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AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di chirurgia degli animali da
compagnia
Diagnosi caso 1: Flessura/diverticolo destro del colon distale complicata da ernia perineale
destra
Alla luce del quadro clinico e della diagnostica per immagini è stata formulata la diagnosi di
flessura/diverticolo destro della porzione terminale del colon, complicata da ernia perineale destra.
La flessione è una curvatura muscolare mentre il diverticolo è la rottura della muscolatura liscia del
retto, spesso con accumulo di feci in un lato dell’ano. L’ernia perineale si produce quando i muscoli
perineali si separano e permettono al retto e al contenuto pelvico o addominale di localizzarsi nel
tessuto sottocutaneo perineale. Solitamente si manifesta tra lo sfintere esterno e l’elevatore dell’ano,
in alcuni casi tra l’elevatore dell’ano e il coccigeo e più raramente tra il coccigeo ed il legamento
sacro-ischiatico. La maggior insorgenza si riporta nel maschio e nei cani brachicefalici. Molte ernie
perineali sono associate ad ingrossamento prostatico, dovuto ad aumento dei livelli di estrogeni ed
androgeni, ed agli sforzi defecatori ripetuti, con indebolimento del diaframma pelvico muscolare.
Altre cause sono correlate alla costituzione del diaframma pelvico:
• i cani a coda rudimentale risultano dotati di un m. elevatore dell’ano meno sviluppato.
• Il m. elevatore dell’ano può andare incontro ad atrofia neurogenica o a miopatie.
Il paziente è stato così sottoposto a vari interventi chirurgici, riportati di seguito per ordine
cronologico:
• Orchiectomia bilaterale
• Colonpessi
• Amputazione del retto con sutura del Vacchetta
• Erniorrafia tradizionale
COLONPESSI
Il paziente ,in anestesia generale, è posizionato in decubito dorsale. Si procede con l’intervento di
laparotomia esplorativa per localizzare il colon, subito dopo trazione craniale di quest’ultimo.
Eseguire un’incisione longitudinale di 3-5 cm che interessi solo lo strato sieroso e muscolare lungo
il margine antimesenterico del colon discendente distale (Figura 2).
FIGURA 2
Creare un incisione simile attraverso il peritoneo e il muscolo sottostante nella parete addominale
sinistra alcuni centimetri lateralmente alla linea alba (Figura3).
FIGURA 3.
Irrigare la zona interessata. Sutura della fascia muscolare con punti staccati ad X mediante filo
Assufil USP O. Sutura continua semplice del sottocute con Assufil USP O. Sutura della cute con
punti ad U mediante Assufil USP I.
AMPUTAZIONE DEL RETTO CON SUTURA DEL VACCHETTA.
Dopo aver svuotato il retto mediante clistere di acqua tiepida, il paziente è posizionato in decubito
sternale in anestesia generale. Prolasso chirurgico del retto (7 cm circa) mediante pinze di Allis
(Figura 4).
FIGURA 4.
Lavaggio con soluzione fisiologica. Applicazione di due enterostati fra loro paralleli, fra gli
enterostati viene eseguita un’incisione a tutto spessore delle due pareti rettali sovrapposte (Figura
5).
FIGURA 5.
Si procede poi all’applicazione dei vari punti della sutura del Vacchetta con monofilamento
riassorbibile USP 2-0. Ogni passaggio dell’ago attraverso le due pareti rettali permette di fissare due
gugliate di filo: la sutura a punti ad U con un capo di ciascun filo a contatto con quello del punto
successivo non lascia spazi. Si utilizzano fili blu e bianchi alternati (Figura 6).
FIGURA 6.
Dopo aver completato la sutura a 2 cm dallo sfintere anale, si procede all’amputazione del tratto
rettale caudale alla sutura ed alla sutura del bordo libero così da mettere a stretto contatto le due
sottomucose (Figura 7).
FIGURA 7.
ERNIORRAFIA TRADIZIONALE.
Dopo aver svuotato il retto mediante clistere di acqua tiepida, eseguire una borsa di tabacco attorno
al retto. Dopo aver posizionato l’animale in decubito sternale si procede incidendo 2 cm
lateralmente all’ano proseguendo fino a superarlo ventralmente. Incidere il tessuto sottocutaneo ed
identificare e ridurre il sacco erniano (Figura 8).
FIGURA 8. FIGURA 9.
Erniorrafia tradizionale con apposizione del muscolo sfintere anale esterno all’insieme dei muscoli
elevatore dell’ano e coccigeo lateralmente ed ai muscoli sfintere anale esterno e otturatore interno
ventralmente (Figura 9,10,11).
FIGURA 10. FIGURA 11.
Chiudere sottocute con sutura semplice continua con olidiossanone USP 2-O riassorbibile. Chiudere
cute con sutura ad U utilizzando nylon USP O (Figura 12,13).
FIGURA 12. FIGURA 13.
TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.
Come terapia post-operatoria sono stati prescritti antinfiammatori e antibiotici per via orale, un
antidolorifico per i primi due giorni. È consigliata un’alimentazione umida e se necessario uno o
due cucchiai di olio di vaselina per facilitare lo svuotamento del tubo gastroenterico.
La maggior parte delle complicazioni postoperatorie si previene utilizzando una tecnica chirurgica
meticolosa. Le complicazioni più comuni degli interventi chirurgici dell’intestino crasso sono
l’emorragia e la contaminazione fecale dell’addome, altre comprendono lo shock, la filtrazione, la
deiscenza, la perforazione, la peritonite, la stenosi e l’incontinenza. Per quanto riguarda
l’amputazione del retto, la principale complicazione è sicuramente la stenosi nel retto provocata
dalla sutura del Vacchetta. Si presume che le probabilità di recidiva dell’ernia o di comparsa di
ernia controlaterale possano essere ridotte dalla castrazione. La recidiva è in relazione
all’esperienza del chirurgo. La presenza di notevole algia, zoppia con mancato appoggio dell’arto e
flessione anteriore del garretto in seguito all’intervento chirurgico suggeriscono l’incarceramento
del nervo sciatico. Altre possibili complicanze dell’ernia perineale sono riportate in tabella 2.
