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ESSEBI S.r.l ESSEBI S.r.l ACCELEROMETRI ACCELEROMETRI ACCELEROMETRI Considerazioni generali Tipologie Montaggio Collegamenti 04 luglio 2003 V.le Giulio Agricola, 130 – 00174 Roma tel. 06-71.00.152 06-710.75.339 www.essebiweb.it [email protected]

Accelerometri - essebiweb.it · 2 - Trasduttore sismico Un trasduttore sismico (Fig. 1) è caratterizzato dal sistema massa M - molla K - smorzatore C, da un contenitore protettivo

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ACCELEROMETRIACCELEROMETRIACCELEROMETRIConsiderazioni generali

TipologieMontaggio

Collegamenti

04 luglio 2003

V.le Giulio Agricola, 130 – 00174 Roma tel. 06-71.00.152 06-710.75.339

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INDICE: 1 – Considerazioni generali ..................................................................................................................... 1

2 - Trasduttore sismico ............................................................................................................................ 2

3 - Accelerometri piezoelettrici ................................................................................................................ 4

4 - Altre tipologie di accelerometri ........................................................................................................... 9

5 – Scelta di un accelerometro .............................................................................................................. 10

6 - Montaggio e isolamento ................................................................................................................... 12

7 - Connessioni...................................................................................................................................... 13

8 - Lunghezza dei cavi........................................................................................................................... 13

9 - Tipi di collegamento.......................................................................................................................... 13

10 – PCB 333B30 e PCB 353B17......................................................................................................... 15

11 - Settaggio della scheda NI DAQCard AI 16XE-50 ......................................................................... 18

12 - Drive degli accelerometri ................................................................................................................ 18

1 – Considerazioni generali

La vibrazione può intendersi come lo

spostamento relativo di un punto di un corpo

che si muove rispetto ad un punto fisso; essa

in generale è una grandezza di natura

periodica, o riconducibile a tale, individuata da

forma, frequenza ed ampiezza. Un metodo

molto semplice per misurare quest’ultima

grandezza è quello di far ricorso ad un punto

fisso di osservazione, a sufficiente distanza, in

cui posizionare un cannocchiale con oculare

munito di reticolo. Sull’organo in movimento si

incolla un piastrina adesiva, debitamente

illuminata, e dotata, nella parte in vista, di

elementi catadiottrici puntiformi. Quando

l’organo è fermo essi appaiono come punti

luminosi; quando esso si mette a vibrare ogni

punto nell’oculare appare come una striscia di

cui si può apprezzare l’intensità attraverso il

reticolo preventivamente tarato. Tali strisce

possono essere verticali, orizzontali o

costituire, per la composizione dei moti, figure

di Lessegius.. Con tale sistema è possibile

misurare l’ampiezza delle vibrazioni, sapere il

piano in cui si manifestano, ma non è dato

sapere nulla riguardo alla frequenza che le

caratterizza. Inoltre il metodo si basa sul

presupposto, molto spesso irrealizzabile, di

avere un punto fisso di riferimento da cui

effettuare le osservazioni. Con tale metodo,

definibile di tipo ottico, è pertanto possibile,

soltanto in alcuni casi, determinare il valore

picco-picco della vibrazione senza poterne

definire la forma e la frequenza. Un sistema

più efficace è senz’altro quello stroboscopio:

ultimando l’organo in movimento con una

sorgente luminosa alla stessa frequenza di

quella con cui sta vibrando, lo si può vedere

fermo ed apprezzarne visivamente l’ampiezza.

Per avere però una conoscenza completa del

fenomeno è opportuno ricorrere ai cosiddetti

trasduttori sismici.

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2 - Trasduttore sismico

Un trasduttore sismico (Fig. 1) è caratterizzato

dal sistema massa M - molla K - smorzatore C,

da un contenitore protettivo e da un opportuno

trasduttore del segnale in uscita .

Figura 1 : trasduttore sismico.

Si suppone che la vibrazione abbia la direzione

dell’asse y e che sia sinusoidale1. Il trasduttore

è rigidamente collegato all’elemento di

macchina di cui si vuole misurare

l’accelerazione. Quest’ultimo in base all’ipotesi

fatta vibra con un spostamento rispetto ad un

punto fisso esterno D esprimibile nel seguente

modo:

tAyh ⋅⋅= ωsin

in cui yh è lo spostamento del contenitore

protettivo, e quindi dell’accelerometro nel suo

complesso, rispetto ad un punto fisso esterno,

A l’ampiezza e ω la pulsazione della forzante

impressa. Se yr è lo spostamento relativo

della massa M si ha che lo spostamento

assoluto ym della massa M si può esprimere

nel seguente modo:

rhm yyy +=

Se la massa M è molto grande e la vibrazione

ha una bassa frequenza, lo spostamento yr

della massa M avrà un certo ritardo rispetto a

1 Il fatto che la vibrazione non è sinusoidale è superabile in base al teorema di Fourier. Inoltre forme d’onda

quello del moto assoluto. Tale spostamento

risulta:

)sin()( ϕω +⋅= tyy Maxrr

in cui ϕ è lo sfasamento. Se la frequenza di

vibrazione aumenta molto, la massa tenderà a

restare inerte e ciò sarà tanto più vero quanto

più tale valore sarà grande rispetto alla

frequenza propria del trasduttore, la cui

pulsazione è pari a ωn: il movimento della

cassa rispetto alla massa è proprio quello

rispetto ad un punto fisso che si andava

cercando. In tal caso lo strumento si comporta

come un vibrometro (yrMax circa uguale ad A),

ossia misura l’ampiezza delle oscillazioni. Se

invece la frequenza di lavoro, ovvero la

frequenza di eccitazione , è inferiore alla

frequenza propria del trasduttore lo

spostamento relativo yr risulta proporzionale

all’accelerazione.

Per trovare il segnale di uscita yr rispetto a

quello di ingresso yh basta esplicitare il

secondo principio della dinamica per il caso in

esame:

02

2

=⋅+⋅+⋅ rrm yK

dtdyC

dtyd

M

sostituendo ym si ha:

0)(2

2

2

=⋅+⋅++⋅ rrrh yK

dtdyC

dtyd

dtyd

M

conoscendo l’espressione di yh si determina la

sua derivata seconda:

tAdt

yd h ⋅⋅−= ωω sin22

2

complesse possono essere rappresentate tramite una serie di funzioni seno e coseno.

