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Ugo Finetti I l “caso italiano” del Patriottismo è quello di una nazione in cui nel corso del Novecento, in ogni dopoguerra, il proprio passato è stato in blocco messo sotto accusa e la Patria precedente è sta- ta processata, condannata e rifiutata con una radicalità che ha originato o ha sfiorato una “guerra civile”. Il Patriottismo italiano filiato dal Risorgi- mento animando la creazione di uno stato uni- tario - nel segno di fratellanza e libertà e sulla base di comuni radici passate e aspirazioni fu- ture - nel corso di un secolo e mezzo ha quindi conosciuto evoluzioni e diaspore che vedono oggi il Patriottismo nazionale con connotazio- ni del tutto diverse ed anche contestato o con proposte alternative: dal leghismo separatista al globalismo inclusivista (“mille patrie, mille etnie”). E’ il risultato di una vita nazionale partico- larmente conflittuale che ha minato alla base una categoria centrale dell’originario Patriot- tismo Risorgimentale e cioè “la territorialità” come identità e patria comune, travagliata e contraddetta da un lato dalla “questione meri- dionale” fino alla “questione settentrionale” (che fanno maledire l’unificazione nazionale come entità matrigna) e dall’altro dalla con- troversa storia del confine orientale che – al centro delle guerre d’indipendenza e poi della partecipazione ai conflitti “mondiali” – ha vis- suto un ingorgo contraddittorio tra irredenti- smo e autonomismo, esaltazione di identità na- zionale e rivendicazione di irriducibile speci- fico “danubiano” e nostalgie asburgiche. Una impossibile memoria condivisa carat- terizza l’Italia descritta da Piero Calamandrei (nel suo “Commentario sistematico alla Costi- tuzione italiana” del 1950) come un Paese “a pareti elastiche e a temperatura variabile”, “destinato a vivere in una prolungata crisi di crescenza e a dilatarsi via via che sopravven- gono le esigenze di diverse esperienze”. Al nostro Patriottismo manca un “mini- mum” di Memoria condivisa perché quella ita- liana è soprattutto una Memoria traumatizzata da tre dopoguerra non “gioiosi”. Nel primo do- poguerra, all’indomani della “Grande Guerra” è finita sotto processo l’Italia liberale e nel se- gno della “Vittoria mutilata” se ne è prefigu- rato il superamento violento poi sfociato nel Fascismo. Nel secondo dopoguerra a finire sotto pro- cesso fu sì l’Italia fascista, ma anche, nuova- mente, l’Italia liberale e nel segno della “Mor- te della Patria” che vedeva come principale imputato la monarchia liberal-fascista si dette vita alla Repubblica. Nel terzo dopoguerra, quello della fine della “guerra fredda” dopo la caduta del Muro di Berlino è andata sotto processo l’Italia repub- blicana e nel segno di “Tangentopoli” è nata la Seconda Repubblica con alle spalle una ge- nerale eccezione d’infamia su tutti i precedenti regimi: repubblicano, fascista e liberale. Abbiamo così avuto una evoluzione del Pa- triottismo italiano secondo quattro stadi: il Pa- triottismo Risorgimentale con al centro il Ter- ritorio attraverso guerre di unificazione poi venne poi traumaticamente commutato nel Pa- triottismo Fascista che trasformava la stessa centralità del Territorio sostituendo la catego- ria della “liberazione” con quella della “con- quista” ed al binomio “Nazione e Libertà” pre- ferì il “Impero e Popolo” secondo l’intento di allargare il consenso e di forgiare un nuovo modello italico. Nel terzo stadio, dopo il 1945, abbiamo avu- to il Patriottismo Costituzionale, un Patriotti- smo non più di conquista territoriale, ma pa- cifista con come categoria centrale i Valori di un antifascismo che non ha tanto difeso un ter- ritorio, ma si è soprattutto smacchiato dei re- gimi passati. Infine, dal 1992, la nascita della Seconda Repubblica ha coinciso con lo sviluppo di un quarto stadio del Patriottismo italiano nel qua- dro di un contesto di “globalizzazione” inclu- siva che ha al centro non il territorio né la con- divisione di una storia passata di lotte e ideali, ma la legalità secondo parametri indipendenti dalla identità nazionale. Il passato nazionale è anzi considerato come un “handicap” da ripu- lire e riscattare portando “questo Paese” a pa- rametri sovranazionali: la Patria come “for- mat” secondo “standard” internazionali, un Patriottismo “politically correct” che è deno- minato Cittadinanza nazionale. Il Patriottismo Risorgimentale cresciuto co- me una riunificazione territoriale secondo gli ideali di fratellanza e di libertà fu minato da quattro “eccezioni”. La prima era la autonomia locale che poi prenderà la forma in particolare di “questione meridionale” in quanto si accu- serà il governo torinese dell’ex re di Sardegna di non saper personificare l’unità nazionale in- troducendo una legislazione non di libertà, ma di vessazione. La seconda “eccezione” fu la sudditanza che era effetto anche di un contesto di internazio- nalismo massonico. Al Risorgimento si rim- proverava una non granitica e limpida autono- mia nel senso che per il raggiungimento del- l’unità nazionale si pagarono però prezzi sul piano dell’indipendenza: dalla bandiera trico- lore nata come vessillo collaborazionista che sostituiva il blu francese con il colore più ad esso simile all’ingresso nella Milano “liberata” di Vittorio Emanuele II a cavallo con a fianco Napoleone III, dalla acquisizione del Veneto in modo umiliante come “regalo” francese in quanto nel 1866 all’Italia, al tavolo delle trat- tative, non era riconosciuto lo “status” di na- zione vittoriosa dopo le sconfitte subite da ma- rina ed esercito fino alla occupazione di Roma sull’onda di manifestazioni in cui si gridava: “Viva la Prussia”, “Abbasso la Francia”. Lo Stato unitario - fallito il ‘48 italiano – prese forma esponendosi alla tesi di una rea- lizzazione straniera. Per chi ci studia dal- l’esterno come l’ungherese Istvàn Bibò (nel suo “Isteria tedesca, paura francese, insicurez- za italiana”) è evidente che: “la causa princi- pale del costituirsi dell’Italia unita non fu l’ir- resistibile movimento nazionale italiano, bensì la necessità di colmare in qualche modo un certo vuoto in mezzo all’Europa”, creare da parte inglese e francese uno Stato “cuscinetto” contro gli imperi centrali. Uno Stato unitario realizzato di fatto non attraverso un movimen- to popolare nazionale, ma una serie di conqui- ste militari dovute soprattutto a truppe e regìa straniere è pure uno Stato senza il mito di una spada nazionale. Le tre guerre di indipendenza possono esse- re infatti lette come tre sconfitte sul piano mi- litare: nel 1849 Carlo Alberto lascia il trono dopo aver perso a Novara contro Radetzsky; nel 1859 Cavour si dimette: si è conquistata la Lombardia, ma gli italiani non sono stati in grado di assicurare ai francesi sul campo di battaglia il supporto necessario per proseguire la guerra anche per il Veneto di fronte alla mi- naccia prussiana; nel 1866 il Veneto è final- mente “conquistato” grazie esclusivamente ai francesi. Il sangue francese versato non fu all’epoca inferiore a quello italiano, ma come nel caso della Liberazione del 1945 l’Italia esclude sistematicamente dalle celebrazioni gli anglo-americani grazie ai quali furono scon- fitti tedeschi e fascisti, così nelle celebrazioni del 150° vengono esclusi i francesi perché non siamo ancora in grado di ammettere la verità storica e cioè che a loro dobbiamo la caduta del dominio austriaco su Milano e Venezia. La terza “eccezione” che mina il Patriotti- smo risorgimentale riguarda la diaspora inter- na, la netta divisione in seno ai “padri della Pa- tria”, il quadro di contrapposizione radicale e reciprocamente delegittimante. Non si tratta solo della divaricazione tra monarchici e re- pubblicani, liberali e democratici, ma l’aspro contrasto e l’aperta sfiducia che caratterizza- rono la stessa fase “costituente” del Parlamen- to nazionale con la contrapposizione plateale tra i protagonisti, gli “eroi”, della conquista territoriale e cioè Garibaldi e Cavour. Una idealità e una Patria di diverso segno emergo- no nell’immediato dopoguerra “unitario” con Giuseppe Garibaldi, all’epoca deputato di Na- poli, che diserta le iniziali sedute del Parla- mento nazionale preferendo arringare gli ope- rai genovesi definendo il ministero di Cavour un “governo di codardi” ed il nuovo Parlamen- to nazionale una “assemblea di lacché”. Quan- do Garibaldi finalmente mette piede nell’As- semblea parlamentare, il 18 aprile 1861, è per scagliarsi contro il governo tanto che il presi- dente Rattazzi dovette intervenire per censu- rare il verbale della seduta e non immortalare l’attacco di Garibaldi a Cavour. I numeri dello scontro tra i “padri della Patria” furono – con sdegnata astensione di Garibaldi - 194 contro 77. Un Parlamento che sin dall’inizio rispec- chiava una patria neonata avvelenata. Particolarmente rilevante e inquietante fu poi la quarta “eccezione” e cioè quella della rappresentanza priva di un radicato e mobili- tato consenso. Nel 1870 - rileva Ivanoe Bonomi in “La po- litica italiana da Porta Pia a Vittorio Veneto” - gli uomini politici si muovono “in mezzo ad un popolo indifferente od ostile”. “In tutti i di- scorsi dell’epoca – prosegue - si lamenta in- fatti l’esistenza di un paese legale quasi estra- A OGNI SVOLTA POLITICA, LA MESSA IN STATO DACCUSA DELLA PRECEDENTE IDENTITÀ NAZIONALE IL NOVECENTO E IL CASO ITALIANO DEI PATRIOTTISMI1-2 / 2011 CRITICAsociale 13 120 anni di Critica Sociale in 150 anni di Unità d’Italia Dalla mostra sui 120 anni di Critica Sociale

