3
UNA VITA DA EDUCATORE CREDERE <$$G> <$$ML> <$$A4> <$$PN1> <$$PN> storia di copertina OSPITE AL MEETING Silvio Cattarina interviene al Meeting di Cl giovedì 22 agosto alle 11.15 per un dibattito sulla responsabilità sociale delle imprese. A Rimini è anche in corso una mostra dedicata alla comunità L’Imprevisto A Pesaro ha fondato e guida una comunità per adolescenti in difficoltà, a causa della droga. Il suo metodo? Far capire ai ragazzi che si crede in loro e che sono chiamati a cercare qualcosa di più grande SILVIO CATTARINA L’IMPREVISTO CHE TI SALVA, ANCHE DALLA DROGA Testo di Vito Punzi Foto di Alberto Dedè

A Pesaro ha fondato SILVIO CATTARINA L’ImPrevIsto che tI ... · una vita da educatore credere perché abbandonato…

  • Upload
    voquynh

  • View
    217

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: A Pesaro ha fondato SILVIO CATTARINA L’ImPrevIsto che tI ... · una vita da educatore   credere    perché abbandonato…

un a v i ta da e duc at or e credere < $ $ G > < $ $ M L > < $ $ A 4 >

<$$PN1><$$PN>

storia di copertina

ospite al meetingSilvio Cattarina interviene al Meeting di Cl giovedì 22 agosto alle 11.15 per un dibattito sulla responsabilità sociale delle imprese. A Rimini è anche in corso una mostra dedicata alla comunità L’Imprevisto

A Pesaro ha fondato e guida una comunità per adolescenti in difficoltà, a causa della droga. Il suo metodo? Far capire ai ragazzi che si crede in loro e che sono chiamati a cercare qualcosa di più grande

SILV IO CAT TA R IN A L’ImPrevIsto

che tI saLva,

aNche

daLLa drogaTesto di Vito PunziFoto di Alberto Dedè

Page 2: A Pesaro ha fondato SILVIO CATTARINA L’ImPrevIsto che tI ... · una vita da educatore   credere    perché abbandonato…

un a v i ta da e duc at or e

<$$PN1><$$PN>

credere < $ $ G > < $ $ M L > < $ $ A 4 >

o scelto di fare questo la-voro perché mi colpiva il fatto che i nostri ragazzi tossicodipendenti dico-

no di sé: “Mi faccio”. Quanto è dram-matica un’espressione così! È come se intendesse dire: “Mi costruisco da me. Siccome non ho avuto, non ho ricevu-to da altri, allora ci penso io, mi faccio io con le mie mani”. E invece no: la sal-vezza non viene da te, è un Imprevisto che ti viene incontro e ti cambia la vita».

Si presenta così Silvio Cattarina, 59 anni, psicologo e sociologo, fondatore della cooperativa sociale L’Imprevisto di Pesaro, che accoglie minorenni prove-

nienti in larga parte dal mondo della

droga. Trentino di origine, da una vita vive e lavora nelle Marche. Racconta: «Ci siamo ispirati a un verso di Prima del viaggio, una poesia di Eugenio Mon-tale, che recita: “Un imprevisto è la so-la speranza”. È qui il cuore del metodo col quale operiamo, rimettendo al cen-tro l’umanità dei ragazzi. L’Imprevisto non è semplicemente di una comuni-tà di vita o di lavoro, quanto, piuttosto, un luogo dove si svolge un lavoro con le persone e sulle persone».

Continua: «Ai miei ragazzi lo dico spesso; “So chi sei, giudici e assisten-ti sociali ci hanno detto quello che hai combinato; affronteremo tutto a tempo

«H

debito. Però ci tengo subito a dirti una cosa: desidero che tra te e noi venga fuo-ri qualcosa di grande e bello. Perciò, se

non sei convinto di essere la cosa più

importante qui dentro, vai pure via».La sede della Cooperativa, in riva

al mare di Pesaro, colpisce subito per il senso di ordine e armonia che trasmet-te. Il complesso, che ospita oggi 25 ra-gazzi. comprende una grande villa e un

edificio adiacente circondato da par-co e terreno ben curati. Una volta alla settimana i ragazzi vanno al mare nella spiaggia privata della comunità. Catta-rina sorride nel rievocare un episodio di qualche tempo fa: «Ricordo una psicolo-ga che, a un ragazzo in procinto di venire da noi, parlò in questi termini: “Guarda che comunità bellissima, una vecchia colonia estiva! Ti porteranno al mare ogni giorno”. Ma io quella psicologa lì l’avrei lasciata in comunità a vita! Quale idea della vita avrà mai costei? Che tut-ti i giorni si debba andare al mare? No di certo. A un ragazzo si deve chiedere tanto, si può chiedere… tutto. È decisi-

vo, infatti, che i ragazzi sentano che

su di loro investiamo e che su di loro

crediamo veramente». Solo così, fa ca-pire, ci può essere un riscatto autentico. Un riscatto che diventa testimonianza: «Prima di Natale facciamo ogni anno la festa delle dimissioni, che è un momen-to di condivisione con le famiglie, e lì i nostri amici raccontano il loro cambia-mento. Ma i ragazzi sono chiamati spes-so a dare testimonianze anche fuori di qui. Quest’anno, per esempio, saranno al Meeting di Rimini».