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che sostituita nell’espressione del secondo

principio della dinamica fornisce:

tAMyKdt

dyCdt

ydM rrr ⋅⋅⋅=⋅+⋅+⋅ ωω sin2

2

La soluzione in regime stazionario di tale

equazione differenziale del secondo ordine è la

seguente:

222

2

2

)(4)(1

)()(

nn

nMaxr

Ay

ωωζ

ωω

ωω

⋅⋅+⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡−

=

con:

MK

n =ω MK

C⋅⋅

=2

ζ

e l’angolo di sfasamento:

⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢

⋅⋅=

2)(1

2

n

narctg

ωωωωζ

ϕ

Graficando tale soluzione (Fig. 2) si ha che

quando tende all’infinito ω/ωn , (yr)Max/A tende

ad 1 il che conferma quanto asserito

precedentemente: quando la frequenza dello

strumento è molto bassa rispetto a quella di

eccitazione, la massa M sta praticamente

ferma ed esso si comporta come un vibrometro

(misura cioè l’ampiezza).

I vibrometri risultano pertanto strumenti

intrinsecamente grandi e ciò è verificato tanto

più, quanto più è bassa la frequenza che

debbono misurare. Ciò significa che volendo

misurare con un vibrometro le caratteristiche di

vibrazione di un corpo piccolo e leggero, che

vibra a bassa frequenza, l’errore di inserzione

che ne risulta sarebbe tale da rendere

improponibile la misura stessa. In questi casi,

che poi in termini applicativi rappresentano la

stragrande maggioranza, è dunque necessario

ricorrere a sistemi alternativi,

Figura 2 : rapporto (yr)Max/A, in funzione del rapporto delle

frequenze.

quali gli accelerometri elettrici, trasduttori cioè

in grado di convertire l’accelerazione in

ingresso in un segnale in uscita proporzionale

all’accelerazione stessa. Tale segnale

elettrico, generalmente in tensione, viene

quindi trattato attraverso i sistemi di

acquisizione ed elaborazione dati: una doppia

integrazione dello stesso consentirà la

determinazione degli spostamenti.

Quando la frequenza da misurare è bassa,

rispetto a quella propria dello strumento, si è in

presenza ad un accelerometro; la massa M

non è più ferma ma si muove con spostamenti

che risultano proporzionali alle accelerazioni.

Derivando due la volte l’espressione dello

spostamento sinusoidale dell’accelerometro

rispetto ad un ipotetico punto fisso esterno si

ricava:

tAyh ⋅⋅⋅−= ωω sin2

..

e di conseguenza a meno del seno: 2ω⋅−= AAacc

in cui Aacc è l’ampiezza della accelerazione

(accelerazione massima). Ricavando A e

sostituendola nella soluzione precedentemente

scritta si ha:

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222

2

2

)(4)(1

11)(

nn

nacc

Maxr

Ay

ωωζ

ωωω

⋅⋅+⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡−

⋅−=

in cui risulta evidente il rapporto tra lo

spostamento massimo della massa M rispetto

alla cassa e la accelerazione massima della

cassa stessa. Il secondo fattore a secondo

membro è il fattore noto, tipico degli strumenti

del secondo ordine. Esso è moltiplicato per

l’inverso del quadrato della frequenza propria,

costante per ogni strumento. Graficando la

funzione (Fig. 3) ora si nota che per ω/ωn che

tende a zero (ossia per frequenze di vibrazione

molto piccole rispetto a quella propria dello

strumento), il rapporto (yr)Max/Aacc tende

all’unità, il che equivale a dire che lo

spostamento massimo della massa rispetto

alla cassa esterna è uguale all’ampiezza

massima dell’accelerazione.

Il dominio delle frequenze in cui può essere

usato l’accelerometro dipende dall’errore

dinamico accettabile. A parità di accelerazione

più è elevato ωn e più piccolo è lo

spostamento; ciò significa che intrinsecamente

è molto più sensibile il vibrometro

dell’accelerometro.

Un accelerometro con una grande banda

passante deve avere un valore alto della

frequenza propria ωn: ciò si ottiene diminuendo

la sua massa M ed aumentando il valore della

costante elastica K.

Figura 3 : rapporto (yr)Max/Aacc , in funzione del rapporto

delle frequenze.

Essendo K grande e M piccolo, lo spostamento

risultante è piccolo è quindi lo strumento è

caratterizzato dall’avere una bassa sensibilità.

Realizzare inoltre un accelerometro con una

grande banda passante è relativamente

difficile in quanto, dovendo impiegare una

massa molto piccola, non si riesce

praticamente ad applicarvi il trasduttore. Il

problema si risolve ricorrendo a trasduttori

piezoelettrici: con essi è possibile realizzare

accelerometri aventi bassa massa ed elevata

rigidezza.

3 - Accelerometri piezoelettrici

In questo tipo di accelerometri, che è quello

impiegato nella presente tesi, la reazione

elastica viene fornita da un elemento cristallino

che funge direttamente da trasduttore. Alla

base del funzionamento di questi sensori c’è

l’effetto piezoelettrico che causa una

separazione e quindi un accumulo di cariche

elettriche positive e negative sulle opposte

facce di un reticolo cristallino quando esso è

sottoposto all’azione di una forza esterna (Fig.

4). Il quarzo sia nella sua forma naturale che

dopo aver subito trattamenti particolari è uno

dei materiali piezoelettrici naturali più sensibili

e stabili che si conosca. Nella figura seguente

si può vedere l’effetto su un cristallo di quarzo.

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Forza Forza

Figura 4 : disposizione delle cariche all’interno di un

cristallino eccitato.

Come si nota gli ioni dell’ossigeno e quelli del

silicio si ridistribuiscono nel reticolo andandosi

ad accumulare sulle facce opposte del

cristallo. Naturalmente l’intensità di questo

fenomeno è proporzionale alla sollecitazione

cui il cristallo è sottoposto le cariche che

appaiono sulle due facce possono pertanto

esprimersi nel seguente modo:

FdQ ij ⋅=

in cui dij è la costante piezoelettrica che sta a

significare la quantità di carica che il quarzo

mette a disposizione, per quel determinato

taglio, in funzione del carico applicato. Poiché

il doppio strato di cariche è separato da un

dielettrico, che è il cristallo stesso, si può

concludere che detto cristallo sotto carico si

comporta come un condensatore, per cui si

può scrivere:

VCQ ⋅=

in cui C è la capacità del condensatore che

può essere espressa nel seguente modo:

dSC ⋅= ε

in cui S è la superficie delle facce, d la

distanza tra le facce e ε la costante dielettrica

del quarzo. In definitiva fra le due facce esiste

una differenza di potenziale V che vale:

Sadmd

CFdV ijij ⋅

⋅⋅⋅=⋅=ε

in cui m è la massa cristallo, ovvero una

massa solidale al quarzo, ed a l’accelerazione

lungo l’asse preso in considerazione per

l’applicazione della forza F. Nella realizzazione

di un accelerometro è pertanto necessario che

la forza imposta sul materiale piezoelettrico

corrisponda esattamente all’accelerazione da

misurare. Per questo motivo al cristallo è

attaccata una massa nota che crea una forza

proporzionale all’accelerazione. Sottili elettrodi

metallici, realizzati tipicamente in oro, hanno il

compito di raccogliere gli ioni e, tramite dei

cavi di collegamento, di trasmettere il segnale

così ottenuto.