A OGNI SVOLTA POLITICA LA MESSA IN STATO D ACCUSA … · nel corso del Novecento, in ogni dopoguerra, il proprio passato è stato in blocco ... Al Risorgimento si rim-proverava una

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Page 1: A OGNI SVOLTA POLITICA LA MESSA IN STATO D ACCUSA … · nel corso del Novecento, in ogni dopoguerra, il proprio passato è stato in blocco ... Al Risorgimento si rim-proverava una

Ugo Finetti

I l “caso italiano” del Patriottismoè quello di una nazione in cuinel corso del Novecento, in ogni

dopoguerra, il proprio passato è stato in bloccomesso sotto accusa e la Patria precedente è sta-ta processata, condannata e rifiutata con unaradicalità che ha originato o ha sfiorato una“guerra civile”.

Il Patriottismo italiano filiato dal Risorgi-mento animando la creazione di uno stato uni-tario - nel segno di fratellanza e libertà e sullabase di comuni radici passate e aspirazioni fu-ture - nel corso di un secolo e mezzo ha quindiconosciuto evoluzioni e diaspore che vedonooggi il Patriottismo nazionale con connotazio-ni del tutto diverse ed anche contestato o conproposte alternative: dal leghismo separatistaal globalismo inclusivista (“mille patrie, milleetnie”).

E’ il risultato di una vita nazionale partico-larmente conflittuale che ha minato alla baseuna categoria centrale dell’originario Patriot-tismo Risorgimentale e cioè “la territorialità”come identità e patria comune, travagliata econtraddetta da un lato dalla “questione meri-dionale” fino alla “questione settentrionale”(che fanno maledire l’unificazione nazionalecome entità matrigna) e dall’altro dalla con-troversa storia del confine orientale che – alcentro delle guerre d’indipendenza e poi dellapartecipazione ai conflitti “mondiali” – ha vis-suto un ingorgo contraddittorio tra irredenti-smo e autonomismo, esaltazione di identità na-zionale e rivendicazione di irriducibile speci-fico “danubiano” e nostalgie asburgiche.

Una impossibile memoria condivisa carat-terizza l’Italia descritta da Piero Calamandrei(nel suo “Commentario sistematico alla Costi-tuzione italiana” del 1950) come un Paese “apareti elastiche e a temperatura variabile”,“destinato a vivere in una prolungata crisi dicrescenza e a dilatarsi via via che sopravven-gono le esigenze di diverse esperienze”.

