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1 Ma quanto costerà mai un Ma quanto sarà complicato far Aerei, Aeroporti e Defibrillatori Filippo Capuano Stefano Silvestre

Aerei,aeroporti e defibrillatori

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Ma quanto costerà mai un

defibrillatore? Meno della fatica di pronunciare la parola. Con 1000 Euro tasse incluse te ne porti a casa uno che al momento del bisogno ti aiuta a spostare in avanti la parola fine. E se te tante volte ti dovesse capitare un infarto, che arriva quando meno te l’aspetti, devi solo ricordarti in quale cassetto lo hai messo e chiedere a chi ti sta vicino di farlo funzionare.

Ma quanto sarà complicato far

funzionare un defibrillatore? Meno, molto meno che guidare un’auto ibrida in una città trafficata. Costa poco, facile da usare, salva vite umane. Allora perché è così difficile riuscire a renderlo disponibile nei luoghi di aggregazione, tipo aeroporti e aeroplani? Hanno fatto meglio gli americani che a Seattle, città della Boeing, manco a

Ma quanto costerà mai un

Aerei, Aeroporti

e

Defibrillatori

Filippo Capuano

Stefano Silvestre

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Ma quanto costerà mai un

defibrillatore? Meno della fatica di pronunciare la parola. Con 1000 Euro, tasse incluse, te ne porti a casa uno che al momento del bisogno ti aiuta a spostare in avanti la parola fine. E se tante volte ti dovesse capitare un infarto, che arriva quando meno te l’aspetti, devi solo ricordarti in quale cassetto lo hai messo e chiedere a chi ti sta vicino di farlo funzionare.

Ma quanto sarà complicato usare un defibrillatore? Meno, molto meno che guidare un’auto ibrida in una città trafficata. Costa poco,facile da usare, salva vite umane.

Perché, allora, è così difficile riuscire a renderlo disponibile nei luoghi di aggregazione, tipo aeroporti e aeroplani? Hanno fatto meglio gli americani che a Seattle, città della Boeing, manco a dirlo, li hanno perfino predisposti nei palazzi.

Prova a immaginare se tu fossi uno di quelli che deve firmare gli acquisti per una compagnia aerea? Quanto pensi sia l’investimento economico da fare? Per inserirlo nel kit di pronto soccorso di 200 aerei, più o meno spenderai un paio di centinaia di migliaia di euro, IVA compresa. Una bazzecola, rispetto a quello che serve per farli circolare nei cieli di tutto il mondo.

Defibrillatore

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Un aeroporto poi, dove transitano milioni di persone ogni anno e di ogni nazionalità, come potrebbe farne a meno? Sarebbe un controsenso fornire un servizio d’informazioni multilingua, per esempio, e non l’assistenza medica della quale potrebbe avere bisogno uno dei tanti viaggiatori che consumano caffè e panini prima di partire.

E va bene, viaggiare è un po’ anche un’avventura, ma se incappi in un arresto cardiaco mentre aspetti di imbarcarti sul tuo volo, dell’avventura ne vuoi fare a meno. Ti aspetti di essere aiutato nel migliore dei modi possibili. E in questo caso, quando è il tuo cuore che fa le bizze, quello più quotato per farti sopravvivere è usare un defibrillatore. Ne è straconvinto il Dott. Marco Squicciarini, un fiore

all’occhiello della Croce Rossa Italiana sempre impegnato a fare più che a

dire, referente internazionale nella rianimazione e nelle manovre di disostruzione pediatrica. Un medico che non va per il sottile e non usa giri di parole nel rilevare quanto sia importante avere a portata di mano un defibrillatore nel momento del bisogno. Quando gli chiedi se è pericoloso per chi lo usa o per chi ne subisce l’azione, quasi si mette a ridere.

«Ma lo sa che esistono i defibrillatori impiantabili come se fossero dei peacemaker?».

E mette la parola fine ai dubbi di qualche scarica accidentale.

Quando vedi un ragazzino di dieci anni boccheggiare in cerca della vita, che mano nella mano con il suo papà aspetta di imbarcarsi, t’interessa poco sapere perché non c’è un defibrillatore disponibile in aeroporto.

Dott. Marco Squicciarini

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Ma il paradosso, e che paradosso, per un mondo aeronautico che urla l’integrazione, potrebbe essere quello che se l’infarto ti viene a bordo invece che nella sala d’imbarco, le tue speranze di rimanere vivo si riducono al minimo, se l’aereo è di quelli senza defibrillatore. Che beffa!

Viaggiare in aereo al tempo

dell’A380 e del B777 non può essere considerato come uno sport estremo! Viaggiano persone di tutti i tipi, malati e sani che diventano malati. Ce lo vedi un B777, impastato com’è di tecnologia, senza un defibrillatore a bordo? Anche se c’è un equipaggio che in cabina passeggeri darà assistenza (quale?) e un Comandante che si dirigerà verso il primo aeroporto disponibile, ci sono dubbi sul risultato più probabile? A parte la speranzosa

ricerca di un medico tra gli altri passeggeri presenti a bordo, che si fa per aiutare il malcapitato a rimanere tra la caducità delle cose terrene? Forse, oltre al medico, sarebbe meglio cercare anche un prete.

Solo alcuni aeroporti e compagnie aeree hanno predisposto i defibrillatori e addestrato il proprio

personale a usarli? Perché? Sono Marziani? Come gli abitanti di Seattle, che li hanno messi addirittura nei condomini? Possibile che UE, ma anche EASA e ICAO, non abbiano pensato a una norma generale comune, da adottarsi senza alcuna ambiguità? Tipo: aeroporti e compagnie aeree devono rendere disponibili i defibrillatori. Lasciare il libero arbitrio quando di mezzo ci sono gli interessi, non sempre aiuta a

Boeing B777 (Courtesy of Air France)

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trovare soluzioni intelligenti. Quindi, è lo Stato che deve battere un colpo, per dimostrare che ha attenzione verso tutti e svegliare le coscienze distratte.