Non è previsto di solito nessun elemento che

fornisca uno smorzamento, l’unica forma di

dissipazione di energia è data dall’isteresi del

cristallo. Lo smorzamento, quindi è davvero

molto basso, dell’ordine di 0,01 ed in genere

non viene neanche fornito nei certificati della

ditta che ha realizzato l’accelerometro e in

molte considerazioni pratiche può essere

addirittura trascurato. Questo è accettabile

visto l’elevato valore della frequenza propria di

risonanza. Per quanto riguarda il campo di

utilizzo la risposta alle basse frequenze è

determinata dalle caratteristiche del cristallo, in

particolare dalla sua costante di tempo τ,

mentre alle alte frequenze dalla risonanza

meccanica. Il range di utilizzo, considerando

un 5 % in più della frequenza minore e un 5 %

in meno a quella maggiore, può essere

espresso da: 3/τ < ω < 0,2ωn.

Un’accurata risposta alle basse frequenze

richiede un’elevata costante di tempo τ, che di

solito è ottenuta usando un amplificatore di

tensione ad alta impedenza o un amplificatore

di carica. Le cariche debbono essere presenti

sulle facce del cristallino e non devono

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migrare, altrimenti si commette un errore che è

tanto più grande, quanto più è la quantità di

esse che abbandona gli elettrodi. Ciò vuol dire

che l’amplificatore, che deve rilevare la piccola

differenza di potenziale presente, deve avere

una impedenza di ingresso nel primo stadio

dello stesso ordine di grandezza

dell’impedenza di uscita del cristallo di quarzo

(dell’ordine di 1014 Ω). Amplificatori con elevata

impedenza di ingresso nel primo stadio si

ottengono con l’uso di triodi ad alto vuoto, nei

quali la Ig (corrente di griglia) è praticamente

nulla, e sono comunemente detti amplificatori

di carica. Il problema dell’isolamento, ossia

della capacità di impedire la fuga di cariche, è

tanto più difficile quanto la misura è statica,

ossia quanto più tempo si desidera far restare

le cariche ferme. Il cristallo di quarzo è infatti

un condensatore che si scarica attraverso una

resistenza esterna: ciò significa che i

trasduttori al quarzo sono idonei per misure

dinamiche o quasi statiche. Non misurano cioè

accelerazioni costanti e, tanto meno, se posti

in un campo gravitazionale, non sono in grado

di misurare l’accelerazione di gravità ed il

valore uguale e contrario quando ruotati di

180°. Con essi si può arrivare, nelle

realizzazioni più accurate, a misure di qualche

centesimo di Hz. Sistemi disegnati per misure

a bassa frequenza (al di sotto di 1 Hz) possono

presentare però degli errori in presenza di

transienti termici a causa dell’effetto

piroelettrico tipico di molti materiali

piezoelettrici., che produce un carica in output

non a causa dello sforzo avvertito ma per la

variazione di temperatura. Per i sensori in cui è

trascurabile la risposta alle basse frequenze

questi segnali indotti dalla temperatura

risultano trascurabili, mentre per accelerometri

con costanti di tempo elevate l’errore può

diventare significativo soprattutto se in fase di

progettazione non si è tenuto conto di

minimizzare gli effetti termici.

I cristalli piezoelettrici, inoltre, presentano

valori di rigidezza dell’ordine di 100 GPa, che

sono simili a quelli di molti metalli, producendo

così un segnale di uscita elevato a fronte di

una deformazione veramente molto limitata.

Questo limita effetti di deflessione e fa si che il

sensore abbia eccellenti caratteristiche di

linearità su uno spettro di frequenze molto ampio.

Rispetto ad altri tipi di accelerometri inoltre

tendono ad avere anche un elevata sensibilità

trasversale, tipicamente attorno al 2-4%.

Ci sono numerose possibili configurazioni con

cui è possibile realizzare questo tipo di sensori

in modo da far risaltare proprietà e

caratteristiche desiderate per particolari

applicazioni. In pratica, una volta ricavato un

cristallino di quarzo, tagliato secondo

determinate direzioni, si ha in sostanza la

possibilità di ottenere un accelerometro

piezoelettrico. Nelle figure che seguono sono

riportati diversi schemi, a seconda del principio

di funzionamento in termini di modalità di

azione della sollecitazione eccitatrice. Dato

che con un eccessivo serraggio si potrebbe

deformare il cristallo, la coppia di serraggio

deve essere fornita con opportuna

modulazione: un valore elevato potrebbe

deformare il cristallo, un valore basso potrebbe

tagliare le alte frequenze. Volendo

generalizzare, sulla base viene posto il

cristallino di quarzo e su di esso la massa m; il

tutto viene serratoli tutto serrato, per esempio

per mezzo di vite filettata e dado, ed inserito in

una cassa che la funzione di protezione. Il

serraggio conferisce un precarico al cristallino;

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in questo modo le cariche positive si

presentano sempre sulla stessa faccia, anche

per accelerazioni negative: in tal caso la

massima accelerazione negativa rilevabile è

quella che annulla il precarico. Tale precarico

si potrebbe annullare incollando la massa m al

cristallino; spesso ciò non è possibile per

problemi concernenti gli elettrodi, a partire dai

quali si deve portare fuori il segnale.

In generale gli accelerometri piezoelettrici si

differenziano in base al modo in cui la forza

d’inerzia della massa accelerata agisce sul

cristallino. A titolo esplicativo in Fig. 5 sono

mostrati tre diversi tipi di sensore.

Compressione Flessione Taglio

Figura 5 : modalità di azione della forza di inerzia.

Il rosso rappresenta il cristallo piezoelettrico, il

grigio la massa mentre le frecce verde

individuano la direzione in cui è applicata la

forza.

Figura 6 : cristallino a compressione (connettore elettrico

laterale).

