (fig. 10), an-ch’egli chimico e professore di chimica orga-nica e fisicamedica a SantaMariaNuova, so-cio dei Georgofili, Gazzeri partecipò e colla-borò attivamente al Terzo Congresso degliScienziati Italiani.

8 Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento

Fig. 9. Carlo ErnestoLiverati, Ritrattodi Giuseppe Gazzeri, 1841.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

Fig. 10. Carlo ErnestoLiverati, Ritratto di GioacchinoTaddei, 1841. Firenze, Istitutoe Museo di Storia dellaScienza

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che passa anche attraverso l’illuminazione agas, inaugurata nel 1846 e affidata prima allasocietà franceseCottinJumelMontgolfierBo-din e, dal 1847, alla Société Civile Lyonnaise:in questo settore si iniziava con ritardo rispet-to ad altri Paesi e le notti fiorentine erano al-lora appena illuminate dai lampioni ad olio,voluti da Pietro Leopoldo, e dalle tremolantiluci dei tanti tabernacoli. In un terreno peri-ferico si costruisce l’officina del gas, il gaso-metro, lungo l’Arno perché il carbon fossile

Maria Antonia, così chiamata in onore dellagranduchessa, punto terminale della linea fer-roviaria Firenze-Prato-Pistoia, completata tranon poche difficoltà pochi anni dopo21. Con laferrovia prende piede anche la telegrafia elet-trica: nel 1850, inToscana si contano circa 150miglia di linee e una dozzina di uffici telegra-fici dei quali è responsabile lo scienziato Car-lo Matteucci. Silvestra Bietoletti inquadra lavicenda delle ferrovie nel contemporaneo svi-luppo cittadino, nell’opera di rinnovamento

9Firenze 1829-1859. Introduzione

Fig. 11. Stemma di famigliaFenzi, raffigurante unalocomotiva tra la Cupoladel Brunelleschi e la Lanternadi Livorno. Firenze, PalazzoFenzi

Fig. 12. Enrico Presenti,Disegno raffigurante l’alzatodella Stazione Leopolda,ca. 1846. Firenze, Galleriadegli Uffizi, GabinettoDisegni e Stampe

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to, costruì un telefono acustico, ancora esi-stente e funzionante, «usato per comunicaredal piano del palcoscenico alla graticciata dimanovra, posta a circa diciotto metri di altez-za»24. Meucci lascerà l’Italia nel 1835 e altro-ve, nel 1849, nell’ambito delle sue ricerche,scoprirà la possibilità di trasmettere la vocetramite l’elettricità.

Infine la fotografia: nel 1840, VincenzioAntinori acquista una delle prime macchinedi Daguerre (fig. 13), che il marchese Gri-maldi aveva comprato a Parigi nel 1839 pen-sando fosse facile servirsene, ma che cedettesubito al museo, non riuscendo a ottenere ri-sultati accettabili25.

La città viene anche abbellita di statue esculture: nel 1842, ad esempio, fu presa la de-cisione di collocare nel cortile degli Uffizi lestatue di personaggi illustri toscani, opera diartisti famosi che le donarono alla città. Altricambiamenti avvennero nei trasporti cittadi-ni, con il primoomnibus, a cavalli, che nel 1846andava da piazza della Signoria alle Cure, enella viabilità, con la costruzione, ad esempio,del lungarno oggi Vespucci nel 1855.

Trasformazioni avvenivanoanchenegli edi-fici che ospitavano le istituzioni: ad esempio, ilMuseo di Fisica, nel quale l’astronomo mode-nese Giovanni Battista Amici ebbe un ruolonon secondario.Amici, chedal 1831avevapre-so il posto di Jean Louis Pons alla direzionedell’osservatorio (la “Specola” volutadaPietroLeopoldo annessa al Museo di Fisica e StoriaNaturale), costruiva lenti e telescopi di grandeprecisione, moderni e tecnologicamente avan-zati, e microscopi, noti ben oltre i confini delgranducato, richiesti e diffusi ovunque.Graziealle cure di Amici, al costante interessamentodi Antinori e al favore del granduca, la torredell’osservatorio viene restaurata e dotata, nel1835, del Circolo Ripetitore di Reichenbach,strumento fondamentaleperunmodernoebenattrezzato osservatorio, per ospitare il quale

necessario proveniva dalla Gran Bretagna e,attraversoLivorno, giungeva aFirenze via fiu-me. Illuminare la città era costoso e per que-sto il servizio era regolamentato rigidamente,con orari e modalità precisi22.

Dal 1842, nella stessa zona del gasometro,esisteva la “Fonderia di ferro di seconda fu-sione”, detta “del Pignone”, costruita da tresoci: Pasquale Benini, che fabbricava cappel-li di paglia a Lastra a Signa, Tommaso Mi-chelagnoli eGiovanni Piccoli, che poi dirigeràun’altra fonderia esistente all’interno della PiaCasa di Lavoro, l’attuale Montedomini. Lafonderia del Pignone utilizzava il ferro pro-veniente dall’isola d’Elba, che giungeva a Fi-renze via fiume, e con la sua produzione segnòfortemente la città arricchendola di bellissimiarredi urbani, cancelli, lampioni, grate23.

A modificare l’aspetto della città interven-gono anche i nuovi ponti, come quello chia-mato San Ferdinando, a monte dell’Arno, ecome il ponte San Leopoldo, a valle, entram-bi di ferro e sospesi.

Dai primi anni Trenta, al Teatro della Per-gola lavorava Antonio Meucci come aiutoat-trezzista: nello sgabuzzino che gli fu assegna-

10 Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento

Fig. 13. A. Giroux,L. Daguerre, Apparecchiodagherrotipico, 1839.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

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cura, in quello spirito d’impegno morale e at-tenzione agli umili caratteristico di questi an-ni. A questo proposito, un esempio è costitui-to dalla Pia Casa di Lavoro, centro di acco-glienza per poveri e persone in difficoltà, do-ve si lavoravano tappeti ed esisteva, come giàaccennato, una fonderia del ferro. Altro esem-pio, la creazione di scuole, come quella di Ar-ti e Mestieri: al tema dell’istruzione e del suosviluppo a Firenze è dedicato il saggio diGui-do Gori che ne illustra, attraverso documentie fonti primarie, la storia e il significato, finoalla fondazione dell’Istituto Tecnico Toscanocon le sue eccezionali dotazioni scientifiche.

CosimoRidolfi fu uno dei protagonisti nel-la creazione di scuole: Bietoletti, nel suo sag-gio, ricorda che nella tenuta di Meleto, egli

«aveva attuato dal 1834 un progetto didat-tico rivolto a giovanetti meritevoli cui inse-gnare agronomia con un metodo di remini-scenza rousseauiana e che univa all’appren-dimentodi dati tecnologici il lavoronei cam-pi, nella convinzione che l’attività agricolarispondesse pienamente a una delle princi-pali esigenze della società»29.

L’emancipazionedall’ignoranzaèperRidolfiparte integrantedell’educazione, cheassumeunforte significato morale: impegnato nel funzio-namento della Pia Casa di Lavoro, nei progettidi nuove ed efficaci macchine agricole, in rap-porto di amicizia con Amici, a lui già noto pri-ma del suo arrivo a Firenze, interessato alle ri-cerchesull’elettromagnetismoeall’attività scien-tifica di Nobili, «botanico e vivaista esperto»30,Ridolfi fonda nel 1829 la Cassa di Risparmio,pubblica studi scientifici, partecipa all’esposi-zione di Parigi del 1855 dove viene premiato,nellaClasse IIIdiAgronomia,per il coltro eperl’erpice31, insieme a Vieusseux e Lambruschinidà vita al «Giornale Agrario Toscano», istitui-sceun’officinadi litografia.AllaCassaealla suaorganizzazione dedica attenzione il saggio diEmanueleBarletti che prende come spunto l’a-

viene costruito il cupolinomobile.Nello stessoanno viene installato sulla torre anche un pa-rafulmine e si «incomincia la collezione dellepreparazionidiFisiologiavegetabile eseguita incera dal P. Calamai sotto la special direzionedel Prof. Gio. Battista Amici»26.

Con grande gioia diAntinori, nel 1833 era-no state riattivate tre cattedre d’insegnamen-to: FisicaSperimentale era stata affidata aLeo-poldoNobili, che aprì con le sue lezioni il nuo-vo corso di studi, AnatomiaComparata eZoo-logia a Gaspero Mazzi, e Mineralogia e Geo-logia a Filippo Nesti. Come scrive Contardi,l’impostazione data alle lezioni, sotto la spin-ta di Antinori, non è casuale, perché la «sen-sibilità verso la storia della scienza va di paripasso con l’ideale pedagogico che accompa-gna tutta l’attività di direttore del museo»27.

L’attenzione del granducato per l’attività ele produzioni scientifiche e tecniche, nonchéper le manifatture toscane, è infine evidentenella sollecitazione all’organizzazione di espo-sizioni pubbliche. Sul modello di quanto av-veniva in Francia, dove erano periodicamen-te organizzate esposizioni nazionali, che mo-stravano le conquiste recenti nei vari campi,le esposizioni fiorentine iniziarono nel 1839 econtinuarono negli anni: vi si potevano am-mirare i prodotti dell’artigianato locale insie-me a strumenti chirurgici e orologi, ai lavoriin scagliola e agli strumenti musicali. Fu for-se per merito di questa serie di iniziative or-mai consolidate che dopo l’Unità d’Italia sisvolse nella stazione Leopolda la prima gran-de Esposizione Nazionale di Arti e Manifat-ture, nella quale un’azienda locale, la Ginori,vinse il primo premio28.

Purtroppo, questo trentennio fu anche fu-nestato da terribili catastrofi, come l’alluvio-ne del 1844 che distrusse il ponte San Leo-poldo e rese di primaria importanza la manu-tenzione dell’Arno. Molte furono le famigliedisagiate, alle quali fu riservata assistenza e

11Firenze 1829-1859. Introduzione

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pertura del primo sportello e la sua organizza-zione.Dopo lamorte diRidolfi, furono pubbli-cati numerosi elogi, tra i quali quello di Lam-bruschini che gli succede come Presidente del-l’Accademia dei Georgofili. Nell’adunanza so-lennedell’Accademiadel21gennaio1866,Lam-bruschini ricorda imoltimeriti dell’amicoscom-parso, la sua attività che copre il trentennio delquale ci occupiamo, e i suoi interessi scientifici,dall’elettromagnetismo alla litografia, dall’a-gronomia ai congressi scientifici, dalla direzio-ne del Museo di Fisica dopo la morte di Anti-nori alle scuole tecniche e professionali. Lam-bruschini ricordacheRidolfi aveva sindal1855steso il suo testamento, nel quale chiedeva chesulla lapide fosse posta un’iscrizione «semplice,italiana, dettata dal cuore dei figli e non dallamente di un vendilacrime epigrafajo»32.

In questo anno 2009 ricorrono i 180 annidella fondazione della Cassa di risparmio.Questo è anche l’anno che celebra la scoper-ta galileiana dei satelliti di Giove, è l’anno in-titolato all’astronomia. Questo volume tieneconto di entrambe le ricorrenze: Firenze del-la scienza, dunque, eFirenze dellaCassa e del-la sua storia. Ed è anche il testimone delle ini-ziative che a queste ricorrenze si richiamano:l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze ha volu-to che fossero organizzate quattromostre, cia-scuna relativa ad un tema particolare, ma col-legate l’una con l’altra, a testimonianza dell’u-nità di intenti dimostrata dai protagonisti del-la Firenze dell’Ottocento.

Le mostre sono: al Museo di Storia Natu-rale – Sezione di Zoologia “La Specola”, un’e-sposizione, curata da FaustoBarbagli, dedica-ta alla Tribuna di Galileo e al torrino dell’Os-servatorio, perfettamente restaurato e allestitocon gli strumenti e i reperti che documentanole ricche raccolte del loreneseMuseo di Fisica

e Storia Naturale; all’Istituto e Museo di Sto-ria della Scienza (futuro Museo Galileo), cu-rata da Simone Contardi e Mara Miniati, unamostra sulGabinettodiFisica lorenese con im-postazione prevalentemente didattica, modellifunzionanti eoriginali diLeopodoNobili eGio-vanni Battista Amici; alla Fondazione Scienzae Tecnica (responsabili Paolo Brenni, AnnaGiatti, Guido Gori), con visita al Gabinetto diFisica, esempio straordinario di dotazione di-dattica della scuola voluta da Leopoldo II diLorena. Infine, lamostra aPalazzoMediciRic-cardi, prima sede della Cassa, che unisce artee scienza, documenti e suppellettili, macchinee strumenti, della quale è responsabile Silve-stra Bietoletti. Il volume non è il catalogo del-lemostre, dellequali presenta solounelencodeimateriali esposti, ma in qualche modo ne è lo“specchio”, le rappresenta tutte e, soprattutto,vuole offrire al lettore l’immagine ancora poconota della Firenze preunitaria. Gli autori deisaggi (FaustoBarbagli,EmanueleBarletti, Sil-vestraBietoletti,MaurizioBossi, SimoneCon-tardi, Guido Gori e Alessandro Volpi) hannoillustrato ciascuno aspetti della città, eviden-ziandone iprotagonisti, i temi, gli intrecci, i pro-blemi. Desidero qui ringraziarli tutti per la lo-ro amichevole e preziosa collaborazione. Cosìcome ringrazio l’Ente Cassa di Risparmio diFirenze, nelle persone di Marcella Antonini eBarbara Tosti, per la promozione, il sostegno ela condivisione convinta del progetto. Ringra-zio anche Susanna Holm e Paola Petrosino,della Cooperativa Sigma, per il loro attento la-voroorganizzativo;LuigiCupellini e i suoi col-laboratori, per l’allestimento delle mostre inogni fase della loro preparazione; Stella Batta-glia eGianniMiglietta per la realizzazione del-lemacchine edeimodelli.Ringrazio infineAn-na Giatti, preziosa e attenta collaboratrice nellavoro di editing del volume.

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento12

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NOTE

1 Sulla storia del museo lorenese e le sue vicende,vedi CONTARDI 2002.

2 Sul complesso delle vicende dell’epoca di Leopol-do II vedi PESENDORFER 1987b; PESENDORFER 1987a,pp. 141-191; Il governo di famiglia 1987.

3 Archivio IMSS,ARMU162-164,FilzaAffari 1845-1846, n. 43.

4 Vedi CONTARDI in questo volume.5 Sull’OsservatorioXimeniano, ancora oggi esisten-

te e attivo, e la sua storia, vedi BRAVIERI 1985, nonché lenumerosemonografiededicate ai suoidirettori (DelRic-co, Inghirami, Antonelli, Cecchi, fino ai più recenti).

6 Sulle opere di bonifica, vedi BARSANTI, ROMBAI

1986, pp. 93-111; BIAGIANTI 1990.7 Su Vieusseux e sul Gabinetto vedi Istituzioni cul-

turali 2000; VOLPI 2008, ai quali rinvio per la biblio-grafia in essi citata.

8 Su Nobili (1784-1835), vedi L’eredità scientifica1984; Leopoldo Nobili 1984.

9 SuAmici (1786-1863), vediLascienzadegli strumenti1988; MESCHIARI 2005, nonché i numerosi, fondamen-tali studi pubblicati dallo stessoMeschiari su vari aspet-ti della vita e della produzione scientifica di Amici.

10 Su Pacini, vedi BRANCOLINI, NICCOLAI 1985.11 Sulla storia delmotore a scoppio, vediBarsanti&

Matteucci 2005; BORCHI, MACII 2006.12 PAGNI 1858; FIGUIER 1867-1891, in particolare

vol. II, 1870, pp. 132, 152-160; FERRI 1978.13 L’Archivio completo dei Congressi degli Scien-

ziati Italiani è conservato presso l’Istituto e Museo diStoria della Scienza di Firenze e consultabile al sitowww.imss.fi.it.Dei documenti relativi alCongresso fio-rentino è statopubblicato lo spoglio: vediCECCONI1991.

14 Vedi Atti 1841. Tra i partecipanti segnalo, oltre aRidolfi e Antinori, l’astronomo Amici, il modellatore incera Luigi Calamai, i medici Maurizio Bufalini, Giu-seppe Chiarugi, Filippo Pacini, politici come Carlo e

Luigi Luciano Bonaparte e i Cambray Digny, chimicicome Giuseppe Gazzeri e poi botanici e ingegneri, let-terati e archeologi, matematici e tecnici, molti dei qualiassociati all’Accademia deiGeorgofili e ad altre società,italiani e stranieri.

15 Le macchine sono descritte in Atti 1841, pp. 255-261 (Planimetro di Gonnella), pp. 261-262 (Telesco-pio), p. 205 (Tonografo), pp. 240-241 (Telotipografia).Sulla produzione fiorentina di strumenti scientifici, ve-di MINIATI 2001, pp. 251-255. Sui costruttori di stru-menti scientifici ottocenteschi in generale, vedi BREN-NI, MISITI 1986.

16 Suimolti aspetti di Firenze in questi anni, vedi an-che Storia dell’artigianato 2001.

17 Su Gazzeri, vedi ABBRI 1999.18 Vedi Il calore della terra 2005, in particolare i sag-

gi di F. Abbri, P.D. Burgassi, M.C. Bianchi.19 Su Taddei, vedi ANTONIOTTI 1988.20 In treno 1998, p. 22.21 In treno 1998, pp. 30-35. La stazione Maria An-

tonia corrisponde all’attuale Santa Maria Novella.22 Sulla storia dell’illuminazione a Firenze, vedi

GIUNTINI 1990, in particolare pp. 5-48.23 Vedi Arte e industria 1983.24 CATANIA 1994, p. 89.25 Vedi MINIATI 1989, p. 208.26Archivio IMSS,ARMU162-164,FilzaAffari 1845-

1846, n.43.27 S. CONTARDI in questo volume.28 Sulle esposizioni, vediBRENNI1995;BRENNI2004.29 S. BIETOLETTI in questo volume.30 Vedi FUNARO 1996, p. 172.31 VediDiari Ridolfi 2006, p. 105. Nella stessa Classe

furono anche premiati Raffaello Lambruschini, l’Acca-demia dei Georgofili e Guglielmo Ponticelli, direttoredelle greggi del granduca inMaremma. Sulla storia del-l’aratro in epoca lorenese, vediEvoluzione dell’aratro2002.

32 LAMBRUSCHINI 1860, p. 44.

Firenze 1829-1859. Introduzione 13

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N ellaFirenzedell’Ottocento esistevaun luo-godove era possibile leggere e discutere di

letteratura e di scienza, di viaggi e di finanza,di arte e di politica; si trattava del Gabinettoscientifico e letterario aperto nel 1819 dal “ne-goziante” di origine ginevrina Giovan PietroVieusseux (fig. 1). Pensato per le numerosecolonie di stranieri stanziali o di passaggio perla capitale del granducato, il Gabinetto rac-colse rapidamente una ricca biblioteca cheavrebbe costituito nel tempo uno dei princi-pali centri di cultura della città. L’impianto ori-ginario della raccolta libraria diVieusseux, checaratterizzava anche la rivista concepita dallostesso negoziante a partire dal 1821, l’«Anto-logia», si richiamava alla cultura ginevrina difineSettecento, conmolteplici rimandi alla coe-va produzione scientifica ed economica fran-cese ed inglese. Era evidente in tale ambito iltratto destinato a caratterizzare gran parte deldibattito intellettuale che animò Firenze du-rante tutto il XIX secolo e che fu rappresenta-to dalla forte vocazione “scientista”, dalla con-vinzione che il sapere scientifico ed alcune suedeclinazioni in particolare fossero in grado difornire chiavi di lettura edi trasformazionedel-la realtà contemporanea sottomolteplici aspet-ti. I frequentatori del Gabinetto di Vieusseuxcosì come i primi redattori della sua rivista simostravano persuasi che fosse necessario col-tivare un’idea di progresso civile fondata suunparadigma unitario nel quale la definizionestessa di scienza veniva dilatata fino a com-prendere molte dimensioni e a diventare l’os-

satura portante di una società rinnovata. Di-scendeva di qui la visione tipica del moderati-smo toscano, che fu certamente la corrente po-litica e culturale più influente nel granducatoottocentesco, secondo cui l’ammodernamentodelle istituzioni sociali ed economiche della re-gione sarebbe stato possibile attraverso l’ap-plicazione graduale e “governata” delle inno-vazioni e delle tecniche partorite dalle variescienze, evitando scosse rivoluzionarie e al con-tempo superando i pregiudizi confessionali efideistici1. In questo senso, la scienza diventa-va prima di tutto un linguaggio e un codice dicomportamento utilizzando i quali era possi-bile misurarsi con i cambiamenti postrivolu-zionari. Si trattava di una visione contraddi-stinta da una contraddittoria natura “borghe-se”, spesso coltivata anche da soggetti di pro-venienza aristocratica. Da un lato infatti mo-stravaunagrandeattenzione al rapporto tra sa-pere e ricaduta economica delle innovazioni,qualificando il denaro nei termini dello stru-mento di inevitabile mobilità sociale soprat-tutto se guadagnato attraverso l’espletamentodi un’attività definibile come professionale egrazie all’utilizzo di saperi sempre più util-mente specifici.Dall’altro però, tale visione af-fidava ai saperi scientifici compiti pedagogicivolti ad alimentare una industriosità rigorosa-mente legata ad un sistema di valori ancoramolto tradizionali. Nel binomio scienza-atti-vità economica erano contenute, in tale pro-spettiva, tutte le incongruenze di una moder-nizzazione molte difficile.

Tra scienza, commercio e finanza.Aspetti del dibattito fiorentino d’inizio Ottocento

Fig. 1. Ritratto di Giovan PietroVieusseux, metà XIX secolo,olio su tela. Firenze, ArchivioStorico del GabinettoVieusseux

Alessandro Volpi

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LA “FILOSOFIA DELLA CHIMICA”

In questo clima, tra il 1818 ed il 1819 viderola luce in Toscana due efficaci sintesi, di ca-rattere divulgativo, dedicate alla chimica chesi ponevano il dichiarato intendimento dimet-tere in luce lemolteplici ricadute concrete e lepiù generali qualità pedagogiche di tale disci-plina, ritenuta più di altre in gradodi cambiareil quadro economico e sociale in atto. Si trat-tava del Corso di chimica economica di GiuseppeGiulj, edito dallo stampatore fiorentino Ciar-detti, e delCompendio di un trattato elementare dichimicadiGiuseppeGazzeri (fig. 2), uscito coni tipi di Guglielmo Piatti. Entrambi gli autorierano figure molto note nel panorama scien-tifico toscano, soci delle migliori accademie ecollaboratori delle principali riviste della ca-pitale, che già in passato si erano occupati del-la materia misurandosi con la nuova lettera-tura transalpina di Lavoisier, Fourcroy eChaptal. Da questi studi, entrambi avevanomaturato la convinzione della necessità di“un’istruzione elementare” in campo chimico,non a caso auspicata nella prefazione delle dueopere, perché essa avrebbe consentito il rapi-do definirsi di una mutata abitudine mentale,scevra da superstizioni e fobie irragionevoli,e la comparsa di una diffusa industriosità po-polare applicabile in vari campi.

«Questo scritto – chiarivaGiuseppeGiulj –non è destinato per quelli che posseggonola chimica, e per i quali è facile l’applica-zione della medesima ad ogni caso, ma perdirigere gli artisti, agricoltori di campagna,e padri di famiglia d’ogni grado, onde gui-dare i primi in molte circostanze dell’eser-cizio della loro professione ed illuminare gliultimi sopra vari processi economici»2.

I recenti, corposi progressi conosciuti dal-la chimicanon rappresentavanodunqueun’ac-quisizione circoscritta e limitabile entro gli an-cora angusti confini della comunitàdei sapienti,

ma dovevano essere resi di dominio comune.Era questa la maggiore differenza fra la chi-mica e le altre discipline, pur all’interno di unquadro scientifico complessivo che faticava aspecializzarsi: essa disponeva della prerogati-va di assumere connotazioni sociali ed econo-miche di vaste proporzioni, ben al di là dellamera ed intelligente applicazione di qualchescoperta teorica (figg. 3-4).

In primo luogo, come già aveva notato il fi-sicoGaetanoCioni nel tracciare il quadro del-le «più insigni scoperte» di Humphry Davy(fig. 5), la chimica aveva partorito una nuovaclassificazionedel reale, dando consistenza og-gettiva all’“evidenza” intuitiva del fisiocraticoQuesnay. Nel fare ciò aveva contribuito a«sparger di chiaro lume l’ordine, l’armonia e ilpiano di previdenza con cui il sistema terra fuideato», per utilizzare le espressioni dello stes-

Fig. 2. Giacomo Brogi,Giuseppe Gazzeri, seconda metàXIX secolo. Firenze, Istitutoe Museo di Storiadella Scienza

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento16

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so Davy, nella traduzione italiana di PietroConfigliacchi e Luigi Valentino Brugnatelli3.Esisteva in altre parole una “filosofia della chi-mica”, che garantiva, grazie alla propria capa-cità scientifica, di raffigurare enormare ilmon-donaturale, una convincente cosmologia il cuidato saliente era costituito dall’equilibrio ar-monico tra le parti. La progressiva definizio-ne della tavola degli elementi, condotta attra-verso la scomposizione e la ricomposizione delreale, avrebbe scritto De Gerando, mostravacon chiarezza una tessitura naturale organici-stica, che progrediva senza rotture e senza ri-voluzioni, fornendo un paradigma riproponi-bile nei termini della legge sociale, applicataalla comunitàdegli uomini.L’affinarsi della len-te d’investigazione chimica risultava lo stru-mento neutro per celebrare i pregi insostitui-bili, in quanto appuntonaturali, dell’equilibrioe della moderazione, tratti portanti del siste-ma naturale e non più soltanto virtù morali.Eranoqueste le conclusioni delle ascoltate ope-re di De Candolle, autore di una rappresenta-zione del «regno vegetale», prontamente re-censita dal «NuovoGiornale de’Letterati», chestabiliva dirette comparazioni con palesi in-tendimenti pedagogici. Bandire la rivoluzione

dai processi di trasformazionedella società nonera una scelta ma un dovere per chi intendes-se realmente rispettare le leggi di natura.Quel-la stessa natura che la chimica avrebbe potu-

Fig. 3. Imbuto, XIX secolo.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

Fig. 4. Alambicco concappello, XIX secolo.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

Fig. 5. Pollet, Humphry Davy,1834, incisione. Firenze,Istituto e Museo di Storiadella Scienza

Tra scienza, commercio e finanza 17

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to non solo illustrare ma, come detto, classifi-care, abituando la mentalità popolare ad unamoderazionebenponderata, autonomadavin-coli di ordine religioso e da suggestioni prov-videnzialistiche.La conoscenzadei fondamentichimici aveva pertanto connotati preliminar-mente pedagogici rispetto ad ogni altro sape-re perché metteva in evidenza la possibilità di«dominare il mondo naturale», recitavaBerthollet introducendo il Système de Chimie diThomson, cogliendone l’essenza intimamentelaica. La storia delle relazioni di causa ed ef-fetto, che la nuova geologia di Hauy, Breislake Repetti permetteva di raffigurare fissandoprecise cronologie, appare in tal senso illumi-nante per scongiurare non solo ipotesi di frat-tura ma anche di oscurità, spiegabile unica-mente facendo ricorso a linguaggi non scien-tifici. Proprio Thomson e Hauy, insieme a DeSaussure, perfezionavano agli occhi degli ac-cademici toscani l’idea della «macchina» dellanatura, dell’esistenza di una sua organizzazio-nedotata di regole benprecise, che l’uomoave-va il dovere di comprendere facendo appellosoltanto a se stesso. Certo, lungo tale crinale ilrischio che si profilava era quello di scaderenel materialismo irreligioso, mal tollerabile damolte componenti della cultura moderata to-scanadi inizioOttocento, che si adoperòquin-di per dimostrare l’assoluta conciliabilità del-le prerogative pedagogiche della filosofia del-la chimica, e più in generale di parti comples-sive del sapere scientifico, con la piena fedeltàal credo cristiano. Ancora Giuseppe Gazzeri,chenel 1822 si era impegnato a fondonella tra-duzione e nella diffusione dell’opera di Berze-lius, forniva un esempio di come ciò potesseavvenire. Spiegando ai lettori dell’«Antologia»diGiovanPietroVieusseuxquali fossero ime-riti della geologia, potenziata dal rinnovato ar-mamentario dimatrice chimica, ne confessavala straordinaria utilità concreta per unamiria-de di figure «professionali», concludendoperò

che «tutte queste opere sonben lontanedal vo-lerci spiegare l’origine della conformazionedelnostro pianeta»4. Dunque, la chimica e i sape-ri ad essa collegati potevano plasmare l’abitomentale delle creature divine, convincerle amigliorare la propria esistenza utilizzando iprogressi di una scienza che si fermava alle so-glie dell’atto originario dell’esistenza, avendoestrema cura di non andare oltre. La “filosofiadella chimica”, sintesi di un più complessivomutamento del paradigma scientifico d’inter-pretazione della realtà naturale e sociale, ave-va qualità cognitive unicamente in chiave con-creta, la suapedagogia non era tale se nonpro-duceva ilmiglioramentodella società, che, que-sto sì era legittimo affermare, era stata creataper funzionare inmodo non conflittuale ed ar-monico.Già nel 1831, il giovanemarcheseCo-simo Ridolfi, nella quiete della villa di Meleto(fig. 6), destinata adospitare una celebre scuo-la di agricoltura, preparavaun abbozzodiCor-so di chimica minerale in cui la definiva come ladisciplinapiù efficacedelle «opereumane»pro-prio perché la più incisiva nelmigliorare le ca-pacità produttiveumane senzapericolosi scon-volgimenti. Ribadito ciò poteva affermare:

«par dunque la chimica riscuotere ogni at-tenzione per i vantaggi che porta alle ma-nifatture, al commercio e alle altre scienze,in una parola perché ci pare nel caso di do-minare il mondo».

La chimica era l’espressione scientifica delmoderatismo confinato nei limiti di unamoralecattolica e destinato a formare una società dicapaci industriosi, dalla progredita laborio-sità, che avrebbero faticato però ad inserirsi apieno titolo nella modernità delle categoriedell’emergente cultura borghese; era l’adatta-mento della tradizione alla frontiera del nuo-vo secolo che avveniva senza riuscire a con-durre una reale secolarizzazione dei saperimalimitandosi a spingere i loro contenuti fino al

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento18

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territorio più avanzato conciliabile con il ri-spetto dei sacri canoni. Era quindi in primisuno straordinario formulario di risorse, di ri-cette e di esperienze che razionalizzassero imodi di produzione della società di antico re-gime senza rinnegarla. Il self made man parto-rito da simili visioni scientifiche non sarebbestato in alcun modo un elemento sociale de-flagrante; con questi caratteri era naturale cheil dibattito scientifico divenisse nella Firenzedella prima metà dell’Ottocento un terrenodecisamente più esteso rispetto alla ristrettacerchia dei membri delle varie accademie.

RISORSE E COMPORTAMENTI

Si giocava quindi anche in relazione allachimica e alle scienze ad esse vicine la fonda-mentale partita della definizione di cosa si do-vesse intendere per “industria” e di quali fos-

sero le legittime dimensioni di essa. Nel 1805,con un intervento sul «Magazzino di lettera-tura, Scienze, Arti, Economia politica e Com-mercio», una delle prime riviste fiorentine at-tente alle tematiche della nuova economia,Giacomo Barzellotti aveva sostenuto l’esi-genza che i chimici si facessero «artisti» per«far progredire le arti verso la perfezione»;erano i nuovi sapienti che dovevano rivolger-si all’economia e farsi manifattori, mettendo afrutto conoscenze specifiche e duttilità intel-lettuale5. Non sarebbe stata possibile altra so-luzione – «io trovo più facile che un chimicodivenga artista, prima che uno dei nostri arti-sti divenga chimico» – ed era pertanto inevi-tabile l’esortazione ad evitare qualsiasi sepa-razione di ruoli all’interno delle future classidirigenti. L’utilità economica della chimica in-duceva la formazione di una élite dominatadalla centralità del sapere dove però, aggiun-geva Gazzeri, potevano comodamente trova-

Fig. 6. Domenico Bargagli,Pianta del podere sperimentaledi Meleto, XIX secolo. Firenze,Biblioteca Moreniana

Tra scienza, commercio e finanza 19

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re posto anche i manifattori «divenuti chimi-ci» (fig. 7). La questione di fondo, infatti, eraquella della capacità della chimica medesimadi superare le fumosità alchimistiche che l’a-vevano caratterizzata per secoli e di parlare,come capofila di una profonda trasformazio-ne scientifica, linguaggi fattivi, comprensibilianche agli imprenditori e ai proprietari, con-vinti finalmente ad assumere un ruolo guida,come aveva caldeggiato CharlesDupin, di uncambiamento senza strappi. Industria signifi-cava sotto tale luce generica industriosità cheobbligava a sperimentare tutte le potenzialitànaturali perseguite da una comunità solidaledi gruppi dirigenti fedeli ai nuovi doveri im-posti dal miglioramento scientifico e di stratipopolari fiduciosi nelle medesime potenzia-lità. Nessuna ipotesi di rivoluzione industria-le quindi quanto la puntualizzazione di un les-sico di nuovi mezzi pacificamente “progressi-vi”. Firenze diventava in tale ottica la sede diuna scienza utile e capace di dare sostanza adun complesso di riforme graduali coerenti conle dinamiche del liberalismo politico; una di-mensione che ben si conciliava con le idee del-

la “Atene d’Italia” e del “giardino d’Europa”– codificate dalle affollate colonie di visitato-ri – dove sarebbe stato il sapere a plasmare ipaesaggi, conservandone i profili e trasfor-mandoli in luoghi armonicamente produttivi.

Lo sviluppo della società poteva avvenireinfatti rimuovendo alcuni dei vincoli conside-rati come insuperabili senza l’avanzamentoscientifico. Non si trattava d’ingigantire i li-velli produttivi, introducendo colossali im-pianti industriali, destinati a lacerare l’unita-rietà del tessuto collettivo e a provocare ine-vitabili agitazioni, in aperta violazione peral-tro delle già ricordate leggi di natura. Né oc-correva scatenare una concorrenza virulentadagli spiccati accenti individualistici e neppu-re stabilire a priori quanta parte della societàstessa avrebbe potuto sopravvivere all’incre-mento demografico. Non bisognava, in altreparole, dare ascolto aimoniti e ai suggerimentidell’utilitarismo e degli economisti classicimanchesteriani, pur tanto seguiti sul versan-te delle teorie della divisione internazionaledel lavoro. Proprio il nuovo armamentarioscientifico dimostrava che esistevano forme diarricchimento generalizzato in grado di di-sinnescare le paure originate daMalthus. Stu-diosi come Parmentier, Mirbel, Cadet DeVaux e Rozier si erano impegnati nel molti-plicare il numero possibile degli alimenti cheavrebbero potuto sostenere la crescita dellapopolazione senza drastici sconvolgimenti. Ta-li studi si erano inseriti in Toscana nella ferti-le tradizione avviata da Giovanni TargioniTozzetti, autore fin dal 1767di una celebreAli-murgia, ed avevano trovato ulteriori interpre-ti in Giovanni Fabbroni e Giovanni Bettoni.In tali lavori l’azione della scienza era lo stru-mento per ottenere nuovi beni commestibili eper razionalizzare la preparazione di altri giànoti, ampliando a dismisura il novero delle di-sponibilità alimentari in modo da superarecongiunture difficili, come il blocco continen-

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Fig. 7. Bilanciadi precisione, XIX secolo.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

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tale o la carestia del 1816-1817, e più in gene-rale da spostare decisamente in avanti i già ri-cordati limiti demografici. Certo, notava Ot-tavianoTargioni Tozzetti in apertura delle sueLezioni di materia medica, quest’azione di repe-rimento di risorse prima sconosciute si sareb-be dovuta accompagnare ad un’attenta operadi persuasione delle popolazioni a farne largouso, abbandonando vecchie abitudini alimen-tari. Ancora una volta però si poteva fare ri-corso alle prerogative educative legate alla cri-stallina chiarezza del linguaggio scientifico cheavrebbe mostrato la funzionalità e la natura-lezza dei processi di produzione. In questosenso le capacità persuasive delle scienze era-no ritenute, negli ambienti fiorentini, moltopiù importanti delle nuove acquisizioni dell’e-conomia politica, di cui si discuteva a fondo in-sistendo però sul carattere meramente teori-co di essa. Fondamentale risultava a tale sco-po la vulgata toscana delle opere di BenjaminRumford, inventore della “chimica economi-ca”, che aveva riservato tutte le sue energie adar vita a mille processi in grado di utilizzarei codici chimici per accrescere il patrimonioalimentare delle collettività, riconducendo adessi la possibilità di sconfiggere il pauperismo.Delle invenzioni di Rumford aveva trattatonel 1804 Gaetano Palloni per sostenere comesarebbe stato praticabile, attraverso esse, sfa-mare con costi irrisori ingenti masse, final-mente convinte della bontà di ciò che man-giavano6. Ugualmente, Cosimo Ridolfi, nelpieno della carestia postnapoleonica, aveva in-dicato nelle ricette «scientifiche» di Rumfordla risposta alla improvvisa scomparsa delleproduzioni granarie7. Negli stessi anni, Gio-vacchino Taddei e Giovacchino Carradorisfornavano a ripetizione soluzioni specificheal problema dei costi della sopravvivenza po-polare richiamandosi alle meraviglie conte-nute nei coevi testi francesi ed inglesi per di-mostrare che la scienza poteva fornire vie di

sviluppo alternative al modello dell’introdu-zione aggressiva delle macchine. La sapienzadelle cose naturali, di cui il linguaggio scien-tifico era fedele lettore, modificava al fondo ilreiterarsi di abitudini impoverenti e, al con-tempo, sconfessava il binomioprogresso scien-tifico-dominio della tecnica, nonché i cupi pes-simismi malthusiani. Era nuovamente Giu-seppe Gazzeri a sintetizzare queste posizionipreparando per l’adunanza ordinaria del 2 lu-glio 1820, tenutasi nelle sale dell’Accademiadei Georgofili, una memoria sull’«economiadellematerie alimentari», in cui descriveva concura la prerogativa del sapere scientifico di ac-certare con certezza le qualità nutritive dellevarie sostanze alimentari, il loro apporto ca-lorico e di rendere commestibili la gran mas-sa delle «sostanze vegetabili»8, applicandovialcuni semplici processi. Nel maggio e nel lu-glio del 1821, Gazzeri sarebbe ritornato sulmedesimo argomento ancora davanti aiGeor-gofili, con due nuovi scritti che fornivano al-cuni esempi concreti dell’impiego del cam-pionario scientifico per una migliore conser-vazione e il più razionale utilizzo delle mate-rie commestibili, coinvolgendo nel dibattitoancheGiuseppeGiulj, convinto sostenitore diun ampliamento del ventaglio degli alimentipossibili. Nel secondo intervento, dedicato ad«un più economico impiego delle sostanze ali-mentari», Gazzeri riusciva a riassumere luci-damente in poche frasi le proprie intuizioni,definendo i contorni di una «riforma alimen-tare» retta dai processi avviati dalla chimicapostlavoisieriana. Dei cibi era invece il titoloche introduceva la terza sezione del Corso dichimica economica di Giulj, in cui comparivanoindicazioni spicciole, volte a modificare com-portamenti viziati da inspiegabili chiusure eprecetti di economia domestica più generale.Il punto di contatto tra le due dimensioni eraindividuato dal medico senese nella crucialequestione della conservazione delle sostanze

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nutritive. La Toscana, questa la sua valuta-zione, non era certo priva di risorse naturaliin grado di permettere lo sviluppo della po-polazione, il vero problema stava nell’incapa-cità di sfruttarle pienamente, conservandolein modo efficace il più a lungo possibile9. Unsapere scientifico che chiarisse i meccanismidel deperimento delle «sostanze naturali»avrebbe costituito la premessa del pienoman-tenimento delle loro proprietà, abilitandole amigliorare gli standard di vita e a fungere damerce di scambio internazionale. Il progres-so appariva il portato di soluzioni scientifichedal respiro quotidiano, quasi impercettibili,nell’ambito di una sotterranea e indolore mo-dificazione di ordine strutturale che avvenivagrazie all’affermarsi di un buon senso, profon-damente rinnovato dalla scienza, ma di fattomantenuto nel suo ruolo centrale di principa-le norma sociale. Il «fine e l’oggetto» della chi-mica economica erano contenuti nello svec-chiamento dell’«enorme numero di processidomestici, che successivamente si eseguisco-no nelle nostre abitazioni e si fanno dietro gliusi inveterati, senza che se ne sappia renderragioni», rispetto ai quali era necessario «por-tare i lumi e gli aiuti della scienza per indurvidelle regolarità, delle correzioni e delle sem-plicità» (fig. 8). La comprensione della razio-nalità naturale consegnava non un nuovomo-dello di società, perché anzi l’equilibrio fra leparti e la moderazione risultavano rafforzatinella loro capacità ordinatrice, quanto un piùefficiente Codice di sanità e di lunga vita, comerecitava la traduzione curata daGiuseppeGat-teschi della nota opera di John Sinclair. Quii progressi della nuova scienza erano utilizza-ti per descrivere il funzionamento della mac-china umana, dal «fenomeno della digestione»al numero delle calorie necessarie, e per cer-tificare stili di vita moralmente ineccepibili:non si trattava infatti solo di abituarsi a man-giare tutto ciò che la scienza definiva comme-

stibile, abbandonando sciocche prevenzioni,ma di farlo evitando ogni genere di eccesso.Se la fondamentale questione economica deltempo, sosteneva Sinclair, era rappresentatadall’apparente insufficienza delle produzionialimentari, generata da una mal regolata lorodistribuzione, il tentativo di risolverla non po-teva non passare per la divulgazione dei ri-sultati di una scienza che sapeva impedire icosti dei malati dell’eccesso e gli speculari pe-ricoli “politici” delle carestie. Il sapere scien-tifico corroborava l’assoluta insostituibilitàdella morale individuale trasformandola, ap-punto, in un codice oggettivo. In tale pro-spettiva ben s’inseriva anche la qualificazionedi una «scienza medica» che rimodulasse lefarmacopee e disegnasse una nozione organi-cistica della sanità, intesa ancora una volta co-me la celebrazione acritica, perché scientifi-ca, dellamoderazione.GiovanBattistaThaon,traduttore di Alibert, e Filippo Gallizioli, cu-ratore dell’edizione toscana della Dottrina ge-nerale delle malattie croniche di Dumas, insiste-vano pervicacemente sulle capacità della fi-siologia, lo studio delle proprietà organiche,di stilare un insieme normativo per la perfet-ta salute e la perfetta convivenza sociale,muo-

Fig. 8. Bottiglie con cannelloricurvo, XVIII secolo.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

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vendo dalla distinzione fra le passioni «natu-rali» per la sopravvivenza che la scienza ren-deva omogenee con un ordinamento civileequilibrato e il «commercio sociale», latore dipassioni del tutto artificiali e identificabili nel-la volontà irragionevole di arricchimento. Lascienza, scriveva negli stessi anni GaetanoApolloni, consente la misurazione precisa de-gli effetti sul corpo umano delle pulsioni sen-timentali e dei regimi di vita: ha dunque unvalore prescrittivo che rischia di sfociare neldeterminismo irreligioso. Un pericolo scon-giurato soltanto dalla sua intima finalità dimo-ralizzare gli individui10. La battaglia da con-durre era infatti, in ultima analisi, quella con-tro il vizio, divenuto un dato nocivo in termi-ni scientifici e non solo aleatoriamente opina-bili. Così Carlo Pigli, docente di Fisiologia aPisa, ricorreva all’analisi chimica per chiariregli effetti prodotti sull’uomodal vino e per sta-bilire il confine del beneficio e della tollerabi-lità, oltre il quale si nascondeva la corruzioneinsita anche in unbeneprimario dell’economiaregionale. Lo stesso faceva il “farmacista”Bar-tolomeo Giuntini che aveva cercato nei lavo-ri di Vauquelin la definizione puntuale degli«effetti perniciosi dell’abuso del fumo e del ta-bacco».

«Allorché noi diciamo vizio – affermavaLuigi Eustachio Polidori, docente pressol’Arcispedale di SantaMaria Nuova di Fi-renze – relativamente all’animale econo-mia, intendiamo esprimere ogni cangia-mento o riguardo ai componenti sì liquidiche solidi della macchina, o circa l’orga-nizzazione per essi o alle forze che la go-vernano e alle funzioni che le son proprie:il quale, apportando una singolare o uni-versalemorbosa alterazione nello stato del-le parti o del tutto, sta in contrapposto conla condizione di salute»11.

La macchina umana era retta da processiche la scienza svelava, codificando i compor-tamenti della salute, sottratti all’arbitrio deisingoli, finalmente convinti e costretti al tem-po medesimo ad essere moralmente e fisica-mente sani. Emanuele Basevi, forse il princi-pale tra i collaboratori dell’«Antologia» su te-mi di medicina, e fervente seguace di Brous-sais, si dichiarava convinto della prerogativadella fisiologia chimica di reggere la filosofiamedica, sul modello di Cabanis, in quanto lanatura sociale dell’uomodipende primadi tut-to dai bisogni. L’Avvertimento di apertura all’e-dizione fiorentina diGuglielmoPiatti deiNuo-vi elementi di fisiologia di Richerand risultavaparadigmatico di un simile orientamento:

«Senza la filosofia la medicina ritorna tut-ta quanta sotto il dominio della commediae della satira […] D’altra parte, siccome inostri bisogni derivano dalla nostra orga-nizzazione, le nostre passioni nascono dainostri bisogni, e le nostre idee provenientidai sensi ricevono costantemente l’influen-za dello stato abituale dei nostri organi, lafisiologia può sola somministrare alla filo-sofia le sue più solide basi12».

La «rivoluzione scientifica», recitava Ro-bert John Thornton, fondava una «filosofiadellamedicina» in gradodi garantire la felicità;oppure di generare mostri come illustravaMaryShelley, che affidava allaminuziosa pre-parazione chimico-fisiologica di un dottoresenza troppi scrupoli la responsabilità di averscatenato illusioni luciferine.

Agli occhi degli intellettuali fiorentini, dun-que, il sapere scientifico diventava lo stru-mento per migliorare gli assetti sociali senzamai stravolgerli né immolarli a pretese palin-genetiche. Il nuovo linguaggio delle scienze,partorito nel tardoSettecento enegli anni fran-cesi, si presentava come un insieme unitariodi elementi che spaziavano dalla chimica, allamedicina, alla dottrina economica e ai ricetta-

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ri di cucina senza linee di demarcazione trop-po nette, al di là dei primi tratti di specializza-zione statutaria, dando corpo ad un modellosociale in grado di raccogliere consensi estesie di portare la scienza ben oltre i suoi confini.Alla luce di ciò, diventa maggiormente com-prensibile la grande proliferazione, nella Fi-renze ottocentesca, di società ed accademie, dilettori e di iniziative a diverso titolo legate almondo delle scienze. Anche la capacità di mi-surare meglio i fenomeni, legata al perfezio-namento della statistica, di cui fu grande cul-tore negli ambienti toscani il “geografo” Ja-cobGraeberg diHemso, veniva ricondotta al-la prerogativa di capire le vere ragioni delma-lessere della popolazione e pertanto di svolge-re azioni decisamente più efficaci rispetto alpassato. La statistica inoltre avrebbe permes-so di applicare il rigore scientifico all’osserva-zione del viaggiatore, rendendo possibile cosìtrasformareungenere narrativodi grandepre-sa sui lettori, come appunto erano i resocontidi viaggio, in un sapere utile al progresso ci-vile. Quantificare con metodo le ricadute del-le esperienze sociali conosciute nelle peregri-nazioni di viaggio era per molti degli autoridell’«Antologia» di Vieusseux o per i soci del-l’Accademia deiGeorgofili un obbiettivo prio-ritario in quanto dava all’osservazione occa-sionale un contenuto scientifico che veniva vei-colato attraverso il piacere della lettura di av-venture esotiche o di esperienze straordinarie.In maniera analoga si faceva strada l’idea chel’avanzamento delle conoscenze e delle tecni-che inmateria finanziaria fosse utile per dota-re la comunità dei mercanti e le nascenti ini-ziative d’impresa di mezzi in grado di ridurreil rischio e di distribuirlo fra più soggetti. Lanascita delle prime Casse di Sconto, prese aprestito dai modelli europei, strutturate se-condo la forma delle società per azioni a re-sponsabilità individuale limitata e dotate del-la possibilità di emettere carta moneta a corso

legale, fu il punto di partenza della crescita diun settore creditizio destinato a condizionarea fondo l’economia toscana. In questo senso lalettura di alcuni autori inglesi e francesi, a par-tire da BenjaminDelessert, portò a Firenze laconvinzione che le risorse di liquidità e i mez-zi di pagamento necessari al commercio comeal piccolo risparmiatore potevano essere re-periti grazie ad un’opera di razionalizzazionedell’esistente massa monetaria e di “moltipli-cazione” virtuosa di essa introducendo proce-dure e strutture istituzionali scientificamenteammodernate. Veniva meno in tal modo la di-stinzione fra scienza, modelli e pratiche di or-ganizzazione finanziaria, visione dello svilup-po economico epreoccupazioni sociali che con-fluivano, tutti, in una sola interpretazione del-la società retta, come più volte ricordato, dauna dimensione dilatata del sapere scientifico.Una simile visione era propria di larga partedi un gruppo sociale che poteva essere quali-ficato come “borghese” e che a Firenze com-prendeva scienziati, tecnici – spesso soci di va-rie Accademie –, proprietari terrieri attenti alcoevodibattito sulla gestione dei loro beni, ne-gozianti, banchieri e imprenditori; un panora-ma sociale complesso che cercava nella fidu-cia nel progresso, graduale e mai lacerante, ilproprio segno di identificazione. Senza que-sto gruppo non sarebbero stati possibili i tan-ti luoghi della scienza fiorentina, senza questachiara convinzione della centralità della scien-za ben oltre i meri confini dell’erudizione lamappa delle sedi di dibattito scientifico sareb-be stata decisamente più limitata. Un gruppoperaltro chemanifestava lamassima attenzio-ne alla propria credibilità e alla prerogativa diessere una comunità con proprie sedi di ag-gregazione dove circolavano letture comunimacircolavanoanchemezzi di pagamento con-divisi, a partire dalle cambiali che molto piùdei biglietti di banca costituivano la base mo-netaria di un’intera città.

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ELOGIO DELLA FERTILITÀ

Le prerogative delle “nuove” scienze di co-noscere e di risolvere alcune delle principaliquestioni socioeconomiche d’inizio secolo tro-vavano poi un’ulteriore applicazione in cam-po agrario, settore decisivo dell’economia to-scana d’inizio Ottocento. Il punto di parten-za in tal senso era costituito della definizionedi una precisa e determinata nozione di ferti-lità dei terreni, dipendente inmododiretto dal-la capacità di qualificare le sostanze compo-nenti di essi.Nel 1821,GioacchinoTaddei ave-va espresso con chiarezza i criteri di classifi-cazione «scientifica» dei terreni, la sola a suoparere in grado di garantire le premesse indi-spensabili per un corretto uso degli ingrassi edelle rotazioni13. L’esigenza di una simile clas-sificazione, argomentava Taddei, era raffor-zata da considerazioni che andavano oltre lagià nota «utilità della chimica» di cui avevascrittoBergman.Un simile sapere non era so-lo un efficace strumento di conoscenza da af-fiancare alla prassi del lavoro dei campi, ben-sì il mezzo per accelerare bruscamente i tem-pi, altrimenti lentissimi, delmiglioramentodel-lo stato delle terre. L’analisi della composizio-ne dei suoli poteva essere svolta con risultaticerti attraverso rapide ed accurate indagini dilaboratorio che rimuovevano in larghissimamisura la necessità di provare e riprovare sulcampo soluzioni incerte con inevitabili errorie ritardi; un elemento decisivo questo nel pa-noramadella proprietà granducale, dovemol-to forti restavano le resistenze al cambiamen-to e l’attrattiva esercitata dai possibili margi-ni di profitto non risultava troppo stimolanterispetto alle certezze più tradizionali. Ancorapiù esplicito era stato il fondamentale testo diHumphry Davy, Elementi di Chimica Agraria,tradotti in italiano da Antonio Targioni Toz-zetti e editi daGuglielmoPiatti nel 1815. Pro-prio Targioni nella nota introduttiva sottoli-

neava come la solida tradizione toscana inma-teria di studio dei campi mancasse ancora deisupporti illuminanti delle scienze «rinnovate»,resi obbligati dai progressi recenti e dal dove-re sociale di accrescere la produttività dei ter-reni. A tal proposito Davy dimostrava comeil contemporaneo ricorso a chimica, botanicae fisiologia vegetale avrebbe favorito la pienavalorizzazione della fertilità naturale in unaprospettiva di costante sviluppo; il perfezio-narsi della capacità d’interpretare i codici deiterreni li avrebbe resi costantemente più pro-duttivi, superando qualsiasi ipotesi di staticitàdel settore primario. Lungo questo percorsoteorico, che comprendeva autori molto noti etradotti inToscana comeChaptal, Thaer ePic-tet, si profilava l’idea di una riforma dell’agri-coltura che traeva i suoi contenuti principalida discipline fino ad allora esterne, destinateora a confluirvi, riplasmandola dalle fonda-menta e facendone appunto una scienza au-tonoma rispetto alla prassi. Di nuovo, le fa-coltà utili dei saperi scientifici, discusse neiprincipali cenacoli fiorentini, rischiavano diassestare colpi pesanti alla tradizione, in que-sto caso quella della sacralità delle conoscen-ze “contadine”; tuttavia erano proprio questiprogressi a rendere possibile la difesa dell’or-mai consolidatomodello toscano. Insistere sul-la perfettibilità dei processi di concimazionedella terra e dunque delle rese delle rotazioniagrarie e degli ingrassi, isolando le soluzionimigliori, consentiva di dare minor rilievo allanecessità della ristrutturazione degli assettiproprietari e delle forme contrattuali, preser-vando così l’assoluta centralità degli equilibrimezzadrili ed escludendo l’esigenza degli stra-volgimenti connessi all’introduzione di inva-denti macchinari. La chimica “agraria”, la fi-siologia vegetale, la botanica rilette con i co-dici dello scientismo d’inizio Ottocento offri-vano ricette di progresso dal limitato impattosullo status quo secolarmente consolidatosi, se-

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condo un modello descritto più volte sulle ri-viste di Vieusseux. Occorreva infatti la diffu-sione di una pedagogia popolare in tale sensoche la chiarezza delle nuove scienze avrebbeperò reso irrefutabile come pensava di dimo-strare il «Giornale Agrario Toscano». Dopol’applicazione della chimica all’agricoltura,scriveva Marco Lastri,

«gli errori scomparvero, il dispotismo del-la tradizione fu tolto di mezzo; e lo spiritod’analisi rettificato che ebbe la cognizionedelle terre, quella degli ingrassi e finalmentequella della vegetazione in generale, pre-parò i fondamenti per far sorgere un nuo-vo edifizio. Anche i più rozzi coloni cono-sceranno i principali elementi, l’idrogeno, ilcarbonio e l’azoto ne spiegheranno l’attivitàe i fenomeni»14.

Giovan Battista Landeschi, e con lui mol-ti altri scrittori toscani del tempo, sosteneva-no che un’analoga educazione andava riser-vata ai proprietari terrieri affinché apprendes-sero come i «precetti della medesima [agri-coltura dovessero] essere appoggiati ai prin-cipi di fisica, di botanica e di chimica»15.

