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Lino Franceschini AD FLEXUM / BEDIZZOLE PONTENOVE / PETOVIO Cenni storici riguardanti la strada romana, la pieve di Pontenove e il nome di Bedizzol e

AD FLEXUM / BEDIZZOLE PONTENOVE / PETOVIO · Come documentato nel volume di don Emilio Spada “Bedizzole, Antichità Romane e Nuovo Studio Storico” la strada, proveniente da Molinetto,

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Lino Franceschini

AD FLEXUM / BEDIZZOLE PONTENOVE / PETOVIO

Cenni storici riguardanti la strada romana, la pieve di Pontenove e il nome di Bedizzole

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Ad Flexum

Uno dei nomi più antichi riguardanti il territorio di Bedizzole è sicuramente da ritenersi “ Ad Flexum ”, stazione dell'Itinerario Burdigalense, situata sulla strada romana che da Brescia conduceva a Verona.Redatto nel 333 d.C. da un pellegrino anonimo durante il viaggio da Burdigala, l'attuale Bordeaux, fino a Gerusalemme dove era diretto per venerare il Santo Sepolcro, l'Itinerario Burdigalense rappresenta, assieme alla Tavola Peutingeriana e all'Itinerario di Antonino, la più antica testimonianza delle strade romane.La rilevanza di questo documento sta soprattutto nella conferma del buono stato in cui versava nel IV secolo la viabilità consolare romana e nell'aver tramandato i toponimi adottati in quel periodo per definire città e località minori lungo il percorso. In esso l'autore non solo annota le “civitas”, le più importanti città toccate, ma anche le “mansiones”, centri più piccoli muniti di locanda, e le “mutationes”, luoghi intermedi deputati al cambio dei cavalli, indicando per ciascuna tratta la distanza in miglia.Ed è appunto a XI miglia da Brixia (civitas), sulla Via Gallica, la principale arteria stradale per Verona, che l'Itinerario Burdigalense riporta la località “Ad Flexum”, dal pellegrino indicata come “mansio”.Undici miglia da Brescia, considerato che il miglio romano deriva da “milia passum” cioè mille doppi passi (il “ passus” latino è la somma di due passi) e corrisponde a 1478 metri, fanno un totale di 16, 258 chilometri.Questa distanza, che cade sicuramente nel territorio di Bedizzole, sfata la leggenda che vuole il nome di Pontenove derivare da “a nove miglia” da Brescia.Nove miglia romane, che corrispondono a 13 chilometri, coprono il percorso che da Brescia porta a Molinetto di Mazzano.Il nome “Ad Flexum”, che in latino significa flessione, sta ad indicare che la strada in quel punto doveva fare una deviazione, una svolta che la portava a abbandonare il suo stato quasi rettilineo per superare un ostacolo, dovuto in questo caso al passaggio sul fiume Chiese.Un'altra leggenda da sfatare è che l'attuale ponte che attraversa il Chiese presso la località di Pontenove corrisponde a un manufatto romano, mentre in realtà, come risulta da varie delibere comunali, è stato costruito nella prima metà del settecento.Come documentato nel volume di don Emilio Spada “Bedizzole, Antichità Romane e Nuovo Studio Storico” la strada, proveniente da Molinetto, giunta in quella località, in prossimità del crociale presso le vecchie scuole elementari, deviava leggermente a nord-est per portarsi verso il bosco del Nizzolaro e scendere poi gradatamente verso il fiume che veniva attraversato da un ponte a ca. 700 m più a settentrione dell'attuale, all'altezza della vecchia Cascina Bagnolo, come testimoniano ancora oggi i resti di un manufatto ben visibile nell'alveo del fiume asciutto e che vanno da una parte all'altra della sponda. Passato il fiume la strada si dirigeva verso sud e dopo il Mulino del Cane continuava diritta per una stradina campestre ancora esistente, chiamata “La levata” per la sua posizione alta, e si innestava nei pressi di Salaghetto sull'attuale strada per proseguire il suo percorso verso Sedena, passando da Salago, Bagatte e Monteroseo.