Ogni configurazione presenta caratteristiche

diverse e non c’è n’è una ideale per tutte le

situazioni. La configurazione più semplice e

solida è quella in cui la massa comprime

l’elemento piezoelettrico (Fig. 6). Quando il

trasduttore è accelerato la massa aumenta o

diminuisce la forza agente sul cristallo e quindi

fa variare la carica in uscita. Naturalmente

maggiore è la massa, maggiore è la

sollecitazione sull’elemento sensibile e quindi

maggiore è l’intensità del segnale in uscita.

Questo tipo di sensore presenta quindi il

migliore rapporto massa /sensibilità, ma a

causa dell’involucro, che risulta essere parte

integrante del sensore,

Figura 7 : cristallino a compressione (connettore in asse

con massa e cristallino).

ha una elevata sensibilità al rumore, inteso sia

come rumore acustico, sia come effetto

termico e soprattutto come effetto derivante

dalla deformazione della superficie di

montaggio.

Figura 8 : cristallino a flessione

Per questo motivo sono state pensate diverse

possibili configurazioni alternative che cercano

di limitare questi effetti (Fig. 7). Per analisi a

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bassa frequenza e a bassi livelli di

accelerazione è molto usato l’elemento che

lavora a flessione (Fig. 8).

La configurazione maggiormente usata è quella

con il cristallo che lavora per taglio (Fig. 9).

Figura 9 : cristallino a taglio

Nel dettaglio questa configurazione prevede

l’elemento piezoelettrico attaccato tra un

montante centrale e la massa sismica. Un

anello esterno applica un precarico di

compressione per dare rigidezza alla struttura

e per assicurare che il sensore si trovi a

lavorare nella porzione più ampia a

comportamento lineare della sua curva

sforzo/carica. In presenza di una

accelerazione, la massa genera uno sforzo di

taglio nel cristallo che per l’effetto

piezoelettrico produce sugli elettrodi ad esso

applicati un segnale elettrico in uscita

proporzionale allo sforzo a cui è sottoposto, e

quindi all’accelerazione che lo ha indotto.

L’output dagli elettrodi per mezzo di sottilissimi

conduttori viene trasmesso al connettore

esterno o, se si tratta di accelerometri di tipo

ICP, ad un circuito interno al trasduttore che ne

effettua il condizionamento e poi al connettore.

Questo modello avendo l’elemento sensibile

isolato rispetto alla base ed all’involucro

dell’accelerometro presenta una bassa

sensibilità sia alle variazioni di temperatura che

agli effetti di deformazione della superficie su

cui è montato. Inoltre in questo modo è

possibile realizzare sensori dalle dimensioni

molto ridotte che minimizzano l’effetto della

massa aggiuntiva durante le prove dinamiche

e che possono acquisire frequenze molto

elevate.

Per quanto riguarda il tipo di elemento

piezoelettrico da impiegare nella realizzazione

dei vari tipi di sensore, la scelta è ristretta a

due tipi di materiali: il quarzo già citato e

cristalli ceramici. Il quarzo è un materiale

piezoelettrico naturale e presenta una elevata

stabilità. Ormai non si usa più nella sua forma

naturale, ma viene prodotto artificialmente per

migliorarne le già buone caratteristiche.

Presenta inoltre una bassa sensibilità alle

variazioni di temperatura e, per la sua stabilità,

un elevata riproducibilità della misura. Molti

sono i materiali ceramici usati nella

realizzazione degli accelerometri e la scelta

dipende dal particolare tipo di applicazione; fra

essi il più diffuso è lo zirconato di titanio

(comunemente indicato con la sigla PZT). Tali

materiali sono prodotti artificialmente e sono

forzati a diventare piezoelettrici tramite un

processo di polarizzazione conosciuto con il

termine di “polling”. Esso consiste nel

sottoporre il materiale ad un campo elettrico di

elevata intensità che allinea i dipoli elettrici

della sua struttura cristallina facendolo così

diventare piezoelettrico. Ciò però potrebbe

comportare un limite per i trasduttori realizzati

con questo tipo di materiali. Infatti, se vengono

sottoposti a campi elettrici di intensità vicina a

quella di polling, le loro proprietà

piezoelettriche possono essere gravemente

alterate. Lo stesso può succedere se vengono

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impiegati in ambienti con una temperatura

troppo elevata, al di fuori del loro range di

funzionamento.

I ceramici, rispetto ai cristalli di quarzo,

presentano diversi vantaggi. In particolare il

segnale elettrico in uscita risulta esser di molte

volte superiore di quello fornito dal quarzo

potendo così realizzare, a parità di output,

sensori più piccoli e di minor peso, minori costi

di realizzazione, e con la conseguente

capacità di misurare più bassi livelli di

vibrazione e frequenze più elevate.

4 - Altre tipologie di accelerometri

Tutte le tipologie di accelerometro di pratico

interesse hanno il principio di funzionamento

riconducibile a quanto descritto nel paragrafo

relativo a quelli sismici2. Dei piezoelettrici,

oggetto della presente tesi, si è detto abbastanza;

di seguito è pertanto raccolta una carrellata di

soluzioni alternative possibili.

Gli accelerometri propriamente detti “meccanici”

sono quelli in cui gli elementi massa e molla

assumono una ben definita consistenza. Essi

sono impiegati per vibrazioni che variano

lentamente nel tempo e lo spostamento della

massa, che assume pertanto notevoli dimensioni,

è misurato da potenziometri resistivi o da LVDT3.

Il loro campo di applicazione in termini di

ampiezza può andare da un minimo di ± 1g ad

una ± 50 g; hanno una frequenza naturale che si

trova tra 12 e 86 Hz con uno smorzamento ζ tra

0.5 e 0.8. Nel caso di potenziometri , la resistenza

del trasduttore può variare tra 1000 e 10000 Ω,

che corrispondono ad una risoluzione dello 0,45%

o dello 0,25% dell’intera scala. La temperatura di

utilizzo va dai –65 a 165 °F. La sensibilità alle

accelerazioni ortogonali alla direzione di misura è

pari a ± 1% della sensibilità lungo l’asse di misura.

Per misurare frequenze maggiori la soluzione

2 L’accelerometro è uno strumento del secondo ordine in quanto possiede due distinti elementi (massa e molla) in cui è possibile l’immagazzinamento dell’energia in modo diverso. L’equazione differenziale che ne governa il funzionamento è pertanto una equazione del secondo ordine.

migliore è quella di impiegare degli strain-gage (a

più grande banda passante), disposti all’incastro

di elementi elastici, molto flessibili, a mensola che

sorreggono la massa. Con sensori di questo tipo

si possono ottenere misure molto accurate, fino a

frequenze dell’ordine 15000 Hz.