A sentire il Senatore Elio Lannutti (IDV), primo firmatario di una proposta di legge sull’argomento, non sembra proprio così; anzi lo Stato sembra troppo occupato a sbrigare altre faccende, visto che al momento la sua proposta di legge giace immobile come deposito statico per la raccolta differenziata della polvere.

Presentata più di un anno fa, cofirmatari altri due senatori IDV, Mascitelli e Carlino, sta da qualche parte in attesa di essere riesumata al prossimo infarto eclatante. Non è la prima proposta ovviamente, l’elenco è in fondo all’articolo, ma fino ad oggi il risultato è nullo. Possibile che l’iter di una legge sull’uso dei defibrillatori sia più complicato di una legge sulle pensioni? La risposta è sintetica, ma più che chiara: «E lo chiede a me?».

Più o meno sono passati vent’anni dalla prima proposta di legge e siamo ancora a un nulla di fatto.

Ci siamo voluti occupare di questo problema, sforzandoci di capire il punto di vista di chi ha detto no all’uso dei defibrillatori a bordo degli aerei e negli aeroporti, tante volte

avesse ragione, abbiamo pensato, e considerando quelli che li avevano invece messi a disposizione come degli sprovveduti spendaccioni. Uno sforzo considerevole che non ci ha aiutato a condividere le ragioni del no.

Tra le maggiori paure di chi vola, quella che raccontiamo non è forse tra le principali. Ma si tratterebbe di un timore fondato, qualora a bordo non

dovessero essere presenti delle attrezzature utili a salvare delle vite. Per esempio, un defibrillatore semiautomatico (DEA), l'apparecchio portatile che attraverso scariche elettriche può riportare il cuore a un ritmo di battito regolare.

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6 E non si tratta di una preoccupazione inutile: solo in Italia, secondo il Ministero della salute, sono oltre 60 mila i casi di infarto in luoghi pubblici.

Praticamente, tutti gli aeromobili delle compagnie aeree commerciali italiane, ma anche quelli in dotazione all'Aeronautica Militare, non sono dotati di apparecchi DAE – che possono essere utilizzati anche da personale paramedico o "laico" addestrato – e i Vettori non sono neanche obbligati: non c’è una legge che lo impone. Un vuoto burocratico che è una manna per chi vuole una ragione per non fare. Unica eccezione è costituita dalla veronese Air Dolomiti (controllata Lufthansa), che a febbraio di quest'anno (2012) ha provveduto a

dotare i suoi aeromobili (17 in tutto) di defibrillatori automatici.

L'impiego dei DEA a bordo degli aerei, ad oggi, è soltanto raccomandato dall'ECAC, attraverso la Recommendation 28-1 dell'aprile 2005 (visibile qui). L’inserimento nel kit di primo soccorso in dotazione agli aeromobili, in gergo la “cassetta medicinali”, rientra quindi tra le responsabilità del Vettore, in accordo anche alla EU OPS 1.110 in merito agli apparecchi che rientrano nella categoria Portable Electronic Device. (ECAC safety information) Attualmente, la legislazione italiana (legge 3 aprile 2001, n°120 e un Decreto del Ministero della Salute del marzo 2011), promuove l'installazione e l'uso dei dispositivi da parte di

Embraer 195 (Courtesy of Air Dolomiti)

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personale appositamente addestrato anche nei luoghi extra ospedalieri, come campi di calcio, palestre, uffici, supermercati e, appunto, aerei. Il 3 febbraio 2011, come abbiamo anticipato, è stato presentato dai Senatori IDV Lannutti, Mascitelli e Carlino un Disegno di Legge che proponeva una soluzione definitiva alla questione, attraverso l'istituzione di corsi di formazione, l'individuazione dei luoghi adatti all'installazione e l'addestramento del personale.

Fin qui la legislazione italiana, che entra nel merito di quello che è definito luogo di aggregazione, ad alto flusso di pubblico come un aereo o un aeroporto. I casi di infarto a bordo, purtroppo non mancano. Di recente, nei primi giorni dell'anno, una donna di 74 anni è morta in seguito ad un infarto su un Boeing 737 della Ryanair diretto da Las Palmas a Pisa. L'anziana donna è entrata in arresto cardiaco a soli 20 minuti dal Galileo Galilei ed è stata anche soccorsa da un medico

presente a bordo. Per lei, però, non c'è stato niente da fare. A febbraio, un altro caso. Ancora un B737, stessa Compagnia. Poco dopo il decollo da Orio al Serio, direzione Lamezia Terme, una passeggera 63enne ha accusato il malore che ha costretto il Comandante a rientrare nell’aeroporto di Bergamo. Ha impiegato 15 minuti per rientrare a terra, pochissimi, ma comunque fatali per la donna. I medici del 118 non hanno potuto fare altro che constatarne la morte a bordo pista.

Un drammatico elenco di infarti letali in cabina passeggeri. Alcuni casi addirittura clamorosi, come la morte del pilota di riserva di un Boeing 757 della russa UTair, stroncato a gennaio da un attacco cardiaco mentre viaggiava su un aereo della Compagnia per cui lavorava.

La tempestività, in questi momenti, è tutto. In molti casi, anche tra quelli presi in esame, era addirittura presente un medico a

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bordo, che non è però riuscito ad evitare la morte del passeggero. In caso di morte cardiaca improvvisa – come confermato ad Inaviation dal Prof. Bruno Trimarco, Dirigente Medico presso il Centro per la Diagnosi e Cura dell'ipertensione arteriosa dell'università Federico II di Napoli – il tempo limite per il ripristino del regolare battito cardiaco della vittima è ridotto ad una manciata di minuti. Un breve lasso di tempo nel quale l’equipaggio di un aereo fa quel che può. Ma senza un defibrillatore disponibile, anche i soli 20 minuti impiegati per l'atterraggio a Pisa e gli appena 15 di Orio al Serio, risultano troppi e quindi fatali.