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Percorso della strada romana da cui è derivato il nome della mansio “Ad Flexum”

La spiegazione di questa flessione, di questo giro che la strada faceva è da ricercarsi nella topologia del fiume in quella zona. Il Chiese di allora era un corso d'acqua che per intensità di portata non è paragonabile al suo stato attuale, considerando che, prima con la costruzione nell'alto medioevo del Naviglio e in seguito dei vari canali di irrigazione, è stata tolta al fiume molto acqua. La parte bassa di Pontenove, soggetta, ancora in anni non lontani, nei periodi di piena del fiume ad inondazioni, doveva essere al tempo dei romani una zona paludosa e impraticabile per il passaggio di una via di comunicazione. Inoltre la natura ripida e scoscesa della sponda destra del fiume, che in quel luogo rende molto impervia la possibilità di un guado, dovrebbe escludere anche l'esistenza di un antico tratturo prima che venisse costruito l'attuale ponte. Questo spiega un percorso della strada costretta a valicare il fiume in un punto più accessibile e che a causa del giro che essa doveva compiere aveva dato alla località il nome di “Ad Flexum”. Nelle carte geografiche antiche “Ad Flexum” viene sempre riportato vicino al Chiese nei pressi di Bedizzole, come da Cluverius (1580-1622) e come si evince da una carta geografica del 1844 raffigurante il Lombardo Veneto avanti il dominio dei Romani, sotto il dominio dei medesimi e nel Medio Evo (Roma Biblioteca Angelica). Emblematica è la raffigurazione dell' Italia Antiqua ai tempi dell'impero romano nelle grandi pitture murali della Galleria delle Carte geografiche in Vaticano, realizzate attorno al 1580, dove “Ad Flexum” è collocato alla sinistra del Chiese all'altezza di Bedizzole.

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Resti del ponte romano sulla destra del fiume

Lo stesso manufatto nell'alveo del fiume asciutto (Foto L. Franceschini)

Anche i vecchi autori collocavano “Ad Flexum” a Bedizzole, vedi l'Odorici (Brescia Romana, 1854) e A. Mor (Le origini e tradizioni storiche di Orzinuovi, Città di Castello 1926). Il ritrovamento di quattro cippi miliari, inoltre, avvalora l'importanza di Bedizzole, quale tappa sul percorso di questa strada romana.La colonna miliare, dedicata con incisioni sovrapposte agli imperatori Valentiniano e Valente e a Magno Massimo e Flavio Vittore, porta incisa la distanza di XXXII miglia

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da Verona, calcolata dalla località Bagatte sulla strada romana dove questo cippo è stato ritrovato. Da quel luogo il percorso per Brescia doveva essere quindi di XII miglia e calcolando che Bagatte si trova a circa un miglio prima del passaggio sul fiume, la distanza viene a coincidere con le XI miglia della mansio Ad Flexum. Per concludere, con una probabilità che rasenta la certezza, possiamo collocare la mansio “Ad Flexum” dove oggi si trova il Nizzolaro.

I Cippi Miliari

La romanità di Bedizzole antica è documentata da numerosi reperti archeologici di quell'epoca rinvenuti sul suo territorio.Frammenti di lapidi ritrovati, per la cui dettagliata descrizione e il luogo del ritrovamento rimandiamo alla consultazione della sopra citata opera di don Emilio Spada, testimoniano di un intenso culto a Giove e a Minerva.Nel libro sono anche accuratamente descritte le iscrizioni funerarie romane, resti di lapidi con le quali i famigliari volevano ricordare con dedica un loro defunto. La stesura cronologica dell'Itinerario Burdigalense (333 d.C.) corrisponde al periodo della collocazione dei miliari rinvenuti a Bedizzole, i quali stanno a testimoniare come in quel tempo una via romana di grande importanza, che congiungeva Brescia a Verona, attraversasse il territorio del paese.La pietra miliare o miliarium era sulle strade romane una colonna circolare su di una base rettangolare, infissa nel terreno per oltre 60 cm, alta 1,50 m, con 50 cm di diametro. Su di essa si poteva leggere una dedica all'imperatore dell'epoca da parte del municipio che in rappresentanza della regione di appartenenza provvedeva alla manutenzione del tracciato. Alla base il cippo recava spesso scritto il numero di miglio della strada su cui si trovava.I miliari rinvenuti a Bedizzole sono quattro e sono dedicati ai vari imperatori che si succedettero in quel periodo. In ordine di tempo il primo è dedicato a Giuliano l'Apostata (355-363 d.C.) e fu rinvenuto nel 1955 all'interno della porta del castello, durante gli scavi per la posa di tubature.Sul secondo sono incisi i nomi degli imperatori Valentiniano e Valente (364-378 d.C.), due fratelli che si erano suddivisi il governo dell'Impero. Un'altra scritta a caratteri più rustici in basso sullo stesso cippo, incisa successivamente, oltre ai due imperatori, riporta anche il nome di Graziano, figlio di Valentiniano, designato da questi, ancora vivente, a suo successore.Il terzo miliare, un cippo già preparato con i nomi dei due imperatori Valentiniano e Valente (le pietre miliari venivano fatte in serie), dopo che la scritta era stata parzialmente scalpellata, viene riutilizzato come dedica ai successivi imperatori Magno Massimo e Flavio Vittore (383-388 d.C.), padre e figlio, usurpatori dell'Impero Romano d'Occidente . Nota caratteristica e importante di questa pietra miliare è che su di essa si trova scolpito il numero di miglio XXXII, che corrisponde esattamente alla distanza da Verona fino alla località Bagatte, punto dove furono rinvenuti questi due cippi. A quei tempi la Bedizzole romana faceva parte della “Venetia Augustea X Regio” la Decima Regione Veneta Augusta che, come inciso sul miliare “beata Venetia