Una interessante variante dell’accelerometro

meccanico è quello “ad equilibrio di forza” (Fig.

10). Anche in questo caso è presente una massa

sensibile alle accelerazioni: il suo spostamento

rispetto all’involucro è rilevato mediante un

trasduttore posizione-tensione e la tensione

risultante, amplificata in un amplificatore di

corrente ad elevato guadagno, alimenta un

forzatore che fornisce la forza di equilibrio alla

forza d’inerzia. Se la massa è un magnete

permanente il forzatore può essere costituito da

una bobina, per cui si ha, con ottima

approssimazione, un legame lineare tra corrente e

forza.

Figura 10 : accelerometri ad equilibrio di forza.

3 Acronimo per Linear Voltage Differential Transformer

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La corrente è proporzionale alla forza di inerzia e

quindi all’accelerazione da misurare, il cui valore è

determinato mediante la caduta di tensione ai

capi di una resistenza nota. Sul principio di

funzionamento degli accelerometri ad equilibrio di

forza si realizzano anche sensori che oltre

all’accelerazione misurano la sua variazione

rispetto al tempo e vengono chiamati jerkmetri.

Vengono realizzati includendo nel trasduttore di

base un circuito integratore, infatti mentre la

tensione ai capi della resistenza di misura è

proporzionale all’accelerazione, quella prelevata

prima dell’integratore è proporzionale alla sua

derivata.

Negli accelerometri capacitivi (Fig. 11) l’elemento

sensibile è un condensatore la cui capacità varia

al variare dell’accelerazione. In particolare esso

consiste in un diaframma che sotto l’azione di

accelerazioni o vibrazioni ha la possibilità di

flettersi, svolgendo il ruolo che nei trasduttori

meccanici era della massa. Al di sopra ed al di

sotto di questo diaframma ci sono delle piastre a

formare in questo modo due condensatori

affiancati che hanno due armature fisse ed una in

comune in grado di compiere piccoli spostamenti.

In presenza di una accelerazione il diaframma si

deforma, alterando la distanza dalle altre due

armature e quindi fa variare le capacità dei due

condensatori. In questo modo un circuito a ponte

sensibile a queste variazioni di energia del

sistema fornisce in uscita un segnale elettrico

proporzionale all’accelerazione in ingresso.

Figura 11 : accelerometro capacitivo.

Con questo tipo di sensore è possibile misurare

anche accelerazione uniforme, infatti quando il

diaframma raggiunge la sua posizione di equilibrio

sotto la sua azione ho che anche la capacità del

sistema si manterrà ad un valore costante ad

essa proporzionale.

5 – Scelta di un accelerometro

Per la scelta dell’accelerometro più opportuno, da

utilizzare in una determinata applicazione, occorre

per prima cosa vedere se i livelli di accelerazione

e le frequenze da misurare siano compatibili con il

range di funzionamento del sensore che

graficamente può essere rappresentato da un

grafico simile a quello riportato in Fig. 12.

L’altro parametro fondamentale è la sensibilità in

uscita dal trasduttore. Questa indica la differenza

di potenziale prodotta sull’elemento sensibile per

un dato livello di accelerazione. Essa è imposta

quando l’accelerometro viene fabbricato e non

può più esser cambiata e viene misurata in mV/g ,

cioè in tensione per unità di accelerazione.

Figura 12 : range di funzionamento.

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Ogni modello, sul certificato di calibrazione,

presenta anche una tolleranza associata alla

sensibilità in output che va dal ± 5 % al ± 15 % a

seconda della manifattura, e quindi del costo.

Anche il valore minimo e massimo di frequenza

che può essere misurato vengono ricavati

sperimentalmente durante la sua calibrazione. La

sensibilità propria del sensore è ottenuta

dividendo il segnale in uscita con quello di

riferimento a 100 Hz. La risposta in frequenza

definisce questa sensibilità varia mentre

l’accelerometro vibra alle varie frequenze. In Fig.

13 è riportato un andamento tipico di risposta in

frequenza.

Figura 13 : risposta in frequenza.

La parte piatta della curva definisce il range di

frequenza utilizzabile. Al di fuori di questo tratto la

curva comincia a scendere o a salire.

Di solito diminuisce alle basse frequenze e

aumenta alle alte. Operativamente si considera

una tolleranza del ± 5 % rispetto alla sensibilità di

riferimento a 100 Hz, oppure di ± 3 dB.

La frequenza più bassa in generale è determinata

dalla costante di tempo di scarica della parte

capacitiva del circuito interno e dalle

caratteristiche del filtro passa-alto usato

nell’amplificatore. Più è elevato il tempo di scarica

e migliore è la risposta alle basse frequenze. La

frequenza massima è invece determinata dalla

frequenza di risonanza del sensore. Questa

dipende dalla rigidezza del cristallo e dalla sua

massa:

MK

Per aumentare la banda passante si deve

diminuire la massa ed aumentare la rigidezza

dell’elemento sensibile scegliendo una opportuna

configurazione. Tutti i sensori hanno un livello

massimo di accelerazione che può essere

acquisito. Questo parametro è espresso

generalmente in g , e rappresenta la massima

tensione che può essere generata sugli elettrodi

del sensore, e quindi la massima accelerazione a

cui è sensibile il sistema, senza sovraccaricare il

circuito elettronico interno. Se questo valore viene

superato vengono introdotti nella misura degli

errori oltre a presentarsi il rischio di rottura del

sensore stesso. In particolare la forma d’onda che

si sta acquisendo nel tempo sarà tagliata per quei

valori limite e si presenterà come in Fig. 14:

Figura 14 : forma d’onda tagliata.

Nel dominio delle frequenze ciò produce il

cosiddetto effetto sky slope (Fig. 15) che consiste

nell’introduzione di componenti della vibrazione a

bassa frequenza che però non sono contenute nel

segnale originario.

E’ invece il rumore intrinseco del sensore a

determinare la sua risoluzione e quindi il valore

minore di accelerazione rilevabile. Per poter

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distinguere un livello di accelerazione bisogna che

questa sia più intensa del rumore.

Figura 3.15 : effetto sky slope.

In genere è accettabile un rapporto, indicato con

SNR (signal to noise ratio) tra le due grandezze

pari a 10. Questo è un problema che si manifesta

soprattutto quando si misurano le basse

frequenze. Infatti all’aumentare della frequenza

aumenta anche il modulo dell’accelerazione e il

SNR assume valori superiori.

Anche il tipo di ambiente in cui saranno effettuate

le misure è determinante per la scelta

dell’accelerometro: occorrere vedere se le

temperature di esercizio siano compatibili con

quelle indicate nelle specifiche tecniche del

sensore. Inoltre in caso di ambiente umido

bisogna ricorrere ad accelerometri, cavi e

connettori che siano a tenuta stagna.

