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10 NE W S DELLA SETTIMANA A MILANO, NEL BEL MEZZO DELLA GIUNGLA DEL CARO-CASE, ESISTE UN GRUPPO DI PALAZZINE DOVE ABITARE A PREZZI “UMANI”, ADEGUATI AL COSTO DELLA VITA. CI VIVONO GIOVANI PRECARI, PAPÀ SINGLE, PENSIONATI, ESODATI E FAMIGLIE. PERCHÉ A VOLTE, PER FORTUNA, LA SOLIDARIETÀ BATTE LA DURA LEGGE DEL BUSINESS testo di Monica Piccini onesti offresi C ’è la ragazza arrivata ai tempi dell’università, che poi ha allargato famiglia e metri quadrati, ed è rimasta con marito e tre figli. C’è il parrucchiere delle vecchiette del quartiere. La signora che dall’Africa ha fatto rotta a Milano 55 anni fa, e non è andata più via. E il pensionato che è “cresciuto” in questa casa e ora allena i pulcini del rugby milanese. Musicisti, esodati, fotografi, immigrati di seconda generazione, attrici e badanti. Le storie degli inquilini del Villaggio Frisia, una serie di palazzi costruiti dalle parti di viale Umbria a Milano, sono suggestive quasi quanto quella del loro costruttore, l’ingegner Filippo Frisia. «Nato in una famiglia di pittori decoratori, mio nonno aveva scelto per sé una strada ben più solida dell’arte: una laurea in Ingegneria a Parigi» racconta il nipote Nicola, 49 anni, musicista e amministratore delle proprietà di famiglia da 22. «Tornato a Milano dopo gli studi, fin dagli anni 10 cominciò a costruire moltissime case». Alcune sono prese a esempio nei libri di architettura, mentre altre custodiscono curiosità varie, come quella di via Durini in cui abitò l’autore di Oh mia bella Madunina. «Al momento di lasciare l’attività» continua Nicola, «il nonno si è raccomandato di una cosa sola: mantenere l’affitto “agevolato” per gli immobili esistenti, sicuro che i guadagni sarebbero arrivati dalle nuove costruzioni. Promessa che mio padre, mio zio, mio cugino e io abbiamo mantenuto». UN’AVVENTURA INIZIATA TEMPO FA Negli anni del dopoguerra i coniugi Frisia, «considerati dei ricconi per l’epoca», decisero di condividere un po’ del loro benessere con chi era stato meno fortunato. Tra i primi a beneficiarne ci furono gli anziani del Pio Albergo Trivulzio, di cui il commendatore Frisia è annoverato tra i grandi donatori. E mentre sua moglie, figlia di gioiellieri italiani di stanza a Parigi, apriva conti dal droghiere per le spese giornaliere delle fiere donne rom («almeno finché i figli non intervennero a fermarla»), l’ingegner Filippo volle affittare alcuni dei suoi immobili a un prezzo più che sostenibile. «Quando ho cominciato ad amministrare i circa 400 appartamenti del Villaggio Frisia, gli affitti partivano dai 100 euro di oggi in su. Adesso, viste le varie tasse, tra cui l’Imu, di norma affittiamo un bilocale a 500 euro più le spese» spiega l’amministratore senza tanti giri di parole. In alternativa al canone libero foto di Matteo Dones & Francesca Berté (4 più 4), qui si applica il canone concordato (3 più 2), che tiene conto delle indicazioni del sindacato inquilini e, in qualche modo, adegua l’affitto della casa al costo della vita. Una misura prima salvaguardata dalla legge sull’equo canone, che è ormai un lontano ricordo nella giungla del caro-affitti di oggi. Già da molti anni, infatti, si risponde a un’unica legge di mercato: più c’è richiesta, più il prezzo sale. È il liberismo, bellezza! Con qualche eccezione come questa, per fortuna. Dal suo osservatorio, Nicola Frisia viene in contatto ogni giorno con esigenze e richieste diverse («ho imparato a conoscere gli inquilini uno per uno»). E se al tempo di suo nonno l’emergenza casa riguardava per lo più gli anziani con il minimo della pensione, oggi il problema tocca giovani con contratti a termine, genitori separati e disoccupati di ritorno. «Per decidere a chi affittare via via gli immobili, c’è una specie di lista di attesa, seguita da un breve colloquio in cui posso guardare negli occhi i futuri affittuari» racconta Nicola. «Dal loro sguardo capisco se mi posso fidare. All’inizio mi sono sbagliato, A.A.A. affitti Alioscia Bisceglia, 44 anni, frontman della band Casino Royal. Inquilino del Villaggio Frisia dal 2003. L’ARTISTA 8 Francesca Pasquali, 41 anni, impiegata dello studio Frisia, abita qui dal 2002 con sua sorella Maria (42). LE SORELLE

