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Adeste 21 domenica 22 maggio 2016c

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Un giorno a casa della signora Emma Morano, a Verbania: un giorno speciale. Quello in cui, a 116 anni e 166 giorni, è diventata la decana del pianeta PALLANZA - Sono appena passate le tre quando suoniamo a casa della signora Emma Morano. A Pallanza, sulle sponde del Lago Maggiore, è un giovedì qualunque di maggio. Il cielo è grigio e in piazza San Leonardo una coppia di turisti tedeschi si sta facendo un selfie davanti al campanile della chiesa. Che ha appena battuto le tre. L’ora in cui, da oltre cent’anni, Emma si sveglia dopo la penni-chella, si tira su dal letto e fa uno spuntino a base di fette biscottate e miele.

Mili, la badante colombiana che dal 2015 l’assiste giorno e notte, ci apre la porta e ci fa entrare. Ha appena schiuso le persiane. Per fare cambiare l’a-ria e, oggi, per farle vedere quanta gente è venuta a trovarla. Una decina di giornalisti, due nipoti ultra-settantenni e il suo medico da oltre 30 anni. Sono tutti qui. Perché da poche ore, a 116 anni e 166 giorni, Emma Morano è appena diventata la donna più vecchia del mondo.

Da quando è nata, il 29 novembre 1899, la sua vita è corsa parallela ai libri di storia che oggi i ragazzi portano all’esame di Maturità. Nata sotto il regno di Umberto I, giovinetta durante il fascismo, pen-sionata durante gli anni di Piombo. Aveva 95 anni quando Berlusconi è diventato premier per la pri-ma volta, 101 quando il mondo salutò il nuovo se-colo. Il suo terzo. Ed è uno degli innumerevoli pri-mati di cui oggi può andare, nel bene e nel male, fiera: l’ultima persona a essere nata nel XIX seco-lo.

In ogni epoca della sua vita ha sempre vissuto in queste due stanze. «Io sto bene», urla a fatica nelle orecchie di chi le chiede «come va, oggi, signora Morano!». Lei capisce, ti guarda negli occhi, rispon-de. «Ha iniziato ad avere bisogno di qualcuno per andare in bagno solo l’an-no scorso», spiega la nipo-te Maria Antonietta, 74 anni. «Ma fino ad allora ha sempre fatto tutto da sé e si è sempre sostenuta del suo lavoro». Il lavoro in una fabbrica di juta qui vicino, fino al 1945. Poi l’impiego nella cucina del

Collegio Santa Maria, gestito dai Marianisti. Fino al 1975, quando andò in pensione.

Oggi per farsi capire basta solo urlarle molto nell’orecchio. «Perché sta benissimo, ma è mezza sorda, quello sì», aggiunge la nipote, che la viene a trovare ogni giorno per portarle le due uova su cui si basa la sua dieta. Una a colazione e una a pran-zo. «Le vado a prendere belle fresche dal contadi-

no che sta qui dietro ogni mattina e gliele porto», spiega. «Le mangia così, crude, solo il rosso natu-ralmente. La sera basta una minestrina. Sta più leggera, prima di coricarsi appena dopo le 18,30».

Mili, una delle assistenti della signora Morano

Chissà se è questo il segreto per vivere a lungo. Di sicuro la longevità, con una sorella morta a 100 anni e un’altra a 102, è una caratteristica di fami-glia. «Quello che mi ripete sempre è di stare bene attenta agli uomini, di non fidanzarmi con il primo che passa, e, se non mi piace qualcuno, di lasciar-

lo», dice Mila, una delle tre badanti che si danno il cam-bio per assi-sterla. Emma ha fatto esatta-mente così, nel 1938. Il figlio-letto, di pochi mesi, era mor-to da poco. «Il marito era un tipo violento,

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le metteva le mani addosso», aggiunge Maria An-tonietta. Lei lo mollò secco. «Non ho più voluto essere comandata da nessuno», ripete oggi come un mantra, mentre se ne sta seduta sul bordo del letto avvolta nel suo scialle colorato. E anche se oggi su citofono e cassetta delle lettere c’è ancora scritto il cognome del marito («Emma Morano, vedova Martinozzi»), lei non ne volle sapere più niente. Sola rimase per sempre.