Al nostro Patriottismo manca un “mini-mum” di Memoria condivisa perché quella ita-liana è soprattutto una Memoria traumatizzatada tre dopoguerra non “gioiosi”. Nel primo do-poguerra, all’indomani della “Grande Guerra”è finita sotto processo l’Italia liberale e nel se-gno della “Vittoria mutilata” se ne è prefigu-rato il superamento violento poi sfociato nelFascismo.

Nel secondo dopoguerra a finire sotto pro-cesso fu sì l’Italia fascista, ma anche, nuova-mente, l’Italia liberale e nel segno della “Mor-te della Patria” che vedeva come principaleimputato la monarchia liberal-fascista si dettevita alla Repubblica.

Nel terzo dopoguerra, quello della fine della“guerra fredda” dopo la caduta del Muro diBerlino è andata sotto processo l’Italia repub-blicana e nel segno di “Tangentopoli” è natala Seconda Repubblica con alle spalle una ge-nerale eccezione d’infamia su tutti i precedentiregimi: repubblicano, fascista e liberale.

Abbiamo così avuto una evoluzione del Pa-triottismo italiano secondo quattro stadi: il Pa-triottismo Risorgimentale con al centro il Ter-ritorio attraverso guerre di unificazione poivenne poi traumaticamente commutato nel Pa-triottismo Fascista che trasformava la stessacentralità del Territorio sostituendo la catego-ria della “liberazione” con quella della “con-quista” ed al binomio “Nazione e Libertà” pre-ferì il “Impero e Popolo” secondo l’intento di

allargare il consenso e di forgiare un nuovomodello italico.

Nel terzo stadio, dopo il 1945, abbiamo avu-to il Patriottismo Costituzionale, un Patriotti-smo non più di conquista territoriale, ma pa-cifista con come categoria centrale i Valori diun antifascismo che non ha tanto difeso un ter-ritorio, ma si è soprattutto smacchiato dei re-gimi passati.

Infine, dal 1992, la nascita della SecondaRepubblica ha coinciso con lo sviluppo di unquarto stadio del Patriottismo italiano nel qua-dro di un contesto di “globalizzazione” inclu-siva che ha al centro non il territorio né la con-divisione di una storia passata di lotte e ideali,ma la legalità secondo parametri indipendentidalla identità nazionale. Il passato nazionale èanzi considerato come un “handicap” da ripu-lire e riscattare portando “questo Paese” a pa-rametri sovranazionali: la Patria come “for-mat” secondo “standard” internazionali, unPatriottismo “politically correct” che è deno-minato Cittadinanza nazionale.

Il Patriottismo Risorgimentale cresciuto co-me una riunificazione territoriale secondo gliideali di fratellanza e di libertà fu minato daquattro “eccezioni”. La prima era la autonomia

locale che poi prenderà la forma in particolaredi “questione meridionale” in quanto si accu-serà il governo torinese dell’ex re di Sardegnadi non saper personificare l’unità nazionale in-troducendo una legislazione non di libertà, madi vessazione.

La seconda “eccezione” fu la sudditanza cheera effetto anche di un contesto di internazio-nalismo massonico. Al Risorgimento si rim-proverava una non granitica e limpida autono-mia nel senso che per il raggiungimento del-l’unità nazionale si pagarono però prezzi sulpiano dell’indipendenza: dalla bandiera trico-lore nata come vessillo collaborazionista chesostituiva il blu francese con il colore più adesso simile all’ingresso nella Milano “liberata”di Vittorio Emanuele II a cavallo con a fiancoNapoleone III, dalla acquisizione del Venetoin modo umiliante come “regalo” francese inquanto nel 1866 all’Italia, al tavolo delle trat-tative, non era riconosciuto lo “status” di na-zione vittoriosa dopo le sconfitte subite da ma-rina ed esercito fino alla occupazione di Romasull’onda di manifestazioni in cui si gridava:“Viva la Prussia”, “Abbasso la Francia”.

Lo Stato unitario - fallito il ‘48 italiano –prese forma esponendosi alla tesi di una rea-

lizzazione straniera. Per chi ci studia dal-l’esterno come l’ungherese Istvàn Bibò (nelsuo “Isteria tedesca, paura francese, insicurez-za italiana”) è evidente che: “la causa princi-pale del costituirsi dell’Italia unita non fu l’ir-resistibile movimento nazionale italiano, bensìla necessità di colmare in qualche modo uncerto vuoto in mezzo all’Europa”, creare daparte inglese e francese uno Stato “cuscinetto”contro gli imperi centrali. Uno Stato unitariorealizzato di fatto non attraverso un movimen-to popolare nazionale, ma una serie di conqui-ste militari dovute soprattutto a truppe e regìastraniere è pure uno Stato senza il mito di unaspada nazionale.

Le tre guerre di indipendenza possono esse-re infatti lette come tre sconfitte sul piano mi-litare: nel 1849 Carlo Alberto lascia il tronodopo aver perso a Novara contro Radetzsky;nel 1859 Cavour si dimette: si è conquistata laLombardia, ma gli italiani non sono stati ingrado di assicurare ai francesi sul campo dibattaglia il supporto necessario per proseguirela guerra anche per il Veneto di fronte alla mi-naccia prussiana; nel 1866 il Veneto è final-mente “conquistato” grazie esclusivamente aifrancesi. Il sangue francese versato non fuall’epoca inferiore a quello italiano, ma comenel caso della Liberazione del 1945 l’Italiaesclude sistematicamente dalle celebrazioni glianglo-americani grazie ai quali furono scon-fitti tedeschi e fascisti, così nelle celebrazionidel 150° vengono esclusi i francesi perché nonsiamo ancora in grado di ammettere la veritàstorica e cioè che a loro dobbiamo la cadutadel dominio austriaco su Milano e Venezia.