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conlocavit”, aveva provveduto alla sua posa, per cui le distanze venivano calcolate da Verona.Anche un quarto miliario, ai più sconosciuto, proveniente da Bedizzole e che si trova oggi nel museo di Verona è dedicato agli imperatori Magno Massimo e Flavio Vittore.Attraverso questo cippo che recava inciso “Ai Signori Nostri / Magno Massimo / e Flavio Vittore / Invitti Augusti / Perpetui / Per il bene della Repubblica / Nati” è da ritenersi che i due imperatori volessero sottolineare e confermare la validità del loro titolo, essendo essi considerati usurpatori.Di questa pietra miliare parlano F. Odorici, Storie bresciane, Vol. I, pag. 139, Brescia 1853 e Scipione Maffei, Museum Veronesnsis, n. 6, pag. 106.

Colonna miliare agli imperatori Valentiniano I, Valente e Graziano (364-378)

Il ritrovamento nel castello di Bedizzole del miliare dedicato a Giuliano l'Apostata ha una spiegazione plausibile che va collegata con la ricostruzione di questo castello, rimasto per lunghi anni in uno stato di abbandono dopo lo smantellamento operato da Gian Galeazzo Visconti nel 1401. Nell'anno 1477, avendo il Comune stabilito di procedere alla costruzione della torre e di altre opere di rinforzo, con delibere, ancora oggi custodite nell'archivio comunale antico, imponeva a tutti i cittadini di prendere parte alla fabbrica del castello e obbligava ogni famiglia a condurre due carri di pietre per la fabbrica della torre. “Item ordinatum fuit quod conducantur lapides, calces et sablones pro fabrica turris” (27 marzo 1478).E' verosimilmente presumibile che, allo scopo di rinforzare le fondamenta della costruenda torre, qualcuno abbia pensato di trasportarvi anche il cippo miliare abbandonato. Questa usanza di adoperare resti di vestigia romane come materiale di riporto nella

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costruzione di case e chiese è documentata dai relativi infissi, visibili ancora oggi in alcune pareti di questi edifici. Anche il miliario trovato in Castello doveva provenire dalla località Bagatte, luogo che rappresentava un punto preciso di riferimento per la segnalazione delle distanze sulla strada consolare.

L'Antica Pieve

L'importanza di Pontenove nella storia di Bedizzole non è tanto dovuta al passaggio della strada romana, bensì è da collegarsi con l'avvento del cristianesimo e con il suo propagarsi in tutto l'impero, dopo che Costantino con l'editto di Milano (313 d.C.) aveva assicurato ai cristiani libertà di culto. Attraverso le principali vie di comunicazione i primi evangelizzatori (sacerdoti, diaconi e laici) si sparsero per l'impero a portare il verbo e fu su di esse che sorsero le prime chiese, a cui venne dato il nome di “pieve”.Anche Pontenove, per la sua posizione strategica e centrale vicino a una importante strada di comunicazione e al passaggio sul fiume, fu scelta quale luogo per la costruzione di una chiesa, il cui edificio venne eretto sulla riva destra del Chiese, in una posizione elevata che dominava la vallata sottostante del fiume. Non sappiamo con precisione quando questa pieve sia stata fondata ma da recenti ricerche archeologiche la sua esistenza viene attestata a partire dal VI secolo.Da questo centro di culto il cristianesimo si sparse nelle vicine contrade dove vennero fondate altre chiese e diaconie, che rimanevano però sempre sotto la giurisdizione della primitiva chiesa da cui avevano avuto origine. Le pievi erano dunque chiese madri di un determinato territorio, provviste di battistero, a cui erano soggette le chiese sottoposte e le cappelle sfornite di fonte battesimale, situate nei vari villaggi. Alle pievi spettava inoltre il diritto di riscuotere dai fedeli un tributo sui frutti della terra, a cui erano soggetti tutti i residenti sulle terre sottoposte. Entrambi questi due aspetti, l'amministrazione del battesimo e la riscossione dei tributi, cominciarono a essere vincolanti a partire dall'epoca carolingia, grazie a precise norme che furono introdotte nella legislazione e ad una massiccia e capillare azione di riordino delle comunità cristiane.Nei recenti scavi che hanno portato alla luce i resti del battistero della pieve di Pontenove, uno dei rarissimi esempi nell'Italia settentrionale di fonte battesimale all'esterno della chiesa, è stata rinvenuta una moneta portante l'iscrizione “Carolus Rex Francorum”, per cui è da ritenersi che questo fonte battesimale fosse già in funzione nell'era carolingia. Questa pieve estendeva la sua giurisdizione su un vasto territorio che comprendeva, oltre all'attuale Bedizzole, Calcinato, Carzago e Calvagese.Inizialmente i sacerdoti vivevano nelle pievi e da lì si spostavano nelle varie chiese e cappelle periferiche per prestare il proprio ministero. Successivamente, per la distanza, per il numero dei fedeli in continuo aumento, per le particolari condizioni locali, i preti furono delegati ad amministrare i sacramenti e a risiedere nei villaggi e le diverse diaconie ebbero un loro rettore stabile e si trasformarono progressivamente in parrocchie autonome.