Anche perché l’amore della sua vita, quello vero, era un altro. «Il suo primo fidanzato», spiega Maria An-tonietta, avvicinandosi un po’, come a raccontare un segreto o, semplicemente, il dolore di un’altra persona. Si dovevano sposare, era tutto deciso. Ed è in quegli anni che Emma visse i suoi ricor-di più belli. «Cantavo, balla-vo, mi divertivo», racconta biascicando, con in mano una vecchia fotografia, attor-niata da telecamere e taccuini. Poi scoppiò la Pri-ma guerra mondiale e lui partì al fronte. Non tornò più. Emma pensò che fosse morto, e fu «costretta a sposare un altro», come spiega ai reporter che ogni anno, ad ogni suo compleanno, le fanno, in fondo, sempre le stesse domande.

Nel 2015 qualcuno dell’Associazione Nazionale Alpini scoprì che quel giovane soldato in real-tà morto non era affatto. Ma quando si presen-tò a casa di Emma, finita la guerra, si rese con-to a malincuore che la ragazza aveva cambiato casa. E i due non si ritrovarono mai più. «Ma tu questo non glielo dire, eh», dice Maria An-tonietta sottovoce, mentre taglia in un piattino una fettina di colomba che, come ogni anno, le ha mandato la Coop per festeggiare la Pasqua. «Che zia questo non l’hai mai scoperto. E og-gi, forse, le spezzerebbe il cuore».

Le due nipoti di Emma Morano

È quasi sera a Pallanza. Dalle finestre sul lago arri-va un sacco di luce. Che sbatte contro le uniche due foto di Emma appese alle pareti della cucina. Di otto fratelli che erano, lei era la primogenita. L’unica a cui i genitori pensarono, o riuscirono, a fare una foto di lei bambina. E oggi l’immagine di quel neonato di 116 anni fa, campeggia ancora nella cucina della decana del mondo. Una delle poche foto pubbliche, oltre a un altro scatto del 1945, della sua lunghissima vita. «Le altre, gli scatti privati, li tiene nascosti in un cassetto e la chiave la porta sempre al collo», aggiunge la nipo-

te, che da quasi mezz’ora ormai sta al telefono con una giornalista di una tv privata, provando a spiegarle in tutti i modi che «zia ormai è stanca, e per oggi, interviste non ne dà più, signorina, richia-mi domani», aggiun-ge. «Ci vediamo l’anno prossimo,

Emma», le dice qualcuno, sorridendo. Poi la salu-ta, chiudendo piano la porta. Emma si è già rimes-sa a letto. «Io sto bene», dice alla badante. Che, senza fare rumore, ha già spento la luce nella stan-za.

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F u la prima, grande prova di maturità dell'Italia, unita da poco più di cin-quant'anni. Il nostro Paese entrò in guerra povero e impreparato, scom-

mettendo su un conflitto breve e vittorioso per strappare le “terre irredente” al nemico di sem-pre, l'Impero austro-ungarico. Il fatto che or-mai da mesi la guerra in Francia si fosse tra-sformata in un sanguinoso e logorante conflit-to di posizione non scalfì la convinzione dell'al-to comando in una rapida marcia verso Vien-na. Ma le cose andarono diversamente. La guerra durò tre anni e mezzo, divorando risor-se umane e materiali inimmaginabili. Ri-schiammo persino di perderla, dopo Caporet-to.

L'Italia sostenne uno sforzo gigantesco in rap-porto alle proprie possibilità: è stato calcolato che il costo del conflitto ammontò a un terzo del Pil degli anni di guerra. Trainata dalle spe-

se belliche dello Stato, l'industria pesante italiana fece un incredibile balzo dimensionale, permettendo la tenuta del fronte del Piave anche dopo le immani perdite materiali su-bite a Caporetto. Si svilupparono grandi gruppi industriali, come l'Ansaldo, ma anche i settori chimico ed estrattivo. Il ruolo dello Stato, con generosi anticipi per coprire i costi della produzione e potenti incentivi a reinvestire i capitali, ebbe tuttavia un effetto distorsivo sull'industria italiana, che si abituò alla “droga” del protezionismo e dell'interven-tismo pubblico incontrando mille difficoltà nel dopoguerra. Ma la Grande Guerra fu soprattutto un'enorme tragedia per le perdite di vite umane, ce-lebrata da centinaia di poe-sie, romanzi, film. Tutta la guerra fu accompagnata dal-le note del famoso inno “ La canzone del Piave”, una can-zone nata per caso dalla

penna di un imiegato delle Poste e vergata di getto su un modulo postale.