Del resto, la medesima pedagogia avrebbedimostrato a proprietari e contadini l’esisten-za di un’unica economia agraria e manifattu-riera che l’applicazione attenta dei processi dilavorazione rivelati dalla chimica permettevadi sviluppare, facendo della Toscana la terradi una società organicamente armonica di agri-coltori emanifattori, retta dal culto della nuo-va scienza. Filippo Gallizzioli negli Elementibotanico agrariben sintetizzava un tale quadro;la riforma dell’agricoltura regionale sarebbepassata attraverso una razionalizzazione del-le rotazioni e degli ingrassi, adottata da gran-di e piccoli possidenti che avrebbero sfrutta-to poi ogni possibilità di trasformare in beneeconomico le risorse naturali coltivate, perfe-zionando la lavorazione del vino, la conser-vazione dei prodotti agricoli e sfornando mil-

le succedanei, sempre e comunque grazie aicodici chimici16. La difficoltàmaggiore nel rea-lizzare un simile sforzo si annidava però nelsuo carattere fin troppo ideologizzato, comeben testimoniava l’esemplare scritto diGioac-chinoCarradori, dedicato alla fertilità dei ter-reni. Capire la composizione delle terre e leloro peculiarità implicava una visione più ge-nerale delle leggi della natura, destinata ad«ergere con ordine e magnificenza» «uno sta-bile edifizio» della conoscenza17. In questo sen-so, analisi scientifica e filosofia della scienzanon parevano disgiungibili con due conse-guenze di fondo costituite appunto dalla spi-nosità del linguaggio adottato, sempre e co-munque di ardua comprensione per proprie-tari e contadini chiamati a identificarsi in talesocietà, e il rischio costante di scadere nel giàricordato “materialismo”; pericolo che spin-geva proprioCarradori a dichiarare con chia-rezza che «nella ricerca delle cose naturali vison limiti certi che non è lecito oltrepassare»mentre Ranieri Gerbi, docente di fisica pres-so l’Ateneo pisano, costruiva una netta sepa-razione fra la legittima capacità umanadi com-prendere «le proprietà dei corpi e le cagioni deifenomeni» e la inammissibile pretesa di ricer-care «la primaria ragione di questi fenomeni[che] dipende dalla libera volontà del Crea-tore»18. La scelta delle soluzioni suggerite dal-la scienza “riformata” dunque doveva sgom-brare il campo da queste continue minacce diempietà, connesse al suo carattere teorico, e li-mitare con cura lo spettro delle indagini allericadute di ordine pratico. I suoi punti fermidovevano essere il razionale impiego delle ro-tazioni, qualificate in relazione alla nuova ca-pacità di comprendere i connotati distintividei terreni, la precisa fissazione dei tempi del-la semina e del raccolto – perché, notavaGior-gio Passerini, se la chimica aveva dimostratoche ritardando la semina lamateria conserva-ta nel germe del cotiledone avrebbe goduto di

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una fermentazione capace di far pervenire «aridurre una materia apparentemente inorga-nica alle forme proprie della materia organiz-zata e vivente»19, allora sarebbe stato innatu-rale non procedere in tale direzione – e un evi-dente miglioramento nella nomenclatura dei«nomi volgari» delle specie vegetali, come au-spicava Ottaviano Targioni Tozzetti, per su-perare i «gravi danni per gli agricoltori» che,suggeriva nel Dizionario botanico italiano, ri-schiano di non intendersi «a qualche distan-za»20. Gaetano Savi collocava poi tra le risor-se di un’agricoltura riformata la potenzialità le-gate ai processi di «naturalizzazione», di sele-zione e di adattamento di molte specie, assaipromettenti in termini produttivi, a condizio-ni naturali simili in località tra loro molto di-stanti. Prendeva corpo dunque un formulariodi soluzioni nel quale i dati comuni proveni-vano dal fermo convincimento che il miglio-ramento delle rese agricole sarebbe accadutoper opera di una razionalizzazione dell’esi-stente, riconoscendo assoluta centralità adunanozione di fertilità praticamente senza limiti,uno “spirito vitale” da conservare attivo nellesue innumerevoli qualità, senza cedere ai pes-simismi delle teorie dei rendimenti decrescentio alle troppo marcate distinzioni fra i caratte-ri di vari tipi di terreni. Proprio la chimicaagraria dimostrava l’esistenza di una similepossibilità riconducibile, oltre che alle risorsegià citate, soprattutto ad una efficace teoriadegli “ingrassi”, di una corretta “alimentazio-ne” delle terre in grado di mantenerle costan-temente fertili. Non a caso agli ingrassi dedi-carono pagine fitte le principali riviste tosca-ne della primametà dell’Ottocento e accesi di-battiti innumerevoli accademie, a cominciareda quella dei Georgofili. Da tali discussioniemergeva una scienza dell’agricoltura defini-ta come un procedimento descrittivo, la cui“oggettività” e precisione analitica mostrava-no un ordine che sul piano dell’intervento

umano richiedeva unicamente la semplicecompensazione, per la quale gli ingrassi era-no decisivi. In questo senso, il linguaggio del-la scienza della Firenze granducale esprime-va i caratteri di unpiù generalemodello socialeche celebrava la gradualità del progresso e l’in-tangibilità degli equilibri naturali, nell’ambi-to di una prospettiva destinata ad assumerevalore politico.

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NOTE

1 Sulla figura di Giovan Pietro Vieusseux esiste or-mai una vasta produzione bibliografica.Mi limito qui acitare solo perché il contributo più recenteVOLPI 2008.

2 GIULJ 1818, I, p. 14.3 DAVY 1814-1816.4 G. GAZZERI, Dell’importanza dello studio della geolo-

gia e dellamaniera d’indagare con profitto il suolo della Tosca-na, in «Antologia», XXVI (giugno 1827), pp. 115-124.

5 BARZELLOTTI 1805, pp. 48-49.6 PALLONI 1804.7 RIDOLFI 1818.8 GAZZERI 1819-1820.9 GIULJ 1818, pp. 231-348.10 APOLLONI 1818.11 POLIDORI s.d.12 RICHERAND 1815, vol. I, p. III.13 TADDEI 1825.14 LASTRI 1810, p. 288.15 LANDESCHI 1810, pp. 18-19.16 GALLIZIOLI 1810.17 CARRADORI 1799.18 GERBI 1818, vol. I, pp. 1-4.19 PASSERINI 1814, p. 9.20 TARGIONI TOZETTTI 1809, vol. I, pp. VIII-IX.

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Fig. 1. E. Burci, Veduta dellaPiazza Santa Trinita e chiesaomonima in Firenze, lapis epenna su carta, metà XIXsecolo. Galleria degli Uffizi,Gabinetto Disegni e Stampe.Il secondo palazzo da sinistraè Palazzo Buondelmonti, sedeoriginaria del GabinettoVieusseux

costituisconounprincipio ineludibile, coeren-temente con quanto era venuto progressiva-mente maturando nella cultura europea. Dal-le ricognizioni di PierAntonioMicheli, Ferdi-nandoMarsili, Antonio Vallisnieri, svolte peraccertare la conformazione dei rilievi e la ge-nesi della loro struttura assieme alla produ-zione vegetale e alle risorse del sottosuolo, econ le quali prende avvio l’osservazione siste-matica della regione, fino a Giovanni Targio-ni Tozzetti e poi a Giorgio Santi, la Toscana èprogressivamente divenuta “luogo” di cono-scenza per elezione, e già con Joseph Jérômede Lalande viene definita come una delle re-gioni europee più percorse e scientificamentedescritte3. Lalande si riferiva in particolare al-l’opera di Targioni Relazioni d’alcuni viaggi fattiin diverse parti dellaToscana4, nella suaprima edi-zione di metà Settecento (fig. 2).

Proprio l’opera di Targioni aiuta a defini-re continuità e differenze con l’età di GiovanPietro Vieusseux. Se Raffaele Lambruschininel 1829, sul «GiornaleAgrario Toscano» edi-to dall’imprenditore ginevrino, sollecitava aldovere di recarsi sui luoghi a osservare e co-municare il «numero immenso di fenomeni»che incessantemente si verificano, già nel 1822,in una lettera proemiale sull’«Antologia», lostesso Vieusseux richiamava la figura di Tar-gioni nell’invitare

«i Toscani tutti, amanti degli studi geogra-fici e statistici a parteciparci quanto avverràloro di osservare discorrendo il suolo natìo,onde possiamo darne conto nell’Antologia.

Periodici, viaggi e diffusione della scienzaal Gabinetto Vieusseux

IN VIAGGIO NELLA NATURA

I l fiorentino Museo di Fisica e Storia Natu-rale, voluto da Pietro Leopoldo per riunire

le collezioni scientifiche e istituito nel 1775 sot-to la direzione di Felice Fontana, si colloca findalla sua nascita tra le più importanti raccolteeuropee di esemplari e strumenti scientifici;tappa imprescindibile per ogni viaggiatore finoltre la metà dell’Ottocento, rappresenta i mi-gliori aspetti della tradizione dei gabinetti discienza1. E ciò nonostante che il grande agro-nomo ingleseArthurYoungnel suoviaggiodel1789 osservasse come gli importanti strumen-ti raccolti nel museo fossero presentati in bel-l’ordine e ben puliti ma non venissero utilizza-ti per una sperimentazione delle teorie. Unacritica però quella di Young – cui si accompa-gna l’evocazione in positivo del disordine la-borioso dei gabinetti scientifici di Lavoisier,Watson, Priestley – che ha come suo realeobiettivo la politica complessiva del granducaPietro Leopoldo, più attenta secondo Young,teorico delmassimo ricavodall’agricoltura, al-le risultanze etiche che a quelle economiche2.Se questa opinione severa poteva avere le suemotivazioni, non per questo l’atteggiamentoscientifico dei fiorentini tra Sette e Ottocentopuò essere considerato come situato in una di-mensione puramente teorica. Piuttosto, l’os-servazione sul terreno corrisponde a una lun-ga tradizione toscana, nella quale uscire dai la-boratori e indagare la conformazione geologi-ca e le produzioni naturali nel loromanifestarsi

Maurizio Bossi

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Qual campo alle indagini del naturalista of-frono le amene nostre colline, le nostre de-liziose valli, le nostremaremme e l’isola del-l’Elba!»5.

Il richiamo non escludeva ovviamente dif-ferenze profonde legate allo sviluppo dellescienze, pur nella continuità di quello che po-tremmo definire un programma conoscitivodi ricognizione diretta attraverso la pratica delviaggio, sentito e condotto come dovere mo-rale per il bene comune. Già lo stesso Targio-ni accennava ai limiti della scienza del suo tem-po, non in gradodi penetrare, nonostante l’aiu-to del microscopio, nell’intima composizionedella materia sino alle «minime molecole»6.Giorgio Santi lo ribadiva nel suo Viaggio alMontamiata pubblicato nel 1795, (fig. 3) lad-dove, nel rilevare i grandi meriti di Targioni,

ne individuava il principale limite nell’averviaggiato quando ancora la chimica non erain grado di essere utile ai naturalisti7.

Nel 1827, Giuseppe Gazzeri dirà che peraggiornare e proseguire il composito quadrod’insieme di Targioni necessita il lavoro spe-cializzato di «botanici, geologi, conchiologi-sti, mineralogisti, chimici, zoologi, idraulici,geografi, economisti, storici»8. E nel volumedel 1828 degli «Atti dei Georgofili» si leggerà,nelle parole di Emanuele Repetti, che la geo-logia, che aiuta a «decifrare la costituzione fi-sica della terra non seppe giungere a dirada-re le tenebre ove giacque la lunga sua infan-zia se non dopo che la Chimica, scienza essapuremoderna, fu in grado d’imprestarle la suapotente mano d’opera»9.

Queste affermazioni non vanno lette soloin una prospettiva strettamente scientista, ma

Fig. 2. O. Targioni Tozzetti,Conchiglie, in G. TargioniTozzetti, Relazioni d’alcuniviaggi fatti in diverse parti dellaToscana, Firenze 1768-1779

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento30

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introducono piuttosto all’influenza che la chi-mica ebbe nella Toscana del primoOttocentosulla concezione economica e sociale, fino acostituire la cornice che rendevapossibile pen-sare uno sviluppo ordinato e senza scosse delrapporto con la natura e una crescita socialeche non richiedeva bruschi cambiamenti10.

Questo intimo rapporto tra pratica scien-tifica e concezione deimutamenti sociali si ve-niva tessendo in concomitanza con il matura-re di un atteggiamento nei confronti dellarealtà naturale che poneva un’ulteriore e si-gnificativa differenza rispetto all’epoca di Tar-gioni.Ne era emblematico l’Essai sur l’art d’ob-server et de faire des expériences dello svizzeroJean Senebier, opera presente presso il Ga-binetto di Vieusseux e assai apprezzata dallasua cerchia11. Si trattava dell’affermarsi di unacrescente consapevolezza teorica della diffe-renza tra il vedere, l’osservare, lo sperimen-tare. Non che in Targioni mancasse il richia-mo a guardare «con occhio filosofico», ma lateorizzazione che viene svolta in un’opera co-me quella di Senebier conduce attraverso l’os-servazione, in cui tutto deve apparire nuovoe singolare anche quando ci è assai familiare,a penetrare i segreti della natura con la speri-mentazione, per coglierne le relazioni più in-time. Il viaggio nella natura diviene una sor-ta di viaggio iniziatico, per definire il quale ri-corrono di frequente espressioni come quelledi togliere alla natura i veli di cui si copre, oilluminare le tenebre di cui si avvolge. La ca-pacità di rinnovare il proprio sguardo suglioggetti più familiari, sui fatti più comuni, divincere l’abitudine che li rendemuti, capacitàsulla quale richiamava l’attenzione Senebier,non solo rende il tragitto più consueto pari al-lo spingersi «in remote contrade», ma addi-rittura può divenire pratica virtuosa di mag-gior significato, perché più modesta e più vi-cina a quanto può essere sfruttato per il co-mune vantaggio.

Ecco allora Vieusseux e Repetti compierenel 1823 sulle Apuane a suo tempo esploratedaTargioni,GiovanniArduino, LazzaroSpal-lanzani, una dura escursione, nella quale eraappiglio solo «qualche raro sterpagnolo» e nelcorso della quale si rivelavano «tante e sì va-rie stratificazioni, accatastamenti, rimpasti eruine» da far ricordare ai due indagatori l’e-sclamazione di Fontenelle: «Quante rivolu-

Fig. 3. Carta topograficadel Montamiata e sue aggiacenze,in G. Santi, Viaggioal Montamiata, Pisa 1795

Periodici, viaggi e diffusione della scienza al Gabinetto Vieusseux 31

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zioni abbisognarono mai prima di poter mo-dellare, nella forma che oggi vediamo, la su-perficie del nostro globo?»12.O ancora, con lascorta del libro di Santi, Vieusseux, Repetti eAiroldi si dirigono alla cima del monte Amia-ta e al suo Sasso di Maremma (fig. 4) – cheSanti aveva descritto come l’imponente resi-duo delle pareti interne di un cratere – da do-ve contemplano il panorama come fosse la«mappa corografica di quasi tutta l’anticaEtruria»13.

Durezze e disagi si presentano anche nelviaggiare in patria, non molto diversi, fatte ledebite proporzioni, da quelli affrontati da viag-giatori come Alexander vonHumboldt, cui sifarà sempre più spesso riferimento, nel primoOttocento, per la sua capacità di cogliere e in-terpretare le relazioni interne alla realtà am-bientale, e anche per il suo tener viva, esauri-tesi le polemiche sulla cosmogonia, una visio-ne d’insieme della terra.

Nella suaGita daFirenze aFigline e ritorno perla via del Pontassieve, Cosimo Ridolfi sottolinea

«quanto sia facile il trascurare di vedere im-portantissimecosenelnostropaeseancopas-sandovi per così dire dimezzo; tanto son es-se celate non già dal mistero ma da una sif-fatta semplicità, che, mentre ne forma il piùbell’ornamento allorché sian conosciute,spesso fa ostacolo non lieve nel loro disco-primento».

Questoatteggiamentoportaancheadespres-sioni in certa misura “aggressive” nei confrontidellanatura,aesprimere l’urgenzacheunascien-za finalizzata al bene comune possa progredirerapidamente.Cosìnel1829Lambruschini si au-gurava che il «Giornale agrario toscano» potes-se avere molti corrispondenti

«pronti a spiare i segreti della natura, sve-gliata, interrogata, importunata dall’arte.Allora noi potremo dire d’aver un occhioper tutto; allora potremo sperare di essereper tutto di qualche utilità»14.

Espressioni riprese alla lettera dal testo diSenebier, come farà anche Repetti definendo«l’arcano santuario della natura» come unasorta di rocca dove colui che la interroga

«deve seguirla, assediarla, espugnarla a for-za di molteplici assidue pertinaci ricerche,osservazioni ed esperienze»15.

Ed espressioni, queste, non isolate e non ca-suali, se anche Gazzeri poteva affermare,sull’«Antologia»del 1827, cheSenebier «ci die-de un esteso trattato sulla maniera di osserva-re e sperimentare, per servirci con profitto deinostri sensi, e tenerci lontani dall’errore»16.

UNA FIRENZE “GINEVRINA”

Il ripetuto richiamoall’opera di Senebier daparte della cerchia di Vieusseux rende ben

Fig. 4. G.P. Vieusseux,Schizzo panoramico Sul Sassodi Maremma, 1830. Firenze,Biblioteca NazionaleCentrale, Carte Vieusseux

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento32

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conto della volontà di diffondere uno spiritod’impegno per la scienza che potesse produr-re una crescita sociale. A tale riguardo, diffi-cile non tener conto dell’influenza che la cul-tura svizzera tra Sette eOttocento ebbe inEu-ropa sulla visione del necessario concorso ditutta una società per una crescita «armonio-sa». Un’influenza non ricordata quanto meri-ta, rispetto alle più citate influenze provenientidalla Francia e dall’Inghilterra. La sintonia fragli intellettuali fiorentini e Ginevra17 era pe-raltro intessuta di rapporti personali non oc-casionali, come testimonia la stessa corri-spondenza di Vieusseux, che ad esempio il 16agosto 1822 invita Jean Peschier a indirizza-re a lui «les savans» e «les hommes de lettre»ginevrini di passaggio a Firenze, per dar loromodo di partecipare alle riunioni del giovedìsera al suo Gabinetto18. Il 7 aprile 1823 rin-grazia lo stesso Peschier di avergli mandato isuoi amici, e si dichiara sorpreso che Saussu-re non abbia portato alcuna lettera di Pictetper i «Saggi di Firenze»19.

Fin dalla sua fondazione nel 1819, peraltro,la biblioteca del Gabinetto di Vieusseux a Pa-lazzo Buondelmonti si caratterizza per unaforte presenza di testi di autori riconducibiliall’esperienza del cenacolo animato nel gine-vrino castello di Coppet daMadame de Staël.Presenza tanto più significativa se si conside-ra il costante riferimento, nella corrisponden-za tra il padre Pierre e Giovan Pietro20, allacultura di cui si era nutrito l’ambiente familiaredei Vieusseux, che era in relazione con i DeLuc, i Rivier, i Viollier, i Peschier, i Sismondi.

Trapeladalle letteredel padre aGiovanPie-tro un senso di orgoglio per come veniva pro-pagata e recepita una cultura sentita come in-timamente propria, e quindi certo non casual-mente posta a fondamento dell’iniziativa delGabinetto ScientificoLetterario. In questa ve-nivano infatti a fondersi una fortemotivazionepersonale, legata a una “autobiografia” fami-

liare, e un’attenzione alla cospicua «colonie ge-nevoise» della cosmopolita Firenze. È natura-le che anche nel seguire il cammino dell’«An-tologia» con quelli che definiva «mots» sui di-versi fascicoli del periodico, Pierre Vieusseuxconsigliasse il figlio di non discostarsi dalle li-nee disegnate dai sapienti ginevrini, in quantocapaci d’interpretare lo spirito dei tempi.

In questo quadro ha una sua presenza si-gnificativa, fin dalla fondazione nel 1819 delGabinetto di Vieusseux, la ginevrina «Biblio-thèque Universelle» con le sue tre sezioni,Littérature, Science e arts, e Agriculture, opera diamici di Mme de Staël come Charles Pictet deRochemont, il fratelloMarc-Auguste eFrédé-ric-Guillaume Maurice. L’importanza perVieusseux della rivista, che faceva seguito al-la «Bibliothèque Britannique», è ben dimo-strata dal fatto non solo che al Gabinetto la ri-vista ginevrina era esclusa dal prestito,ma chegià nel 1822 Vieusseux richiedeva al parenteJean Peschier di riceverne tre copie, consi-derate comunque insufficienti data la folta co-lonia di svizzeri presenti a Firenze21, e che nel1825 gli abbonamenti promossi da Vieusseuxin Toscana saranno ben venti.

Tra gli autori ginevrini, o comunque più le-gati alla cultura del «gruppo di Coppet», del-la rivista elvetica, Marc-Auguste Pictet, deGérando, de Candolle, Humboldt, von Cha-misso, Lullin de Châteauvieux, direttamenteimpegnati nella ricerca scientifica, nei viaggidi esplorazione nella natura e tra gli uomini,nelle ricognizioni agronomiche.

Fondamentale nella cultura ginevrina l’o-peradi educazionepresso tutti i ceti sociali eunacomunicazione quanto più possibile tempesti-va dei progressi scientifici. Sotto questo aspet-to il Gabinetto Scientifico Letterario simbo-leggia nella Firenze della prima metà dell’Ot-tocento il luogo per eccellenza dove l’informa-zione scientifica più si presenta nei suoi intrec-ci con una visione complessiva della società.

Periodici, viaggi e diffusione della scienza al Gabinetto Vieusseux 33

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PERIODICI E SCIENZA

A PALAZZO BUONDELMONTI

Il Bollettino scientifico dell’«Antologia», con isuoi costanti notiziari, ben rappresenta l’impe-gno della rivista di Vieusseux per la diffusionedei progressi delle scienze e delle tecniche.Maancor più è l’attività di Vieusseux come mer-cante-libraio a rappresentare un sostanzialecontributo alla crescita di una sensibilità per lacultura scientifica in Italia. Si tratta di una ve-ra e propria offerta, quindi di una strategia diorientamento di un pubblico vasto, non limita-to ai soli addetti ai lavori, attraverso un’attivitàche, coerentemente con le origini diVieusseux,vede strettamente collegate finalità commer-ciali e finalità di crescita morale, civile, cultu-rale. Sta qui la peculiarità del “luogo” Vieus-seux rispetto alle accademie fiorentine, in que-sta ricercadi allargare la sferadei lettori benol-tre le ristrette cerchie dei savants. Se la biblio-teca circolante non rispecchia appieno questaattenzione, in quanto ben attenta a venire in-controai gusti delpubblico,quindi conunapre-senza di contributi scientifici più occasionale,non altrettanto può dirsi della biblioteca con-sultativa, con i suoi numerosi dizionari e re-pertori, e soprattutto delle riviste, che offronoun aggiornamento programmato e coerente.

A Firenze presso il Gabinetto si potevanocosì trovare riviste come le «Annales des scien-ces naturelles», il «Bulletin universel des scien-ce et de l’industrie» del barone di Férussac, le«Annales de chimie et de physique», le «An-nales desmines»22 (fig. 5). Tutte riviste non so-lo poste a disposizione dei frequentatori delGabinetto, ma anche, come dimostra la corri-spondenza commerciale diVieusseux, fatte cir-colare in Italia. Da notare, tra queste riviste,le «Annales des mines», pubblicazione parti-colarmente consona al tradizionale interessetoscano per le ricognizioni e gli studi sul terri-torio dal punto di vistamineralogico: non a ca-

so è unadelle rivistemaggiormente richieste inlettura a Vieusseux da uno dei protagonisti inquesto ambito, Giuseppe Gazzeri23.

Ma per quanto riguarda l’attività editoria-le di Vieusseux ben presto, rispetto al compi-to prefissosi, l’«Antologia», con il suo tagliod’informazione generale su ogni aspetto dellarealtà umana e sociale, e il Bollettino, con il suocarattere di aggiornamento rapido in appen-dice alla rivista (nel quale particolare atten-zione hanno argomenti come la fisica, la me-dicina, l’elettromagnetismo, la meteorologia),si rivelano insufficienti. Troppo pressante in-fatti la necessità di rafforzare in Italia, paese diletterati rispetto alle grandi nazioni europee,lo spirito scientifico.Nasce così il progetto, perovviare all’«insuffisancede l’Antologie», di unarivista interamente dedicata alle scienzemate-matiche, fisiche, naturali24. Secondo il proget-to di Vieusseux la rivista avrebbe avuto il tito-lo di «Annali italiani delle scienze matemati-che, fisiche e naturali», richiamando il titolodella rivista pubblicata inFrancia dai primi an-ni Venti di cui il Bollettino aveva già dato noti-zia nel 1824, all’uscita della rivista, e della qua-le Vieusseux aveva poi proposto al libraio pa-rigino Barrois lo scambio con l’«Antologia»25.

Particolare interesse riveste il fatto che la ri-vista francese cui si ispirava il nuovo prodot-to editoriale di Vieusseux dedicava precipuaattenzione alle scienze applicate, aspetto que-sto che il progetto, presentato al pubblico conun manifesto nell’«Antologia» del 182826, ri-prendeva appieno, del tutto coerentemente conla missione affidata alle scienze per il bene co-mune dal ginevrino. Il progetto di Vieusseuxfaceva seguito alla notizia che il «Giornale difisica, chimica e storia naturale» fondato a Pa-via nel 1808 da Luigi Valentino Brugnatelli,allievo di Volta, così come la «Corrisponden-za astronomica e geografica» del baronediZa-ch avrebbero sospeso le pubblicazioni. Se la«Corrispondenza» di Zach era specializzata

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento34

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nelle informazioni sull’astronomia, il «Giorna-le» diPavia abbracciava invece tutti i rami del-la scienza, dedicandosi soprattutto ai risultatiraggiunti dagli scienziati italiani. La sua ces-sazione era quindi una perdita particolarmen-te dolorosa, dovuta a quel difetto di «centra-lizzazione» più volte denunciato daVieusseuxcirca la situazione italiana, che costringeva al-l’isolamento i «dotti» del nostro Paese.

Nel proclamare l’intenzione di ovviare aquesto difetto, Vieusseux reclamava per la To-scana il compito di ricordare come essa fossestata sede dell’Accademia del Cimento, e pa-tria di Galileo; e per Firenze venivano rivendi-cati i vantaggi di una posizione centrale e del-la facilità di comunicazione con il resto d’Italiae con i paesi stranieri. Nessuna intenzione, di-chiaravaVieusseux, di sostituirsi a un’impresauniversale comequella del baronediFerussac,ma anche un organo di respiro europeo comequello non poteva essere veramente di utilitàse ogni Paese non avesse avuto l’espressionedel suo impegno scientifico attraverso un pro-prio giornale che ne presentasse i contributi alcomune progresso. La rivista trimestrale cuipensava Vieusseux sarebbe stata pragmatica-mente attenta a quanto già si produceva, pernon duplicare gli sforzi. Quindi, la tecnologia,che già aveva un suo canale di comunicazionenegli «Annali di tecnologia» pubblicati aMila-no, così come la medicina o l’agricoltura chevantavano numerosi periodici ad esse dedica-ti, sarebbero state fuori dal progetto di rivista.RuolodiVieusseux sarebbe statoquellodi sem-plice editore, con il consiglio e l’assistenza de-gli «onorevoli amici di Firenze»27.

I copiosi appunti stesi da Vieusseux per lanuova pubblicazione28 testimoniano della de-terminazione con la quale intendeva persegui-re questo scopo, determinazione purtroppofrustrata, se nel proemio al fascicolo dell’apri-le 1829 dell’«Antologia» l’editore poteva par-lare di un progetto «sventuratamente stronca-

to»29. Probabilmente era stata causa del falli-mento del progetto l’ambizione di farne unasede di dibattito estesa a tutta l’Italia, laddovein realtà, come confesserà nel marzo 1829, tracoloro che avevanomanifestato l’intenzione dipartecipare alla rivista solo due erano non to-scani30. Quando nel 1830 Vieusseux darà no-tizia dell’imminente nascita degli «Annali del-le scienze del Regno Lombardo-Veneto», nelplaudere all’iniziativa non potrà però tratte-nersi dall’osservare che

«la comparsa di questi Giornali, diremmocosì Provinciali,manifesta la vera causa percui non fu bene accolto e secondato il no-stro progetto d’un Giornale nazionale, ita-liano, e dichiariamocon franchezza cheque-ste intraprese, comunque commendevolis-sime, non adempiono il primo e costante no-stro voto, quello d’un Giornale essenzial-mente italiano, cui senza gara o ambizionemunicipale concorrano tutti i dotti dellaPe-nisola, che non abbia nome da quella città oquella provincia in cui combinazioni spe-ciali facciano stabilirne la compilazione, eche si estendaa tutte le scienzematematiche,fisiche e naturali, nonmeno che alle più im-portanti loro applicazioni»31.

Veniva frustrata con questo insuccesso laconvinzione di Vieusseux di aver creato, at-

Fig. 5. «Annales de chimie ede physique», pubblicate aParigi dal 1789 e «Annalesdes sciences naturelles»,pubblicate a Parigi dal 1824.Firenze, Biblioteca delGabinetto Vieusseux

Periodici, viaggi e diffusione della scienza al Gabinetto Vieusseux 35

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traverso la sua ramificata rete di offerta libra-ria, un orientamento favorevole al potenzia-mento dell’interesse per la scienza e poterquindi procedere, alla fine degli anni Venti, aun passo ambizioso nonostante le resistenzedella censura32. Un ulteriore tentativo venivacomunque compiuto nel 1832 con il lancio diunnuovomanifesto33 firmato dadiciotto scien-ziati, tra cui Gazzeri, Amici, Nobili, Frullani,Giorgini,Ridolfi, i TargioniTozzetti, dopounariunione a casa di Vieusseux di cui l’editoreparla in una lettera a Giacomo Leopardi34.

Nel complesso delle iniziative di Vieusseuxè ben riconoscibile l’idea della scienza comeesplorazionecontinua, incalzante, capacedi su-scitare curiosità e appassionare e coinvolgereun pubblico ben più ampio di quello degli spe-cialisti. La rivista avrebbe potuto assolvere auna duplice funzione, per la comunità scienti-fica e per un potenziale pubblico, educato aivalori borghesi, che poteva fruirne e a sua vol-ta contribuirvi. Una scienza nuova rispetto alpassato in quanto intesa non come erudizionedi un cenacolo di dotti, ma anche come capacedi intrattenere e di educare. Del tutto coeren-te è cheVieusseux, nel ritenere cheprimaopoi,dopo il suo fallimento, un tale giornale italianodebba vedere la luce, richiami a quanto la To-scana sta già facendo «nell’interesse della ci-viltà e delle scienze», in particolare nell’espri-mere lo spirito d’associazione, e che sarà com-pitoprecipuodell’«Antologia», nell’ambitodel-le scienze morali, politiche e nella letteratura,presentare ai suoi lettori. Ecco quindi la co-stante attenzione a iniziative come la Cassa diRisparmio, il mutuo insegnamento, l’insegna-mento delle scienze agli artigiani, ai negozian-ti, ai marinai, ai viaggiatori. Tutti impegni coe-renti con quanto le scienze possono offrire perincrementare quanto «già possediamod’utile edi bello nella nostra Toscana»35.

Cosimo Ridolfi esprimemolto bene questaconcezione quando definisce «curiosità e me-

raviglia»madri del sapere.Nella visione diRi-dolfi come, nel suo complesso, dell’ambientediVieusseux, è dovere comunedi tutta una so-cietà indagare la natura ricercando ciò che èignoto anche nelle realtà più familiari, sco-prendone le potenzialità nell’offerta di risorse.

La determinazione di Vieusseux a perse-guire comunque lo scambio e la collaborazio-ne tra gli uomini di scienza in Italia è ben evi-dente nella sua corrispondenza, che testimoniaad esempio quanto Vieusseux abbia fatto perdiffondere e sostenere il programma dei Con-gressi degli scienziati italiani, fin dal primo in-contro a Pisa nel 1839 (fig. 6), ritenendoliun’occasione preziosa per un dialogo italianosulla scienza e per la comunicazione al riguar-do con gli altri paesi. Peraltro, il Copialetteredi Vieusseux porta anche più di una testimo-nianza sul ruolo che ilGabinetto intendeva as-solvere per favorire la comunicazione tra gliscienziati, anche attraverso la trasmissione dimateriali geologici o le informazioni sugli stru-menti scientifici36 (fig. 7).

LE «GITE AGRARIE» FRA CONOSCENZA

E MORALE

I diversi aspetti della visione della scienzapropria dell’ambiente che faceva capo a Palaz-zoBuondelmonti, con la centralitàdella suauti-lità pratica e delle sue virtù pedagogiche e so-ciali, ben si fondono e si esprimono nell’impe-gno per le «gite agrarie», i cui resoconti vengo-no puntualmente riportati dal «Giornale agra-rio toscano». In esse la ricognizione del territo-riopatrio, la conoscenzadelle suecaratteristichehanno come fine l’accertamento delle possibi-lità di estendere alle zone meno coltivate l’e-sperienza in atto nelle aree più fruttuosamentelavorate, così da rendere tutta la regione capa-ce di sostentare il complesso della popolazione.

In questo impegno restano certo distinte lecompetenze dei naturalisti e degli “agrari”,ma

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento36

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predominanti sono le preoccupazioni dei se-condi, congiunte alla loro concezionedi un im-pegno sociale attraverso l’intervento sulla na-tura. Ridolfi ricorderà quante notizie sia pos-sibile raccogliere nella perlustrazione del suo-lo patrio «sotto il triplice aspetto delle produ-zioni naturali del suolo, dell’industria e dellamorale degli abitanti»37. E Vieusseux confida-va nel 1828 che le sue uniche distrazioni era-no le riunioni presso il Gabinetto, le gite stati-stiche e quelle agrarie38. Non è fuori luogo quiricordare come la pratica delle «gite agrarie»sia assai vicina, nello spirito, alle iniziative sviz-zere che traevano la loro ispirazionedalla scuo-la condotta da Philippe Emmanuel de Fellen-berg a Hofwyl, nel cantone di Berna.

Sempre alla Svizzera, per lo stretto lega-me tra progresso scientifico e crescita di unasocietà moralmente coesa presente in quella

cultura e ben consonante con la tradizione to-scana, si volgeva Vieusseux, nel presentaresull’«Antologia» del 1826 la Società toscana digeografia, statistica, e storia naturale patria, ri-chiamando il modello della Società elveticadelle scienze naturali, e sostenendo che in unaregione in cui la natura è «così variata, cosìricca, così pittoresca», non solo le scienze na-turali, ma le scienze morali e l’intera «civiliz-zazione» avrebbero tratto gran frutto dal co-stituirsi di una simile Società39. Viaggiatore luistesso inNordEuropa, Russia, NordAfrica40prima di fondare il Gabinetto Scientifico Let-terario (fig. 8),Vieusseuxnon risparmiava cri-tiche agli italiani, troppo pigri nell’impegnoper le scienze geografiche, seguito in questodallo stimolo di Repetti ai toscani a ricordarecome la loro tradizione, tra gli italiani, non siainferiore a quanto hanno compiuto, e Repet-

Fig. 6. «Un passo in favoredelle scienze»: Vieusseuxsul primo Congresso degliScienziati Italiani, in unalettera a Leopoldo Pilla,Napoli, 15 maggio 1839.Copialettere di G.P.Vieusseux. Firenze, ArchivioStorico del GabinettoVieusseux

Fig. 7. Sul commercio distrumenti scientifici, letteradi Vieusseux a VincenzoMortillaro, Palermo, 4settembre 1824. Copialetteredi G.P. Vieusseux. Firenze,Archivio Storico delGabinetto Vieusseux

Periodici, viaggi e diffusione della scienza al Gabinetto Vieusseux 37

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ti si riferisce qui in particolare alla geologia,prima Saussure, Pallas, Dolomieu, Werner,poi, soprattutto dopo l’affermarsi della scien-za chimica, viaggiatori come Alexander vonHumboldt o Leopold von Buch41.

Rispetto ai viaggi più lontani, il viaggiareper gli stessi scopi in patria, nell’intreccio trafatica fisica, esercizio della capacità di osser-vare come distinta dal semplice vedere e spi-rito didattico nell’esposizione dei risultati, dàdiritto a una sorta di possesso del territorio, le-gato alla responsabilità che ci si assume di co-noscerlo e interpretarlo.

L’azione che ne risultava dal punto di vistadel bene comune veniva esaltata con prospet-

tive nelle quali gli sforzi compiuti venivanoconsistentemente premiati. La lotta contro il«mostro immane»42 rappresentato dalle palu-di maremmane vedrà in un prossimo futuroquelle zone farsi preferire rispetto ad altri pae-si dai villeggianti del Nord per le loro «situa-zioni deliziose e incantatrici»43. Alla descrizio-ne che l’agronomo svizzero Jacob FrédéricLullin de Chateauvieux aveva dato del Vol-terrano come una terra che sembrava averesaurito i giorni della propria vita ed essere tor-nata alla solitudine che concluderà il destinodelglobo44, l’«Antologia»diVieusseux reagiva, de-finendola come fantasia poetica e negando conorgoglio patrio che la situazione dei volterra-

Fig. 8. Giovan Pietro Vieusseuxda giovane con il padre mentreracconta ai fratelli dei suoi viaggi,XIX secolo, olio su tela.Firenze, Archivio Storicodel Gabinetto Vieusseux

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento38

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ni fosse un così «tetro soggiorno dell’ombre edella morte»45. Piuttosto, grazie a chi ne ave-va ricercato lo sfruttamento, come PaoloMa-scagni eGiuseppeGuerrazzi46, e a chi addirit-tura, come Giovanni Ciaschi nel 1816, vi ave-va lasciato la vita nel tentativo di migliorare laproduzione dell’acido borico47, quella regionecon ilmassiccio ingressodella dittaVed.Chemin,Prat, Lamot, Larderel e Comp.48 stesse divenen-do sede di un’industria d’avanguardia, che ve-niva ad aggiungersi alle antiche risorse costi-tuite dall’alabastro e dalle saline.

La morale che sottende e ispira l’attenzio-ne alla scienza dell’ambiente diVieusseux, vol-ta all’applicazione pratica, ha come caratteri-stica fondamentale di evitare gli estremi. Untesto che Vieusseux promosse in Italia, quel-lo di Joseph Droz, dal titolo Applications de lamorale à la politique49, aiuta a comprendere chia-ramente il pensiero del moderatismo toscanoe in particolare di Vieusseux, nella sua conso-nanza con la religione evangelica. Vi si troval’assunto di fondo che l’unica strada percorri-bile per il bene comune è seguire l’imperativodei doveri, più che dei diritti, e insieme, in ogniazioneumana, evitare gli estremi. L’opera, tan-to apprezzata da Vieusseux da farla recensiresull’«Antologia», da volerla tradotta in italia-no e da dispiacersi dello scarso successo divendite, ripercorreva l’epoca dalla Rivoluzio-ne francese agli anni successivi a Napoleone.Solo il fondersi della dottrina dei doveri conquella dei diritti, attraverso il consapevoleesercizio di una responsabilità verso gli altritanto più grande quanto più forte è l’influen-za che si può avere su di loro, può secondoDroz garantire il rispetto delle necessità e del-le aspirazioni altrui da parte di ognuno, im-prescindibile base per una società degna diquesto nome. Una morale quindi che potevaconservare una certa indeterminazione dal

punto di vista concettuale e teorico, e consen-tire quindi l’azione congiunta di personalitàdifferenti comeVieusseux eLambruschini, de’Ricci e Gazzeri, Repetti e Ridolfi.

Ne conseguiva una specificità della Tosca-na, nel suo riferimento all’esperienza interna-zionale con la quale tradizionalmente dialo-gavano i suoi naturalisti e i suoi agronomi: l’in-nestarsi, sulla considerazione della natura co-me operante di norma per impercettibili mo-vimenti, della scelta maturata e consolidatanel tempo, sino alla sua esplicita definizione,dell’impegno ad agire per uno sviluppo dellasocietà umana chemiri alla coesione e non im-plichi né scosse né traumi.

Se seguiamo lo svolgersi delle «gite» cheda-gli anni Trenta fino alla compiuta unità d’Italiail «Giornale agrario toscano» riportò regolar-mente, e che videro subentrare ai Ridolfi, aiLambruschini, ai Vieusseux, ai de’ Ricci la ge-nerazione successiva, della quale Pietro Cup-pari, formatosi alla ridolfiana scuola diMeleto,è l’esponente di spicco, ben evidente appare lacentralità dell’agricoltura nel programma dipromozionedelle scienzeanimatodall’ambientedi Vieusseux. Dagli anni Cinquanta il restrin-gersi delle gite all’agricoltura nei suoi aspettipiù tecnici non fa comunque perdere, anzi loistituzionalizza, il carattere educativo-formati-vo delle gite o, come vennero a chiamarsi,«escursioni»50. Se viene precisandosene lo sco-po, conunamaggiorpredominanzadegli aspet-ti aziendali e di meccanica agraria, se in qual-chemodo si afferma unmaggior pragmatismo,se l’aspetto sociale non è più in primo piano, ècomunque innegabile che le pratiche conosci-tive che si erano venute affermando in buonaparte grazie alGabinetto di Vieusseux si eranomaturate nella prospettiva di un alto ideale disocietà, prospettiva cui venivano ricondotte lefinalità della conoscenza scientifica.

Periodici, viaggi e diffusione della scienza al Gabinetto Vieusseux 39

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NOTE

Per una trattazione più estesa di buona parte deitemi trattati in questo saggio rinvio a BOSSI 1998.

Ringrazio Marco Manfredi per la preziosa colla-borazione.

1 Cfr. MINIATI 1993a, pp. 162-165.2 YOUNG 1792, pp. 243, 248, 249. Sul viaggio in To-

scanadiArthurYoung rinvio aBOSSI 2009, pp. 107-124.3 DE LALANDE 1769, vol. II, p. 461.4TARGIONITOZZETTI1768-1779,vol.X,pp.185-187.5 LAMBRUSCHINI 1829a; VIEUSSEUX 1822.6 TARGIONI TOZZETTI 1768-1779, vol. X, p. 239.7 SANTI 1795, pp. 5-7.8 GAZZERI 1827, p. 117.9 REPETTI 1828, p. 186.10 Si veda al riguardo VOLPI 1998b. Sempre a Vol-

pi si deve l’ultimo contributo consistente sulla figura diVieusseux: VOLPI 2008.

11SENEBIER1802(primaedizioneGenève1775).Pres-so la biblioteca del Gabinetto di Vieusseux ne era dispo-nibile, e ancora oggi vi è conservata, l’edizione del 1802.

12 REPETTI 1826, pp. 55, 56, 64.13 REPETTI 1830, p. 21.14 LAMBRUSCHINI 1829a.15 REPETTI 1828, p. 201.16 GAZZERI 1827, p. 115.17 Riprendo qui alcune delle considerazioni da me

svolte inViaggi e conoscenza traGinevra e laToscana: BOS-SI 2001, pp. 3-17.

18 Lettera del 16 agosto 1822, Archivio Storico delGabinetto Vieusseux (d’ora in avanti ASGV), Copia-lettere Vieusseux, CV), I, p. 66.

19 Lettera del 7 aprile 1823, CV, I, p. 488.20 Cfr.VOLPI 1998a, pp. 87-109. Le lettere sono con-

servate presso ASGV.21Letteradel20novembre1822,ASGV,CV, I, p. 233.22 Si tratta di riviste sorte a cavallo fra Settecento e

Ottocento, tutte pubblicate a Parigi e destinate a unalunga vita editoriale; in particolare le «Annales de chi-mie et de physique» uscirono con la stessa partizionedal 1789 al 1914, le «Annales des mines», come conti-nuazione del precedente «Journal desmines» creato inambito governativo nel 1794, videro la luce nel 1816 ead oggi si pubblicano ancora, le «Annales des sciencesnaturelles», fondate nel 1824, a partire dalla seconda se-rie nel 1834 si scissero in due parti, rispettivamente de-dicate alla Zoologie e alla Botanique, e infine il «Bulletinuniversel des science et de l’industrie» pubblicato findal 1824 sotto la direzione del barone di Férussac hacessato le sue pubblicazioni solo nel 1931.

23 Cfr. ad esempio la lettera del 21 febbraio 1834 inASGV, CV, V, p. 311.

24 Sul senso e l’importanza attribuita al progetto diquesta rivista specialistica vedi anche la lettera di Pie-tro Capei a Vieusseux del 1830 (Biblioteca NazionaleCentrale di Firenze, d’ora in avanti BNCF,Carte Vieus-seux, 12, 137) ora riprodotta in Leopardi 2001, vol. I,pp. 233-234.

25 Cfr. ad esempio la lettera 1° maggio 1824 ad An-tonio Benci a Parigi, ASGV, CV, III, p. 246 e ASGV,CV, III, p. 134, lettera a Barrois del 7 dicembre 1826.Vieusseux continuò negli anni a venire a proporre larivista ai corrispondenti: ancora negli anni Trenta laconsigliava, anche dopo l’uscita di un’omologa rivistaa Bologna distribuita in Toscana da Batelli, alla qualecontinuò a preferire il periodico francese nei consigli aisuoi maggiori clienti: cfr. ASGV, CV, V, p. 480, letteraa Cosimo Ridolfi del 4 novembre 1834.

26 VIEUSSEUX 1828.27 Tra questi, il manifesto elencava V. Antinori, G.

Cioni,G.Frullani,G.Gazzeri, PadreGiorgi delle Scuo-le Pie, G. Giorgini, G. Inghirami, G. Libri, F. Nesti, C.Passerini, G. Raddi, E. Reboul, E. Repetti, C. Ridolfi,G. Taddei, O. Targioni Tozzetti, A. Targioni Tozzetti,F. Tartini Salvatici, D. Paoli.

28 BNCF, Carte Vieusseux, 137, II, ins. 4.29 VIEUSSEUX 1829, p. V. In gennaio al libraio-edi-

tore livornese GlaucoMasi che gli aveva chiesto delu-cidazioni aveva laconicamente risposto che «Gli An-nali Italiani non esistono che in quel manifesto pubbli-cato nel numero di giugno»: cfr. ASGV,CV, III, p. 679.

30 ASGV, CV, III, p. 703, lettera del 4 marzo 1829.Sulle difficoltà incontrate nel mobilitare attorno al pro-getto la comunità scientifica italiana cfr. anche le infor-mazioni in Leopardi 2001, vol. I, p. 340 nota 5. Vieusseuxaveva cercato di diffondere la rivista in tutta la Penisola:cfr. letteraaStelladel 18novembre1828,ASGV,CV, III,p. 621, nella quale si informava sulla diffusione dei ma-nifesti di sottoscrizione al nuovo giornale a lui inviati perraccogliere associati.

31 VIEUSSEUX 1830a.32 Sulle resistenze della censura alla rivista ideata da

Vieusseux cfr. anche la lettera di Vieusseux a Roma-gnosi del 24 giugno 1832 inBNCF,CarteVieusseux, 122,93, ora parzialmente riprodotta in Leopardi 2001, vol. I,pp. 336-337.

33 BNCF, Carteggi Vari, 37, 193 (ora riprodotto an-che in Leopardi 2001, vol. I, pp. 330-331).

34 Cfr. lettera a Leopardi del 10 febbrario 1832 orariprodotta anche in Leopardi 2001, vol. II, p. 600.

35 VIEUSSEUX 1829, pp. I-VIII.36 Si veda, ad esempio, l’invio aMarsiglia di una cas-

sa diminerali per conto diCesareAiroldi (lettera aPier-re Senn e C., Livorno, del 28 aprile 1829, ASGV, CV,IV, p. 9), o le informazioni sui costi praticati da Leo-

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento40

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poldoNobili per strumenti di fisica come l’«apparato diAmpère», i galvanometri, la calamita scintillante, e sul-la via migliore per la loro spedizione (lettera a Vincen-zo Mortillaro, Palermo, del 4 settembre 1834, ASGV,CV, V, p. 531).

37 RIDOLFI 1832, pp. 153-154.38 Lettera a Giuseppe Grassi, a Torino, del 10 giu-

gno 1828, BNCF, Vieusseux, 43, 73.39 VIEUSSEUX 1826.40 Le esperienze del lungo viaggio compiuto da

Vieusseux ai fini di un’indagine commerciale sono ri-portate nel suo Journal-Itinéraire de mon voyage en Euro-pe pendant les années 1814, 1815, 1816 et 1817 pour les intérêtsde Senn, Guebhard et C. de Livourne, pubblicato a cura diLucia Tonini per conto del Centro Romantico del Ga-binetto Vieusseux (VIEUSSEUX 1998), mentre il reso-conto del suo soggiorno in Tunisia dal settembre 1818al febbraio 1819, il cui manoscritto è titolato Quelquesremarques sur la peste de Tunis en 1818-1819 è stato pub-blicato presso il Gabinetto Vieusseux a cura di L.Nep-

pi Modona (VIEUSSEUX 1979). Entrambi i manoscrit-ti sono conservati in BNCF, Vieusseux, 137.

41 REPETTI 1828.42 CORSI 1827, pp. 388-389.43 DE’ RICCI 1834, p. 259.44 LULLIN DE CHATEAUVIEUX 1820 (1a ed. 1815),

pp. 132, 136, 137.45 MONTANI 1822, pp. 181-184.46 REPETTI 1833, pp. 51-55.47 REPETTI 1839, p. 39.48 REPETTI 1833.49 DROZ 1825. L’«Antologia» dedicò due interven-

ti a Droz: una recensione di Giuseppe Montani a Lamorale applicata alla politica (MONTANI 1826) e un bre-ve ma positivo commento di Francesco Forti nella Ri-vista letteraria del febbraio 1832 (FORTI 1832).

50 Su questi temi si veda il volume Le “corse agrarie”2000,cheriporta i resocontidelle«gite»o«corse»o«escur-sioni» agrarie apparse sulla rivista edita da Vieusseux.

Periodici, viaggi e diffusione della scienza al Gabinetto Vieusseux 41

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compagnata per diretto ordine di S.A.I. eR.dalla prescrizione di dover implorare l’op-portuno beneplacito dalla Autorità Eccle-siastica ond laCassapotesse stare aperta neigiorni di Domenica al solo oggetto di rice-vere i depositi alla qual prescrizione essen-do stato adempiuto, l’Ill.mo eRev.moMon-signor Arcivescovo con suo biglietto dei 7Aprile, del quale fu fatta dal Segretario let-tura per intiero, dichiarò che ben volentie-ri concedeva l’implorato suo beneplacito.Fu quindi esibita al Consiglio laMinuta delManifesto che sotto la data dei 23 Aprilecomparve al Pubblico: e l’approvazione diquel documento espressa in unbiglietto del-l’I. eR. Segreteria di Finanza dei 24 delMe-se istesso non solamente in quanto si rife-risse al modo stato prescelto per annunzia-re l’apertura della Cassa di Risparmio,quanto ancora relativamente alla scelta de-gli individui che formare dovevano il Con-siglio d’Amministrazione, e di quello nomi-nato al posto di Direttore […]Il Segretario rese poi conto al Consiglio delbuon esito delle premure fatte presso l’I. R.Governo, onde ottenere un locale per laCassa di Risparmio in alcuno dei RR. Pa-lazzi; presentando al Consiglio un bigliettodel Direttore dello Scrittojo delle II. e RR.Fabbriche nel quale annunziavasi esser sta-to concesso alla Società della suddettaCas-sa l’uso di due stanze terrene dell’anticoPa-lazzo Riccardi […]»2.

In estrema sintesi: con istanza del 12 marzotredei soci fondatori,CosimoRidolfi,GinoCap-poni e Piero Rinuccini presentavano al gran-duca Leopoldo II formale richiesta per «lo sta-

«Per la prima montatura dell’Ufizio della Cassa di Risparmio»:cronaca di un allestimento bancario a Firenze nel 1829

L a storia della Cassa di Risparmio di Firen-ze, che compie quest’anno 180 anni di vi-

ta, è stata nel tempo oggetto di analisi da par-te degli studiosi1 e non è nostra intenzione tor-narci sopra se non per puntualizzare alcunipassaggi utili a inquadrare un episodio inve-ce poco conosciuto: l’allestimento del primosportello aperto al pubblico il 5 luglio 1829.

A tal fine ci sembra opportuno rievocare lacronaca di quei giorni facendo riferimento aduna fonte diretta, il verbale del primo Consi-glio di Amministrazione riunito alcuni mesiaddietro, il 13 maggio:

«Il Consiglio d’Amministrazione dellaCas-sa di Risparmio si riunì per la prima voltasul suddetto giornodei 13Maggio 1829 sot-to la Presidenza del Sig.Mse. Cav. CosimoRidolfi ed essendo inoltre presenti i dueVi-ce Presidenti Sig. Mse. Capponi, e S.E. ilSig.Mse.Rinuccini: i SS.riConsiglieriCav.Moggi,Avv.Fabbroni,Mse.GiuseppePuc-ci: il Direttore della Cassa Sig. Mse. CarloPucci: e il sottoscritto Segretario.Questi fece inprimo luogo letturadellaSup-plica stata umiliata a S.A.I. e R. dai SS.riMse. Ridolfi, Capponi e Rinuccini all’og-getto che fosse approvata la istituzione diunaSocietàprivataper aprire laCassadiRi-sparmio a forma di un Progetto che forma-va parte integrante della suddetta supplica.Comunicò quindi la Sovrana favorevole ri-soluzione espressa inDispaccio dei 30Mar-zo decorso, partecipato al Sig. Mse. Ridol-fi con biglietto dell’I e R. Consulta del suc-cessivo Aprile.Soggiunse quindi il prenominato Segreta-rio esser stata la suddetta partecipazione ac-

Fig. 1. Porta d’ingresso ailocali dove ebbe sede il primoufficio e sportello della Cassadi Risparmio. Firenze, cortiledi Palazzo Medici Riccardi

Emanuele Barletti

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bilimento inToscanadiunaCassadi risparmio»;il 24 e il 28 marzo il Consiglio di Stato si pro-nunciava sullaquestione; il 30marzovenivauf-ficialmente comunicata ai proponenti l’appro-vazione granducale; il 7 aprile l’Arcivescovo diFirenzedava il suobeneplacitoper l’aperturaalpubblico di domenica; del 23 aprile è ilManife-sto istitutivo;al4giugnorisale l’approvazionedelprimo Regolamento (o statuto); infine, il 5 luglioiniziavano le operazioni di sportello3.

La Cassa di Risparmio sorgeva come unasorta di istituto di “previdenza”, anche se nelgiro di pochi anni la natura più propriamente“bancaria” e creditizia avrebbe assunto unapiù ampia rilevanza. Quale “ente previden-ziale” il suo scopo fondamentale era la raccol-ta del piccolo risparmio, dei «piccoli avanzi»che, sottratti alla tentazione delle spese volut-tuarie, potevano fruttare e rappresentare, per

quanti vivevano unicamente del loro lavoro,una fonte cui attingere in caso di bisogno. Iltarget, come si direbbe oggi, al quale la Cas-sa si rivolgeva, era costituito da tutti coloroche, pur avendo un lavoro e conducendo unavita modesta ma dignitosa – cioè la gran par-te della popolazione attiva – erano potenzial-mente esposti al rischio di povertà, per i limi-tati margini di autonomia finanziaria, in as-senza di “ammortizzatori sociali” e in unarealtà economica precaria quale era quella del-la prima metà dell’Ottocento.

Ciò aiuta a spiegare perché gli ammini-stratori della Cassa non si siano rivolti da su-bito a fasce più alte, allo scopo di attirare igrossi capitali, col rischio però d’innescareprocessi speculativi e aggravando così le di-sparità sociali. Rendere fruttiferi i «piccoliavanzi» deimeno abbienti per arginare, quan-

Fig. 2. Sede del primo ufficioe sportello della Cassa diRisparmio. Firenze, internodella loggia sul Cortile Nuovodi Palazzo Medici Riccardi

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento44

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do ce ne fosse stato bisogno, i rovesci della vi-ta avrebbe aiutato indirettamente anche le per-sone facoltose, perché l’incentivazione del pic-colo risparmio si sarebbe tradotta, nelle aspet-tative dei promotori della Cassa, in una sensi-bile diminuzione di quello che era considera-to allora il «necessario tributo all’indigenza»,una forma di tassa o di obolo volontario checomunque in unmodo o nell’altro le classi piùagiate dovevano corrispondere, vuoi spinte daamor cristiano e da nobili sentimenti di carità,vuoi per calcolato proposito di contenere il pe-ricolo di possibili tensioni sociali.

Dunque, come più volte ricordato, il 5 lu-glio prendeva avvio l’attività operativa. Sem-pre dal verbale della prima seduta diConsigliosappiamo che lo Stato aveva concesso in usodue stanze al piano terra di Palazzo MediciRiccardi. La loro esatta ubicazione si evincedalla lettera di assegnazione inviata a RidolfidalDirettore delleRegieFabbriche,CambrayDigny, in data 9 maggio:

«In adempimento degli ordini comunicati aquesta Direzione con due Biglietti della R.Segreteria di Finanze del dì 20 Aprile p.p.e del dì 18 corrente, ho l’onore di prevenir-la che per mezzo del Sig. Ingegnere Filip-poNerini sarannomesse a disposizione del-l’Amministrazione della Cassa di Rispar-mio la Galleria nel Palazzo Riccardi al pia-no terreno corrispondente sulCortileNuo-vo, e la stanza che la precede…»4.

La «galleria» di cui si parla è un ambientedecorato a stucchi e adornato di statue e bu-sti che si affaccia su uno dei lati corti del se-condo cortile con tre grandi arcate chiuse davetrate. Il suo aspetto attuale risale alla se-condametà del secoloXVII, all’epoca delle ri-strutturazioni volute dalla famiglia Riccardiche subentrò nella proprietà del vecchio edi-ficio michelozziano fatto costruire dai Medi-ci sull’angolo tra Via Larga (oggi via Cavour)e via de’ Gori5.

Fig. 3. Cosimo Ridolfi,Bozza autografa delManifesto istitutivo dellaCassa di Risparmio,3 aprile 1829. Firenze,Archivio Storico Cassadi Risparmio di Firenze

Cronaca di un allestimento bancario a Firenze nel 1829 45

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Quando tale spazio fu concesso alla Cassadi Risparmio PalazzoMedici Riccardi era unimmobile incluso tra i beni demaniali e vi ave-vano sede, tra l’altro, gli uffici del Catasto edella Banca di Sconto, presenza quest’ultimaprovvidenziale visti gli stretti rapporti finan-ziari che fin dalla sua creazione si instauraro-no con l’istituto fondato da Ridolfi6.

La “stanza” cheprecede laGalleria nonpuòessere altro che l’ultimo ambiente al piano ter-reno del primo cortile, sulla sinistra, dotato diun proprio ingresso autonomo che costituivadunque l’accesso agli uffici della banca.

I documenti dell’Archivio Storico dellaCassa di Risparmio di Firenze consentono difarci un’idea di come fosse allestita la sua pri-ma sede7.