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Abside della pieve romanica di S. Maria a Pontenove

Non si ha notizia certa del periodo in cui le diaconie a essa sottoposte si staccarono dalla Pieve di Pontenove ma si ha motivo di ritenere che questo passaggio fosse già avvenuto nel XIV secolo.Da questo processo, con il dissolversi dell'istituto plebano, divennero così parrocchie indipendenti le diaconie di S. Stefano a Bedizzole, di S. Vincenzo a Calcinato, di S.Lorenzo a Carzago e di S. Pietro a Calvagese. Successivamente nel 1608 Mocasina si staccò da Calvagese e nel 1887 Calcinatello divenne autonoma da Calcinato.

Il Ponte sul Chiese

Dato lo sviluppo e l'importanza del centro formatosi attorno alla pieve, in sostituzione del vecchio ponte romano andato distrutto, un nuovo ponte era stato eretto nei pressi di questo nucleo abitativo.Fonti storiche raccontano che il ponte sul fiume Chiese presso quella località venne demolito attorno al 1337, nella lotta tra i Visconti di Milano e la Comunità della Riviera del Garda bresciano, a cui Bedizzole apparteneva, e che stava in quel periodo entrando sotto la sfera di influenza di Venezia nella sua espansione, oltre che per mare, anche sulla terraferma. In seguito fu ricostruito.Quando i ponti erano inagibili, per raggiungere la pieve i fedeli si servivano di un guado a un centinaio di metri più a settentrione del vecchio ponte romano e di un altro guado in prossimità di Cà del Bisso, dove ancora oggi una stradina in aperta campagna lastricata di ciottoli porta al fiume.Come tramandato dal Gregorini, arciprete di Bedizzole dal 1871 al 1903, studioso e profondo conoscitore della storia locale a cui aveva dedicato il volumetto “Memorie di Bedizzole nel XVI secolo”, e come si evince da vecchie delibere comunali, il

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ponte era fatto di legno e per questa sua natura soggetto spesso a lavori di manutenzione, con continui costi per la comunità.Per questo motivo il Comune, dopo aver ricevuto in dono dall'arciprete Leonardo Benaglio (1675-1718) il ponte con tutti i diritti di pedaggio, deliberava nell'anno 1718 di costruirne uno nuovo . L'attuale ponte, com'è oggi, fu costruito dunque negli anni che vanno dal 1718 al 1724.Le fasi della sua costruzione sono ben documentate nei registri delle vicinìe (assemblee comunali) dell'archivio comunale antico. Da esse apprendiamo che il ponte in precedenza era fatto di legno, che al Nizzolaro esisteva un bosco, che i piloni vennero costruiti in anni successivi e che in una assemblea venne stabilito che la copertura del ponte non venisse fatta in legno bensì con arcate in pietra quadrata per una maggiore stabilità, anche se questa soluzione comportava una spesa non indifferente.A Bedizzole, nello stesso periodo in cui il ponte veniva eretto, avevano avuto inizio i lavori per la costruzione della nuova chiesa parrocchiale (1721-1760), il cui progetto e direzione dell'opera erano stati affidati all'architetto Antonio Spazzi.In una delibera del 16 marzo 1724 il Comune stabiliva di affidare all'architetto della nuova parrocchiale il restauro della torre del castello con l'applicazione di chiavi di ferro massicce per rinforzarne le mura.

Il ponte sul fiume Chiese a Pontenove costruito nel 1724

Particolare questo interessante perché anche nella nuova costruzione del ponte vengono applicate uguali chiavi di ferro per ogni arcata. Data la frequente presenza in paese di Antonio Spazzi allo scopo di assistere i lavori della nuova parrocchiale, è più che provabile che questo architetto, interpellato, abbia contribuito anche alla progettazione e alla direzione dei lavori del nuovo ponte.