La terza “eccezione” che mina il Patriotti-smo risorgimentale riguarda la diaspora inter-na, la netta divisione in seno ai “padri della Pa-tria”, il quadro di contrapposizione radicale ereciprocamente delegittimante. Non si trattasolo della divaricazione tra monarchici e re-pubblicani, liberali e democratici, ma l’asprocontrasto e l’aperta sfiducia che caratterizza-rono la stessa fase “costituente” del Parlamen-to nazionale con la contrapposizione platealetra i protagonisti, gli “eroi”, della conquistaterritoriale e cioè Garibaldi e Cavour. Unaidealità e una Patria di diverso segno emergo-no nell’immediato dopoguerra “unitario” conGiuseppe Garibaldi, all’epoca deputato di Na-poli, che diserta le iniziali sedute del Parla-mento nazionale preferendo arringare gli ope-rai genovesi definendo il ministero di Cavourun “governo di codardi” ed il nuovo Parlamen-to nazionale una “assemblea di lacché”. Quan-do Garibaldi finalmente mette piede nell’As-semblea parlamentare, il 18 aprile 1861, è perscagliarsi contro il governo tanto che il presi-dente Rattazzi dovette intervenire per censu-rare il verbale della seduta e non immortalarel’attacco di Garibaldi a Cavour. I numeri delloscontro tra i “padri della Patria” furono – consdegnata astensione di Garibaldi - 194 contro77. Un Parlamento che sin dall’inizio rispec-chiava una patria neonata avvelenata.

Particolarmente rilevante e inquietante fupoi la quarta “eccezione” e cioè quella dellarappresentanza priva di un radicato e mobili-tato consenso.

Nel 1870 - rileva Ivanoe Bonomi in “La po-litica italiana da Porta Pia a Vittorio Veneto” -gli uomini politici si muovono “in mezzo adun popolo indifferente od ostile”. “In tutti i di-scorsi dell’epoca – prosegue - si lamenta in-fatti l’esistenza di un paese legale quasi estra-

■ A OGNI SVOLTA POLITICA, LA MESSA IN STATO D’ACCUSA DELLA PRECEDENTE IDENTITÀ NAZIONALE

IL NOVECENTO E IL CASO ITALIANO DEI “PATRIOTTISMI”

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neo al paese reale”. Le categorie sono quelledella pubblicistica cara alla Restaurazionefrancese, ma è comunque certo che il Patriot-tismo Risorgimentale dopo il 1861 si trova difronte questione cattolica, questione meridio-nale, questione sociale.

Con la progressiva uscita di scena dei pro-tagonisti della conflittualità interna - Cavour(1861), Mazzini (1872) , Vittorio Emanuele II(1878), Garibaldi (1882) – il processo di uni-ficazione territoriale trovò una lettura unitariacelebrativa di cui fu simbolo “Cuore” del so-cialista Edmondo De Amicis.

Il Patriottismo Risorgimentale (territoriale)è ancora centrale nel 1915 per legittimarel’operazione della Corona volta ad imporrel’ingresso in guerra scavalcando il Parlamentoin aperta violazione dell’art. 15 dello Statuto(“Senza la preventiva approvazione del Parla-mento non vi può essere Dichiarazione diGuerra”). Si trattò infatti, in sostanza, di uncolpo di stato da parte di Vittorio Emanuele IIIche cominciava a prefigurare la fuoriuscita au-toritaria dall’Italia liberale.

L’appello alle armi venne infatti presentatocome Quarta guerra di Indipendenza, ripresao ritorno alle origini “eroiche” della nascitadella Nazione contro la “prosa” dell’Italia li-berale e parlamentare che pur aveva promossocrescita economica e sociale, modernizzazionee presenza di primo piano sulla scena europea.

Se nel 1914 le ragioni dell’interventismoerano state sostenute con la rivendicazione diNizza e Corsica in quanto prevedevano il man-tenimento dell’alleanza con Vienna, successi-vamente, nel 1915, l’interventismo crescerà ri-vendicando Trento e Trieste, Venezia Giulia,penisola istriana e parte della Dalmazia comeconvenuto nei Patti di Londra siglati con Fran-cia, Gran Bretagna ed Impero russo all’insa-puta del Parlamento Va comunque ricordatocome gli ideali del Patriottismo Risorgimen-tale animarono l’interventismo democratico esocialista che vedeva la questione territorialecome movimento di indipendenza apportatoredi liberazione ed emancipazione sociale: daSalvemini a Bissolati, da Battisti allo stessoMussolini (che aveva l’appoggio anche finan-ziario non dei “francesi”, ma dei “socialistifrancesi”: “Il popolo d’Italia” nacque con ladizione “quotidiano socialista”). Il Patriotti-smo Risorgimentale ebbe la sua eco anche nel-le parole di Filippo Turati, che dopo essersipronunciato contro l’ingresso in guerra nelmaggio 1915, si unisce nel dicembre 1917 allasolidarietà ai soldati che difendono il territorioitaliano dopo Caporetto. Nel 1917 si registrauna sostanziale unità nazionale e unificazionepopolare nella difesa patriottica.

E’ nel primo dopoguerra del Novecento chesi ha il teatro del primo grande processo chemise in stato di accusa la precedente storia del-l’Italia unitaria e cioè la Italia liberale. La let-tura classista del Novecento ha impedito unamessa a fuoco della crisi dello Stato liberalein quanto ha confuso fascismo e liberalismoinsistendo sul fascismo come strumento di“rinnovamento nella continuità” dell’Italia li-berale. Ancora oggi quando si torna ad insiste-re sulla “continuità” tra Risorgimento e Fasci-smo si riprendono le tesi (e persino le parole,in particolare a proposito di Mazzini) che, co-me vedremo, furono quelle dei comunisti deglianni trenta. Si pensi in proposito a come la Pa-tria del Risorgimento aveva trovato invece lasua rappresentazione “umanitaria” in Giusep-pe Verdi come sofferenze comuni, ansia di li-bertà e odio contro la tirannide.