Lo sportello vero e proprio era formatoda un “banco” chiuso su quattro lati o casot-to di legno di sei braccia emezzo di lunghezzaper tre di larghezza, alto tre. Considerato cheil braccio fiorentino è pari a cm 58, in metrilineari sono 3,77!1,74!1,74. Su due pareti la-terali erano praticate una porta e una fine-stra. La porta serviva agli impiegati per ac-cedervi, la finestra per comunicare con il pub-blico ed effettuare le transazioni bancarie.All’interno della struttura vi era un tavolocon quattro cassetti e una “scansia a leggio”che doveva servire per appoggiare i registricontabili.

La “casotta” era presumibilmente colloca-ta nella Galleria sul Cortile Nuovo in una po-sizione contigua allo spazio riservato al Con-siglio di Amministrazione. Infatti, nei docu-menti, si accenna ad un «Pezzo di Balaustro asemicerchio che serve per fare la divisione dalDescritto Banco, con la Sala del Consiglio».

Dobbiamo quindi immaginare la galleriariccardiana con lo sportello formato da un boxo stand ligneo isolato in una zona della sala ele riunioni consiliari che vi si svolgevano ac-canto separate da questo per mezzo di una

Fig. 4. Manifesto istitutivodella Cassa di Risparmio,23 aprile 1829. Firenze,Archivio Storico Cassadi Risparmio di Firenze

Fig. 5. Beneplacitodell’Arcivescovo di Firenze,Ferdinando Minucci, perl’apertura domenicale dellaCassa di Risparmio, 7 aprile1829. Firenze, ArchivioStorico Cassa di Risparmio diFirenze

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento46

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semplice balaustra di forma semicircolare; unassetto decisamente sobrio se non propriospartano, in linea con la preocupazione espres-sa dai primi amministratori di limitare al mas-simo le spese vive di attivazione della nuovaCassa, anche nell’incertezza di come sareb-bero andate effettivamente le cose.

Circa l’arredo della “Sala di Consiglio” lefonti archivistiche tacciono. Forse si era prov-veduto con materiali di recupero (tavolo, se-die e quant’altro) fornito in prestito o gratui-tamente.

Dopo i primi lavori di allestimento realiz-zati dal falegnameVincenzoSocci tra il 15 giu-gno e il 4 luglio 1829, fu la volta del tappez-ziere Francesco Bimboni che provvide a fo-derare di panno di fustagno “verdone” il ca-sotto e a coprirne con “fogli di Francia” la par-te superiore o “cielo”, rimasta evidentementelibera, a confezionare quattro cuscini per quat-tro sedie, a rivestire infine, sempre di fusta-gno, la “scansia a leggio”. La scelta di un tes-suto umile come il fustagno conferma l’atteg-giamento oculato del committente, che non sicreava problemi a reimpiegare anche oggettiusati, come un timbro per la bollatura a seccodei documenti ufficiali con la «Figura d’unSanGiovannino (che v’era stata già fatta impri-mere con un vecchio Punzone, e poi è statacorretta dall’Incisore)».

L’altro timbro adottato, quello a ceralacca,invece era più semplice, con la dizione «Cassadi Risparmio» e una decorazione a meandro.

Tra i vari articoli di primo impianto furo-no realizzati anche due cartelli colorati di gial-lo con la scritta «Cassa di Risparmio» l’uno«posto nel Cortile del Palazzo Riccardi in ViaLarga» e l’altro «posto su la porta d’ingressodi detto ufizio».

Più tardi, con l’arrivo dell’inverno, vennesistemata la stufa alla svedese di terra grezzadescritta minutamente nella fattura di paga-mento al fabbro Antonio Niccoli che la in-

stallò, ordinata alla premiata «Fabbrica diPor-cellane, Terraglie, Majoliche, Stufe, ec. DelMarchese Ginori Lisci».

Interessante e curioso appare, nei docu-menti, l’elenco degli accessori da ufficio ac-quistati per le necessità quotidiane di lavoro:calamai, bugnoli di vetro per le penne, cioto-le di legno per il “polverino” che serviva adasciugare l’inchiostro, le “coperte” per i cala-mai, tavole di riduzione per il cambio da fio-rini a lire. Nello stesso elenco troviamo inol-tre forniture per la pulizia dei locali: granatadi saggina e spazzola di padule, segatura e ci-nabrese per i pavimenti ecc.

Ma una gran parte delle spese di “monta-tura” fu assorbita dalla realizzazione deglistampati, componente tipica della macchinaburocratica, cui neppure la neonataCassa, ap-pena agli inizi della sua onorata e lunga esi-stenza, poteva sottrarsi già assediata, prima

Fig. 6. Manifesto di annunciodell’apertura della Cassa diRisparmio, 28 giugno 1829.Firenze, Archivio StoricoCassa di Risparmio di Firenze

Cronaca di un allestimento bancario a Firenze nel 1829 47

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ancora di cominciare, da una varia e puntua-le casistica di modelli e documenti, a comin-ciare dal Manifesto del 23 aprile pubblicatopresso la Stamperia Granducale da CarloCambiagi con una tiratura di 450 copie nellaversione a due fogli con quattro facciate e di350 in quella a foglio unico.

Stesso fornitore per le «module» delle azio-ni, in “carta reale” a caratteri inglesi utilizzateper le sottoscrizioni di quote da parte dei socifondatori chedovevano costituire il primo fon-do di dotazione della Cassa. E, ancora, ovvia-mente, i librettini di depositi, ben 6.000 copie,in carta genovese turchina, i mandati di entra-ta (rosa) e di uscita (cerulei), il Manifesto concui si comunicava il giorno di apertura dello“Stabilimento”, le lettere di invito per le adu-nanze del Consiglio di Amministrazione, i re-gistri contabili e ilRegolamento in 1.500 copie.

Se, come abbiamo ipotizzato, la Galleriaospitava sia lo sportello per le operazioni ban-

carie che le riunioni del Consiglio di Ammini-strazione, la «stanza che la precede»doveva es-sere adibita a sala d’attesa, tenuto conto chequasi certamente le persone venivano am-messe una alla volta allo sportello, per quellestesse ragioni di riservatezza o privacy che og-gi inducono gli uffici in genere aperti al pub-blico a dotarsi di numeri a chiamata elettroni-ci e distanziatori “di cortesia”.

I primi impiegati che occuparono gli spazidella Cassa in PalazzoMedici Riccardi furonoGiuseppe D’Ambra, “Provveditore”, respon-sabile dell’ufficio, con un compenso di 240 fio-rini annui, Pietro Tartini Salvatici, “Ragionie-re”, stessa retribuzione,GiuseppePieche, “Cas-siere”, che percepiva più di tutti, 280 fiorini, il“Copista”, un giovane scelto presso la Pia Ca-sa di Lavoro, 48 fiorini, Felice Haert, il “Cu-stode”, 48 fiorini. Su tutti sovrintendeva il “Di-rettore”, Orazio Carlo Pucci, che rispondevadirettamente al Consiglio di Amministrazione.

Fig. 7. Frontespizio delvolumetto Documentiriguardanti la Cassa diRisparmio e istruzioni per chidesidera prevalersene, StamperiaGranducale, Firenze 1829

Fig. 8. Modello del primolibretto di deposito, 1829:Libretto di Credito sopra la Cassadi Risparmio di Firenze. Firenze,Archivio Storico Cassadi Risparmio di Firenze

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Funzioni e compiti di impiegati e “ricorren-ti” erano fissati nel più volte citatoRegolamento:

«Uno che voglia depositare i suoi avanzi al-la Cassa di Risparmio deve portarsi la Do-menica mattina dalle ore 10 alle 2 nel Lo-cale accordato dalla Munificenza Sovrananelle Sale terrene del già Palazzo Riccardiin Via Larga. Là egli si presenterà al Prov-veditore, e gli esporrà la sua domanda. Sesi tratta d’un primo deposito, il Provvedi-tore consegnerà al depositante unLibretto dicredito che questi pagherà al prezzo fisso diquattrini 9. Quando il depositante già pos-segga questo Libretto per depositi fatti al-tre volte, dovrà esibirlo al Provveditore, chevi apporrà la sua firma […] Allora col Li-bretto segnato dal Provveditore, si presen-terà al Ragioniere, perché questi lo firmi; epasserà poi dal Cassiere, che riceverà il de-posito e renderà al depositante il suo Li-bretto dopo averlo esso medesimo sotto-scritto.Così per ogni deposito fatto allaCas-sa, saranno al Libretto del depositante ap-poste tre firme.Quando invece di depositare, si voglia ri-tirare tutto, o in parte il proprio credito, manon però più di 10 fiorini, bisogna pre-sentarsi alla Cassa il venerdì dalle ore 9 al-le 1 pomeridiana; egualmente far capo alProvveditore col proprio Libretto; perchéegli lo sottoscriva nel luogo a ciò assegna-to, ricevere da lui un Mandato d’Uscita,passare col Libretto e colMandato dal Ra-gioniere che segnerà l’uno e l’altro, e poi ariscuotere dal Cassiere, il quale pagherànell’istante la somma domandata. Se chiritira il denaro sa scrivere, farà la recevu-ta appiè del Mandato e non sapendo scri-vere il Cassiere noterà questa circostanzanel luogo ove dovrebbe trovarsi la firma;e quanto al Libretto, o si ripiglierà, dopoche il Cassiere l’abbia anch’egli risegnato,se il credito è stato riscosso solamente inparte, o si lascerà al Cassiere, se il creditoè stato saldato: senza la qual restituzionedel Libretto il pagamento intiero del cre-dito non sarebbe fatto dalla Cassa; comenon sarebbe fatto nessun pagamento par-

ziale senza esibire e far segnare il Libret-to medesimo»8.

La sede della Cassa di Risparmio sarebberimasta a lungo in Palazzo Medici Riccardi.Nel 1839, dieci anni dopo il primo insedia-mento, troviamo anzi che si era ingrandita, es-sendosi allargata a tutta l’ala sinistra del pri-mo cortile:

Fig. 9. Modello di “azione”della Cassa di Risparmio,1829. Firenze, ArchivioStorico Cassa di Risparmiodi Firenze

Fig. 10. Modello diconvocazione del Consigliodi Amministrazione, 1829.Firenze, Archivio StoricoCassa di Risparmio di Firenze

Cronaca di un allestimento bancario a Firenze nel 1829 49

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«Il suo ingresso è sotto il Loggiato del Cor-tile principale per la parte che guarda Po-nente; mediante un uscio s’ha l’accesso inuno stanzone con stanzino annesso di luo-go comodo, e in altre tre stanze comunicantifra loro, e tutte coperte in volta reale»9.

Nel 1865, a seguito del trasferimento dellacapitale d’Italia da Torino a Firenze, i dirigen-ti della Cassa di Risparmio furono costretti atrovare unanuova residenza, dalmomento chePalazzo Medici Riccardi era destinato ad usiministeriali. La circostanza fuvissuta conqual-che apprensione da parte degli amministrato-ri che, nel volgere di brevissimo tempo, eranotenuti ad abbandonare quel «Palazzo monu-mentale che, accoltala nascente, l’avea vedutacrescere in prosperità e superare ogni provapiù dura»10. Erano trascorsi 36 anni e non fusemplice reperire un’altra sede adeguata alle

necessità e all’importanza chenel frattempo l’i-stituto avevaacquisito, finché fu individuatounedificio, dietro il Duomo, in via de’ Cresci, og-gi viaBufalini, che era stata l’abitazioneprivatadi uno dei soci fondatori, Giuseppe Pucci11.

Nel maggio 2009 gli uffici centrali dellabanca sono stati spostati nella periferia norddi Firenze, quartiere di Novoli, in un com-plesso immobiliare appositamente costruitosu progetto di Giorgio Grassi.

Il palazzo di via Bufalini continuerà ad es-sere utilizzato, oltre che da una filiale dell’i-stituto di credito, anche dalla sede dell’EnteCassa di Risparmio di Firenze, la fondazionedi origine bancaria – preposta ad attività diutilità sociale – che perpetua la memoria del-l’antico “stabilimento” che in due stanze di Pa-lazzoMediciRiccardi iniziò una proficua e lu-minosa carriera.

Fig. 11. Modello «Mandatod’Entrata», 1829. Firenze,Archivio Storico Cassadi Risparmio di Firenze

Fig. 12. Modello «Mandatod’Uscita», 1829. Firenze,Archivio Storico Cassadi Risparmio di Firenze

Fig. 13. Foglio del registro«Conto di Depositi», 1829.Firenze, Archivio StoricoCassa di Risparmio di Firenze

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento50

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NOTE

1 Sulla storia della Cassa di Risparmio di Firenzecfr.: LAMBRUSCHINI, DE RICCI, RIDOLFI 1828; LAM-BRUSCHINI 1829b; Documenti 1829; MARTINI BERNAR-DI 1890;G.ZACCHERELLI 1929; PAVANELLI 1984;COP-PINI 1989, pp. 605-638; PAVANELLI 1991; VOLPI 1991,pp. 9-10; SEMPLICI 1991-1992; MAGINI 1992; VOLPI

1992, pp. 267-324; COPPINI 1993, pp. 208-219; COPPI-NI 1994, pp. 197-207; BARLETTI 1995, pp. 149-167;“Opere e i Giorni” 1999; BARLETTI, NAPOLI 2007.

2 ASCRF, Verbali di Consiglio, 1829.3 Tutti i documenti relativi all’istituzione della Cas-

sa di Risparmio di Firenze sono pubblicati in MARTI-NI BERNARDI 1890, vol. I; per le carte originali dellafondazione, cfr. ASF, Segreteria di Finanza, Busta 567,Protocolli Straordinari 29; Segreteria di Finanza 1846,

Protocolli Straordinari 2, cc. 141-168; Regia Consulta2251, n. 13.

4 MARTINI BERNARDI 1890, vol. I, pp. 71-72.5 BÜTTNER 1990.6 ROMBY 1990.7 I documenti inerenti il primo impianto della Cas-

sa di Risparmio in Palazzo Medici Riccardi sono rag-gruppati in ASCRF in un fascicolo denominato Inser-to di Conti della Cassa di Risparmio dal n. 1 al n. 29 all’in-terno del vol. 10/11/12/13,Miscellanea 1829.

8 Documenti 1829, pp. 45 sgg.9 ASF, Scrittoio delle Fabbriche e Fortezze, 2866 e 3183.

Si ringrazia Maria ErinnaMiglietta per aver agevolatola ricercadei fascicoli riguardanti laCassadiRisparmio.

10 ASCRF, c. 169. Crf. anche BARLETTI 1995, pp.149-167.

11 BARLETTI 1998, pp. 117-122 e pp. 307-308.

Cronaca di un allestimento bancario a Firenze nel 1829 51

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DOCUMENTI

N. 1La Cassa di Risparmio a Luigi Pezzali Dare

26 giugno 1829Per n. 12 Risme Carta da Finestredi fogli 500 boni a L. 13.6.8 [la] Risma 160. – –Stampa e Carta di n. 500 Letterinein 1⁄2 foglio 12. – –Idem p[er] 150 dette p[er] le Adunanze 6. – –Stampa e Carta di n. 250 mandati 9. – –Stampa e Carta p[er] n. 250 Elencodei Sig. Soci […] 10. – –

Somma Lire 197. – –Tara 2. – –Restano L. 195. – –

RepartoSpese la stampa e venditadei libretti F.ni 96. – –Spese di Carta e Libri 21. – –

Totale F.ni 117. – –

N. 2La Società della Cassa di Risparmio a PietroCinganelli incisore Dare

Per incisioni e spese di due Sigilli, oMarchi diversi,che uno da Ceralacca, in Ottone incisavi l’Iscrizio-ne =Cassa diRisparmio = a carattere stampatello, nelcentro blasonato e circondato da unMeandro e concontrassegni; e l’altro inAcciajo da imprimer laCar-ta a secco per mezzo d’un Torchio, avente in giro fradue contornini l’Iscriz.ne =Società dellaCassa diRi-sparmio = a carattere corsivo, e sotto la base dellaFigura d’un SanGiovannino (che v’era stata già fat-ta imprimere con un vecchio Punzone, e poi è statacorretta dall’Incisore) scritto = Firenze = in caratte-re stampatello. In tutto Lire Quarantotto

L. 48. – –

A [dì] 18 d[etto] Io sud[detto] ed Infrascritto ho ri-cevuto Lire Quarantasette per Saldo del presenteConto ed in Fede dico

L. 47. – –Pietro Cinganelli

N. 3La Cassa di Risparmio a Luigi Pezzali Tipografo

16 Luglio 1829 DareComposizione, Stampa, Carta per n. 260 Letterep[er] la Cassa suddetta, Lettera del Provveditoreal Direttore

L. 12. – –Luigi Pezzali

N. 4L’Ill.mo Sig.eMarchese Cosimo Ridolfi deve al Ne-gozio Ricci

Per n. 10 legature del librettodella Cassa di Risparmio in foglioa sommano L. 10. – – – –Per n. 10 dette alla Parmense 6.13.4. – –

L. 16.13.4. – –Adì 10 Luglio 1829Io Sottoscritto ho ricevuto il saldodel Presente Contoin lire 15 Vittorio Ricci

N. 5Firenze Li 23 Luglio 1829 Conteggio di Lavori ese-guiti da Niccola Cristofani Libraio nella Pia Casa diLavoro p[er] l’Uffizio della Cassa di Risparmio

Legatura di n. 3000 Libretti di Creditoa ragione di L. 13.4 il Cento L. 20. – –Idem di n. 8 Quaderni di mandatiappuntati con tre Nastri p ciascunoa ragione di L. 5 2. – –Idem all’Olandese di n. 10 Registripapali […] con culatte e puntidi Cartapecorae foglio a barba a L. 2.6.8. l’uno 23.6.8.Idem di n. 1500 Libretti d’Istruzionia L. 1.13.4. il Cento e Valutadi n. 1500 FogliCarta metà celestini, e metà biancaimpiegata nei medesimi 50. – –Somma L. 95.6.8.

Niccola Cristofani

A spese di stampa e venditadi Libretti F.ni 42.00 –A spese di Carta e Libri eStampati diversi 15.20 –

Totale F.ni 57.20 –

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento52

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N. 6Lavori fatti in qualità di Legnaiolo per Servizio del-l’Ufizio della Amministrazione della Cassa di Ri-sparmio nella Sua Residenza in Firenze eseguiti iDescritti Lavori daMeVincenzio Socci e i Suoi La-voranti per Conto della Pia Casa di Lavoro, comesegue e Dichiara

Dal di 15 Giugno fino al di 4 LuglioPer avere fatto una Intelaiatura diun Banco isolato da quattro Partedi Lunghezza B[raccia] 61⁄2 largoB[raccia] 3 e alto B[raccia] 3 enell’Interno della Casotta di d[etto]Banco, fattovi la Tavola con quattroCassette, e dalle parte laterali fattoviun Uscio e una finestra come si vedeal Posto, Compreso legname chiodicolla e fattura desso terminatoal Posto L. 100. – –Per Avelli Dato due Mane Gialloa Olio e Macchiato a Cipresso,compreso tinte Pennelli e fattura 16. – –Per avelli fatto una Scansia a Leggiodi legno di Cipresso e abetodi Moscovia compreso legno e fattura 8.10. – –Per avere fatto Due Cartellidi legname d’Abeto, dove viè ScrittoCassa di Risparmio Resi finitial Posto Compreso legno e la fattura 13.6.8. –

Somma e Segue L. 137.16.8.Per avere trasportato dalla Pia Casadi lavoro un Pezzo di Balaustro asemicerchio che serve per farela divisione dal descritto Banco,con la Sala del Consiglio comesi vede al Posto […] per la fatturadella Riduzione del d[etto] Balaustro

10.10. –

Somma Totale L. 148.6.8. –Tara 8.6.8. –Resta L. 140. – – –

Io Vincenzio Socci M.P.

N. 7Adi 20 Giugno 1829

Per Avere Rimesso all’Ufiziod’Economia n. 10 Cristalli che seidel n. 8 a L. 2 l’uno, con Piomboscorciato, e n. 4 allo Sportellodel Ingresso a L. 1.10 l’uno in tutto L. 18. – –

Tara 2.6.8 –Resta L. 15.13.6

Fatto da me Andrea Bellini

N. 8Conto dell’Ufizio d’Amministrazione della Cassa diRisparmio; deve a me Vincenzio Severini Magnanoper gl’appressi Lavori fatti adi 25 Giugno 1829

Per aver fatto n. 4 Toppe con chiavidi Massello, differenti l’una dall’altrad’ingegni cone sue viti servanoper le Cassette del Banco L. 10. – –Per aver fatto una Chiave nuova,serve p[er] un’altra Cassetta 1.6.8. –Per aver fatto 6 staffe, che 4inginocchiate, e 2 Ala servanoper i Cartelli 2. – –Per avere accomodato le Bandelle,e la Toppa del Paravento 1. – –

Somma L. 14.6.8.Tara 2. – –Resta L. 12.6.8.

Vincenzio Severini

N. 9Conto di Lavori fatti da me Gaetano Catani Im-bianchino

P[er] aver dato duemani di Color giallo a olio al Car-tellodelUfiziodellaCassadiRisparmiopostonelCor-tile del Palazzo Riccardi in Via Larga, e dato di gies-so, e colla al Altro Cartello posto su la porta d’igressodi d[etto] ufizio, poi Filettati i d[etti] Cartelli, e Scrit-tovi l’indicazione di d[etto] Ufizio n. 72 Parole

L. 24. – –Tara L. 2. – –

Resta L. 22. – –Io Gaetano Catani

N. 10Conto delle Spese fatte da FeliceHaert per l’Uffiziodella Cassa di Risparmio

Calamaj a y 11.8. l’uno L. 2.11.8.Sciugamani a y 1.1° l’uno 3. – –Bugnoli di vetro p[er] le pennea y 2.8 l’uno 0.13.4.Cucchiajo di Bossolo 0.10. –

Cronaca di un allestimento bancario a Firenze nel 1829 53

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Brocca di terra ordinaria 0.13.4.Granata di Saggina 0.13.4.Spazzola di Padule 0. 6. –Detta di setola p[er] i Tappeti 0.13.4.Ciotole di legno p[er] il Polverinoa y 2.8 l’una 0.16. –Orinali di vetro 0.10. –Coperte di latta p[er] i calamaja y 6 l’una 2. 8. –Bicchieri di cristallo ordinari 0. 6. –Segatura p[er] il mant[enimento]delle Stanze 0.13.4.Cinabrese p[er] c[ome] s[opra] 0.16.–Valuta di n. 5 Tavole di Riduzionedi Lire in Fiorini 4. – –Pagati al Magnano p[er] accomodaturadi una Toppa 1. 6.8.Valuta di una Paniera p[er] i foglida spurgo 1.16.8.Pagati a Luigi Sermoni p[er] affissionedi ude Manifesti 8. – –Id[em] al Marmista Ciottoli p[er]una Tavola di Marmo 8. – –Id[em] al Magnano p[er] valuta di ferrip[er] i Cappelli 2. – –Id[em] a due facchini p[er] varjtrasporti 5. – –Valuta di due candelotti 1. 6.8.

Somma L. 46.1. –

N. 11Lavoro fatto da Me Francesco Bimboni Tappezzie-re per la Cassa di Risparmio come appre[sso]

Adi 6 Agosto 1829Per aver Tirato il Pannodi Frustagno all’Banco L’incasso L. 4.L. 10. B[raccia] 10 FrustagnoVerdone a y 1 il B[raccio] L. 10. – –Once 4 Bullette p[er] Conficcareil detto Panno 13.4. –Per aver tirato i Fogli di Franciaal accielo [sic] del Banco 2.Pasta Servita p[er] Tirare il dettoFoglio 10.8.Per Aver fatto n. 4 Guanciali a4 sedie di Frustagno e Ripienidi Capecchio Nuovo e Nappettatidi Scatarzo Nero 4.

B[raccia] 8 Frustagno a y 1il B[raccio] 8. – –Un’oncia di Scatarzo Nero 1.6.8.B[raccia] 8 Nastro di Filaticcio 0.8. –L[ibbre] 40 Capecchio Nuovo 4. – –Per Aver Ricoperto una Scansiadi Panno Verde 1.B[raccia] 1 Panno Servito p[er]ricoprire la detta Scansia 6.10. –

Somma L. 11. L. 31.8.8.

Totale Somma L. 42.8.8.Tara 0.8.8.Somma il Dare in L. 42. – –

Francesco Bimboni

N. 12Adi 29 Agosto 1829

Io Giovanni Capannelli ho Consegnato una Catastadi Legnia [sic] al Sig. Cavaliere perCostoLireTren-tadue e più dugento fascinotti per Costo Lire Sei eun paolo e più di segatura Paoli quattroPer Sommatina L. 41.6.8.

Io Giovanni Capannelli ho Ricevuto dal Sig. Cava-liere il Saldo dello Suddetto Conto e in fede M.P.

N. 13Adi 4 Settembre 1829

Nota di uno armadio finito alla Società della Cassadi Risparmio Fatto dare Giovanni Giascomelli e di-co la detta somma di Lire Sessanta e dico RicevutoLire 60

Giovanni Giascomelli

N. 14La Cassa di Risparmio Dare Alla Stamperia Gran-ducale

182923 Giug[no] Carta, e Stampa in duefogli da finestre di copie 450 di unManifesto L. 93.6.8.Idem di Copie 350 del sud[detto]Manifesto ridotto in un foglioda Finestre a Libretto 58.6.8.Idem in 6° di Carta Reale di n. 120

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento54

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Azioni stampate in Caratteri Inglesicon contorno 13.6.8.Idem di 500 Lettere d’Invito p[er]le Adunanze in 1⁄2 foglio da Lettere 15. – –Idem di n. 6000 Libretti in 4°Genovese turchina da farsi in pagine8 di stampa, rigate a traverso,e pressati a soldi due la copia,prezzo convenuto 600. – –Idem di n. 250 Mandati a Entrata,e 250 detti a Uscita in 4° Genovese,metà color di Rosa, e metà cerulea 20. – –

Segue a tergo L. 800. – –

Somma come a tergo, e segue L. 800. – –23 Giug[no]Carta, e stampa di n. 200fogli da finestre portanti duemilaMandati a Uscita, stampati a Talons,pressati, e piegati al prezzoconvenuto di 33.6.8.Idem di Mille Fogli da finestre a4 pagine di stampa p[er] il Registrodi Dare, ed AvereDei Depositanti, rigati a traverso,piegati, e pressati al prezzoconvenuto di 155. – –Idem di Cinquecento fogli papalip[er] il Registro del Ragioniere,e servono p[er] le Operazionidel Trimestre, rigati a traverso,a 4 pagine di stampa piegati,e pressati al prezzo convenuto di 150. – –Idem di n. 200 Manifesti p[er]l’apertura di detto Stabilimentoin Carta Genovese 16.13.4.Stampa in sua Carta da finestredi Copie 1500 di un Regolamentodella sud[detta] Cassa di Risparmioin fogli 33⁄4 alla ragione di L. 62il foglio 232.10.–

L. 1387.10.Mandato per Carlo CambiagiRanieri Tacci

Reparto

Stampa in Carta di n. 450 Copieper il Manifesto L. 93.6.8.Idem di n. 350 Detto piccolo 58.6.8.Idem di n. 128 Azioni 13.6.8.Idem di n. 500 Lettere d’Invitoper le Adunanze 15. – –Idem di n. 250 Mandati d’Entrata

e n. 250 d’Uscita 20. – –Idem di n. 200 Fogli per Mandatid’Uscita per i Depositi 33.6.8.Idem di n. 1000 Fogli per il Registrodi Dare ed Avere 155. – –Idem di n. 500 d[etti] per i ContiTrimestrali 150. – –Idem di n. 200 Manifesti perl’apertura della Cassa 16.13.4

Somma L. 555. – –Tara 7. – –Restano L. 548. – –

A Spese di Carta, e Libri eStampati Diversi – Pari a Fiorini 328.80. –

Carta e Stampa di n. 6000 Librettiper i Depositanti L. 600. – –Stampa di n. 1500 Copie delRegolamento della Cassa 232.10. –

Somma L. 832.10. –Tara 10.10. –Restano L. 822. – –

A Spese di Stampa e Venditadei Libretti – Pari a Fiorini 493.20. –

N. 15Adi 30 Settembre1829Conto di Lavori fatti alla Cassa di risparmio

Al Banco del Ragioniere p[er] averfatto uno scaffale lungo B[raccia]1 e sette soldi alto B[raccia] 1 e 1⁄5da petto a rene soldi 11 Con unpalchetto in mezzo e tre divisorip[er] ritto e raggiustato una Cornicedi fora e due pezzi p[er] rittoe fissato al posto con vite compresoun accomodatura al me[desimo]

L. 12. – –Speso al tintore in due volte 3. – –Speso in Frustagnio e tirato 1.13.4.Vite p[er] fermarlo 0. 6.8.P[er] aver fatto un serba foglie speso in ferro 1. – –Somma L. 18. – –Tara 3. – –

L. 15. – –Filippo Batacchi

Cronaca di un allestimento bancario a Firenze nel 1829 55

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N. 16Spese di Lumi e Fuoco

Lumi Inglesi F.ni 28.20. –Acciarino 0.30. –F[iaschi] 2 olio compresi i Fiaschi 4.40. –6 Candelotti 2.10. –Cisoje 0.80. –

F. 35.80. –G. Casalini

N. 17Spese per la prima Montatura

Trasporti F.ni 1.1. –V[aluta] di tre Chiavi, che duep[er] le Porte d’ingresso dellaCassa servite p[er]L’Ill.mo Sig. Mse Carlo Pucci,ed una p[er] l’Armadio ove stannoi Registri p[er]Servizio del Sig. SegretarioFerdinando Tartini Salvatici 3.6. –V[aluta] di una borsa p[er] lesuddette chiavi del Sig. Mse Pucci 0.8. –V[aluta] di Fogli Turchini 0.3. –

F.ni 5.8. –G. Casalini

N. 18Conto

Una Paniera da pezzi L.03.03.04.Un acciarino fosforico 00.08. –Un Caldano usato […] 14. – –

Somma L.17.12. –

NN. 19-20 [non ci sono]

N. 21Agl Ill.mi Sig. Componenti la Banca di RisparmioDare ad Andrea Bagnoli Tappezziere quantoappresso

10 Novembre 1829

Per Fattura del Bussolone, primaarmato di stoja l’Intelaiatura da

tutt’a due le parti, fatto il ripienodi stoppa sopra la d[etta] Stoja;poi foderato di frustagno,contornato di pelle verde eguarnito di cordoncino, impuntitocon Nappe e messo al posto L. 30. – –Spese per d[etto]B[raccia] 17 1⁄2 Frustagno verde largoB[raccia] 1 e 1⁄6 a L. 1.3.4 il B[raccio] 20.8.4.N. 5 Pelle verdi delle grandi scelte 17.10. –B[raccia] 26 Cordone verde diFilaticcia in once 4 1⁄2, a y 16.8. l’oncia 3.15. –Una Stoja lunga B[raccia] 9e larga B[raccia] 2 1⁄2 5.6.8.L[ibbre] 10 Stoppa p[er] il Ripienoa y 4 la libbra 2. – –L[ibbra] 1 Chiodi del Migliaio p[er]conficcare la Stoja, Bullettequadrine p[er]Tirare il Frustagno, Scatarzoverde p[er] Nappettare L[ibbre]2 e refe verde p[er]cucire c[he] in tutto 5. – –Per Fattura del Coltrone p[er] la Portad’Ingresso, alto B[raccia] 4 3⁄4 e largoB[raccia] 2 e 1/3, ed è ripieno di Stoppa,impuntito a Mostacciuolo con refedoppio, armato da tre parti di pellenera, a doppio, fermata a due cuciti,armato al da Capo dell’Istesso Pannocucitoci il Ferro, e messo al Posto 15. – –SpeseB[raccia] 21 Panno Canapino Verdelargo B[raccia] 1 1⁄4 a y 18.4.il B[raccio] 19.5. –

Segue L. 118.5. –Somma da tergo, e segue L. 118.5. –

N. 3 Pelle nere grandi e grave 9. – –Refe nero, e verde in tre Capi p[er]cucirlo 1.6. 8.N. 16 Stoppa p[er] d[etto] a y 4la libbra 3.4. –e Spesa di una Stoja d B[raccia]14 lunga p[er] la d[etta] Stanzad’Ingresso, e larga B[raccia] 3 9.6.8.P[er] avere armato di tela dalle testatela d[etta] Stoja e messa al posto 1. – –Spesa di B[raccia] 2 Tela verde, refe,e Spago 01.10. –.

Somma L. 143.12.4.Tara 8.12.4.Restano L. 135. – –

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento56

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N. 22La Banca di Risparmio deve allo Spaccio dellaFabb.a di Porcellane, Terraglie, Majoliche, Stufe,ec. Del Marchese Ginori Lisci

Firenze, 31 8bre 1829P[er] 1 Stufa alla Svedesedi Terra greggia L. 44. – –

Gaspero Baldassini

N. 23Conto della Banca di Risparmio

P[er] una Sega montata L. 5. – –“ avere fatto Segare dei pezzi 0.10.–“ Cinabrese 0. 6.8.“ Un Libro di Stoppino bianco 0.16.8.“ Avere fatto accomodare un“ Candegliere 0. 3.4.“ Annestatura di un ferro di Tenda“ e Arpioni 1. 6. 8.“ Cordone da tende, Legnajolo,“ e Tappez[ziere] 1. – –“ Una Granata 0.13.4.

Totale 9.16.8.

Felice HaertV[isto] O. Carlo Pucci Direttore

N. 24La Regia Banca di Risparmio deve a Pietro SportiCartellajo, e Vetrajo nel Corso degl’Adimari

1829Dicembre 5 – Al casotto della Cassarimontato sei Vetri di [sic] del N. 12fermati con piombo, e puliti L. 3. – –

Tara 0. 6.8.2.13.4.

Visto O. Carlo Pucci Direttore

N. 25Conto dell’Ill.mi Sig.ri dellaCassa diRisparmio, de-ve a me Antonio Niccoli Magnano quanto appressoCioè

Adì 8 Novembre 1829Per aver fatto il Tubo alla Stufadi detto Ufizio fatto il Cannone

e Tortiglione con sue marronelle,e suo fusto con cappelletto chein tutto pesa L[ibbre]a L. 1. la L[ibbra] L. 231. – –Fatto una Varvola per detto cannonee con sua Leva, e fusto e sua Scaletta,Serve per serrare il caldo a detta Stufa 8. – –Fatto uno Sportello mastiettatocon suo Telaio, e contrattelaiocon Suo Sportello, e contrasportelloTondo con suoi Serrami con pallinid’Ottone, serve per il davanti di dettaSufa 10. – –Fatto due fasciature di Rame tiratoLunghe B[raccia] 4 l’una con duemastiettature per ciaschedunaCalettate alla detta e Serratecon Biette tutte smussate 20. – –Fatto una Capretta con suoi piedi,e fatto Tre Reggitori, che unocon occhio mastiettato, e uno lunghoB[raccia] 2 1⁄2, L’altro B[raccia] 1,che in tutto pesa L[ibre] 27 a y 12la L[ibbra], serve per Sorreggereil detto Condotto 16. 4. –Speso in L[ibbre] 1.6 fi di ferroper legare il detto Condotto 1.10. –Speso in un paro di Molle,e una paletta 8. – –Per due giornate impiegate di dueUomini, e assistenza del Maestroper mettere al posto detto Lavoro 12. – –Fatto un ferro da Tenda LungoB[raccia] 2 1⁄2 e fatto due Anellida Ingessare, serve per Reggereil Coltrone della Porta 3. 6.8.Fatto una paletta per il Caldanodel Custode 1.6.8.

Somma L. 311.7.4.

e più L[ibbre] 38 condotto di lamierap[er] d[etta] Stufa a L. 1 la L[ibbra] L. 38. – –P[er] una giornata di due uominial posto a smontare e rimontareil d[etto] Lavoro 7. – –

Somma L. 356.7.9.Tara 26.7.9.Resto L. 330.– –

V[isto] O. Carlo Pucci

Cronaca di un allestimento bancario a Firenze nel 1829 57

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Negli anni immediatamente successivi allaRestaurazione, il crescente interesse per

la scienza e il progresso tecnologico seguitoalla prima rivoluzione industriale avevanopor-tato, in molti Paesi europei, a una moltiplica-zione del numero dei cultori delle scienze, svi-luppando quelle condizioni che avevano poideterminato l’organizzazione di periodici con-gressi nazionali di professori e studiosi che sierano svolti inSvizzera, inGermania e inGranBretagna.

Gli echi di tali eventi si sentirono sin da su-bito anche inToscana, dovedi congressi scien-tifici si iniziò a parlare già nel 1821 nelle pagi-ne dell’«Antologia» di Giovan Pietro Vieus-seux, nel cui primo fascicolo, grazie ai legamidi Vieusseux con Ginevra, fu pubblicato il re-soconto dell’adunanzadella Società elvetica diScienze Naturali, cui seguirono negli anni se-guenti numerose comunicazioni sulle succes-sive riunioni tenute in Svizzera e Germania1.

In virtù di una forte e crescente coscienzanazionale, ben presto anche in Italia eminentiuominidi scienzeedi lettereavevanosentito l’e-sigenzadi creareuna tale consuetudine.Lade-licata situazione politica in cui coesistevano idomini austriaci, lo stato Pontificio, il regno diSardegna, il granducato di Toscana e alcunerepubbliche, non rendeva tuttavia attuabili for-me associative tra persone di stati diversi.

Per la nascita di questi congressi in Italiafu determinante il ruolo di Carlo Luciano Bo-naparte (fig. 1), che nell’ottobre 1838, di ri-torno da Friburgo in Brisgovia dove aveva

partecipato a un congresso di naturalisti te-deschi, riuscì a ottenere daLeopoldo II, gran-duca di Toscana, l’assenso e il patrocinio perorganizzare a Pisa una Riunione degli Scien-ziati Italiani, che risultò essere il primo di unaserie di nove appuntamenti che si tennero an-nualmente in altrettante città. Principe di Ca-nino e diMusignano, nonché figlio di quel Lu-ciano, fratellominore diNapoleone I, che ave-va giocato un ruolo fondamentale nel colpo distato del 18 brumaio, Carlo Luciano era giun-to in Italia neonato con la famiglia, stabilitasiaRoma in seguito ai dissidi del padre con il fra-tello Imperatore, ed era cresciuto tra la capi-tale pontificia e la campagna viterbese, dovesorgeva il feudo di Canino e Musignano, svi-luppando ideali liberali e fede repubblicana. Ilsuo spirito nazionalista ben traspare nella de-finizione di Italia che dette nella sua Iconogra-fia della Fauna Italica:

«Per Italia poi gioverà qui dirlo intendo ilBel Paese con tutte le isole adiacenti, gli ani-mali nonmen noti degli uomini che loro ap-partengono dovranno chiamarsi Italiani,non potendo le mobilissime condizioni po-litiche le geografiche trasmutare giammai»2.

In un’Italia divisa e politicamente oppres-sa, le difficoltà di trovare un regnante che au-torizzasse la convocazione di un convegno discienziati italiani erano ben evidenti, essendofacilmente intuibile che attraverso la realizza-zione dell’unità nazionale della scienza si sa-

Firenze e le Riunioni preunitarie degli scienziati italiani

Fausto Barbagli

Fig. 1. Carlo ErnestoLiverati, Carlo LucianoBonaparte, 1841. Arezzo,Collezione privata

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rebbe mirato alla creazione di una coscienzanazionale tesa a favorire il perseguimento del-l’unità politica della patria. Bonaparte avevatuttavia visto nel granducato di Toscana il luo-go più adatto per ospitare un evento del ge-nere, consapevole dei personali interessi scien-tifici dell’illuminato regnante, che proprio inquel periodo era stato anche insignito del ti-tolo di Socio dell’AccademiaReale di Londra.

LeRiunioni, sorte sulmodello dei congressinazionali che da alcuni anni si tenevano in va-ri stati d’oltralpe, di fatto evidenziavano l’ita-lianità degli scienziati provenienti dai vari sta-ti disseminati nella nostra penisola. I governiche dominavano l’Italia, ben consci che attra-verso l’unità nazionale della scienza gli intel-lettuali guardavano all’unità della patria, re-sero sempre precario il sodalizio; il ripetersidelle riunioni, tuttavia, contribuì attivamentealla formazione dello spirito nazionale che fupropedeutico all’unità politica. Nelle primeriunioni le sedute giornaliere ebbero caratte-re squisitamente scientifico e l’espressione del-l’esigenza di rinnovamento e di riforme, fortenei partecipanti, rimase confinata alle con-versazioni nei salotti e nei caffè dove i con-gressisti si riunivano al termine dei lavori.Ne-gli anni successivi, però, le idee e i sentimen-ti fino ad allora relegati ai momenti convivia-li invasero anche le aule delle sedute scienti-fiche, con ardimento crescente, fino a dare al-le ultime due Riunioni un carattere prevalen-temente e apertamente politico. Non ci fuquindi da meravigliarsi quando, durante laNona Riunione, svoltasi a Venezia nel 1847,la polizia austriaca espulse dalla città CarloLuciano Bonaparte per aver pronunciato di-scorsi patriottici, sia da un tavolo di un caffè,sia dal seggio presidenziale della Sezione diZoologia, indossando provocatoriamente l’u-niforme della guardia civica romana. Non sitrattò solo di un caso plateale, ma del riflessodel fervore e dell’eccitazione che pervadeva

l’intera penisola alla vigilia di importanti av-venimenti; così, dopo dieci dei quindici gior-ni previsti, l’autorità austriaca vietò il prose-guimento dei lavori della riunione.Questo in-tervento, i moti del ’48 e la prima guerra d’in-dipendenza impedirono di tenere regolar-mente il congresso l’anno successivo; il ciclosi interruppe e le riunioni ripresero solo dopol’unità d’Italia con cadenza irregolare.

Per l’ospitalità offerta ai congressi scienti-fici Leopoldo II ricevette numerose critichedalla Casa d’Austria e dai regnanti di altri sta-ti della penisola che lo accusarono di esseretroppo aperto alle innovazioni soprattuttoquando, come in questo caso, queste poteva-no rappresentare unpericolo per l’ordine pub-blico nella penisola. In realtà il granduca, daveromecenate e autentico cultore delle scien-ze quale era, credette fermamente nei con-gressi scientifici, tanto da confessare che,quandoCarloLucianoBonaparte gli presentòl’idea di un tale evento in Italia, «nell’animomio scese l’idea e si destò il disio d’essere io ilprimo»3. Tale evento costituiva infatti ai suoiocchi un’occasione importante per portare laToscana al centro dell’attenzione facendo co-noscere le sue ricchezze scientifiche e favo-rendo così anche i suoi progetti scientifici. Pos-siamo inoltre supporre che anche l’opinionediVincenzioAntinori abbia avuto unpeso nel-la decisione del sovrano. Leopoldo, inoltre,era consapevole che il suo granducato era, fragli stati italiani, quello dove vi era maggiorpresenza di cittadini di altri stati che andava-no e venivano liberamente, anche perché po-tevano contare su una certa tolleranza versogli scritti e le parole; ciò rendeva non degna dipreoccupazione la presenza di qualche centi-naio di forestieri in più. Indipendentementeda tutto, il granduca era poi certo che tali con-vegni potessero essere di grande vantaggio perlo sviluppo delle scienze e questo lo rendevadisponibile a tollerare eventuali abusi.

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento60

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Il fatto che Pisa, città di Galileo, fosse sta-ta la prima a ospitare tali Riunioni contribuìcertamente a far sì che questi divenisse il ge-nio auspice dei congressi, anche perché figu-ra perfetta per incarnare sia il ruolo di numetutelare degli scienziati, sia quello di simbolodel genio scientifico italiano da riscattare qua-le elemento di unità nazionale.

Dopo i congressi di Pisa e Torino non de-sta meraviglia il fatto che scienziati venisse-roro convocati nel granducato per la TerzaRiunione da tenersi a Firenze nel settembre1841. Tale scelta era conseguenza del ruoloche Firenze e l’I. R. Museo di Fisica e StoriaNaturale avevano assunto sin dall’evento diPisa, durante il quale era stata designata a di-ventare una sorta di “sede legale” del sodali-zio, come si evince dal Regolamento generaledei Congressi, redatto in quell’occasione dalPresidente generale Ranieri Gerbi e dal Se-gretario generale Filippo Corridi insieme aipresidenti di tutte le sezioni:

«Previo il grazioso Sovrano permesso, gliatti originali delle riunioni saranno di annoin anno trasmessi, e conservati nell’I.R.Mu-seo di Fisica e Storia Naturale di Firenze,città centrale nell’Italia, e capitale di questostato, in cui sotto gli auspicj di Leopoldo IIquest’utile istituzione ebbe principio»4.

Da una parte la disponibilità e la genero-sità di Leopoldo II garantivano stabilità allasede prescelta, dall’altra ilMuseo costituiva illuogo ottimale cui legare il sodalizio, sia per laparticolare rilevanza dell’istituzione, sia per-ché vi si conservavano gli strumenti originalidell’accademia del Cimento e i cimeli di Gali-leo, nume tutelare delle Riunioni.

Il compito di conservare gli originali degliAtti fu una responsabilità sentita da parte del-la direzione del Museo anche dopo la cessa-zione delle riunioni, come testimonia il fatto

che negli anni Settanta dell’Ottocento Filip-po Parlatore si adoperasse con successo perrecuperare gli Atti originali della riunione diVenezia del 1847, rimasti inediti e mai perve-nuti a Firenze perché sequestrati dall’auto-rità austriaca che fece chiudere l’evento in an-ticipo.

Il congresso fiorentino fu senz’altro unodeipiù riusciti e lasciò numerosi segni anche inconseguenza delle molte iniziative che lo ac-compagnarono (fig. 2). Oltre ad alcune inte-ressanti produzioni editoriali realizzate per es-sere offerte in dono ai partecipanti, come laGuida della città e dei suoi dintorni5 e la riedi-zione dei Saggi delle naturali esperienze dell’Acca-demia del Cimento, curata dall’Antinori6, fu piùche raddoppiato lo spazio dedicato agli Atti7,che assunsero anche formato maggiore, e fuinaugurata la consuetudinedi stampareunDia-rio delle Riunioni8, ossia una serie di fascicoligiornalieri contenenti le informazioni legate al-la logistica dell’evento ebrevi riassunti dei con-tenuti scientifici delle adunanze. In totale fu-rono stampate, per la riunione, una quaranti-na di pubblicazioni con contenuti di varia na-

Fig. 2. Biglietto di ammissionealla Terza Riunione degliScienziati Italiani, appartenutoall’architetto PasqualePoccianti, 1841. Arezzo,Collezione privata

Firenze e le Riunioni preunitarie degli scienziati italiani 61

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tura, dai trattenimenti letterari al catalogodel-le piante dell’Orto botanico del Museo.

Particolarmente numerosi furono anche glieventi conviviali che si svolsero durante le duesettimanedi congresso conqualchepiccola co-da per gli scienziati che non lasciarono subitoFirenze al termine dei lavori. Le cronache deltempo, così come il Diario (fig. 3), sono pienidi queste testimonianze, che vanno dalla cor-sa dei cocchi in piazza Santa Maria Novella,ai ricevimenti offerti da illustri personalità, co-me il marchese Piero Torrigiani, che offrì unpranzo a buffet di venticinque piatti diversi aoltre duecento persone, e il marchese CosimoRidolfi, che organizzò un pranzo e alcuni ri-cevimenti nel suo palazzo di Via Maggio.

Di grande rilievo i riflessi che il Congres-so ebbe per l’I. R. Museo di Fisica e StoriaNaturale, che fu acclamato come sede dovefondare l’Erbario Centrale Italiano e la Col-lezioneCentrale di Geologia e Paleontologia,conferendo alla stabilimento del granduca inambito italiano la funzione che rivestivano

per le rispettive nazioni i musei di Parigi e diLondra.

In preparazione al convegno furono inte-ramente riorganizzati gli spazi con la creazio-ne della successione espositiva che, per quan-to riguarda zoologia e cere anatomiche, è quel-la che si osserva ai nostri giorni, ma l’inter-vento che maggiormente caratterizzò l’even-to fu la realizzazione della Tribuna di Galileo,il cui progetto era stato iniziato oltre dieci an-ni prima e che rappresenta tutt’oggi la più spet-tacolare testimonianzadell’epocadei congressiscientifici preunitari.

Con talemonumento si concretizzò una vo-lontà congiunta del granduca e dell’Antinoridi celebrare il grande scienziato con un mo-numento che attestasse la venerazione in cuivenivano tenuti i suoi cimeli.Undesiderio na-to parecchi anni prima quando si era stabilitatra i dueuna sincera e personale amicizia,men-tre insieme attendevano allo studio e al rior-dino dei manoscritti galileiani e dell’Accade-mia del Cimento conservati nella BibliotecaPalatina9. Quello che si intendeva erigere erauna sorta di tempio laico dedicato a Galileoper dare degna collocazione agli oggetti ap-partenuti allo scienziato e ai suoi seguaci, ri-conoscendo così a tali strumenti il valore divere e proprie reliquie scientifiche. A tale sco-po il progetto architettonico fu affidato aGiu-seppeMartelli, mentre fu lo stesso Antinori aelaborare il progetto iconografico, concepen-do ogni singola decorazione in base al suo si-gnificato simbolico e storico-scientifico.

Può apparire strana la determinazione delgranduca di esaltare la figura di Galileo pro-prio in occasione di un Congresso che avreb-be radunato in Firenze un alto numero di per-sone di ideali liberali e che vedevano nel som-mo scienziato il simbolo del genio scientificoitaliano da riscattare quale elemento di unitànazionale. In realtà, nell’ottica del granduca,così come in quella dell’Antinori, Galileo, pri-

Fig. 3. Uno dei fascicolistampati quotidianamenteche costituiscono il Diariodel congresso fiorentino, 1841.Arezzo, Collezione privata

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento62

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ma di essere considerato un grande italiano,era considerato un grande toscano, e l’ere-zione della Tribuna voleva essere un monu-mento alla grandezza della Toscana nellascienza, nella cultura e nelle arti. Ce lo di-mostra la scelta degli abili professionisti checoncorsero alla realizzazione della magnificasala:

«Difatti toscano fu l’architetto sig. Giusep-pe Martelli, il quale con tanto impegno etanto gusto d’arte rispose all’invidiata e glo-riosa commissione, siccome tutti toscani fu-rono gli egregi pittori e scultori che gareg-giarono, come vedesi, col loro ingegno adonorare lamemoria del sommoCittadino»10.

Per riuscire a portare a termine in tempola sala, i lavori dovettero essere condotti rapi-damente, ma mancavano ancora gli affreschidelle lunette del vestibolo, provvisoriamentesostituiti dai cartoni, quando il 15 settembre1841, giorno di apertura del congresso, la Tri-buna fu solennemente inaugurata.

Gli scienziati, convenuti in Firenze in nu-mero superiore agli ottocento, dopo aver assi-stito alla Messa nella chiesa di Santa Croce eal discorso inaugurale di CosimoRidolfi, Pre-sidente generale della Riunione (fig. 4), tenu-to nel Salone dei Cinquecento inPalazzoVec-chio, raggiunsero ilMuseo passandoper le sa-le degli Uffizi, il Corridoio Vasariano, Palaz-zo Pitti e, infine, attraverso il Corridoio Poc-ciantiano.

LaTribuna riscosse l’ammirazione degli in-tervenuti e la sua immagine si diffuse per l’I-talia immediatamente grazie alle vedute dellasala che furono riprodotte nei doni offerti atutti i partecipanti allaRiunione. Primodi tut-ti, laDescrizione dellaTribunadiGalileo scrit-ta da Giovanni Rosini, illustrata con 15 tavo-le che riportano l’intero apparato iconografi-co della sala, incise daFerdinandoLasinio. La

Tribuna fu inoltre raffigurata su una facciadella bella medaglia coniata per l’occasione eche riporta sul verso l’iscrizione «Nei Con-gressi degli Scienziati Italiani l’Accademia delCimento rinasceva», sovrastata dal motto«Provando e riprovando».

Fig. 4. Carlo ErnestoLiverati, Cosimo Ridolfi, 1841.Arezzo, Collezione privata

Firenze e le Riunioni preunitarie degli scienziati italiani 63

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Da un documento dell’Archivio di Statodi Firenze si evince che la medaglia era sta-ta concepita da Cosimo Ridolfi e che con ta-le iscrizione si voleva significare che l’Acca-demia del Cimento era rinata sotto nuova for-ma nei congressi degli scienziati. Risale, in-fatti, a fine novembre 1840 una lettera di Ri-dolfi a Leopoldo II contenente la proposta diresuscitare e rinnovare l’antica accademia.Composto di nove punti, il documento sug-gerisce, in primo luogo, che «in occasione delfuturo congresso degli scienziati italiani inFirenze sia dichiarata ripristinata l’Accade-mia del Cimento», e che questa si occupi «co-me in antico della ricerca del vero per via spe-rimentale in ogni ramo di fisiche discipline,escluse le applicazioni congetturali». Oltre astabilire il numero dei membri e le pubblica-zioni da fare, fissa la sede dell’Accademiapresso l’I.R. Museo di Fisica e Storia Natu-rale, indica come presidente il direttore delMuseo e come membri di diritto i professoriaddetti al medesimo e chiude infine con la

proposta di coniare una medaglia la cui de-scrizione coincide con quella che fu distri-buita ai partecipanti11 (fig. 5).

Sebbene l’idea di resuscitare l’accademiasperimentalemuovesse i primi passi con la rea-lizzazione dellamedaglia e la ristampadei Sag-gi, anch’essa proposta dal Ridolfi nel citatodocumento, il progetto non giunsemai in por-to e nemmeno il congresso fiorentino riuscìdovemolti, primo fra tutti FeliceFontana, ave-vano dovuto arrendersi.

Il bilanciodellaTerzaRiunionedegli Scien-ziati Italiani fu tuttavia davvero straordinariosia a livello italiano, perché raddoppiò quasi ilnumero dei partecipanti rispetto ai preceden-ti, ampliandoanche il bacinodiprovenienza, siaall’interno del granducato, perché ebbe mododi affermare il livello scientifico di primopianoche la Toscana e Firenze rivestivano, non solograzie alla presenzadi alcuni deimigliori scien-ziati e tecnologi del momento, ma soprattuttograzie al governodi un sovranochedella scien-za era valido cultore e grande mecenate.

Fig. 5. Medagliacommemorativa distribuitaai partecipanti alla TerzaRiunione degli Scienziatiitaliani, appartenuta alBarone Bettino Ricasoli, 1841.Brolio, Collezione Ricasoli

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento64

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NOTE

1Pictet 1821;Società elvetica 1823;Società elvetica 1825;Società elvetica 1829; E. M. 1829; K. X. Y. 1830.

2 BONAPARTE 1832-1841.3 Il governo di famiglia 1987.4 Regolamento generale 1840.

5 Notizie e Guida 1841.6 Saggi di naturali esperienze 1841.7 Atti 1841.8 Diario 1841.9 BARBAGLI 2009a.10 ROSINI 1841.11 ASF, Archivio Gabinetto, 420, I, 278.

Firenze e le Riunioni preunitarie degli scienziati italiani 65

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Raccolta all’ombra di alberi grandi, la fami-glia Antinori riposa durante una passeg-

giata nel parco fiorentino delle Cascine, benidentificabile per la piramide costruita daGiu-seppe Manetti alla fine del Settecento in so-stituzione dell’antica ghiacciaia. Attorno allamadre fan corona i figli atteggiati in pose ade-guate all’età e al sesso di ciascuno, dalla si-gnorile disinvoltura del primogenito assiso suun masso utilizzato a mo’ d’improvvisato se-dile, alle figlie giovinette compunte nelle loroelegantissime toilettes, fino alla piccolina se-duta ai piedi della mamma e appoggiata a leicon spontanea dimestichezza. Soltanto ilmar-chese Vincenzo, seduto un po’ discosto, tienelo sguardo chino sulle pagine di un libro, pron-to ad appuntarne frasi salienti o ispiratrici,senza lasciarsi distogliere dagli amati studineppure dall’occasione feriale (fig. 1).

Un senso di pacata domesticità spira dal-l’immagine dove tutto sembra alludere a unastabilità e a una quiete inalterabili, e dove an-che i sentimenti vengono espressi con discre-zione, affidati agli sguardi e ai gesti d’affettogarbati, un braccio appoggiato con levità sul-la spalla, due mani unite con delicatezza, unfiore porto con grazia rattenuta, quasi pudi-ca; un’immagine, dunque, assolutamente con-facente al clima squisitamente civile della Fi-renze della Restaurazione improntato a unamisura del vivere estranea a ogni ridondanza,com’era quella che connotava il governo diLeopoldo II di Lorena, il cui interesse per ilbuon andamento dello Stato non si discosta-

va dall’atteggiamento di ogni buon padre difamiglia vigile e premuroso.