Il comandante di un aereo che deve affrontare una simile emergenza non ha molte scelte operative;può dirigere l’aereo verso l’aeroporto più vicino, sperando che sia attrezzato per l’emergenza medica in atto. Se l’aeroporto è lontano e a bordo non c’è nessun defibrillatore le speranze di riportare a terra il passeggero ancora

vivo si riducono con il passare dei minuti.

In Europa, al momento, non esistono vere e proprie norme che regolino in modo chiaro sia la disponibilità a bordo del DAE, sia l'addestramento del personale di cabina che deve usarlo al momento del bisogno. L'EASA, nonostante abbia già preso in analisi le segnalazioni ricevute a riguardo (Comment Response

Document 2009-02b), non ha ancora trasmesso alcuna direttiva.

A livello internazionale, l'ICAO (nell'International Standard and Recommended practices Annex 6, Luglio 2010), pur riconoscendone l'utilità su velivoli ad alto numero di passeggeri, si è limitata a convenire:

« i singoli operatori devono determinare l'installazione dei DAE, valutandone l'utilità sulla base del calcolo dei rischi annessi e delle necessità legate all'uso di tali dispositivi ». Complicatissimo! Come dire: se una compagnia aerea o un aeroporto li valuta come necessari, liberi di predisporli. E per chi dice no?

Anche la questione del numero di passeggeri trasportati suscita qualche perplessità. Secondo questa precisazione, se viaggiassi su un ATR o Q400, potrei non avrei disponibile il defibrillatore, mentre se viaggiassi su un A380 o un B777, anche appartenenti alla stessa Compagnia, lo troverei a bordo. Comunque non c’è

Prof. Bruno Trimarco

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9 obbligo di predisporre i defibrillatori in cabina passeggeri, né di addestrarne all'uso il personale di bordo.

In alcuni casi la scelta è stata motivata – è l'esempio della CAA britannica – dal fatto che, testualmente: l'infarto a bordo è un evento raro se comparato al numero di passeggeri trasportati. La CAA continua poi a spiegare le sue motivazioni, aggiungendo informazioni di carattere medico. In caso di infarto non dovuto a fibrillazione ventricolare – si legge nell'informativa della CAA – gli apparecchi DAE sono inutili a ripristinare un corretto battito cardiaco e anche se accadesse il contrario, conclude, ci vorrebbero ore per trasportare la vittima in ospedale.

Una spiegazione che non convince fino in fondo se, come successo talvolta, l'attacco cardiaco si è presentato a una manciata di minuti dalle ambulanze.

Ma non tutti, qualcuno direbbe per fortuna, la pensano come la CAA britannica. Molti Vettori, europei ed extraeuropei, infischiandosene di questa confusione e ambiguità normativa, hanno provveduto, e già da tempo, a dotare i propri aerei di apparecchi DAE. La Qantas, per esempio, ha iniziato ad installare i defibrillatori su tutte le sue rotte internazionali già nel 1990, seguita nel 1991 da Virgin Atlantic. Entrambe le compagnie aeree dispongono oggi di DAE su tutta la flotta.

Airbus A380 (Courtesy of Qantas)

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10 E anche in Europa molti altri Vettori hanno preso la stessa strada. Air France ha confermato ad Inaviation di aver già installato defibrillatori su tutti i suoi velivoli e di averne addestrato all'uso tutto il personale di volo; Lufthansa ha intrapreso la stessa strada a partire dalla metà degli anni '90. E anche le scandinave Braathens Airlines e Scandinavian Airlines hanno iniziato a implementare i DAE sulla loro flotta a partire dal 2000.

Come dire: comprando un biglietto aereo Air France, Lufthansa o SAS, compro anche la possibilità di incrementare le mie speranze di sopravvivenza per attacco cardiaco durante il volo. Non dico che rimango vivo sicuramente, ma perlomeno, se mi collegano un defibrillatore al mio

cuore, come dicono gli esperti, faccio schizzare la mia speranza di sopravvivenza da un 5% ad un più che ragguardevole 75%.

E riguardo alla normativa non tutti i Paesi volano dentro le nubi. Negli Stati Uniti, per esempio, esiste già da tempo una precisa norma che regolamenta la predisposizione e l’uso dei defibrillatori. E anche il Canada si sta muovendo in questo senso, spinto com’è dalla sempre crescente preoccupazione per questo tipo di emergenze che avvengono durante il volo. Secondo una disposizione della FAA (Order 8900.1 del 13/09/2007, visibile a questo link) (CNN pubblica la notizia nel 2001) ogni aereo con capacità di carico di almeno 7.500 libbre (circa 3,5 tonnellate) deve avere almeno un defibrillatore a bordo e

Airbus A330 (Courtesy of Virgin Atlantic)

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un'ulteriore circolare del 2006 (Advisory Circular 121-34B) regola l'addestramento del personale di volo all'uso dei dispositivi. Se, come è sottolineato dai principali organi sanitari europei, la tempestività d'intervento in questi casi, è fondamentale, perché perdere altri minuti preziosi? In volo, senza la disponibilità di un defibrillatore a portata di mano, sono poche le speranze di salvarsi da un attacco cardiaco e le opzioni a disposizione dell’equipaggio non possono certo essere considerate come una soluzione appropriata.

E gli aeroporti italiani?

Sono in grado i nostri aeroporti di

soccorrere prontamente un

viaggiatore colpito da infarto?