In realtà con il fascismo si realizzò una pro-fonda “discontinuità patriottica”. Il Patriotti-smo risorgimentale dopo il 1861 aveva presoforma come costruzione della Nuova Italia inquanto Stato liberale con democrazia rappre-

sentativa a regime parlamentare, economia dimercato, una unificazione territoriale secondoammodernamento infrastrutturale (tra porti eferrovie) e una legislazione di moderne garan-zie. La classe dirigente liberale entrò invece incrisi e venne processata e delegittimata difronte all’avvento di una nuova “platea politi-co-patriottica”. Una classe politica formata ecresciuta avendo come interlocutore un eletto-rato che rappresentava l’1,8 degli italiani e chesolo nel 1912 aveva conosciuto un improvvisoallargamento in seguito all’apertura di Giolittiverso i socialisti, ora si trovava di fronte ventimilioni di italiani. L’Italia liberale come classepolitica non era in grado di fronteggiare unasimile rivoluzione della rappresentanza. Nel-l’immediato dopoguerra con il sistema propor-zionale a suffragio maschile universale vi fuinfatti la traumatica irruzione di un elettoratonon più limitato e rappresentato dal deputato

“locale” secondo il maggioritario, ma rappre-sentato da masse organizzate in partiti ideolo-gizzati antiliberali, inferocito da anni di guerraviolenta e diviso tra chi metteva sotto accusala classe di governo in nome dell’”inutile stra-ge” e chi della “vittoria mutilata”. La “Quartaguerra di Indipendenza” decisa sulla base delleacquisizioni territoriali previste dai Patti diLondra si concludeva infatti con un ben mise-ro bilancio rispetto a quanto stabilito dal mo-mento che al posto dello zar c’era ora il presi-dente Usa che disconosceva quei Patti e patro-cinava la nascita della Jugoslavia.

Il “processo” al Patriottismo del Risorgi-mento liberale era peraltro già da tempo istrui-to sin dalla requisitoria dell’Oriani sulla “con-quista regia” (che sarà ripresa da Gramsci) fi-no a quella di Piero Gobetti sul “Risorgimentosenza eroi” e come “Rivoluzione fallita”.

Ma rispetto alla polemica “pacifista” del so-cialismo, che si rifaceva agli ideali antipatriot-tici dell’internazionalismo proletario, si dispo-se in alternativa la prefigurazione della fuoriu-scita violenta dall’Italia liberale impersonatada D’Annunzio che come novella “spedizionedei Mille” si ribellava allo Stato liberale ed oc-cupava, alla testa dei reduci contro gli “uominiseduti” dell’Italia liberale, Fiume.

In quel primo dopoguerra la condanna som-maria dell’Italia liberale fu generale e condi-visa e nello scontro tra fuoriuscita violenta eautoritaria da un lato nel segno dell’interna-zionalismo proletario e dall’altro ad opera delnazionalismo revanscista dei reduci prevalsequest’ultimo in una rifondazione del Patriotti-smo italiano che in modo giacobino collegavail Risorgimento alla Romanità riprendendo ap-punto come simbolo identitario il fascio litto-

rio dei magistrati romani rieditato dai giacobi-ni francesi.

Il fatto nuovo e specifico del Patriottismofascista che sfugge agli storici che sostengonola continuità tra Risorgimento e Fascismo èche Mussolini considerò una base fragilel’identificazione della Patria con il Risorgi-mento e lo scavalcò rifondando il Patriottismosulla base della Roma imperiale. Mussolini èDux, oltraggiando la Chiesa sostituisce - nellanumerazione degli anni - “dopo Cristo” con“Era Fascista” ed anche fisicamente vuol evo-care la figura del condottiero romano. I “Padridella Patria” con il Fascismo sono Giulio Ce-sare e Dante Alighieri. A “Nazione e Libertà”si sostituisce “Impero e Popolo”.

Il Risorgimento fu quindi ripreso dal Fasci-smo riprese come “movimento” - “conquista”,“eroi” e “martiri” – contro il Risorgimento

“Stato” cancellando le idee di libertà, di plu-ralismo politico, di regime parlamentare. Il Fa-scismo si presentò come un ritorno alle originirisorgimentali contro “prosa” e “fazioni”, esal-tando un Mazzini molto purgato in contrappo-sizione all’Italia liberale e, soprattutto, contronon solo l’Italia post 1861, ma soprattutto Ca-vour. La mazziniana ”Italia del Popolo” diven-ta un’arma di propaganda “antiborghese” e nel1932, nel cinquantenario della morte di Gari-baldi, si cristallizza il Patriottismo fascistaneorisorgimentale come riedizione del bino-mio Re-Garibaldi ovvero Re-Mussolini, “ca-micie nere” novelle “camicie rosse”, espellen-do l’Italia liberale, emarginando l’Italia catto-lica, nazionalizzando l’Italia socialista.

A sua volta, nell’esilio, anche l’antifascismosi divideva sul Patriottismo Risorgimentale perla forte pressione internazionalista, “proleta-ria” ed un naturale tifo disfattista.

Patriottismo ed antipatriottismo sono al cen-tro della polemica che vede le opposte letturedel Risorgimento da parte di Carlo Rosselli edi Palmiro Togliatti. “Giustizia e Libertà” faappello al Patriottismo definendo la lotta anti-fascista, democratica e repubblicana, comeprosecuzione del Risorgimento coniando ap-punto l’espressione “secondo Risorgimento”,mentre il Partito comunista d’Italia teorizza lacontinuità tra Risorgimento e fascismo.

“Il Risorgimento ebbe – scrive Togliatti inpolemica diretta con Rosselli su “Lo StatoOperaio” del settembre 1931 - una improntareazionaria … La tradizione del Risorgimentovive nel fascismo ed è stata da esso sviluppatasino all’estremo. Mazzini, se fosse vivo, plau-direbbe alle dottrine corporative. … La rivo-luzione antifascista non potrà essere che unarivoluzione ‘contro il Risorgimento’”. QuindiTogliatti conclude: “Le fantasie sul ‘secondoRisorgimento’ sono fatte solo per nasconderequesta realtà”.

La lettura classista secondo lo scontro tracapitalismo reazionario e classe operaia rivo-luzionaria nega ruolo positivo ai “vincitori”, achi ha governato e svolto attività economica eindica come reprobi tutta la catena dei gover-nanti e degli imprenditori della storia naziona-le. Ha così inizio la diaspora tra Italia e AltraI-talia con una eccezione di infamia che allungala sua ombra su tutti i “vincitori” della storiad’Italia da Cavour a Mussolini (destinata aproiettarsi ad opera della storiografia classistasuccessivamente anche sul dopoguerra repub-blicano).

Nella rottura con Mussolini, il re cerca dirieditare il Patriottismo Risorgimentale, maquell’uso estremo da parte del Savoia lo tra-scina a una definitiva sepoltura insieme allamonarchia.