Affitti "sostenibili" (Tu Style, Mondadori)

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10NEWSDELLA SETTIMANA

A MILANO, NEL BEL MEZZO DELLA GIUNGLA DEL CARO-CASE, ESISTE UN GRUPPO DI PALAZZINE DOVE ABITARE A PREZZI “UMANI”, ADEGUATI AL COSTO DELLA VITA. CI VIVONO GIOVANI PRECARI, PAPÀ SINGLE, PENSIONATI, ESODATI E FAMIGLIE. PERCHÉ A VOLTE, PER FORTUNA, LA SOLIDARIETÀ BATTE LA DURA LEGGE DEL BUSINESS testo di Monica Piccini

onesti offresi

C’è la ragazza arrivata ai tempi dell’università, che poi ha allargato famiglia e metri

quadrati, ed è rimasta con marito e tre figli. C’è il parrucchiere delle vecchiette del quartiere. La signora che dall’Africa ha fatto rotta a Milano 55 anni fa, e non è andata più via. E il pensionato che è “cresciuto” in questa casa e ora allena i pulcini del rugby milanese. Musicisti, esodati, fotografi, immigrati di seconda generazione, attrici e badanti. Le storie degli inquilini del Villaggio Frisia, una serie di palazzi costruiti dalle parti di viale Umbria a Milano, sono suggestive quasi quanto quella del loro costruttore, l’ingegner Filippo Frisia. «Nato in una famiglia di pittori decoratori, mio nonno aveva scelto per sé una strada ben più solida dell’arte: una laurea in Ingegneria a Parigi» racconta il nipote Nicola, 49 anni, musicista e amministratore delle proprietà di famiglia da 22. «Tornato a Milano dopo gli studi, fin dagli anni 10 cominciò a costruire moltissime case». Alcune sono prese a esempio nei libri di architettura, mentre altre custodiscono curiosità varie, come quella di via Durini in cui abitò l’autore di Oh mia bella Madunina. «Al momento di lasciare l’attività» continua Nicola, «il nonno si è

raccomandato di una cosa sola: mantenere l’affitto “agevolato” per gli immobili esistenti, sicuro che i guadagni sarebbero arrivati dalle nuove costruzioni. Promessa che mio padre, mio zio, mio cugino e io abbiamo mantenuto».

UN’AVVENTURA INIZIATA TEMPO FA Negli anni del dopoguerra i coniugi Frisia, «considerati dei ricconi per l’epoca», decisero di condividere un po’ del loro benessere con chi era stato meno fortunato. Tra i primi a beneficiarne ci furono gli anziani del Pio Albergo Trivulzio, di cui il commendatore Frisia è annoverato tra i grandi donatori. E mentre sua moglie, figlia di gioiellieri italiani di stanza a Parigi, apriva conti dal droghiere per le spese giornaliere delle fiere donne rom («almeno finché i figli non intervennero a fermarla»), l’ingegner Filippo volle affittare alcuni dei suoi immobili a un prezzo più che sostenibile. «Quando ho cominciato ad amministrare i circa 400 appartamenti del Villaggio Frisia, gli affitti partivano dai 100 euro di oggi in su. Adesso, viste le varie tasse, tra cui l’Imu, di norma affittiamo un bilocale a 500 euro più le spese» spiega l’amministratore senza tanti giri di parole. In alternativa al canone libero