Quando Emma aveva circa 16 an-ni, Scoppia la Prima Guerra Mondiale «Quando è scoppiata la Prima guerra mondiale ero una tuseta... Stavo a Vil-ladossola e avevo un fidanzato: lo chia-marono per il fronte e non è più tornato. Morto. Così ho dovuto sposare un al-tro». Sto per chiederle perché mai abbia «dovuto», ma lei mi precede facendomi capire subito com’è cambiata l’Italia, da allora, soprattutto per le donne: «Era uno di qui, del lago. Io non volevo sposarlo, ma lui mi ha obbligata». Come? «Abitavamo nello stesso cortile e lui un giorno mi mandò a chiamare da sua ma-dre: “Vieni che Giovannino ti vuole par-lare”. Io ci andai e lui mi disse: “Se ti va bene mi sposi, se no ti ammazzo”. Ave-vo 26 anni. Mi sposai».

Il Piave mormorava calmo e placido al

passaggio, dei primi fanti il 24 Maggio…..

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O gni volta che veniva fuori il discor-so fra amici, Giovanni ripeteva che lui in un ricovero per vecchi non ci sarebbe finito. Aveva lavorato tut-ta una vita con immensi sacrifici, per

allevare i figli e li aveva anche sistemati discre-tamente da un punto di vista economico.

Un giorno s'ammalò; niente di grave, una semplice bronchite. Le nuore i figli gli fecero capire che non avevano né il tempo di curarlo convenientemente, e gli dissero che era meglio che andasse nel capoluogo, in una specie di ospe-dale per un periodo di cura. Ne parlò anche con don Antonio. Il sacerdote gli raccomandò di pregare molto e di stare vicino a Gesù che non abbandona nessu-no. Ottavio, che non ne era mai stato praticante, non tenne in al-cun conto il consiglio ricevuto. Lo portarono in un grande fabbricato: "Villa Serena", un r i-covero per anziani. Non si sarebbe mai aspettato dai suoi figli, un atto del genere.

Da qualche settimana si dava da fare, per attirar-si la simpatia della patronessa delle dame di ca-rità, che visitava spesso l'ospizio: sentiva la ne-cessità di un sorriso, di una parola affettuosa, di qualcuno che avesse il tempo di ascoltare le sue disgrazie. Anche quel giorno la signora si fermò a chiacchierare con gli ospiti della stanza numero quindici. Giovanni aspettava con l'ansia di un bimbo; giunta vicino a lui, uscì senza pro-ferire una parola. Gli altri gli spiegarono che la signora familiarizzava con quelli che andavano a Messa la domenica e al Rosario tutti giorni. Non si sarebbe mai aspettato, da una patronessa della carità un atto del genere.

L'onorevole, data l'imminenza delle elezioni politiche, aveva fatto una calorosa visita all'o-spizio. Aveva salutato tutti personalmente e a tutti aveva proclamato che, se un giorno avesse-ro avuto bisogno di lui, non avrebbero dovuto fare altro che salire le scale che portano al suo ufficio. Giovanni era commosso, prima di tutto perché aveva la medesima fede politica dell'ono-revole, e poi perché qualcuno lo aveva ascoltato, gli aveva sorriso egli aveva stretto la mano. E un giorno salì quelle scale, poiché sentiva il biso-gno di un altro sorriso. L'onorevole gli allun-gò dieci euro e l'accompagnò alla porta. Ri-mase tanto sorpreso che non ebbe nemmeno la

forza di gettargli in faccia quel biglietto di banca, che ora gli bruciava fra le mani non meno delle lacri-me che gli scendeva-no dagli occhi. Non si sarebbe mai aspet-tato, da uno del suo partito, un atto del genere.

Nel tornare all'ospizio, passò davanti ad una Chiesa; la por ta era spalancata e dentro s' in-tuiva una frescura invitante. Entrò e, poiché nes-suno lo fermò, si trovò proprio davanti all'altare maggiore e al tabernacolo, illuminato da una fio-ca luce. Si mise a sedere su una panca di legno e si fermò in attesa di calmarsi, poiché, non vo-leva farsi vedere in quello stato dai colleghi di Villa Serena. Si mise a pensare e a parlare pia-no… ebbe la sensazione che "Qualcuno" lo ascoltasse con interesse e che non fosse per niente annoiato dalle sue parole. Gli parve, addi-rittura, che un misterioso personaggio gli aprisse le braccia, per incoraggiarlo ad avvicinarsi ulte-riormente; il cuore gli si gonfiò di gioia. Non sapeva nemmeno lui quanto tempo si fosse fer-mato ma, quando uscì, era certo che uno gli ave-va sorriso. Ogni giorno tornò in chiesa e si fer-mò sempre più a lungo: non si sentiva più so-lo. Non si sarebbe mai aspettato, da Gesù, un atto del genere.