6 - Montaggio e isolamento

La modalità con cui viene effettuato il montaggio

influenza moltissimo la risposta in frequenza

dell’accelerometro (Fig. 16). Il range operativo in

frequenza in molti casi viene determinato

assicurando il sensore tramite una vite

direttamente ad un accelerometro di riferimento.

L’accoppiamento diretto per mezzo di una vite ad

una superficie molto levigata generalmente

comporta più alte frequenze di risonanza e quindi

una più ampia banda utilizzabile.

Figura 16 : frequenza di risonanza in funzione del montaggio.

Il montaggio per mezzo di un adesivo o tramite

magneti al contrario diminuisce la frequenza di

risonanza. Anche l’isolamento del sensore dalla

superficie può creare un filtro meccanico con

l’effetto di smorzare la trasmissione delle alte

frequenze.

Generalmente per test strutturali a temperatura

ambiente con frequenze massime intorno ai 500

Hz vengono usati degli adesivi temporanei come

la cera.

Quando un accelerometro è montato su una

superficie conduttrice c’è la possibilità che il

sensore avverta un segnale di rumore dovuto ad

altri dispositivi elettrici, connessi alla struttura

stessa, che hanno dispersioni.

Un altro fenomeno che può portare ad

un’acquisizione erronea è il cosiddetto ground

loop (Fig. 17) che si verifica quando il sensore ed

il condizionatore del segnale sono messi a terra a

potenziali diversi.

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Figura 17 : ground loop.

Si genera allora un flusso di corrente sulla linea di

alimentazione che comporta sia l’introduzione nel

segnale acquisito della frequenza di questa

corrente e delle sue armoniche, che errori di

deriva del segnale per la lettura di potenziali non

dovuti all’accelerazione da misurare. E’

conveniente allora isolare elettricamente gli

accelerometri dalla struttura su cui vengono

montati.

7 - Connessioni

Gli accelerometri devono essere connessi al

sistema di acquisizione tramite un collegamento

ben saldo per fare in modo che il segnale sia

trasmesso in modo continuo, senza intermittenze

che causerebbero una perdita di dati. I cavi di

collegamento inoltre devo essere fermati con

adesivo per minimizzare le frustate del cavo che

possono introdurre rumore nella misura

soprattutto nei sistemi ad alta impedenza (effetto

triboelettrico).

8 - Lunghezza dei cavi

Il carico capacitivo dei cavi, che dipende dalla

lunghezza degli stessi, può distorcere o filtrare le

alte frequenze del segnale in dipendenza della

corrente di alimentazione e dell’impedenza in

uscita del sensore.

La massima frequenza che può essere trasmessa

su un cavo di una data lunghezza è funzione sia

della capacità che dal rapporto del picco del

segnale in Volt sul valore della corrente di

alimentazione secondo la formula:

In cui C è la capacità dei cavi [pF], V è la

massima tensione in uscita dal sensore [V] ed Ic è

la corrente costante dal condizionatore [mA]

Nell’equazione viene sottratto 1 mA dalla

corrente totale per compensare quella assorbita

dall’elettronica interna al sensore. Dalla formula

sopra riportata si vede come all’aumentare della

lunghezza del cavo, a parità di segnale, occorre

una corrente maggiore. Una corrente di

alimentazione maggiore nel circuito interno del

sensore sviluppa una certa quantità di calore che

potrebbe portare l’accelerometro al di fuori delle

sue specifiche termiche. CV

Icf π21

109

max

−=

9 - Tipi di collegamento

Il segnale in uscita dal sensore, presumibilmente

quello desiderato, prima di essere introdotto in un

oscilloscopio o in qualsiasi altro sistema di

registrazione o analisi del segnale, ha bisogno di

essere condizionato. In particolare questo

condizionamento può essere effettuato da un

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sistema dedicato che riceve il segnale in uscita

dal sensore e poi lo ritrasmette all’elaboratore e

che viene indicato come charge mode (CM),

oppure, come accade ormai per molti

accelerometri, per mezzo di un microcircuito

interno al sensore stesso secondo la tecnologia

ICP (marchio depositato dalla PCB). In entrambi i

casi sopra citati si vuole invece ottenere un

segnale a bassa impedenza che risulta essere

meno suscettibile ai disturbi, però mentre per gli

ICP questo passaggio viene effettuato all’interno

dell’accelerometro, per i CM non è così. Allora

usando questo tipo di sensori (Fig. 18) bisogna

cercare di limitare al massimo le fonti di rumore a

cominciare per esempio, dall’utilizzo di cavi molto

corti.

Figura 18 : schema CM.

Il sistema ICP presenta notevoli vantaggi;

introdotto a partire dal 1967, i progressi in campo

elettronico hanno fatto in modo di realizzare dei

circuiti sempre più piccoli con caratteristiche

sempre migliori. Questi circuiti, a seconda delle

caratteristiche dell’accelerometro, altro non sono

che amplificatori di carica o di tensione.

Lo schema (Fig. 19) della catena di misura è

molto semplice.

Il segnale in uscita dal sensore può essere

trasmesso su due comuni cavi elettrici, spesso

nella configurazione coassiale. Su di uno viene

trasmessa l’alimentazione del trasduttore e

sull’altro il segnale vero e proprio. C’è poi il

sistema di alimentazione a corrente costante con

una tensione compresa tra i 18 e i 30 VDC e

infine il sistema di analisi. Il vantaggio più

evidente è il fatto che il segnale in uscita è già a

bassa impedenza, per cui non si hanno problemi

di trasmissione anche su lunghe distanze,

Figura 3.19 : schema ICP.

riuscendo ad ottenere sempre un segnale di

buona qualità. Inoltre il sistema è molto compatto

e richiede solo un alimentatore riducendone così

anche i costi di installazione.

In Fig. 20 vengono illustrati i due diversi tipi di

circuito ICP utilizzati a seconda del materiale

piezoelettrico impiegato nel sensore.

Figura20 : tipi di circuiti ICP.

Il cristallo di quarzo avendo un capacità

veramente molto bassa produce in uscita una

tensione molto elevata e quindi viene usato con

un amplificatore di tensione di tipo MOSFET. Il

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guadagno dell’amplificatore allora determina la

sensibilità dell’accelerometro.

Dal punto di vista delle prestazioni questa

configurazione ha un comportamento lineare fino

ad alte frequenze ( > 1 MHz) trovando così

applicazione soprattutto nell’analisi degli urti.