L’aspirazione a un’esistenza tranquilla, tra-scorsa al riparo da repentini cambiamenti, ave-va portato la società restaurata ad assumere,quale modello eccellente di verità, la natura,che, governata secondo le concezioni dell’e-poca da leggi immutabili fondate sull’equili-brio dei contrari, consentiva di contemperarei molteplici aspetti dell’universo in vista diun’armonia garante di stabilità. Una natura“addomesticata”, quindi, capace solo di senti-menti positivi, o almeno bilanciati dall’esito fi-nale, su cui regolare la politica, gli affetti, l’ar-te, la religione, e che improntava anche le stan-ze care alla cultura della Restaurazione, reseconfortevoli e accoglienti dai mobili imbotti-ti, dalle composizioni di fiori artificiali protet-te da campane di vetro, dove alla rosa nellapienezza del rigoglio faceva da controcanto ilbocciolomorto prima di fiorire (fig. 2), dai so-prammobili e dai vasi le cui fogge richiama-vano la grazia delicata delle corolle, le volutedi tralci fogliacei. I quadri scelti a corredo diquegli ambienti erano sovente immagini di unanatura ordinata e prevedibile nella sua varietàfonte di equilibrio, tali da evocare, come hascritto Carlo Del Bravo, «l’amicizia e l’analo-gia fra i varî generi d’essa in tempere e ricamiin cui sul ramo fiorito c’era l’uccellino o la far-falla, oppure mazzi di fiori fatti di conchiglieal naturale; l’anima della natura colma di sen-timenti relativamente accettabili, nella vedu-ta con l’aurora o il chiar di luna o la tempesta;

L’Utile e il Bello: legami fra arte e scienzanella Firenze della Restaurazione

Fig. 1. Giuseppe Bezzuoli,La famiglia di Vincenzo Antinori,1834. Firenze, CollezioneAntinori

Silvestra Bietoletti

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la sua […] armonia nelle graziose scenettecomposte con uccelli impagliati ridotti a im-mobili e docili immagini»; e, ancora, «la “bonténaturelle” nella quale l’uomo fiducioso si ri-posava, nei ritratti con animali obbedienti –cani, tortore, gattini»; o, infine, «la convintastasi sociale con il povero contento e l’infan-zia lavoratrice»1.

Eppure, la paniera ricolma di fiori posatasullo scialle cachemire ai piedi della FamigliaAntinori, così consona al gusto della Restau-razione e alla sua idea di natura accostante,assume in quel contesto, oltre al valore pura-mente pittorico di straordinario diapason cro-matico della composizione, uno specifico si-gnificato, alludendo, al pari delle erbe cre-sciute alla base del cippo che funge da leggìoalmarchese, descritte con l’accuratezza di unaillustrazione d’erbario, alla competenza di bo-tanico dell’Antinori il quale nei lunghi anni delsuo incarico come direttore del Reale Museodi Fisica si occupò con instancabile sollecitu-dine delle collezioni botaniche e del giardinodi quell’istituto, chiedendo continui interven-

Fig. 2. Enrichetta Carpanetti,Fiori, 1847 circa. Torino,Biblioteca Civica

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento68

ti dello Scrittoio delle Regie Fabbriche per lacostruzione di serre adeguate alla coltivazio-ne delle orchidee, per l’acquisto di collezionirare, come quella di «catti» di Giorgio Passe-rini, ragguardevole per la bellezza, la rarità ele dimensioni di alcuni degli esemplari, per lemigliorie necessarie alla “dignità” scientificadel luogo, per i lavori di manutenzione ordi-naria2.

Semplicità e senso dell’ordine come fontedi felicità domestica e sociale erano concettiche risalivano al pensiero di Jean-JacquesRousseau,maalle soglie degli anniTrenta, nel-la Toscana «bella, colta, ordinata» e in posses-so di un «decoro suo vero di buoni studi e diarti, come il giardino dei frutti preziosi e deifiori è compimento anobile e gentile possesso»,per usar l’espressione di Leopoldo II3, si rive-stirono di significati etici inusitati, in conso-nanza con le idee di progresso maturate in unambiente colto e fiducioso in un avvenire ovecompetenze economiche e agrarie, amore perle arti belle, conoscenze scientifiche e filantro-pia, avrebbero egualmente contribuito all’e-ducazione civile e morale della società. Fra iprincipali esponenti di quell’ambiente, che ave-va in Giovan Pietro Vieusseux e nella sua in-stancabile attività di promotore intellettualeun sostegno e un riferimento insostituibili, siannoveravano, insieme a Vincenzo Antinori,CosimoRidolfi, PieroGuicciardini,GinoCap-poni, Raffaello Lambruschini, Pier FrancescoRinuccini, Niccolò Puccini, Niccolò Tomma-seo. Le loro aspirazioni, orientate a diffonde-re tramite l’istruzione il senso di dignità, di de-coro, di benestare, «come scala necessaria aprocurare ogni incremento civile» in vista diun’estesa «felicità» sociale4, portarono alla fon-dazione d’imprese finanziarie d’indubbia uti-lità quali la Cassa di Risparmio, fondata nel1829 grazie all’energica volontà diCosimoRi-dolfi, e all’applicazione di moderne tecnologieall’agricoltura, la maggiore fonte economica

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della Toscana del tempo. E se già quell’annoNiccolò Tommaseo tesseva le lodi dei benèfi-ci effetti che venivano alla società dal funzio-namento della Cassa di Risparmio5, le convin-zioni di Julie – la protagonista della Belle He-loïse – e del suo consorte riguardo al “buon go-verno” della terra e alla bellezza che ne deri-va, quali «un ordre de choses où rien n’estdonné à l’opinion, où tout a son utilité réelle etqui seborne auxvrais besoinsde la naturen’of-fre pas seulement un spectacle approuvé parla raison, mais qui contente les yeux et lecoeur»6, concordavano nell’intimo con i pen-sieri del letterato, il quale, disquisendo della«bellezza educatrice» in un suo libro dedicatoa Giovan Pietro Vieusseux «provato amico eAutore», «già direttore d’un reputato giorna-le» cui anche lo scrittore aveva collaborato in-sieme a «tanti valenti», si interrogava sul si-gnificato morale dell’arte e giungeva alla con-clusione che esso fondava sull’armonico rap-porto fra bellezza e utilità. La «realità ben trat-tata e considerata» era essa stessa «fonte di di-letto», come ben dimostrava l’agricoltura, laprima fra le arti in gradodi «più acconciamentecongiungere l’utile al dolce», bastando, infat-ti, «rispettare e seguir la naturaper abbellirla»7.Già «l’ordine, la politezza, la diligenza neces-sarie alla buona coltivazione de’ campi» eranoagli occhi di Tommaseo «elementi di bello», edegli si augurava che il quotidiano confrontocon una campagna saggiamente coltivata in-fluisse anche sull’indole dei contadini fino ainfonder loro «a poco a poco» il senso di quel-la bellezza armoniosa che rasserena gli animie «nobilita gl’intelletti»8.

A rassicurare il letterato degli effetti favo-revoli dell’ordinata natura sull’uomo, anche ilpiù umile per condizione, gli sovvenivano ri-cordi di liete mattine di primavera, quando le«campagne arridono ai primi raggi» e le ron-dinelle esultano «con sollecita gioiamaterna»;mattinate simili a quella da lui trascorsa a San

Cerbone, ospite di Raffaello Lambruschini, einsieme a Vieusseux era rimasto commossodalla visione di una processione di contadiniche «in lunga schiera» seguivano il sacerdotebenedicente con lui pregando alle «speranzedell’anima»9. Una religiosità dettata dalla se-rena fiducia nel creato, analoga a quella au-spicata da Cosimo Ridolfi per i giovani edu-cati alle tecniche dell’agricoltura aMeleto, cuiil quotidiano rapporto con la natura amoro-samente osservata offriva «la bella opportu-nità di volgere l’animo […] al Creatore» e dicolmarlo di «ineffabili sensazioni»10.

Nella tenuta di Meleto, in Valdelsa, doveebbe l’opportunità dimettere in pratica le pro-prie competenze scientifiche applicandole al-l’agricoltura, Cosimo Ridolfi – partecipe diquella cultura che in Toscana durante la Re-staurazione spronò i migliori rappresentantidell’aristocrazia a scegliere l’impegno direttonelle loro tenute come una “missione” moralee sociale11 – aveva attuato dal 1834 un proget-to didattico rivolto a giovinetti meritevoli cuiinsegnare agronomia con un metodo di remi-niscenza rousseauiana e che univa all’appren-dimento di dati tecnologici il lavoro nei cam-pi, nella convinzione che l’attività agricola ri-spondesse pienamente a una delle principaliesigenze della società: emancipare il popolodall’ignoranza impartendogli un’educazione

Fig. 3. Modello di coltro toscano,1855. Firenze, IstitutoTecnico Statale per Geometri«G. Salvemini»

L’Utile e il Bello: legami fra ar te e scienza nella Firenze della Restaurazione 69

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«morale, fisica, intellettuale», senza tuttavia in-superbirlo con l’eccesso d’istruzione «pel cuo-re poco sollecita, pel fisico indifferente»12.

Ridolfi auspicava la fondazione di un isti-tuto tecnico «che alle pratiche dell’agricolturarecasse il lume dei principii scientifici», alme-no dal 1818, anno cui risale la sua prima me-moria letta all’Accademia dei Georgofili, Sul-

la preparazione deiVini toscani, il testo che gli ave-va procurato l’amicizia di Raffaello Lambru-schini, l’abate che, abbandonata la chiesa atti-va, si era ritirato nei suoi possedimenti a SanCerbone, nella campagnadiFiglineValdarno,dedicandosi a sperimentare quelle innovazio-ni agrarie che avevano fatto diMeleto un «po-dere modello» (fig. 3). Come Ridolfi, ancheLambruschini era convinto della necessità diuna scuola in grado di educare un ceto di fat-tori e di piccoli proprietari terrieri alle moder-ne nozioni d’agronomia, in vista di un concre-to progresso economico dell’agricoltura rag-giungibile attraverso un migliore e più razio-nale sfruttamentodella terra, l’adozionedi tec-niche attuali e l’introduzione di nuovi tipi diproduzione. Intenzionati a diffondere similiprecetti e a far conoscere strumenti e metodidi coltivazione funzionali alla maggiore resadei terreni, essi trovarono in Giovan PietroVieusseux un interlocutore sensibile, persua-so dell’importanza “morale e politica” di ren-dere popolare la scienza di cui s’impegnava adiffondere il gusto tramite le tante paginedell’«Antologia» dedicate alla «tecnologia, cioèall’applicazione delle scienze a tutti i rami d’in-dustria»13; nasceva così, nel 1827, il «Giorna-le Agrario Toscano» compilato proprio daLambruschini e da Ridolfi insieme a Lapo de’Ricci, e che, rivolto prevalentemente ai fatto-ri, si proponeva scopi eminentemente pratici.

L’educazione delle classi meno privilegia-te rappresentava per l’intelligenza fattiva diRidolfi l’impegno cui avrebbero dovuto ten-dere tutti «gli sforzi» della filantropia, consi-derato che in essa soltanto consisteva «il pal-ladio della civiltà»14. Convinzione che nel 1819aveva indotto l’aristocratico toscano a creareuna società per la diffusione di scuole di mu-tuo insegnamento insieme a Ferdinando Tar-tini, a Luigi Serristori e allo stesso Lambru-schini, anch’egli assertore dell’importanza del-l’educazione quale fondamento dell’ordine po-

Fig. 4. Lorenzo Bartolini,Carità educatrice, 1824-1835.Firenze, Galleria Palatina

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litico e morale della società se capace di co-niugare «la vita speculativa» con quella prati-ca, come l’abate sosteneva fin dal primo nu-mero della sua «Guida dell’educatore», la ri-vista sul cui frontespizio figurava laCarità edu-catrice di LorenzoBartolini quale personifica-zione eccellente di «educatrice», appellativocol quale l’opera venne definita da GabrielePepe in una nota lettera a Gino Capponi(fig. 4). Il significato “politico” della scultura,eseguita per la cappella del Poggio Imperialemapoi destinata daLeopoldo II alla reggia, erastatomesso in risalto daPietroGiordani fin dal1824 in uno scritto per l’«Antologia» che elo-giava Bartolini per aver raffigurato una Ca-rità sollecita non solo ai beni materiali, ma an-che a quelli spirituali e intellettuali, tale darammentare «quasi con autorità regia e divi-na, quella massima che fino ai dì nostri fu cri-stiana: esser opera sommamente pietosa, e aDio graditissima, liberare gli uomini dall’i-gnoranza»; felice la Toscana, dunque, «dovel’amore del vero e del buono, favorito dal prin-cipe, compagnodei cittadini, siedemaestro ca-ro ed utile anche nelle officine degli artisti»15.Alla statua, Bartolini aveva cominciato a la-vorare attorno alla metà del 1822, epoca cuirisalivano le sue riflessioni sull’opera di Raf-faello, condivise dall’amico Ingres allora resi-dente a Firenze, nel tentativo di concepire unmoderno metodo d’imitazione del bello natu-rale in grado di superare definitivamente leconvenzioni di “Bello ideale” della cultura neo-classica16. Così, la bellezza quieta della Caritàeducatrice, amorosamente studiata sul vero tem-perato dai riferimenti alla grande tradizionerinascimentale, avrebbe fornito il modelloesemplare per ricondurre l’arte a una felicitàespressiva fondata sull’imitazione della «na-tura viva», «armonicamente adattat[a] al finedell’artista»17, concezione estetica che proprioVieusseux in un articolo dell’«Antologia» ad-ditò come la più attuale e rispondente alle at-

tese di unamentalità che andava gradatamentetrasformandosi18.

Un simile canone estetico contribuì di fat-to all’evoluzione in senso romantico della cul-tura figurativa toscana; assunto a meditato ri-ferimento dai giovani artisti, esso portò all’af-fermazione di un procedimento compositivobasato sulla scelta di parti belle della naturadepurate dalle accidentalità,mediate dallo stu-dio delle opere del Quattrocento e del primoCinquecento, e riunite fra loro inmaniera con-veniente a esprimere i valori narrativi, etici odidascalici del soggetto da rappresentarsi, e,ad un tempo, i sentimenti desunti dall’espe-rienza umana o ispirati dalla sensibilità perso-nale. Ne derivò uno stile adeguato a soddisfa-re le esigenze etiche ed estetichedegli ambientipiù aperti della società restaurata, intenti a sta-bilire un equilibrio fra il vero – con il bello e ilbuono – la coscienza memore del grande pas-

Fig. 5. Luigi Pampaloni,L’orfano, 1826 circa. Firenze,Galleria dell’Accademia

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sato e la caritatevole filantropia, in vista di unaperfezione sociale artificiosa ma cordiale, pa-ragonabile al bonario paternalismodi ogni isti-tuto politico e culturale dell’epoca19 (fig. 5).

È a quello stile, frutto dell’armoniosa com-mistione fra naturalezza e rimandi a una tra-dizione illustre, che si attenne Luigi Pampa-loni nel compiere il gruppo degli Orfani sullarupe ordinatogli nel 1838 da Niccolò Puccini,opera presentata al pubblico nel 1842 in oc-casione della prima Festa delle Spighe allesti-ta nel giardino della villa di Scornio, pressoPistoia, dove i monumenti ai grandi che «conl’ingegno e con ogni maniera di gloriose fati-che»20 avevano contribuito a educare, nobili-tare, rendere più felice l’esistenza degli uomi-ni, si avvicendavano alle allegorie di virtùmo-rali e civili, come il parco vero e proprio, or-nato di boschi, di laghi, di piante, di fiori, si al-ternava alla campagna coltivata, secondoun’immagine della natura “saggiamente” pie-gata dall’uomo a rappresentare un’armoniapoetica e insieme operosa.

Lamanifestazione, esemplificativa del pro-gramma pedagogico e filantropico di Puccini,era l’esito più lampante dei suoi rapporti conVieusseux, il gruppodell’«Antologia» e i “cam-pagnoli” Ridolfi, Lambruschini, Capponi,Guicciardini, che ne influenzarono l’attivitàd’imprenditore inteso allo sviluppo dell’azien-da agricola, alle iniziative finanziarie, alla pro-mozione di lavori pubblici, di asili e di scuole.La festa, offerta ai contadini nel pieno dell’e-state con l’intento di «rinfrescare di poesia lestanche menti degli uomini», aveva la duratadi tre giorni, dedicati, il primo a rendere gra-zie al Signore con la preghiera, il secondo alladistribuzione dei premi, il terzo ai giochi e al-le attività ricreative. La svolta politica di Puc-cini, rivelata anche dalla medaglia coniata perla Festa, raffigurante la Fiducia in Dio di Bar-tolini con inciso il motto «Tu sa’ ben che in al-trui non ho speranza», venne poi palesata in

tutta la sua evidenzadal volumepubblicato nel1845 col titoloMonumenti delGiardinoPuccini alquale collaborarono più intellettuali dell’areamoderata, fra gli altri Ridolfi e Lambruschini,i cui contributi concorsero a suggerire un’in-novativa interpretazionedell’itinerariodel giar-dino comeespressionedi valori di progresso so-ciale quali il Commercio e l’Industria «mini-stra della Provvidenza di Dio»21.

Nel volume, il gruppodegliOrfani venne il-lustrato daLambruschini, ma a esaltarne il si-gnificato morale fu soprattutto il testo di Pie-tro Giordani che dava risalto all’iniziativa diPuccini di affiancare un Asilo infantile allascuola, «umana e amabile», in funzione da an-ni nel giardino di Scornio con l’intento di por-gere un’istruzione ai bambini del popolo, fi-nalmente educandoli «alla società e non allaschiavitù» 22 (fig. 6).

Fra i tanti edifici e monumenti eretti nel-l’arco di quasi un lustro – dal 1821 al 1844 –nel Giardino Puccini, uno dei più recenti ful’Emiciclo di Galileo, concepito come un nin-feo di foggia neorinascimentale con al centrola figura seduta dello scienziato e alla conclu-sione delle ali laterali, leggermente incurvate,le statue in piedi di Evangelista Torricelli, daun lato, e di Vincenzo Viviani, dall’altro; lun-go le ali correva un gradone, quasi a invitareil visitatore a sedersi e ameditare sull’ingegnodel padre della scienza sperimentale, e sullagrettezza di spirito e di pensiero di chi gli si eraopposto confutando le sue intuizioni. Era pro-prio questa, d’altronde, la sostanza delle pa-role di Giordani che accompagnavano l’im-magine di Galileo sul volume dedicato ai mo-numenti del Giardino:

«Galileo / Che più d’ogni altro dotasti ilmondo / di nobilissimi e fecondi veri / e piùd’ogni altro per amor del vero / dall’igno-ranza e dall’invidia patisti // finirà la tua glo-ria / quando il genere umano / cessi di ve-dere il sole ed abitare la terra»23.

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Il monumento dedicato a Galileo, celebra-tivo della scienza come fondamento del pro-gresso, era coevo a un nuovo ciclo di commit-tenze ideate da Puccini tra il 1840 e il 1841,quando, a coronamento dei lavori intrapresiper adeguare alle proprie intenzioni la villa diScornio e il giardino circostante, decise di ri-strutturare le scuderie poste al piano terrenodella villa consacrando il nuovo ambiente allacelebrazione di artisti famosi secondo un pro-gramma che, ancora una volta, testimonia l’a-desione del committente a una politica tesa alprogresso economico e rivolta all’educazionepopolare, e che riecheggia, per il tono di auli-ca celebrazione del genio da parte dei potenti,la serie di affreschi della Tribuna di Galileo,cui l’accomuna anche l’impiego dei medesimiartisti24. Furono infatti Luigi Sabatelli, Giu-seppe Bezzuoli, Niccola Cianfanelli e Gaspe-roMartellini i pittori chiamati ad affrescare le

antiche scuderie di villa Puccini, i medesimiingaggiati per la decorazione del nuovo mae-stoso ambiente consacrato a Galileo nel RealeMuseo di Fisica, voluto da Vincenzo Antinorie daLeopoldo II il quale, allo scadere degli an-niTrenta, avevadeliberato l’edificazionedi unaTribuna destinata ad accogliere imanoscritti egli strumenti dello scienziato, insieme alla suaeffigie e a quelle dei suoi discepoli e degli Ac-cademici del Cimento; l’intenzione di erigereun «ragguardevole monumento» ove conser-vare colla «debita venerazione le reliquie scien-tifiche del padre della Fisica sperimentale»25risaliva alla fine del decennio precedente, e giànel 1831 il progetto era stato affidato a Giu-seppe Martelli, ma solo nel 1839 venne ap-provato il programma iconografico delle de-corazioni pittoriche e plastiche proposto daVincenzo Antinori, che si prefiggeva di raffi-gurare un compendio celebrativo della storia

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Fig. 6. Giuseppe Moricci,Asilo infantile, 1845 circa.Collezione privata

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della scienza in Toscana, dall’epoca di Galileoalla contemporaneità.A scandire le fasi salientidi quel percorso storico, erano i ritratti di Fer-dinando II de’Medici, promotore e fautore de-gli studi sperimentali; del cardinal Leopoldo,istitutore e presidente dell’Accademia del Ci-mento; di Pietro Leopoldo di Lorena, fonda-tore dell’Imperale e Reale Museo di Fisica; diLeopoldo II, promotore dello «scientifico san-tuario» eretto ad onore di Galileo e della suascuola26; si ribadiva in talmodo, non solo il per-durare degli interessi culturali dei regnanti,che in Toscana, perfino nei secoli «men colti»,avevano permesso alla scienza «mirabili pro-gressi»27, ma una continuità di governo tesa acontrastare, se non ad azzittire, «imalumori dialcuni antiveggenti» incapaci di apprezzare la«quiete e la prosperità» che regnavano nelgranducato mercé la «buona armonia esisten-te fra sovrano e popolo»28 (fig. 7).

Gli affreschi del catino absidale e dellequattro lunette della Tribuna e del suo vesti-bolo furono assegnati, come s’è detto, a Saba-telli, Bezzuoli, Cianfanelli eMartellini, artististimati da Leopoldo II, più volte chiamati alavorare per la Corte, e aperti ad accogliere leinflessioni commosse della pittura del Seicen-to fiorentino sull’esempio dello stessoBezzuoliche, fin dal 1823, anno del suoBattesimo diClo-doveo per la chiesa fiorentina di San Remigio,dalla fattura straordinariamente ricca e intes-suta di patetismo, aveva guardato all’arte deisecentisti contribuendo in tal modo, e in ma-niera decisiva, al rinnovamento in senso ro-mantico della pittura a Firenze. Da Bezzuoliera dipesa la conversione al romanticismo diartisti di formazione neoclassica, come Ga-speroMartellini, e il suo stile fu assunto amo-dello da giovani pittori toscani, fra cui Nicco-la Cianfanelli che in consonanza con la poeti-ca bezzuoliana eseguì, fra il 1834 e il 1837, ilciclo di affreschi ispirato ai Promessi sposi perla Palazzina della Meridiana, richiesto dal

granduca il quale, «preso dalle bellezze d’o-gni genere di che ridonda» il libro di Manzo-ni, volle farne rappresentare più episodi, in-viando addirittura il pittore aMilano e a Lec-co perché s’informasse sulla natura dei luoghie dei costumi, e ritraesse dal vero lo scritto-re29. Lo stesso Luigi Sabatelli, del resto, il piùanziano e senz’altro il più famoso fra gli arti-sti chiamati ad affrescare la Tribuna di Gali-leo, la cui «maestria nel comporre e fierezza didisegnare lo facevano riguardare come il pit-tore più omerico e dantesco dei moderni», co-me declamava un articolo dell’«Antologia»30,si lasciò attrarre dal cromatismo neosecente-sco del Bezzuoli; e ben lo attestano gli affre-schi del catino absidale della Tribuna, dai co-lori serici e sgargianti.

La pittura del Seicento fiorentino fornìdunque i riferimenti stilistici cui intonare ladecorazione ad affresco della Tribuna;ma an-che le narrazioni storiche ideate da Bernar-dino Poccetti, da Ottavio Vannini, o dal Vol-terrano, furono motivo di attente riflessionida parte degli artisti romantici sul modo di ar-ticolare la composizione delle scene più ome-no folte di personaggi, cosicché i rimandi fi-gurativi all’arte del Seicento acquisirono qua-si un valore filologico, adeguandosi secondointrinseche assonanze all’argomento degli af-freschi, almeno a quelli dedicati a Galileo eall’Accademia del Cimento, che raffigurano,secondo la sequenza ideata da Antinori, Ga-lileo che esegue l’esperimento della caduta dei gra-vi, eseguito da Bezzuoli; Galileo intento ad os-servare la lampada nel Duomo di Pisa,Galileo chemostra il cannocchiale al Doge di Venezia, Cle-mente Settimi che reca visita a Galileo, tutti e tredi Sabatelli; e infine, nella lunetta di destradella sala quadra,Una seduta dell’Accademia delCimento alla presenza di Ferdinando II, opera diMartellini. Nel vestibolo, invece, sono affre-scati due episodi a suggello dello sviluppodella scienza sperimentale nel tempo, dipin-

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Fig. 7. Giovanni Signorini,La festa delle bandiere, 1847.Collezione privata

ti daNiccola Cianfanelli: Leonardo da Vinci al-la presenza del duca di Milano Ludovico Sforza, eAlessandro Voltamostra aNapoleone l’esperimen-to della pila di Volta, quest’ultimo portato a ter-mine daMartellini dopo la morte prematuradell’autore.

Accomunati dallo storicismo pacatamentenarrativo dei soggetti, gli affreschi possiedo-no un’intima affinità espressiva, che, seppursvolta su piani estetici differenti – al “far gran-de” della maniera di Sabatelli, alla ricchezzacromatica e sensuale della pittura di Bezzuo-li, si accompagnano il tono giudizioso della lu-netta di Martellini, e la pittura ariosa, perva-sa di affabilità illustrativa di Cianfanelli – te-stimonia di una fiducia nell’equilibrio fra con-

tenuto e forma, riflesso della serena certezzanell’immutabile armonia dell’universo31.

La medesima serenità di pensiero trapeladallo stile dei busti e dei medaglioni che or-nano la Tribuna per la cui realizzazione furo-no chiamati scultori di fama consolidata e uni-ti dalla comune adesione al Purismo toscano,molti dei quali allievi di LorenzoBartolini co-me Luigi Pampaloni, autore del ritratto di Lo-renzoMagalotti, o PasqualeRomanelli cui ven-nero affidati i medaglioni raffiguranti l’acca-demico del Cimento Carlo Rinaldini e quellodell’astronomo Giovan Domenico Cassini, que-st’ultimo collocato nel vestibolo, che, conclu-so daun’innovativa struttura in ghisa fusa e ve-tro,mostrava nei peducci della cupoletta le al-

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legorie dellaNatura, dell’Esperienza, della Per-severanza, e dellaVerità, dipinte dai figli di Lui-gi Sabatelli, Giuseppe e Luigi.

A Emilio Santarelli, l’autore di un ritrattodiCosimoRidolfidi armonica, commovente na-turalezza, spettò, invece, la realizzazione delmedaglione con Alfonso Borelli; a FrancescoPozzi quelli con Candido Del Buono e con LeonBattistaAlberti, l’unico che, per esigenze di “ve-rità storica”, si distingue per il classicismo au-stero dello stile fra tanta colloquialità roman-tica; gli altri scultori furonoUlisseCambi, Ce-sare Fantacchiotti, Lorenzo Nencini, Aristo-demoCostoli, Emilio Demi, GaetanoGrazzi-ni, Giovanni Lusini, Luigi Magi.

La delicata bellezza delle forme fluenti egarbatamente sentimentali del moderno lin-guaggio purista di discendenza bartolinianas’intonava alle blande cadenze narrative del-le pitture romantiche, e all’originale tipologiaarchitettonica ideata da Martelli per valoriz-

zare gli intenti celebrativi della Tribuna, dan-do così vita a un organismo solenne e ad untempo di accostante chiarezza didascalica, as-solutamente confacente alla finalità di fame-dio dedicato al padre delle scienze italiane,«celebrato a gara dalle tre arti del disegno»32.

Ma certo, l’opera più importante attornoalla quale ruotava tutto il programma decora-tivo della Tribuna era la statua di Galileo Ga-lilei eseguita da Aristodemo Costoli per inca-rico di Leopoldo II.

Nel 1832, pocodopo aver progettato la rea-lizzazione del monumento celebrativo delloscienziato, il granduca, su consiglio di Vin-cenzoAntinori, aveva ordinato all’artista – chegià nel 1827, ancora studente, aveva scolpitoin marmo un’effigie di Galileo vecchio e ma-lato (fig. 8) – una statua grande al vero. Allascultura Costoli si era applicato con entusia-smo, chiedendo anche il parere di un maestroin cui riponeva fiducia come Vincenzo Ca-muccini (fig. 9); i suggerimenti del pittore, dianimare la testa dello scienziato e di calare laveste a coprirne la gamba, si rivelarono utiliper conferire un maggior senso di moto allafigura rappresentata in piedi, la mano appog-giata sulle carte dove è segnata «la bella sco-perta della caduta dei gravi»33, con accosto iltelescopio e il globo celeste. Già il modello ingesso, esposto all’Accademia nel 1834, avevasuscitato l’ammirazione dei professori e delpubblico, ma il marmo, collocato nella Tribu-na in posizione assiale e dominante, presenta-to per l’inaugurazione del terzoCongresso de-gli Scienziati il 12 settembre 1841, ottenne ilplauso generale, come lasciano intendere an-che gli entusiastici commenti della pubblici-sticameravigliata dalla potenza di quella «rap-presentazione del Galileo» in grado di rievo-carne «la fisionomia augusta di verità conqui-stata, augusta di tollerata sventura»34.

Giovanni Rosini nella sua Descrizione dellaTribuna, pubblicata dal calcografo Luigi Bardi

Fig. 8. Aristodemo Costoli,Busto di Galileo Galilei, 1826.Firenze, Galleria d’artemoderna di Palazzo Pitti

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e ornata da incisioni di grande accuratezza di-segnativa raffiguranti gli affreschi, le sculture,i bassorilievi, dette particolare risalto proprioal sentimento di religiosa ammirazione provo-cato dalla visione della statua, tale da offusca-re tutte le altre opere che la circondavano, eperfino la ricchezza di oro,marmi, intagli e co-lori, profusa dalla munificenza del granducanel «tempio» dedicato a «Colui che primo con-templava in terra le meraviglie del cielo»35.

Anche il padre scolopio Numa PompilioTanzini – uomo di scienza, insegnante di filo-sofia e di fisica, e intelligente e sensibile inter-prete della cultura artistica fiorentina dellaRestaurazione –, che aveva educatoCostoli alculto di Galileo quale celebrato simbolo del-l’unione fra scienza e religione, fu concordenell’apprezzamento della scultura di cui am-mirava la «verità» della fisionomia, quasi fos-se desunta dalmodello «vivo e spirante»; e no-tandone la perfezione delle mani condotte asuggerire l’idea di naturali effetti, e l’anda-mento morbido e sinuoso del panneggio, cosìverosimile nella sua «accidentalità»36, vi rico-nosceva l’aspirazione dell’artista a ottenerequella «bellezza d’espressione» decantata daNiccolò Tommaseo e raggiungibile soltantotramite la disponibilità «a rinfrescare l’inge-gno e l’anima, direttamente comunicando conla natura»37.

E se padre Tanzini, e con lui AristodemoCostoli, potevano anche rilevare negli scrittidel Tommaseo pensieri che riconducevano auna verità superiore, fonte di bontà e di bel-lezza, è fuor di dubbio che, come ha giusta-mente messo in evidenza Benedetta Matucci,riflessioni sul “bello” comemanifestazionedel-le doti del cuore e non necessariamente del-l’avvenenza delle forme, accolte nella culturarestaurata fiorentina, comportarono nuoveconsiderazioni sul vero naturale, che in ambi-to artistico e letterario significarono scelte te-matiche più “vere” e la decisione di rappre-

sentare la virtù e la grandezza d’animo in mo-delli vissuti e non immaginati, e di conseguen-za il definitivo accantonamento delle allegorie,ormai incapaci di sollecitare i sentimenti38.Era-no concetti sostenuti daVieusseux, che già nel1830 si era espresso in proposito con fermez-za, e che proprioTommaseo aveva svolto in unarticolo per l’«Antologia», mai pubblicato acausa della soppressione della rivista, relativoalla necessità di elaborare codici celebrativimoderni e contingenti alla situazione attuale,anziché ricorrere a immagini allegoriche diastrattezza universalistica39. Ed è a una simileconcezione estetica emorale cheVincenzoAn-tinori volle fosse improntata ladecorazionedel-la Tribuna, tanto damutare la prima idea, for-se suggerita daMartelli, di ornare la volta del-l’abside con le scoperte astronomiche di Gali-leo preferendo all’astrazione intellettuale diquel soggetto la comunicabilità di larga intesadella concretezza biografica, e da raccoman-

Fig. 9. Aristodemo Costoli,Studio per il Monumentoa Galileo, 1827. Firenze,Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

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dare agli autori dei ritratti inmedaglionedi «te-nersi sempre a concetti non allegorici, ma po-sitivi e storici, come tutto positivo e storico»appariva, appunto, «il monumento»40.

Sono ben poche, quindi, le figure allegori-che rappresentatenellaTribuna, e tuttedi stret-ta attinenza all’argomento, intese a chiarire conimmediatezza gli ambiti della scienza in cui sidistinse Galileo, i campi del sapere scientificoe le sue applicazioni tecnologiche; così, nellavolta della sala quadra due immagini di don-ne, dipinte da Luigi Sabatelli, simboleggianola Filosofia e l’Astronomia, e allegorie in sem-bianze femminili ornano il pavimento, un tem-po disegnate direttamente sul marmo da Sa-batelli secondo un procedimento nuovissimoideato dall’architetto Silvestri che «con un suocorrosivo» faceva «penetrare» le figure nellacouchemarmorea «per collocarle con ricco com-parto nel pavimento, come si vede nel Duomodi Siena»41. La tecnica tuttavia non ebbe i ri-sultati sperati, e già nel 1846 venne assegnatoal pittore Antonio Marini il compito di dise-gnare nuove figure seppur senza troppo di-scostarsi daimodelli del Sabatelli.Marini fornìi cartoni raffiguranti la Matematica e l’Espe-rienza, e quindi l’Idraulica e laMeccanica, da ese-guirsi in tarsiemarmoree affidate al seneseAn-tonio Manetti, rinomato maestro intagliatorela cui fama risaliva proprio al restauro delle al-legorie della Giustizia e della Temperanza nelpavimento delDuomo di Siena, e che a Firen-ze avevadatoprovadella sua competenza espo-nendo, fra le altre cose, un quadro «litostrati-co» a imitazione dei lavori del Beccafumi42.

Se l’incarico per il nuovo pavimento erastato dato a Manetti per la sua riconosciutaabilità in grado di eguagliare «il bello stile delCinquecento»43, èmolto probabile che la scel-ta diAntonioMarini dipendesse, oltre che dal-la sua notorietà di restauratore che nel 1841con il recupero degli affreschi della cappelladelBargello allora ritenuti diGiotto aveva rag-

giunto l’apice, dall’esser egli pittore stimatosia daLeopoldo II che nel 1819,mentre ilMa-rini si trovava a Vienna, gli aveva richiestoespressamente d’impratichirsi nella tecnica li-tografica per poi divulgarla a Firenze44, siadall’ambiente del Vieusseux, tanto che Tom-maseo, ancora nel 1863, vantava fra i pregidell’«Antologia» l’aver dato «sin da principio»risonanza all’opera dell’artista45. Uomo schi-vo e d’indolemodesta,ma fine conoscitore del-l’arte dei Primitivi cui faceva costante riferi-mento secondo i dettami del Purismodi ascen-denza nazarena,Marini aveva lo studio nel Li-ceo di Candeli, vicino a quello dell’architettoMartelli che là aveva addirittura impiantatouna vera e propria officina per la lavorazionedei materiali da utilizzarsi nella Tribuna, al fi-ne di seguire con assiduità le varie fasi di quelcantiere che avrebbe dovuto essere ultimatoper la riunionedegli scienziati italiani.E inveroquasi tutto venne portato a termine nei tempistabiliti, tranne gli affreschi del vestibolo, che,ordinati a Cianfanelli nel maggio 1841, furo-no compiuti, quello raffigurante Leonardo, sulfinire del 1846, e l’altro con la scoperta dellapila voltiana – il cui cartone era stato realiz-zato nei primi mesi del 1848 – solo nel 1850,quando ormai l’artista era morto da più di unanno e l’incarico era passato a Martellini46.

La Terza Riunione degli Scienziati Italia-ni, la cui presidenza era stata affidata a Cosi-moRidolfi nella generale convinzione che egliavrebbe saputo fare apprezzare agli ospiti le«Istituzioni antiche e nuove»diFirenze, «i pro-gressi che vi hanno fatto, e gli uomini ai qua-li sono questi dovuti»47, venne inaugurata conuna cerimonia ufficiale scandita da una rigo-rosa etichetta che previde, dopo la messa so-lenne in Santa Croce, l’apertura dei lavori nelSalone dei Cinquecento in Palazzo Vecchioalla presenza del granduca, quindi la visita al-la Tribuna di Galileo raggiunta attraverso gliUffizi, il Corridoio Vasariano, il quartiere

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grande del primo piano di Palazzo Pitti e il la-boratorio privato del granducadove erano sta-ti esposti, a esempio di avanzata tecnologia, imodelli dellemacchine immaginate omesse inopera nel «bonificamento» della Maremma48.

La Riunione era stata organizzata congrande cura tanto da superare per cordialitàe «pompa» ogni manifestazione di tal sorta:grazie alla liberalità del principe, la città ave-va assunto un aspetto festivo49, gli intervenu-ti furono ospitati con ogni riguardo in case pri-

vate e per consentire loro un più facile e spon-taneo confronto d’idee, a tutto vantaggio del«progresso delle scienze», venne allestita unamensa comune, e aperta tutte le sere «ai lorotrattenimenti» la Galleria di Luca GiordanoinPalazzoMediciRiccardi, convenientementeallestita allo scopo da Giuseppe Martelli50.

Fra le pubblicazioni promosse dal Con-gresso, oltre a quelle celebrative della Tribu-na di Galileo e alla Guida di Firenze curata daCosimoRidolfi, offerte dal granduca in omag-

Fig. 10. Carlo Canella, Vedutadella Piazza del Granducaa Firenze presa sotto la Loggiadei Lanzi, 1847 circa. Firenze,Ente Cassa di Risparmio

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gio ai convenuti, vi fu la raccolta di litografietratte da disegni eseguiti dal vero daCarloEr-nestoLiverati, con le effigi di trentasei dei con-vegnisti, accompagnate da cenni biografici.L’artista, che aveva compiuto quel lavoro sulmodello dell’Album di 57 ritratti di scienziati in-tervenuti alla prima riunione in Pisa, eseguito daFrancesco Boggi e pubblicato proprio nel1841, godeva di una discreta notorietà dovu-ta ai suoi quadri che parlavanodi religione coni toni cordiali e accostanti della pittura di ge-nere, dipinti molto ammirati da padre Tanzi-ni che scrisse parole d’apprezzamento intelli-genti e commosse riguardo a quei soggetti «su-scettivi di un gran concetto o di un profondosentimento» espressi, però, non con le figureeroiche dei temi di storia, bensì con quelle fa-miliari e quotidiane della società moderna51.

A suscitare l’interesse di Tanzini, tanto dadesiderare di conoscere l’artista, era stato, tut-tavia, proprio un soggetto storico, un Galileonel tribunale dell’Inquisizione, tema comprensi-bilmente confacente alla sensibilità di un reli-gioso delle Scuole Pie, ordine che, seguendole indicazioni del fondatore Giuseppe Cala-sanzio, aveva costruito attorno al pensiero diGalileo una scuola di cultura scientifica di in-discussa autorevolezza. In nome della scien-za come studio sostenuto dalla fede, gli Sco-lopi si erano applicati con passione a ricerchematematiche e astronomiche che a Firenze inanni illuministi avevano portato alla direzio-ne dell’Osservatorio Ximeniano, affidata altempo della Restaurazione a padre GiovanniInghirami di cui Tanzini fu stretto collabora-tore, e con il quale nel 1830 realizzò la Cartageometrica della Toscana, la prima disegnata se-condo moderni criteri cartografici, stampata– nella versione completa della delineazioneorografica – da Luigi Bardi nel 183152.

I legami dei calasanziani conGalileo e l’im-portanza del suo metodo e dei suoi insegna-menti per il criterio delle loro ricerche scien-

tifiche furono uno dei temi rilevanti della de-corazione della Sala degli esperimenti erettanel 1838 negli spazi delle case Martelli di viaLarga, allora acquisite dagli Scolopi per vo-lontà del granduca e adattate a uso scolasticoda Leopoldo Pasqui, come tuttora si legge suimuri dell’istituto; nell’«aula grandiosa», l’af-fresco di Paolo Sarti con Galileo anziano cheritirato a Pian de’ Giullari istruisce il giovaneViviani «già scolare di padre Clemente Set-timj» esemplificava visivamente l’intento del-le Scuole Pie: educare allo studio delle scien-ze esatte in quanto espressionedella grandezzadi Dio53. È possibile che a ideare il complessodecorativo della sala, dedicato alla sapienzaispirata dalla religione, fosse stato il Tanzinimedesimo, cultore delle scienze e della filoso-fia, ma anche, come s’è detto, delle arti belledi cui scrisse sovente e di cui teneva una ru-brica su «Il Giornale del Commercio»; a lui sideve, quantomeno, l’opuscolo illustrativo de-gli affreschi, e è quindi plausibile supporne lasoddisfazione nel ritrovare nella Tribuna ilsoggetto galileiano a suggellare, nella sede inassoluto più prestigiosa, l’unione fra il grandescienziato e il sapere degli Scolopi. Non a ca-so, all’iconologia del ciclo ornamentale dellaTribuna era ispirato il trattenimento letterarioe musicale offerto ai convegnisti dagli alunnidelle Scuole Pie la sera del 18 settembre184154.

All’epoca del congresso scientifico Firen-ze si presentava ai tanti visitatori come unacittà cresciuta in armonia con la propria sto-ria, che sapeva adeguarsi alle innovazioni tec-nologiche e alla modernità senza alterare lapropria fisionomia (fig. 10). Fra le opere piùrilevanti dovute allamoderna scienza delle co-struzioni spiccavano le forme essenziali deiponti di ferro sospesi, San Ferdinando e SanLeopoldo, realizzati a monte e a valle dell’Ar-no da Marc Séguin tra il 1836 e il 1837(fig. 11), precedendo di poco l’approvazione

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della linea ferroviaria Firenze-Livorno, dota-ta di quattro binari, che avrebbe fatto capo al-la stazione Leopolda la cui costruzione, affi-data aEnricoPresenti, venne iniziata nel 1841;a distanza di pochi anni Presenti sarebbe sta-to l’autore anche della stazione Maria Anto-nia, terminale della ferrovia Firenze-Prato-Pistoia55.Nel frattempo, altre utili novità con-tribuivano a rendere più confortevole la vitadei cittadini, dal telegrafo elettrico ideato daAugustoBertoni «preparatore al gabinettoFi-sico» dell’Università di Siena, e installato inPalazzo Vecchio56, alla ben più eclatante illu-minazione a gas della città, che, appaltata al-la compagnia francese Cottin Jumel Mont-golfier Bodin sotto la supervisione del chimi-co Giuseppe Manteri nel 1839, venne estesaa tutta Firenze nel 1846, secondo una severaregolamentazione che teneva conto delle fasilunari per l’accensione dell’impianto, motivoper cui il gonfaloniere si era rivolto a Giovan-niBattistaAmici e quindi, considerata la trop-pa importanza dello scienziato, all’Osserva-torio delle Scuole Pie per la realizzazione di«una tavola del sorgere e del tramontare del-la luna» nei mesi dell’anno, dati allora non ri-portati dai calendari toscani57.

Anche interventi urbanistici quali l’allar-gamento di via Calzaioli, la prosecuzione divia Larga verso le mura, e la costruzione diun intero quartiere come quello di Barbano,progettato da Francesco Leoni secondo unprecoce linguaggio neorinascimentale, e percui GiuseppeMartelli ideò un ospedale e rea-lizzò la chiesa di Santa Caterina, contribui-rono al tenore estetico e al senso di proprietàdella Firenze della Restaurazione, quella Fi-renze dove Niccolò Tommaseo amava pas-seggiare lungo i muri della Fortezza assapo-rando il profumo dei mandorli in fiore, o fuo-ri di Porta a Pinti, mentre «la luna pallida inun cielo di cupo azzurro sorrideva alla vallecomposta in quieto silenzio», come egli an-

notava nelle pagine del Diario intimo58. Sonodescrizioni commosse di atmosfere e di sen-timenti suscitati dallo spettacolo della natu-ra – il «suono dell’acqua cadente in armoniacon la luce che piove: ogni gocciola rifletteun mondo»; la «gioia dei campi ravvivati dauna pioggia recente»59 – indicative di un ap-proccio emotivo al mondo della realtà natu-rale, amorevolmente osservato e accettatonella sua interezza anche contraddittoria edisarmonica poiché «nella natura qual è, c’èsempre una ragione dell’essere a quel modo;c’è sempre una bellezza recondita, ma inef-fabile», in lei, «quegli stessi che paion difet-ti, servono sovente ad individuare l’oggetto,cioè a dargli carattere e originalità; servonsempre a esprimere qualcosa»60.

Le riflessioni di Tommaseo, maturate ne-gli anni fiorentini quando frequentava l’am-biente del Vieusseux, lasciano intendere co-me egli partecipasse di quella cultura pro-pensa allo sperimentalismo che fra il quartoe il quinto decennio dell’Ottocento determinòin Toscana il rinnovamento del rapporto tra

Fig. 11. Giuseppe Gherardi,Veduta di Firenze dal Ponte alleGrazie con il ponte S. Ferdinando,1837. Collezione privata

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la natura e l’uomo, adesso basato sull’effu-sione del sentimento individuale liberato dal-la necessità d’integrare il vero nell’ambito del-la morale e delle istituzioni sociali; una nuo-va disposizione intellettuale e sentimentale,dunque, che andava decisamente discostan-dosi dall’artificiosa, statica armonia dell’uni-verso restaurato, e che in campo artisticocomportò il superamento del Bello “scelto”bartoliniano, a favore dell’adesione al datonaturale senza il bisogno di trascenderlo61.Una mentalità sollecitata dalla vitalità dellericerche scientifiche svolte nel Reale Museodi Fisica, e alla cui origine stava lo studio ana-litico della natura condotto da Vincenzo An-tinori, e daGiuseppeGazzeri, LeopoldoNo-bili, Filippo Nesti, Giovanni Battista Amici:studio fondato sulla meticolosità dell’esame,sull’accuratezza dell’indagine, sulla volontàdi «tutto osservare sottilmente e scrupolosa-mente» in vista di una verità costantementerivedibile, secondo il metodo che Antinoriaveva mutuato da Galileo, ritenendolo «ilprincipio fondamentale di tutta la scienza del-le leggi della materia, che procedendo di sco-perta in scoperta, ha messo le forze della na-

tura a servizio dell’uomo, e creato il mondocivile moderno»62.

Alla diffusione di un simile atteggiamentodi apertura verso il naturale contribuì certa-mente anche la Riunione degli scienziati, co-sicché fra gli effetti positivi apportati dal con-gresso all’evolvere della cultura in Toscana,oltre all’istituzione di nuove cattedre univer-sitarie, alla nomina di Filippo Parlatore a bo-tanico del RealeMuseo di Fisica, alla costitu-zione di un Erbario Centrale Italiano, andràaggiunta la realizzazione di un’opera quantomai esemplificativa del nuovo concetto di na-tura: l’Abele morente di Giovanni Dupré (fig.12). La patetica bellezza di quel giovane cor-po ferito nel fisico e nell’anima, espressa nelgesso presentato all’Accademia nel settembre1842 con tanta sorprendente verità da com-muovere letterati, critici, scultori, quali Tom-maseo, Tanzini, Luigi Pampaloni, impersona-va inmaniera eccellente la circolazione d’ideedella Firenze del tempo, tesa verso un umani-tarismo di segnomoderato e verso un natura-lismo che trovavanella comunicazione dei sen-timenti di pietà e d’amore il suo principalemo-tivo d’espressione e di liricità.

Fig. 12. Giovanni Dupré,Abele morente, 1842. Collezioneprivata

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NOTE

1 DEL BRAVO 1971, p. 12.2 ASF, Fabbriche lorenesi, 2198; 2203; Imperiale e

Real Corte 5383, n. 55; n. 4.3 Il governo di famiglia 1987, p. 221.4 RIDOLFI 1901, p. 85.5 TOMMASEO 1838b, p. 199.6 J.J. ROUSSEAU, in Julie ou La nouvelle Heloïse:

«un ordine di cose dove niente dipende dal caso, do-ve ogni elemento ha la sua reale utilità e si attiene aiveri bisogni della natura, non solo offre uno spetta-colo apprezzato dalla ragione, ma appaga anche gliocchi e il cuore» (ROUSSEAU 1964, p. 147).

7 TOMMASEO 1838a, p. 658 Ibidem.9 TOMMASEO 1869, p. 29.10 RIDOLFI 1835, p. 52.11 CIUFFOLETTI 1988, p. 16.12 RIDOLFI 1835, p. 49.13 DESIDERI 2002, p. 21.14 RIDOLFI 1835, p. 50.15 GIORDANI 1824.16 SPALLETTI 2003, pp. 223-224.17 BARTOLINI 1842, p. 136.18 VIEUSSEUX 1830b, pp. 161-173. Per la posi-

zione critica dell’«Antologia» relativamente alla scul-turamoderna nella Toscana dellaRestaurazione, ve-di SPALLETTI 1996, p. 186.

19 SISI 2005, p. 16.20 CONTRUCCI 1845, p. 24.21 LUCIANI 197722 GIORDANI 1845. Per la storia della scultura e

del suo significato morale nell’ambito del moderati-smo toscano, vedi CAPUTO CALLOUD 1984.

23 GIORDANI 1830, p. 405.24 MAZZI, SISI 1977, pp. 17-18.25 ANTINORI 1843, p. 23.26 Ibidem27 Notizie e Guida 1841, p. 151.28 ZOBI 1850-1852, vol. IV, p. 518.29 TANZINI 1837, pp. 3-4.30 X. 1827, p. 10.31Vedi, inproposito,LAPIBALLERINI1986,p. 180.

32 MOROLLI 1989, p. 277.33 Così scriveva Aristodemo Costoli al Camucci-

ni, cfr. Disegni dell’Ottocento 1987, pp. 87-89.34 «Gazzetta di Firenze», 12 ottobre 1841. Per

un’esaustiva descrizione della Tribuna e per un’in-terpretazione delle scelte architettoniche diMartel-li, vedi GAMBUTI 1990.

35 ROSINI 1841, p. 4.36 Vedi MATUCCI 2003, p. 20.37 TOMMASEO 1838a, p. 295.38 MATUCCI 2003, pp. 20-21.39 SPALLETTI 1996, p. 186.40 Vedi La Firenze di Martelli 1980, p. 64.41 SABATELLI 1900, p. 23.42 IZUNNIA 1841, pp. 184-185.43 SISI 1994, p. 235.44 GUASTI [1862] 1961, p. 12. Fra le prime ope-

re realizzate da Marini per l’applicazione di quellanuova tecnica di stampa vi fu una Prigionia di Socra-te litografata daCosimoRidolfi, anch’egli cultore delmetodo.

45 TOMMASEO 1869, p. 79.46 ASF, Fabbriche Lorenesi, 1420, n. 1253; 2213 B.47 RIDOLFI 1901, p. 85.48 MENICI 1841, p. 149.49 ZOBI 1851-1852, p. 52150 «Il Giornale del Commercio», IV, 28 (14 luglio

1841), p. 108.51 TANZINI 1845, p. 7.52 CANTILE 2008, pp. 85-104.53 TANZINI 1838, pp. 6, 16. Gli affreschi furono

distrutti all’inizio del Novecento.54 La tribuna 1841.55 La stazione fu demolita nel 1930 per far posto

all’attuale stazione di Santa Maria Novella.56 ASF, Fabbriche lorenesi 2216, n. 12057 CONTI 1899, p. 645.58 TOMMASEO 1938, p. 39.59 TOMMASEO 1938, pp. 86, 138.60 TOMMASEO 1838a, pp. 34, 35.61 SPALLETTI 2002, p. 14; per il significato dell’A-

bele di Dupré nella Firenze dei primi anni Quaranta,si rimanda al capitolo I di quel volume, pp. 10-19.

62 ANTINORI 1868, p. X.

L’Utile e il Bello: legami fra ar te e scienza nella Firenze della Restaurazione 83

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UNNUOVODIRETTORE PER IL REGIOMUSEO

I l 28 febbraio 1829 si spegneva, a Firenze, ilconte Girolamo de’ Bardi, direttore del Re-gio Museo di Fisica e Storia Naturale fin dalfebbraio 1807. A soli cinque anni di distanzadall’ascesa di Leopoldo II al trono granduca-le, il Regio Museo veniva affidato pro temporeal naturalista FilippoNesti, in attesa della no-mina di un nuovo direttore. L’ultimo, signifi-cativo atto istituzionale di Girolamo Bardicoincise con la riproposizione di un progettofinalizzato allo svolgimento dell’attività di-dattica all’interno del museo. Il 31 maggio1828 Bardi aveva infatti, presentato una pro-posta al granduca di riapertura di «tre catte-dre per il pubblico insegnamento della fisicasperimentale, della zoologia e anatomia com-parata e della mineralogia e geologia».

Si trattava di un progetto volto a ripropor-re, in modo più “ristretto”, quello già realizza-to del 1807 e poi soppresso, che aveva portatoalla costituzione di un Liceo dentro le muradell’istituzione fiorentina1. Spetterà al nuovodirettore il compitodi realizzare concretamenteciò che Bardi aveva lasciato sulla carta, confe-rirgli una precisa veste istituzionale, garantirela qualità dell’insegnamento, avvalendosi diprofessori esperti e preparati (fig. 1).

Per la direzione del Regio Museo la sceltadi Leopoldo II si indirizzò sulla figura di Vin-cenzio Antinori (fig. 2), brillante studioso difisica ematematica, appassionato divulgatoredell’opera di Galileo Galilei, in stretto contat-

to con i maggiori esponenti del moderatismotoscano di primo Ottocento.

Nato a Firenze il 24 febbraio 1792 daNic-colò e Anna Carbonaci, il giovane Antinoridoveva la sua formazione scientifica proprioalla scuola del Regio Museo. Aveva, infatti,seguito i corsi scientifici inaugurati nel 1807daBardi e si era distinto comeunodeimiglioriallievi in matematica e nella fisica sperimen-tale. In particolare, aveva mostrato il propriotalento nelle lezioni di fisica tenute dal sacer-dote Giovanni Babbini2.

La nomina di Antinori a direttore del Re-gioMuseo riveste un significato particolare. Idue precedenti direttori, Felice Fontana eGi-rolamo de’ Bardi, condividevano, nonostantele numerose e profonde differenze, una carat-teristica comune: entrambi si erano formati aldi fuori del Regio Museo. Se per Fontana lacosa è ovvia, visto che fu il primodirettore del-l’istituzione, per Bardi, invece, si può parlaredi una nomina esterna all’ambiente del Mu-seo di primoOttocento, frutto degli ottimi rap-porti personali intrattenuti con la reginaMa-ria Luisa e con l’ambiente di corte. Antinorirappresenta, invece, la prima figura di diret-tore che proviene dall’interno del Museo. Lastessa esperienza di Giovanni Fabbroni nonpuò essere equiparata a quella di Antinori. Èvero che anche Fabbroni seppe cogliere nelmuseo fiorentino quelle opportunità di cre-scita intellettuale che di volta in volta si pre-sentavano ma lo fece alternando sapiente-mente apprendimento e responsabilità istitu-

Vincenzio Antinori e il Gabinetto di Fisica dell’Imperiale e RealeMuseo di Fisica e Storia Naturale di Firenze

Simone Contardi

Fig. 1. L’antico osservatorioastronomico granducale(La Specola), s.d. Firenze,Biblioteca Nazionale Centrale

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zionale, poiché egli entrò alMuseo non in qua-lità di studente (cosa che invece fece Antino-ri) ma di vicedirettore3.

D’altro canto, la nomina di Antinori nonpuò essere disgiunta dai rapporti di sinceraamicizia e di intensa frequentazione che il neo-direttore delMuseo aveva intessuto, negli an-ni precedenti, con il giovaneLeopoldo. È pro-prio nelle Memorie del granduca Leopoldo IIche è possibile rintracciare l’origine di un rap-porto personale e intellettuale che segneràprofondamente la carriera del giovane scien-ziato fiorentino.All’inizio degli anniVenti del-l’Ottocento il giovane Leopoldo aveva sco-perto che erano stati posti in vendita gli «scrit-ti originali del Galileo e dei suoi scolari» e siadoperò «presso il padre perché di quei pre-ziosi manoscritti facesse acquisto per la Li-breria». Inoltre, chiese al granduca che gli af-fiancasse «il giovineAntinori, persona profon-damente culta nelle scienze e per semplici co-stumi ed aureemaniere apprezzabilissimo che

divenne amico a me sincero e costante»4. Na-sce così un sodalizio che si cementerà nel cor-so del tempo. Il futuro granduca di Toscanaprogettava di affidare ad Antinori il compitodi redigere «una vita di Galileo, quale quelgrande filosofo simeritava, né vi era». Lo spic-cato interesse del giovane Leopoldo per lescienze lo portarono, tra il 1818 e il 1820, ariordinare tutti i manoscritti di Galileo e del-l’Accademia del Cimento.Di ritorno daVien-na così scriveva:

«Come giunsi a Firenze, nell’inverno dal1819 al 1820 mi detti ai spogli delli archivi,alla riordinazione dei manoscritti del Gali-leo e dell’accademia del Cimento. Avevofatta in Monaco la personale conoscenzadell’inventore della litografia, Senefelder;a lui commesso il necessario per una lito-grafia, mi posi all’opera con dei compagni;riuscivano assai bene i primi lavori di que-st’arte nuova in Firenze. Aggiunsi calco-grafia e stamperia in caratteri; mi rallegra-va il pensiero che fossero stampati e ador-nati in palazzo Pitti i lavori che intorno aGalileo si facevano da Antinori e a Loren-zo ilMagnifico dall’abate Fiacchi e compa-gni»5.