La solitudine degli La solitudine degli La solitudine degli La solitudine degli anzianianzianianzianianziani

Alla fine solo “ UNO”

li ascolta..

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N acque Rita a Rocca Porena, paesello nei pressi di Cascia nell'Umbria, l'anno 1363. Sotto la vigile cura dei genitori la bimba cresceva giudiziosa e pia, come un fiore di serra, con particolar ten-

denza alla solitudine ed alla preghiera. Era suo vivo desiderio di consacrare a Dio la sua verginità, ma i genitori vollero che si sposasse. Lo sposo era burbero e collerico, ma Rita, armata di pazienza, tutto seppe sopportare, ricambiando bene per male, senza che in diciott'anni di matrimonio la concordia venisse infranta in quella casa. Uomini pessimi le trucidarono il 'consorte. Ella, anzichè pensa-re a farne vendetta, pregava Dio per quegli infelici, non solo, ma si studiava di istillare nei suoi due figliuoli l'eroismo del perdono cri-stiano. Scorgendo che crescevano tuttavia bramosi della vendetta pre-gò insistentemente il Signore che li volesse pren-dere in cielo prima che avessero tempo a mac-chiarsi di sangue. Dio l'esaudì. Libera da ogni cura di famiglia, pregò di essere accolta nel monastero delle Agostiniane. Per ben due volte ricevette un brusco diniego, fin-ché il Signore volle appagare il suo desiderio con un prodigio. Stando nel cuore della notte in orazione, le comparvero S. Giovanni Battista, S. Agostino e S. Nicola da Tolentino, che le rivolsero parole di conforto, la invitarono a seguirli e miracolosa-mente la introdussero nel monastero. Quelle ver-gini, ammirate e commosse, non esitarono più a riceverla per loro consorella. Non tardò molto la buona vedova a divenire lo specchio di ogni virtù. Ubbidiva colla semplici-tà di una fanciulla; la Superiora le ordinò un gior-no di innaffiare un legno secco ed ella non esitò un istante a farlo. Rita era l'innamorata del Crocifisso. La passione di Gesù era la sua meditazione prediletta e ne rima-neva così infiammata da versar abbondanti lacrime. Un giorno, mentre pregava con più intenso fervore e supplicava l'amato Gesù ad associarla alla sua passione, un raggio di luce partì dal Crocifisso, si riflettè sul capo di Rita, poi una spina si staccò dal capo adorabile di Gesù e venne a trafiggere la sua fronte; vi produsse una profonda ferita seguita da un'insanabi-le piaga, che rimase lino alla morte; piaga che oltre ad acuti dolori esalava un grande fetore, per cui ella per non infastidire le sorelle amava restare solitaria e conversare con Dio. Gesù la faceva davvero patire a sua imitazione. L'ultima sua malattia durò quattro anni: anni di acuto e lento martirio, che fornirono la misura della sua eroica pazienza e insaziabile brama di patire. Gesù, con un miracolo, mostrò quanto gli fosse caro il suo patire. Era un rigidissimo inverno; il gelo e la neve erano abbondanti. Rita pregò una donna di Rocca Porena che andasse al suo antico orto e le portasse ciò che v'era di maturo e di fiorito. Si credette scherzasse: però, passando di là, quella signora scorse due freschi fichi ed una bella ed olezzante rosa era un regalo del suo Gesù. Vicina a morire udì Gesù e la sua santa Madre che la invitavano alla celeste dimora, alla quale volò il 22 maggio del 1439. Le testimonianze dei miracoli accaduti per sua intercessione sono talmente numerose, che è stata proclamata dal popolo di fedeli “santa dei casi impossibili” (o santa degli impossibili), in quanto, così come Rita ci ha insegnato, se ci si affida a Dio, tutto può accadere. Questa piccola, grande donna ha lascia-to tracce di numerose opere miracolose sia in vita, che dopo la morte. Guarigioni che sembrano inspiegabi-li. Migliaia, sono le testimonianze di grazie ricevute che ogni anno arrivano in monastero.

Il 22 Maggio a Cascia, benedizione delle rose

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Ciò che è del Padre è anche nostro

La Trinità si delinea in filigrana, nel Vangelo di oggi, non come fosse un dogma astratto ma come un accadimento di vita, una azione che ci coinvolge.

Lo Spirito mi glorificherà: prenderà del mio e ve lo annuncerà.