Abbiamo chiesto ai principali

scali italiani di quali strumenti

dispongano per affrontare questo tipo

di emergenze. In Italia, la legge 3 aprile

2001, n°120 e un decreto del Ministero

della Salute del marzo 2001,

promuovono l'installazione e l'uso dei

dispositivi di defibrillazione da parte di

personale appositamente addestrato

anche nei luoghi extraospedalieri.

Tuttavia non ne ha reso obbligatoria

l’installazione.

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All’interno della legge sono già

previste le modalità e le procedure per

il rilascio di una specifica

autorizzazione all’uso dei defibrillatori

da parte del personale di cabina.

Considerando il punto di vista di

assistenza sanitaria, alcuni tra i nostri

maggiori aeroporti, già da tempo si

sono dotati di ciò che serve. Aeroporti

di Roma, per esempio, ha comunicato

ad Inaviation che gli scali di Fiumicino

e Ciampino sono attrezzati per la

gestione di questo tipo di emergenze.

Al Leonardo da Vinci c’è la

disponibilità di 34 defibrillatori, tutti

installati in aree strategiche, quelle con

maggiore affluenza di passeggeri. Sono

inoltre presenti tre medici specialisti

(medicina e chirurgia d'urgenza)

supportati da personale infermieristico

appositamente addestrato e da una

sala operativa di pronto soccorso.

L’assistenza copre a turno tutto l'arco

della giornata. Sempre a Fiumicino,

sono stanziate otto ambulanze

attrezzate per la rianimazione, quattro

interne allo scalo e quattro esterne.

Sono invece otto (di cui quattro

recentemente donati dalla Provincia di

Roma) i defibrillatori presenti

nell'aeroporto Roma Ciampino, con

due ambulanze, di cui una attrezzata

per la rianimazione. Un medico è

sempre presente. La SAB ci ha fatto

sapere che l'aeroporto di Bologna è

stato il primo in Italia, nel 2001, a

dotarsi di apparecchi defibrillatori.

All'interno dell'aeroporto Marconi

sono presenti sei DAE, posizionati nei

punti sensibili dello scalo (check-in,

bar, controllo security, sala d'attesa). I

defibrillatori, posizionati in colonnine

di vetro frangibile da rompere in caso

di necessità, possono essere utilizzati

da personale sanitario e "laico",

Bologna Airport ( Courtesy of SAB)

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13 purché munito di patentino. In caso di

procedura di emergenza – ha

confermato ad Inaviation l'Ing. Marina

Maschio, Airfield Operations Post

Holder – è prevista una specifica

procedura che si attiva in caso di

segnalazione di emergenza da parte

del comandante dell’aereo, al quale

viene data la priorità nella sequenza di

avvicinamento. Vicino la pista viene

predisposta un'ambulanza attrezzata e

un'auto medica di supporto.

L'aeroporto di Napoli Capodichino,

dispone di tre defibrillatori mobili e di

uno fisso, con tre ambulanze (due a

disposizione diretta dell'aeroporto,

una appartenente al 118) pronte

all'intervento in pista in caso di

segnalazione di emergenza medica da

parte del comandante dell’aereo. Due i

Pronto Soccorso a Malpensa, uno a

Linate. Entrambi gli scali sono

presidiati 24 ore su 24 da un'equipe

sanitaria composta da un medico in

turno e uno o più infermieri

professionali, che operano con

precedenza assoluta per la linea di

volo. Secondo la SEA, il tempo stimato

di intervento per le chiamate a bordo è

inferiore agli otto minuti. Sono quattro

i defibrillatori presenti a Linate, due in

uso quotidiano, due di scorta di

emergenza. Cinque in totale a

Malpensa, ripartiti tra il Terminal 1 (5

apparecchi, 3 in uso, 2 di scorta) e

Terminal 2 (due in tutto).

Venice Airport (Courtesy of SAVE)

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Al Marco Polo di Venezia si

dispone di un defibrillatore

semiautomatico, nell'aerostazione

arrivi, e di una ambulanza attrezzata

alla rianimazione cardio-polmonare.

All'interno dello scalo è inoltre

assicurato un servizio di Pronto

Soccorso attivo 24 ore su 24.

La SACAL, gestore dell’aeroporto

di Lamezia Terme, ci ha confermato di

avere a disposizione due defibrillatori,

uno all'interno della postazione

medica, nella zona arrivi, l'altro nella

zona dei check in. La casistica abbonda

di episodi di attacco cardiaco a bordo

divenuti letali. La situazione può

cambiare drasticamente se si è

abbastanza fortunati da trovarsi

ancora a terra. Al Marconi di Bologna,

alcuni passeggeri in arresto cardiaco

sono stati salvati grazie alla

fibrillazione tempestiva. È successo ad

aprile 2004, in piena aerostazione di

Bologna, si è ripetuto nel marzo 2010 e

anche a febbraio di quest'anno,

quando una persona è stata salvata da

un attacco cardiaco proprio mentre il

velivolo era già in pista in attesa di

decollare. E volendo guardare in

Europa e nel mondo, i defibrillatori

sono stati installati anche negli

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aeroporti di San Francisco, Munich

International, Sidney, Capetown

International, per indicarne alcuni,

perché la lista è molto più lunga.