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Nel 1743 Pontenove chiede al Comune di erigere sul ponte una nicchia con la statua di S. Giovanni Nepumoceno e l'anno successivo di poter elevare un portico antistante la medesima cappella.L'eleganza architettonica di questa costruzione e la sua realizzazione, curata nei minimi particolari, fanno ritenere questo tempietto opera di un valente architetto che dovrebbe essere, anche in questo caso, il suddetto Antonio SpazziL'attuale ponte sul Chiese presso Pontenove non è dunque romano bensì settecentesco.La documentazione della sua costruzione, qui solo accennata, è riportata dettagliatamente, con i vari numeri delle delibere dei registri comunali dell'epoca, nel libro di don Emilio Spada “Bedizzole, Antichità Romane e Nuovo Studio Storico” (1979), opera questa per la storia di Bedizzole preziosissima e fondamentale.

Il Nome di Pontenove

La credenza popolare, ancora oggi in molti radicata, che la derivazione etimologica del nome di Pontenove sia da ricercarsi in “ad novem milia” e stare a indicare la distanza da Brescia del ponte sul Chiese è più un prodotto della fantasia che della realtà.Ai tempi dell'Impero Romano, Bedizzole faceva parte della “X Venetia Augustea Regio”, la Decima Regione Veneta Augusta che, come inciso su un miliare rinvenuto “beata Venetia conlocavit”, aveva provveduto alla sua posa, per cui le distanze venivano calcolate da Verona.La colonna miliare, dedicata agli imperatori Valentiniano e Valente e a Magno Massimo e Flavio Vittore, porta incisa la distanza di XXXII miglia da Verona, calcolata dalla località Bagatte sulla strada romana dove questo cippo è stato ritrovato. Da quel luogo il percorso per Brescia doveva essere quindi di XII miglia e calcolando che Bagatte si trova a circa un miglio prima del passaggio sul fiume, la distanza di Pontenove da Brescia risulta essere di XI miglia.Inoltre, nove miglia romane corrispondono a tredici chilometri e coprono il percorso tra la città e Molinetto di Mazzano.I Romani, poi, quando usavano il numero delle miglia per dare il nome a una località, come si evince per esempio da tre mansiones dell'Itinerario Burdigalense tra Padova e Aquileia “ad duodecimum milia”, “ad nonum milia” e “ad undecimum milia”, solevano usare il il numero ordinale latino.Se il il nome di Pontenove fosse derivato dalla distanza di nove miglia avrebbe dovuto chiamarsi “Ponte Nono”La denominazione “Pontenove”, dato per certo che non poteva provenire da “ad novem milia” è, come spesso avviene per molti toponimi, di difficile interpretazione.La toponomastica infatti, scienza che studia il significato e l'origine dei nomi di luogo, sia per le molte valenze corrispondenti ai diversi significati che un solo nome può avere nelle lingue indoeuropee, sia per l'antica origine dei nomi, molti dei quali antecedenti le lingue storiche, è materia dai controversi e spesso tra loro

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discordanti risultati. Molti nomi di luogo, che ancora oggi a stento si lasciano interpretare, appartengono ad un evo molto antico. Essi stanno lì, come relitti della preistoria, e possono essere considerati come le più antiche testimonianze del linguaggio umano.Antiche testimonianze scritte di un nome di luogo derivano spesso da documenti ecclesiastici, notarili o storici vergati in latino. Non sempre è possibile ricavare da queste fonti un nome preciso, poiché gli scrivani usavano spesso più varianti per lo stesso nome, cioè differenti forme dalla fonetica similare.Documenti antichi non rappresentano altro che il tentativo di porre in forma scritta un nome di luogo, tramandato fino allora solo oralmente. Tradizioni orali, derivate dai dialetti, sono più antiche di qualsiasi documento antico. Esse sono sottoposte a variazioni proprie dei dialetti e si lasciano difficilmente inquadrare in un forma precisa, specialmente se corrispondono a relitti di forme parlate, andate ormai perse.Molti nomi di luogo, che oggi a fatica si lasciano interpretare, derivano da forme tramandate oralmente che al tempo del formarsi delle lingue storiche non erano più conosciute dato che con il passare del tempo avevano perso il loro significato primordiale e non potevano venire così comprese dalla nuova lingua. Già Romani e Greci non erano in grado di dare, come ci si sarebbe dovuto attendere, un significato a molti loro toponimi, perché antecedenti la loro lingua. Spesso succedeva che questi nomi di venissero accostati a forme simili, che nella nuova lingua possedevano però un'altra valenza.Recenti studi hanno evidenziato il fatto che nuovi insediamenti, allo scopo di poter essere identificati e localizzati, dovevano aver ricevuto un nome già prima della loro fondazione. Questo corrispondeva di solito al luogo prescelto, che era già conosciuto prima e per tale motivo già in possesso di un nome. La denominazione di un insediamento dovrebbe dunque evidenziare particolari caratteristiche che riguardano il luogo dove è sorto.Questo procedimento viene ancora oggi confermato dalle numerose località che devono il loro nome o a nomi di campagna o a bacini e corsi d'acqua, forme che appartengono al paesaggio primordiale e che sono da considerarsi molto antiche.Nei documenti inerenti la denominazione di Pontenove la forma “Novis” viene sempre riportata a se stante, sia in quelli che nominano il ponte (pontis de Novis) che in tutti quelli riguardanti la vecchia Pieve (S. Maria de Novis).Due i significati che possono spiegare l'origine del nome di questa località.Il primo potrebbe derivare da una voce idronimica, da un nome cioè che deve la sua origine all'acqua. Non sono infatti rari gli esempi di fiumi derivati dalla radice “nov-” come Novaria, un affluente del Po, Novanus nell'Appennino, Novios in Inghilterra, Novisona in Francia. Antiche località, situate tutte su fiumi, che al tempo di Roma portavano il nome di “ad Novas” sono tra l'altro le odierne Brnjce in Serbia, Sistov in Bulgaria, Runovich in Dalmazia. Una seconda interpretazione, considerando questo nome corrispondente sì alla attuale forma “Pontenove”, ma senza alcuna affinità con un ponte, perchè antecedente alla sua costruzione, potrebbe trovare una spiegazione nel fatto che in questo toponimo è racchiusa una antica denominazione del nome di Bedizzole, oggi non più conosciuta.