La gloria per Gesù, ciò di cui si vanta, la pienezza della sua missione consiste in questo: che tutto ciò che è suo sia anche nostro.

Dio gode nel mettere in comune. Ciò per cui Cristo è venuto: trasmettere se stesso e far nascere in noi tutti un Cristo iniziale e incompiuto, un germe divino incamminato.

Tutto quello che il Padre possiede è mio. Il segreto della Trinità è una circolazione di doni dentro cui è preso e compreso anche l'uomo; non un circuito chiuso, ma un flusso aperto che riversa amore, verità, intelligenza fuori di sé, oltre sé. Una casa aperta a tutti gli amici di Gesù.

La gloria di Gesù diventa la nostra: noi siamo glorificati, cioè diamo gioia a Dio e ne ricaviamo per noi godi-mento e pienezza, quando facciamo circolare le cose belle, buone e vere, le idee, le ricchezze, i sorrisi, l'amo-re, la creatività, la pace...

Nel dogma della Trinità c'è un sogno per l'umanità. Se Dio è Dio solo in questa comunione di doni, allora an-che l'uomo sarà uomo solo nella comunione.

E questo contrasta con i modelli del mondo, dove ci sono tante vene strozzate che ostruiscono la circolazione della vita, e vene troppo gonfie dove la vita ristagna e provoca necrosi ai tessuti. Ci sono capitali accumulati che sottraggono vita ad altre vite; intelligenze cui non è permesso di fiorire e portare il loro contri-buto all'evoluzione dell'umanità; linee tracciate sulle carte geo-grafiche che sono come lacci emostatici, e sia di qua che di là, per motivi diversi, si soffre...

Tutto circola nell'universo: pianeti e astri e sangue e fiumi e vento e uccelli migratori... È l'economia della vita, che si am-mala se si ferma, che si spegne se non si dona. Come nel rac-conto della ospitalità di Abramo, alla querce di Mambre: arriva uno sconosciuto all'accampamento e Abramo con dolce insi-stenza lo forza a fermarsi e a mettersi a tavola. All'inizio è uno solo, poi senza spiegazione apparente, i personaggi sono tre.

E noi vorremmo capire se è Dio o se sono solo dei viandanti. Vorremmo distinguere ciò che non va distinto. Perché quando accogli un viandante, tu accogli un angelo, l'ha detto Gesù: ero straniero e mi avete accolto.

L'ospitalità di Abramo al Dio Viandante, Uno e Tre, ha un premio: la fecondità di Sara che sarà madre. Forse qui c'è lo scintillio di un rimedio per la nostra epoca che sta appassendo come il grembo di Sara: riprendiamo anche noi il senso dell'accoglienza e ci sarà vita nella tenda, vita nella casa.

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D omenica sera, 15 Maggio, a "Bravo, Romania!" sul Canale ru-meno Antenna 1, Rares, un bambino di 7 anni di Bucarest, ha dato a tutti una lezione di dignità e di ottimismo.

Il bambino che è entrato in concorso per merito di un gruppo di volontari dell'Associazione di Don Orione di Bucarest-Voluntari, tra cui due suore, ha una stor ia che non può lasciare nessuno indifferente.

Rares è nato con un grave difetto di nascita. I medici avevano detto che non sarebbe vissuto, ma il ra-gazzo fino ad oggi ha dimo- strato una straordinaria vitalità ac-compagnata da una inesau- ribile voglia di combattere.

Anche se ha fatto più di 13 operazioni, ancora non può camminare ma si muove su una sedia a rotel-le.

Rares ha bisogno di soldi per un'operazione che i genitori non possono permettersi.

La squadra di volontari non ci ha pensato due vol-te quando ha conosciuto la storia di Rares, si sono iscritti al concorso televisivo e si sono preparati accuratamente per la loro esibizione. Durante le puntate, i giurati sono stati fortemente colpiti dalla commovente storia del ragazzo, ma anche dal suo coraggio, dal-la dignità e l'ottimismo che dimostra nonostante il grave stato di salute. La storia del bambino e l’esibizione dei giovani del Don Orione insieme alle due suore hanno convinto la giuria che ha attribuito loro la vittoria ed il premio di 5.000 Euro.

Rares era un bambino che i genitori volevano e aspettavano. La gravidanza era andata bene, e Claudia, sua madre, aveva fatto tutti i controlli necessari e gli era stato detto che il bambino era in buona salute. Solo al momento della nascita fu diagnosticata la malattia e le parole del medico caddero come un macigno sui due poveri genitori.