Torna quindi a farsi prepotente

una delle due domande che ci siamo

posti all’inizio: ma perché ci sono

aeroporti che predispongono i

defibrillatori nei luoghi di pertinenza,

anche se non obbligati da alcuna

norma, mentre altri semplicemente se

ne infischiano? Evidentemente la

sensibilità aeronautica ha poco a che

fare con lo standard. E come

potrebbe? Di soluzioni ne rimangono

poche. Occorre che lo Stato batta un

colpo e svegli quelle coscienze che

sonnecchiano incuranti del fatto che a

bordo di un aereo un defibrillatore può

diventare indispensabile. Come

abbiamo già visto, molte compagnie

aeree hanno deciso per conto loro. In

questo spicca la British Airways, che

ha installato a bordo dei suoi aerei i

defibrillatori anche se la CAA non lo

aveva richiesto. Infatti l’ente

britannico (qui il link alle FAQ) motiva

l'assenza di un reale obbligo per le

compagnie aeree ad adottare i DAE

scrivendo che:

«l'infarto a bordo è un evento

raro se comparato al numero di

passeggeri trasportati» e che «anche

in caso di uso di defibrillatore, per

risolvere le cause dell'infarto si

impiegherebbero ore per trasportare la

vittima in ospedale».

Ma è davvero così? Non sembra, visto

che non solo British Airways, ma

anche Ethiad, Lufthansa, Emirates,

Delta, Swiss Air, Cathay Pacific, non la

pensano allo stesso modo. E non sono

le sole. Infatti, il Prof. Antonio

Giuseppe Rebuzzi, Dirigente Medico,

responsabile presso il reparto di

Cardiologia del Policlinico Gemelli di

Roma ci ha detto che:

«Nelle prime fasi dell'infarto è possibile

riscontrare un'aritmia mortale anche in

un episodio di moderata entità, ma –

continua il Prof. Rebuzzi – anche se ci si

trova in pieno Oceano, a ore di volo dal

più vicino ospedale, eliminare l'aritmia

attraverso la defibrillazione equivale

ad aumentare considerevolmente le

possibilità di salvezza del paziente;se

l'intervento con il defibrillatore non

dovesse verificarsi affatto, le possibilità

del paziente sono praticamente nulle».

Insomma, sembrerebbe che il

fatalismo espresso dalla CAA, non trovi

molti riscontri tra gli esperti del ramo,

e non è sufficiente a giustificare

l'assenza a bordo di uno strumento

che potrebbe salvare delle vite.

Dello stesso parere è il Prof. Bruno

Trimarco, docente all'Università

Federico II di Napoli e presidente della

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Società Italiana per la Prevenzione

Cardiovascolare:

«Distanza da terra non equivale a

morte certa, molti pazienti sono stati

trattati con successo anche a distanza

di tempo dall'episodio (arresto

cardiaco ndr), anche se sono decisive

l'assenza di una patologia di base al di

la dell'attacco cardiaco in sé e la

tempestività d'intervento».

Tempestività, appunto. I medici

che abbiamo intervistato concordano

nella fondamentale importanza della

rapidità dei tempi d'intervento, ridotti

a una manciata di minuti e che può

davvero fare la differenza tra la vita e

la morte.

«Fermo restando che il

defibrillatore non “guarisce” l'infarto,

ma contribuisce a riparare le

complicanze mortali ripristinando un

corretto ritmo – ha concluso il Prof.

Trimarco – evitando danni irreversibili

causati dalla mancata perfusione di

sangue negli organi vitali».

E per quanto riguarda l'uso sui bambini? In un luogo pubblico bisogna valutare la presenza di tutte le fasce possibili di età e, tra queste, non possiamo escludere i più piccoli.

Il Prof. Giacomo Pongiglione, Direttore del Dipartimento di Medicina Cardiologica e Cardiochirurgia Pediatrica dell'ospedale Bambin Gesù di Roma, ci ha confermato che i defibrillatori possono essere usati con successo anche sui bambini, con una parte specifica del protocollo BLS/D (Basic life support), chiamato PBLSD (Paediatric Basic Life Support), dedicata proprio all'uso del defibrillatore sui più piccoli.

Prof. Bruno Trimarco

Prof. Giacomo Pongiglione

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Su quest’aspetto il Dott. Marco Squicciarini è più che deciso nell’affermare che non c’è alcun pericolo nell’utilizzarli anche sui bambini.

Dunque, sull’uso dei defibrillatori

sembrano tutti d’accordo. Ma allora

perché c’è chi continua a fare orecchie

da mercante? Anche la

Federconsumatori, ha espresso un

parere più che convinto

sull'installazione dei defibrillatori a

bordo degli aerei. Il Dott. Mauro

Zanini, Vicepresidente della

Federazione, ha confermato ad

Inaviation l'importanza di questi

dispositivi e della formazione di chi ne

è addetto all'uso, sottolineando la

centralità della formazione degli

operatori in tal senso.

«Quella dei defibrillatori è una

realtà che sta prendendo piede sempre

più velocemente nei luoghi pubblici –

ha aggiunto Zanini – è importante che

venga estesa come standard di

servizio, tenendo sempre presente la

sicurezza dei passeggeri e dei

dispositivi stessi in relazione all'uso

sugli aeromobili».

Molte compagnie aeree hanno già provveduto ad installare defibrillatori a bordo, alcuni lo hanno fatto già da anni. I maggiori aeroporti italiani ci hanno confermato di essere attrezzati per il soccorso di persone colpite da attacco cardiaco e autorevoli pareri medici ci hanno mostrato come l'adozione dei DAE a bordo costituisce un decisivo mezzo per intervenire tempestivamente per salvare vite umane. Sono state presentate più proposte di legge per la loro adozione indiscriminata nei luoghi pubblici e ad alta affluenza di persone, ma tant’è, al momento nulla di nuovo. Troppa confusione normativa e laddove qualcosa è stato scritto può essere interpretato almeno in due modi diversi.