COMPLICAZIONI
Emorragia Lesioni uretrali
Depressione Disuria
Anoressia Stranguria
Tenesmo Atonia vescicale
Dischezia Necrosi vescicale
Flatulenza Incontinenza urinaria
Ematochezia Necrosi intestinale
Sacculite anale Fistola retto cutanea o perineale
Incontinenza fecale
Diagnosi caso 2: Il ginocchio del mio cane scricchiola
LUSSAZIONE MEDIALE CONGENITA DI ROTULA DI SECONDO G RADO
Segno del cassetto, test di compressione tibiale e sit test risultano negativi quindi si escludono
insufficienze legamentose a carico del ginocchio. Il cane Bruce presenta una lussazione mediale di
rotula di secondo grado a sinistra mentre a destra presenta un’instabilità rotulea.
CHE COSA E’ LA LUSSAZIONE DI ROTULA
La lussazione di rotula è una delle più comuni patologie ortopediche riscontrate nel cane, la quale
può determinare malattia degenerativa dell’articolazione, dolore e zoppia. La rotula è un osso
sesamoide, incapsulato nel tendine del muscolo quadricipite(retto femorale, vasto mediale, vasto
laterale e vasto intermedio),con forma ovoidale che scorre all'interno di una scanalatura
dell’estremità distale del femore, nota come troclea femorale. Questa, da un punto di vista
biomeccanico, gioca un ruolo fondamentale nel meccanismo dell’apparato estensorio dell’arto
pelvico; infatti la patella mantiene una tensione costante durante l’estensione del ginocchio e agisce
come braccio di leva aumentando il vantaggio meccanico del gruppo muscolare del quadricipite. La
lussazione di rotula consiste nella dislocazione della rotula dalla sua posizione fisiologica
all’interno del solco trocleare del femore distale. Tale patologia può presentarsi congenita o
traumatica, mediale( MPL) o laterale( LPL), in funzione delle linee di forza determinate dalla
conformazione dell’arto.
I DIVERSI GRADI DI LUSSAZIONE DI ROTULA
La lussazione di rotula è stata classificata in quattro gradi in accordo con la descrizione di Putman e
Singleton nel 1968:
Grado 1: la patella si può lussare manualmente , ma ritorna in posizione normale quando rilasciata
Grado 2: la rotula si disloca durante la deambulazione con la flessione del ginocchio e rimane
lussata sino all’estensione del ginocchio e può essere indotta manualmente .
Grado 3: la patella è lussata, può essere ridotta manualmente ma si rilussa spontaneamente.
Grado 4: la patella è permanentemente lussata e non può essere ridotta manualmente
Figura. Gradi di lussazione di rotula
CAUSE DI LUSSAZIONE DI ROTULA
La lussazione di rotula può essere su base traumatica( poco frequente) o congenita: la causa di tale
lussazione è associata ad alterazioni multiple della conformazione dell’arto pelvico:
lussazione congenita mediale Lussazione congenita laterale
Coxa vara Coxa valga
Retroversione del collo femorale Anteversione collo del femore
Torsione laterale diafisi femorale Valgismo femorale
Ipoplasia labbra trocleari Ipoplasia labbra trocleari
Deformità condili femorali Deformità condili femorali
Atrofia del muscolo quadrcipite Atrofia del muscolo quadrcipite
Patella alta/baja Patella alta/baja
COME PROCEDERE
Al paziente mediante diagnosi clinica è stata accertata una lussazione mediale di rotula di secondo
grado e quel rumore di “ scricchiolio” lamentato dal proprietario può essere giustificato dallo
sfregamento della patella sul solco trocleare.
Per cercare di investigare sulla causa di tale lussazione e quindi poi decidere l’iter terapeutico è
opportuno proseguire con la diagnosi strumentale che consiste in uno accurato esame radiografico.
Le proiezioni radiografiche necessarie per valutare l’allineamento dell’arto pelvico e la posizione
della patella sono la ventrodorsale standard( VD FC1), la proiezione medio –laterale (ML) della
tibia e la cranio-caudale (Cr-Cd) della tibia e proiezione skyline del ginocchio.
Le immagine radiografiche in Figura 5 e 6 confermano una lussazione mediale di rotula di secondo
grado sinistro ed evidenziano un leggero varismo della diafisi femorale.
TRATTAMENTO DELLA LUSSAZIONE DI ROTULA
Il trattamento della lussazione di rotula è definito “ a la carte”, in accordo all’età del paziente, taglia
e peso del cane, grado di lussazione, severità delle alterazioni scheletriche e condizione di
degenerazione cartilaginea:
Trattamento conservativo
Cani affetti da lussazione di primo grado in cui le deformità osse non sono responsabili di tale
patologia oppure pazienti affetti da lussazione di rotula di secondo grado ma non destinati ad una
vita sportiva.
Trattamento chirurgico
• Cani affetti da minime alterazioni scheletrichee con secondo o terzo grado di lussazione:
trocleoplastica, overlepping capsuloraffia , e/o trasposizione della cresta tibiale per cercare
di stabilizzare e riallineare il muscolo quadricipite, promuovendo un riallineamento
scheletrico spontaneo
• Cani affetti da gravi alterazioni scheletriche , terzo e quarto grado di lussazione: osteotomie
correttive del femore distale e/o tibia prossimale in associazione a overlepping capsuloraffia
e trocleoplastica
Il paziente Bruce è stato sottoposto inzialmente un trattamento conservativo mediante infiltrazione
intrarticolare del ginocchio sinistro con cortisone (0,5 ml), gentamicina(20 mg) e acido
iaulorinico(0,5 ml)
Al controllo successivo, dopo 15 giorni, il paziente presentava ancora zoppia e si è optato per
l’intervento chirurgico.
Il paziente premedicato con Butorfanolo (Nargesic®) e Dexdetomidina (Dexdomitor®) , indotto
mediante somministrazione di Propofol ® (2 ml IV) e per il mantenimento è stato utilizzato
Isoflurano 2%.
E’ stato effettuato un intervento di solcoplastica in blocco e riduzione della lussazione mediale di
rotula. Lavaggio intrarticolare con Ringer lattato, sutura della capsula articolare e del retinacolo con
punti staccati Over Lepping mediante utilizzo filo Assufil USP. Sutura per piani con filo Assufil 0.
Cute suturata con punti metallici.
Figura. Solcoplastica “in blocco” sequenza intraoperatoria: delimitazione del blocco (frecce
nere) e taglio (A), rimozione del blocco (B), approfondimento solco (C), riposizionamento del
solco (D).
TERAPIA POST-OPERATORIA
Cefa-Cure Tabs 200 mg: una compressa e mezza mattina e sera per 10 giorni.
Rimadyl 50 mg: trequarti di compressa una volta al giorno per 20 giorni sempre a stomaco pieno.