I policristalli ceramici invece avendo in uscita una

carica elevata sono accoppiati ad amplificatori di

carica. Questo però presenta degli svantaggi.

Prima di tutto un amplificatore di carica risulta

essere di dimensioni maggiori ed ha un costo

elevato. Poi gli elementi capacitivi che lo

costituiscono risultano essere dei filtri per

frequenze maggiori di 50-100 kHz.

L’alimentatore necessario al funzionamento di

questi sensori è un normale alimentatore a

corrente costante, alimentato a batterie o tramite

la rete elettrica che produce una tensione tra 18 e

30 VDC. Un diodo o un circuito equivalente di

regolazione, fanno si che effettivamente il valore

della corrente in ingresso rimanga costante. Con

alcuni alimentatori c’è anche la possibilità di

eliminare automaticamente la tensione di bias.

10 – PCB 333B30 e PCB 353B17

Nella Fig. 21 sono mostrati questi due modelli di

accelerometri della PCB.

Figura 21 : 1 - PCB 333B30; 2 - PCB 353B17 .

Sono entrambi di tipo piezoelettrico con elemento

cristallino di quarzo ed una configurazione dello

stesso a taglio.

Nella tabella di Fig. 24 sono riportate le principali

caratteristiche dei due accelerometri.

Questi due accelerometri vengono utilizzati per

l'analisi di fenomeni impulsivi con elevati valori di

accelerazione in gioco. Insieme vengono utilizzati

per la realizzazione di un martello strumentato per

l'analisi dinamica di strutture. Le dimensioni ridotte

e il peso contenuto dell’accelerometro PCB

333B30 di misura non introducono errori di

inserzione nell’acquisizione. L’accelerometro

PCB 353B17 che va posizionato sulla testa del

martello presenta una sensibilità peggiore di

quello di misura, ma ha un valore massimo di

shock più elevato. Questo è necessario perché

nei fenomeni impulsivi facilmente si raggiungono

picchi di accelerazione elevati. Alla breve durata

dell’impatto è comunque associata un’energia

notevole.

1

2

11 - PCB 393A03

Questo modello di accelerometro della PCB (fig.

22) è indicato per la misura di vibrazioni a bassa

frequenza.Nella tabella di Fig. 25 sono riportate

le sue principali caratteristiche.

E' un accelerometro di dimensioni notevoli adatto,

grazie anche alla sua elevata risoluzione, alla

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misura di vibrazioni sismiche.

Figura 22 : configurazione triassiale.

Figura 23 : PCB 356B18.

12 - PCB 356B18

Questo accelerometro triassiale (Fig. 23) permette

la misura simultanea delle vibrazioni e degli urti

nelle tre direzioni coordinate. Nella tabella di Fig.

26 sono riportate le sue principali caratteristiche.

E' realizzato con tre elementi sensibili di quarzo

indipendenti uno per ciascun asse di misura.

La sua massa ridotta e la sua elevata risoluzione

ne permettono l'uso sia nello studio della dinamica

strutturale che per la rilevazione di vibrazioni di

tipo sismico a bassa frequenza.

PCB 333B30 PCB 353B17

Voltage sensitive 100 10 mV/g

Measurament range 50 500 ±g pk

Frequency range (± 5 %) 0,5-3.000 1-10.000 Hz

(± 10 %) 0,7-20.000 Hz

(± 3 dB) 0,35-30.000 Hz

Resoltion 0,00015 0,01 g pk

Amplitude linearity ±1 ±1 %

Transverse sensitivity ≤5 ≤5 %

Shock limit 5.000 10.000 ±g pk

Excitation voltage 18-30 18-30 VDC

Outpu impedance <200 <100 Ω

Output bias 7-12 8-12 VDC

Discharge time constant ≥12 ≥0,5 sec

Size 10,2x16 7,1x14 mm

Weight 4 1,7 gm

Figura 24 : accelerometri PCB.

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PCB 393A03

Voltage sensitive 1000 mV/g

Measurament range 5 ±g pk

Frequency range (± 5 %) 0,5-2000 Hz

(± 10 %) 0,3-4000 Hz

(± 3 dB) 0,2-6000 Hz

Resoltion 0,0001 g pk

Amplitude linearity ±1 %

Transverse sensitivity ≤5 %

Shock limit 5000 ±g pk

Excitation voltage 18-30 VDC

Outpu impedance <250 Ω

Output bias 8-12 VDC

Discharge time constant 1-3 sec

Size 30,2x55,6 mm

Weight 210 gm

Figura 25 : accelerometri PCB.

PCB 356B18

Voltage sensitive 1000 mV/g

Measurament range 5 ±g pk

Frequency range (± 5 %) 0,5-3000 Hz

(± 10 %) 0,3-5000 Hz

Resoltion 0,0005 g pk

Amplitude linearity ±1 %

Transverse sensitivity ≤5 %

Shock limit 5000 ±g pk

Excitation voltage 18-30 VDC

Outpu impedance <250 Ω

Output bias 8-12 VDC

Discharge time constant 1-3 sec

Size 20x20 mm

Weight 25 gm

Figura 26 : accelerometri PCB.

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13 - Settaggio della scheda NI DAQCard AI 16XE-50

Essendo anche LabVIEW™ un prodotto della

National Instrument esso contiene già tutti i drive

per il corretto funzionamento della DAQ.

E' possibile agire via software (Fig 27) sulla

scheda per ottimizzarne al meglio le prestazioni in

funzione dell'uso che se ne deve fare.

Figura 27 : configurazione DAQ.

Il primo parametro da impostare è il tipo di

grandezza da misurare tramite Measurement

mode structure. Nel caso specifico è impostato

per una acquisizione in volt. Segue poi

l'impostazione dei drive del tipo di sensori che si

assegnano ai canali di misura con Channel e

l'impostazione del buffer. Con Interchannel delay

è infine possibile stabilire il ritardo di

campionamento tra un canale e il successivo. Per

minimizzare l'errore in fase della misura, è

opportuno che questo parametro sia impostato

sulla massima velocità possibile.

Altri parametri da controllare sono il tipo di

acquisizione in continuo, e lo scan rate, ossia la

frequenza di campionamento. La DAQ ha una

frequenza massima di campionamento di 20 kS/s,

quindi, occupando con questa particolare

applicazione due canali della scheda, posso

campionare su ciascuno di essi ad un massimo di

10 kS/s senza generare errori nel flusso dei dati.

L'impostazione massima a 8192 S/s allora rimane

al di sotto di questo limite e mi garantisce pure

una analisi in frequenza senza problemi di

aliasing fino a 4000 Hz.