Nelle sueMemorie il granduca Leopoldo IIaggiungeva che, al ritorno dal suo viaggio aVienna, aveva, una volta visitato il laborato-rio di Reichenbach, maturato l’idea di «pre-parare un’officina per fabbricaremacchine fi-siche ed astronomiche ad uso del Museo».

È in questo contesto che prendeva semprepiù corpo la figura di Antinori, ormai divenu-to assistente del giovaneLeopoldo, dedito aglistudi galileiani e amico sincero del prossimosovrano.

Nel 1826 Antinori era divenuto membrodella Società Toscana di Geografia Statisticae Storia Naturale Patria6. Tra gli iscritti tro-viamo alcuni tra i principali rappresentanti delmondo intellettuale fiorentino, alcuni dei qua-

Fig. 2. Carlo ErnestoLiverati, Ritratto di VincenzioAntinori, 1841. Firenze,Istituto e Museo di Storiadella Scienza

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento86

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li diveranno protagonisti della storia del Re-gioMuseo nel diciannovesimo secolo.Tra i no-mi spiccano quelli dell’allora direttore delmu-seo Girolamo Bardi, del chimico GiuseppeGazzeri, del naturalista FilippoNesti, del bo-tanico Ottaviano Targioni Tozzetti, tutti per-sonaggi strettamente legati al Regio Museo.Inoltre, ne facevano parte anche figure comeCosimoRidolfi, Gino Capponi e, soprattutto,Gian Pietro Vieusseux. È questo dunque ilmondo intellettuale nel quale si muove Anti-nori. In particolare, i suoi rapporti con Vieus-seux, Capponi e l’«Antologia» meritano di es-sere sottolineati. L’apertura verso il saperescientifico segnava sensibilmente la rivista fio-rentina. Infatti, il programma culturale dellarivista ritagliava un ruolo fondamentale pro-prio alla ricerca scientifica e tecnologica. Tragli obiettivi culturali della rivista e degli uominiche parteciparono all’impresa editoriale erapossibile rintracciare l’intento di formare ungruppo dirigente capace di soddisfare la ri-cerca scientifico-pratica. Un tema classicodell’«Antologia» consisteva nell’affermare ilprimato dell’istruzione tecnica rispetto a quel-la letteraria della vecchia scuola umanistico-precettistica7. Una idea di scienza, quella col-tivata dal moderatismo toscano di inizio Ot-tocento, in grado di fornire quelle nuove tec-nologie che avrebbero permesso il gradualema progressivo ammodernamento delle isti-tuzioni sociali ed economiche del granducato,evitando accuratamente rischi legati allo stra-volgimento di consolidati assetti sociali.

Antinori pubblicherà alcuni dei suoi piùimportanti lavori scientifici proprio sull’«An-tologia», a testimonianza della sua effettiva in-tegrazione nel mondo intellettuale e socialecollegato al Gabinetto scientifico-letterariodell’imprenditore svizzero. Merita, per altro,ricordare che il nome del giovane scienziatofiorentino era stato inserito fra i potenziali pro-fessori universitari, membri del progetto di

fondazionedi unAteneoFiorentino cheVieus-seux, nel 1825, aveva presentato al granducaLeopoldo II8.

IL GABINETTO DI FISICA

E L’OSSERVATORIO ASTRONOMICO:LE COLLEZIONI, GLI INVENTARI

Nel marzo 1829 la Corte toscana prese ladecisione d’inventariare tutto ilmateriale con-servato nel Museo. Si trattava di registrare ilnumero e lo stato delle collezioni del Museoal momento del passaggio dalla direzione diGirolamo de’ Bardi al nuovo direttore Anti-nori.Due inventari specifici furono redatti perle collezioni di fisica e astronomia9.

L’inventario del 1829 vede l’osservatorioastronomico composto da cinquantanove stru-menti divisi fra strumenti d’astronomia e stru-menti di meteorologia. Per quanto riguardal’astronomia spiccano uno strumento dei pas-saggi con cannocchiale, un orologio astrono-mico di Kendall, una linea meridiana «consi-stente in una lamina di rame, una linea di ar-gento incassata nel marmo che traversa dettastanza» cui in alto è stato praticato un «foro peril passaggio del raggio solare», alcuni orologiastronomici, un circolo geodetico mobile concannocchiale acromatico, un planetario, can-nocchiali acromatici di Dollond, una macchi-na parallattica con cannocchiale acromatico.Diversi i cannocchiali registrati. Si va dal can-nocchiale a mano a tubi di ottone al cannoc-chiale detto “spazzacielo” fatto costruire a Pa-rigi. Per quanto riguarda invece gli strumen-ti di meteorologia, fra gli altri, furono regi-strati un pluviometro, un anemoscopiografo,un igrometrografo, un igrometro, alcuni ter-mometri. Gli strumenti appena ricordati fa-cevano già parte della collezione di astronomianel 1823, come testimonia una nota del cata-logo a firma dell’allora direttoreGirolamo de’

Vincenzio Antinori e il Gabinetto di Fisica 87

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Bardi. L’inventario infatti mostra quali incre-menti furono apportati tra il 1823 e il 1829 al-la strumentaria del torrino. Sono in tutto no-ve strumenti nuovi: un barometrografo, untermometrografo, un pluviometrografo decli-natoriomagnetico, quattro globi (due terrestie due celesti), un cronometro fabbricato daBreguet, un circolo ripetitore diReichenbach.

Di gran lunga più ampio è invece l’inven-tario dedicato alla fisica. Nel 1829 Antinoriereditava novecentottantadue oggetti fra stru-menti, macchine, supporti, modelli ed acces-sori. L’inventario riassumeva cinquantaquat-tro anni di straordinario lavoro di raccolta edi costruzione10.

La prima parte dell’inventario riguarda lacatalogazione delle macchine di fisica sette-centesche, fatte costruire dal primo direttoredelMuseo, Felice Fontana. Sono lemacchinetratte dai manuali di Nollet, ’sGravesande evanMusschenbroek in gradodi offrire visibilemanifestazione delle leggi della fisica. Dal n.67 dell’inventario sino al n. 121 vengono elen-cate tutte lemacchine di fisica presenti nelGa-binetto del Museo. Dal n. 121 fino al n. 144sono registrati i vari tipi di bilance. Si passa poiai termometri, pirometri, igrometri, termo-scopi diRumford, fino alla sezione riguardantele otto macchine pneumatiche con i loro nu-merosi accessori. La sezione successiva è de-dicata agli eudiometri ideati daFontana e con-servati nelle collezioni di strumenti del Mu-seo. L’inventario registra «una macchina peresperimentare la salubrità o insalubrità dell’a-ria», un eudiometro lungo di Volta, tre eudio-metri accompagnati da due cassette per eu-diometri da viaggio, e tre casssette con dentro«tre eudiometri fracassati». Piuttosto ricca an-che la collezione delle calamite, aghi magne-tici, bussole. Dal n. 456 inizia la sezione dedi-cata all’elettricità con una serie cospicua dielettrofori (sette) ed elettrometri (nove), boc-ce di Leida, un planetario elettrico, le bac-

chette elettriche, modelli settecenteschi della«casa del fulmine», una cassetta con diversiarchi galvanici, due elettromotori voltaici. Tut-tavia, la parte più consistente riguardava lemacchine elettriche.Dal catalogo risultavanoalmeno quattordici macchine elettriche inte-gre, di varie dimensioni, costruite tra la fine delSettecento e i primi anni dell’Ottocento. Unacollezione, se unita agli innumerevoli condut-tori presenti e puntualmente catalogati, dav-vero ragguardevole. La sezione successivaelenca gli strumenti ottici: microscopi sempli-ci, composti, solari, microscopi di Cuff, lenti,piccoli cannocchiali acromatici, un telescopiogregoriano, un piccolo cannocchiale grego-riano e un telescopio newtoniano del padreGuidi, prismi, caleidoscopi e camere ottiche.Si passa poi agli astrolabi e successivamenteagli strumenti dimisurazione.Chiudono il lun-go inventario una serie di orologi solari e not-turni e gli strumenti per il laboratorio chimi-co. A questo elenco di strumenti si devono ag-giungere quelli che lo stesso Antinori registrònel 1829 e che non risultavano presenti nel1823, data dell’ultimo inventario della dire-zione Bardi. Si tratta di ottantuno strumentitra cui si registrano termometri, un archipen-zolo, una macchina pneumatica, un termo-scopio di Rumford, un aerometro, uno stru-mento di Leslie «per misurare il calore rag-giante dell’atmosfera», una «gran macchinaelettrica non terminata», un elettrometro, unapparato per la polarizzazione della luce, unmisuratore delle incandescenze deimetalli, un«sistema imperfetto di punte applicate a deicilindri per raccogliere l’elettricismo», unamacchinetta per misurare la forza magnetica,una macchina di ottone per la sintesi della lu-ce, «un eliostata secondo il sistema di Amici»,un apparato elettrodinamico di Ampère.

La presenza, fra gli altri, di strumenti de-dicati allo studio e all’indagine nel campo del-l’elettromagnetismo rimanda alle ricerche, svi-

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento88

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luppate negli anni Venti daAntinori e daLeo-poldo Nobili, quest’ultimo già allora suo ca-rissimo amico, prezioso punto di riferimentoscientifico e prossimo a diventare, come ve-dremo, professore di fisica sperimentale delRegio Museo.

Una volta preso possesso delle collezionidi fisica del Museo, Antinori operò affinchéquelle collezioni venissero incrementate. Il pri-mo settembre 1830 in occasione della visitadel viaggiatore inglese Joseph Barclay Pen-tland a Firenze, Antinori coglieva l’occasioneper ordinare nuovi strumenti per il Gabinet-to di fisica11. Il nuovodirettore affidava al viag-giatore e mercante inglese il compito di ac-quistare strumenti nelle officine francesi edinglesi. Nello stesso anno il nuovo direttoresollecitava la corte toscana a rendere più snel-lo il meccanismo degli scambi tra il Museo egli scienziati, collezionisti e direttori di museieuropei ed americani. La risposta del segreta-rio di corte, principe Rospigliosi, fu piuttostofredda, invitando il direttore a rispettare la re-gola d’inviare i pezzi da barattare solo dopoche erano arrivati al Museo i pezzi richiesti.Tuttavia, nella risposta di Rospigliosi emergecon chiarezza l’intento d’incrementare le col-lezioni di fisica e ampliare il laboratorio di chi-mica. Infatti, ricordando gli ordini a cui si do-veva adeguare il direttore del museo, Rospi-gliosi sottolineava come il direttore dell’isti-tuzione «avrà in veduta l’aumento delle colle-zioni, dell’osservatorio, delle macchine, e del-la chimica, e perciò farà li acquisti e barattiche crederà opportuni» sempre vincolati allapreventiva approvazione della corte12. Il 18febbraio 1835 Antinori scriveva alla corte af-finché venisse istituito un riconoscimento pertutti coloro i quali avessero intenzione di do-nare reperti naturalistici o strumenti scienti-fici per «arricchire opportunamente le nostrecollezioni»13. Antinori immaginava una me-daglia dove, da un lato, vi fosse «la graziosa

facciata di questo stabilimento veduta dallaparte del R. giardino di Boboli» e, dall’altrolato, il ritratto di «uno dei nostri illustri con-cittadini e primi padri delle scienze fisiche e na-turali». Antinori non si lasciava sfuggire l’oc-casione per ribadire il primato storico dellaToscana in merito alla nascita delle scienze fi-siche e sosteneva che se ogni nazione è in gra-do di vantare i propri illustri scienziati, alloraalla Toscana spetta il compito di «riconoscerenei nostri sommi antenati non solo i valentipromotori ma i padri e fondatori di ogni fisi-ca e naturale disciplina». Quello che Antino-ri definisce «singolarissimo privilegio» consi-ste nella consapevolezza di essere gli eredi diuna tradizione straordinaria nel campo dellescienze la cui origine va rintracciata proprioin Toscana e dunque meritevole di un’effica-ce valorizzazione. «Le effigi degli uomini ri-tratti sulla medaglia – commentava il diretto-re del Museo – parlano alla mente di ogni uo-mo a qualunque nazione appartenga»14. Anti-

Vincenzio Antinori e il Gabinetto di Fisica 89

Fig. 3. Michele Gordigiani,Ritratto di Giovanni BattistaAmici, 1874. Firenze,Istituto e Museo di Storiadella Scienza; in depositodalla Galleria d’ArteModerna di Palazzo Pitti

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nori proponeva tre medaglie dove erano ri-tratti i profili di Galileo, Redi e Targioni Toz-zetti: la medaglia con l’immagine di Galileospettava ai donatori di strumenti scientifici,quella con Redi ai donatori di oggetti zoolo-gici ed anatomici e quella con Targioni ai do-natori di prodotti naturalistici. L’iniziativa, cheapparentemente può sembrare di non granderilievo, in realtà sottintendeva una delle lineeguida dell’organizzazione del Museo sotto ladirezione Antinori. Si trattava infatti di pro-muovere e valorizzare non solo la scienza to-scana allo stato attuale ma anche e soprattut-to la storia della scienza toscana ed il suo ca-rattere universale.Coniare lemedaglie per rin-graziare i donatori del Museo significava farcircolare l’immagine del Museo unitamente aquella dei grandi della scienza toscana, pro-muovere l’istituzione fiorentina e la sua storiaattraverso la celebrazione della scienza tosca-na e delle sue gloriose origini.

Il Gabinetto di fisica necessitava, però, diuna nuova attenzione. Molte delle macchinepresenti dovevano essere restaurate e ne do-vevano essere costruite di nuove. A questoproposito Antinori caldeggiò presso la cortetoscana l’assunzione di Galgano Gori, figlio

del macchinista del Museo Felice Gori. Il 20aprile 1830 Antinori prendeva “in prova” ilgiovane lavorante, affidandolo alle espertema-ni del padre15.

L’attività dell’osservatorio procedeva conregolarità. L’Archivio di Stato di Firenze con-serva le tavole meteorologiche delMuseo da-tate 1830. Si tratta di rilevazioni giornalieredove venivano annotati i dati raccolti con il«barometro di specola» e con il «termometrodi specola» oltre che con il barometro ed il ter-mometro a terra. Per le misurazioni venivanoimpiegati anche l’igrometro e l’elettrometro.Venivano registrati lo stato del cielo, la dire-zione dei venti, il magnetismo, e veniva, infi-ne, rilevata attraverso il pluviometro la quan-tità di pioggia caduta16.

Tuttavia, il tentativo di dare una svolta al-l’attività della Specola fiorentina si ebbe quan-do venne nominato Giovanni Battista Amicicome astronomo del Regio Museo (fig. 3). Il14 ottobre 1831 era morto a Firenze l’astro-nomo del RegioMuseo JeanLouis Pons. An-tinori non esitò a proporre al Granduca il no-me di Giovanni Battista Amici. Chiamato perrivitalizzare la Specola fiorentina gli venne af-fidato l’incarico il 5 novembre 183117. Fu lostesso Antinori a creare i presupposti perchéAmici potesse sviluppare un progetto di lavo-ro adeguato. Il 15 febbraio 1832 Antinori in-viava una lunga relazione sullo stato dell’os-servatorio dove emergeva, innanzitutto, unasintonia di intenti e di programmi fra il diret-tore ed il nuovo astronomo. Antinori ricorda-va di aver fatto «alcune gite ed osservazioni»insieme ad Amici con «l’intenzione di fissarele idee fondamentali» per il futuro della Spe-cola18. I due scienziati constatavano che «lafabbrica dell’osservatorio attuale» è «troppoprossima al Monte di Boboli» e purtroppo«non gode di un orizzonte, né molto esteso némolto chiaro» oltre a presentare una abitazio-ne del tutto insufficiente per chi vi deve tra-

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento90

Fig. 4. Giovan Battista Amici,Microscopio a riflessionecon i suoi accessori, ca. 1824.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

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scorrere la giornata impegnato nelle osserva-zioni. Antinori ed Amici avanzavano ancheforti dubbi sulla solidità della struttura e, inol-tre, «troppo larghe» apparivano «le aperturedella tettoia di rame, poiché la soverchia luceche vi passa nuoce all’osservazione e col suocalore può indurre degli errori negli strumen-ti»19. I due scienziati erano concordi nel rite-nere che lo spazio dell’osservatorio troppo an-gusto e la particolare conformazione ottago-nale della pianta della Specola non permette-vano una collocazione adeguata di tutti glistrumenti. La proposta di Antinori ed Amiciconsisteva nel traslocare l’osservatorio dal tor-rino della Specola al forte SanGiorgio al Bel-vedere. Della collocazione, commentava An-tinori, «è inutile parlare», è certamente «unadelle più belle d’Italia». La struttura presenteal Forte Belvedere «sembra essere stata co-struita a bella posta pel nostro bisogno», è suf-ficiente innalzare «duepiccole torrette l’una al-l’est e l’altra all’ovest destinate a sostenere ilcircolo ripetitore e l’occhiale parallattico»20.Nello spazio restante si sarebbero potuti col-locare gli strumenti «per le osservazioni nelmeridiano, la macchina dei passaggi, il circo-lo meridiano e il settore zenitale». Il piano piùalto veniva così destinato a contenere «lemac-chine che non sonodi uso giornaliero, una pic-cola officina per la riparazione delli strumen-ti, la biblioteca» necessaria affinchéAmici po-tesse, allo stesso tempo, condurre osservazio-ni e studiare. Il piano sottostante invece pote-va essere ristrutturato ad abitazione dell’a-stronomo e della sua famiglia, accogliendo,inoltre, la richiesta diAmici di allestire propriolì il suo laboratorio ottico-matematico. Alloscopo di convincere Leopoldo II ad accettareil progetto, Antinori non esitava a ricordareche il sovrano «avrà la gloria d’innalzare nel-la patria del gran Galileo un monumento de-gno del restauratore della moderna astrono-mia»21. Il richiamo a Galileo non è, come ov-

vio, casuale. Dell’attenzione con cui Leopol-do II aveva guardato allo scienziato pisano ne-gli anni giovanili abbiamo detto. Antinori siaffidava al nome della gloria toscana per con-vincere il granduca a sposare il progetto. Loscopo consisteva di conferire nuovo lustroall’«astronomia toscana» che ebbe, alla sua ori-gine, il grande Galileo e che i Lorena si ap-prestavano a riportare ai fasti di un tempo. Epure non casuale è l’accenno, posto in con-clusione, alla dinastia medicea, sottolineandocome sia necessario destinare «all’istruzionedei suoi sudditi un edificio che fu dai Medicicon ben altro intendimento innalzato». Le an-nose vicende di ristrutturazione della Speco-la saranno al centro di numerosi interventi daparte del direttore presso la corte. La Speco-la fiorentina dovette all’abilità e alla compe-tenza di un grande scienziato e costruttore distrumenti come Amici il suo definitivo decol-lo. All’inizio degli anni Quaranta Amici rea-lizzò per il Museo il più grande telescopio ri-frattore italiano. L’attività proseguì durante il

Fig. 5. Giovan Battista Amici,Microscopio composto,ca. 1831. Firenze, IstitutoeMuseo di Storia della Scienza

Vincenzio Antinori e il Gabinetto di Fisica 91

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Fig. 8. C. Cosmi e C. Raimondi,Leopoldo Nobili, ca. 1832.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

decennio successivo tra costruzione di nuovistrumenti e sperimentazione scientifica. Im-portante fu anche l’incontro con il ceroplastadelMuseoLuigiCalamai.Grazie alla loro col-laborazione vennero realizzati modelli tridi-mensionali di parti anatomiche e di struttureosservate almicroscopio che risulteranno fon-damentali per la ricerca biologica e per la di-dattica scientifica (figg. 4-5). Rimandiamo al-le accurate ricerche di Alberto Meschiari lapossibilità di ricostruire un quadro esaurien-te dell’attività scientifica e sperimentale con-dotta daAmici alla Specola fiorentina nel cor-so degli anni22 (figg. 6-7). Vale solo la pena ri-cordare che la speranza di Antinori eAmici diveder sorgere un nuovo osservatorio al ForteBelvedere resterà un’illusione. Sarà l’assi-stente di Amici,GiovanniBattistaDonati, as-sunto al Museo nel 1852, che una volta dive-nuto astronomo del Museo dopo la morte diAmici riuscirà a fondare un nuovo osservato-rio ad Arcetri. Nei primi mesi del 1844 vennerealizzata la Stazione Meteorologica Centra-le Italiana, il cui progetto risaliva al 1839. An-tinori aveva fermamente creduto in questoprogetto. Nel 1843, infatti, scrivendo al gran-

duca, ricordava che era assolutamente «op-portuno l’andare intanto raccogliendo tutte leosservazioni spettanti la meteorologia che sifanno nelle varie province di Italia» in modoche sia possibile, una volta riunite ed ordina-

Fig. 6. Giovan Battista Amici,Telescopio Amici I, XIX secolo.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

Fig. 7. Giovan Battista Amici,TelescopioAmici II, XIX secolo.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento92

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te, «pubblicarle in tanti prospetti»23. L’inizia-tiva, annunciata nel corso dei congressi degliscienziati italiani, culminò con la pubblica-zione, nel 1858, dell’Archivio MeteorologicoItaliano, per poi arrestarsi.

Il Gabinetto di fisica necessitava di un re-sponsabile competente e preparato. Antinorinon ebbe esitazioni nello scegliere l’amicoLeo-poldo Nobili24 (fig. 8). Fisico sperimentale digrande valore, noto per i suoi studi sull’elet-tromagnetismo, lo scienziato reggiano era sta-to a Firenze nel 1830 ed aveva portato alcunitra i suoi principali strumenti al RegioMuseo.Si trattava di un galvanometro comparatore,di un termomoltiplicatore, di un astuccio elet-tromagnetico, di un elemento voltaico allaWollaston, di una pila di dodici elementi e diunmedaglione colorato secondo le ultime sco-perte sulla metallocromia. Antinori ne cal-deggiò subito l’acquisto presso la corte tosca-na (figg. 9-10). Si trattò di un rapporto inten-so, di partecipazione reciproca e di comunan-za di intenti scientifici e culturali che segnerà

il pur breve soggiorno diNobili a Firenze.Nel1830Nobili era riuscito a conquistare l’atten-zione e l’ammirazione della comunità lettera-ria e scientifica legata aVieusseux e frequentòattivamente le riunioni indette dall’imprendi-tore svizzero. Lo scienziato reggiano presentòun saggio sulla teoria dei colori da pubblica-re sull’«Antologia». Guardava alla cerchia diVieusseux e al Gabinetto scientifico-lettera-rio fiorentino convivo interesse e costante par-tecipazione.Coinvolto neimoti del 1831 e nel-la restaurazione imposta dalle truppe austria-che, divenne esule prima aMarsiglia, poi aPa-rigi. Nel corso dell’esilio Nobili continuò lasua corrispondenza con gli amici fiorentini,incontrò Gazzeri a Parigi, preparando così ilsuo arrivo a Firenze. Nobili ottenne il per-messo di venire in Toscana alla fine del 1831e fin dai primi mesi del 1832 era già attiva-mente impegnato in una serie di iniziativescientifiche. La prima consisté nel progetto dipubblicazione degli Annali Italiani delle Scien-ze Matematiche, Fisiche e Naturali che era stato

Vincenzio Antinori e il Gabinetto di Fisica 93

Fig. 9. Leopoldo Nobili,Astuccio elettromagnetico,ca. 1833. Firenze, IstitutoeMuseo di Storia della Scienza

Fig. 10. Leopoldo Nobili,Galvanometro differenziale,1826. Firenze, IstitutoeMuseo di Storia della Scienza

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caldeggiato da Vieusseux già nel 182925. Pe-riodico di carattere nazionale, avrebbe fattodi Firenze il centro d’attrazione delle compe-tenze scientifiche italiane delle scienze. Il pro-getto di Vieusseux aveva subìto bruschi ral-lentamenti quando, nel 1833, riprese quotacon la stesura di unManifesto programmaticoal quale partecipò, fra gli altri, lo stesso No-bili. La presenza di Nobili e Antinori nel co-mitato di fondazione della rivista non dovevaessere di poco conto se ilMuseo di Fisica ven-ne scelto come sede operativa della nuova ini-ziativa editoriale26.

Lo stesso Antinori propose, con successo,la nomina di Nobili a professore di fisica delRegio Museo27. E Nobili ripagò immediata-mente la fiducia accordatagli. Proprio dentrole mura del Museo, utilizzando la strumenta-ria del Gabinetto di fisica, lo scienziato reg-giano darà vita ad una intensa e produttiva at-tività sperimentale. Il progetto diAntinori, co-me vedremo successivamente, prevedeva lariapertura di corsi scientifici dentro il Museoe la presenza diNobili veniva interpretata co-me una straordinaria opportunità per rende-re le collezioni delMuseo funzionali a progettididattici ed educativi. Ed è proprio in questoclima di collaborazione scientifica maturato

all’interno delMuseo fiorentino che, nel 1832,i due scienziati si impegneranno nella replicadei primi esperimenti di Faraday sull’indu-zione elettromagnetica, pubblicando sull’«An-tologia» i risultati del loro lavoro28 (fig. 11).L’esperienza fu condotta nel Gabinetto di fi-sica del Regio Museo e Antinori, ricordandoquei momenti nel suo Elogio di Leopoldo Nobili,ne sottolineava lo straordinario successo fra«dotti» e «curiosi» i quali «vollero visitare gliapparecchi impiegati» e si compiaceva di averricevuto per iscritto il plauso di Leopoldo II29.Sulla scia di questi incoraggianti successi An-tinori proponeva a Nobili di tenere una seriedi lezioni:

«Parve allora opportuno il domandare, ciòche fu subito conceduto, di esporre in le-zioni accademiche le più moderne scoper-te fisiche e le novità ottenute nel R.Museo:io riguardava quella concessione come laprimapietra a rifondare l’edifizio della pub-blica istruzione nel Reale Gabinetto, ném’ingannai30».

Infatti, il permesso venne accordato e No-bili poté tenere dodici lezioni (dal 22 agosto al28 settembre 1832) sulla «storia sperimenta-le della moderna fisica, dalla pila del Volta fi-no alla scintilla magnetica». Antinori ricordache Nobili

«chiuse quel corso col dare un saggio deiprincipali fenomeni della suametallocromiache inmezzo alle altre occupazioni purenonaveva negletta, e per la quale era stato di-sposto un locale apposito in questo museo,destinato ad essere unico depositario del se-greto che il principio scientifico di quellascoperta applicava alle arti31» (figg. 12-13).

Questo primo ciclo di lezioni rappresen-terà il viatico per un progetto organico e strut-turato d’insegnamento scientifico dentro ilRe-gio Museo che Antinori presenterà alla corte

Fig. 11. Leopoldo Nobili,Versione dell’apparecchioper il conduttore rotantedi Faraday, ca. 1830.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

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un anno più tardi. Non casualmente le lezio-ni di Nobili prevedevano non solo l’insegna-mento delle novità scientifiche ma anche unastoria dell’elettricità da Volta agli esperimen-ti diAmpère.Questo è un aspetto centrale nel-la personalità di Antinori. La sensibilità ver-so la storia della scienza va di pari passo conl’ideale pedagogico che accompagna tutta l’at-tività di direttore del Museo. E, come vedre-mo nel paragrafo successivo, determinerà an-che il modo di organizzare le sale destinate al-le collezioni di fisica.

LA CONCEZIONE MUSEALE DI ANTINORI

FRA STORIA DELLA SCIENZA

E CELEBRAZIONE GALILEIANA

Il 9 luglio 1829 Antinori sottoponeva allaCorte toscana un progetto per il riordino e l’o-stensione del Gabinetto di fisica. Era necessa-rio che la collezione di fisica venisse «ordina-ta e disposta permodo che i curiosi e dotti pos-sano farsi un’idea precisa e chiara delle mac-chine che compongono ciascuna branca dellafisica esistente in questo stabilimento». Per far

ciò bisognava ricorrere a «molte trasposizio-ni», oltre che «parecchi scarti» e soprattutto«alcuni cambiamenti»32.Antinori decise di spo-stare alcuni strumenti dalle sale del primo pia-no alle stanze vicino alle officine, gli strumen-ti da scartare vennero inviati al conservatoriodelleArti eMestieri (si tratta, prevalentemen-te, di modelli di macchinette in legno) perché,ricordava il direttore, «riguardano immedia-tamente le arti e non hanno luogo in un gabi-netto di fisica». Una volta liberato il gabinettodaquesti strumenti, sarebbe aumentato lo spa-zio per ampliare la collezione dimacchine spe-rimentali. Per quanto riguarda i cambiamentiAntinori ne proponeva due. Il primo prevede-vadi dividere conunmuro la stanza 8 e la stan-za 9 del Museo ed il secondo consisteva «nelfare alla stanza 11 un’aggiunta circolare» de-stinata ad accogliere «le memorande reliquiedel padre della fisica sperimentale ed esserecome la Tribuna del Galileo»33.

Una volta effettuati tali cambiamenti le col-lezioni di fisica si sarebbero presentate nel se-guente modo. La prima stanza d’ingresso do-veva contenere quattro grandi armadi con «levarie misure di capacità, di figura e d’esten-

Fig. 12. Leopoldo Nobili,Metallocromie, ca. 1830.Firenze, IstitutoeMuseo di Storia della Scienza

Fig. 13. Leopoldo Nobili,Apparecchio a punte con duemetallocromie, ca. 1830.Firenze, IstitutoeMuseo di Storia della Scienza

Vincenzio Antinori e il Gabinetto di Fisica 95

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sione dei corpi come per esempio quelle ita-liane, francesi, ed inglesi, i teodoliti di Nairnee di Reichenbach, i pantografi, gli odometri omisuratori di strade», tutti quegli strumenti«la di cui cognizione è necessaria per inco-minciare un corso di meccanica e sono comedi introduzione alla scienza». La seconda stan-za era invece destinata alla «meccanica de’ so-lidi». Si sarebbe iniziato a percorrerla da sini-stra dall’ingresso e si trovava la statica; a de-stra, invece, la dinamica. Una volta «percor-se ragionatamente le varie passioni delmoto»,si passava allemacchine «che dimostrano l’ur-to dei corpi duri, molli ed elastici». Successi-vamente venivano gli strumenti dell’acusticache Antinori pensava di collocare nella mec-canica dei solidi perché «senza la vibrazionedi questi corpi non hanno luogo i fenomeni diquella parte di fisica»34.

È a questo punto che Antinori proponevaun secondo criterio di disposizione che si so-vrapponeva idealmente al primo. Non bastaesporre le macchine secondo un rigoroso cri-

terio di divisione disciplinare, è necessario an-che collocare gli oggetti secondo un precisoordine storico.

«L’ordine storico – commentava il diretto-re delMuseo – sarà quello osservato nel di-sporre le macchine le quali si succederan-no secondo l’epoca in cui furono scopertiquei principi che esse dimostrano; così, nelpercorrere il gabinetto della fisica si potràavere ancora un’idea del progresso di cote-sta scienza»35.

Questo elemento risulta decisivo. L’ordinestorico non riguarda la data di fabbricazionedegli strumenti; Antinori non vuole ricostrui-re e rendere visibile la storia degli strumentidella collezione,ma attraverso i vari strumentie la loro possibilità di essere perfezionati nelcorso del tempo, documentare la storia dellafisica, i progressi, le scoperte. La storia dellascienza cheAntinori promuove è la storia del-la disciplina, non solo e non tanto la storia del-la strumentaria relativa alla collezione delmu-seo. Il visitatore che segue il percorso ideatodallo scienziato fiorentino può, al tempo stes-so, seguire le singole articolazioni della fisicae conoscere passo per passo i progressi delladisciplina, attraverso le scoperte scientificheottenute grazie a quei determinati strumenti.È un percorso “materiale”,ma simboleggia uncammino storico-concettuale della disciplina.Collocare gli strumenti di ogni branca della fi-sica in «ordine storico» significa permettere alvisitatore di trovarsi dinanzi ad un percorsoguidato e didatticamente efficace.È sufficienteseguire il tracciato istituito da Antinori percomprendere i progressi della fisica e le sco-perte, esibite in ordine cronologico grazie al-l’esposizione degli strumenti che le hannoper-messe. Non è difficile capire che nelle inten-zioni di Antinori vi era, neppure tanto impli-citamente, la volontà di trasmettere un’idea“progressiva” della storia della scienza, dove,

Fig. 14. Interno della Tribunadi Galileo, fine XIX secolo.Firenze, Museo di StoriaNaturale - Sezionedi Zoologia “La Specola”

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gradino dopo gradino, scoperta dopo scoper-ta, si conquistano sempre nuove conoscenzedelmondodella natura. Tuttavia,Antinori nonera affatto indifferente alla raffinata arte diperfezionare gli strumenti in vista di nuove esignificative scoperte. Infatti, nel suo Elogio diLeopoldo Nobili ricorderà come nel Gabinettodi fisica fosse possibile apprezzare «la storiadella fisica sperimentale» ed «il progresso, an-cora, dell’arte che l’accompagna»; un’unioneda cui scaturisce «lameraviglia di chiunque lavisita e può dirsi unica al mondo»36.

Antinori proseguenella descrizione delGa-binetto di fisica e indica nella terza stanzaquel-la destinata alla «meccanica de’ liquidi, primal’idrostatica poi l’idrodinamica»37. A seguire«quegli apparecchi sperimentati per provarei fenomeni dell’adesione e della capillarità».La quarta stanza prevedeva la «meccanica de-gli areiformi» e quindi tutte le macchine per«l’aerostatica e per l’aerodinamica, per cono-scere la quantità dell’acqua sciolta nell’aria ol’igrometria per sapere la bontà dell’aria o l’eu-diometria come ancora quegli che dimostranole proprietà dei diversi gas». Antinori preten-deva che la separazione fra la meccanica de-gli aeriformi e quella degli imponderabili fos-se chiaramente segnalata o da una colonna oda un tramezzo dove una targa porta scritto«degl’imponderabili» e più sotto «calorico»38.Non sfugge il senso di rigore, di ordine, di ra-zionalità, perfino pignola, con cuiAntinori in-tende organizzare le sale del Gabinetto. Do-po gli strumenti che dimostrano gli effetti delcalorico, si passava all’elettricità «le di cuimac-chine cronologicamente disposte verrebberoad occupare» la sesta e settima stanza. Nellastanza ottava venivano disposti gli apparatielettromagnetici. La stanza nona doveva es-sere destinata per intero al magnetismo men-tre nella stanza decima venivano esposti glistrumenti di ottica. Da questa si entrava nel-la stanza undicesima che Antinori non esita-

va a definire «il santuario della scienza». In-fatti, è la stanza che contiene:

«le macchine degli Accademici del Cimen-to e la loro effigie e le memorie loro, dovesarebbe raccolta tal parte di tesoro scienti-fico che invano si cercherebbe altrove e chela sola Toscana possiede e deve possederecon venerazione. Il motto provando e ri-provando, posto sulla porta, ne annunzie-rebbe l’ingresso; entrati si dovrebbero ve-dere le due parti vestite degli strumenti an-tichi; collocati negli scaffali medesimi diquell’epoca, innalzati su d’uno zoccolo chedia loro maggior risalto; sopra di essi deli-neata sulla parete una larga fascia che com-prende diversi ovati destinati a ricevere ibusti degli Accademici più quello del prin-cipe Leopoldo; nel mezzo della camera latavola circolare che fu degli accademici; aduno degli angoli il quadrante dell’accade-mico Rinaldini, dall’altro l’antico specchioustorico, prossima alla tavola la macchinapneumatica dell’Accademia, tra le due fi-nestre l’armadio dei termometri e degli idro-stammi degli Accademici; sotto la prima fi-nestra l’astrolabio sopra un piano di legno,sotto l’altra l’Odometro39».

Fig. 15. Vari termometridell’Accademia del Cimentoesposti nella Tribuna diGalileo, fine XIX secolo.Firenze, Museo di StoriaNaturale - Sezione diZoologia “La Specola”

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Si trattava, dunque, di una stanza intera-mente dedicata all’Accademia del Cimento(figg. 14-15). Quegli strumenti che nel corsodel Settecento, sotto la direzione di Fontana,erano stati quasi dimenticati e, di fatto, estro-messi dal Gabinetto di fisica relegandoli aimargini della collezione, trovavano ora unacollocazione prestigiosa; venivano recuperatisul piano del valore storico che rivestivano eservivano da corteo introduttivo alla stanzasuccessiva, dove il «sommo toscano» trovavala sua compiuta celebrazione:

«Contigua a questa camera si vedrebbe laprogettata aggiunta circolare dedicata alsommo toscano; in faccia la nicchia col di luibusto situato in alto e sotto di esso la lenteed il cannocchiale; dal lato suo destro i bu-sti del Torricelli e del Castelli, dal sinistroquelli del Cavalieri e del Viviani (quattro dilui discepoli più illustri) nei sei spazi […]potrebbe degnamente collocarsi la prezio-sa collezione degli analoghi manoscrittiquando all’A. V. piacesse che fossero quatrasportati40».

È facile capire che si tratta del primo pro-getto per la costituzione e l’allestimento dellaTribuna dedicata a Galileo Galilei. Antinoriricorda che i visitatori, giunti al termine delpercorso stabilito, si troveranno di fronte a«questo santuario» della scienza. Il percorsoproposto è, dunque, a ritroso nel tempo: dal-lo stato attuale all’origine della fisica moder-na. Dalle scoperte coeve a quelle galileiane,un duplice percorso dunque che porta il visi-tatore a ripercorrere attraverso gli strumenti,rigorosamente divisi per discipline, la storiadella fisica. «Così questa nuova classazione –concludeva il direttore del Museo – verrebbead essere» al tempo stesso «ragionata»ma an-che «comoda». Infine, Antinori sollecitava lacorte affinché i lavori iniziassero il prima pos-sibile per evitare «la vergogna dimostrare agli

stranieri in tanto disordine il gabinetto dellafisica sperimentale», un disordine che genera«disonore», sentimento che Antinori dice diaver provato accompagnando in visita alMu-seo un imprecisato botanico francese.

Dal documento stilato da Antinori si evin-cono con chiarezza due linee guida che sor-reggono la sua concezione museale. In primoluogo, il Gabinetto di fisica deve essere orga-nizzato in maniera tale che il visitatore possaessere posto nella condizione di seguire unpercorso storicamente e concettualmente or-dinato.Dalla fisica di base fino alle recenti sco-perte nel campo dell’elettromagnetismo, tut-ta la storia della fisica deve essere esposta perconquiste. Le tappe di questo progressivocammino sono gli strumenti stessi, collocati inordine “di scoperta” e mostrati come segni diun progresso scientifico tuttora in atto. In se-condo luogo, il cammino progressivo dellascienza ha avuto un preciso inizio. Galileo èl’aurora di un una nuova e straordinaria espe-rienza intellettuale e va celebrato sia nella ve-ste di “gigante della scienza” che di toscano (eitaliano) la cui fama e grandezza scientifica hasuperato i confini granducali e si è diffusa nelmondo.

IL MITO SCOLPITO. ANTINORI

E LA STATUA DI GALILEO

Lungo le tre decadi che lo videro direttoredel Regio Museo, Antinori non derogò maidal compito ideale di promuovere ed enfatiz-zare la figura e l’opera di Galileo. Il progettodi pubblicazione della vita di Galileo lo impe-gnò per molti anni e le numerose carte di ap-punti, le bozze del lavoro, le diverse stesureconservate all’Archivio di Stato di Firenze nesono la testimonianza più eloquente41. L’ope-ra di promozione di Galileo va di pari passocon l’allestimento di una sala del Museo a lui

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dedicata. Il progetto per l’allestimento di unaTribuna galileiana era già stato elaborato nel1829. Infatti, il 6 dicembre dello stesso annoil Granduca Leopoldo II aveva approvato «lacostruzione di una tribuna destinata a conte-nere gli strumenti del Galileo e degli accade-mici del Cimento»42. Antinori intervenne di-rettamente presso il granduca per proporreidee, raffigurazioni, interpretazioni dell’im-magine di Galileo che finiranno, in molti casi,per essere recepite dagli artisti e realizzate.Già nel 1832, compiacendosi dello sviluppodei lavori per l’allestimento della Tribuna,An-tinori indicava quali dovessero essere le im-magini che i pittori dovevano raffigurare43. Lofaceva rivolgendosi direttamente a LeopoldoII, ricordando l’amore che il sovrano nutrivaper Galileo. Lo faceva raccomandandosi chei giovani artisti toscani nonoptassero per «sog-getti o favolosi o troppo lontani da noi» per-ché questi non «parlano né al nostro cuore, néalla nostramente»44. Era questo il leitmotivdel-la concezione pedagogica di Antinori. Lascienza, i suoi personaggi, le vicende che l’han-no caratterizzata devono coinvolgere il cuoree lamente di chi apprende, in unprocesso edu-cativo che tiene insieme conoscenze scientifi-che ed educazione morale. Il fisico fiorentinoproponeva che in una delle due lunette soprail cornicione venissero rappresentate le espe-rienze condotte daGalileo sulla caduta dei gra-vi dalla Torre di Pisa. Antinori non si limita-va a indicare il soggetto ma chiedeva che ve-nissero disegnate «ad una conveniente di-stanza la cattedrale e la torre di quella città poiquasi in mezzo e sul davanti Galileo in atto dicontare le oscillazioni di pendolo», alla sini-stra dell’astronomopisano «un gruppo di vec-chi professori che sembrano deridere quellenovità» mentre alla sua destra «un drappellodi giovanimostranodi apprenderle con aviditàed interesse». Nell’altra lunetta Antinori pro-poneva la rappresentazione di una delle se-

dute dell’Accademia del Cimento. Nella vol-ta dell’abside avrebbero dovuto trovar postola raffigurazione delle scoperte astronomichedi Galileo. Sotto queste, in tre spazi rettango-lari, Antinori proponeva la rappresentazionedi tre momenti decisivi della vita di Galileo:

«1. Galileo che presenta il suo cannocchia-le alla signoria di Venezia 2. Galileo che ri-ceve la collana d’oro dai deputati degli sta-ti uniti di Olanda pel problema delle longi-tudini. 3. Galileo cieco che detta le sue ul-time dimostrazioni e scoperte meccanicheai suoi diletti discepoli, Torricelli, Viviani»45.

Nelle nicchie suggeriva che venissero col-locati gli strumenti di Galileo, di Torricelli, di

Fig. 16. Aristodemo Costoli,Statua di Galileo Galilei, 1841.Firenze, Museo di StoriaNaturale - Sezione diZoologia “La Specola”,Tribuna di Galileo

Vincenzio Antinori e il Gabinetto di Fisica 99

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Viviani e di Castelli e alle pareti i busti di Tor-ricelli, Viviani, Cavalieri e Castelli. Nel mez-zo alla sala doveva sorgere la statua di Gali-leo «o seduto o in piedi nel modo che piaces-se più all’artista» ed alla base la citazione dan-tesca «Fonte a rivi di nostre arti».

Nel 1839 il progetto vennemodificato e frale altre correzioni al progetto iniziale vi eraproprio la sequenza dei tre momenti princi-pali della vita di Galileo che vennero sostitui-ti con la scoperta dell’isocronismo del pendo-lo, la presentazione del cannocchiale alla Si-gnoria di Venezia e Galileo vecchio che inse-gna ai suoi allievi46. La direzione dei lavorispettò all’architetto Martelli mentre la statuadi Galileo venne affidata alle mani dello scul-tore fiorentino Aristodemo Costoli. Anche inquesto casoAntinori prese carta e penna e de-lineò con chiarezza l’immagine di Galileo cheegli voleva rappresentata. In un documentorimasto inedito e conservato all’Archivio diStato di Firenze, Antinori detta i caratteri del-la rappresentazione allo scultore fiorentino,delinea nell’immagine di Galileo la sua perso-nale concezione dello scienziato pisano47. Ildocumento, datato 3 aprile 1832, si apre conla celebrazione del genio galileiano in grado digettare luce laddove fino ad allora dominavala tenebra; egli fu, ricorda Antinori, «vero so-le degli occhi nostri» e «la filosofia toscana sifece europea»; grazie aGalileo «finalmente eb-be l’Italia nostra la parte attiva nella riformadello spirito umano»48. Alla luce di queste con-siderazioni, Antinori vorrebbe che l’immagi-ne diGalileo «si vedesse scolpita in piedi e qua-si direi sulle mosse, come quella che starebbea rammentare l’indole operosa ed attiva dellasua filosofia che richiamava ad osservare, asperimentare e conoscere così gli oggetti» lon-tana e in opposizione alla «fantastica mentedei filosofanti i quali, nel regno delle astrazio-ni trovano pascolo all’amor proprio ma nongià quiete all’intelletto» (fig. 16). Antinori de-

plorava l’idea di un Galileo solo ed esclusiva-mente “astronomo”, così come era stato fino-ra rappresentato «conmarmo, conbronzo, contela o con intaglio», sempre «nell’atto di con-templare il sistema copernicano o tenendo inmano il suo telescopio». A questa immaginedi Galileo solo astronomo e copernicano An-tinori opponeva un «nuovo concetto» volto amostrare lo scienziato pisano come «creatoredella dinamica» o, permeglio dire, «che si con-giungesse alGalileo astronomo, ilGalileomec-canico» dal momento che «è veramente neisuoi dialoghi sulle nuove scienze» che «l’acu-tezza del di lui ingegno in tutta la maestà delsuo splendore rifulge»49. Antinori concludevala sua trattazione suggerendo aCostoli di rap-presentare Galileo «nell’atto in cui prevedeche le sue scopertemeccaniche serviranno ungiorno a stabilire in modo semplice e chiaro ilmovimento dei corpi celesti, il vero sistemadell’universo». Per sostenere questa idea An-tinori proponeva che la statua dovesse rap-presentare Galileo mentre sorregge nella ma-no sinistra una tavoletta nella quale si vedonodelineate le seguenti figure:

«1. un epiciclo cioè una di quelle rappre-sentazioni omacchine immaginate dagli an-tichi astronomi per spiegare in qualchemo-do l’apparente irregolarità degli astri; 2.Una linea verticale che rappresenti la ca-duta dei gravi cogli spazii segnati uno, tre,cinque sette; 3. la parabola o la curva chedescrivono i proietti lanciati orizzontal-mente dalle forze d’impulso e richiamati neltempo istesso al centro dalla gravità».

Ma, soprattutto, il volto. Antinori chiede-va che «la fronte rivolta al cielo» richiami «quelsenso di interno compiacimento da cui doveaessere compresa quella mente creatrice nelprevedere ciò che dal Newtono sì luminosa-mente avverato»50. Costoli raccolse solo par-zialmente le indicazioni di Antinori (fig. 17).

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento100

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Senza entrare nelmerito della vicenda che im-pegnò per lungo tempo l’artista fiorentino eora esaurientemente ricostruita da BenedettaMatucci in un bel libro a lui dedicato51, vale lapena sottolineare che Costoli era cresciuto esi era formato sotto l’egida di Numa PompilioTanzini, padre scolopio, il quale esercitò unruolo influente nell’ambito delle arti fiorenti-ne; un uomo desideroso di «trovare confortosoltanto nell’amore di Dio e della scienza»52.Fervido sostenitore di una scienza sempre sor-retta dalla fede, Tanzini fu professore di filo-sofia e poi di fisica alle ScuolePie.Costoli con-divideva con lui l’idea di una educazione peri giovani dove non si prescindeva dall’unionedi sapere e religione. È dunque in questo con-testo, qui solo brevemente accennato, che vainterpretata l’opera dell’artista fiorentino e ilsignificato che il Galileo della Tribuna era de-stinato a recitare. Non casualmente, al mo-mento dell’inaugurazione della Tribuna, in oc-casione della Terza Riunione degli ScienziatiItaliani, la cerimonia d’apertura fu accompa-gnata dalle note della Creazione di Franz Jo-sephHaydn, scelta certamente studiata, dove

l’evocata potenza creatrice del divino finivaper essere associata all’immagine del Galileo“scolopio”, ricondotto entro l’alveo di unascienza rassicurante e, per questo, meritevo-le di tutta l’enfatizzazione possibile.

«EDUCARE IL CUORE E LA MENTE».DIDATTICA E PUBBLICA UTILITÀ

DEL SAPERE SCIENTIFICO

Uno dei primi progetti sposati da Antino-ri in seno al Museo consisté nel riaprire l’isti-tuzione alla didattica. Egli stesso sollecitò lacorte toscana perché all’interno delMuseo ve-nissero attivati corsi e le collezioni venisseroutilizzate a scopi didattici. In realtà, la propo-sta di Antinori ricalcava quella espressa daBardi poco prima della sua morte. Infatti, sitrattava d’istituire una cattedra di fisica spe-rimentale, una di anatomia comparata e zoo-logia e una di mineralogia e geologia.

Il progetto venne approvato e le cattedrevennero assegnate nel febbraio 183353. Le le-zioni di fisica vennero affidate aLeopoldoNo-bili, quelle di anatomia comparata e zoologiaal professor Mazzi ed il corso di mineralogiae geologia a Filippo Nesti. A stento Antinoriconteneva il suo «giubilo» per la buona riu-scita dell’iniziativa e il 13 marzo 1833 stilavail calendario delle lezioni54. L’anno scolasticodoveva avere inizio il primo febbraio e termi-nare il trenta settembre. Erano previsti quat-tro mesi di sospensione delle lezioni (da otto-bre a gennaio) e l’interruzione dei corsi in oc-casione delle festività di carnevale, della qua-resima e delle feste di Pasqua.Ogni corso pre-vedeva due lezioni alla settimana (fisica spe-rimentale lunedì e giovedì; anatomia compa-rata e zoologia il martedì ed il sabato, mine-ralogia e geologia ilmercoledì e il venerdì). Lelezioni avevano inizio alle due del pomeriggioed ogni insegnante si assumeva la responsa-

Fig. 17. Aristodemo Costoli,Statua di Galileo Galilei, 1841:particolare con la manodestra dello scienziato,il globo e il cannocchiale.Firenze, Museo di storiaNaturale - Sezione diZoologia “La Specola”,Tribuna di Galileo

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bilità delle collezioni scientifiche di cui usu-fruiva durante la lezione. Inoltre, gli insegnantistessi dovevano segnalare gli eventuali acqui-sti o gli oggetti ormai obsoleti cosicché «la det-ta collezione venga in tutte le sue parti a rap-presentare nel miglior modo possibile lo statoattuale della scienza». I professori dunque sitrovavano a svolgere il duplice compito di in-segnanti e di curatori delle rispettive collezio-ni. Un atto, quello dell’Antinori, volto a coin-volgere totalmente gli scienziati non solo nel-la parte didattica a loro affidata,ma anche nel-la gestione delle collezioni delMuseo, affinchéesse fossero strumento efficace e modernod’insegnamento. Ad ogni professore Antino-ri aveva affiancato un preparatore. Per le le-zioni di fisica venne sceltoTito Puliti, che ave-va il compito di preparare le macchine primadella lezione e assistere Nobili nelle ricerchee nei lavori di fisica sperimentale che il pro-fessore intendeva svolgere, sia sul piano del-la ricerca personale che su quello della didat-tica. La scelta di Puliti si rivelò efficace. En-trato al Museo nel 1832 dopo aver studiato aVienna, divenne stretto collaboratore di An-tinori eNobili. La sua presenza alMuseo è le-gata, in particolare, al primo esperimento didagherrotipia avvenuto il 2 settembre 1839nelle sale del museo55.

Il primomaggio 1833Antinori avrebbe do-vuto tenere il discorso di apertura delle lezio-ni di fisica e storia naturale dentro l’Imperia-le Reale Museo. Il testo, conservato mano-scritto all’Archivio di Stato di Firenze e, inrealtà, mai pubblicamente pronunciato, ap-pare significativo in merito alle finalità didat-tiche a cui Antinori guardava56. Il direttoreesordiva ricordando la sostanziale continuitàfra «l’immortale Leopoldo» il quale aveva al-lestito «le splendide collezioni dei prodotti na-turali e degli appparecchi di sperimentale to-scana filosofia» e «il secondo Leopoldo» dalquale quelle collezioni «furono ampliate e

quindi fino a dì nostri efficacemente arricchi-te»57. Antinori sottolineava come il patrimo-nio di oggetti e di conoscenze racchiuso nellemura del Museo fiorentino dovesse esseremesso a disposizione di «tutti i sudditi» e so-prattutto mirasse a formare «la mente, l’inge-gno, il cuore dei giovani». L’idea di una peda-gogia che sapesse incidere sul cuore e sullamente trovava una significativa corrispon-denza nella posizione espressa da VieusseuxnelProemio all’«Antologia», poi censurato, pro-prio nel 1833. Nello stesso anno in cui Anti-nori avrebbe dovuto tenere il suo discorso diapertura ai corsi, Vieusseux ribadiva il ruolofondamentale esercitato da un’istruzione ingrado di rendere il ceto subalterno «più attoai suoi lavori, che gli educhi il cuore, mentregli coltiva lamente»58. Sono le stesse parole diAntinori; vero è che Vieusseux parlava di ce-to subalterno, di «popolo» mentre è presumi-bile che i corsi del Museo fossero destinati agiovani appartenenti ad altro e più elevato ce-to sociale, resta tuttavia il fatto che l’istruzio-ne non doveva rivelarsi sterile esercizio acca-demico ma trasmissione di precisi valori mo-rali, formazione dell’uomo, dove il saperescientifico finiva per esercitare un ruolo fon-damentale e non più trascurabile. Lo studiodelle scienze naturali è ritenuto da Antinoriimportante per l’utilità che riveste per gli uo-mini e per la società. Definisce «doveroso eopportuno» soprattutto per i toscani impe-gnarsi nello studio della scienza. Le discipli-ne fisiche vengono definite come «utilissimeall’uomo, educano in esso e del pari e con-temporaneamente il fisico, il cuore e la men-te». Infatti, continuava Antinori, «alla fisicaeducazione provvedono coll’esercizio del cor-po, colla vita operosa e attiva» mentre «edu-care il cuore» significa avvicinare i giovani a«quell’ordine ammirabile, quell’equilibrio,quell’armonia, quella fecondità dimezzi, quel-la connessione che scorgesi nei fenomeni e nei

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prodotti della natura, quella semplicità di leg-gi» che rappresenta la trama complessa dellanatura. L’immagine di una natura armonica,equilibrata, governata da leggi chiaramenteintelligibili richiama un’idea diffusa nella cul-tura toscana nelle prime due decadi dell’Ot-tocento.

Antinori insisteva sul valore educativo del-la scienza e sottolineava come essa abitui i gio-vani «a cogliere le relazioni fra fenomeni, ali-menta lo spirito d’osservazione e impegna glistessi ad una ricerca volta all’utile sociale». Ilvalore dell’utilità sociale della scienza venivaribadito più volte, accompagnato dalla con-vinzione che si può fare scienza solo attraver-so lo spirito di collaborazione. «La necessitàdei continui confronti – recitava Antinori –rettifica il giudizio e l’uomo dovunque volgeil suo passo non è mai solo né ozioso»59.

È dunque in questo contesto, di una scien-za intesa al servizio della pubblica utilità, che,dalMuseo, partono le prime iniziative di con-sulenza scientifica per il territorio toscano.Nel 1832, all’indomani del terribile terremo-to che sconvolse la cittadina di Pontremoli,Antinori redigeva una lunga relazione sullecause del fenomeno. In sintonia «con i più ac-creditati fisici moderni» Antinori assimilavail terremoto ad «un fulmine terrestre che alparo del fulmine atmosferico detona, urta,squarcia, fonde, accende e trasporta i corpiche si oppongono al suo passaggio»60. Gli ef-fetti devastanti del terremoto inducono il di-rettore del Museo fiorentino a sostenere cheil fenomeno sismico non sia altro che «l’effet-to di poderose correnti elettriche» e che la ter-ra svolga la funzione «ora di una gran pila,ora di una boccia leidana». Se, dunque, il ter-remoto è un fenomeno naturale ascrivibile al-l’ambito dei fenomeni elettrici, allora la pro-posta non può essere altro che «dei grandi pa-li di ferro impiantati nel terreno a moltaprofondità»61 (fig. 18). All’inizio degli anni

Quaranta ilMuseo è chiamato nuovamente incausa per allestire dei parafulmini a prote-zione del convento di San Francesco di Fie-sole. Antinori prepara una pianta del con-vento con le precise indicazioni dei punti incui devono essere allestiti i parafulmini62. So-no solo due esempi ma suggeriscono l’idea diun’istituzione che avrebbe dovuto rappre-sentare un punto di riferimento di elabora-zione teorica, di studio e di ricerca finalizza-ta all’intervento sul territorio. Una scienza ri-volta alla pubblica utilità, concretamente im-pegnata al servizio del società.