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PETOVIO Un antico nome romano di Bedizzole

La romanità di Bedizzole antica è documentata dai molti reperti archeologici di quell'era rinvenuti sul suo territorio.Pochi comuni della provincia possono vantare una dotazione così cospicua che comprende dodici iscrizioni, tutte documentate.Sparse sul suo territorio esistevano ville di famiglie patrizie che, come attestato da lapidi, appartenevano a diverse “Genti” come la “gens Cornelia”, la “gens Vibia”, la “gens Elia”, gentilizi notissimi a Roma e altrove nei tempi dell'impero.Due dediche trovate a S. Tommaso testimoniano che su quella collina si adorava Giove. Altro luogo di culto esisteva presso la chiesa di S. Stefano dove fu rinvenuta un'ara a Minerva, dea della sapienza. Tra le epigrafi o iscrizioni romane funerarie scolpite nella pietra, con cui i famigliari volevano ricordare con dedica i loro defunti, è stata rinvenuta a Bedizzole anche una lapide dedicata al pretoriano Giulio Festo. Questo cippo, infisso nella muraglia che circondava il vecchio cimitero presso la parrocchiale di S. Stefano e trasportato in seguito nel Museo Romano di Brescia, riporta la seguente iscrizione:

IULII FESTI MILITIS (COHORTIS) SECUNDAE PRAETORIAESIGNIFERI... A.. VALI...MILITA(VI)T AN(NOS)XII, PROMOTU(S) VII , CIVES PETOVIONIENSI(S)AUR(E)LIUS IUST(NUS) FRATRI, B(ONAE) M(EMORIAE) P(OSUIT)DEFUNCTUS IN BELLO BARBARICO

(Sepolcro di) Giulio Festo milite della seconda coorte pretoriana portabandiera.... combatté per dodici anni, fu promosso sette volte,Aurelio Giustino, cittadino di Petovio, al fratello a buona memoria, pose.(a lato) Morto nella guerra contro i barbari.

Questa iscrizione, di una importanza basilare nella storia di Bedizzole, non ha avuto l'attenzione che meritava.Dai pochi studiosi che l'hanno esaminata è stata fatta una analisi imprecisa e superficiale del testoIn alcune traduzioni la parola fratri viene tradotta con “collega”, quando invece in latino il suo significato primario è “fratello”, grado stretto di parentela questo, che giustifica una stele funeraria. Una lapide con dedica a un collega morto lontano in guerra non sembra avere senso.Nella scritta, inoltre, Aurelio Giustino si definisce cittadino di Petovio, località da alcuni studiosi individuata in Pettau, l'attuale Paderborn, città tedesca della Westfalia, e da altri in Poitiers, storica località francese. Ora, non si comprende perché Aurelio Giustino, facoltoso romano che vive a Bedizzole e dedica in quel luogo una stele funeraria in ricordo del fratello morto in guerra, debba dichiararsi cittadino di una lontana località della Germania dove, tra l'altro, non sono mai state trovate tracce di romanità, o di Poitiers, in Francia, che al tempo di Roma si chiamava “Lemonum”.