Applicazione del collare elisabettiano nel caso in cui il paziente tentasse di togliersi punti di sutura.
Disinfezione della ferita chirurgica con trofodermin pomata.
Riposo assoluto del paziente per 30 giorni in gabbia.
Rimozione dei punti di sutura tra 15 giorni.
COMPLICANZE POST-OPERATORIE
Recidiva della lussazione di rotula
Zoppie occasionali
Artropatia degenerativa (DJD)
Sieroma post-chirurgico
FOLLOW-UP (30 e 60 giorni)
Il paziente Bruce alla diagnosi clinica a 30 giorni non evidenzia più zoppia ma presenta un sieroma
sottocutaneo a livello del ginocchio sinistro; tale sieroma viene svuotato mediante centesi e viene
somministrato una compressa di Flaminase mattina e sera per cinque giorni. All’esame radiografico
la rotula è in sede. Sette giorni dopo si ha il completo riassorbimento del sieroma sottocutaneo.
Al controllo dei 60 giorni la rotula è in sede e il cane non presenta zoppia.
Diagnosi caso 3: Il mio cane fa fatica a respirare
Pneumotorace bilaterale, collasso dei lobi polmonari sinistro e azigos e pneumomediastino
Esito della toracentesi
Dall’esito della toracentesi si evidenzia presenza di aria e di conseguenza si sospetta uno
pneumotorace; quindi si prosegue nell’ iter diagnostico con l’esecuzione di radiografie come
riportato in Figura 2. Si evidenzia collasso del lobo polmonare craniale sinistro, caudale sinistro e
azigos. Parziale collasso del lobo dorso-caudale destro e presenza di bulla polmonare nel lobo
craniale destro; indentazione del diaframma a destra.
Liquido Aria Negativo
Liquido
Versamento pleurico
Risalire alla causa e
trattare
• Pneumotorace aperto:
chiudere la lacerazione e
mettere drenaggio
• Pneumotorace a valvola:
drenaggio toracico
• Pneumotorace chiuso:
trattamento conservativo,
tenere in osservazione
Radiografia
Ernia diaframmatica
Stabilizzazione
Chirurgia
pneumotorace è un accumulo di aria o altri gas all’interno del cavo
traumatico e spontaneo.
Lo pneumotorace traumatico può essere a sua volta distinto in
l’aria penetra all’interno dello spazio pleurico attraverso una’ apertura che mette in comunicazione
l’ambiente esterno con l’interno della cavità toracica. Nello
altri gas affluiscono al cavo pleurico attraverso aperture che si formano nel parenchima polmonare,
nell’albero respiratorio o nella parete dell’esofago.
Si parla infine di pneumotorace iperteso (a valvola)
pleurico con l’ambiente esterno o interno del polmone è ricoperta da un lembo di tessuto che
funziona da valvola unidirezionale, per cui nell’ispirazione l’aria fluisce a inter
della cavità toracica, ma non riesce più a fuoriuscirne al momento dell’espirazione.
Lo pneumotorace spontaneo è causato dalla fuoriuscita di aria dal parenchima polmonare, ma
senza che all’origine vi sia un fatto traumatico esterno.
Nonostante sia stata ripetuta più volte la toracentesi, l’aria si accumulava troppo rapidamente nella
cavità toracica e quindi si è optato per l’inserimento di un drenaggio toracico.
DRENAGGIO TORACICO
Tecnica chirurgica che permette di evacuare anormali
pleurica in modo da ripristinare la normale pressione negativa intratoracica.
Il corredo necessario per realizzare una toracostomia con
sonda è formato da un drenaggio toracico, un sistema di
tubi che serve a collegare il drenaggio con una
siringa o un flacone sottovuoto da aspirazione, e un
contenitore per raccogliere quanto fluisce dal drenaggio.
Figura 2 : Radiografia in proiezione latero
Lo
pneumotorace è un accumulo di aria o altri gas all’interno del cavo pleurico e viene distinto in
può essere a sua volta distinto in pneumotorace aperto
l’aria penetra all’interno dello spazio pleurico attraverso una’ apertura che mette in comunicazione
sterno con l’interno della cavità toracica. Nello pneumotorace chiuso,
altri gas affluiscono al cavo pleurico attraverso aperture che si formano nel parenchima polmonare,
nell’albero respiratorio o nella parete dell’esofago.
pneumotorace iperteso (a valvola) quando l’apertura che connette il cavo
pleurico con l’ambiente esterno o interno del polmone è ricoperta da un lembo di tessuto che
funziona da valvola unidirezionale, per cui nell’ispirazione l’aria fluisce a inter
della cavità toracica, ma non riesce più a fuoriuscirne al momento dell’espirazione.
è causato dalla fuoriuscita di aria dal parenchima polmonare, ma
senza che all’origine vi sia un fatto traumatico esterno.
onostante sia stata ripetuta più volte la toracentesi, l’aria si accumulava troppo rapidamente nella
cavità toracica e quindi si è optato per l’inserimento di un drenaggio toracico.
Tecnica chirurgica che permette di evacuare anormali raccolte di aria o liquidi presenti in cavità
pleurica in modo da ripristinare la normale pressione negativa intratoracica.
Il corredo necessario per realizzare una toracostomia con
sonda è formato da un drenaggio toracico, un sistema di
collegare il drenaggio con una
siringa o un flacone sottovuoto da aspirazione, e un
contenitore per raccogliere quanto fluisce dal drenaggio.
roiezione latero-laterale e dorsoventrale .
Figura 3.
pleurico e viene distinto in
pneumotorace aperto quando
l’aria penetra all’interno dello spazio pleurico attraverso una’ apertura che mette in comunicazione
pneumotorace chiuso, invece , l’aria o
altri gas affluiscono al cavo pleurico attraverso aperture che si formano nel parenchima polmonare,
quando l’apertura che connette il cavo
pleurico con l’ambiente esterno o interno del polmone è ricoperta da un lembo di tessuto che
funziona da valvola unidirezionale, per cui nell’ispirazione l’aria fluisce a intermittenza all’interno
della cavità toracica, ma non riesce più a fuoriuscirne al momento dell’espirazione.
è causato dalla fuoriuscita di aria dal parenchima polmonare, ma
onostante sia stata ripetuta più volte la toracentesi, l’aria si accumulava troppo rapidamente nella
raccolte di aria o liquidi presenti in cavità
Il paziente classificato con classe di rischio anestesiologico ASA IV viene premedicato con
Butorfanolo (Nargesic®) e Dexdetomidina (Dexdomitor®) , indotto mediante somministrazione di
Propofol ® (2 ml IV) e per il mantenimento è stato utilizzato Isofluorano 2%.