UN PROGETTO DI RIFORMA PER IL MUSEO

Il 21 dicembre 1849 Antinori redigeva unprogetto sul futuro delMuseo. Il documento,intitolato Sulla destinazione dell’Imperiale e Rea-le Museo di fisica e storia naturale, veniva invia-

Fig. 18. Leopoldo Nobili,Globo elettromagneticodi Barlow, ca. 1830.Firenze, Istituto e Museodi Storia della Scienza

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to al soprintendente della Imperial Corte63.Antinori poneva innanzitutto l’accento sullanecessità, allo scopo di «ottenere unminor ag-gravio», di aprire ilmuseo al pubblico non tut-ti i giorni bensì tre volte la settimana. Tutta-via, si faceva presente che il risparmio che nesarebbe derivato risultava assai relativo e l’u-nica strada era riprendere la proposta da luistesso avanzata anni addietro la quale preve-deva il passaggio dell’istituzione dall’erario delgranduca a quello dello Stato. Il granducaavrebbe finanziato personalmente solo le spe-se della conservazione, mentre «l’aumento ela illustrazione delle collezioni del suomuseo,gli stipendi poi dei professori e dei loro aiuti,come quegli che più direttamente riguardanol’utile del pubblico» dovevano passare «a ca-rico dello Stato». Antinori sottolineava conforza che il valore del Museo consisteva nel-l’essere un’istituzione in grado di servire «alprogresso delle scienze» e tale progresso de-ve essere «esposto ed illustrato in tanti corsiche presentino le naturali discipline in tutta lamaestà del loro splendore e sempre al livellodel loro stato attuale»64. Corsi, dunque, indi-rizzati all’aggiornamento ed alla ricerca, noncerto lezioni elementari, che ridurrebbero sen-sibilmente il livello dell’insegnamento. Suque-sto punto Antinori era chiaro: il museo dove-va essere scuola d’eccellenza:

«Quando le lezioni di questo museo – scri-veva il direttore – si volessero aggregare ocollegare con altri licei o studi nei quali sidanno corsi elementari ed ordinari dellescienze fisiche vincolati di necessità e spes-so strangolati in un periodo angustissimo,non sarebbe un illustrare degnamente que-sto museo, non sarebbe utilizzare il tesoroche racchiude».

Trasformare il museo in scuola per un in-segnamento elementare delle scienze signifi-cava non aver chiaro il patrimonio di ricchez-

za materiale e intellettuale di cui è dotato, si-gnificava, per usare le parole di Antinori, «vo-ler costringere un gigante al passo di un pig-meo». Il Museo doveva essere destinato allostudio ed alla ricerca:

«potrebbesi provvedere la Toscana e dicasipure la Italia di uno stabilimento tutto datoalle scienzeeadessedoppiamenteutile eper-chépuòdirettamenteavanzarle eperchépuòpropagarne lapiena istruzioneal livello sem-pre del loro respettivo avanzamento65».

I richiami a Galileo e la celebrazione dellamagnanimità del Principe sono inseriti dentroun contesto in cui si cerca di promuovere ilMuseo ad autentico centro di ricerca non solotoscano ma italiano. Antinori proponeva unmodello d’insegnamento non fondato su corsimeramente scolastici bensì su attività di stu-dio e di ricerca disciplinare. A questo propo-sito aveva elaborato diverse sezioni di studioda promuovere dentro le mura del Museo. Sitrattava di astronomia pratica, meccanica ce-leste e fisica matematica, fisica sperimentale,geografia fisica e meteorologia, chimica gene-rale, anatomia comparata, zoologia, botanica,mineralogia, geologia e paleontologia. Il corsodi astronomia aveva durata biennale e si sa-rebbe dovuto concludere con la pubblicazio-ne di un trattato sull’uso pratico degli stru-menti, scritto da Amici e reso facilmente rea-lizzabile dalla «collezione degli istrumenti inproposito di questo R.Museo, la quale ci pre-senta la storia di essi e quella del loro respetti-vo progresso e perfezionamento». La mecca-nica celeste doveva seguire parallelamente ilcorso di astronomia pratica ed essere trattatadallo stesso professore assegnato all’insegna-mento della fisica matematica. In questo cor-so i testi avrebbero dovuto essere il trattato dimeccanica generale dei solidi e dei liquidi e suc-cessivamente «i trattati speciali dell’aria, degliaeriformi, dell’acustica; del calorico, della lu-

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ce, della elettricità».Eraprevistaunaduratadelcorso di tre anni. Per quanto riguarda la fisicasperimentale erano contemplati tre anni, nelprimodei quali si sarebbero dimostrate «le no-zioni generali come le proprietà dei corpi, leattrazioni capillari ecc.»; successivamente ilcorso si sarebbe concentrato sullo studio deifenomenici fisici dell’aria e dell’acustica.Al se-condo anno gli allievi si dovevano impegnarenello studio «degli aeriformi e del calorico».Alterzo anno erano previste lezioni dedicate al-lo studio dell’elettricità e dell’ottica. Antinorisottolineava, da un lato, la flessibilità dei cor-si in questione, lasciando al professore la scel-ta di organizzare i programmidisciplinari e de-cidere in quale anno inserirli e, dall’altro lato,la necessità che al termine dei tre anni previstisi fossero eseguite tutte quelle applicazioni pra-tiche, quegli esperimenti utili per le ricadutenel campo «del commercio, delle arti e della vi-ta sociale».

Quest’ultimo aspetto non va trascurato. Ilmuseo si proponeva di essere laboratorio dicompetenze atte ad essere utilizzate per il pro-gresso economico e civile della Toscana. I cor-si, le lezioni, la ricerca rivestivanoun ruolo de-terminante, nelle aspettative del direttore, so-lo se venivano posti al servizio della pubblicautilità e del progresso sociale. Il momento gliappariva propizio. Ormai scomparso dall’o-rizzonte «quel turbine politico che percorse edevastò tutta l’Italia», foriero di «strane esi-genze cheviolentavano il supremopotere», l’at-tività delMuseo poteva riprendere con insoli-to slancio.PurtroppoperAntinori non sarà co-sì. Le vicende politiche che caratterizzerannola Toscana fino alla caduta della dinastia lore-nese condizioneranno le sorti delRegioMuseo.I progetti rimasero per lo più sulla carta. So-prattutto ilGabinetto di fisica si trovònella dif-ficile condizione di essere privo di uno scien-ziato autorevole che lo gestisse, dopo la mortedi Nobili. Si tentò di convincere Macedonio

Melloni aprendere il suopostomanonvi si riu-scì. In precedenza si era tentato con GilbertoGovi ma con esito negativo. Soprattutto l’atti-vità sperimentale del Gabinetto risentì, neglianni Cinquanta, della mancanza di uno scien-ziato che potesse proporre validi indirizzi diricerca. L’attività di costruzione e restauro de-gli strumenti scientifici rimarrà viva per tuttigli anni Cinquanta. Il Gabinetto di fisica si ar-ricchì di unanuova collezionedimacchinepro-venienti dal gabinetto di fisica del Museo diLucca, in seguito alle convenzioni stipulate frail «cessato» governo di Lucca e quello di To-scana, il 22 febbraio 184866.Ma la puntadi dia-mante delMuseonon era, in questi anni, ilGa-binetto di fisica con le splendidemacchine co-struite e acquistate nel corso di un secolo. Lecollezioni naturalistiche e la figura del grandebotanico Parlatore dominavano la scena in-terna al Regio Museo. La fondazione dell’Er-bario Centrale caratterizzava in maniera net-ta l’attività ed il ruolo dell’istituzione fiorenti-na. Vero è che il Museo mantenne fino alla fi-ne il suo compito di essere un polo di compe-tenze tecniche e teoriche damettere a disposi-zionedella società.Lo testimonia l’incarico cheilMuseo ricevette nel 1858dallaDirezionedel-le Fabbriche Civili dello Stato per correggerelameridiana di Piazza delGranduca.Uname-ridiana utilizzata per regolare l’ora dell’orolo-gio di Palazzo Vecchio e sulla quale sarebbe-ro stati fissati gli orari dei treni67. IlMuseodun-que, anche se inmisura assai relativa, divennepartecipe di quella straordinaria rivoluzionetecnologica rappresentatadalla ferrovia.È l’ul-timo concreto atto, l’ultimo contributo che inetà lorenese giunse dallemura di Palazzo Tor-rigiani.

La caduta della dinastia lorenese coinciseanche con l’uscita di scena di Antinori. Loscienziato fiorentino lasciò la carica di diret-tore del Museo nel 1859 e si ritirò a vita pri-vata fino al giorno della sua morte.

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NOTE

1 BONECHI 1995, in particolare sull’apertura delLiceo pp. 67-72.

2 Dizionario Biografico degli Italiani, ad vocem,Vincenzio Antinori, a cura di G. De Caro (DE CARO

1961). Manca una monografia sulla figura e l’operadi Antinori, si veda un quadro generale della sua at-tività nell’interessante contributodiL.E.Funaro (FU-NARO 2001).

3 Sulle origini del Regio Museo di Fisica e Sto-ria Naturale, cfr. PASTA 1989; CONTARDI 2002.

4 Il governo di famiglia 1987, pp. 29-30.5 Ivi, pp. 33-34.6Archivio di Stato di Firenze (d’ora in poi ASF),

Antinori 19, carte non numerate. Per quanto riguar-da la reazione di Antinori al momento della chiusu-ra della Società cfr. FUNARO 2001, p. 171.

7 Sul Gabinetto scientifico-letterario di Vieus-seux, sull’«Antologia» e più in generale sul modera-tismo toscanod’inizioOttocento la letteratura è piut-tosto vasta, ci limitiamo in questa sede a rimandarea COPPINI 1997, e alla bibliografia in esso presente.Su Vieusseux si veda ora VOLPI 2008.

8 MINIATI 1985, in particolare pp. 48-49.9 ASF, Imperiale e Reale Corte Lorenese, Inventario

delle macchine che si conservano nell’osservatorio astrono-mico dell’Imperiale e Reale Museo di Fisica, per le colle-zioni di astronomia f. 5335, per le collezioni di fisi-ca f. 5336.

10 ASF,Catalogo delleMacchine che si conservano nel-le diverse Stanze dellaFisica dell’Imp. ER.Museo, f. 5336.

11 Firenze, Istituto eMuseo di Storia della Scien-za (d’ora in poi IMSS), Armu, Copia Lettere, 1 settem-bre 1830.

12 Ibidem.13 IMSS,CopiaLettere,Propostadi coniaremedaglie per

compensare i donatori di oggetti naturali, 18 febbraio 1835.14 Ibidem.15 IMSS, Armu, Copia lettere, Proposizione per l’am-

missione di Galgano Gori nelle officine di fisica. 20 aprile1830.

16 ASF, Antinori, 16.17 Sulla vicenda, cfr. IMSS,Armu,Accoglimento, da

parte della Segreteria di Corte, delle proposte formulate daldirettore del Museo in merito alla consegna degli strumen-ti dell’osservatorio astronomico ed alle osservazioni meteo-rologiche, ora che èmorto l’astronomo delMuseo Pons, No-mina di Giovan Battista Amici a suo successore, anche nel-la cattedra di astronomia dell’Università di Pisa, 16 otto-bre - 22 novembre 1831.

18 Ivi, Copia lettere. Progetto per l’osservatorio astro-nomico, 19 febbraio 1832.

19 Ibidem.20 Ibidem.21 Ibidem.22 SuAmici si veda La scienza degli strumenti 1989,

e soprattutto i numerosi contributi di Meschiari; inquesta sede ci limitiamo a ricordare l’importante pro-getto relativo all’Edizione Nazionale delle opere e dellacorrispondenza di Giovanni Battista Amici (MESCHIARI

2006) e rimandiamo alla bibliografia lì presente.23 ASF,Antinori 15, 17Dicembre 1843. Progetto di un

Archivio Centrale di OsservazioniMeteorologiche Italiane.Nel documento Antinori ripercorre le tappe delprogetto.

24 Su Nobili e l’ambiente intellettuale fiorentino,MINIATI 1985, cit., pp. 41-51.

25 MINIATI 1985, cit., pp. 47-48.26 CIAMPINI 1953.27 IMSS, Armu, Copia lettere, Al chiarissimo prof.

Nobili. 27 febbraio 1833, per annunciarli la sua elezione alposto di professore di fisica nel R. Museo, 1833.

28 SBRIGHI 1984, pp. 69-95.29 V. ANTINORI, Elogio di Leopoldo Nobili, in ANTI-

NORI 1868, p. 314.30 Ibidem.31 Ivi, pp. 314-315. Sullametallocromia cfr. F.AB-

BRI, Nobili e la chimica: le ricerche di metallocromia, inLeopoldo Nobili 1984, pp. 171-181.

32 ASF, Antinori, 15. Riordinamento delle macchinedi fisica. Fascicolo intitolato Varie rappresentanze eproposte del direttore Antinori.

33 Ibidem.34 Ibidem.35 Ibidem.36 ANTINORI 1868, p. 321.37 ASF, Antinori, 15.38 Ibidem.39 Ibidem.Vale la pena ricordare che lo stesso An-

tinori aveva scoperto alcuni strumenti del Cimento,i cosidetti “strumentini”; cfr.MINIATI 1993b, pp. 13-16.

40 Ibidem.41 ASF, Antinori, 28.42 IMSS, Armu, Copia Lettere, 1830. Cfr. BARBA-

GLI 2009a; GAMBUTI 1990; si veda anche TOGNONI

2008, pp. 175-181.43 IMSS, Armu, Copia Lettere. Per proporre nuovi or-

namenti alla tribuna diGalileo come pitture a fresco, 1832.44 Ibidem.45 Ibidem.46BARBAGLI 2009a, pp. 39 e sgg.47 ASF, Antinori 16, Sulla statua del sommo Galileo.48 Ibidem.49 Ibidem.

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50 Ibidem.51 MATUCCI 2003, pp. 18 e sgg.52 Ivi, p. 2.53 IMSS, Armu, Copia Lettere 1833, Istituzione del-

le cattedre e assegnazione ai rispettivi insegnanti il 27 feb-braio 1833.

54 Ibidem.55 Sulla vicenda, BERNACCHINI 2008, pp. 49-54.56 ASF, Antinori, 16. Discorso per l’apertura delle

lezioni di fisica e di storia naturale nell’Imperiale e realemuseo fiorentino da recitarsi il primo maggio 1833 daldirettore di quello stabilimento. Sulle ragioni dellarinuncia ad una cerimonia pubblica di apertura dellelezioni cfr. FUNARO 2001, p. 172.

57 Ibidem.58 Citato in COPPINI 1993, p. 256.59 Ibidem.60 ASF, Antinori 16.61 Ibidem.62 Ibidem. Parafulmini di San Francesco di Fiesole.

Carta elettrografica del convento di S. Francesco di Fiesole.63 ASF,Antinori 15.Sulla destinazione dell’Imperiale

e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale. Progetto deldirettore.

64 Ibidem.65 Ibidem.66 IMSS, Armu. Copia Lettere, 1848.67 IMSS, Armu, Copia Lettere, 1858.

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IL TRAMONTO DEL MODELLO ILLUMINISTA

L’alba del XIX secolo fu per ilMuseo di Fi-sica e Storia Naturale di Firenze un mo-

mento di particolare stravolgimento. L’insta-bile situazione politica, seguita alla discesa del-l’armata francese che costrinseFerdinando IIIad abbandonare laToscana e vide il succedersidi diverse occupazioni e governi, portò a ri-petuti cambiamenti di rotta anche nell’orien-tamento dell’istituzione (fig. 1).

FeliceFontana, direttoredelMuseo sindal-la sua fondazione, emarginato dalla gestioneamministrativa del Museo dall’ultimo decen-nio del Settecento, tornò per un breve perio-do in auge durante l’occupazione francese, nel1801, e tentò di coronare il suo progetto diorientare l’istituzione alla ricerca scientifica ealla trasmissione del sapere attraverso la fon-dazione di un’accademia sperimentale1. Riu-scì a far ripristinare dal Governo l’Accademiadel Cimento, ma l’operazione non ebbe segui-to, dal momento che la Nuova Accademia siriunì una sola volta. Di lì a poco, però, si ebbeun cambiamento sostanziale della strutturadelMuseo che, nel 1807, fu destinato all’insegna-mento pubblico con la creazione del Regio Li-ceo da parte Maria Luisa di Borbone, Reg-gente del Regno di Etruria.

Il nuovo indirizzo dato all’istituzione rap-presentò una svolta anche per il collezionismo,che venne a perdere quella connotazione didocumento tridimensionale dell’illuministicaunità del sapere. Con la creazione del Liceo le

collezioni furono riunite in gabinetti, annessialle cattedre e sotto la cura dei professori del-le relative materie, venendo meno, di fatto,quell’unità di competenze che vedeva nel di-rettore l’unico responsabile del patrimonio delMuseo. I reperti, fino ad allora considerati te-stimonianza del sapere scientifico, assunserola prevalente funzione di supporto alla didat-tica e alle dimostrazioni che venivano date du-rante i corsi.

I criteri di arricchimento del Museo, finoad allora orientati a rendere sempre più com-pleta la documentazione della natura, furonovolti alla nuova finalità, cosicché fu creata exnovo la collezione di Anatomia comparata, deltutto mancante, ad opera del professore Fi-lippo Uccelli, che si attivò subito per raduna-re una ricca serie di scheletri, facendonemon-tare ben 56 nel solo primo anno, e preparan-do «una quantità assai considerevole di partidi animali, che si conservano nello spirito divino, o nella soluzione di Sublimato corrosi-vo che sono del più gran vantaggio nelle di-verse dimostrazioni di Anatomia Compara-ta»2. Anche il laboratorio di ceroplastica simi-se al servizio del nuovo gabinetto e, grazie al-l’opera di Clemente Susini e Francesco Ca-lenzoli, furono subito realizzate alcune operezootomiche sugli organi del gusto, tra le qua-li una testa di vitello di straordinario dettaglio,e sulle dissezioni di invertebrati quali la chioc-ciola dei giardini, la sanguisuga e il baco daseta. L’attenzione dedicata a quest’ultimo ani-male era evidente conseguenza dell’interesse

Il collezionismo naturalisticonel Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze di metà Ottocento

Fausto Barbagli

Fig. 1. [N] Pochini,Veduta dell’I. R. Museodi Fisica e Storia Naturale,metà XIX secolo. Arezzo,Collezione privata

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economico che la specie rivestiva a quel tem-po, testimonianza del fatto che gli interessiscientifici, anche in seno al Museo, andavanolentamente orientandosi verso aspetti pratici.

Sebbene il germedella svolta che andò con-cretizzandosi in questi anni nel Museo di Fi-sica e Storia Naturale si intravedesse già nel-l’operato diGiovanni Fabbroni, dapprima vi-cedirettore e sovrintendente economico poidirettore per circa un anno, il vero mutamen-to della concezionemuseale si ebbe sotto la di-rezione del conte Girolamo de’ Bardi (fig. 2),chiamato daMaria Luisa a sostituire Fabbro-ni alla testa del Museo.

Bardi riuscì a rimanere alla direzione an-che attraverso i ripetuti stravolgimenti politi-ci del suo tempo, passando, in maniera più omeno indenne, dal Governo del Regno diEtruria a quello dell’Impero francese e alla re-staurazione dell’amministrazione granducale.

Fu proprio in quest’ultima fase che ebbe imaggiori problemi vedendosi chiudere il Li-ceo nel 1814 con ordinanza del Commissariogranducale Rospigliosi che, pur presentandoil suo operato come quello di un riformatore,si preoccupava per lo più di rimuovere tuttociò che era riconducibile all’epoca napoleoni-

ca e alla cultura portata dalla rivoluzione fran-cese.

Il testo dell’ordinanza, particolarmente du-ro, mostra quali devono essere state le diffi-coltà che il Museo e il suo direttore dovetteroattraversare in questi anni. Stabilendo di «ri-condurre il Museo a quell’ordine ed a quel si-stema che era in vigore all’epoca della par-tenza da Firenze del nostro amatissimo so-vrano, il quale ha sempre considerato questostabilimento come un annesso alla propria re-sidenza e di suo privato piacere»3., si configu-rava il Museo come luogo di diletto, negandoquell’impostazione originaria del Museo equella mentalità illuminista di Pietro Leopol-do (fig. 3) che aveva reso l’istituzione una real-tà scientifica rinomata in tutta Europa e chevoleva il Museo aperto al popolo di tutti i ce-ti. Anche l’edificazione di lì a poco del Corri-doio Pocciantiano, chemetteva in diretto col-

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Fig. 2. Girolamo de’ Bardi,medaglione in gesso.Firenze, Museo di StoriaNaturale - Sezionedi Zoologia “La Specola”

Fig. 3. Pietro Leopoldo, bustoin marmo, XIX secolo.Firenze, Museo di StoriaNaturale - Sezionedi Zoologia “La Specola”

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legamento ilMuseo con la residenza del gran-duca, rappresentò un segnale straordinaria-mente in linea con la tendenza del decreto delprincipe Rospigliosi di considerare il Museoproprietà esclusiva del granduca.

In realtà, al suo ritorno, Ferdinando III nonproseguì sulla strada del suo commissario, ri-muovendo ogni traccia dei governi legati alperiodo, ma presentò le sue riforme come untentativo di riportare lo Stato alla strutturapietroleopoldina creando, in quasi tutte lebranche dell’amministrazione, uno statomol-to “accentrato” di chiara impostazione fran-cese4.

Questa scelta fece sì che Girolamo Bardipotesse rimanere alla direzione delMuseo an-che se il resto del suomandato non fu certo pri-vo di difficoltà e il suo impegno fu incentratosoprattutto nel tentativo di riportarvi l’inse-gnamento, come testimonia, nei suoi ultimimesi di attività, la dettagliataRelazione del Con-te de’ Bardi sulle condizioni del Museo e sull’oppor-tunità di ripristinare gli insegnamenti5 dove, sul-la base del bilancio dell’istituzione, dimostrala possibilità di riprendere le lezioni senza al-cun aumento dei costi, rinunciando anche alsuo stipendio6.

L’orientamento del Bardi determinò per lecollezioni naturalistiche del Museo uno deiperiodi meno fecondi e sotto la sua direzionenon si ricordano acquisizioni di particolare ri-lievo, fatta eccezione per le collezioni raccol-te daGiuseppeRaddi (fig. 4), custode delMu-seo e celebre botanico, durante il suo viaggioin Brasile. Si trattò di un ricco bottino fatto diquasi 4.000 exsiccata di piante, oltre 3.000 in-setti, centinaia di semi, oltre ad alcuni rettili,uccelli, pesci e mammiferi e qualche campio-nemineralogico7. Con talemateriale ilMuseonon solo si arricchì di oggetti di grande pre-gio e interesse, ma poté anche sviluppare unafitta e proficua rete di scambio di campioni,grazie ai numerosi duplicati provenienti dal

Brasile, molto ambìti da altre istituzioni e dacollezionisti privati.

A creare i presupposti per l’organizzazio-ne di questa impresa fu il passaggio da Firen-ze della principessa Leopoldina d’Asburgoche, in viaggio per Livorno dove doveva im-barcarsi alla volta del Brasile per sposare ilprincipe ereditario Don Pedro di Braganza,si fermò a Firenze con il suo seguito, compo-sto anche da alcuni studiosi austriaci con l’in-carico di compiere raccolte naturalistiche.Grazie all’interessamento del ministro degliesteri Vittorio Fossombroni, Raddi fu aggre-gato al seguito della principessa, provvisto diun assegno di 300 sterline e dell’equipaggia-mento per compiere raccolte nelNuovoMon-do.Con tale dotazione poté trattenersi inBra-sile poco meno di un anno, esplorando in lun-go e in largo la provincia di Rio de Janeiro. Sitrattò di unodei primi viaggi organizzati da un

Fig. 4. Giuseppe Galli,Giuseppe Raddi, Arezzo,Collezione privata

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museo italiano in paesi esotici col fine esclusi-vo di effettuare raccolte naturalistiche. Primadi allora numerose collezioni di terre lontaneerano comunque entrate a far parte di varimu-sei, compreso quello fiorentino,ma si era qua-si sempre trattato di collezioni radunate su ini-ziativa privata e solo in un secondo tempo ac-quistate da istituzioni in cerca di rarità.

Va detto che Bardi non ebbe alcun meritoin questa iniziativa che rappresenta la pagi-na più interessante del collezionismo natura-listico toscano di primo Ottocento. Egli in-fatti non nutriva alcuna simpatia perRaddi (inforza alMuseo sin dai primi anniNovanta delSettecento), forse per i suoi stretti rapporticon Fabbroni, e Bardi, al momento del suoinsediamento alla direzione, lo aveva licen-ziato quando aveva messo mano alla struttu-ra dell’Istituzione. Solo grazie a FerdinandoIIIRaddi fu reintegrato al suo posto nel 1814,ma i rapporti fra lui e Bardi non furono maipiani e se il primo ebbe modo d’intraprende-re lo storico viaggio, lo si dovette solo al gran-duca e al Fossombroni8, tant’è che anche do-po il suo rientro le ruggini non accennaronoa placarsi.

La fortuna diGirolamoBardi alla testa delMuseo fu, quindi, limitata all’epoca del regnod’Etruria e al successivo governo di Elisa Ba-ciocchi, un periodo di sei anni che permise alnobile fiorentino di trasformare il Museo inuna sorta di scuola superiore. Nei tre lustriche seguirono la restaurazione, sebbene sup-portato da adeguata dotazione economica, eglinon seppe interpretare l’orientamento cheFer-dinando III prima e Leopoldo II poi avreb-bero voluto per il loro «stabilimento» e, presoesclusivamente dal desiderio di far risorgerel’insegnamento, si rese responsabile di unoscollamento fra le idee dei Lorena e la dire-zione del Museo che penalizzò non poco losviluppo dell’istituzione e l’incremento dellesue collezioni.

Fig. 5. Francesco Boggi,Ritratto di Vincenzo Antinori,1839. Arezzo, Collezioneprivata

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VINCENZO ANTINORI E LA RINASCITA

DELL’I. R. MUSEO DI FISICA

E STORIA NATURALE

Il compito di ricucire lo strappo e portarel’I. R.Museo di Fisica e StoriaNaturale al suomassimo splendore toccò a Vincenzo Antino-ri (fig. 5), a cui Leopoldo II affidò la direzio-ne nel 1829.

A determinare la sua nomina a direttoreconcorse senza dubbio il rapporto di sinceraamicizia che legava il granduca all’Antinori,dovuto all’incontro intellettuale tra i due cheavevano iniziato a frequentarsi esattamentedieci anni prima.

A raccontarci del loro incontro è lo stessogranduca nelle sue memorie, richiamando al-la mente gli anni giovanili quando, tenuto dal

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Fig. 6. S. Faccioli, L’ErbarioCentrale Italiano, 1874.Arezzo, Collezione privata

padre al di fuori delle faccende di governo, de-dicava le giornate allo studio nelle BibliotecaPalatina:

«In quel tempo seppi essere stati veduti invendita scritti originali delGalileo e dei suoiscolari, e mi adoperai presso il padre per-ché di quei preziosi manoscritti facesse ac-quisto per la Libreria. Chiesi volesse per-mettermi di ordinarli, e m’associai il giovi-ne cavaliere Vincenzo Antinori, personaprofondamente culta nelle scenze e per sem-plici costumi e auree maniere apprezzabi-lissimo, che divenne amico a me sincero ecostante»9.

Sotto la guida dell’Antinori ilMuseo fu am-piamente riorganizzato, negli spazi, negli alle-

stimenti e nell’organizzazionedelle collezioni eprese forma la comune idea di celebrare Gali-leo, all’ombra del quale la loro amicizia era na-ta, che portò alla realizzazione della Tribuna.

Antinori appartenne anche al novero deipromotori delle Riunioni degli scienziati ita-liani, la terza delle quali fu tenuta nel settem-bre 1841proprio tra lemura dell’istituzione dalui diretta. L’evento ebbe notevoli riflessi sul-la vita delMuseo dove già nei mesi preceden-ti all’apertura del congresso si svolsero gran-di preparativi che portarono alla riorganizza-zione delle esposizioni e resero necessaria lachiusura al pubblico. Le sale e il materiale fu-rono riordinati e si procedette alla nuova ca-talogazione dei reperti. Le ripercussioni più

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importanti si ebbero tuttavia sullo sviluppodelle collezioni che da lì in poi acquisirannouna valenza a dir poco europea.

Le collezioni mineralogiche furono trasfe-rite dal salone a piano terra al secondo pianonel corridoio pocciantiano ponendo fine a quelcriterio di direzionalità disciplinare dall’altoverso il basso, seguendo un piano espositivoche andava dalla terra al cielo e che aveva ca-ratterizzato i primi anni. Anche l’ostensioneal secondo piano verrà ripensata ribaltando-ne l’ordine, e ridistribuendo i reperti in mododa occupare anche la parte superiore dell’aladi ampliamento realizzata per accogliere, alpiano sottostante, l’ErbarioWebb e l’ErbarioCentrale Italiano (fig. 6).

Si trattò di interventi complessi e laboriosi,ma che permisero di conferire alle raccolte na-turalistiche un’organizzazione al passo con lasistematica.Gli anni chevannodal 1829al 1859furono i più fecondi per l’I. R.Museo di Fisicae Storia Naturale, che vide accrescere le suecollezioni come in nessun’altra epoca della sto-riaunitariadelMuseo.Grazie ancheall’attivitàdi validi collaboratori, primo fra tutti l’ornito-logo ed entomologo Carlo Passerini, Antinoriseppe seguiregli orientamenti scientifici del suotempo e farne tesoro nello sviluppo delle colle-zioni del Museo. Così, in anni in cui stavanonascendo la zoogeografia e la fitogeografia, lecollezioni zoologiche e botaniche si arricchiro-no dovutamente di reperti provenienti da tut-te le parti del mondo, abilmente ottenuti met-tendo in atto ogni modalità di acquisizione.

Egli non incontrò difficoltà nemmeno neldare concretezza al sogno che Girolamo Bar-di, senza riuscirci, aveva inseguito per 15 an-ni: la ripresa dei corsi di lezioni presso il Mu-seo, dopo che l’insegnamento vi era rimastobandito per quasi trent’anni.

A creare le condizioni perché fossero ri-prese le lezioni furono gli esperimenti che nel1832LeopoldoNobili realizzòpresso ilMuseo

sulla luce polarizzata e sulla metallocromia, icui risultati destarono l’attenzione di molti fi-sici e la soddisfazione del granduca, compia-ciuto del prestigio che tali attività davano alsuo «stabilimento» scientifico. In questo climadi rinnovato interesse per l’attività sperimen-tale delMuseo,Antinori chiese e ottenne il per-messo di organizzare una serie di dodici lezio-ni pubbliche in cui Nobili espose ad un’ampiaplatea di uditori le più recenti acquisizioni del-la fisica e le scoperte fatte presso ilMuseo. Fuquesto il primo passo verso il motuproprio cheriportò l’insegnamentonello stabilimentogran-ducale e l’Antinori non mancò di sottolinearepubblicamente la munificenza dell’atto: « Bel-l’esempio era questo di unPrincipe che apre lapropria casa per l’istruzione dei sudditi»10. Ildecreto, oltre ad assegnare a Leopoldo Nobi-li il ruolo di professore di Fisica sperimentale,affidò la cattedra diAstronomia aGiovanBat-tista Amici, già in forza al Museo sin dal 1831come direttore dell’osservatorio astronomico;reintegrò inoltre FilippoNesti per laGeologiae laMineralogia e nominòGasperoMazzi perl’Anatomia comparata e la Zoologia.

La modalità d’impartire lezioni ricalcava ilmodello che era stato proposto dal Bardi ma,a differenza di questo, Antinori non si preoc-cupò di coprire necessariamente tutte le catte-dre previste e preferì attendere sempre la giu-sta occasione per avere idonee personalità chefossero anchedotate di capacità particolari perla gestione delle raccolte. Ne è una testimo-nianza il fatto che, nonostante la presenza inFirenze di scienziati idonei a sedere sulla cat-tedra di Botanica, occorsero quasi dieci anniperché si procedesse a una nomina, che av-venne solo quando fu individuato in FilippoParlatore l’uomo giusto per insegnare la ma-teria edirigere l’appena costituitoErbarioCen-trale Italiano. La stessa strategia venne usatadopo lamorte di FilippoNesti, quando, nono-stante i colleghi pisani Paolo Savi e Giuseppe

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Meneghini raccomandassero la chiamata delloro allievo Igino Cocchi11, Antinori manten-nevacante la cattedra fino al suo ritironel 1859.

L’ACQUISIZIONE DELLA CENTRALITÀ

L’assenso e il patrocinio concessi da Leo-poldo II perché fosse tenuta a Pisa la PrimaRiunione degli Scienziati Italiani nel 1839 e ladisponibilità a ospitare il Terzo congresso nel1841, fecero di lui una sorta di patrono dellescienze italiane e rendono d’immediata com-prensione la scelta dell’I. R. Museo di Fisicae Storia Naturale come sede per il costituen-do Erbario Centrale Italiano. A formulare laproposta fu il botanico Filippo Parlatore nel-l’adunanza del 16 settembre 1841 della Se-zione diBotanica eFisiologia vegetale del con-gresso fiorentino. In quegli anni andava fa-cendosi sempre più sentita per i botanici ita-liani la necessità di poter disporre di un erba-rio generale, sul modello di quelli presenti invarie nazioni europee, composto dai campio-ni delle piante descritte nelle flore locali dellapenisola così da facilitare il riconoscimentodelle specie stabilite dai diversi autori cheavrebbero dovuto fornire all’Erbario campio-ni originali. L’indicazione di Firenze come luo-go più adatto ove collocarlo venne motivatacon la posizione al centro dell’Italia e con lapresenza nel Museo di Storia Naturale e nel-la Biblioteca Palatina di libri e materiali digrande interesse per i botanici, ma soprattut-to dipese da «l’illuminato favore con il qualecostantemente Leopoldo II Granduca di To-scana ha protetto le Scienze Naturali».

Nel determinare la buona riuscita del pro-getto giocò un ruolo fondamentale il fatto chela direzione dell’Erbario Centrale Italiano fuda subito affidata a Filippo Parlatore (fig. 7),chiamato a Firenze dal granduca a coprire lacattedra di Botanica e fisiologia vegetale isti-tuita presso il Museo con motuproprio del 27

marzo 1842. In breve l’Erbario assunse pro-porzioni enormi grazie ai numerosissimi inviida parte dei botanici, appositamente stimolatidal Parlatore, e vi confluirono anche impor-tanti erbari storici come quello cinquecente-scodiAndreaCisalpino, precedentemente con-servato nella Biblioteca Palatina, e quello diPier Antonio Micheli, che fu appositamenteacquistato, insieme al materiale aggiuntovi daGiovanni e Ottaviano Targioni Tozzetti.

L’erbario diAndreaCisalpino, datato 1563,è uno dei più antichi del mondo e in assoluto ilprimo della storia in cui le piante sono ordina-te secondo un preciso ordine sistematico. Lastoria del suo arrivo in Museo, mostra comefosse scarsa l’attenzione dei Lorena per l’arric-chimentodelMuseo, durante la direzioneBar-di, e come invece fosseprodigoLeopoldo IInelpromuovere l’arricchimentodelle collezioniunavolta poste sotto la direzionedell’Antinori.Ac-

Fig. 7. Filippo Parlatore,busto in marmo, XIX secolo.Firenze, Museo di StoriaNaturale - Sezionedi Botanica

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quistato dal granduca Ferdinando III, appas-sionato di scienze naturali, fra il 1818 e il 1819,fudepositatonellaBibliotecaPalatina,maven-ne senza esitazione concesso alMuseo quandofu richiesto da Filippo Parlatore.

Tuttavia, la più prestigiosa acquisizione delMuseo fu quella della biblioteca botanica edell’erbario di Philip Barker Webb, ricco dioltre 200.000 exsiccata; fu grazie agli strettirapporti di amicizia personale di Parlatore conWebb che il botanico inglese lasciò il suo in-gente patrimonio scientifico al granduca diTo-scana perché lo destinasse al Museo.

Durante la Terza Riunione degli Scienzia-ti Italiani, in una tornata della Sezione di Mi-neralogia, Geologia e Geografia, fu propostodi formare nel Museo fiorentino anche unaRaccolta Geologica e Mineralogica delle va-rie parti d’Italia con le rocce che vi sarebberostate spedite dai geologi di tutta la penisola.Sebbene il modello fosse stato lo stesso pro-posto per l’ErbarioCentrale Italiano e unDe-creto del Governo della Toscana fosse statoemanato per istituire taleCollezione con ima-teriali «esistenti nel Museo di Fisica e di Sto-ria Naturale di questa città e con altri da ac-quistarsi», il progetto non ebbe successo al-cuno. Solo nel 1860, con la nomina di IginoCocchi a professore e direttore del Gabinettodi Geologia e Paleontologia, ebbe veramenteinizio la costituzione della CollezioneCentra-le Italiana di Paleontologia che fu arricchitamolto velocemente grazie a raccolte sul terri-torio e a numerosi acquisti.

Anche se di breve durata, l’esperienza del-la Collezione Centrale Italiana di Paleontolo-gia ebbe ilmerito di ribadire l’importanza del-l’esistenza di collezioni con carattere di cen-tralità, ossia di riferimento per gli studiosi ditutto il paese, che in qualche modo colmasse-ro la lacuna della mancanza di un museo na-zionale determinata dalla tardiva unificazionepolitica dell’Italia.

L’investitura, che in epoca risorgimentaleconferì al Museo fiorentino un ruolo di cen-tralità nella penisola, non rimarrà circoscrit-ta all’epoca preunitaria, ma avrà un seguitoanche negli ultimi decenni dell’Ottocento, co-me si evince dall’opera di Enrico Hillyer Gi-glioli che, nel 1875, fonderà una raccolta spe-ciale di vertebrati italiani, perché a suo giudi-zio «in ogni paese ove si ama e si coltiva laScienza, dovrebbero studiare a fondo la Fau-na locale o parte di essa, e raccogliere in unMuseo o in unaCollezione nazionale le diversespecie che vi appartengono, illustrate poi nelmodo più ampio»12. Sebbene l’utilizzo del ter-mine “nazionale” fosse a quel punto consenti-to dai tempi,Giglioli adotterà ugualmente l’ag-gettivo “centrale”, probabilmente per tradi-zione eper continuità nomenclaturale con l’Er-bario Centrale Italiano e con la CollezioneCentrale di Paleontologia. Riterrà inoltre chefosse Firenze «eminentemente la città desi-gnata per possedere la Collezione Centraledella Fauna Italica, se non altro, pel fatto chefu culla della rinascente scienza italica». Atrentacinque anni dalla Terza Riunione degliScienziati Italiani e nonostante l’effimera pa-rentesi del capoluogo toscano quale capitaled’Italia si fosse già chiusa da un lustro, Firen-ze continuerà amantenere una centralità mu-seale che era da tutti ampiamente condivisa,come dimostreranno le numerose accessionidi reperti che venivano continuamente offer-ti in dono.

L’istituzione delle collezioni italiane cen-trali a Firenze, che trovò la sua origine neglianni dei congressi degli scienziati italiani, puòessere assimilata alla nascita dei musei nazio-nali negli altri stati europei e mondiali e mo-stra come, ironia della sorte, il momento in cuil’Italia giunse più vicino ad avere un MuseoNazionale di Storia Naturale, tanto auspica-to anche nel XX secolo ma mai realizzato, siastato proprio in epoca preunitaria.

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NOTE

1 Per un’accurata e documentata storia dell’I. R.Museo di Fisica e Storia Naturale dalla fondazioneal 1805 si veda CONTARDI 2002.

2 Annali 1808, Rapporto del Professore di AnatomiaComparata Filippo Uccelli, p. 4.

3 SCHIFF 1928, p. 67.4 Sulla riforma dello Stato e dell’amministrazio-

ne toscana dopo laRestaurazione si rimanda aCHIA-VISTELLI 2006, pp. 67-74.

5 SCHIFF 1928, p. 67.6 Quella di Girolamo Bardi per la promozione

dell’insegnamento tecnico superiore fu una sorta divocazione, tanto che, non avendo discendenti diret-ti, destinò l’intera sua eredità, le sue collezioni e la

sua biblioteca alla fondazione di un istituto per l’in-segnamento popolare degli artigiani che prese il no-me di Pio Istituto de’ Bardi.

7BARBAGLI 2009b.8 Vittorio Fossombroni nutriva grande stima di

Raddi, che godeva di una notevole reputazione co-me botanico in Italia e all’estero. Entrambi eranoascritti alla prestigiosa Accademia nazionale dettadei XL.

9 Il governo di famiglia 1987, p. 29.10 ANTINORI 1868, p. 230.11 Si vedano a tal proposito i carteggi di P. Savi,

G.Meneghini e I. Cocchi, rispettivamente in Biblio-teca Universitaria (Pisa), Fondazione Capellini (LaSpezia) e Collezione privata dell’autore (Arezzo).

12 GIGLIOLI 1880, p. 4.

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Fig. 1. Giuseppe Del Rosso,Progetto di adattamentodel Monastero di S. Caterinaa Conservatorio di Arti e Mestieri,Tav. I, Facciata corrispondentenella via larga e PiazzaS. Marco, 1813. Firenze,Museo Storico Topografico“Firenze Com’Era”

IL CONSERVATORIO D’ARTI E MESTIERI

«Gettarono i francesi, quando vennero dapadroni in Toscana, le fondamenta di unConservatorio d’arti emestieri, e tentaronodi renderlo caro ai fiorentini mostrando lo-ro i beni ritratti in Francia da istituzioniconsimili;ma rovesciato nuovamente loSta-to, il governo che riprese l’antico posto, nonseppe, o non volle, far conto di quel prov-vedimento soavissimo»1.

In effetti, fu durante il governo francese,nel 1809, che Fauchet, Prefetto del Diparti-mento dell’Arno, stabilì che dovesse sorgerea Firenze un Conservatorio d’Arti e Mestierinel quale dovessero essere riunite macchine,modelli di macchine, strumenti di meccanicae quant’altro dovesse servire per l’uso delle di-verse fabbriche e manifatture. A dirigere lanuova istituzione fu chiamato Giovanni Fab-broni, già vicedirettore del Museo di Fisica eStoria Naturale di Firenze, e al Conservato-rio furono subito assegnati due insegnamen-ti: uno di meccanica e l’altro di chimica. AlConservatorio si affidò anche la realizzazioneannuale di «un’esposizione dei prodotti del-l’Industria del Dipartimento dell’Arno».

Fu altresì convenuto che il Conservatoriofosse associato all’Accademia delle Belle Artie posto sotto la soprintendenza del presiden-te dell’Accademia stessa2 (fig. 1).

Questa risoluta determinazione di Fauchete della Municipalità di Firenze provocò nonpochi timori e molte resistenze da parte del-

l’Accademia: già in precedenza si erano ten-tate iniziative per una più diretta partecipa-zione delmondodegli artigiani all’interno del-l’Accademia, ma con nessun successo3. Inol-tre il riferimento al Conservatoire des Arts etMétiers, aperto a Parigi nel 1794, stava a di-mostrare un concreto programma di idee e diprogetto che mal si coniugava con l’orienta-mento prevalente nell’Accademia.

Bisogna aggiungere inoltre chemolto con-tribuì la decisione che «tutte lemacchine,mo-delli e istrumenti relativi alle Arti eMestieri ealle Manifatture che esistono nelle sale del-l’Accademia, e quelli che saranno ritrovati inaltri Depositi appartenenti alla Comunità diFirenze, saranno riuniti al Conservatorio» esoprattutto la preoccupazione che l’inseri-mento, a parità d’importanza, di una specifi-ca branca per l’insegnamento legato aimestieried al concreto svolgersi del processo produt-tivo accanto alle “Belle Arti” finisse con de-terminare un capovolgimento negativo, un im-poverimento e forse la fine di un’epoca4.

Comunque, nel 1811 il Conservatorio vie-ne alloggiato nei locali dell’ex convento di San-ta Caterina in piazza San Marco e solenne-mente inaugurato alla presenza del prefettoFauchet, del Maire e di tutto il corpo accade-mico5 (fig. 2).

In questa occasione il Conservatorio vienenuovamente ordinato con un nuovo diretto-re, Luigi Rosselli Del Turco, e vengono no-minati i due professori: FrancescoFocacci perla meccanica e Antonio Targioni Tozzetti

Le Scuole d’Arti e Mestieri:dal Conservatorio all’Istituto Tecnico Toscano (1809-1859)*

Guido Gori

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(fig. 3) per la chimica, inoltre vengono ag-giunti con funzione di esperti «Quattro Pro-fessori Consultori scelti fra i matematici, e ichimici più rinomati della città» e viene defi-nita la figura di «Soci delConservatorio»: que-sti saranno scelti «fra gli artigiani i più distin-ti per la loro abilità, e per la loro morale», nondovranno superare il numero di 30, tre perognimestiere. Vengono regolamentate le adu-nanze generali annuali e le adunanze partico-lari soprattutto quelle «quando degli Artigia-ni, dopo aver conseguito un corso di Chimi-ca, e diMeccanica desiderassero per farsi Ca-pi di una Lavorazione, o Fabbrica qualunqueottenere, previo il necessario esame, un certi-ficato di Capacità». Nelle adunanze generalisono distribuiti i premi agli inventori di mac-chine rivolte a perfezionare le manifatture(medaglie d’oro) e a chi avrà introdotto mi-glioramenti nelle macchine già esistenti (me-daglie d’argento) e in queste occasioni vienepermesso agli artigiani di presentare nel salo-ne del Conservatorio le manifatture ritenute

confacenti da una specifica commissione no-minata dal direttore6.

Con i «Nuovi Statuti» s’introduce una pri-ma distinzione tra l’insegnamento vero e pro-prio, quello dei professori di Meccanica e diChimica, e l’attività più propriamente speri-mentale e di divulgazione rivolta ai Soci delConservatorio con la direzione e la consulen-za, appunto, dei «Professori Consultori».

Finalmente nel 1813 l’Accademia vienedefinitivamente ordinata e così anche il Con-servatorio d’Arti e Mestieri. Infatti il corpoaccademico viene diviso in tre classi: la pri-ma è quella del disegno, la seconda per lamu-sica e la declamazione, infine la terza per learti meccaniche. Inoltre anche le scuole ven-gono ripartite in tre classi: la prima è sempreper le arti del disegno, la seconda per la mu-sica e la declamazione, la terza per le arti e imestieri7. Da questo momento la denomina-

Fig. 2. Biglietto d’invito allaFunzione Municipale perl’installazione delConservatorio d’Artie Mestieri, 4 luglio 1811.Firenze, Archiviodell’Accademia di Belle Arti

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Fig. 3. Francesco Boggi,Antonio Targioni Tozzetti, 1839.Arezzo, Collezione privata

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zione Conservatorio viene sostituita da quel-la di «Terza Classe dell’Accademia delle Bel-le Arti».

Con gli statuti del 1813 viene anche com-piutamente descritto l’insegnamento dellescuole della terza classe divisa in due sezioni:

«Scuola di Meccanica.1. la scuola dimeccanica è fornita delleOpe-re, e dei Trattati opportuni all’istruzione, edil Professore si avvale dei Modelli di Mac-chine esistenti nel Deposito per le dimo-strazioni pratiche.2. Vi si insegnano minutamente le leggi delmoto uniforme in generale, non menochéquelle del moto composto, e le loro appli-cazioni; vi si parla dei momenti, e dei loroeffetti, dei centri di gravità, e le loro pro-prietà, e applicazioni; delle Proprietà del-l’acqua, e dell’aria, e loro usi; dell’Equili-brio dellemacchine semplici, e composte, eloro applicazioni; delle percosse dei corpiduri, ed elastici, dei Pendoli, e loro usi; del-le Resistenze dei solidi, e di varie applica-zioni alle Arti e ai Mestieri.3. LaScuola sta aperta nellemattine diMar-tedì, e Sabato dalle ore 11 alle ore una po-meridiana.Scuola di Chimica.1. LaScuola diChimica è fornita di tutto ciòche si richiede per l’esecuzione delle ope-razioni necessarie all’istruzione pratica.2. Vi si dà un corso Teorico pratico di que-sta Scienza, nel quale si fanno conoscere lemoderne Teorie, vi si fa l’applicazione deiPrincipj Teorici alla Pratica delle diversiArti, e vi si tratta diffusamente di quellema-nifatture che hannomaggior estensione nelloro esercizio, e che sono più complicate.Ondemaggiormente dilucidare le Teorie, erenderne intelligibile l’applicazione vi si fan-no tutte quelle esperienze, di cui è suscetti-bile un Laboratorio Chimico. Finalmentevi si dà un ragguaglio dei migliori metodiusati per l’esercizio delle Arti, e vi si parladei miglioramenti, che questi metodi han-no ottenuti, o possono ottenere presso dinoi, mediante il soccorso della scienza.

3. La scuola sta aperta nellemattine diMar-tedì, e Venerdì dalle ore 11 alle ore una po-meridiana»8.

Anche dopo la dipartita dei francesi l’ordi-namento resta lo stesso e l’attività proseguepiù nell’insegnamento che nello sviluppo delConservatoriomantenendo tuttavia l’approc-cio originario, anche se conminor intensità.Neè testimone lo stesso Antonio Targioni Toz-zetti nel suo Rapporto delle adunanze tenute dallaTerza Classe dell’Accademia di Belle Arti e dei per-fezionamenti dellemanifatture inToscana9 (fig. 4).

Il Targioni viene chiamato, nel 1817, dal-l’Accademia dei Georgofili per presentare unbreve sunto dei lavori svolti, la relazione vie-ne pubblicata negli atti e successivamente rie-laborata per servire da inaugurazione delle le-zioni della Terza Classe dell’Accademia10.

Nel Rapporto, oltre a testimoniare gratitu-dine alla Regina reggente per l’impegno delsuo governo volto ad incrementare il «copio-so corredodimodelli dimacchine relativi ai va-ri mestieri», svolge anche un attento ragiona-mento intorno al metodo innovativo che sivuole introdurre e riflette:

«Tenendo dietro alla storia dei progressidelle Scienze, ma particolarmente della Fi-sica, della Storia naturale, ed in specie poidella Chimica, vedremo da non molti anniin qua, introdotto un sistema di studio bendiverso da quello di prima, e maggiormen-te diretto all’utilità delle arti diverse, allequali è appoggiato il comodo del viver no-stro; vedremo un numero ben grande divantaggiose scoperte, nate nondal caso,maprodotte dalle giuste conseguenze del ra-ziocinio e dell’esperienza ben diretta; e tro-veremo in fine non esservi quasi alcuna in-venzione, o studio scientifico, che non siastato adattato immediatamente al bene, eall’incremento delleArti, né verunArte chenon abbia basati i suoi principj sulle teoriedella Scienza»11.

Fig. 4. Frontespiziodel Rapporto delle adunanzetenute dalla Terza Classedell’Accademia di Belle Artie dei perfezionamentidelle manifatture in Toscana,1818

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Continua invitando ad osservare come

«la perfezione attuale delle arti, la qualeveramente onora lo spirito umano, ed ilfondamento principale su cui esse riposa-no, consiste nell’applicazione dei principjscientifici alla pratica esecuzione, e chesenza l’ajuto di questi non vi può essere ar-te bene esercitata»12.

Ed infine il necessario riferimento al Con-servatorio:

«non è forse questo luogo medesimo testi-mone del vostro zelo per l’incremento del-le arti che respettivamente professate? Lafrequenza a questemensuali adunanze noncomprova ella il desiderio che nutrite di ac-quistare quelle cognizioni che possono in-fluire al bene delle vostremanifatture?Nonsiete voi quegli stessi che reciprocamentevi comunicaste i miglioramenti da voi fattialle manifatture…»13.

Nel Rapporto il Tozzetti bene afferra ancheil ruolo dell’insegnamento all’interno del nuo-vometodo che si vuol diffondere ed infatti tie-ne a precisare:

«In questo luogo adunque ove […] voi viadunaste, molti oggetti sono stati presenta-ti alla vostra osservazione, e vi sono statiesposti varj metodi nuovi, trovati in esteripaesi, ed adattabili alle tante specie di ma-nifatture da voi eseguite, affinchépoteste ri-durli al caso vostro più convenevoli, modi-ficandoli, o perfezionandoli a seconda delbisogno. Ed or non occorre che io vi ram-menti lemacchine ed i tanti loromodelli, quiraccolti, e tutti diretti all’utile di una qual-chemanifattura […]Aquesti aggiungerpo-trei molte macchine che il mio collega Sig.Focacci Professore diMeccanica ha inven-tate ed a voi dimostrate. […] sono tutti ar-gomenti che vi hanno provato l’abilità delmio collega nella Meccanica. […] ed altrisuoi utili lavori, fanno bastante testimo-nianza di quanta perizia egli sia nella diffi-cile scienza dell’Idraulica […] e per quan-to lamia capacità lo ha permesso, nonho la-sciato di farvi conoscere alcuni metodi ri-trovati in vari paesi, emolti dei quali […] sa-rebbe desiderabile che si introducessero esi adottassero ancora tra noi, come di alcu-ni è stato fatto. [… questi nuovi procedi-menti nelle varie arti] furonodamepresceltionde poteste profittare degli insegnamentiche inqueimetodi si davano, e perchévi ser-vissero di incitamento ad intraprendere an-corvoi nuove esperienze, utili all’incrementodei vostri traffici, al decoro del paese, e al-l’interesse vostro»14 (fig. 5).

Queste considerazioni illustrano ilmetodoseguito, lo sforzo compiuto: nel Rapporto ven-gono prima presentate le macchine ideate daFrancesco Focacci e i metodi introdotti in To-scana da Targioni Tozzetti, quindi si procedealla disamina delle invenzioni presentate daisoci scienziati, fabbricanti e pratici esposte conrigore e puntigliosità a difesa più che del va-

Fig. 5. Verricello con vitesenza fine del Conservatoriod’Arti e Mestieri, prima metàXIX secolo. Firenze,Fondazione Scienza e Tecnica

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lore, non sempre adeguato alla bisogna, delladimostrazione concreta del metodo seguito.

Ma con il tempo cambia lo scopo origina-rio delConservatorio voluto dai francesi,man-cano i mezzi e le volontà dei governi per pro-seguire nell’obiettivo di concretamente svi-luppare le arti e le industrie, non vengono ac-quistate nuove macchine, quelle prodotte so-nomodeste, le sale del Conservatorio diventa-no sempre più un deposito e si preferisce tor-nare all’antico; ed infatti nel 1832 si formaliz-za questo percorso ed ilConservatorio assumeil nome e la funzione di un’accademia15.

Per l’intanto, nel 1839, riscoprendo l’anti-ca funzione che i francesi già avevano asse-gnato al Conservatorio d’Arti e Mestieri, vie-ne affidata alla Terza Classe la realizzazionedelle Pubbliche Esposizioni dei Prodotti diArti e Manifatture volute da Leopoldo II concadenza triennale proprio in coincidenza conle primeRiunioni degli scienziati italiani di Pi-sa nel 1839 e di Firenze nel 1841, sostenutedallo stesso Leopoldo16 (fig. 6).

Le esposizioni vengono realizzate anchecon il concorso della Camera di commercio eavranno un iniziale successo, soprattutto laseconda che viene anticipata al 1841 in occa-sione della Riunione degli scienziati italiani aFirenze, e nella quale gli espositori passanoda 77 del 1839 a 126 del 1841; ma già all’e-sposizione del 1844 la partecipazione dimi-nuisce ed è inferiore alle aspettative (solo 85saranno gli espositori). La stessa commissio-ne che redige il rapporto è costretta ad am-mettere che «Moltissime infatti ed innumere-voli sono le fabbriche e gli stabilimenti, chesono mancati, per così dire, a questa genera-le rassegna»17; lo stesso accade per l’esposi-zione del 1847 ed infatti «sebbene da molteparti del nostro territorio sieno corsi al con-vegno dei fabbricanti, e dei capi d’arte e d’in-dustria coi loro prodotti, pure siamo ben lon-

tani dal poter dire esser questi i più, essendoveramente mancati molti degli accreditatissi-mi, i quali avrebbero certamente con gli altriarricchito e ripieno le sale a tale Esposizionedestinate»18.

Insomma le esposizioni non sortono l’ef-fetto voluto19 e intanto, sull’esempio delle espo-sizioni parigine, si decide di allungare il tem-po tra una esposizione e l’altra dai tre ai cin-que anni; contemporaneamente tutto il dise-gno dell’istruzione tecnica e professionale fi-nalizzato allo sviluppo delle industrie in To-scana viene organicamente affrontato dentrounpiù ampio progetto di riorganizzazione del-le Scuole Pubbliche20.

Occorre però aspettare il ritorno dei Lo-rena dopo i fatti del 1848, ed infatti, con duedecreti dello stesso giorno, nel 1850 Leopol-

Fig 6. Frontespizio delRapporto della PubblicaEsposizione dei Prodotti di Artie Manifatture Toscane. Nellostesso volume sono legatianche i rapporti delleesposizioni del 1841,del 1844 e del 1847

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do II stabilisce che le Scuole Tecniche delleArti eManifatture (fig. 7) conservate sotto ladipendenza dell’Accademia delle Belle Arti eformanti la Terza Classe dell’Accademia stes-sa, siano distaccate da tutti i rapporti con l’Ac-cademia e nomina direttore delle scuole il pro-fessor Filippo Corridi21, con lo scopo di ap-portare alle scuole

«quello svolgimento progressivo e quei mi-glioramenti che così importante istituzionepuò esigere, onde venga in armonia collosviluppo ognora crescente dell’industriamanifatturiera, e […] affidando la direzio-ne delle Scuole medesime a persona cheprofessando con lustro le Scienze Fisico-Matematiche possa con zelo consacrarsi al-la istruzione delle classi industriali»22.

Corridi interpreta il disegno riformatore acominciare dal nome e, nonostante che nei duedecreti nulla fosse modificato rispetto alle de-nominazioni usuali di Scuole Tecniche, d’orain avanti per sua volontà queste scuole saran-no parte di un disegno molto più complessoche viene subito chiamato Istituto Tecnico23.