Il Patriottismo risorgimentale nella catastro-fe dell’8 settembre sopravvive invece neglistrati subalterni. Ricorda Renzo De Felice:“Solo se si discende ai gradini ancora inferioridella scala gerarchica è possibile trovare unmaggior numero di ufficiali che vissero ildramma dell’8 settembre senza mettersi sottoi piedi dignità nazionale, patriottismo, eticamilitare”.

La caduta di credibilità da parte delle autoritàistituzionali, politiche e militari – la “Mortedella Patria” - apre però la strada al prevaleredella visione comunista sulla questione delconfine orientale con l’accettazione o comun-que la messa in sordina della eliminazione del-la Resistenza “patriottica-territoriale” che nel-la Venezia Giulia vedeva le brigate dei militari“legittimisti”, cattolici e azionisti combatterevantando l’intestazione a terre considerate in-vece dai comunisti italiani e jugoslavi non ita-liane. I sette battaglioni della Osoppo si chia-mavano – fatto inviso ai comunisti jugoslavi

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alle cui dipendenze nell’ottobre 1944 Togliattiaveva messo alle dipendenze i comunisti diquei luoghi – “Carnia”, “Tagliamento”, “Ita-lia”, “Piave”, “Julia”, “Torre” e “Udine”. Por-zus è il simbolo della sconfitta definitiva delPatriottismo risorgimentale-territoriale. Essoviene sostituito con il Patriottismo dei Valoriantifascisti ovvero il Patriottismo Costituzio-nale. Ma è un “patriottismo” che deve cancel-lare pagine di storia.

Il trattato di pace fu infatti sottoscritto dal-l’Italia come nazione sconfitta. Il 20 gennaio1947 Pietro Nenni rileva che il trattato urta“contro la coscienza nazionale specie per leclausole territoriali”. E quando esso viene fir-mato in febbraio dai delegati dei 21 paesi cheavevano dichiarato guerra all’Italia sanzio-nando la mutilazione sul confine orientale ela nascita del Territorio Libero di Trieste, ilministro della Difesa Cipriano Facchinetti an-nota che esso segna “la fine del nostro Risor-gimento”.

“L’Italia – dichiara de Gasperi - torna allecondizioni di prima del Risorgimento: le suefrontiere restano completamente aperte, suoiterritori nazionali le vengono strappati”. LaResistenza ha però il potere di illudere gli ita-liani di essere stati nel 1945 tra i “vincitori”.

Con il Patriottismo Costituzionale cade indisgrazia il 4 novembre ed il 25 aprile diventala nuova Festa della Vittoria. Vengono estro-messi gli Alleati dai festeggiamenti e si inse-gna che la Wermacht è stata messa in fuga dai“garibaldini”.

Nel secondo dopoguerra viene quindi pro-cessata e condannata non solo l’Italia fascista,ma anche l’Italia liberale. Così ebbe a senten-ziare Ferruccio Parri nell’Assemblea Costi-tuente del

27 settembre 1945. “Prima del fascismol’Italia non aveva avuto Governi democratici”.

Al discorso di Parri reagì Benedetto Croceaffermando: “Questa asserzione urta in fla-grante contrasto col fatto che l’Italia, dal 1860al 1922, è stata uno dei paesi più democraticidel mondo e che il suo svolgimento fu una noninterrotta e spesso accelerata scesa della de-mocrazia”. Ma la condanna dell’Italia fascistae la difesa dell’Italia liberale fu voce isolata edinascoltata. L’assemblaggio di Italia liberale eItalia fascista in una comune e drastica con-danna sommaria è un giudizio storico destina-to a cristallizzarsi fino ai massimi livelli isti-tuzionali ed accademici come base del nuovoPatriottismo nato dalla Resistenza.

Ancora il 25 aprile 2001 il Presidente dellaCamera, Luciano Violante, poteva ribadire: “Il25 aprile è il giorno della nascita della demo-crazia. Dico nascita e non rinascita perché lademocrazia, intesa come pienezza di diritti edi doveri, non c’era mai stata nella storia ita-liana”.

Si assiste infatti dal secondo dopoguerraall’irrompere prepotente, all’ombra delle po-tenze vincitrici e della grande alleanza antifa-scista internazionale con l’URSS, nelle masseitaliane di una patria “alternativa” che riassu-me identità storica e aspirazione messianica,un senso di appartenenza antagonista, un pa-triottismo che nel rigetto di Italia liberale e fa-scista e poi della scelta occidentale e atlanticadiventa un neopatriottismo valoriale impernia-to sulla mitologia della “diversità” rispettoall’Italia ufficiale ed istituzionale.

Se dall’interno del corpo comunista vienecoltivato il Patriottismo Costituzionale secon-do una tradizione antagonista – ghibellin-gia-cobina (Dante-Machiavelli-De Sanctis-Gram-sci) – è anche vero che il Patriottismo Costi-tuzionale costituì una base di tenuta unitarianel maremoto della “guerra fredda” che spaccae contrappone i protagonisti della grande alle-anza antifascista internazionale.

Il Patriottismo Costituzionale basato sullaResistenza riesce a limitare la “guerra fredda”,la contiene e sostanzialmente la supera dal ’53.Il Patriottismo Costituzionale mantiene vivauna solidarietà trasversale ed una tenuta nazio-nale nei momenti di maggiore difficoltà inter-na, consente una unità nazionale in sede isti-tuzionale vedendo la elezione condivisa delPresidente della Repubblica e la ricerca dinuovi equilibri che superino le divisioni della“guerra fredda” tra partiti di democrazia occi-dentale e PCI e PSI anche quando erano anco-ra stalinisti e filosovietici.

Progressivamente dal 1955 (elezione “anti-fascista” di Gronchi) al 1960 (unità antifasci-sta contro Tambroni) fino al 1968 il Patriotti-smo Costituzionale cresce nel rigetto insiemeall’Italia fascista anche dell’Italia liberale equindi della stessa Italia della ricostruzione de-mocratica di De Gasperi in quanto prevale nel-

la cultura, nella storiografia, nella “vulgata”mass mediatica il disprezzo per aver sceltol’economia di mercato e l’alleanza atlantica.