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“ Cives ”, nella dedica, sta per cittadino, abitante cioè di una località in cui vive e risiede e che si chiama “ Petovio ”, denominazione questa che non può che corrispondere a un nome con cui i Romani, ivi residenti, chiamavano a quel tempo Bedizzole. Petovio dovrebbe quindi rappresentare il più antico nome scritto, riguardante Bedizzole.Dal punto di vista toponomastico la forma “Petovio/Petovione ” risulta essere dal suffisso “ov-io” un classico idronimico, un nome cioè derivato dall'acqua. La radice “pet ” corrisponde a “cavità, alveo, letto di fiume”. “Petovio” significa “l'insediamento presso il fiume che scorre incavato”. E' plausibile anche che, nel corso dei secoli, “Petovione””, ablativo locativo di questo antico nome e dal quale deriva l'aggettivo della lapide “petovioniensis”, essendo andato perso il significato primordiale, data anche l'affinità fonetica, si sia trasformato nella tradizione orale in “Pontenove”, il che può spiegare la seconda possibilità dell'origine dell'attuale nome di questa località.

Lapide funeraria del pretoriano Giulio Festo, cittadino di Petovio

Il Nome di Bedizzole

Durante le ricerche che precedettero la pubblicazione della Storia di Bedizzole di don Emilio Spada, l'autore di queste note ebbe il privilegio di poter accompagnare qualche volta l'emerito storico in alcune ricognizioni sul posto. Il suo vivo interesse per la storia locale e il palese amore verso i luoghi che lo avevano visto nascere e crescere maturarono in don Emilio il proposito di fargli scrivere un saggio sull'origine dei nomi di luogo e sulla toponomastica di Bedizzole, da porre in appendice al libro.

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Quando nel 1979 venne stabilito di dare alla stampa questa Storia di Bedizzole, essendo le sue ricerche, data anche la complessità della materia, ancora in pieno sviluppo, dovette giungere a delle conclusioni che per mancanza di tempo non potevano essere complete e che lo costrinsero ad avanzare delle ipotesi, che verranno in questo studio rivedute e rettificate.L'interesse per la toponomastica lo portò negli anni successivi a approfondire la materia e, attraverso un intenso studio in cui metteva a confronto tra loro tutte le lingue indoeuropee, gli fu possibile ricostruire l'inizio del linguaggio umano e risalire all'origine della parola, portando così a termine un'opera, per la scienza linguistica di basilare importanza. I risultati di questa ricerca, racchiusi in alcuni libri oggi presenti in molte università tedesche e europee, gli consentono di poter essere considerato uno dei maggiori esperti in materia, rendendo le sue attuali interpretazioni non come il prodotto di una superficiale improvvisazione, come spesso accade per questa scienza, bensì come il risultato di anni di studi e di esperienze, fondamentali in questo campo.

Se Petovio poteva certo rappresentare un nome con cui veniva chiamata Bedizzole al tempo di Roma, è però noto che questa località era conosciuta e abitata in tempi remoti, molto prima della colonizzazione romana. Su un sostrato ligure risalente all'età del bronzo si sovrapposero nel IV secolo a.C. tribù celtiche provenienti dalla Gallia che, come tramandato dagli storici, appartenevano al ceppo dei “Cenomani”. I numerosi toponimi del paese, nomi di frazione, campagna e corsi d'acqua, che ancora oggi si lasciano difficilmente interpretare, testimoniano l'origine preromana di insediamenti sorti su questo territorio.Molte sono state le proposte di derivazione etimologica del nome di Bedizzole avanzate dai vari studiosi, la maggior parte non convincenti e alcune sin troppo stravaganti.La tradizione popolare vuole questo nome derivato da “belle zolle” o, poiché il paese è in collina, da “bei colli”. Quest'ultimo significato è stato ripreso anche dal Gnaga. Altri vorrebbero farlo risalire a “Butizolis ”, nome di un'antica famiglia, ivi dominante. Per l'Olivieri deriva o dal nome latino della barbabietola, oppure da un nome personale “Bido ”.Mons. Paolo Guerrini, grande e prolifero studioso della Storia della Chiesa nella diocesi di Brescia e portato, per questo, spesso a vedere le cose da un punto di vista ecclesiastico, dapprima cercò di spiegare il nome come derivato da “imbutisolis”, perché i monaci di S. Pietro sopra Serle dovevano vedere dall'alto Bedizzole come una serie di imbuti. In seguito optò per una provenienza del nome dalla forma “abetizolis ”, da un gruppetto di piccoli abeti vicino alla antica Pieve di Pontenove, che per questo si chiamava ”Plebs de abethizolis””, cioè “Pieve dei piccoli abeti”. Denominazione, in verità, più poetica che realistica.Tutte queste ipotesi sembrano più un prodotto della fantasia che della realtà e, per quanto concerne i nomi personali, non sono purtroppo corroborate da testimonianze archeologiche o storiche di quell'età. Nei vari documenti tramandatici, il nome, fino al secolo XV, viene scritto con la “u” come troviamo in Budiciola, Budhizolis (XI sec.), Buhtazolis, Butheziolis, Buthezole (XII sec.), Butizolis, Buthezolis, Buthizollis, Butizollis, Buthizolis (XIII