Rares è nato con la peggiore forma di "spina bifida" e dopo questa diagnosi i medici non gli hanno dato alcuna possibilità di sopravvivenza. E’ stato sottoposto a 13 operazioni e l’ultima recente, un intervento chirurgico di emergenza per idrocefalo cioè accumulo di liquido nella cavità cranica. Per fortuna, non si sono verificati danni al cervello.

Oltre a questi problemi, il più difficile per Rares è l’ incontinenza urinaria, che lo ha spesso messo in situazioni insopportabili a scuola o con altri bambini. Con le operazioni fin qui subite, Rares puo’ stare in piedi, se pur con le gambe ingabbiate, 40-45 minuti al giorno. Ma la sua voglia di vivere è eccezionale soprattutto per il fatto di poter lasciare la carrozzina se pur per pochi minuti.

A solo sette anni Rares dice che ognuno di noi dovrebbe essere consapevole di quanto sia importante po-ter stare in piedi e camminare.

Il suo sogno è quello di diventare un grande pilota e dice che questo si realizzerà perché è sicuro che riu-scirà a camminare. L'ottimismo è la sua forza ed ha una sete di vita eccezionale. Frequenta con entusia-smo e profitto la scuola ed è campione in matematica e lingua rumena.

Lo spettacolo dell’ Associatia Don Orione è andato in scena su Antena sotto il nome di "Per amore" e con tanto amore, ha vinto per Rares. Due suore del Don Orione, hanno emulato la famosa Suor Cristina ita-liana ed hanno cantato e ballato insieme ai ragazzi.

Tutti hanno cantato dal vivo canzoni del repertorio dei Ricchi e Poveri (sarà perche’ ti amo, Mamma Ma-ria) di Albano (Felicità) e Domenico Modugno (Volare ).

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"Quando in Romania dicevamo

messa la notte"

GENTE VENETA | Attualità

Venerdi, 15 Settembre 2006 | Intervista

D urante il giorno era un operaio che lavorava duro - «praticamente come uno schiavo» - in una cava di pietra. Di notte era il sacerdote che portava l'Eucaristia nelle case, di nascosto, nei villaggi di campagna.

Oggi Sua Beatitudine Lucian Muresan è arcivescovo mag-giore della Chiesa greco-cattolica di Romania (Chiesa unita a Roma). Ed è soprattutto un testimone delle persecu-zioni che durante il regime comunista di Ceausescu colpiro-no duramente i greco-cattolici: il carcere e le tortu-re furono il destino di molti vescovi, di sacerdoti e di laici. Alcuni di essi morirono. Altri furono per-seguitati all'esterno, vivendo la propria fede in clandestinità. Fu un martirio, a tutti gli effetti. «Non solo le persone, è la chiesa greco-cattolica ad aver subìto, come istituzione, il martirio», …...L'arcivescovo ha raccontato dei dodici vesco-vi imprigionati a partire dal 1948, «dodici come gli apostoli», costretti a torture fisiche e psicologiche terribili. «Ma nessuno ha tradito la fede, nonostante fossero state offerte loro delle carriere importanti, insieme alla libertà. Tutti hanno preferito il carcere e di questo siamo orgogliosi», dice S.B. Muresan. L’arresto nella notte dei dodici vescovi.

«Nella notte del 28 ottobre 1948 - racconta l'arcivescovo - la nostra Chiesa vide arrestati tutti i suoi vescovi, portati in un monastero ortodosso e spronati a rinunciare alla loro fe-de. Tantissimi sacerdoti, laici (uomini e donne), religiosi (suore e frati) ebbero la stessa sorte: portati via con la famosa" macchina nera" ed incarcerati. Tutti hanno patito lunghi anni di detenzione: sette vescovi sono morti nelle carceri, più di 350 sacerdoti e tantissimi laici sono morti nelle stesse condizioni. Le loro tombe non si conoscono. Questi santi martiri romeni del ventesimo secolo morirono nei gulag comunisti di fame o di sete, congelati dal freddo, senza nessuna assistenza medica. Tutti morti per l’amore di Cristo». Così fu ad esempio per il giovane vescovo Giovanni Suciu, morto nelle carceri di Sighet a 46 anni, di cui S.B. Muresan racconta la tragica notte della fine: «La sera del 26 giugno 1953, il vescovo Suciu era sfinito; verso mezzanotte cominciò improvvisamente a recitare a voce alta il "Padre Nostro" poi l'"Ave Maria", nella piccola stanza dove erano rinchiusi anche gli altri vescovi che si svegliarono. Il card. Hossu gli diede l’assoluzione e all’una del mattino del 27 giugno, il giovane vescovo spirò. La notizia venne trasmessa in tutte le celle dei detenuti, con l’alfabeto mor-se. Al mattino i poliziotti portarono il corpo in una cella vuota. Verso la mezzanotte, qual-cuno prese per i piedi il vescovo tirandolo verso la scala: la sua testa sbatteva su ogni sca-lino e faceva un rumore lugubre che si sentiva in tutta la prigione. Poi lo buttarono in una carrozza e lo seppellirono nel cimitero dei poveri, nella fossa comune; sopra, poi, hanno livellato la terra ed hanno seminato l’erba. La sua tomba è così rimasta sconosciuta».