Dopo aver effettuato tricotomia, detersione e disinfezione della parete laterale del torace, si procede
con una piccola incisione della cute nel terzo dorsale della parete toracica all’altezza del decimo
spazio intercostale come rappresentato in Figura 4.
fino all’ottavo spazio intercostale e poi si perforano
facendo forza sul mandrino interno come rappresentato in Figura 5.
Si inserisce il tubo di drenaggio in cavità pleurica, sospingendolo in direzione ventro
rappresentato in Figura 6.
Figura 5.
Il paziente classificato con classe di rischio anestesiologico ASA IV viene premedicato con
c®) e Dexdetomidina (Dexdomitor®) , indotto mediante somministrazione di
Propofol ® (2 ml IV) e per il mantenimento è stato utilizzato Isofluorano 2%.
Dopo aver effettuato tricotomia, detersione e disinfezione della parete laterale del torace, si procede
con una piccola incisione della cute nel terzo dorsale della parete toracica all’altezza del decimo
spazio intercostale come rappresentato in Figura 4. Successivamente si crea un tunnel sottocutaneo
fino all’ottavo spazio intercostale e poi si perforano i muscoli intercostali e la pleura parietale
facendo forza sul mandrino interno come rappresentato in Figura 5.
Si inserisce il tubo di drenaggio in cavità pleurica, sospingendolo in direzione ventro
Figura 4.
Il paziente classificato con classe di rischio anestesiologico ASA IV viene premedicato con
c®) e Dexdetomidina (Dexdomitor®) , indotto mediante somministrazione di
Propofol ® (2 ml IV) e per il mantenimento è stato utilizzato Isofluorano 2%.
Dopo aver effettuato tricotomia, detersione e disinfezione della parete laterale del torace, si procede
con una piccola incisione della cute nel terzo dorsale della parete toracica all’altezza del decimo
Successivamente si crea un tunnel sottocutaneo
i muscoli intercostali e la pleura parietale
Si inserisce il tubo di drenaggio in cavità pleurica, sospingendolo in direzione ventro-craniale, come
valvola a tre vie per facilitare ulteriormente la fuori
Terapia post-operatoria
• Cefa cure tabs 1g (mezza cpr BID);
• Rimadyl 50 mg ( una cpr SID);
• Altadol 50 mg ( una cpr SID);
• Detersione della ferita con Betadine;
• Svuotamento del drenaggio attivo quando necessario.
Figura 6.
Figura 7.
Infine, nel punto dove il drenaggio
penetra nel torace, la cute va richiusa
con una sutura a borsa di tabacco,
avendo cura di non perforare il tubo.
Il drenaggio viene collegato ad una
valvola a tre vie per facilitare ulteriormente la fuoriuscita di liquidi dal torace.
Cefa cure tabs 1g (mezza cpr BID);
Rimadyl 50 mg ( una cpr SID);
Altadol 50 mg ( una cpr SID);
Detersione della ferita con Betadine;
Svuotamento del drenaggio attivo quando necessario.
Infine, nel punto dove il drenaggio
penetra nel torace, la cute va richiusa
con una sutura a borsa di tabacco,
avendo cura di non perforare il tubo.
Il drenaggio viene collegato ad una
uscita di liquidi dal torace.
COMPLICAZIONI
Perforazione del polmone
Empiema
Rottura di un vaso intercostale
Pneumotorace iatrogeno
Lesioni polmonari
Complicazioni settiche
FOLLOW UP
La radiografia A (controllo
radiografico dopo 2 giorni)
mostra buona espansione dei
campi polmonari dorso caudali, pneumoderma a livello di emitorace sinistro e presenza della bulla
polmonare/pleurica nell’emitorace destro.
La radiografia B (controllo radiografico dopo 4 giorni) evidenzia una riespansione polmonare,
mancanza di aria nello spazio pleurico e mediastinico; si nota una risoluzione dello pneumoderma a
sinistra, mentre la bulla polmonare nel lobo destro intermedio si presenta radiopaca e aumentata di
volume.
Figura. A e B) radiografia DV prima dell’asportazione del drenaggio C) radiografia dopo asportazione del
drenaggio. Figura B Figura C Figura A
La radiografia C ( controllo radiografico dopo 8 giorni) mostra risoluzione del pneumotorace e del
pneumomediastino, mentre permangono le due lesioni rotondeggianti delle bulle ripiene di fluido.
PROGNOSI
I pazienti affetti da pneumotorace di tipo traumatico che subiscono un trattamento
medico/chirurgico presentano una prognosi favorevole; circa il 7% va incontro a morte e la maggior
parte di questi soccombe nelle prime 4 ore post trauma. In conclusione, si può affermare che la
prognosi, in questo caso, grazie al trattamento effettuato è buona. Da tenere sotto controllo le bulle
polmonari che potrebbero predisporre ad una recidiva in caso di mancata involuzione.
Diagnosi caso 4: Icar è sordo
OTITE ESTERNA, RISULTATO DI UNA NEOPLASIA AURICOLAR E.
Alla luce del quadro clinico e degli esami collaterali è stata formulata la diagnosi di otite esterna,
risultato di una neoplasia del condotto uditivo esterno destro (Figura 1), si decide, pertanto, di
sottoporre il paziente ad una resezione laterale del canale auricolare.
FIGURA 1
RESEZIONE LATERALE DEL CANALE AURICOLARE (ZEPP)
Il paziente è stato premedicato utilizzando la via endovenosa con prequillan (acepromazina) 0.03 ml
e nargesic (butorfanolo) 0.4 ml. Si è scelto di evitare gli α2-agonisti per i problemi cardiaci del
soggetto. Successivamente, è stato sottoposto a fluidoterapia con ringer lattato 8-10 ml/kg/h, sono
stati somministrati cefazolina 500mg iv e norocarp (carprofene) 2 ml iv come terapia antibiotica e
analgesica perioperatoria. Il soggetto è stato indotto con proposure (propofol) 4 ml iv, intubato e
collegato al circuito anestesiologico in decubito laterale sinistro e l’anestesia è stata mantenuta con
isofluorano in ossigeno.
La regione interessata è stata tricotomizzata in precedenza e disinfettata (Figura 2).