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sec.), Buthizolis (XIV sec.), Butizolis (XV sec.). In seguito la “-u-” si trasforma in “-i-” come in Bidizolis (1507-1520), Bidizzolis (1556), Bidicciolo (1693), per passare lentamente all'attuale forma con la “-e-”, come nell'odierna “Bedizzole”. Tutte queste forme, differenti una dall'altra ma abbastanza similari tra loro e che potremmo chiamare “varianti” del nome, non rappresentano altro che il tentativo degli scrivani di porre in forma scritta un nome tramandato fino a allora solo oralmente e di cui non conoscevano il vero significato, essendo antecedente la loro lingua.Nell'originale dialetto bedizzolese il nome si pronuncia “ Büdisöle ”, dove la –ü - corrisponde alla classica -u- lombarda , come troviamo ad esempio in “ pütì ” per “putto” (bambino).Il nome risulta formato da una radice + un suffisso -ole, uniti tra loro da una spirante -is/-iz. La radice a sua volta è composta da una labiale -b- e da una dentale -d/t-.Cercare di spiegare il significato di un nome di luogo antico secondo regole ben precise è fuorviante, perché la sua l'origine, frutto di una tradizione orale non surrogata dalla scrittura, si può solo ricostruire per similitudini, confrontando tra loro i toponimi di una regione, che sono prodotti non del caso o della fantasia, ma di un modo comune di vedere il paesaggio dell'uomo preistorico. Poiché, come abbiamo visto in precedenza, i primi insediamenti solevano evidenziare particolarità inerenti la conformazione del territorio su cui erano sorti, è presumibile che questo sia avvenuto anche per la denominazione primitiva di questa località.Da una minuziosa analisi in tutte le lingue indoeuropee, dalle quali hanno avuto origine le attuali lingue parlate in Europa, tra i molti nomi inerenti il paesaggio, una delle forme più frequenti derivate da una combinazione “labiale + dentale” la troviamo usata per indicare “pozze, fosse, buche, cavità, stagni, pantani e acquitrini”, come in lat. puteus “fossa, cisterna”, medio tedesco pütt, pütte, medioolandese put, pit, pet “pozza”, inglese antico pudd, pytt “pozza, fossa, ingl. puddle “fossa, acquitrino”, lat. buttis “botte” (contenitore di liquido), antico nordico bytta, bytti “bigoncia, botte”, celtico beda “fossa”, lettone bedre “fossa”, frisone bitze “fosso, ruscello”, gallico bedo- “canale, fossa”, dialetto inglese fytty “marcita”, frisone fyt “pozza, pantano”, greco bythíz-o “affondare, andare sott'acqua”, dial.bresc. büdha “buca, cavità”, etc. L' interscambio tra le labiali “b” , “p “ e “f” è un fenomeno naturale, dovuto alla tradizione orale. Anche il suffisso -ole, una forma plurale, dovrebbe corrispondere e possedere la stessa valenza del nome della radice, allo scopo e con la funzione di rimarcare e evidenziare il suo significato.Nelle lingue baltiche, considerate come le più affini ai dialetti dell'Europa antica e per tale motivo in grado di spiegare moltissimi toponimi, questo suffisso ha valore di “conca, fossa, alveo, cavità”. Forma che troviamo tra l'altro anche in molti nomi di corsi d'acqua bresciani che terminano in -olo, -ole, -ola.L'antico nome di Bedizzole dovrebbe dunque stare a significare: “le conche umide, piene di fosse, stagni e acquitrini”Spiegazione questa che si adatta e corrisponde allo stato primitivo del territorio, come doveva apparire ai primi abitatori del luogo, dove la conformazione morenica

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del terreno e le sacche tra una collina e l'altra favorivano, in seguito a piogge abbondanti, il formarsi di stagni e acquitrini. Successivamente, allo scopo di far defluire queste acque, furono scavati i due canali “ riali ”, che attraversavano il paese in direzione nord-sud. In un documento del 1365 troviamo ancora nominata una località chiamata “ad Paludem”Oggi, anche gli ultimi stagni e fosse, che fino a pochi anni fa erano disseminati un po' dappertutto sul suo territorio, sono stati ormai quasi tutti cancellati dalla intensa urbanizzazione degli ultimi decenni dello scorso secolo.

Copertina del volume di don Emilio Spada sulla Storia di Bedizzole, edito nel 1979