È con queste convinzioni che Cat-tarina è impegnato dai primi anni Ot-tanta nella dura battaglia per il recupero di chi cade vittima della droga. Sull’on-da di quell’impegno è nata L’Imprevisto, che ha avviato insieme a don Gianfran-co Gaudiano (1930-1993), un sacerdote pesarese molto attento agli emarginati, il quale, a partire dai primi anni Settanta fu protagonista nellle Marche dell’aper-tura di una serie di strutture (case di ac-coglienza, laboratori) per persone più deboli e indifese.

Spiega Cattarina: «Per noi la per-

sona non è il suo passato, è molto di

più. Se non c’è una “chiamata alla vita”, qualcuno o qualcosa che scommette su di te, non si va da nessuna parte. Que-sta “chiamata” un tempo si chiamava “vocazione”, una parola che ora ci ver-gogniamo di pronunciare. C’è chi sta male per il passato, per i genitori,

educatore Per vocazIoNee L’INcoNtro coN doN gaudIaNo

Silvio Cattarina è nato a Storo, in Trentino. Ha frequentato le scuole superiori a Pesaro. Risale a quel periodo il suo incontro con don Luigi Giussani e l’esperienza di Comunione e liberazione. Laureatosi in Sociologia a Urbino nel 1979, nel 1980 ha sposato Miriam e dal loro matrimonio sono nati quattro figli. Dopo aver conosciuto don Gaudiano ha iniziato il lavoro di operatore presso la Comunità terapeutica di Gradara dove si è fermato per sette anni. Da quel momento è iniziato la sua avventura educativa tra i giovani. Lui la riassume così: «Sono sempre stato con i tossici… Sono essi l’imprevisto della mia vita, una sovrabbondanza di grazia che ci viene incontro avvolgendoci di meraviglia».

«se NoN c’È uNa “chIamata aLLa vIta”, quaLcuNo che scommette su dI te, NoN sI va da NessuNa Parte»

sociologoe psicologoSopra: Silvio Cattarina, 59 anni, con la moglie Miriam. Nella pagina precedente: in Trentino con il figlio Giovanni.In queste pagine: vita quotidiana nella comunità L’Imprevisto

Page 3: A Pesaro ha fondato SILVIO CATTARINA L’ImPrevIsto che tI ... · una vita da educatore   credere    perché abbandonato…

un a v i ta da e duc at or e

<$$PN1><$$PN>

credere < $ $ G > < $ $ M L > < $ $ A 4 >

perché abbandonato… Ma si sta ma-le soprattutto se nella realtà non coglia-mo la presenza di Dio, come uno sposo che, ce lo ricorda il Vangelo, percorre le vie del mondo dicendo di aver prepara-to un banchetto nuziale straordinario. E si ferma, proprio davanti a me per dir-mi: “Vieni, tu che sei il più piccolo, il più povero: con te farò grandi cose. Altre co-munità preferiscono partire dal passato, puntando su uno specifico lavoro psi-cologico. Noi invece partiamo dal desi-

derio di incontrare qualcosa di grande

che ti ha sempre cercato, atteso, volu-

to e che ti viene incontro».Silvio va con la memoria a un episo-

dio di alcuni anni, quando l’ex vescovo di Pesaro visitò comunità. «In quell’oc-casione – ricorda Cattarina – si rivolse ai ragazzi chiedendo: “Che cos’è la comu-nità per voi?”. I ragazzi si sbizzarrirono nel dare risposte. Poi il vescovo spiegò: “La comunità è quel luogo dove il tuo nome risuona con un accento speciale, unico”. Un ragazzo mi disse, sorpreso: “Silvio, hai sentito? Il vescovo ha detto quello che io avevo detto una settima-na fa: da quando sono in comunità so-no sempre stato chiamato per nome: mi avete sempre chiamato Maurizio, men-tre al mio paese sono sempre stato Ca-puzzo. Quello che non capisco è: come fa il vescovo a sapere una cosa così bel-la se non è mai stato in comunità e non si è mai drogato?”. ecco, la vera grande

questione è essere chiamati per nome. Come diceva una vecchia frase: “I giova-ni non sono vasi da riempire. Sono fuo-chi da accendere”».