FIGURA 2
Effettuare due incisioni cutanee parallele lateralmente al canale verticale che si estendono dal trago
in direzione ventrale (Figura 3).
FIGURA 3
Connettere tra loro le due incisioni ventralmente e ripiegare il lembo cutaneo dorsalmente
esponendo la parete cartilaginea, quindi incedere il canale verticale. Ripiegare il lembo cartilagineo
ventralmente e asportare la metà ventrale del lembo cartilagineo per creare il canale di drenaggio e
rimuovere il lembo cutaneo (Figura 4).
FIGURA 4
Rimozione della massa occludente il canale uditivo (Figura 5).
FIGURA 5
Apporre dei punti di sutura tra tessuto epiteliale e cute (Figure 6,7).
FIGURA 6 FIGURA 7
A fine intervento sono stati somministrati cefazolina 500mg iv e temgesic (buprenorfina) 0.7 ml im
come terapia antibiotica e analgesica post-operatoria. Il campione bioptico è stato poi consegnato
all’unità di patologia generale e anatomia patologica. Il referto dell’anatomopatologo indirizza la
diagnosi di un processo neoplastico carcinomatoso.
TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.
Dopo resezione del condotto uditivo devono essere somministrati analgesici e antibiotici e deve
essere applicato un collare elisabetta. Nei primi giorni dopo l’intervento la ferita può essere
medicata utilizzando betadine e in presenza di tumefazione si può utilizzare un impacco caldo sul
lato della faccia.
Le complicazioni in seguito a resezione laterale del canale auricolare sono rare, eccetto il drenaggio
inadeguato e la persistenza dell’otite esterna.
L’otite esterna cronica è una patologia di difficile cura. L’insuccesso del trattamento chirurgico può
essere dovuto a errori tecnici, mancata gestione post-operatoria da parte del proprietario, patologia
dell’orecchio medio non riconosciuta, recidiva della neoplasia.
La procedura di Zepp esita in un risultato soddisfacente in meno di metà dei pazienti.
COMPLICAZIONI
Drenaggio inadeguato
Persistenza dell’otite esterna
Mancata gestione post-operatoria del proprietario
Patologia dell’orecchio medio non riconosciuta
Recidiva della neoplasia
TABELLA 2.
Diagnosi caso 5: Emma e il mastocitoma
Alla luce del quadro clinico è stata formulata la diagnosi di sospetto mastocitoma.
MASTOCITOMA CANINO
Il mastocitoma è un tipo di neoplasia molto frequente nel cane, costituisce, infatti, il 7-25% dei
tumori cutanei. L’età media di insorgenza è di 9 anni e le razze più predisposte risultano essere i
boxer, beagle, labrador, boston terrier, schnauzer. È caratterizzato dall’avere un comportamento
variabile e difficilmente prevedibile, in termini di manifestazioni cliniche tra i pazienti e di
evoluzione nello stesso soggetto. È sempre considerato un tumore maligno indipendentemente
dall’aspetto, crescita e sito di origine. È una neoplasia che coinvolge i mastociti: cellule
emopoietiche del tessuto connettivo che originano dal midollo osseo; queste cellule sono attivate in
caso di processi flogistici, allergici e di ipersensibilità. Nella maggior parte dei casi la lesione è
solitaria ma in circa l’11-14% dei soggetti si presenta con lesioni multiple. Clinicamente le forme
“ben differenziate” tendono ad essere solitarie e a crescere lentamente, hanno dimensioni che vanno
da 1 a 4 cm circa di diametro e consistenza elastica. Solitamente non sono ulcerate ma possono
presentarsi alopeciche. Bisogna fare attenzione alle forme sottocutanee che, a causa del loro aspetto
soffice, vengono spesso confuse per lipomi o ascessi. Le forme “indifferenziate” tendono ad avere
una crescita rapida e quindi a raggiungere dimensioni importanti; si ulcerano spesso e provocano
irritazione e dolore. I tessuti adiacenti, a causa del rilascio di sostanze “biologicamente attive”, si
presentano eritematosi, edematosi e spesso ulcerati. Il segno clinico più caratteristico è quello noto
col nome di “segno di Darier”: si tratta dell’eritema e dell’edema che si forma intorno alla lesione in
seguito al rilascio, da parte del tumore, di amine vaso-attive (istamina) conseguenti, spesso, alla
manipolazione (da parte del medico) o al leccamento (da parte del cane che sente prurito) del
tumore stesso. L’attivazione dei recettori H2 (situati sulle cellule parietali gastriche) da parte
dell’istamina rilasciata dal tumore è responsabile dell’aumento di secrezione di HCl e quindi è
causa di iperacidità; l’istamina incrementa la motilità gastrica e la permeabilità capillare e questo
favorisce la trombosi intravascolare e l’ulcerazione della mucosa. Tutto ciò si manifesta
clinicamente con vomito, anoressia, melena e dolore addominale. Localmente si rileva ritardo nella
guarigione delle ferite (rilascio di enzimi proteolitici da parte dei mastociti e di fibroblast suppressor
factors da parte dei macrofagi in seguito al legame istamina-recettori H1 e H2) e gemizi di sangue
che coagulano con difficoltà (rilascio di eparina). Qualora il rilascio di istamina non fosse
localizzato alla sede peritumorale ma sistemico (manipolazione di grosse masse), il legame con i
recettori H1 e H2 localizzati nei vasi sanguigni può essere responsabile di ipotensione; mentre
l’attivazione degli stessi recettori a livello cardiaco è responsabile di aritmie. Il broncospasmo si
manifesta per attivazione dei recettori H1 localizzati sulla muscolatura liscia.
La maggior parte dei mastocitomi cutanei nel cane si localizza nel tronco (50%), la seconda sede
più colpita è quella degli arti (40%), invece, sono più rare le localizzazioni a livello di testa/collo
(10%). Oltre alla forma cutanea esiste una forma viscerale detta “mastocitosi disseminata o
sistemica”. Di solito questa forma è successiva ad una lesione anaplastica cutanea primaria. Da un
punto di vista clinico si rileva linfoadenomegalia, epato e splenomegalia.
È stato riscontrato anche il mastocitoma intestinale.