La legge italiana non prevede ancora l'obbligo di installare dispositivi di defibrillazione a bordo degli aeromobili, ma molto è stato fatto in passato, senza successo, perché questa situazione di stallo si muovesse in qualche modo. La prima proposta di legge è datata 4 febbraio 1988 e fu presentata nel corso della X legislatura dai Deputati Boato, Salvoldi, Andreis,

Dott. Mauro Zanini

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Grosso, Donati, Mattioli, Scalia, Bassi, Montanati, Lanzinger, Cima, Procacci e Ceruti. Nella proposta, si metteva particolarmente in risalto l'importanza dell'uso dei defibrillatori e bordo e se ne proponeva l'adozione obbligata da parte di tutti gli aeromobili che usufruivano degli scali italiani: purtroppo l'iter legislativo è rimasto fermo alla prima lettura.

Trascorrono dodici anni, entriamo nel nuovo millennio. Un decreto del Ministero della salute datato 21 settembre 2000, regola

«l'uso di defibrillatori semiautomatici a bordo degli aerei e corsi di formazione per capo cabina».

È la prima volta che si muove un passo simile nel nostro Paese, un Decreto che apre all'uso dei defibrillatori da parte di personale non medico. Nel suo primo articolo, il testo legislativo prevede che: «I capi cabina, in possesso di certificato "Basic life support – Defibrillation" (BLS-D)–, sono autorizzati ad utilizzare, anche nel caso in cui non sia presente un medico a bordo, defibrillatori semiautomatici sugli aerei di linea».

Un’azione coraggiosa punita con un KO tecnico. Nulla di fatto. Per un nuovo piccolo passo in avanti bisognerà attendere la Legge 3 aprile 2001 n°120, che autorizza l'uso dei dispositivi da parte di personale non

medico, appositamente addestrato, anche nei luoghi extra ospedalieri, come campi di calcio, palestre, uffici, supermercati e, appunto, aerei. Nel Testo, al comma 2 bis (aggiunto al Testo iniziale con il Decreto Legge n° 273 del 30 Dicembre 2005 e abrogato nel 2008), è inoltre previsto l'addestramento del personale da parte delle «organizzazioni medico-scientifiche senza scopo di lucro e degli enti operanti nel settore dell’emergenza sanitaria che abbiano un rilievo nazionale e che dispongano di una rete di formazione».

La Legge 3 aprile 2001 n°120, anche con l'aggiunta del comma 2 bis non chiarisce però fino in fondo il capitolo più nodoso del tema: la formazione del personale. A questo proposito è interessante la ricerca effettuata dall'infermiere Ivan Cabrini nel 2007, che affronta il problema della mancanza di una linea guida unitaria in Italia che consenta al personale "laico" addestrato al BLSD di usare le proprie competenze su tutto il suolo nazionale attraverso una sola autorizzazione.

Un ulteriore progetto di modifica alla legge 120 (Disegno di legge 1517, Di Virgilio), si è fermato alla Camera nel 2008, dopo essere stato approvato con alcune modifiche al Senato. Al comma 2-ter il Testo prevedeva l'obbligo di predisporre un defibrillatore semiautomatico e di dotarsi di personale addestrato per un vasto elenco di luoghi pubblici (tra cui i treni, aeroporti e navi) ma, e

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bisognerebbe chiedersi perché, non prevedeva alcun obbligo per gli aeromobili. La caduta del secondo Governo Prodi, ad aprile 2008, ha però segnato un'improvvisa battuta d'arresto nell'iter legislativo; tornata alla Camera dei deputati la legge è rimasta in attesa di un'approvazione definitiva che non è mai arrivata.

L'ultimo capitolo di una legge dal decorso infinito è datato 3 febbraio 2011. Il DDL in questione, presentato come abbiamo detto dai Senatori IDV Lannutti, Mascitelli e Carlino, propone una soluzione definitiva alla questione, attraverso l'istituzione di corsi di formazione, l'individuazione dei luoghi adatti all'installazione e l'addestramento del personale. A distanza di oltre un anno, però, ancora niente di fatto: l'esame della legge non è ancora iniziato.

ENAC ha confermato ad Inaviation che anche in Europa non esistono leggi che determinino l'installazione obbligatoria di defibrillatori a bordo degli aeromobili. Esiste però una raccomandazione dell'ECAC (European Civil Aviation Conference), la Recommendation ECAC/28-1 on Air Passenger Health Issues- Manual on Air Passenger Health Issues. La Raccomandazione emanata da ECAC, pubblicata il 15 aprile 2005, insiste affinché i defibrillatori semiautomatici vengano adottati nei kit di primo soccorso in dotazione a tutti gli aeromobili e che il personale di bordo venga addestrato all'uso dei DAE all'inizio del proprio

percorso di training con le compagnie aeree, con corsi di aggiornamento da ripetersi ogni anno.

Anche l'EASA, in un CRD (Comment Response Document 2009-02b) del 2009 mette in evidenza l'importanza di una regolamentazione specifica in materia riconoscendone l'utilità nel salvare vite umane e suggerisce di trattare il tema con un ordine del giorno ad hoc. Stesso discorso per quanto riguarda la possibilità di rendere obbligatorio un defibrillatore semiautomatico su tutti gli aeromobili con configurazione massima di passeggeri superiore a 30 unità; la proposta è rigettata perché necessita di un'analisi più approfondita con le Autorità e i produttori, da svolgersi poi in nuovo un iter normativo. Tempo, tempo, prendiamo sempre tempo. Meno male che almeno alcune compagnie aeree e aeroporti non stanno lì ad aspettare. La CAA inglese è invece radicale: se da un lato l'Authority britannica ammette, con riserva, l'utilità dei dispositivi, dall'altro sentenzia che i casi di arresto cardiaco sugli aeromobili sono molto rari se comparati al numero totale di passeggeri. Inoltre, la distanza dai più vicini ospedali non consentirebbe al paziente di essere assistito con successo anche dopo una defibrillazione. Da qui, secondo la CAA, il motivo per cui sarebbe ingiustificato un eventuale obbligo a implementare i DAE sui velivoli passeggeri. Noi, e siamo in buona compagnia, non la pensiamo allo stesso modo.