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(4 più 4), qui si applica il canone concordato (3 più 2), che tiene conto delle indicazioni del sindacato inquilini e, in qualche modo, adegua l’affitto della casa al costo della vita. Una misura prima salvaguardata dalla legge sull’equo canone, che è ormai un lontano ricordo nella giungla del caro-affitti di oggi. Già da molti anni, infatti, si risponde a un’unica legge di mercato: più c’è richiesta, più il prezzo sale. È il liberismo, bellezza! Con qualche eccezione come questa, per fortuna. Dal suo osservatorio, Nicola Frisia viene in contatto ogni

giorno con esigenze e richieste diverse («ho imparato a conoscere gli inquilini uno per uno»). E se al tempo di suo nonno l’emergenza casa riguardava per lo più gli anziani con il minimo della pensione, oggi il problema tocca giovani con contratti a termine, genitori separati e disoccupati di ritorno. «Per decidere a chi affittare via via gli immobili, c’è una specie di lista di attesa, seguita da un breve colloquio in cui posso guardare negli occhi i futuri affittuari» racconta Nicola. «Dal loro sguardo capisco se mi posso fidare. All’inizio mi sono sbagliato,

A.A.A. affitti

Alioscia Bisceglia, 44 anni, frontman della band Casino Royal. Inquilino del Villaggio Frisia dal 2003.

L’ARTISTA

8

Francesca Pasquali, 41 anni, impiegata dello studio Frisia, abita qui dal 2002 con sua sorella Maria (42).

LE SORELLE

Page 2: Affitti "sostenibili" (Tu Style, Mondadori)

50 25 SETTEMBRE 2012

Laura Flematti, 41 anni, avvocato, con il marito Giuseppe, anche lui avvocato, e i figli Giulia, Davide e Francesco e il cane Berta. Arrivata qui nel 2001 con un’amica, ha poi messo su famiglia e cambiato tre appartamenti, sempre nel Villaggio Frisia.

L’HAPPY FAMILY

Claudio Jampaglia, 43 anni, giornalista, con i figli Matteo e Emma (qui anche con la nipote Gaia), separato e inquilino dal 2011.

IL PAPÀ SINGLE

Elide Pioldi, 87 anni, ex ballerina, inquilina dal 1966, è una delle più longeve del Villaggio Frisia.

LA VETERANA

ma quando è accaduto ho capito anche il perché». Perché non è facile avere a che fare con persone che da un giorno all’altro potrebbero trovarsi per strada, visto che è ben difficile pagare mille euro di canone quando, nella migliore delle ipotesi, se ne guadagnano 1.200. E siccome anche tra gli inquilini del Villaggio Frisia c’è chi è moroso, «con gli anni sono riuscito anche a dire “se continuo a non chiederti l’affitto non faccio certo il tuo bene”» racconta Nicola. Quanto ai candidati più affidabili «dalla mia esperienza» racconta, «ho capito che le donne, se hanno un problema, si rimboccano le maniche e quasi sempre riescono a trovare i soldi per l’affitto. Gli uomini, invece, soprattutto se separati, possono nascondersi dietro scuse del tipo “devo pagare gli alimenti alla moglie e non me ne rimangono per me”. Ma soprattutto quel che è peggio è che fanno più fatica a reagire di fronte ai contraccolpi della vita». In ogni caso se ne può parlare: la porta dell’ufficio di Nicola è aperta. Lo dico per esperienza diretta. Anche chi scrive in un momento della vita si è trovata senza riparo. Ci ha pensato un’amica, Maria Pia, che abitava in uno di questi appartamenti, ad accompagnarmi fino all’uscio dell’amministrazione Frisia.

FARE BENE È CONTAGIOSO Quando sono entrata, sollevata, nella nuova casa ero sprovvista di molte cose, tra cui la cucina. Ma non ho avuto fretta di comprarla. Sentivo di poter tornare a sperare. La cucina l’ho ereditata dopo un mese di scatolette dalla zia di Maria Pia, che nel frattempo ha anche lasciato alla nipote, lavoratrice precaria, i soldi per realizzare il suo sogno di vivere nella natura. Qualche volta, quando la solidarietà irrompe imprevista, capita anche che la realizzazione di un desiderio ne richiami un altro e un altro ancora. Ed è forse per non fare evaporare del tutto questo meccanismo contagioso che Nicola, con sua moglie Francesca, ha riunito in un libro fotografico che sarà presentato a breve i ritratti di alcuni protagonisti di questa convivenza speciale (che vedete in queste pagine). Come scrive nella prefazione del volume, autoprodotto e stampato in un numero limitato di copie (sarà in vendita in alcune librerie della zona): “Con questo libro voglio trasmettere gli sguardi di queste persone a chi verrà dopo di me, affinché ognuno, nel modo che gli è proprio, possa contribuire a creare un atteggiamento di maggiore apertura verso chi incontriamo tutti i giorni”. T