Grado 1 Ben differenziato
“benigno”
Cute
Grado 2 Mediamente differenziato Cute e sottocute
Grado 3 Indifferenziato
“maligno”
Strati profondi
Stadio 0 Separato dal derma Linfonodi non interessati
Stadio 1 Confinato al derma Linfonodi non interessati
Stadio 2 Confinato al derma Linfonodi interessati
Stadio 3 Tumori cutanei multipli o
singolo con infiltrazione
Con o senza
coinvolgimento dei
linfonodi
Stadio 4 Qualsiasi tumore con metastasi o recidiva
Gli stadi clinici 0 e 1 sono associati a prognosi migliore rispetto agli stadi successivi. Alcune
localizzazioni anatomiche sembrano preferire l’insorgenza di forme poco differenziate di alto grado
e quindi più aggressive; tra queste ricordiamo: prepuzio, inguine, perineo, cavità orale, scroto, letto
sub-ungueale, membrane mucose. Lesioni riferite come “cresciute rapidamente” vanno sempre
guardate con preoccupazione rispetto, invece, a masse o noduli presenti da più di sei mesi. La
velocità di crescita, quindi, è un fattore prognostico negativo. Allo stesso modo, se la lesione è
associata o meno a segni clinici sistemici (anoressia, vomito, melena, ulcere gastro-intestinali,
eritema ed edema diffuso, ulcerazione della massa neoplastica) la prognosi sarà peggiore o migliore
rispettivamente.
EXERESI CHIRURGICA DEL SOSPETTO MASTOCITOMA.
Sulla base del sospetto diagnostico si è deciso di procedere con l’exeresi chirurgica della massa e,
successivamente, con l’esame istologico per la conferma.
Dai principi di chirurgia oncologica sappiamo che il primo intervento è quello più importante e che
ogni intervento successivo al primo perde di efficacia nei confronti del controllo locale della
malattia; per questo motivo la recidiva locale dopo il primo tentativo chirurgico non è considerata
un fattore prognostico positivo.
Sempre rimanendo in campo chirurgico, anche le dimensioni del tumore giocano un ruolo chiave:
tanto maggiore sono le dimensioni della massa, tanto più difficoltoso è per il chirurgo ottenere dei
margini di escissione puliti e quindi esenti da cellule neoplastiche e tanto peggiore sarà la prognosi.
Il paziente è stato premedicato utilizzando la via intramuscolare con dexmedetomidina 5µg/kg e
butorfanolo 0.2 mg/kg. Successivamente è stato sottoposto a fluidoterapia con ringer lattato 8-10
ml/kg/h, sono stati somministrati cefazolina 20mg/kg e carprofene 4 mg/kg per via endovenosa
come terapia antibiotica e analgesica perioperatoria. Il soggetto è stato indotto con propofol
endovenoso ad effetto, intubato e collegato al circuito anestesiologico in decubito laterale sinistro e
l’anestesia è stata mantenuta con isofluorano in ossigeno.
La regione interessata è stata tricotomizzata e disinfettata (Figura 2).
FIGURA 2
FIGURA 3
È necessario stabilire un’area di 2-3 cm intorno alla lesione cutanea ed 1 piano fasciale in
profondità (figura 3)(figura4).
FIGURA 4
Si procede, quindi, con la dissezione del tessuto interessato, delineando una specie di rombo, a
distanza di 3 centimetri dalla massa, arrivando fino alla fascia muscolare sottostante (figura 5).
FIGURA 5
Successivamente, si procede con una giusta apposizione dei lembi cutanei partendo dal centro della
ferita, suturando il sottocute mediante assumi USP 0 (figura 6).
FIGURA 6
FIGURA 7
Infine, applicando un drenaggio di penrose, si sutura la cute con punti staccati ad X mediante
assunyl USP 0 (figura 7)(figura8).
FIGURA 8
TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.
Per la terapia post-operatoria si consigliano un ciclo di antibiotici per due settimane e
antiinfiammatori per i primi cinque giorni post-intervento. Applicazione del collare elisabbetiano.
Detersione della ferita con betadine chirurgico e applicazione di trofodermin due-tre volte al giorno
fino alla rimozione dei punti prevista dopo almeno venti giorni.
Rimozione del drenaggio dopo tre giorni.
Le complicanze post-operatorie, più comuni in caso di forme indifferenziate, comprendono
eventuale schock ipotensivo da degranulaizone dei mastociti, aritmie, disordini coagulativi
secondari al rilascio di eparina e ritardo di guarigione o deiscenza delle ferite per rilascio di enzimi
proteolitici ed amine.
FOLLOW UP.
A distanza di trenta giorni post-intervento il proprietario torna per un controllo radiografico del
torace, che non evidenza nulla di anormale, ed un eco addome, che, invece, rileva una massa
espansiva disomogenea con aree cistiche caudalmente al rene sinistro. Milza aumentata di volume,
presenza di reattività peritoneale con versamento. Quadro compatibile con tromboembolismo
splenico di natura neoplastica.
Il referto istologico conferma la diagnosi di Mastocitoma di secondo grado.
Diagnosi caso 6: Il mio cane urina e defeca dalla vulva Alla luce del quadro clinico e della diagnostica per immagini è stata formulata la diagnosi di atresia
anale di tipo II e fistola retto-vestibolare/vaginale da valutare solo intraoperatoriamente.
Il perineo, rappresentando la regione di sbocco all’esterno di tre importanti apparati (il digerente,
l’urinario e ventralmente, a delimitare la regione, l’apparato genitale) è caratterizzato da
un’anatomia estremamente varia e complessa. La genesi di questa regione ha inizio molto
precocemente: fin dalle prime fasi dello sviluppo embrionale, quando la differenziazione non è
ancora iniziata e l’embrione non è altro che un disco formato da due strati di cellule (ectoderma ed
endoderma), si riconoscono, alle due estremità del canale neuro-enterico, due zone nelle quali i due
foglietti si fondono a formare la membrana faringea cranialmente e la membrana cloacale
caudalmente; in seguito, durante l’organogenesi, si viene a creare una prima formazione ampollare,
la cloaca, che rappresenta la porzione terminale dell’intestino e che accoglie il condotto
mesonefridico di Wolff. La cloaca, dapprima formazione unica, viene in seguito divisa (6a-7a
settimana di sviluppo) da una lamina del mesoderma, il setto uro-rettale, in due porzioni: una più
piccola e dorsale che rappresenta il canale anorettale, l’altra più ampia e posta ventralmente che
forma il seno urogenitale. Anche la membrana cloacale è divisa dal setto mesodermico in
membrana anale e membrana urogenitale, mentre la porzione intermedia raggiunta dal setto darà
origine alla regione perineale. E’ durante questa fase che, a causa di una incompleta formazione del
setto uro-rettale o di alterata evoluzione della membrana anale e della cloaca, hanno origine le
malformazioni che interessano la regione perineale. (Stefano Nicoli, DMV, Patologie particolari del
perineo: dalle congenite al trauma)
ATRESIA ANALE :
con questo termine vengono riuniti i vecchi concetti di ano imperforato e aplasia segmentaria.