14 - Drive degli accelerometri

Alla scheda di acquisizione arriva un segnale in

volt. Per poter dare un significato fisico a questa

grandezza elettrica occorre metterla in relazione

con i valori di accelerazione che l’hanno generata.

Per far questo è necessario impostare dei drive

(Fig. 28) in cui specificare una serie di parametri

che poi serviranno alla DAQ per effettuare la

misura nel modo corretto.

Ad ogni drive è associato un nome con cui è

possibile richiamarlo all’interno di qualsiasi

programma LabVIEW™. E’ quindi opportuno che

questo nome sia significativo rispetto al tipo di

sensore a cui si riferisce e alle sue impostazioni

principali.

La parte fondamentale è quella in cui viene

assegnato il range di funzionamento.

Figura 28 : drive della DAQ.

Per prima cosa occorre desumere dai certificati di

calibrazione di ogni sensore usato, la relazione tra

i volt e la grandezza fisica che si sta misurando.

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In generale la sensibilità di un accelerometro è

espressa in mV/g. Invertendola si ottiene il livello

di accelerazione associato ad ogni volt.

Per esempio l'accelerometro PCB 333B30 ha una

sensibilità di 96,6 mV/g a cui corrispondono

10,351g/V ossia in unità SI 101,552 m/s2/V.

Facendo leggere alla DAQ tensioni tra ±5 V, cioè

facendola lavorare nel suo range massimo di

utilizzo, ottengo che anche l'accelerometro viene

utilizzato alla sua massima capacità. Infatti a ±5 V

corrispondono circa ±500 m/s2 ,ossia ±50 g, che è

la massima accelerazione che può misurare

questo sensore.

Dato che la risoluzione della scheda rimane

sempre la stessa, indipendentemente dal range

utilizzato, diminuendo quest'ultimo possono

essere apprezzati valori di tensione sempre più

piccoli.

Il tipo di scheda utilizzato è a 16 bit, per cui

l’intervallo di misura viene suddiviso in 216 parti.

Per ottenere risoluzioni maggiori si può quindi

usare un range della scheda di ±1 V.

L’accelerazione misurabile è però, ora, minore

che nel caso precedente. Infatti a questa

impostazione corrisponde un utilizzo

dell’accelerometro tra ±10 g.

A fronte di una risoluzione maggiore si ha di

contro che la DAQ va in overflow per valori di

tensione che oltrepassano il range di ±1 V. Il limite

della misura non è più dato dalle caratteristiche

del sensore, ma dall'impostazione della scheda.

Per apprezzare accelerazioni ancora più piccole

possono essere utilizzati amplificatori con

guadagno programmabile. Impostando un

guadagno G, il segnale arriverà alla scheda G-

volte più grande. Allora con un valore di G = 10,

nel caso di range ±5 V le accelerazioni che

possono essere misurate saranno comprese tra

±5 g. Si ottiene quindi una risoluzione 10 volte

superiore al caso normale, ma con una limitazione

nei valori massimi misurabili, che a volte non può

essere ammessa.

Naturalmente, per ottenere un certo valore di

risoluzione, entrambi questi processi possono

essere combinati. Il limite è rappresentato dal

livello di rumore della scheda e dei sensori.

Quando la risoluzione diventa dello stesso ordine

di grandezza del rumore non ha più senso fare la

misura in quanto i due eventi non sarebbero

distinguibili e apprezzabili separatamente.

Nella tabella in Fig. 29 è riportato il foglio

elettronico utilizzato per realizzare i drive dei due

accelerometri usati nelle misure.

Nella prima colonna sono indicati i nomi parziali

assegnati a ciascun drive: la sigla di riferimento è

il nome dell’accelerometro, è presente poi il valore

massimo di accelerazione che può essere

misurato con quella configurazione ed una G

indica la necessità di impostare l’alimentatore con

un guadagno pari a 10. A completamento deve

essere indicato il canale che viene utilizzato.

Nelle colonne successive vengono poi riportati

l’accelerazione massima, il range della DAQ, il

valore del guadagno e il setup di calibrazione.

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Nome drive F.S. Range G Setup PCB393A03 X 01g G ch 0,1 g ± 1 V 10 0,98891 m/s2

PCB393A03 Y 01g G ch 0,1 g ± 1 V 10 0,98297 m/s2

PCB393A03 Z 01g G ch 0,1 g ± 1 V 10 0,99291 m/s2

PCB393A03 X 1g ch 1 g ± 1 V 1 9,88911 m/s2

PCB393A03 Y 1g ch 1 g ± 1 V 1 9,82966 m/s2

PCB393A03 Z 1g ch 1 g ± 1 V 1 9,92915 m/s2

PCB393A03 X 5g ch 5 g ± 5 V 1 49,44556 m/s2

PCB393A03 Y 5g ch 5 g ± 5 V 1 49,14830 m/s2

PCB393A03 Z 5g ch 5 g ± 5 V 1 49,64575 m/s2

PCB356B18 Asse X 01g G ch 0,1 g ± 1 V 10 0,95428 m/s2

PCB356B18 Asse Y 01g G ch 0,1 g ± 1 V 10 1,00512 m/s2

PCB356B18 Asse Z ,1g G ch 0,1 g ± 1 V 10 0,93876 m/s2

PCB356B18 Asse X 1g ch 1 g ± 1 V 1 9,54280 m/s2

PCB356B18 Asse Y 1g ch 1 g ± 1 V 1 10,05123 m/s2

PCB356B18 Asse Z 1g ch 1 g ± 1 V 1 9,38756 m/s2

PCB356B18 Asse X 5g ch 5 g ± 5 V 1 47,71401 m/s2

PCB356B18 Asse Y 5g ch 5 g ± 5 V 1 50,25615 m/s2

PCB356B18 Asse Z 5g ch 5 g ± 5 V 1 46,93780 m/s2

PCB333B30 1g G ch 1 g ± 1 V 10 10,15528 m/s2

PCB333B30 10g ch 10 g ± 1 V 1 101,55280 m/s2

PCB333B30 5g G ch 5 g ± 5 V 10 50,77640 m/s2

PCB333B30 50g ch 50 g ± 5 V 1 507,76398 m/s2

PCB353B17 10g G ch 10 g ± 1 V 10 93,16239 m/s2

PCB353B17 100g ch 100 g ± 1 V 1 931,62393 m/s2

PCB353B17 50g G ch 50 g ± 5 V 10 465,81197 m/s2

PCB353B17 500g ch 500 g ± 5 V 1 4658,11966 m/s2

Figura 29 : impostazioni drives.

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