A guidare l’insegnamento di questo tipo diPatriottismo Costiituzionale è la storiografiadell’Insmli che ha come “credo” e “mission”quella che Giorgio Rochat definisce la “lezio-ne” di Guido Quazza e cioè: “La sottolineaturadella continuità della società e della politicaitaliana da Giolitti a De Gasperi attraversoMussolini: una continuità tra scelte moderatee nazionaliste, in cui la Resistenza rappresentaun momento di rottura democratica”. Tesisempre autorevolmente presenti anche dopo lacaduta del Muro di Berlino. Ancora oggi nel-l’Insmli si teorizza la “continuità tra Risorgi-mento e fascismo” e “la frattura che si rivelaogni giorno più labile tra fascismo e democra-zia repubblicana” (Alberto M. Banti)

L’Antifascismo diventa quindi un Valoresenza limite di tempo e di spazio ed il Fasci-smo un pericolo permanente, sempre incom-bente secondo la cristallizzazione della asso-luta inconciliabilità tra Antifascismo e Antico-munismo.

Il Risorgimento viene quindi “cooptato” nelPatriottismo Costituzionale sulla falsariga fa-scista come Risorgimento “di lotta” (Garibaldie Mazzini), ma non “di governo” (VittorioEmanuele II e Cavour).

La “fortuna” del Patriottismo Costituzionalesi basa sulla capacità di “chiamarsi fuori” difronte al trauma della sconfitta militare e dellaumiliazione internazionale, offre le basi di unarifondazione senza pendenze passate sosti-tuendo al Super Io territoriale un Super Io va-loriale. La Carta si erge come “santa alleanza”originaria e “legge” inviolabile ed eterna: una

connotazione che è una armatura in grado direstituire certezza, orgoglio, solidarietà all’in-tera nazione.

Il mito della Costituzione ed in particolaredella sua Prima Parte come patto sacro richie-de però un’opera di crescente amnesia storicaed una straordinaria mobilitazione e manipo-lazione storiografica per cercare di enfatizzaree rendere categorie universali ed eterne ciò chefu invece frutto di eterogeneità e vaghezza,convulsa stesura affrettatamente licenziata rin-viando la sua autentica interpretazione al Par-lamento a cui si era in procinto di passare lamano.

Tutto ciò che è racchiuso e celebrato nellaPrima Parte della Costituzione sotto il titolo“Diritti e Doveri dei cittadini” è in realtà, comemette in evidenza Calamandrei, solo un “con-tenuto eterogeneo e fluido”, “vaghe aspirazio-

ni politiche” prive di “quel grado di matura-zione e di concretezza” per diventare “pratichegaranzie giuridiche”. Siamo di fronte per lopiù ad ”una specie di enfatica ostentazioneverbale di una maturità giuridica che nella so-stanza ancora non c’è”. Non si esce – concludeCalamandrei – “dal campo puramente esorta-tivo ed augurale, dei programmi di partito” percui “numerose norme in questa Prima Partedella Costituzione (sono) soltanto una sostan-za ancora politicamente fluida, fatta di aspira-zioni insoddisfatte e di tendenze ancora in di-venire”. “Si tratta soltanto – scrive Calamadrei- di speranze e tutt’al più di propositi volti ver-so l’avvenire, lontane mete”.

Una lettura non acritica della Carta Costitu-zionale ed un recupero dell’Italia liberale e ri-sorgimentale si avrà negli anni ’80 quando siregistra – dopo la caduta dei governi di unitànazionale con il Pci in maggioranza e la fuo-riuscita dall’emergenza terroristica ed econo-mica – ad un tentativo di contrastare quel Pa-triottismo Costituzionale dell’”altra Italia”.Con Craxi l’esaltazione della storia della sini-stra italiana e del socialismo prima della na-scita del comunismo si traduce nella riabilita-zione della tradizione riformista e quindi delRisorgimento non solo “di lotta”, ma anche “digoverno”.

Una rilettura storica che si intreccia anchecon l’obiettivo di esaltare una sinistra di go-verno contro la sinistra antagonista e di valo-rizzare la competitività nazionale contro il di-sfattismo dell’”AltraItalia”.

Il patriottico “Viva l’Italia” che nel 1981concluse il congresso di Palermo rispecchiavaun PSI che per la prima volta si dichiarava “ri-formista”, accettava l’economia di mercato edil primato della democrazia occidentale e si di-chiarava quindi “patriottico”.

Ma di lì a poco venne ad incombere il terzodopoguerra del Novecento con la nuova messain stato d’accusa dell’intera storia nazionaleprecedente: dopo la “Vittoria Mutilata” del1919 e la “Morte della Patria” del 1943, nel1992, all’indomani della scomparsa dell’Urss,si ha “Tangentopoli” ed in Italia il dopo “guer-ra fredda”, come osserverà Lucio Colletti, ve-de “sul banco degli imputati i partiti democra-tici e sul banco dei giudici i comunisti”. La fi-ne della “Prima Repubblica” si traduce in ungiudizio negativo che allinea insieme Italia li-berale, fascista e repubblicana.

La contestazione globale della storia passataproduce una vasta storiografia che sin dai ma-nuali scolastici denigra la classe dirigente po-litica ed economica dell’Italia unita per con-trapporle la maggiore modernità di una storianazionale imperniata su lotte, movimenti,esperienze artistiche, inchieste giornalistichee giudiziarie, libri, film e canzoni. E’ una mo-dernità globalizzante che ridefinisce l’identitàitaliana irridendo le radici latine (come patriadel “latinorum”) e le radici cattoliche (comepatria della Controriforma) e additando comestella polare, nuova e vera patria, la cittadinan-za, una cittadinanza inclusiva con echi diRousseau ovvero la Cittadinanza come nuovoe vero patriottismo, un Patriottismo che nondivide e non distingue, non contrappone, maseleziona e affratella senza frontiere secondoun comun denominatore che nel segno salvi-fico di “Tangentopoli” è rappresentato dallaLegalità.

Alla base di questa versione finale del Pa-triottismo italiano come “Cittadinanza Nazio-nale” vi sono ragioni profonde ancorché spe-cifiche del caso italiano di post “guerra fred-da”. A livello internazionale o comunque nelmondo occidentale all’inizio degli anni ’90prevale infatti la tesi della “fine della storia”.Il dissolvimento del comunismo viene vissuto

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come il risultato di una pacifica e simpatica“autoriforma”. E’ generale la convinzione diavere di fronte la prospettiva di uno sviluppounidirezionale, quasi automatico e senza alter-native, in un mondo ormai pacificato secondoparametri comuni ed un indiscusso primatodell’economia occidentale. Quel che si devefare non richiede particolari discussioni.