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L'ICAO ha già pubblicato il suo punto di vista nell'International Standard and Recommended Practices Annex 6, del Luglio 2010. Nell'allegato tecnico relativo alle operazioni degli aeromobili, l'Organizzazione ha riconosciuto l'utilità dei defibrillatori sui velivoli ad alto volume di passeggeri, ma si è limitata a precisare che i singoli operatori aerei dovrebbero determinare l'installazione dei DAE, valutandone l'utilità sulla base del calcolo dei rischi annessi e delle necessità legate all'uso di tali dispositivi. Quindi, non posso escludere la loro utilità, ma a farli diventare uno Standard non ci penso proprio.

Completamente diversa la regolamentazione nel Stati Uniti. L'Order 8900.1 del 13/09/2007 della FAA, è chiarissimo: ogni aereo dalla capacità di carico di almeno 7.500 libbre (circa 3,5 tonnellate) deve avere almeno un defibrillatore a bordo. Un'ulteriore direttiva del 2006 (Advisory Circular 121-34B), inoltre, regola l'addestramento del personale di volo all'uso dei dispositivi. Il percorso statunitense in materia è iniziato nel 2000, quando la morte a bordo di un 28enne nel luglio di quell'anno scatenò una ondata di richieste all'Authority. All'epoca il costo dell'installazione dei DAE e l'addestramento del personale per le compagnie aeree statunitensi fu quantificato in 16 milioni di dollari. Secondo una clausola compresa nell'Aviation Medical Assistance Act

del 1998, inoltre, sia i Vettori che i singoli passeggeri non sono penalmente responsabili della morte di un passeggero in seguito a un tentativo di soccorso durante un'emergenza in volo, a meno che non vengano accertate gravi negligenze o in caso di comprovata condotta dolosa.

Guarda il video(1)

Guarda il video(2)

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Introduzione

La Morte Improvvisa Cardiaca (MIC)

rimane uno dei più drammatici

problemi sanitari irrisolti: ogni anno

in Italia l’arresto cardiocircolatorio

(ACC) colpisce circa 60.000 persone,

risultando da solo la principale causa

diretta di morte; gli incidenti stradali

- per fare un tragico paragone - ne

mietono 7500, l’AIDS meno di 200. A

causa dell’imprevedibilità con cui

l’arresto cardiocircolatorio colpisce,

molte delle vittime muoiono prima di

raggiungere l’ospedale o di poter

essere soccorse da una equipe

sanitaria territoriale dotata di

defibrillatore ed abilitata ad usarlo.

Perché? Perché le ambulanze

impiegano alcuni minuti per

soccorrere chi viene colpito da arresto

cardiaco nell’area urbana: dobbiamo

considerare, infatti, il tempo

necessario alle persone che sono vicine

a chi si sente male, per capire che cosa

sta succedendo e chiamare il 118; due

minuti se ne vanno per la gestione

della chiamata e per l’attivazione

dell’equipaggio di soccorso; si

aggiunge, infine, il tempo necessario

all’ambulanza, sia pure in urgenza,

per raggiungere il luogo. Per quanto i

mezzi di soccorso possano essere

diffusi sul territorio, difficilmente i

sanitari potranno raggiungere la

vittima in tempo per far ripartire il

cuore, evitando tragiche conseguenze.

Questo significa che è indispensabile

ridurre i tempi con cui lo strumento

salvavita per eccellenza, il

defibrillatore semiautomatico,

diventa disponibile. Deve essere già

sul posto ed essere usato

immediatamente da chi si trova lì ed è

addestrato a farlo. Deve esserci sui

mezzi di soccorso non sanitario,

soprattutto quando siano i primi od i

soli che possono intervenire in

situazioni ambientali particolari.

La Fibrillazione Ventricolare (FV) è

una condizione in cui gli impulsi

elettrici cardiaci divengono caotici

causando una brusca interruzione

dell’azione di pompa del cuore. Le

vittime collassano e perdono

coscienza in breve tempo, il più delle

volte senza preavviso. Se il ritmo

cardiaco fisiologico non è ristabilito,

la morte segue in pochi minuti.

La terapia è la defibrillazione,

l’applicazione cioè di uno shock

elettrico al cuore attraverso il torace

del paziente, effettuata con uno

strumento chiamato defibrillatore. Il

La Defibrillazione precoce nell’Arresto Cardiocircolatorio

Uso del DAE e BLSD negli ambienti di lavoro.

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defibrillatore è in grado di eliminare

la FV e permette la restituzione di un

ritmo cardiaco corretto e la

conseguente funzione di pompa al

cuore. Ma solo se la defibrillazione è

effettuata entro i primi minuti

dall’ACC, il tasso di sopravvivenza

dopo una VF può essere

significativamente elevato.

Sviluppo storico del DAE (Automated

External Defibrillator) Negli anni ’60 i

medici riconobbero l’importanza di

fornire alla comunità una rapida

defibrillazione sotto forma di unità

coronariche mobili. Nei primi anni ’70

queste unità mobili furono fornite di

personale paramedico e il tasso di

sopravvivenza salì dal 7 al 17%

durante questo decennio. Sempre in

quegli anni iniziò l’addestramento di

tecnici sanitari nel riconoscimento

della FV e nell’operazione di

defibrillazione manuale. Il tasso di

sopravvivenza salì in questo modo

fino al 19%. I defibrillatori

automatici esterni furono introdotti

nel 1979; furono distribuiti in modo

tale che anche le persone “laiche”

(cioè non appartenenti al comparto

sanitario) ma con un’adeguata

formazione fossero in grado di

eseguire una defibrillazione precoce.