Racchiude tutte le forme derivate da mancata apertura della membrana anale e/o da alterata
evoluzione embrionale della cloaca; si possono quindi riconoscere quattro tipi anatomici:
• Tipo I : caratterizzato dalla stenosi congenita dell’ano.
• Tipo II : membrana anale persistente e retto terminante a fondo cieco in posizione
immediatamente craniale.
• Tipo III : membrana anale persistente e retto terminante a fondo cieco cranialmente.
• Tipo IV : ano e porzione terminale del retto sono normali, ma la porzione craniale del retto
termina a fondo cieco all’interno del canale pelvico.
FISTOLA RETTO- VESTIBOLARE/VAGINALE.
L’evoluzione anomala del setto uro
molto rare nei nostri pazienti, in particolare nel gatto. Spesso sono associate ad atresia dell’ano di
tipo II e possono essere divise, in relazione allo sbocco anatomico della fistola in: fistole retto
vaginali e fistole retto-vestibolari.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
Per la correzione di tali patologie è opportuno eseguire un trattamento chirurgico. In bibliografia
vengono riportati tali procedure:
• Isolamento della fistola con dissezionamento trasversale, chiusura dei difetti vaginali e del
retto e anoplastica.
• Resezione craniale del retto all’apertura fistolosa, rimozione del segmento affetto e
anoplastica.
Il paziente viene premedicato con Butorfanolo (Nargesic®) 0,2 ml e Dexdetomidina
(Dexdomitor®) 0,1 ml IM, indotto mediante somministrazione di Propofol ® (Proposure 1,5 ml IV)
e per il mantenimento viene utilizzato Isoflurano 2%. Viene effettuata terapia antibio
Cefazolina 300 mg IV e terapia antinfiammatoria Carprofene ( Norocarp®) 1 ml IV.
Il paziente viene posizionato in
decubito sternale con la coda
sollevata; dopo aver eseguito
tricotomia, detersione e
disinfezione della regione
perianale si procede con
Figura 2: diversi tipi di atresia anale.
VESTIBOLARE/VAGINALE.
L’evoluzione anomala del setto uro-rettale dà origine a questo gruppo di malformazioni congenite,
molto rare nei nostri pazienti, in particolare nel gatto. Spesso sono associate ad atresia dell’ano di
I e possono essere divise, in relazione allo sbocco anatomico della fistola in: fistole retto
vestibolari.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
Per la correzione di tali patologie è opportuno eseguire un trattamento chirurgico. In bibliografia
Isolamento della fistola con dissezionamento trasversale, chiusura dei difetti vaginali e del
Resezione craniale del retto all’apertura fistolosa, rimozione del segmento affetto e
iente viene premedicato con Butorfanolo (Nargesic®) 0,2 ml e Dexdetomidina
(Dexdomitor®) 0,1 ml IM, indotto mediante somministrazione di Propofol ® (Proposure 1,5 ml IV)
e per il mantenimento viene utilizzato Isoflurano 2%. Viene effettuata terapia antibio
Cefazolina 300 mg IV e terapia antinfiammatoria Carprofene ( Norocarp®) 1 ml IV.
gura 2: diversi tipi di atresia anale.
rettale dà origine a questo gruppo di malformazioni congenite,
molto rare nei nostri pazienti, in particolare nel gatto. Spesso sono associate ad atresia dell’ano di
I e possono essere divise, in relazione allo sbocco anatomico della fistola in: fistole retto-
Per la correzione di tali patologie è opportuno eseguire un trattamento chirurgico. In bibliografia
Isolamento della fistola con dissezionamento trasversale, chiusura dei difetti vaginali e del
Resezione craniale del retto all’apertura fistolosa, rimozione del segmento affetto e
iente viene premedicato con Butorfanolo (Nargesic®) 0,2 ml e Dexdetomidina
(Dexdomitor®) 0,1 ml IM, indotto mediante somministrazione di Propofol ® (Proposure 1,5 ml IV)
e per il mantenimento viene utilizzato Isoflurano 2%. Viene effettuata terapia antibiotica con
Cefazolina 300 mg IV e terapia antinfiammatoria Carprofene ( Norocarp®) 1 ml IV.
l’episiotomia; successivamente, si eseguono diverse suture per aumentare l’esposizione del
vestibolo della vagina e vengono collocati punti staccati a X con filo Assufil USP 0 a livello della
comunicazione tra vestibolo della vagina e
In seguito si effettua una incisione mediana partendo dorsalmente alla regione anale attraverso la
cute, sottocute e sfintere anale esterno. Intraoperatoriamente si rileva che la fistola è retto
vestibolare e quest’ultima viene isola
vengono suturati separatamente con filo riassorbibile Assufil USP 2
viene esteriorizzata ed usata per creare il canale anale e l’ano. I bordi ventrali e dors
anale esterno vengono riapprossimati con filo riassorbibile Assufil USP 0. Successivamente, viene
inserito un drenaggio tra il retto e la vagina per verificare la loro canalizzazione. L’episiotomia
viene suturata per piani: mucosa del ve
riapposti con suture continue utilizzando filo riassorbibile USP 0. La cute viene suturata con punti
staccati a X con filo riassorbibile Assufil USP 1. ( vedi Figura 4)
l’episiotomia; successivamente, si eseguono diverse suture per aumentare l’esposizione del
vestibolo della vagina e vengono collocati punti staccati a X con filo Assufil USP 0 a livello della
comunicazione tra vestibolo della vagina e retto.( vedi Figura 3)
In seguito si effettua una incisione mediana partendo dorsalmente alla regione anale attraverso la
cute, sottocute e sfintere anale esterno. Intraoperatoriamente si rileva che la fistola è retto
vestibolare e quest’ultima viene isolata, dissezionata trasversalmente e i difetti vaginali e del retto
vengono suturati separatamente con filo riassorbibile Assufil USP 2-0. La parte terminale del retto
viene esteriorizzata ed usata per creare il canale anale e l’ano. I bordi ventrali e dors
anale esterno vengono riapprossimati con filo riassorbibile Assufil USP 0. Successivamente, viene
inserito un drenaggio tra il retto e la vagina per verificare la loro canalizzazione. L’episiotomia
viene suturata per piani: mucosa del vestibolo della vagina, muscoli e tessuto sottocutaneo vengono