LE SCUOLE TECNICHE D’ARTI E MESTIERI

Filippo Corridi, titolare della cattedra dicalcolo differenziale nell’Università di Pisa,organizzatore e segretario della Prima Riu-nione degli scienziati italiani a Pisa nel 1839,fu chiamato da Leopoldo a Firenze nel 1843,per dedicarsi all’istruzione del suo primoge-nito, e subito dopo venne nominato dalla So-cietà per gli Asili infantili di Firenze suo so-printendente.

Il ruolo di questa società e di Corridi è fon-damentale per i destini della formazione tec-nica, infatti in questa sua nuova funzione di so-printendente intende istituire una scuola tec-nica per le Arti e Mestieri, ma poiché la So-

cietà non dispone di sufficienti risorse eccoche promuove una sottoscrizione tra le fami-glie abbienti fiorentine non solo nobili, ma an-che dedite all’industria e al commercio24 e for-ma un’apposita Società per una scuola tecni-ca destinata agli artigiani da realizzarsi nell’exconvento di Candeli (fig. 8).

Con l’autorizzazione del governo, il contri-butodei sostenitori e delComune, vengono co-struite sette specifiche «bottegheper avviare aimestieri i giovanetti accolti nella sua scuola»;così nell’Archivio Storico del Comune di Fi-renze appare una prima sintetica descrizionedelle Scuole di Candeli nell’anno 1849:

«Corridi – direttore delle Scuole infantili;Cellai Giuseppe – mastro legnaiolo di bot-tega nello stabilimento di Candeli; Rannel-li – mastro calzolaio di bottega nello stabi-limento di Candeli; Sani Luigi – mastro in-tagliatore di bottega nello stabilimento diCandeli; BurchiVincenzio –mastro sarto di

Fig. 7. Francesco Boggi,Filippo Corridi, 1839. Arezzo,Collezione privata

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Fig. 8. Nota dei sottoscrittorie delle somme da essi versatea sostegno della Scuoladi Candeli

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bottega nello stabilimento di Candeli; Ba-gnoli Vincenzo –mastro tappezziere;Mog-gi Raimondo – mastro seggiolaio di botte-ga nello stabilimento di Candeli»25.

Corridi ricorda con amore l’esperienza del-la Scuola di Candeli26, ne descrive gli inse-gnamenti e il metodo adottato:

«La Scuola di Candeli si apriva alle ore 8della mattina, e si chiudeva alle 2 in tutti itempi dell’anno.Così dava agio a’ giovinettidi frequentare in pari tempo le botteghe peravviarsi a’ mestieri. Potevano essi recarsialla bottega quando gli uomini si metteva-no al lavoro, desinare dalle 2 alle 3, ed aquell’ora tornare a bottega fino al cessaredel lavoro […]La scuola accoglieva chi sa-peva legger corrente. Si preferivano agli al-tri i ragazzi che per la cresciuta età eranolicenziati dagli asili infantili […] Nelle oredi scuola gli alunni leggevano, scrivevano,si ammaestravano all’abbaco, nel disegnolineare a mano e geometrico, e nel disegnod’ornato»27;

infine illustra gli scopi raggiunti e presenta unpuntiglioso e puntuale rendiconto delle spesesostenute (fig. 9).

Il disegno che sta dietro questo progettoviene illustrato da Corridi all’Accademia deiGeorgofili28, dove apre il suo intervento subi-to polemizzando con coloro i quali «diconodo-versi il popolo educare e non istruire», una di-stinzione questa tenuta in debita considera-zione da ampie fasce del gruppomoderato, edinsiste il Corridi:

«Dicono l’istruzione e il soverchio svilup-po dell’intelligenza poter divenire maggiorscaltrezza nel vizio, e fomentare, anzichédistruggere, quelle corruttele cui suolesventuratamente propendere.Dicono il po-vero essere tanto più abile a fare ilmale nel-lo scopo di migliorare la sua sorte, quantopiù si sa, quanto più è culto e civile. Dico-

no infine l’uomo del popolo ingentilito peristruzione esser meno ossequioso ai mag-giori, meno reverente all’autorità»29.

Infine critica aspramente la formazione deigiovani svolta nelle botteghe private:

«Corrotti da ogni male esempio; incorag-giati da ogni abuso a dispregiare le virtù;esposti a trattamenti degradanti di paroleingiuriose; talora battuti…»30.

Insomma il Corridi, tra le molte osserva-zioni intorno all’istruzione teorico-pratica deigiovani fanciulli, insiste sulla necessità di rea-lizzare luoghi appositi «convenienti all’eserci-zio più prosperevole del loro mestiere»: sonoqueste le botteghe di Candeli.

Quest’attenzione a chiedere quasi il confor-to dei Georgofili sarà un tratto costante dell’i-niziativa delCorridi in tutto il periodo che saràattivo in Toscana.

Fig. 9. Nota delle entrate e dellespese fatte per la Scuola diCandeli e per le officine annesse

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Nel 1850 la Società che ha promosso e ge-stito la Scuola di Candeli si scioglie31 e la sor-veglianzadellaScuolavieneaffidata aldirettoredel nascente Istituto Tecnico, che naturalmen-tevolentieri si impegnaad integrarlanelle scuo-le enelle attivitàdelnuovoIstituto.Sipuò,quin-di, pensare che i decreti del 1850 stiano in unaqualche relazione con l’attività di formazionedegli artigiani promossa dal Corridi e sostenu-ta sia da un sempre più consistente gruppo so-ciale ed economico e anche dalla esplicita ac-cettazione del mondo dell’accademia; questavolta il riferimento sono i Georgofili.

QuandoFilippoCorridi si ponea riorganiz-zare leScuoleTecnichedelConservatoriod’Ar-ti eMestieri il suo giudizio non è tra i migliori:

«Frattanto del Conservatorio fondato daifrancesi rimasero due scuole; di chimica l’u-na con pochi fornimenti di laboratorio, l’al-tra di meccanica con pochi modelli di mac-chine, che per le mancate cure di buono econtinuo custodimento, vennero quasi af-fatto distrutti. Quest’osso venuto nelle miemani sul cominciare dell’anno mille otto-cento cinquanta, potei nullameno rivestiredi carne; e finché le prevenzioni non preoc-cuparono gli animi de’miei concittadini, l’o-pera mia esultatasi e lodatasi con parole daavanzare d’assai il suo merito»32.

Il suo obiettivo principale è quello di ordi-nare la nuova istituzione intorno al rilancio delConservatorio fornendolo di macchine e stru-menti adeguati alle nuove esigenze, soprattut-to in relazione alle consimili istituzioni euro-pee: il Corridi ha in mente da un lato il Conser-vatoire di Parigi e, per l’insegnamento, la scuo-la di Lione detta LaMartinière. Il Corridi ebbemodo di visitare questi istituti e rimase in con-tatto per molti anni con il generale Morin, di-rettore delConservatoire d’Arts etMétiers di Pari-gi, e conChamberet direttore dellaMartinièredi Lione33: già nella Scuola di Candeli avevapredisposto «una scuola ordinata alla maniera

della Martinière»34 costruita sui disegni che siera fatto inviare da Lione.

La necessità di un rinnovato ruolo da at-tribuire al Conservatorio fu colta con tempe-stività e con intelligente opportunità da Cor-ridi: le esposizioni dei prodotti naturali e in-dustriali potevano favorire la costituzione diunnuovodeposito ragionato e la notizia di unaprima grande esposizione internazionale datenersi a Londra nel 1851 fu la leva che favorìquesto disegno.

LE ESPOSIZIONI

Chiamato dal governo ad occuparsi dellaquestione, il Corridi, memore delle non feliciesperienze delle precedenti esposizioni tosca-ne, pensa bene di coinvolgere in questa im-presa l’Accademia dei Georgofili ed invita ilgoverno a richiedere il suo autorevole contri-buto: è così che viene costituita una specificacommissione composta, oltre che da Corridi,daCosimoRidolfi, presidente dell’Accademiastessa, da Ubaldino Peruzzi socio dell’Acca-demia e gonfaloniere (sindaco) di Firenze. Lacommissione propone al governo di effettua-re una prima esposizione toscana da serviread una scelta ragionata dei prodotti da invia-re a Londra, e così sarà; la responsabilità diorganizzare l’esposizione toscana viene affi-data al direttore dell’Istituto Tecnico35.

L’esposizione, che si tiene nel novembre del1850 nel Palazzo della Crocetta, ottiene ungrande successo, sia per il numero degli espo-sitori che per la qualità e la quantità dei pro-dotti presentati36 (fig. 10), ed è in questo cli-ma operoso che prende corpo l’idea di realiz-zare un’esposizione permanente delle produ-zione toscane. Corridi, nei Ricordi, riporta let-tere interessanti a questo proposito: quella afirma di Francesco de Larderel e Luigi Serri-stori, che, riferendosi al successo della espo-

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sizione appena conclusa, richiamano specifi-camente la necessità «della fondazione diMu-seo tecnologico» aperto al pubblico che «con-tribuirebbe efficacemente allo sviluppo dellenostre produzioni, offrendo agli artigiani nuo-vi modelli di macchine e di strumenti, cam-pioni di nuovi e migliori prodotti»; la letteratermina con l’offerta dei firmatari di pagare ilcanone di affitto del palazzoPanciatichi in viaLarga «che per piùmotivi reputerebbero con-venientissimo all’uopo»37.

Insomma il Corridi trova altri sostenitori alsuo progetto che, se già accolto dall’iniziativaprivata, tarda ancora qualche anno a manife-starsi da parte del governo; il Corridi se neduole ma non si dà per vinto: viene nominatocommissario della Toscana per l’esposizionedi Londra del 1851 e si dedica con successo aquesta impresa, subito dopo mette mano alriordinodelle collezioni, quelle storiche e quel-

le nuove che ha acquistato o ricevuto per do-nazione a Londra; chiede e ottiene un nuovoedificio – quello delle ex Cavalieresse diMal-ta38 in via San Gallo – e nel 1853, già ordina-to il «Museo tecnologico» nelle nuove sale,pensa all’insegnamento: con un nuovo decre-to, all’Istituto Tecnico vengono assegnate seicattedre, quelle diGeometria descrittiva eDi-segno tecnologico, di Fisica tecnologica eTec-nologia speciale delle Arti fisiche, di Mecca-nica sperimentale e Tecnologia speciale delleArti meccaniche, di Storia naturale applicataalle Arti, di Chimica applicata alle Arti e infi-ne quella Metallurgia39.

Anche gli anni 1854 e 1855 vengono dedi-cati alle esposizioni, prima quella toscana del1854 che viene effettuata nei nuovi locali del-l’Istituto Tecnico in via SanGallo40 e successi-vamente quella internazionale di Parigi del1855: anche in questa occasione i successi ot-tenuti sono rilevanti e numerosi sarannogli ac-quisti e le donazioni che andranno ad arric-chire le collezioni del “Museo tecnologico”41.Anche in questa occasione ilCorridi confermala sua attenzione per iGeorgofili: infatti riesceadottenere alcuni considerevoli successi, il pri-modei quali è il conferimentodellaLégiond’hon-neur perBettinoRicasoli, lamedaglia di primaclasse per l’Accademia dei Georgofili ed infi-ne medaglia di prima classe a Cosimo Ridolfie Raffaello Lambruschini per l’ideazione e lacreazione di un nuovo aratro42.

L’ISTITUTO TECNICO TOSCANO

Terminato l’impegno per le esposizioni, Fi-lippo Corridi riprende a riordinare il nascen-te istituto. Già nel 1854 era uscito un Regola-mento per laDirezione dell’I. eR. IstitutoTecnicoTo-scano, dove, tra le altre cose, si stabiliva che ildirettore dell’Istituto fosse di diritto il presi-dente dell’Accademia di Arti e Manifatture43

Fig. 10. Frontespizio delRapporto generale della PubblicaEsposizione dei prodotti Naturalie Industriali della Toscana

Le Scuole d’Ar ti e Mestieri: dal Conservatorio all’Istituto Tecnico Toscano (1809-1859) 127

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e che avesse la consegna del «Museo tecnolo-gico»44 e dei Gabinetti dell’Istituto. Nel 1856vengono assegnati gli insegnanti alle sei cat-tedre già stabilite nel decreto del 1853 e sono:per la geometria descrittiva Niccolò Berretti,per la fisica GilbertoGovi, per la chimica An-dreaCozzi45, per lameccanicaGirolamoBuo-nazia, per la storia naturale Adolfo TargioniTozzetti. Non viene invece nominato l’inse-gnante per la metallurgia46.

Finalmente, il 26 febbraio del 1857 l’IstitutoTecnico Toscano viene aperto all’insegna-mento conuna solenne inaugurazione alla pre-senza del granduca Leopoldo II, delle massi-me autorità cittadine e del mondo delle acca-demie47 (fig. 11).

È questa l’occasione ideale per pronuncia-re quelle solenni parole che si addicono in que-ste circostanze, ma che sono realmente il fon-damento di un progetto da tempo intrapresoed anche espressione di una rinnovata fiducianei confronti della nascente istituzione:

«Ma le scienze non si arrestano a’ principiispeculativi; ché anzi soccorrono in tutti i bi-sogni, in tutte le agiatezze della vita. Man-cava per tanto una Scuola dove si studias-sero, si svolgessero nei loro diversi aspetticodeste applicazioni; ed a ciò appunto è de-stinata la novella istituzione che piacque al-la sapienza dell’Augusto Sovrano di fonda-

re, e che io son lieto di essere stato prescel-to a dirigere dalla bontà di Lui.Questa Isti-tuzione non promette al paese di accresce-re il lustro del suo nome col promuovere al-te speculazioni e tali da dilatare i confinidella Filosofia naturale, […] non di accre-scere lo splendore che l’antico affetto per legentili discipline gli procacciò: gli permet-te di giovare per modesti insegnamenti al-l’incrementodelleArti che al comodo e agia-to vivere sono oggimai necessarie, e all’in-cremento pur dell’Industrie che sono tantaparte della pubblica prosperità. Le scuoletecniche volte adunque ad istruire chi vuo-le valersi delle scienze per adattarle alle oc-correnze della civil società, e che deve gio-varsi di esse a rendere più agevole e più si-curo l’esercizio delle Arti che sorgono dal-le scienze medesime quasi rami d’un tron-co da cui sono sostenute e nutrite, volte adeducare l’intelligenza che deve dirigere e adammaestrare lamano che deve operare, tor-neranno profittevoli a coloro che si sento-no vogliosi d’una istruzione scientifica ac-comodata ai bisogni della pratica, ai diret-tori degli opifici i quali non possono non te-ner vivi nella loro mente gl’insegnamentidella scienza, ed a quelli scienziati […] nonpossono pretermettere quanto bisogna sa-pere per discendere dalle discipline specu-lative alla pratica.E qui non dovrebbero di frequentarle queiche si dannopernecessitàopergenioal com-mercio e alle private o pubbliche ammini-strazioni, e coloro infine cui la fortuna fu lar-ga dei suoi favori e che a non disperdere iltempo in ozi inutili amano di armarsi di pro-fittevoli cognizioni, col nobile divisamentodi contribuire alla prosperità del paese pro-movendo le industrie che sono sorgente dipubblico benessere e di ricchezza»48.

Con queste lucide parole Corridi si richia-ma all’antica tradizione teorico-sperimentalecaratteristica della scienza in Toscana (Leo-nardo,Galileo, l’Accademia del Cimento);maanche ai ragionamenti che Adolfo TargioniTozzetti aveva sviluppato in occasione dei suoirapporti ed infine alla necessità di formare una

Fig. 11. Targa posta nell’atriodell’Istituto Tecnico Statale“G. Salvemini”, erededell’Istituto Tecnico Toscano,a ricordo dell’inaugurazionedegli studi e a gloriadi Leopoldo II

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classe dirigente in grado di dare un nuovo svi-luppo alle industrie e alle manifatture.

Nel “Regolamento organico”49 l’Istitutoviene definitivamente ordinato in:

a) Scuole Tecniche;b) Accademia di Arti e Manifatture;c) Museo Tecnologico;d) Officina di Meccanica;e) Biblioteca;f) Pubbliche Esposizioni dei Prodotti Na-

turali e Industriali della Toscana.Con questo nuovo e definitivo ordinamen-

to vengono come a convergere le precedentiesperienze che formano la base del nuovo isti-tuto e queste sono le istituzioni che abbiamosopra ricordato: il Conservatorio d’Arti eMe-stieri, laTerzaClasse dell’AccademiadelleBel-le Arti, le Scuole Tecniche di Arti e Mestieri(il riferimento è alla Scuola Tecnica di Can-deli) ed infine le Esposizioni.

Le Scuole Tecniche sono distinte in due se-zioni, una di Tecnologia Fisico-Meccanica el’altradiTecnologiaFisico-Chimica, conunan-nopreparatorio comuneedueanni speciali perciascuna sezione. Agli insegnamenti previstiper i due corsi ne vengono aggiunti altri (fisi-ca, materiamedica e botanica, chimica) per glialunni del Liceo, e statica degli edifizi e topo-grafia per gli alunni dell’Accademia che si de-stinano alla professione di ingegnere. Nel fini-re dell’anno viene aggiunta una nuova sezionedenominata «geometra-agrimensore»50.

Le lezioni in realtà inizieranno il 16 no-vembre con il discorso inaugurale del profes-sore di Fisica Gilberto Govi51 e anche in que-sta occasione il «Monitore Toscano» riportapuntualmente l’avviso con l’orario definitivodelle lezioni52 (fig. 12).

IlMuseoTecnologico raccoglie «levarie col-lezioni di oggetti che possono tornare vantag-giose alla istruzione tecnica degli alunni dell’I-stituto dei manifattori, dei commercianti, e di

chiunque ami conoscere le utili applicazioni al-le scienze»53: con questo esplicito obiettivo siprosegueedamplifica il ruoloassegnatoalCon-servatorio d’Arti eMestieri; inoltre, accanto alMuseoTecnologico, sono già attrezzati il «Ga-binetto fisico», quello di «modelli e disegni», il«Gabinetto di meccanica» e «l’Officina» conannessi i laboratori di chimica e fisica e relati-vi anfiteatri destinati all’insegnamento. Il Mu-seo Tecnologico viene aperto al pubblico nellemattine della domenica (figg. 13-14-15).

Se esaminiamo la qualità e la quantità del-la raccolta, così come descritta nell’Annuariodel 1857 e nellaRelazione spettante alle varieCol-lezioni scientifiche e tecniche ritrovate al R. IstitutoTecnico di Firenze, compilata dai Commissari diGoverno nel 186054, si può convenire che sia-mo di fronte ad un’operazione mai realizzatain Toscana ed in quegli anni la prima in Italia.

L’Istituto è pronto a svolgere il suo impor-tante ruolo nella formazione scientifica e tec-nologica e non mancano rinnovati apprezza-

Fig. 12. Frontespiziodell’Annuario dell’I. e R. IstitutoTecnico Toscano e dell’I. e R.Accademia Toscana di Artie Manifatture

Le Scuole d’Ar ti e Mestieri: dal Conservatorio all’Istituto Tecnico Toscano (1809-1859) 129

Fig. 13. Macchinaelettrostatica, primo quartoXIX secolo. Firenze,Fondazione Scienza e Tecnica

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menti per la sue molteplici attività. Anche larisorta Accademia Toscana di Arti eManifat-ture riprende iniziativa, partecipa alle esposi-zioni e sviluppa il suo interesse intorno allemacchine e alle lavorazioni con il confrontovirtuoso, alle volte anche aspro, tra scienziatiproduttori, vengono pubblicati gli atti e si as-siste ad una sempre più larga partecipazionealle attività55.

L’insegnamento, soprattutto quello seraledi Gilbero Govi (fig. 16), sembra essere unappuntamento a cui volentieri partecipanosempre più numerosi non solo studenti, maanche scienziati, artigiani, fabbricanti e in ge-nere chi è interessato, e tutto questo contri-buisce non poco al successo dell’Istituto56.

L’Officina di meccanica, erede dell’espe-rienza svolta nella Scuola tecnica di Candeli,provvista di meccanismi ed utensili per la co-struzione di strumenti di precisione e di mac-chine industriali, non solo fornisce i modelli egli apparecchi necessari alle lezioni per i Ga-binetti di Fisica e di Meccanica dell’Istituto,ma fornisce anche altre istituzioni scolastichee non. Il più della produzione sarà costituitodalla riproduzione di modelli, strumenti e ap-parecchi acquistati a Parigi, a cui seguirà poi

una originale produzione legata ai lavori del-l’Accademia di Arti e Manifatture: la respon-sabilità dell’officina viene affidata al mecca-nico Raffaello Turchini57.

Anche l’affluenza alle nuove Scuole fu su-bito numerosa e nel 1859 si ebbero i primi di-plomati, sei nella Sezione Fisico-Meccanica equattro nella Sezione Geometri-Agrimenso-ri58: insomma l’Istituto svolge al pieno la fun-zione che gli è stata assegnata nel mentre ar-rivano gli avvenimenti del 1859 che incidonopesantemente sul suo funzionamento.

Subito dopo il 27 aprile del 1859, dopo l’ab-bandono di Leopoldo II, il potere passò nellemani delGovernoProvvisorio guidato daBet-tinoRicasoli, conCosimoRidolfiMinistro del-la Istruzione Pubblica, e nel quadro più vastodi una «necessaria» epurazione, il Corridi, sulfinire dell’anno, fu invitato a dimettersi da di-rettore dell’Istituto Tecnico59.

Questa risoluzione giunse improvvisa aCorridi che, infatti, per tutto il 1859 continuòa ricevere incarichi dal nuovo governo: per lacostituzione di una Scuola Tecnica a Livor-no60, per l’aggiunta della cattedra di economiarurale all’Istituto Tecnico61 e per meglio col-legare le scuole elementari di disegno annes-

Fig. 14. G.B. Amici, Circoloripetitore, metà XIX secolo.Firenze, Fondazione Scienzae Tecnica

Fig. 15. Cassetta delmineralogista, metà XIXsecolo. Firenze, FondazioneScienza e Tecnica

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento130

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se sempre nel 1859 all’Istituto con quelle del-l’Accademia delle Belle Arti con la redazionedegli appositi decreti62. Chiese ed ottenne in-contri con Ridolfi e Ricasoli, ma la decisioneera già stato presa, così il 15 dicembre Corri-di presenta la lettera di dimissioni e il 23 di-cembre esce il decreto con il quale vengonoaccettate le dimissioni da direttore dell’Istitu-to Tecnico di Firenze del professor FilippoCorridi63 (fig. 17).

Insomma il Corridi viene naturalmente ri-conosciuto come l’alfiere della restaurazionelorenese, quelle imprese che prima venivanoconsiderate gloria e vanto della Toscana (leesposizioni toscane e internazionali, l’IstitutoTecnicoToscano con ilMuseoTecnologico e lenuove Scuole) ora sono chiamate a testimo-nianza della sua attiva collaborazione con ilpassato regime. Del definitivo colloquio conRicasoli sono significativi, a questo proposito,alcunipassaggi: «quando inquesti tempidi pas-sioni concitate, di movimento, di vita, qualcu-no comincia a dire quello nò, non c’è forza che

tenga»; ed in seguito alle rimostranze di Cor-ridi perché non trova giustificazione per il suoallontanamento dall’Istituto, Ricasoli replica

«Caro professore c’è da confondersi poco;oggi lamira è contro di lei, domani sarà con-tro dime: corrono tempi grossi, tempi di vi-ta, e bisogna cedere all’ignoto impulso checi balza qua e là nostromalgrado. Si dannodelle combinazioni nelle quali anco i ga-lantuomini rimangono sacrificati […] IlGo-verno non ha nulla da dire contro di lei; madeve tener questa via»64.

Quindi nonostante le antiche frequenta-zioni Corridi deve cedere, ma c’è una infor-mazionedaaggiungere chemeglio serve a com-prendere l’associazione del direttore dell’Isti-tuto Tecnico ai Lorena e che mai compare inqueste discussioni del 1859, anche se semprepresente: Corridi era stato accusato già dal1856 di aver portato in Toscana la ghigliottinasu espressoordinediLeopoldo II edi aver svol-to esperimenti nell’officina dell’Istituto65.

Le Scuole d’Ar ti e Mestieri: dal Conservatorio all’Istituto Tecnico Toscano (1809-1859) 131

Fig. 16. Gilberto Govi, Firenze,Fondazione Scienza e Tecnica

Fig. 17. Francesco Boggi,Cosimo Ridolfi, 1839. Arezzo,Collezione privata

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A questo proposito la questione è moltocomplessa e ancora non definitivamente ri-solta: il Corridi stesso pubblicò in più edizio-ni un opuscolo66 per scagionarsi da questa in-famante accusa, ma purtroppo la documenta-zione necessaria a dimostrare la sua innocen-za sarà resa disponibile solo nel 186367.

Il Corridi non si dette mai ragione di que-ste forzate dimissioni e si adoperò perché tut-te le accusemosse fosseromesse a tacere, pub-blicò libri, opuscoli e si adoprò presso i mini-steri toscani e nazionali al fine di far valere lesue ragioni e le ottenne con la dichiarazionedelMinistero di Agricoltura, Industria e Com-mercio, che aveva competenza sugli istitutitecnici, che attestava il «benestare» per la ge-stione dell’Istituto e infine «si pregia di rico-noscere lo zelo e l’amore di lui dimostrato aquell’Istituto, la dovizia delle collezioni ondeha potuto arricchirsi in sì breve tempo»68.

Allontanato il Corridi, l’Istituto subì per al-cuni anniundrastico ridimensionamento: lana-scita fortemente voluta da Cosimo Ridolfi del-l’Istituto di studi superiori pratici e di perfezio-namento e la fondazione dell’Istituto Agrariodelle Cascine dell’Isola69 fece sì che alcune cat-tedre dell’Istituto fossero traslocate nelle nuoveistituzioni; insomma le energie e le risorse delnuovo governo scelgono altre strade ed abban-donano ilprogettodell’IstitutoTecnicoToscano.

Solo più tardi, nel 1863, l’Istituto ritorna adacquistare la sua funzione originaria e, neglianni successivi, grazie al valore dei suoi inse-gnanti ed al notevole sforzo economico dellaProvincia e del Comune di Firenze, riuscirà adiventare un vero e proprio istituto politecni-co per la scienza e la tecnologia ampliando no-tevolmente le sue collezioni e la sua strumen-tazione scientifica, fino a costituire un unicumin Italia e così riconosciuto in Europa.

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento132

NOTE

* Il presente testo si basa sul saggio dello stessoautore dal titolo L’Accademia delle Belle Arti e l’IstitutoTecnico Toscano 1809-1859, pubblicato in L’acustica e isuoi strumenti. La collezione dell’Istituto Tecnico Toscano,a cura di A. Giatti e M. Miniati, Firenze, Giunti,2001.

1 Così FilippoCorridi fondatore dell’IstitutoTec-nico Toscano ricorda polemicamente – ma vedremopoi le sue ragioni – il nucleo originario del suo Isti-tuto; in CORRIDI 1864a, p. 73.

2 Sulla nascita del Conservatorio d’Arti e Me-stieri vedi L’Istituto Tecnico 1900, pp. 9-10; GALLO

MARTUCCI 1988, che si avvale di un poderoso lavo-ro di documentazione svolto presso l’archivio stori-co dell’Accademia. Alle pp. 34 e 35 viene riportatointegralmente il testo, tradotto in italiano, del de-creto di Fauchet del 26 ottobre1809.

3 Il riferimento è al Corpo degli Artigiani, for-malmente istituito nel 1807 in occasione di una del-le molte riforme degli statuti dell’Accademia. VediStatuti e Piano 1807, ma questa istituzione mai de-collò.

4 AnnaGallo (GALLOMARTUCCI 1988) fa ancheintendere che ci fossero preoccupazioni nel mondodegli accademici relative al trasferimento dei capo-lavori dell’arte toscana a Parigi e, a questo proposi-to, riporta alcune lettere, una delle quali del presi-dente dell’Accademia aElisaBaciocchi, dove si con-testano le innovazioni volute dai francesi, e un’altradel segretario al presidente, dove si informa che Le-noir, «che nel passato fece la scelta dei quadri di Pa-lazzo Pitti da portarsi a Parigi», ora si stava attiva-mente occupandodell’Accademia allo scopo di «spo-gliarla dei suoi più belli ornamenti». Vedi le letterealle pp. 38, 39 e 40.

5 Vedi GALLO MARTUCCI 1988, pp. 43-44.6 Statuti approvati dal Prefetto dell’Arno il 12 dicem-

bre 1811 in GALLO MARTUCCI 1988, p. 45.7 GALLO MARTUCCI 1988, p. 46.8 Statuti 1813, pp. 39-41.9 TARGIONI TOZZETTI 1818a.10 TARGIONI TOZZETTI 1818b, pp. 93-112.11 TARGIONI TOZZETTI 1818a, p. 2.12 Ivi, pp. 3 e 4.13 Ivi, p. 4.14 Ivi, pp. 5-7.

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15 In effetti la dizioneConservatorio d’Arti eMe-stieri scompare dai documenti e viene sostituita daquella di Terza Classe dell’Accademia: ne sono ri-prova i Rapporti di Targioni Tozzetti del 1818 e del1838; infine è da notare come nel primo volume de-gli «Atti dell’I. eR.AccademiaToscana diArti eMa-nifatture residente in Firenze», del 1853, venga ri-portato in apertura ilRegolamento dell’Accademia d’Ar-ti e Manifatture, datato 25 marzo 1832 e firmato dalPresidente dell’Accademia di Belle Arti e dal Diret-tore della Terza Classe per le arti meccaniche eMa-nifatture. È in questo regolamento che vengono in-trodotte, allo scopo d’invogliare alla partecipazioneattiva i vari ordini di soci, 12 doti «per conferirsi adaltrettante fanciulle che siano riunite in parentelacon alcuno degli individui addetti a questa Classedell’Accademia», p. IV.

16 Rapporto 1839; si legge nelmotuproprio riporta-to: «Sua Altezza […] considerando che le Pubbli-cheEsposizioni di prodotti diArti eManifatture con-tribuiscono efficacemente al progresso industriale èvenuta nella determinazione […]».

17 Rapporto 1844, p. 70.18 Rapporto 1847, p. 9.19Le causedel fallito successodelle esposizioni del

1844 e del 1847 sono da Corridi attribuite alla man-cata chiamatadapartedegli organizzatori di industrieallora importanti quali quella della paglia, della carta,dell’alabastro e numerose altre. Sempre il Corridi at-tribuisce a questo insuccesso «il decreto del 14 gen-naio 1850 che separò gli ufizi di Presidente dell’Ac-cademia Fiorentina di Belle Arti da quelli di Diretto-re dell’Istituto Tecnico; col quale provvedimento simirò ad una più estesa tutela dell’Industria per partedi chi regge lo Stato».VediCORRIDI 1851, pp.X-XII.

20 Vedi in proposito Relazione 1847.21 Sulla figura di Filippo Corridi rimando volen-

tieri alla descrizione che di questo personaggio dàPaolo Galluzzi nella sua presentazione al Catalogo1977. In questa presentazione Galluzzi traccia, perla primavolta, un chiaro quadrodove collocare le col-lezioni, i personaggi e la storia dell’Istituto medesi-mo, che sarà un riferimento anche per questo lavo-ro. Sempre su Filippo Corridi ed il suo ruolo di me-diazione tra il mondo produttivo e la riproduzionedelle conoscenze tecniche, vedi anche l’interessanteintroduzione di Ivano Tognarini in NESTI, TOGNA-RINI 2003, pp. 6 e sgg.

22 I due decreti sono del 14 gennaio 1850 e sonoriportati anchenell’«Annuariodell’I. eR. IstitutoTec-nicoToscano edella I. eR.AccademiaToscanad’Ar-ti e Manifatture», vol. I, 1857, pp. 27 e 29.

23 Già il Corridi usa questa denominazione nellanota storica al Rapporto generale della Pubblica Esposi-zione del 1851 (CORRIDI 1851) e anche nella corri-spondenza riportata nei suoi Ricordi di fatti (CORRIDI

1864a): questo nome viene usato a partire dallo stes-so anno. Solo più tardi, nel 1853, nel decreto dovevengono ordinati gli insegnamenti della nuova istitu-zione, si usa la dizione «Istituto Tecnico di Firenze».Vedi «Annuario», 1857,vol. I, p. 31.Èapartiredaque-sta data, 1853, che vengono nel seguito contati gli an-ni della sua fondazione. La conferma viene dai Ricor-di di fatti, dove si legge: «Il nome di Scuole Tecnichesi cangiò in quello di Istituto Tecnico Toscano senzadichiarazione espressa delGoverno.Questa denomi-nazioneusatadalDirettorCorridi nelle sue lettereuf-ficiali, fu anche dal Governo usata nelle sue risolu-zioni per imitazione» (CORRIDI 1864a, p. 177).

24 Vedi la «Nota dei sottoscrittori e delle sommeda essi versate» in CORRIDI 1864a, p. 262, tra i qua-li il Capponi, il Ginori Conti, Orazio Hall, i Demi-doff, Francesco Sloane, gli Strozzi e i Torrigiani.

25 Archivio Storico del Comune di Firenze, Car-tella n. 6576. Sempre consultando il medesimo ar-chivio si nota come i mestieri praticati a Candeli sialternino spesso nel corso degli anni.

26 Sulla Scuola di Candeli, vedi anche CORRIDI

1864b.27 Vedi CORRIDI 1864a, p. 254.28 CORRIDI 1847.29 Ivi, p. 201.30 Ivi, p. 204.31 La Società promossa da Corridi si era infatti

impegnata per gli anni dal 1846 al 1850. Inoltre nel1849, nelle botteghe di Candeli, vengono alloggiatele truppe austriache chiamate in Toscana dal gran-duca, con il che viene a cessare lo scopo principaledella Scuola di Candeli, cioè formare i giovanetti inspecifiche botteghe artigiane. Infine, nell’atto di scio-glimento della Società si legge: «questa Istituzione[la Scuola di Candeli] nata e cresciuta con si favo-revole auspici, non saprebbe come meglio assicu-rarne la sussistenza e la prosperità che affidandonela sorveglianza al Direttore pro tempore dell’Istitu-to Tecnico, e frattanto all’attuale Direttore F. Corri-di, il quale avendole dato vita col procurarle i mez-zi dimantenimento […]potrà più di ogni altro coor-dinarla alla natura dell’Istituto medesimo». VediCORRIDI 1864a, p. 250.

32 CORRIDI 1864a, pp. 73-74.33 Vedi l’interessante lettera del generale Morin a

Corridi in merito all’insegnamento da darsi ai diversilivelli di funzione – lavoranti, capi d’officina (contre-

Le Scuole d’Ar ti e Mestieri: dal Conservatorio all’Istituto Tecnico Toscano (1809-1859) 133

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maitre), ingegnere meccanico – cheMorin proponevaper l’IstitutoTecnicoToscano inCORRIDI1860; edan-che le lettere di Cosimo Ridolfi a Corridi del 1856: inquegli anni Ridolfi è in viaggio nel Centro Europa e,desiderando conoscere gli istituti di istruzione, si ri-volge a Corridi per avere le opportune lettere di pre-sentazione (CORRIDI 1864a, pp. 138-139).

34 Vedi la scheda “Intorno alla Scuola lionese det-ta La Martinière”, in CORRIDI 1864a, pp. 141-142.

35 Il decreto è riportato alla p. CLXXIII del Rap-porto 1851. Sulla commissione. e sui suoi lavori, ve-di anche «Continuazione Atti Georgofili», vol. 28,pp. 3-15 e 113-118.

36 Il Corridi, allo scopo di favorire la partecipa-zione dei produttori, promuove e realizza una gran-diosa, per i tempi, indagine statistica industriale, in-viando a tutti i Comuni della Toscana una scheda ar-ticolata in 39 specifiche classificazioni delle industrieda compilarsi dal gonfaloniere. Questo lavoro ma-noscritto, che riporta le risposte dei gonfalonieri, èconservato presso la Biblioteca della FondazioneScienza eTecnica. Sulla esposizionedel 1850, sul nu-mero degli espositori e sulla qualità dei prodotti pre-sentati vedi naturalmente il Rapporto più volte citato.

37 CORRIDI 1864a, p. 204.38 Sul trasferimento dell’Istituto da Santa Cate-

rina in piazza San Marco all’ex convento delle Ca-valieresse di Malta, vedi CORRIDI 1864a, p. 239.

39 Il decreto è riportato nelle pp. 31 e 32 dell’«An-nuario» 1857. È da notare come, nella declaratoriadello stessodecreto, vengadichiarato che«ÈrilasciatoalMunicipio, cuipervigenteLegge sull’Insegnamentoprimario e secondario ne corre l’obbligo, il provve-dere ai bisogni della istruzione tecnica convenienteagli Artigiani», con il che il destino dell’istruzione de-gli artigiani, già praticatanellaScuoladiCandeli, vie-ne lasciato al soloComune epraticamente rinviato adanni migliori.

40 Vedi Rapporto generale 1855.41 Tra gli acquisti di questi anni sono di partico-

lare interesse il catetometro di Perreaux, un audio-metro di Regnault, la macchina di Natterer per li-quefare il protossido di azoto, il banco di Duboscqper la proiezione dei fenomeni luminosi, la macchi-na di induzione di Ruhmkorff, sempre di Duboscql’apparecchio per la luce elettrica e l’apparecchio perla proiezione dei disegni fantascopici, il saccarime-tro di Soleil e molti altri ancora.

42 Su queste premiazioni, vedi «Annales de l’A-griculture française», vol. 6 (1855), p. 478: «Ricasoli(baron), à Florence (Toscane). Amélioration et pro-grès obtenus dans l’agriculture remarquable des Vi-

gnes et fabrication dehuiles. (Collaborateur.) – Che-valier»; p. 526 per Lambruschini e p. 527 per Ridol-fi. Cosimo Ridolfi ringrazia Corridi per queste pre-miazioni: vedi una sua lettera in CORRIDI 1864a,p. 227. Sulla Légion d’honneur e sulla scelta tra Ri-casoli e Ridolfi, vedi anche l’interessante disputa inCORRIDI 1864a, pp. 91 e 92.

43 Quest’accademia, più propriamente denomi-nata “AccademiaToscanad’Arti eManifatture”, è daintendersi come naturale prosecuzione di quell’in-sieme di soggetti e di attività già esercitati nella Ter-za Classe di Arti eManifatture dell’Accademia delleBelleArti che abbiamo sopra ricordato citando il rap-porto di Antonio Targioni Tozzetti. Un regolamentodi quest’accademia appare già nel 1832: vedilo in «At-ti della I. e R. Accademia Toscana di Arti eManifat-ture residente in Firenze», vol. I, 1853, p. IV.

44 Il Museo Tecnologico è da intendersi come lacontinuazione del Conservatoire voluto dai france-si e che abbiamo ricordato istituito aFirenze nel 1809come Conservatorio d’Arti e Mestieri.

45 Andrea Cozzi muore e viene sostituito nellostesso anno da Damiano Casanti.

46 Il decreto è riportato alla p. 33 dell’«Annuariodell’I. e R. Istituto Tecnico Toscano», vol. I, 1857. Èinteressante notare che in questa occasione si assi-ste ad un vera e propria riorganizzazione degli stu-di, infatti, all’art. 1 si dispone che le due cattedre dichimica generale ed elementi di storia naturale, e dibotanica emateriamedica, appartenenti al Liceo fio-rentino, con la cattedra di matematiche addetta al-l’Accademia delle Belle Arti, siano trasferite all’Isti-tuto Tecnico e anche i relativi insegnanti.

47 A dimostrare l’importanza dell’inaugurazione,il «Monitore Toscano» dedica il 3 marzo del 1857un’intera pagina all’avvenimento con un’attenta cro-naca, riportando integralmente le parole pronun-ciate daCorridi, e un’ampia sintesi del discorso pro-nunciato da Adolfo Targioni Tozzetti sui temi «del-l’industrialismo e degli studj ad esso relativi» e, aproposito dell’istruzione tecnica, richiama la fun-zione svolta dalla «terza classe aggiunta daElisaBa-ciocchi all’Accademia di Belle Arti».

48 CORRIDI 1857, pp. 5-8.49 Regolamento organico per l’I. e R. Istituto Tecnico

Toscano in «Annuario», 1857, vol. I, pp. 39-51.50 «In ordine al Biglietto del 1° novembre delMi-

nistero della Pubblica istruzione, si rende pubblica-mente noto: coloro che desiderino fare studi regolariper dedicarsi alla professione diGeometra-Agrimen-sore e di ottenere di essi studi l’opportuno certificato,dovranno innanzi tutto sostenere un esame di am-

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missioneall’IstitutoTecnicoequindipercorrere trean-ni di lezioni parte all’Istituto e parte all’Accademia».Vedi «Monitore Toscano», 10 novembre 1857.

51 GOVI 1857.52 «Monitore toscano», 6 novembre1857: «L’a-

pertura delle scuole avrà luogo il di 16 di novembrea ore 11 antim. Il prof. Gilberto Govi leggerà l’ora-zione inaugurale. Le lezioni avrannoprincipio il gior-no appresso a norma del seguente orario:– geometria descrittiva, lunedì emercoledì dalle ore8 alle 9 antim.

– disegno tecnologico, la scuola è aperta tutti i giorniescluso ilmartedì dalle ore 9 antim. alle ore 3pomer.

– topografia, martedì dalle ore 8 alle ore 9 antim.– chimica generale, lunedì emercoledì dalle ore 10 al-le ore 11 antim.

– meccanica sperimentale e tecnologia speciale del-le artimeccaniche, lunedì,mercoledì e venerdì dal-le ore 11 antim. alle ore 12 mer.

– storia naturale applicata alle arti,martedì e venerdìdalle ore 12 1/2 alle ore 1 1/2 pomer.

– materia medica e botanica farmaceutica, lunedì evenerdì dalle ore 12 1/2 alle 1 1/2 pomer.

– fisica teorico-sperimentale, martedì e sabato dalleore 2 alle ore 3 pomer.

– fisica tecnologica e tecnologia speciale delle arti fi-siche, lunedì e venerdì dalle ore 8 alle ore 9 pomer.

– chimica applicata alle arti, martedì e sabato dalleore 8 alle ore 9 pomer.»

53 Vedi «Annuario dell’I. eR. IstitutoTecnicoTo-scano», vol. I, 1857, p. 49.

54 «Questo museo comprende,a) Macchine e apparecchi d’uso scientifico,b) Macchine e apparecchi d’uso tecnico,c) Macchine e apparecchi d’uso domestico,d) Strumenti e utensili per uso degli artigiani,e) Modelli e disegni di qualsivoglia oggetto delle ca-

tegorie precedenti, come pure di edifizi destina-ti a lavorazioni di ogni genere,

f) La collezione dei modelli e disegni per lo studiodella Geometria descrittiva e delDisegno tecno-logico,

g) La collezione geologica delle rocce dei vari ter-reni del territorio toscano,

h) La collezione speciale dei minerali toscani utilialle arti,

i) La collezionemineralogica e geologica straniera,l) La collezione dei prodotti organici, toscani e stra-

nieri,m) La collezione dei saggi di lavorazioni varie,n) La collezione dei prodotti metallurgici»Vedi «Annuario», 1857, vol. I, p. 49.

«Il Museo tecnologico formasi delle Collezionidei prodotti inorganici ed organici, tanto naturaliquanto artefatti, così indigeni che esotici [proseguenella descrizione delle quattro gallerie dove sono di-sposti e prosegue] Di tutto quanto è contenuto inquestequattroGallerie varie sono leprovenienze […]Un certo numero dalle Collezioni preesistenti nellescuole di Santa Caterina, da acquisti a contanti fattidall’Istituto medesimo [si riferisce agli acquisti fattia Londra e a Parigi], da doni fatti all’Istituto da altrescientifiche istituzioni o Accademie»: vedi CORRIDI

1864a, pp. 125-132; sempre su questa questione ve-di anche Atto verbale della consegna del Museo tecnologi-co, in CORRIDI 1864a, pp. 119 e sgg.

55L’elencodei soci dell’Accademia suddiviso in ac-cademici scienziati, accademici fabbricanti e accade-mici pratici è davvero considerevole per la qualità deipartecipanti, ma anche per la pressoché totale ade-sione di tutti gli scienziati toscani, vedi «Atti della I. eR.AccademiaToscanadiArti eManifatture residentein Firenze», vol. I, 1853, pp. VII-VIII.

56 Gli avvisi delle lezioni serali di Govi sono ri-portati quasi sistematicamente dal «Monitore To-scano».Corridi conosceva le qualità di questo valentee giovane fisico e fa di tutto per portarlo da Parigi aFirenze.Vedi l’interessante carteggio relativo alla suavenuta a Firenze in CORRIDI 1864a, pp. 284-288.

57 Sulla Officina e sui suoi lavori vedi Macchine,apparecchi e lavori fatti nel corso di tre anni nell’Officinadimeccanica dell’IstitutoTecnico, inCORRIDI 1864a, pp.XI-XLII, ed anche nella Relazione spettante alle varieCollezioni scientifiche e tecniche ritrovate al R. IstitutoTec-nico di Firenze, compilata dai Commissari del Governo, inCORRIDI 1864a, p. 130.

58 Vedi a questo proposito l’interessante indagi-ne statistica presentata in MARIOTTI 1877.

59 Il Corridi fu convocato da Cosimo Ridolfi l’11dicembre e in quella occasione gli fu comunicata ladecisione: «mi lasciò indovinare che il Governo vo-leva levarmi di mano l’Istituto Tecnico» (CORRIDI

1864a, p. 75).60 Intorno alle Scuole Tecniche di Livorno, in CORRI-

DI 1864a, pp. 240-242.61 La cattedra fu assegnata daRidolfi a Francesco

Carena di Muricce sembra su proposta di Corridi.62 Intorno alla Scuola di Geometria descrittiva e dise-

gno per gli artigiani fondata in Firenze cogli assegni d’unaSocietà di beneficenza, in CORRIDI 1864a, pp. 243-246:in questa lettera del 26 marzo 1859, Corridi rico-struisce l’insegnamento del disegno nella Scuola diCandeli e delle sue relazioni con l’Istituto Tecnico el’Accademia delle Belle Arti.

Le Scuole d’Ar ti e Mestieri: dal Conservatorio all’Istituto Tecnico Toscano (1809-1859) 135

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63 Vedi la lettera di dimissioni in CORRIDI 1864a,p. 77 e il decreto riportato sul «Monitore Toscano»del 25 dicembre 1859.

64 Vedi questa cronaca in CORRIDI 1864a, p. 79.65 In effetti le accuse formalmente rivolte al Cor-

ridi si riferivano a generici disordini che riguarda-vano commessi e inservienti dell’Istituto, peraltrogià risolti da Ridolfi con il licenziamento degli stes-si; solo più tardi, caduta questa questione, verrannoavanzate riserve sulla gestione economica e patri-moniale dell’Istituto, anche queste dichiarate infon-date, ma soltanto nel 1862.

66 CORRIDI 1863.67 La questione è complessa e interessante in-

sieme e chiederebbe un ricerca specifica. Qui allo-ra è sufficiente dire come, nell’opinione pubblicadi quegli anni 1856-1859, fosse fortemente diffusa

l’opinione, per ammissione dello stesso Corridi, chelui stesso e l’Istituto fossero coinvolti nell’arrivodella ghigliottina a Firenze. Vedi CORRIDI 1863,dove si riporta, tra le altre, una interessante corri-spondenza con Cosimo Ridolfi che, già nel 1856,gli consiglia le dimissioni da direttore dell’Istituto:«Malgrado la verità contraria pure voi ricorderetesempre che si è supposto, che si è detto, e forse cheda taluno si crede, che l’Istituto Tecnico ha procu-rato a Firenze un patibolo perfezionato […] Equando voi non aveste potuto ottenere una giusti-ficazione completa, […] bisognava dare una moti-vata dimissione».

68 CORRIDI 1864a, p. 293.69 I due istituti furono ambedue fondati nel 1859.

L’Istituto agrario venne chiuso nel 1863 e la sua at-tività trasferita all’Istituto Tecnico.

Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento136

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Catalogo delle opere

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Il catalogo elenca le opere esposte nelle tre mostre:Firenze 1829. Arte, scienza e società, PalazzoMedici Riccardi; La Tribu-na di Galileo e la Specola fiorentina, Museo di Storia Naturale, Sezionedi Zoologia “La Specola”; La Fisica a Firenze nell’Ottocento, macchine emodelli da utilizzare. Istituto e Museo di Storia della Scienza (MuseoGalileo).

Le informazioni sommarie contenute nelle schede rispondono a cri-teri di omogeneità in rapporto alla tipologia delle opere.Le opere relative alla quarta iniziativa:La didattica delle scienze nell’Ot-tocento, Fondazione Scienza e Tecnica, essendo un allestimento per-manente, sono descritte in P. Brenni, Il Gabinetto di Fisica dell’IstitutoTecnico Toscano. Guida alla visita, Polistampa Firenze, 2009.