In studi multipli, è stato dimostrato

che questi dispositivi permettono a

personale minimamente formato di

convertire una fibrillazione

ventricolare in un ritmo cardiaco

regolare. In Italia l’uso dei DAE da

parte di personale NON sanitario è

consentito dalla legge n.120/2001 (e

successive modificazioni).

Il Defibrillatore semiautomatico è

uno strumento sicuro, poco costoso,

facile da usare, determinante nel

soccorso cardiorianimatorio.

Scopo del DAE

I defibrillatori automatici esterni

emettono, attraverso ampli elettrodi

autoadesivi, un impulso elettrico di

larga ampiezza verso il cuore, in modo

da restaurare il ritmo normale in

pazienti in FV o in tachicardia

ventricolare “senza polso”. I DAE

differiscono dai convenzionali

defibrillatori per il fatto che sono in

grado di analizzare il ritmo ECG e

determinare con precisione ed

assoluta sicurezza se la defibrillazione

è necessaria. Questo elimina la

necessità da parte del soccorritore

l’utente di interpretare il ritmo

cardiaco prima di emettere lo shock e

di dover scegliere l’energia da erogare.

E’ in particolare dimostrato che non è

rilevante la cultura medica o

infermieristica e l’alta professionalità:

il primo soccorritore ha, lui solo, la

possibilità di salvare una vita se sa

come comportarsi, mettendo in

pratica le fasi della cosiddetta “catena

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della sopravvivenza”. Quando

arriverà l’ambulanza, se i 5 minuti

preziosi saranno lasciati trascorrere

senza manovre di rianimazione

cardiopolmonare e senza che un

defibrillatore sia accanto al paziente

in tempo utile, la sopravvivenza

INTEGRA di quella persona sarà già

compromessa.

Defibrillazione Precoce e luoghi di

lavoro

Le informazioni raccolte da vari studi

condotti prevalentemente negli Stati

Uniti e nel resto dell’Europa hanno

dimostrato che il posizionamento di

DAE in posti pubblici e il loro utilizzo

da parte di personale “laico” ha

ovunque portato ad un rilevante

incremento del tasso di sopravvivenza

agli arresti cardiaci improvvisi.

In tutti gli studi condotti

l’incremento del tasso di

sopravvivenza integra è associato al

riconoscimento rapido

dell’emergenza, all’inizio immediato

della rianimazione cardiopolmonare e

all’uso del DAE entro 5 minuti dalla

perdita di coscienza. E’ evidente che

in gran parte dei luoghi di lavoro non

ci si può aspettare che il 118 giunga in

tempo per erogare la scossa salvavita.

Purtroppo il triste bollettino di guerra

delle morti “bianche” ne offusca un

altro, che parla di morti altrettanto

evitabili, anche se con interventi più

complessi: le morti per arresto

cardiaco nei luoghi di lavoro. Le

statistiche non dicono in chiaro che

per ogni morto sul lavoro per causa

traumatica, ce n’è almeno un altro (a

volte addirittura due) che muore per

arresto cardiaco in orario di lavoro.

Le cause non sono solo legate

all’insorgenza di occlusione coronarica

complicata da arresto cardiaco. La

folgorazione, il monossido di

carbonio, lo stress esasperato e

probabilmente altri agenti interni ed

esterni, alcuni prevenibili ed altri

ancora sconosciuti possono causare un

arresto cardiaco da fibrillazione

ventricolare.

Il Defibrillatore dovrebbe quindi

essere presente nel “pacchetto di

pronto soccorso aziendale”,

integrando le dotazioni di soccorso nei

luoghi di lavoro complessi o non

facilmente raggiungibili per strutture

architettoniche, ubicazione,

complessità, numerosità di persone.

La formazione del soccorritore è

semplice ed è garantita dal

superamento di un corso (BLSDa)

della durata di 5 ore, con le

caratteristiche internazionalmente

convenute (ILCOR 2005) sui

contenuti didattici, sul rapporto

allievi/istruttore, manichino, sulle

forme di verifica e di retraining.

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I CORSI BLSDa

L’Italian Resuscitation Council tenne

il suo primo corso sperimentale

ufficiale nel 1999, a Bellaria (Rimini),

in occasione del suo Congresso

nazionale. Vi parteciparono 5

dipendenti dell’Enel, 3 istruttori

medici della Scuola della Polizia

Stradale di Cesena, 5 Vigili del Fuoco,

5 operatori Alitalia (principalmente

capocabina).

Da allora questo corso ha formato

centinaia di migliaia di Italiani, sia

per la loro attività lavorativa (agenti

delle forze dell’ordine, VVF, operatori

di servizi di security) che per

iniziative educative sociali (es.

studenti delle scuole superiori ed

inferiori, in varie città italiane).

Ma l’attesa più forte è per

l’inserimento ufficiale in quarta

superiore dell’insegnamento delle

nozioni di gestione iniziale di una

emergenza. E per l’integrazione con il

BLSDa dei corsi di primo soccorso

aziendale (in applicazione del DL

n.81/2008). In numerose città italiane

si possono già frequentare questi corsi

anche per iniziativa personale, in

genere con un costo di 50-70 euro.

Ricorrendo ai siti di IRC-Comunità (

www.irc-com.org)

e di IRC (www.ircouncil.it) si

potranno trovare date, orari, sedi. E’

prevedibile e molto auspicata una

sempre più stretta collaborazione fra

CONACUORE ed IRC- Comunità per

estendere questa rete, ma soprattutto

per fare in modo che i cittadini del

domani usufruiscano di questa

formazione in modo capillare ed

obbligatorio: nella scuola, nel lavoro,

nel mondo del volontariato e

dell’impegno sociale.

Dott. Antonio Destro – Presidente

IRC-Comunità