Continua Cattarina: «Nei primi an-ni del nostro lavoro, ci aveva colpito una frase molto cruda scritta da una ragazza nei bagni della stazione Termini di Ro-ma. Ne avevano parlato i giornali. Prima di togliersi la vita, aveva scritto con una

bomboletta spray: “Ho avuto tutto, il ne-cessario e il superfluo. Non l’indispen-sabile”. Ecco: questo è il punto: è l’ere-dità negata, la percezione che i giovani hanno di non aver ricevuto l’essenziale, ossia qualcuno che li aiutasse nel dare risposte alle domande essenziali della vita. Quando un figlio non riceve l’ere-dità si arrabbia molto, giustamente. Ma non sto parlando dei soldi, quanto di un patrimonio di vita e di coraggio, un pa-trimonio fatto di esperienza, passione, lavoro, compito della vita. Se uno non “eredita” questo allora “si fa da sè”. Da lì al “farsi” (nel senso della droga) il pas-so è breve».

Per queste ragioni, l’Imprevisto è una comunità dove il senso religioso,

la domanda su dio è molto presente. «Molti psicologi sostengono che il pro-blema dei giovani è il superamento della loro aggressività. Io invece – spiega Cat-tarina - dico ai ragazzi: “Tenete viva la rabbia che c’è nel vostro cuore, ma non sbagliate destinatario. Prendetevela con Dio, così potete misurare il vostro corag-gio. Troppo facile prendersela con i ge-nitori o con me, che siamo tutti dei po-veretti come voi».

Detto ciò il fondatore dell’Imprevi-sto precisa: «Solitamente genera stupo-re il fatto che non ci siano momenti di preghiera strutturati. Ma abbiamo de-ciso così perché vogliamo favorire l’in-contro tra le persone, perché emerga la domanda religiosa di ognuno».

Chiedo a Cattarina quanto la realtà educativa cui ha dato vita è legata al suo carisma. «ciò che conta – mi risponde

- non è la persona del fondatore, ma

il metodo educativo. Io non vivo nella comunità, ma ogni giorno mi chiedo se Dio è presente qui: se vedo che Lui c’è, io posso anche non esserci».

uNa gIorNataIN comuNItà

La giornata-tipo all’Imprevisto prevede alle 7 la sveglia dei ragazzi, che preparano la colazione, seguono la cura dell’igiene personale e il riordino delle camere. Dopo la colazione i ragazzi che studiano o lavorano partono per raggiungere le rispettive sedi. Alle 8.15 c’è la programmazione della giornata, un momento breve di incontro di gruppo per motivare e stabilire le necessità e gli impegni della mattinata. Alle 8.30 si fanno le pulizie, fino alle 9.30, quando si iniziano i lavori comunicati dopo la colazione. Alle 11 c’è l’incontro di gruppo a carattere formativo e culturale, mentre alle 12

è prevista una pausa, uno spazio per l’individualità e per attività ricreative. Alle 12.30 si fa il pranzo, seguito da riposo e dal tempo libero. Alle 15, attraverso un breve incontro, ci si aiuta a giudicare la mattinata e a pensare al pomeriggio. Alle 17, dopo un paio d’ore di lavoro, c’è la merenda, seguita da tempo da dedicare all’individualità, al gioco, allo sport. Alle 18.30 si svolge un incontro terapeutico, ed è quello più importante della giornata, durante il quale si elabora la situazione passata e presente di un singolo ragazzo e progressivamente di ogni ospite. Alle 18.30 segue una pausa. La cena è alle 20; dalle 21 in poi sono previste attività creative e culturali, compresa la possibilità di incontrare ospiti esterni. Alle 22.30 il ritiro in camera.

un successoda 10mila copieSilvio Cattarina ha raccontato la sua esperienza nel libro Torniamo a casa. L’ imprevisto: storia di un pericolante e dei suoi ragazzi, Itaca 2010. Arrivato alla terza edizione, ha venduto 10mila copie.

aLcuNI gIovaNI «NoN haNNo quaLcuNo che LI aIutI NeL dare rIsPoste aLLe domaNde esseNzIaLI deLLa vIta»

una “famiglia” più grandeNon c’è solo L’ imprevisto, nella vita di Cattarina. All’altra cooperativa, Più in là (anche qui il riferimento è montaliano), che si occupa del reinserimento sociale, si aggiungono il centro diurno Lucignolo, che ospita con regolarità una decina di ragazzi, e la comunità terapeutica femminile il Tingolo per tutti, che ospita mediamente 15 ragazze. Di più recente fondazione sono le tre case per il reinserimento.