Si afferma quindi in Italia una generale con-vinzione di essere di fronte ad una strada ob-bligata che tanto più agevolmente potrà esserepercorsa con meno partiti, meno politica, menoStato ed anche meno Italia e più Europa. Pri-vatizzazioni e Moneta Unica si stagliano comeuna salvifica fuoriuscita dall’Italia, un’Italia incui i partiti, la politica, lo Stato sono stati soloun peso, un freno, una entità burocratico-pa-rassitaria.

“Tangentopoli” celebra il processo che libe-ra gli italiani dalla partitocrazia, dal regime deipartiti e dal primato della politica. La sepolturadella Prima Repubblica non è riabilitazione nédell’Italia liberale o dell’Italia fascista. La Se-conda repubblica mette in una innominabilefossa comune l’intera storia unitaria preceden-te e nasce non solo come rifondazione, ma an-che come de-italianizzazione in un quadro didesiderio di essere cooptati a livelli superiori.Leghismo ed europeismo si intrecciano. Sonogli anni del “gloLocal” ed il riferimento nazio-nale si sbiadisce sempre più. La stessa bandie-ra italiana è sempre più ridimensionata e fini-sce “ in un mazzo in cui nelle amministrazioni

locali e nelle istituzioni è messa insieme, “apanino” tra bandiere locali – comunali, pro-vinciali, regionali – e bandiera dell’Unione eu-ropea: il patriottismo locale e quello europeistasono a partire dagli anni novanta le “patrie”più forti, mentre il tricolore è declassato a pa-triottismo vecchio e retorico (ricordo di perio-di tutto sommato squallidi, non rimpianti, tra“Risorgimento tradito” e “Resistenza tradita”:Italia liberale, fascismo e cosiddetta Prima Re-pubblica).

Il fenomeno delle contestazioni delle basiunitarie e le rivendicazioni scissionistiche han-no campo libero in una stagione di “fuga dal-l’Italia”, di retorica europeista che si rallegradella diminuita caratterizzazione italiana di ciòche si va privatizzando. Quale Patriottismocon un passato di cui vergognarsi? Da un latofallimenti e illusioni, dall’altro spoliazioni eoppressioni. E’ il Patriottismo della legalità, laRepubblica dei virtuosi. Il nuovo Patriottismodella Seconda Repubblica postTangentopoli sifarà chiamare Cittadinanza nazionale, un pa-triottismo senza frontiere teorizzato da un neo-giacobinismo che celebra non radici, ma i “ca-si” in cui, a macchia di leopardo, in Italia cisono state “avanguardie coscienti”, “élite con-sapevoli”.

E’ in questo quadro che il Patriottismo Co-stituzionale viene riproposto con un sistema diValori ruotanti intorno alla legalità in una di-mensione morale che non ha frontiere né spe-

cifiche radici. Il Patriottismo Costituzionalevive così una profonda trasformazione con lascomparsa dell’”arco costituzionale” che vie-ne sostituito dal “Partito della Costituzione”.Nell’Italia della Prima Repubblica, vigendo ilsistema proporzionale, il Patriottismo Costitu-zionale era un appello all’unità nazionale ori-ginaria antifascista tra cattolici, socialisti e co-munisti teorizzando la cristallizzazione di un“arco costituzionale” che abbracciava oltre il90 per cento del Parlamento. Nella SecondaRepubblica - con il passaggio dal proporzio-nale al maggioritario - antifascismo, legalità,Costituzione non si spalmano più trasversal-mente su maggioranza e opposizione, ma – se-condo la maggior parte di storici, editorialistied istituzioni depositarie della “difesa dellaCostituzione” - finiscono in blocco da una par-te sola dando legittimità agli uni e permanen-temente delegittimando gli altri. Il Patriotti-smo generato da Tangentopoli nel quadro delbipolarismo della Seconda Repubblica si tra-duce in un “Partito della Costituzione” secon-do cui il “patriota” è una sorta di “vigilante”.In “Principi e voti.

La corte costituzionale e la politica”, l’expresidente della Consulta Gustavo Zagreble-sky ben teorizza questo nuovo PatriottismoCostituzionale come “Partito della Costituzio-ne” che stabilisce unilateralmente di doversvolgere anche una “funzione antimaggiorita-ria”. Se a vincere le elezioni non sono i partitidel “Comitato Antifascista”, dell’Anpi e del-l’Insmli, allora il “patriota” della Costituzione,

a cominciare dall’uso della Consulta, “proteg-ge la Repubblica”, “limita la democrazia”, ov-vero “limita, per così dire, la quantità della de-mocrazia per preservarne la qualità”.

Questo tipo di Patriottismo ha partorito laCittadinanza Nazionale che ci individua e re-gola come una patria di stampo giacobino ri-chiamandosi appunto alla cittadinanza senzafrontiere di Rousseau imperniata non sullaStoria, ma sulla virtù di quei cittadini che “ac-corrono alle assemblee”. Questa ultima formadi Patriottismo costituzionale si delinea comequel “ritorno a Rousseau” da cui Luigi Einaudiin una sua “predica inutile” metteva in guardiae cioè il prevalere demagogico e antidemocra-tico dell’idea secondo cui “l’uomo è veramen-te libero solo se si sottomette a quella volontàgenerale che egli non ha voluto ma ha sempli-cemente riconosciuto perché illuminato da co-loro che sanno”.

Il Patriottismo costituzionale - con questosuo Partito della Costituzione” e con questaCittadinanza nazionale come novella Patriasenza passato e senza frontiere - è il Patriotti-smo élitario di “quelli che sanno”. Sradicato,polemico e inquisitorio tale Patriottismo anti-risorgimentale è alla base di un clima di con-trapposizione e di divisione che non solo nonha pari in altro paese occidentale, ma che l’Ita-lia non aveva mai conosciuto in forme cosìacute e devastanti nemmeno durante la “guerrafredda”. s

Ugo Finetti

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