Il Cardinale Lucian Muresan , arcivescovo maggiore della Chiesa Greco-cattolica in

comunione con Roma, raccon-ta i tempi della repressione

comunista.

…….@ABCDBEF

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Alla Trinità salga la nostra lode e la nostra benedizione. Ri-conosciamo umilmente il nostro peccato per poter gustare la gioia della presenza di Dio in noi e can-tare con la vita le sue misericor-die. (Breve pausa di riflessione)

Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto pec-cato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre ver-gine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eter-na. A. Amen. Signore, pietà. Signore pietà Cristo, pietà. Cristo Pietà Signore, pietà. Cristo Pieta GLORIA a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benedicia-mo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signo-re Dio, Agnello di Dio, Figlio del Pa-dre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i pecca-ti del mondo, accogli la nostra sup-plica; tu che siedi alla destra del Pa-dre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spi-rito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. O Dio Padre, che hai man-dato nel mondo il tuo Figlio, Paro-la di verità, e lo Spirito Santificato-

re per rivelare agli uomini il mi-stero della tua vita, fa' che nella professione della vera fede rico-nosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l'unico Dio in tre perso-ne. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dal Libro dei proverbi

Così parla la Sapienza di Dio: «Il Signore mi ha creato come ini-zio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’e-ternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle col-line, io fui generata, quando anco-ra non aveva fatto la terra e i cam-pi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sor-genti dell’abisso, quando stabili-va al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fon-damenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. O Signore, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? R/. Davvero l’hai fatto poco me-no di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato pote-re sulle opere delle tue mani, tut-to hai posto sotto i suoi piedi. R/. Tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari. R/.

Seconda Lettura

Dalla lettera di S.Paolo ai Romani Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a que-sta grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione pro duce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo R. Alleluia,Alleluia Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, a Dio, che è, che era e che viene. .Alleluia

VANGELO C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo Giovanni A. Gloria a te o Signore. In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annun-cerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà» Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipo-tente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cri-sto, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mez-zo di lui tutte le cose sono state crea-te. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incar-nato nel seno della vergine Maria e

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE:Pr 8,22-31 Sal 8 Rm 5,1-5 Gv 16,12-15

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si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepol-to. Il terzo giorno è risuscitato, se-condo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuo-vo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apo-stolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Il Signore ci chiede di non ri-manere in noi stessi, ma di metterci sempre in relazione con lui. Come cristiani siamo chiamati ad essere consapevoli che la grandezza di questa relazione non si esaurisce mai. Preghiamo insieme e diciamo: Signore, dacci il desiderio di cono-scerti. 1. Perché sappiamo credere vera-mente che da sempre tu ci ami, pre-ghiamo. 2. Perché la nostra relazione con te sia stimolo e modello per costruire relazioni con i nostri fratelli, pre-ghiamo. 3. Perché sulla tua parola sappiamo affrontare le difficoltà e i momenti di morte, ricordandoci che il tuo silen-zio non è sinonimo della tua assenza, preghiamo. 4. Perché sappiamo sempre cammi-nare sulla strada della comprensio-ne del tuo annuncio, sapendo che essa non è mai una nostra conquista, ma sempre un tuo dono, preghia-mo. C. O Padre, il tuo mistero è pro-fondo e, nel tuo Figlio Gesù, tramite l’azione dello Spirito Santo tu ci chie-di di esplorarlo e prima ancora di amarlo. Aiutaci ad essere all’altezza di questo compito infinito. Te lo chie-diamo per Cristo nostro Signore. A. Amen.

LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo-niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente.