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FIRENZE 1829. ARTE, SCIENZA E SOCIETÀ

1. Giuseppe MartelliVeduta della Tribuna di Galileo, il vestibolo,1841 circapenna e acquarello di vari colori,carta bianca; 400!490 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

2. Giuseppe MartelliVeduta della Tribuna di Galileo, l’abside,1841 circapenna e acquarello di vari colori,carta bianca; 400!490 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

3. Giuseppe MartelliSpartito del pavimento della Tribuna di Galileo,1841 circapenna e acquarello di vari colori,carta bianca; 680!378 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

4. Giuseppe MartelliTribuna di Galileo, cancellata, 1844inchiostro e colore, cartoncino;410!300 mmFirenze, Archivio di Stato - ScrittoioFortezze e Fabbriche lorenesi

5. Luigi SabatelliGalileo dinanzi al doge (primo pensiero),1839 circamatita, carboncino, carta marronechiaro; 190!180 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

6. Niccola CianfanelliLuca Pacioli presenta Leonardo a Ludovicoil Moro, bozzetto, 1842 circaolio su tela; 23!35 cmFirenze, Galleria d’arte modernadi Palazzo Pitti

7. Niccola CianfanelliRitratto di Leonardo daVinci, studio,1842-1846olio su carta incollata su tela;62!43,3 cmfirmato al centro sulla veste:«Niccola Cianfanelli»Firenze, Galleria d’arte modernadi Palazzo Pitti

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140 Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento

8. Niccola CianfanelliRitratto dell’Accolti, studio, 1842-1846olio su carta; 41!31 cm, firmato in bassoa destra: «Niccola Cianfanelli»Firenze, Galleria d’arte modernadi Palazzo Pitti

9. Niccola CianfanelliRitratto di Alessandro Volta, 1847 circaolio su tela; 37,5!33 cmFirenze, Galleria d’arte modernadi Palazzo Pitti

10. Vincenzo AntinoriGuida per la Tribuna di Galileo, 1843Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

11. Cosimo Ridolfi e Ferdinando TartiniGuida di Firenze per gli invitati III CongressoScientifico, 184122,1!15,3!5,2 cmFirenze, Kunsthistorisches Institutin Florenz - Max Planck Institut

12. Giovanni RosiniDescrizione della Tribuna inalzata da S.A.I. e R.il Granduca Leopoldo II di Toscana alla memoriadi Galileo, 184122!30 cmArezzo, collezione privata

13. Enrico MontazioLa Tribuna di Galileo, 1842Arezzo, collezione privata

14. Giuseppe MartelliVeduta prospettica della nuova piazza antistanteil Museo di Fisica, 1841Penna,telaincollatasucartoncino;614!592mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

15. Giuseppe MartelliProgetto per la facciata esterna del Museodi Fisica, 1841Penna su carta lucida color ocra incollatasu cartoncino; 390!915 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

16. Giuseppe MartelliMuseo di Fisica, Terrazza dell’osservatorio, 1844inchiostro su cartoncino; 420!300 mmFirenze, Archivio di Stato - ScrittoioFortezze e Fabbriche lorenesi

17. Giuseppe MartelliProgetto in pianta per ridurre la Galleria di LucaGiordano ad uso degli scienziati, 1841penna, grafite, carta bianca; 290!440 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

18. Cosimo RidolfiViaggio fatto dal M.se Cosimo Ridolfi in Franciaed in una parte dell’Italia nell’anno 1820.Giornale del med.oFirenze, Archivio Ridolfi di Meleto

19. Giuseppe MartelliProgetto in pianta per costruire nello spedale diSanta Maria Nuova un anfiteatro per le grandioperazioni chirurgiche, secondo quartosec. XIXgrafite, penna, carta bianca; 450!310 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

20. Giuseppe MoricciLe Cascine col treno, metà sec. XIXmatita nera, inchiostro, carta bianca

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ingiallita; 208!550 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli Uffizi

21. Giovanni SignoriniVeduta di Firenze con i lampioni a gas, 1846olio su tela; 55!88 cmFirenze, collezione privata

22. Lorenzo TurchiniTelotipografia elettromagnetica o Telegrafoa quadrante, 1841legno, ottone, ferro; altezza 1150,piano 870!874!780 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

23. Alphonse Giroux, Louis DaguerreApparecchio dagherrotipico, 1839legno di gattice, ottone; 370!390!290 mmfirmato sul bordo dell’obbiettivo«Chez Alph.e Giroux et Comp.e à Paris»Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

24. Dagherrotipo donato da Niccolò Matas,1847 circarame, argento; 170!135 mmFirenze, Fondazione Scienza e Tecnica

25. Cassetta con strumenti chirurgici percistotomia utilizzata dal professor Carlo Burci,prima metà sec. XIXStrumenti: acciaio, ebano / Cassetta:mogano (impiallacciatura), seta, velluto;250!385!80 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

26. Dictionaire abregé des sciences médicales /rédigé à Paris par une partie des collaborateursdu grand dictionaire et enrichi d’une appendice

contenante des articles nouveaux par desprofesseurs italiens, 1821-1826Firenze, Gabinetto Scientifico LetterarioG.P. Vieusseux

27. Gian Pietro VieusseuxProposta di associazione inviata e sottoscrittadai membri della Società Medico-Fisicafiorentina / elenco dei componenti la SocietàMedico Chirurgica al 31.7.1829, 1823-1829Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale,Carte Vieusseux

28. [Girolamo Segato]Carta geometrica della Toscana, accresciutad’indicazioni ed incisa da G.S., 1832incisione; 640!560 mmFirenze, Archivio FondazioneOsservatorioXimeniano

29. Emilio SantarelliBusto di Cosimo Ridolfi, 1858marmo; altezza 65 cmEmpoli, Biblioteca Comunale “RenatoFucini”

30. Giuseppe BezzuoliRitratto di Giuseppe Martelli, 1815-1818olio su tela; 72,5!58,5 cmFirenze, Galleria d’arte modernadi Palazzo Pitti

31. Antonio CiseriRitratto di Raffaello Lambruschini, 1873olio su tela; 60!50,5 cmfirmato e datato in basso a destra:«A. Ciseri f. 1873»

Firenze, Galleria d’arte modernadi Palazzo Pitti

32. Aristodemo CostoliAutoritratto, 1828 circaolio su tela; 61,5!50 cmFirenze, Galleria d’arte modernadi Palazzo Pitti

33. Giuseppe BezzuoliLa famiglia di Vincenzo Antinori, 1834olio su tela; 158!226 cmfirmato e datato di lato a destra, sul cippo:«Giuseppe Bezzuoli fece l’anno 1834»Firenze, Accademia Antinori

34. Francesco BoggiAlbum di 57 ritratti di scienziati intervenutialla prima riunione in Pisa, 1841Arezzo, collezione privata

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35. Carlo Ernesto Liverati,Ricordi del 3° Congresso scientifico italiano;ritratti di trentasei fra i suoi componentidisegnati dal vero dal cav. C.E. Liveratie accompagnati da brevi biografie, 1842Arezzo, collezione privata

36.Medaglione con ritratto di Leopoldo Nobiligesso; diametro 700 mmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Zoologia «La Specola»

37. Michele GordigianiRitratto di Giovan Battista Amici, 1874olio su tela; 68!50 cmfirmato e datato di lato a destra:«M. Gordigiani / 1874»Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

38. Emilio VieusseuxVieusseux al tavolo di lavoro in PalazzoBuondelmonti, 1852olio su tela; 58,5!46,5 cmFirenze, Gabinetto ScientificoLetterario G.P. Vieusseux

39. Aristodemo CostoliBusto di Galileo Galilei, 1826marmo; altezza 49 cmFirenze, Galleria d’arte modernadi Palazzo Pitti

40. Odoardo BorraniLa casa di Galileo al Pian de’ Giullari, 1865 circagrafite, carta bianca; 85!140 mmFirenze, GabinettoDisegni e StampeUffizi

41. Niccola BenvenutiGalileo riceve la visita di Milton a Arcetri,1826 circa

grafite, inchiostro, carta bianca;207!283 mmArezzo, Fraternita dei Laici - CollezioneBartolini

42.Monumenti del Giardino Puccini, 1845Firenze, Biblioteca Marucelliana

43. P. TanziniLa sapienza ispirata dalla religione. Pitture nellasala degli esperimenti nel collegio delle ScuolePie fiorentine, 1838Firenze, Kunsthistorisches Institut inFlorenz - Max Planck Institut

44. La Tribuna del Galileo eretta da S.A.I. e R.Leopoldo secondo granduca di Toscana nell’I. e R.Museo fiorentino di Fisica. Trattenimento letterarioofferto la sera de 18 settembre 1841, 1841Arezzo, collezione privata

45. Cesare CantagalliGalileo detta al padre Settimi scolopio,suo discepolo, 1870olio su tela; 84!102 cmSiena, Istituto Statale d’Arte “Ducciodi Buoninsegna”, in deposito pressoil Museo Cassioli

46. Giovanni MigliaraVeduta del Palazzo Reale di Firenze(Palazzina della Meridiana), 1827

olio su pelle; 31!13 cmRoma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna

47. Giuseppe GherardiVeduta di Firenze dal Ponte alle Graziecon il ponte S. Ferdinando, 1837olio su telafirmato e datato di lato a destra, sullaspalletta del ponte: «G. Gherardi / 1837»collezione privata

48. Carlo CanellaVeduta della piazza del Granduca a Firenzepresa sotto la Loggia dei Lanzi, 1847olio su tela; 73!95 cmfirmato in basso a sinistra: «Carlo Canella»Firenze,CollezioneEnteCassa diRisparmio

49. Lorenzo GelatiVeduta diFirenze dalPonteSanNiccolò, 1855 circaolio su tela; 75!95 cmfirmato sul bordo della barca in primopiano: «Lorenzo Gelati»Firenze,CollezioneEnteCassa diRisparmio

50. Progetto per un tepidario nell’I. e R. Museodi Fisicainchiostro su cartoncino; 490!350 mmFirenze, Archivio di Stato, Imperialee Real Corte

51. Antonio PiccioliAntotrofia, ossia coltivazione dei fiori, 1834Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale

52. Paniere con fiori sotto campana di vetro,metà sec. XIXstoffa, cera, filo metallico, vetro

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Catalogo delle opere 143

Firenze, Palazzo Pitti, Quartiere d’Inverno,salotto giallo

53. Due vasi fitomorfi, inizi sec. XIXcristallo e bronzo doratoFirenze, Palazzo Pitti, Museodel Costume

54. Vaso con decorazione fogliacea,fine sec. XVIIIlegno intagliato, verniciato e dorato;altezza 64 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Zoologia «La Specola»

55. Album offerto dalle donne fiorentine aVincenzo Gioberti, 1847Torino, Biblioteca CivicaSezione Giobertiana

56. Catalogo delle piante di fiori e frutti che sitrovano disponibili nel Giardino Puccinia Scornio presso Pistoia, 1855inchiostro su carta bianca; altezza 23!15 cmPistoia, Biblioteca ComunaleForteguerriana

57. Cassetta entomologica con lepidotteridalla collezione Guicciardini360!295 mmFirenze, Fondazione Scienza e Tecnica

58. Cassetta entomologica con coleotteridalla collezione Guicciardini360!295 mmFirenze, Fondazione Scienza e Tecnica

59. Giuseppe PierottiCosimo Ridolfi a Meleto presenta a Gino Capponii propri figli dinanzi a Lambruschini e a VincenzoAntinori, 1858olio su tela; 120!180 cmFirenze, CollezioneMarco del Panta Ridolfi

60. Illustrazione del ‘coltro’ ideato da CosimoRidolfi«Giornale Agrario Toscano», I, tav. 1, 1827Firenze, Gabinetto Scientifico LetterarioG.P. Vieusseux

61. Cosimo RidolfiDelle colmate di monte«Giornale Agrario Toscano», II, tav. 8, 1828

Firenze, Gabinetto Scientifico LetterarioG.P. Vieusseux

62. Resoconto di gite agrarie«Giornale Agrario Toscano», III, 1831Firenze, Gabinetto Scientifico LetterarioG.P. Vieusseux

63. Tavola del taglio del terreno forato nellaVallecola dei Bagni di Chiecinella pressoCollelungo nei dintorni di Palaja per ritrovamentodi soffioni di acido carbonico, sec. XIXcarta applicata su cartone e intelaiata;2100!560 mmFirenze, Fondazione Scienza e Tecnica

64.Modello di coltro toscano, 1855 circalegno e metallo; 348!565!140 mmreca inciso «Meleto»Firenze, Istituto Tecnico Statale perGeometri “G. Salvemini”

65. Luigi PampaloniL’orfano, 1826 circamodello formato in gesso; altezza 71 cmFirenze, Galleria dell’Accademia

66. Ferdinando FolchiUn’AccademiaMusicale nel salonedei Cinquecento di Palazzo Vecchiopro Asili Infantili, 1846olio su tela; 88!118 cmFirenze, Galleria d’arte modernadi Palazzo Pitti

67. Giuseppe MoricciL’offerta dell’olio alla SS. Annunziata, 1843olio su tela; 80!111 cmFirenze, Kunsthistorisches Institutin Florenz - Max Planck Institut

68. Giovanni SignoriniLa festa delle bandiere per l’istituzionedella Guardia Civica il 12 settembre1847, 1847olio su tela; 58!89 cmCollezione privata

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TORRINO

1. Galleria dei Lavori, FirenzeTazza rotonda con coperchio in diaspro,fine XVII - inizi sec. XVIII5,5!5,5!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

2. Galleria dei Lavori, FirenzeTazzina ovale in calcedonio con piede e maniciin filigrana d’argento, fine sec. XVI (coppa),sec. XVII (montatura)7,7!8!5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

3. Galleria dei Lavori, FirenzeVasetto tondo in lapislazzuli con coperchiocuspidato, piede e cerniere profilati d’oro,fine XVI - inizi sec. XVII4!4!4 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

4. Galleria dei Lavori, FirenzeCoppa ovale liscia in agata borraccinata con basee manici in argento dorato con fiori intagliatia giorno e cesellati, fine XVI - inizi sec. XVII(coppa), seconda metà sec. XVII(montatura).8,5!7!3,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

5. Manifattura ingleseGruppo in gagate (lignite picea) con al centroS. Jacopo con bastone nella mano destra,libro e bisaccia nella mano sinistra,abito da pellegrino con mantello,conchiglia sulla fronte e, a fianco,due figure di pellegrini inginocchiati, sec. XIV9!3!16 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

6. Testa di cinghiale in sardonica scolpitaa tutto tondo con dettagli descrittivi incisi,metà sec. XVI4!3!2 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

7. Galleria dei Lavori, FirenzeScatola tonda in lumachella con coperchioe cerniera d’oro liscia, sec. XVIII7!7!2,3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

8. Galleria dei Lavori, FirenzeCiotola rotonda liscia in calcedonio conmontatura in metallo dorato costituita da fasciaal labbro e piede rotondo, fine sec.XVI (coppa),fine XVII - inizi sec. XVIII (montatura).8,5!8,5!2,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

9. Galleria dei Lavori, FirenzeTazza a navicella in lumachella castracanecollegata al piedistallo con metallo dorato7!14!9 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

10. Galleria dei Lavori, FirenzeTabacchiera in agata borraccinata con coperchioe cerniera in metallo dorato,prima metà sec. XVIII6,5!8!2 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

11. Probabile manifattura cineseCoppa biansata con piede e manici in giadatremolite4,5!4!11 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

LA TRIBUNA DI GALILEO E LA SPECOLA FIORENTINA

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146 Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento

12. Galleria dei Lavori, FirenzePiatto ovale in calcedonio con montaturain filigrana d’argento, fine sec. XVI (coppa),sec. XVII (montatura).15,5!17!2,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

13. Galleria dei Lavori, FirenzeBlocco di quarzo ialino, con varie inclusioni,sagomato a monte trilobato a simulareun Calvario, seconda metà sec. XVI19!13!18 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

14. Galleria dei Lavori, FirenzePiatto ovale a pareti sottili in lapislazzuli,fine XVI - inizi sec. XVII9,5!8!1,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

15. Galleria dei Lavori, FirenzeCoppa liscia in calcedonio con striature rosatecon piedistallo raccordato da due cerchi metallicie piede ovale di colore rosso,fine XVI - inizi sec. XVII5,5!5,5!5,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

16. Galleria dei Lavori, FirenzeTabacchiera in diaspro con bismuto a profilomistilineo con baccellature alla basee sul coperchio, fine sec. XVIII5!4,5!2,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

17. Vasetto a forma di orcio in granitellodegli artisti a superficie liscia con due piccoleprese sporgenti5,5! 5,5!6 cm

Firenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

18. Galleria dei Lavori, FirenzeCoppa liscia in agata ovale con striaturee macchie brune e trasparenti, su piedistalloraccordato da fasce in metallo dorato e piede ovale,fine XVI - inizi sec. XVII6,5!4,5!5,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

19. Coppa in calcedonio a profilo esagonale,tonda e liscia all’interno, fine XVI - inizisec. XVII5!5,5!5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

20. Probabile manifattura turcaManico di pugnale in giada tremolite con racemid’oro intarsiati e incavi tondeggianti per pietre,seconda metà sec. XVI11!2!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

21. Galleria dei Lavori, FirenzeCoppa a sezione ovale in agata dendritica,con superficie liscia,fine XVI - inizi sec. XVII11,2!9!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

22. Galleria dei Lavori, FirenzeTazza in sardonica con striature brune, rotonda,liscia, ricavata in un solo pezzo, fine sec. XVI7!7!4,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

23. Galleria dei Lavori, FirenzeSaliera a sezione orizzontale rettangolarein calcedonio con fianchi sagomati e degradantiverso la base, fine XVI - inizi sec. XVII7,5!3!2,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

24. Galleria dei Lavori, FirenzeTazza ovale in calcedonio, forse munita in originedi cerchio metallico al labbro e alla base,fine XVI - inizi sec. XVII14!9,4!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

25. Galleria dei Lavori, FirenzePiatto liscio in calcedonio, ricavato in un solopezzo di calcedonio, con macchie giallastre striatea cerchi concentrici, fine XVI - inizi sec. XVII10,5!10,5!1 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

26. Galleria dei Lavori, FirenzeScatolina cilindrica in diaspro con superficie lisciae coperchio a cupoletta, poggiante su tre sferein calcedonio, sec. XVI4,5!4,5!5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

27. Galleria dei Lavori, FirenzeCoppa ovale in diaspro a superficie lisciacon piedistallo e anse a voluta in filigranad’argento, fine sec. XVI (coppa),sec. XVII (montatura).10!5,5!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

28. Galleria dei Lavori, FirenzeCiotola a sezione orizzontale rotonda in corniola,

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superficie liscia, labbro leggermente aggettante,fine XVI - inizi sec. XVII4,5!4,5!1,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

29. Galleria dei Lavori, FirenzeTabacchiera in agata con striature e punteggiatureviolacee, forma ottagonale, tracce di bordaturametallica lungo il labbro, sec. XVIII8,3!6,4!1 cm (tabacchiera); 8,1!6,3!0,4 cm(coperchio)Firenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

30. Galleria dei Lavori, FirenzeTazza in calcedonio con striature rosate e rossastre,forse munita originariamente di cerchio metallicoal labbro e alla base, fine sec. XVI5!5!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

31. Galleria dei Lavori, FirenzeTazzaovaleincalcedonio, fineXVI-inizisec.XVII14!9,4!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

32. Galleria dei Lavori, FirenzeTavolino col piano in calcedonio biancocon commessi di diaspri, corniole, lapislazzuli,con filettatura in oro, fine sec. XVI34!74!54 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

33. Bartolomeo BimbiPopone di Ponte a Cappiano, 1694.olio su tela; 113!93 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

34. Bartolomeo BimbiDue rami di pere e un’upupa, 1717olio su tela; 89,5!109,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

35.Modello in cera a grandezza naturale diNelumbium speciosum (fior di loto)30!42 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

36.Modello in cera a grandezza naturalediMagnolia grandiflora (magnolia)30!60 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

37.Modello in cera a grandezza naturale diLimon imperialis (limone della regina)19!8,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

38.Modello in ceraagrandezzanaturale diLimonsponginus (cedro spongino)16!14 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

39.Modello in cera a grandezza naturale diCucurbita melopepo clypeiformis(zucchetta a berlingozzo)12!12 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

40. Calco in gesso per realizzazionedi albicocche in cera30!6,5!7 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

41. Egisto TortoriBusto di Clemente Susini, bozzetto,seconda metà sec. XIXcm 25!12 cmFirenze,Museo di Storia NaturaleSezione di Zoologia “La Specola”

42. Cucurbita pepo (namkua), Anonasquamosa (fallacci), Fragaria? (litchi),modelli in terracotta della collezione di GeorgeEverard Rumph, sec. XVII7!8 cm, 9!7 cm, 7!18 cm

147Catalogo delle opere

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148 Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento

Firenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

43. Frutti diDaemonorops calapparia,probabilmente appartenuti alla collezionedi George Everard Rumph, sec. XVII20!8,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

44. Campione di calcite della collezionemineralogica di Niccolò Stenone,seconda metà sec. XVII25!12!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

45. Campione di Siderite donata da Deodatde Dolomieu nel 17888!8!8 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

46. Tre cucchiai d’avorio di arte afro-portoghesedel regno del Benin provenienti dalle raccoltemedicee, acquisiti nel 155525!5!3 cm; 25!5!3 cm; 26!5,2!3 cm.Firenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Antropologia ed Etnologia

47. Due clave di legno provenienti dal terzoviaggio di James Cook tra gli abitantidelle isole del Pacifico (1776-79)114!9!3 cm; 123!11!4 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Antropologia ed Etnologia

48.Bracciale di denti provenienti dal terzo viaggiodi James Cook tra gli abitanti delle isoledel Pacifico (1776-79)9,5!16!12 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Antropologia ed Etnologia

49. Due tapa policrome provenienti dal terzoviaggio di James Cook tra gli abitantidelle isole del Pacifico (1776-79)69!42,5 cm; 65!43 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Antropologia ed Etnologia

50. Campione dell’Erbario di Attilio Zuccagni,sec. XVIII32!45 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

51. Testina etrusca in travertino della Collezionesettecentesca Targioni Tozzetti20!13!10 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

52. Pipa in ceramica della Collezionesettecentesca Targioni Tozzetti8!6!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

53. Dendriti di manganese della Collezionesettecentesca Targioni Tozzetti

9!9!2 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

54. Formella di alabastro della Collezionesettecentesca Targioni Tozzetti19!14!0,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

55. Serie di quattro esemplari (formellee blocchi lucidati) della Collezionesettecentesca Targioni Tozzetti:“Marmor”, “Breccia”, “Verde diCorsica” e “Granito violetto”13,5!13,5!2 cm; 13!9!2 cm; 14!7!0,5 cm;12!7,5!3 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Mineralogia

56. Pacco dell’erbarioMicheli-Targioni Tozzettirelativo ad una raccolta monografica di PierAntonio Micheli (lecci, olmi, ecc.),sec. XVIII-XIX45!35!15 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

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Catalogo delle opere 149

57. Olotipo dell’ammoniteMortonicerasmichelii della Collezione settecentescaTargioni Tozzetti20!20!5 cm.Firenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Geologia e Paleontologia

58. Riccio marino fossile di Bolca dellaCollezione settecentesca Targioni Tozzetti7!8!4 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Geologia e Paleontologia

59. Corallo in lastra polita rinvenuto pressoVicenza della Collezione settecentescaTargioni Tozzetti22!18!3,5 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Geologia e Paleontologia

60. Alcuni molluschi gasteropodi dellaCollezione settecentesca Targioni TozzettiFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Zoologia “La Specola”

61. Erbario Cisalpino: legature in marocchinoottocentesche fatte realizzare da Filippo Parlatore

46!31!15 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

62. Campione dell’Erbario di Philip BarkerWebb32!45 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

63.Mandibola fossile di Anancus arvernensisdel Valdarno superiore, figurata da Filippo Nesti,1800 circa29!45!35 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Geologia e Paleontologia

64. Campione dell’Erbario di GiuseppeRaddi, 181732!45 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

65. Giornale per le incumbenze dell’aspiranteal posto di preparatore di animali, 1796Firenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Zoologia “La Specola”

66. Due scimmie leonine naturalizzate raccoltein Brasile da Giuseppe Raddi nel 181745!35!18 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Zoologia “La Specola”

67. Tre campioni di erbario dell’Erbario CentraleItaliano,metà sec. XIX32!45 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

68. Insetti Lepidotteri dall’antica collezioneentomologica del Museo64!37!6 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Zoologia “La Specola”

69. Ernesto BonaiutiRitratto di Jean-Louis Pons, 1830 circapastello su carta; 42!32 cmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

70. Jean Louis PonsCannocchiale astronomico, prima metàsec. XIX

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150 Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento

cartone; lunghezza 770 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

71. James ShortTelescopio a riflessione conmontatura equatoriale,seconda metà sec. XVIIIlegno, metallo; lunghezza 2050 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

72. DollondTelescopio rifrattore, sec. XVIIIottone; lunghezza 1800 mmfirmato «Dollond London»Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

73. Tito GonnellaTelescopio con montatura altazimutalepresentato al Terzo Congresso degli ScienziatiItaliani, 1841legno; lunghezza 3250 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

74. Giovan Battista DonatiTubo di telescopio conico per spettroscopia stellaredotato di movimento zenitale,seconda metà sec. XIXlegno; lunghezza 1600 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

75. Giuseppe MartelliSezione del Torrino della Specola con i telescopiall’interno, 1840 circaFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli UffiziFacsimile

76. Stella Battaglia, Gianni Magliettae Alberto TarchiModello di strumento dei passaggi di Sissondel secolo XVIII, 2009

TRIBUNA DI GALILEO

77. Ritratto di Filippo Parlatorein cornice ovale dorata84!72 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

78. Giuseppe MartelliArmatura che era stata fatta per cangiaredi posizione le colonne e rendere regolareil cortile e il portico che lo circonda, 1840 circa785!765 mmFirenze, Gabinetto Disegnie Stampe degli UffiziFacsimile

79. Giuseppe MartelliDisegno preparatorio per la realizzazionedelle decorazioni a stucco e in marmoper la Tribuna di Galileo. Decorazionedelle paraste, 1840 circa460!800 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli UffiziFacsimile

80. Giuseppe MartelliDisegno preparatorio per la realizzazionedelle decorazioni a stucco e in marmo per laTribuna di Galileo. Macchie solari, 1840 circa745!745 mmFirenze, Gabinetto di Disegni e Stampedegli UffiziFacsimile

8 1 .Giuseppe MartelliDisegno preparatorio per la realizzazionedelle decorazioni a stucco e in marmo per latribuna di Galileo. Microscopio, 1840 circa745!745 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli UffiziFacsimile

82. Luigi CalamaiAnatomia della Testuggine, serie di preparati

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Catalogo delle opere 151

in cera presentati alla Terza Riunionedegli Scienziati Italiani, 1841cera; 44!54!50 cmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Zoologia “La Specola”

83. Le opere di Galileo Galilei:prima edizione completa condotta

sugli autentici manoscritti palatinie dedicata a S.A.I. e R. Leopoldo IIGranduca di Toscana per opera di EugenioAlberi, 1842-1856.Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale

84. Saggi di naturali esperienze fattenell’Accademia del Cimento.Terza ed. fiorentina precedutada notizie storiche dell’Accademiastessa e seguitata da alcune aggiunte, 1841Firenze, Università degli Studi,Biblioteca di Scienze

85. Atti della Terza Riunionedegli Scienziati Italiani tenutain Firenze nel settembre del 1841, 1841Arezzo, collezione privata

86. Diario della Terza Riunione degli ScienziatiItaliani convocati in Firenze nella seconda metà

del settembre 1841, 1841Arezzo, collezione privata

87. Biglietto di ammissione alla Terza Riunionedegli Scienziati Italiani, appartenutoall’Architetto Pasquale Poccianticm 10!15Arezzo, collezione privata

88. G. Nideröst (incisore)Medaglia commemorativa della Terza Riunionedegli Scienziati Italiani, appartenuta al BaroneBettino Ricasoli, 1841argento; diametro 5,5 cmBrolio, Castello di Brolio,Collezione Ricasoli

89. Serie di documenti (inviti, circolari, lettere)relativi ai Congressi scientifici preunitaridall’Archivio delle Riunioni degli Scienziatiitaliani

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LA FISICA A FIRENZE NELL’OTTOCENTO. MACCHINE E MODELLI DA UTILIZZARE

1.Macchina elettrica a disco, inizi sec. XIXmogano, ottone, vetro; alt. 700base 750!330 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

2.Modello di vite di Archimede, seconda metàsec. XVIIIlegno, ottone, rame; alt 600,base 800!210 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

3. Nairne e BluntPiccola pompa pneumatica, 1774-1793legno, ottone, vetro; alt 450,base 410!270 mmFirmato: “Nairne & Blunt London”Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

4. Nairne e BluntApparecchio con leve, 1774-1793legno, ottone; alt. 550, larg. 280 mmFirmato: “Nairne & Blunt London”Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

5. Doppio cono e piano inclinato, inizi sec. XIXlegno; 520!260!130 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

6.Modello per innalzare obelisco, seconda metàsec. XVIIIlegno, ferro, ottone, avorio, marmo;alt 1300, base 590!590 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

7. Leopoldo NobiliBobina, 1830 circa

ferro, rame, seta; 70!23!10 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

8. Leopoldo NobiliBatteria, 1830 circalegno, ottone, rame, zinco;160!160!195 mm; elementi 115!115 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

9. Batteria a truogolo, inizi sec. XIXmogano, legno, rame, zinco; 393!88!92mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

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10. Declinometro a perno, fine XVIII -inizi sec. XIXardesia, acciaio, ottone; 1021!460 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

11. Ampolla per l’aurora elettrica,fine sec. XVIIIvetro, ottone, foglio di piombo;lungh 225, diametro 75 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

12. Camera a scoppio di eudiometro,fine sec. XVIIIrame, ottone, vetro; diametro 280 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

13. Watkins e HillMacchina idroelettrica di Armstrong, 1850 circaferro, ottone, vetro; 855!408Firmato: “Watkins & Hill, Charing Cross

London”Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

14. Leopoldo NobiliApparecchio a punte per metallocromie edue metallocromie,1860 e 1830 circaottone, piombo, vetro; alt.160,diametro 97 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

15. Leopoldo NobiliGalvanometro, 1830 circalegno, ottone, carta, piombo, acciaio;alt 210, diam. base 168 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

16. Leopoldo NobiliPila, 1829 circaottone, bismuto, antimonio; alt. 78,diametro 62 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

17. Leopoldo NobiliPila a scatola, 1830 circaottone, bismuto, antimonio; alt. 65,diametro 112 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

18. Apparecchio per correnti indotte, primametàsec. XIXmogano, ottone, rame; alt 1445,armadietto 795!530!1000 mmFirenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

19. Stella Battaglia e Gianni MigliettaModello funzionante di macchina elettrostaticaa strofinio del XIX secolo, 2009Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

20. Stella Battaglia e Gianni MigliettaModello funzionante di globo elettromagneticodi Leopoldo Nobili (1830 circa), 2009Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

21. Stella Battaglia e Gianni MigliettaRicostruzione di una camera oscura del XIXsecolo, 2009Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

22. Stella Battaglia e Gianni MigliettaModello funzionante di macchina per esperimenticon la forza centrifuga della fine del XVIII secolo,

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Catalogo delle opere 155

2009Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

23. Stella Battaglia e Gianni MigliettaModello funzionante di doppio cono salientedel XVIII secolo, 2009Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

24. Pianta del Museo di Fisica e StoriaNaturale, sec. XIXcarta acquarellata, 770!208 mmFirenze, Gabinetto Disegni e Stampedegli UffiziFacsimile

25. Giovan Battista AmiciMicroscopio composto, 1832-1862Ottone, vetro; alt. 410 mm,scatola 302!197!84 mmFirenze, Fondazione Scienza e Tecnica

26. Luigi Calamai (ceroplasta),Giovan Battista Amici (microscopista)Modello della fecondazione della zucca(Cucurbita pepo L.), 1836-1839cera su tavola di legno, mm 1000!610!200

Firenze, Museo di Storia Naturale.Sezione di Botanica

27. Luigi Calamai o Egisto Tortori(ceroplasti) attribuito, Giovan BattistaAmici (microscopista)Modello della fecondazione nell’orchidea

(Orchis morio L.), 1836-1839cera su tavola di legno, 640!440!160 mmFirenze, Museo di Storia NaturaleSezione di Botanica

28, Tavola del Taglio del terreno forato sullaPiazza di S.Maria Novella di Firenze perla ricerca delle acque sotterranee, sec. XIXcarta applicata su cartone e intelaiata;alt. 2450, larg. 565 mmFirenze, Fondazione Scienza e Tecnica

29. Tavola del Taglio del terreno forato sullaPiazza di S. Marco di Firenze per la ricercadelle acque sotterranee, sec. XIXcarta applicata su cartone e intelaiata;alt. 2300, larg. 565 mmFirenze, Fondazione Scienza e Tecnica

30. Filippo Cecchi, Giuseppe CaldiniGrande macchina elettrostatica, 1860 circamogano, ottone, rame, ebanite, vetro;alt. 1975, base 1540!786 mmFirmato: “FilippoCecchi, GiuseppeCaldiniFirenze”Firenze, Istituto e Museo di Storiadella Scienza (Museo Galileo)

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Apparati

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FONTI ARCHIVISTICHE

ARCHIVIO ISTITUTO E MUSEO DI STORIA DELLA SCIENZADI FIRENZE (IMSS)Archivio del Reale Museo di Fisica e Storia Naturale (Armu)Copia Lettere, 1830 e, in particolare:Copia Lettere, Proposizione per l’ammissione di Galgano Gori nelle officine

di fisica, 20 aprile 1830Copia Lettere, Lettera 1° settembre 1830Accoglimento, da parte della Segreteria di Corte, delle proposte formulate dal

direttore del Museo in merito alla consegna degli strumenti dell’osserva-torio astronomico ed alle osservazioni meteorologiche, ora che è mortol’astronomo delMuseo Pons,Nomina diGiovanBattistaAmici a suo suc-cessore, anche nella cattedra di astronomia dell’Università di Pisa, 16 ot-tobre - 22 novembre 1831

Copia Lettere,Per proporre nuovi ornamenti alla tribuna di Galileo come pit-ture a fresco, 1832

Copia Lettere. Progetto per l’osservatorio astronomico, 19 febbraio 1832Copia Lettere 1833, Istituzione delle cattedre e assegnazione ai rispettivi in-

segnanti il 27 febbraio 1833Copia Lettere, Al chiarissimo prof. Nobili. 27 febbraio 183, per annunciarli

la sua elezione al posto di professore di fisica nel R. Museo, 1833Copia Lettere, Proposta di coniare medaglie per compensare i donatori di og-

getti naturali, 18 febbraio 1835Copia Lettere, 1848Copia Lettere, 1858162-164, Filza Affari 1845-1846, n. 43

ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE (ASF)Antinori 15, 17 Dicembre 1843, Progetto di un Archivio Centrale di Osserva-

zioni Meteorologiche ItalianeAntinori, 15, Riordinamento delle macchine di fisica. Varie rappresentanze e

proposte del direttore AntinoriAntinori 15, Sulla destinazione dell’Imperiale e RealeMuseo di Fisica e Sto-

ria Naturale. Progetto del direttoreAntinori, 16 e, in particolare:Antinori, 16, Discorso per l’apertura delle lezioni di fisica e di storia natura-

le nell’Imperiale e realemuseo fiorentino da recitarsi il primomaggio 1833dal direttore di quello stabilimento

Antinori, 16, Parafulmini di San Francesco di Fiesole. Carta elettrograficadel convento di S. Francesco di Fiesole

Antinori 16, Sulla statua del sommo GalileoAntinori 19, carte non numerateAntinori, 28Archivio Gabinetto, 420, I, 278Fabbriche lorenesi, 1420, n. 1253; 2213 B

Fabbriche lorenesi, 2198; 2203Fabbriche lorenesi 2216, n. 120Imperiale e Reale Corte Lorenese, f. 5335-5336, Inventario delle macchine

che si conservano nell’osservatorio astronomico dell’Imperiale e RealeMu-seo di Fisica

Imperiale e Reale Corte Lorenese, f. 5336Catalogo delleMacchine che si con-servano nelle diverse Stanze della Fisica dell’Imp. E R. Museo

Imperiale e Real Corte 5383, n. 55; n. 4Regia Consulta 2251, n. 13.Scrittoio delle Fabbriche e Fortezze, 2866 e 3183Segreteria di Finanza, Busta 567, Protocolli Straordinari 29;Segreteria di Finanza 1846, s, cc. 141-168;

ARCHIVIO STORICO CASSA DI RISPARMIO DI FIRENZE (ASCRF)Verbali di Consiglio, 1829Vol. 10/11/12/13,Miscellanea 1829, Inserto di Conti dellaCassa di Rispar-

mio dal n. 1 al n. 29

ARCHIVIO STORICO DEL GABINETTO VIEUSSEUX (ASGV)Copialettere Vieusseux (CV)I, p. 66 Lettera del 16 agosto 1822I, p. 233 Lettera del 20 novembre 1822I, p. 488 Lettera del 7 aprile 1823III, p. 246 Lettera del 1° maggio 1824III, p. 134, Lettera del 7 dicembre 1826III, p. 621 Lettera del 18 novembre 1828III, p. 679 Lettera del 31 gennaio 1829 [a Glauco Masi]III, p. 703 Lettera del 4 marzo 1829IV, p. 9 Lettera del 28 aprile 1829V, p. 311 Lettera del 21 febbraio 1834V, p. 531 Lettera del 4 settembre 1834V, p. 480 Lettera del 4 novembre 1834

BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE DI FIRENZE (BNCF)Carteggi Vari, 37, 193Carte Vieusseux, 137, II, ins. 4Vieusseux, 43, 73, Lettera a GiuseppeGrassi, a Torino, del 10 giugno

1828Vieusseux, 137, II, 1, Journal-Itinéraire de mon voyage en Europe pendant

les années 1814, 1815, 1816 et 1817 pour les intérêts de Senn, Guebhardet C. de Livourne

Vieusseux, 137, II, 16, Quelques remarques sur la peste de Tunis en 1818-1819

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BIBLIOGRAFIA CITATA

POLIDORI s.d.L.E. POLIDORI, Dei vizi dei fluidi come cause di malattie, s.l. s.d.

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CORRIDI 1851Notizia storica scritta dal prof. Filippo Corridi direttore dell’I. e R. Isti-tuto Tecnico, in Rapporto generale della Pubblica Esposizione dei Prodot-ti naturali e industriali della Toscana, fatta in Firenze nel novembreMDCCCLnell’I. e R. Palazzo dellaCrocetta, Tipografia della Casa diCorrezione, Firenze 1851.

Rapporto 1851Rapporto generale della Pubblica Esposizione dei Prodotti naturali e in-dustriali della Toscana, fatta in Firenze nel novembre MDCCCL nell’I.e R. Palazzo dellaCrocetta, Tipografia della Casa di Correzione, Fi-renze 1851.

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163Bibliografia citata

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Arte e industria 1983Arte e industria a Firenze: la fonderia del Pignone, 1842-1954, Electa,Milano 1983.

CAPUTO CALLOUD 1984A. CAPUTO CALLOUD, Niccolò Puccini, Luigi Pampaloni e gli Orfanisulla rupe: cronistoria e significati romantici, «Ricerche di Storia del-l’Arte», 23 (1984), pp. 93-99.

L’eredità scientifica 1984L’eredità scientifica di Leopoldo Nobili: dibattito teorico e ruolo degli stru-menti nella fisica del primo Ottocento, catalogo della mostra (ReggioEmilia, Teatro municipale, 25 ottobre-18 novembre 1984), [Co-mune di Reggio Emilia], [Reggio Emilia] 1984.

Leopoldo Nobili 1984LeopoldoNobili e la cultura scientifica del suo tempo.Convegno di studi perla celebrazione del secondo centenario della nascita –Reggio Emilia, 25-27ottobre 1984, «Giornale di Fisica», XXV (1984), 3-4, pp. 163-385.

PAVANELLI 1984G. PAVANELLI,CosimoRidolfi, i “campagnoli” toscani e la Cassa di Ri-sparmio di Firenze in periodo preunitario, «Bollettino Storico Pisa-no», 1984, pp. 21-48.

SBRIGHI 1984G. SBRIGHI, La controversia Nobili-Faraday sull’induzione elettroma-gnetica, in Leopoldo Nobili e la cultura scientifica del suo tempo. Conve-gno di studi per la celebrazione del secondo centenario della nascita – Reg-gio Emilia, 25-27 ottobre 1984, «Giornale di Fisica», XXV (1984),3-4, pp. 69-95.

BRANCOLINI, NICCOLAI 1985L. BRANCOLINI, G. NICCOLAI, Filippo Pacini, con i lavori originalisui corpuscoli e il colera, sul microscopio e la retina, Edizioni del Co-mune di Pistoia, Pistoia 1985.

BRAVIERI 1985D. BRAVIERI, L’Osservatorio Ximeniano di Firenze, Tip. Baccini &Chiappi, Firenze 1985.

MINIATI 1985M.MINIATI, Nobili e l’ambiente fiorentino, in Leopoldo Nobili e la cul-tura scientifica del suo tempo, Atti del convegno internazionale distudi organizzato per celebrare il secondo centenario della nasci-ta di Leopoldo Nobili dall’Istituto per i Beni Culturali della Re-gione Emilia Romagna, dal Comune e dalla Provincia di ReggioEmilia e dall’Istituto Banfi (Reggio Emilia, 25-27 ottobre 1985),

a cura di G. Tarozzi, Nuova Alfa Editoriale, Bologna 1985, pp.41-51.

BARSANTI, ROMBAI 1986D. BARSANTI, L. ROMBAI, La “guerra delle acque” in Toscana. Storiadelle bonifiche daiMedici allaRiformaAgraria, EdizioniMedicea, Fi-renze 1986.

BRENNI, MISITI 1986P. BRENNI, M. MISITI, Costruttori italiani di strumenti scientifici delXIX secolo, «Nuncius», I (1986), 1, pp. 141-184.

LAPI BALLERINI 1986I. LAPI BALLERINI, Due episodi romantici in Santa Croce: le Cappelledi Sant’Antonio da Padova e dell’Immacolata Concezione, in Santa Cro-ce nell’800, catalogo della mostra (Firenze, Sepolcreto di SantaCroce, 1986), Firenze 1986, pp. 175-204.

Disegni dell’Ottocento 1987Disegni dell’Ottocento dalla collezione Batelli, catalogo della mostra(Firenze,GabinettoDisegni e Stampe degliUffizi,data??), a cu-ra di C. Sisi, Leo S. Olschki Editore, Firenze 1987.

Il governo di famiglia 1987Il governo di famiglia in Toscana: le memorie del granduca Leopoldo II diLorena 1824-1859, a cura di Franz Pesendorfer, Sansoni Editore,Firenze 1987.

PESENDORFER 1987aF. PESENDORFER, La Toscana dei Lorena. Un secolo di governo gran-ducale, Sansoni Editore, Firenze 1987.

PESENDORFER 1987bF. PESENDORFER, Leopoldo II di Lorena. La vita dell’ultimo Grandu-ca di Toscana, Sansoni Editore, Firenze 1987.

ANTONIOTTI 1988P. ANTONIOTTI,Gioacchino Taddei, 1792-1860. Uno studio sui rappor-ti fra chmica e fisiologia all’inizio dell’Ottocento, «Nuncius», III (1988),2, pp. 71-100.

CIUFFOLETTI 1988Z. CIUFFOLETTI, Piero Guicciardini e l’evoluzione della fattoria di Cu-sona nell’800, in Piero Guicciardini 1808-1886. Un riformatore religio-so nell’Europa dell’Ottocento, Atti del Convegno di Studi (Firenze,11-12 aprile 1986), a cura di L. Giorgi, M. Rubboli, Leo S. Ol-schki Editore, Firenze 1988, pp. 13-20.

GALLO MARTUCCI 1988A.GALLOMARTUCCI, IlConservatorio d’Arti eMestieri, terzaClasse del-l’AccademiadelleBelleArti diFirenze(1811-1850),MCS,Firenze1988.

La scienza degli strumenti 1988La scienza degli strumenti: Giovanni Battista Amici ottico, astronomo enaturalista, a cura di G. Tarozzi, «Giornale di Fisica», vol. 29(1988), 2-3, pp. 1-176.

165Bibliografia citata

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166 Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento

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La scienza degli strumenti 1989La scienza degli strumenti: GiovanBattistaAmici ottico, astronomo e na-turalista, a cura di G. Tarozzi, Accademia delle Scienze, Lettereed Arti, Modena 1989.

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COPPINI 1993R.P.COPPINI, IlGranducato diToscana dagli “anni francesi” all’Unità,Utet, Torino 1993.

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167Bibliografia citata

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Barsanti &Matteucci 2005Barsanti &Matteucci: i padri del motore a scoppio, un’invenzione che harivoluzionato il mondo, 1853-2003, a cura di E. Borchi, R. Macii, G.Ricci, Fondazione Barsanti e Matteucci, Lucca 2005.

Il calore della terra 2005Il calore della terra. Contributo alla storia della Geotermia in Italia, acura di M. Ciardi e R. Cataldi, Edizioni ETS, Pisa 2005.

MESCHIARI 2005A. MESCHIARI, Biografia di Giovanni Battista Amici (Modena 1786-Firenze 1863), in «Atti della Fondazione Giorgio Ronchi», LX(2005), 5, pp. 775-809.

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CHIAVISTELLI 2006A. CHIAVISTELLI,Dallo Stato alla nazione: costituzione e sfera pubbli-ca in Toscana dal 1814 al 1849, Carocci, Roma 2006.

Diari Ridolfi 2006Roma, Parigi, Torino: tra agronomia e tecnologia. Diari di viaggio di Co-

simo Ridolfi (1850, 1856, 1858) con appendice di scritti e documenti, conintroduzione e a cura di V. Gabbrielli, Fondazione Spadolini -Nuova Antologia, Le Monnier, Firenze 2006.

MESCHIARI 2006Edizione Nazionale delle opere e della corrispondenza di Giovanni Batti-sta Amici, vol. I, Opere edite, Memorie, Comunicazioni, Lettere scienti-fiche, a cura di A. Meschiari, Bibliopolis, Napoli 2006.

BARLETTI, NAPOLI 2007E. BARLETTI, I. NAPOLI, La Cassa di Risparmio di Firenze nel XIXsecolo. Ricognizioni delle fonti archivistiche e bibliografiche, Fondazio-ne Spadolini - Nuova Antologia, Le Monnier, Firenze 2007.

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TOGNONI 2008F. TOGNONI, Immagini di Galileo nella Toscana dei Lorena in Sovraninel Giardino d’Europa. Pisa e i Lorena, catalogo della mostra (Pisa,MuseoNazionalediPalazzoReale, 20 settembre -dicembre2008),a cura di Romano P. Coppini e A. Tosi, ed. Pacini, Pisa 2008.

VOLPI 2008A. VOLPI, Commercio e circuiti culturali. Giovan Pietro Vieusseux, unborghese di inizio Ottocento, Pacini, Pisa 2008.

BARBAGLI 2009aF. BARBAGLI, «Il tempio ove Galileo sorge siccome nume», con il con-tributo di A. Gambuti, in Il Museo di Storia Naturale dell’Universitàdegli Studi di Firenze. Le collezioni della Specola: zoologia e cere anato-miche, a cura di G. Barsanti e G. Chelazzi, Firenze UniversityPress, Firenze 2009, vol. I.

BARBAGLI 2009bF. BARBAGLI, Genesi e sviluppo delle collezioni, in Il Museo di StoriaNaturale dell’Università degli Studi di Firenze. Le collezioni della Spe-cola: zoologia e cere anatomiche, a cura di G. Barsanti e G. Chelaz-zi, Firenze University Press, Firenze 2009, pp. 57-77.

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Abbri Ferdinando 13n, 106nAiroldi Cesare 32, 40nAlbèri Eugenio 7Alberti Leon Battista 76Alibert Jean Louis 22Amici Giovanni Battista 3,4, 10-12, 13n,

36, 81, 82, 88-92, 104, 106n, 114, 130Ampère André Marie 41n, 88, 95Antinori Vincenzio 3, 4, 6-8, 10-12, 13n, 40n,

60-62, 67, 68, 73, 74, 76, 77, 82, 83n,85-105, 106n, 107n, 112-115, 117n

Antinori Niccolò 85Antonelli Giovanni 13nAntoniotti Paola 13nApolloni Gaetano 23, 27nArduino Giovanni 31Asburgo Lorena Maria Leopoldina

Josepha Caroline d’ 111Babbini Giovanni 85Baciocchi Elisa 112, 132n, 134nBagnoli Andrea 56Bagnoli Vincenzo 125Bain Alexander 5Baldassini Gaspero 57Barbagli Fausto 6, 7, 12, 65n, 106n, 117nBardi Luigi 76, 80Bardi Girolamo 3, 85, 87, 88, 101, 110, 111,

112, 114, 115, 117nBargagli Domenico 19Barlow Peter 103Barrois (ditta) 34, 40nBarsanti Eugenio 5, 13nBarsanti Danilo 13nBartolini Lorenzo 70, 71, 72, 75, 83nBarzellotti Giacomo 19, 27nBasevi Emanuele 23Batacchi Filippo 55Beccafumi Domenico 78Bellini Andrea 53Benci Antonio 40Benini Pasquale 10Bergman Torbern 25

Bernacchini Sabina 107nBerretti Niccolò 128Berthollet Claude Louis 18Berzelius Jöns Jacob 18Bettoni Giovanni 20Bezzuoli Giuseppe 67, 73-75Biagianti Ivo 13nBianchi Maria Chiara 13nBietoletti Silvestra 6, 8, 9, 11, 12, 13nBimboni Francesco 47, 54Boggi Francesco 80, 112, 120, 124, 131Bonaparte Napoleone vedi: Napoléon I

imperatore dei francesiBonaparte Charles Lucien Jules

Laurent, prince de Canino 13n, 59, 60,65n

Bonaparte Louis Lucien 13nBonechi Simone 106nBorelli Alfonso 76Bossi Maurizio 4, 12, 40nBrancolini Luigi 13nBravieri Dino 13nBreguet (ditta) 88Breislak Scipione 18Brenni Paolo 12, 13nBrogi Giacomo 16Broussais François Joseph Victor 23Brugnatelli Luigi Valentino 17, 34Brunelleschi Filippo 9Buch Leopold von 38Bufalini Maurizio 13nBuonazia Girolamo 128Burchi Vincenzio 124Burci Emilio 29Burgassi Pier Domenico 13nBüttner Frank 51nCabanis Pierre Jean Georges 23Cadet de Vaux Antoine Alexis 20Calamai Luigi 11, 13n, 92Calasanzio Giuseppe 80Calenzoli Francesco 109Cambi Ulisse 76

Cambiagi Carlo 48, 55Cambray Digny Luigi 45Camuccini Vincenzo 76, 83nCandolle Augustin Pyrame de 17, 33Canella Carlo 79Cantile Andrea 83nCapannelli Giovanni 54Capei Pietro 40nCapponi Gino 7, 43, 68, 71, 72, 87, 133nCaputo Calloud Annarita 83nCarbonaci Carla 85Carena di Muricce Francesco 135nCarpanetti Enrichetta 68Carradori Giovacchino 21, 26, 27nCasalini G. 56Casanti Damiano 134nCaselli Giovanni 5, 6Cassini Giovanni Domenico 75Castelli Benedetto 98, 100Catani Gaetano 53Catania Basilio 13nCavalieri Bonaventura 98, 100Cecchi Filippo 13nCecconi Aldo 13nCellai Giuseppe 124Chamberet Ernest de 126Chamisso Adelbert von 33Chaptal Jean Antoine Claude 16, 25Chiarugi Giuseppe 13nChiavistelli Antonio 117nCiampini Raffaele 106nCianfanelli Niccola 73, 74, 75, 78Ciardetti Domenico 16Ciaschi Giovanni 39Cicognara LeopoldoCinganelli Pietro 52Cioni Gaetano 16, 40nCiottoli 54Cisaplino Andrea 115Ciuffoletti Zeffiro 83nCocchi Igino 115, 116, 117nConfigliacchi Pietro 17

INDICE DEI NOMI

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Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento170

Contardi Simone 4, 6, 7, 11, 12, 13n,106n, 117n

Conti Giuseppe 83nContrucci Pietro 83nCoppini Romano Paolo 51n, 106n, 107nCorridi Filippo 61, 124-128, 130-132,

133n, 134n, 135n, 136nCorsi Lorenzo 41nCostoli Aristodemo 3, 76, 77, 83n, 99,

100, 101Cozzi Andrea 128, 134nCristofani Niccola 52Cuff John 88Cuppari Pietro 39Daguerre Louis 10D’Ambra Giuseppe 48De Caro Gaspare 106nDe Samuele Cagnazzi Luca 7Del Bravo Carlo 67, 83nDel Buono Candido 76Del Ricco Gaetano 13nDel Rosso Giuseppe 119Delessert Benjamin 24Demi Emilio 76Desideri Laura 83nDollond (ditta) 87Dolomieu Déodat Guy Silvain de 38Donati Giovanni Battista 92Droz Joseph Jérome 39, 41nDuboscq Jules 134nDumas Charles Louis 22Dupin Charles 20Dupré Giovanni 82, 83nFabbroni Giovanni 3, 20, 85, 110, 112,

119Faccioli S. 113Fantacchiotti Cesare 76Faraday Michael 94Fauchet Jean Antoine Joseph 119, 132nFellenberg Philipp Emmanuel von 37Fenzi Emanuele 8, 9Ferdinando III, granduca di Toscana 3,

109, 111, 112, 116Ferri Enrico 13nFérussac André Étienne d’Audebert de

34, 35, 40nFiacchi Luigi 86Figuier Louis Guillaume 6, 13nFocacci Francesco 119, 122Fontana Felice 3, 29, 64, 85, 88, 98, 109Fontenelle Jules 31Forti Francesco 41nFossombroni Vittorio 111, 112, 117n

Fourcroy Antoine François de 16Franceschini Baldassarre detto il

Volterrano 38, 74Froment Paul Gustave 6Frullani Giuliano 36, 40nFunaro Liana Elda 13n, 106n, 107nGalilei Galileo 7, 35, 61, 62, 72-74, 76-78,

80, 82, 85, 86, 90, 91, 98-101, 104, 106n,113, 128

Galli Giuseppe 111Gallizioli Filippo 22, 27nGalluzzi Paolo 133nGambuti Alessandro 83n, 106nGatteschi Giuseppe 22Gazzeri Giuseppe 7, 8, 13n, 16, 18, 19, 21,

27n, 30, 32, 34, 36, 39, 40n, 82, 87, 93Gérando Joseph Marie de 17, 33Gerbi Ranieri 26, 27n, 61Gherardi Giuseppe 81Giascomelli Giovanni 54Giatti Anna 12, 132nGiglioli Enrico Hillyer 116, 117nGinori Conti 133nGinori Lisci Carlo Leopoldo 47, 57Giordani Pietro 71, 72, 83nGiordano Luca 79Giorgi Eusebio 40nGiorgini Gaetano 36, 40nGiotto di Bondone 78Giroux Alphonse 10Giuntini Bartolomeo 23Giuntini Andrea 13nGliuli Giuseppe 16, 21, 27nGonnella Tito 6, 13nGordigiani Michele 89Gori Felice 7, 90Gori Guido 11, 12Gori Galgano 90, 106nGovi Gilberto 105, 128, 129, 130, 131, 135nGråberg från Hemsö Jacob 24Grassi Giorgio 50Grassi Giuseppe 41nGravesande Willem Jacob’s 88Grazzini Gaetano 76Grimaldi marchese, XIX secolo 10Guasti Cesare 83nGuerrazzi Giuseppe 39Guicciardini Piero 68, 72Guidi Leto 88Haert Felice 48, 53, 57Hall Orazio 133nHaüy René Just 18Haydn Franz Joseph 101

Humboldt Friedrich Heinrich Alexandervon 32, 33, 38

Humphry Davy 16, 17, 25Inghirami Giovanni 4, 13, 40n, 80Ingres Jean Auguste Dominique 71Izunnia Ant. M. 83nKendall (ditta) 87Lalande Joseph Jérome 29, 40nLambruschini Raffaello 4, 7, 11, 12, 13n, 29,

32, 39, 40n, 51n, 68-70, 72, 127, 134nLandeschi Giovan Battista 26, 27nLarderel François de 126Lasinio Ferdinando 63Lastri Marco 26, 27nLavoisier Antoine Laurent 16, 29Lenoir 132nLeonardo da Vinci 75, 78, 128Leoni Francesco 81Leopardi Giacomo 36, 40nLeopold II imperatore 3, 9, 10, 29, 74, 102,

110Leopoldo II, granduca di Toscana 3-5, 7, 8,

12, 13n, 43, 59-61, 64, 67, 68, 71, 73, 74,76, 78, 85-87, 91, 94, 99, 102, 112, 115,123, 124, 128, 130, 131

Leslie John 88Libri Guglielmo 40nLiverati Carlo Ernesto 8, 59, 63, 80, 86Lorena Leopoldo II di vedi: Leopoldo II,

granduca di ToscanaLorena Pietro Leopoldo di vedi: Leopold

II imperatoreLorenzo, il Magnifico vedi: Medici,

Lorenzo de’Luciani Paola 83nLudovico Sforza, detto il Moro 75Lullin de Châteauvieux Jacob Frédéric

33, 38, 41nLusini Giovanni 76Magalotti Lorenzo 75Magi Luigi 76Magini Manlio 51nMalthus Thomas Robert 20Manetti Giuseppe 67Manetti Antonio 78Manteri Giuseppe 81Maria Luisa, regina d’Etruria 85, 109, 110Marini Antonio 78, 83nMariotti Filippo 135nMarsili Ferdinando 29Martelli Giuseppe 62, 63, 73, 76, 77, 78, 79,

81, 83n, 100Martellini Gaspero 73, 74, 75, 78

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Indice dei nomi 171

Martini Bernardi Giuseppe 51nMascagni Paolo 39Masi Glauco 40nMatteucci Felice 5, 13nMatteucci Carlo 9Matucci Benedetta 77, 83n, 101, 107nMazzi Maria Cecilia 83nMazzi Gaspero 11, 101, 114Medici Ferdinando II de’, granduca di

Toscana 74Medici Leopoldo de’ 74Medici Lorenzo de’ 86Melloni Macedonio 105Meneghini Giuseppe 115, 117nMenici Giuseppe 83nMeschiari Alberto 13n, 92, 106nMichelagnoli Tommaso 10Micheli Pier Antonio 29, 115Miniati Mara 12, 13n, 40n, 106n, 132nMinucci Ferdinando 46Mirbel Charles François Brisseau de 20Misiti Massimo 13nMoggi cavaliere 43Moggi Raimondo 125Montani Giuseppe 41nMoricci Giuseppe 73Morin Arthur Jules 126, 133n, 134nMorolli Gabriele 83nMortillaro Vincenzo 37, 41nMusschenbroek Petrus van 88Nairne Edward 96Napoléon I imperatore dei francesi 39, 59, 75Natterer 134nNencini Lorenzo 76Neppi Modona Leo 41nNerini Filippo 45Nesti Filippo 11, 40n, 82, 85, 87, 101, 114Nesti Angelo 133nNiccolai Giancarlo 13nNiccoli Magnano Antonio 47, 57Nobili Leopoldo 3, 4, 11, 12, 13n, 36, 41n,

82, 89, 92, 93, 94, 95, 97, 101, 102, 103,105, 106n, 114

Nollet Jean Antoine 88Pacini Filippo 4, 13nPagni Giuseppe 13nPallas Peter Simon 38Palloni Gaetano 21, 27nPampaloni Luigi 71, 72, 75, 82Paoli Domenico 40nParlatore Filippo 61, 82, 105, 114, 115, 116Parmentier Antoine Augustin 20Pasqui Leopoldo 80

Passerini Giorgio 26, 27n, 68Passerini Carlo 40n, 114Pasta Renato 106nPavanelli Giovanni 51nPedro di Braganza 111Pentland Joseph Barclay 89Pepe Gabriele 71Perreaux Louis Guillaume 134nPeruzzi Ubaldino 126Peschier Jean 33Pesendorfer Franz 13nPezzali Luigi 52Piatti Guglielmo 16, 23, 25Piccoli Giovanni 10Pictet Marc Auguste 25, 33, 65nPictet de Rochemont Charles 33Pieche Giuseppe 48Pietro Leopoldo di Lorena vedi: Leopold

II imperatorePigli Carlo 23Pilla Leopoldo 37Poccetti Bernardino 74Poccianti Pasquale 61Pochini [N] 109Polidori Luigi Eustachio 23, 27nPollet 17Pons Jean Louis 10, 90, 106nPonticelli Guglielmo 13nPozzi Francesco 76Presenti Enrico 9, 81Priestley Joseph 29Pucci Giuseppe 43, 50Pucci Carlo 43, 56Pucci Orazio Carlo 48, 57Puccini Niccolò 68, 72, 73Puliti Tito 102Quesnay François 16Raddi Giuseppe 40n, 111, 112, 117nRaffaello Sanzio 71Rannelli 124Reboul Eugène de 40nRedi Francesco 90Regnault Henri Victor 134Reichenbach Georg Friedrich von 10, 86,

88, 96Repetti Emanuele 18, 30, 31, 32, 37, 39,

40n, 41nRicasoli Bettino 7, 127, 130, 131, 134nRicci Lapo de’ 4, 39, 41n, 51n, 70Ricci Vittorio 52Richerand Anthelme 23, 27nRidolfi Cosimo 3, 4, 6-8, 11, 12, 13n, 18,

21, 27n, 32, 36, 37, 39, 40n, 41n, 43, 45,

46, 51n, 52, 62-64, 68-70, 72, 76, 78, 79,83n, 87, 126, 127, 130-132, 134n, 135n,136n

Rinaldini Carlo 75, 97Rinuccini Pier Francesco 43, 68Romagnosi Gian Domenico 40nRomanelli Pasquale 75Rombai Leonardo 13nRomby Giuseppina Carla 51nRosini Giovanni 63, 65n, 76, 83nRospigliosi Giuseppe, principe 89, 110, 111Rosselli Del Turco Luigi 119Rousseau Jean Jacques 68, 83nRozier 20Ruhmkorff Heinrich Daniel 134nRumford Benjamin Thompson vedi:

Thompson, Benjamin, conte RumfordSabatelli Giuseppe 76Sabatelli Luigi 73-76, 78, 83nSabatelli Luigi, figlio 76Sani Luigi 124Santarelli Emilio 76Santi Giorgio 29-32, 40nSarti Paolo 80Saussurre Horace Bénédict de 18, 33, 38Savi Gaetano 27Savi Paolo 114, 117nSbrighi Giampiero 106nSchiff Ugo 117nSéguin Marc 80Semplici S. 51nSenebier Jean 31, 32, 40nSenefelder Alois 86Senn Pietro 8, 40n, 41nSermoni Luigi 54Serristori Luigi 70, 126Settimi Clemente 74Severini Magnano Vincenzio 53Sforza Ludovico vedi: Ludovico Sforza,

detto il MoroShelley Mary 23Signorini Giovanni 75Silvestri Giovanni Battista 78Sinclair John 22Sisi Carlo 83nSismondi Jean Charles Léonard Simonde

de 33Sloane Francesco 133Socci Vincenzio 47, 53Soleil (ditta) 134nSpallanzani Lazzaro 31Spalletti Ettore 83nSporti Pietro 57

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Firenze Scienza. Le collezioni, i luoghi e i personaggi dell’Ottocento172

Stäel Anne Louise Germaine Necker,Mme de 33

Stella Anton Fortunato 40nSusini Clemente 109Tacci Ranieri 55Taddei Gioacchino 8, 13n, 21, 25, 27n, 40nTanzini Numa Pompilio 77, 80, 82, 83n, 101Targioni Tozzetti Giovanni 20, 29, 30, 31,

40n, 90, 115Targioni Tozzetti Ottaviano 21, 27, 29, 30,

36, 40n, 87, 115Targioni Tozzetti Antonio 25, 36, 40n, 119,

120, 121, 122, 132n, 133n, 134nTargioni Tozzetti Adolfo 128, 134nTartini Salvatici Ferdinando 40n, 56, 70Tartini Salvatici Pietro 48Thaer Albrecht Daniel 25

Thaon Giovan Battista 22Thompson Benjamin conte Rumford 21, 88Thomson Thomas 18Thornton Robert john 23Tognarini Ivano 133nTognoni Federico 106nTommaseo Niccolò 68, 69, 77, 78, 81, 82,

83nTonini Lucia 41nTorricelli Evangelista 72, 98, 99, 100Torrigiani Piero 62Turchini Lorenzo 7Turchini Raffaello 130Uccelli Filippo 109, 117nVallisnieri Antonio 29Vannini Ottavio 74Vauquelin Louis Nicolas 23

Vieusseux Giovan Pietro 3, 4, 7, 11, 13n,15, 18, 24, 26, 27n, 29, 31-39, 40n, 41n,59, 68-72, 77, 83n, 87, 93, 94, 102, 106n

Vieussuex Pierre 33Viviani Vincenzo 72, 80, 98-100Volpi Alessandro 4, 12, 13n, 27n, 40n, 51, 106Volta Alessandro 34, 75, 88, 94, 95Volterrano, il vedi: Franceschini

Baldassarre detto il VolterranoWatson William 29Webb Philip Barker 114, 116Werner Abraham Gottlob 38Wollaston William Hyde 93Ximenes Leonardo 4Young Arthur 26, 29, 40nZaccherelli Guido 51nZach Franz Xaver von 34

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FINITO DI STAMPARE IN FIRENZE

PRESSO LA TIPOGRAFIA EDITRICE POLISTAMPA

NEL MESE DI OTTOBRE 2009

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