A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

SULLE OFFERTE C. Invochiamo il tuo nome, Si-gnore, su questi doni che ti pre-sentiamo: consacrali con la tua potenza e trasforma tutti noi in sacrificio perenne a te gradito. Per Cristo nostro Signore. A. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. C È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Pa-dre santo, Dio onnipotente ed eterno. Con il tuo unico Figlio e con lo Spirito Santo sei un solo Dio, un solo Signore, non nell'uni-tà di una sola persona ma nella Trinità di una sola sostanza. Quan-to hai rivelato della tua gloria, noi lo crediamo, e con la stessa fede, senza differenze, lo affermiamo del tuo Figlio e dello Spirito San-to. E nel proclamare te Dio vero ed eterno, noi adoriamo la Trinità delle Persone l'unità della natura, l'uguaglianza nella maestà divina. Gli Angeli e gli Arcangeli, i Che-rubini e i Serafini, non cessano di esaltarti uniti nella stessa lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua glo-ria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O

che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e ri-metti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debi-tori e non ci indurre in tentazio-ne ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la po-tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C Signore Dio nostro, la co-munione al tuo sacramento e la professione della nostra fede in te, unico Dio in tre persone, ci sia pegno di salvezza dell'anima e del corpo. Per Cristo nostro Si-gnore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda-te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

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SAN FILIPPO NERI: “Pippo Buono” 26 Maggio Nel 1500 a Roma non c’erano scuole, ma abbondava la miseria e torme di ragazzini abbandonati a se stessi, ladruncoli laceri e sempre affamati, affollavano le strade cercando di borseggiare qualche passante o di sgraffignare qualcosa da mangiare dai banchi del mercato. Colto, appassionato di Dio (si racconta che nella sua prima estasi il cuore gli si dilatò nel petto rompendogli due costole) e sempre di buonumore, giunse a radunarli intorno a sé un giovane fiorentino di buona famiglia che a Firenze era nato il 21 luglio 1515. “Pippo buono”, come era chiamato da tutti, diede loro un tetto e una famiglia e mendicò nelle strade perchè avessero da mangiare, istruendoli attraverso il canto e la catechesi nella conoscenza di Dio . A 500 anni dalla nascita di san Filippo Neri (la cui memoria liturgica ricorre il 26 maggio) non si è ancora spenta l’eco della sua risata di grande burlone che portava il cuore di piccoli e grandi a Dio attraverso la gioia e lo stare allegri nella semplicità, così come alcuni aneddoti famosi che lo ebbero protagonista. STATE BUONI… SE POTETE! Filippo voleva che i suoi ragazzi crescessero nella gioia e cantando: tutt’altro stile rispetto alla severità e all’uso del bastone che si ritenevano fossero necessari all'epoca per educare i giovani. “Figlioli – diceva – state allegramente: non voglio nè scrupoli, nè malinconie, mi basta che non facciate peccato”. La sua frase ricorrente (diventata il titolo di un film musicale del 1983 con Johnny Dorelli) era: “State buoni…se potete!” che in romanesco suona “State bboni (se potete…)!” . E sempre in romanesco era anche la frase che indirizzava ai ragazzi quando gli facevano perdere la pazien-

za ma…correggendo il tiro all’ultimo con l’auspicio di poter ricevere la corona del martirio: “Te possi morì ammazzato… ppe' la fede!" MENDICANTE PER AMORE Filippo cercava di provvedere ai suoi ragazzi in tutti i modi possibili e non esitava a bussare alle porte dei palazzi dei ricchi per farsi dare un aiuto. Si narra che una volta, un ricco signore, infastidito dalle sue ri-chieste, gli diede uno schiaffo. Il santo non si scompose: “Questo è per me – disse sorridendo – e ve ne ringrazio. Ora datemi qualcosa per i miei ragazzi” .

B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: Domenica ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

*°* C7�8: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00 *°*

A7:� I�7+�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 *°* T+<+�=���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

22222222 D������� ss. Trinitàss. Trinitàss. Trinitàss. Trinità

23232323 L���� s. Desiderios. Desiderios. Desiderios. Desiderio

24242424 M����� BV Maria AusiliatriceBV Maria AusiliatriceBV Maria AusiliatriceBV Maria Ausiliatrice

25252525 M������� s. Maria M. De Pazzis. Maria M. De Pazzis. Maria M. De Pazzis. Maria M. De Pazzi

26262626 G����� s. Fiippo Neris. Fiippo Neris. Fiippo Neris. Fiippo Neri

27272727 ������ s. Agostino di Canterb.s. Agostino di Canterb.s. Agostino di Canterb.s. Agostino di Canterb.

28282828 S����� s. Germanos. Germanos. Germanos. Germano

I SANTI DELLA

SETTIMANA