riapposti con suture continue utilizzando filo riassorbibile USP 0. La cute viene suturata con punti
staccati a X con filo riassorbibile Assufil USP 1. ( vedi Figura 4)
l’episiotomia; successivamente, si eseguono diverse suture per aumentare l’esposizione del
vestibolo della vagina e vengono collocati punti staccati a X con filo Assufil USP 0 a livello della
In seguito si effettua una incisione mediana partendo dorsalmente alla regione anale attraverso la
cute, sottocute e sfintere anale esterno. Intraoperatoriamente si rileva che la fistola è retto-
ta, dissezionata trasversalmente e i difetti vaginali e del retto
0. La parte terminale del retto
viene esteriorizzata ed usata per creare il canale anale e l’ano. I bordi ventrali e dorsali dello sfintere
anale esterno vengono riapprossimati con filo riassorbibile Assufil USP 0. Successivamente, viene
inserito un drenaggio tra il retto e la vagina per verificare la loro canalizzazione. L’episiotomia
stibolo della vagina, muscoli e tessuto sottocutaneo vengono
riapposti con suture continue utilizzando filo riassorbibile USP 0. La cute viene suturata con punti
TERAPIA POST-OPERATORIA
• Cefacure Tabs 1g (mezza cpr BID) per 5 giorni • Rimadyl 50 mg ( una cpr SID) per 7 giorni • Altadol 50 mg ( una cpr SID) per 3-5 giorni • Detersione della ferita 4 volte al giorno con soluzione fisiologica e applicazione di
Proctosedyl pomata per 15 giorni • Applicazione del collare Elisabettiano sino a completa guarigione della ferita
COMPLICAZIONI La ricostruzione del retto e della vagina senza resezione della porzione terminale del retto che
comprende la fistola, è un metodo più semplice, meno traumatico e minimizza la probabilità di
danneggiare il muscolo sfintere anale esterno e la sua innervazione.
Le possibili complicazioni postoperatorie sono l’incontinenza fecale, stenosi del retto e in base
all’estensione dell’incisione a livello perineale è necessario eseguire disinfezioni giornaliere della
ferita per un lungo periodo e anche possibili evacuazioni manuali. Altre possibili complicazioni
includono tenesmo, costipazione, edema dell’area anale e prolasso del retto.
FOLLOW UP Il paziente Lady Bless, in seguito all’intervento chirurgico, è rimasto ricoverato presso l’Ospedale
Veterinario Universitario Didattico per 21 giorni.
Vengono eseguite le radiografie post- operatorie: Rx n. 3 addome
(LL, VD): clisma opaco con 35 ml prontobario H.D. Si osserva
assenza di megacolon, la
porzione terminale del colon è
canalizzata e non si rileva
nessun segno di stravaso in
vagina.
Figura 6: Radiografie: Proiezione lateralo-laterale, ventro-dorsale standard e latero-laterale con contrasto. Cane, American Staffordshire Terrier, 3 M, Femmina.
Figura 4: fasi dell’intervento chirurgico
Sono state eseguite due revisioni chirurgiche per
deiscenza della ferita dovuto all’accumulo di residui di
sporco tra le suture chirurgiche e mancata adesione tra mucosa retto e i piani soprastanti. Al
quindicesimo giorno dall’intervento, viene applicato per via topica a livello della regione perianale
PRP (Platelet-rich plasma) per stimolare la guarigione dei tessuti danneggiati.
Platelet-rich plasma è un concentrato autologo di piastrine, sospese in un piccolo volume di
plasma, specializzate nel processo di emostasi.
Al loro interno, stoccati negli α granuli, sono presenti fattori di crescita (TGF-β₁, TGF-β2₁,
PDGF-AA, PDGF-BB, PDGF-AB, IGF-1, EGF, HGF) che agiscono in sinergia per accelerare la
riparazione delle ferite, per diminuire la risposta infiammatoria e per promuovere la rigenerazione
dei tessuti danneggiati.
In particolar modo i fattori di crescita:
• stimolano la formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi)
• stimolano la deposizione di collagene
• richiamano le cellule staminali circolanti nel sangue le quali concorrono ad aumentare la
proliferazione ed il differenziamento cellulare nell’area della ferita.
Il cane, in seguito alla radiografia di controllo che ci conferma la risoluzione della fistola retto-
vestibolare e dopo guarigione della ferita chirurgica, è stato dimesso.
Diagnosi caso 7: Haruki
Alla luce del quadro clinico è stata formulata la diagnosi di sospetta neoplasia maligna. Si procede
quindi con l’exeresi chirurgica della massa e successivamente all’esame istologico per la conferma.
EXERESI CHIRURGICA DELLA NEOFORMAZIONE.
Il paziente è stato premeditato, utilizzando la via intramuscolare, con dexmedetomidina 5µg/kg e
butorfanolo 0.2 mg/kg. Successivamente, è stato sottoposto a fluidoterapia con ringer lattato 8-10
ml/kg/h, sono stati somministrati cefazolina 20mg/kg e carprofene 4 mg/kg per via endovenosa,
come terapia antibiotica e analgesica perioperatoria. Il soggetto è stato indotto con propofol
endovenoso ad effetto, intubato e collegato al circuito anestesiologico in decubito sternale e
l’anestesia è stata mantenuta con isofluorano in ossigeno.
FIGURA 4 FIGURA 5
Dopo la preparazione del campo chirurgico (figura 4), si procede con la resezione chirurgica della
neoformazione gengivale, partendo dal primo-secondo premolare inferiore sinistro (figura 5, 6).
FIGURA 6 FIGURA 7
Congelamento con criobisturi della regione interessata (figura 7).
Applicazione di iodosan.
REFERTO ISTOLOGICO.
Proliferazione non circoscritta di cellule neoplastiche maligne mesenchimali scarsamente
differenziate. Le cellule tumorali mostrano una morfologia allungata, citoplasma scarso, nucleo
ovalare eccentrico, spesso disposte in formazioni vorticose. Media anisocariosi e medio-alta
anisocitosi. Infiltrazioni infiammatorie mistocellulari peri ed intratumorali.
In alcune sezioni, è possibile distinguere delle strutture vascolari al centro della proliferazione e
fibrosi.
La scarsa differenziazione delle cellule tumorali non permette di risalire con certezza all’isotipo. Il
principale sospetto diagnostico si indirizza verso un emangiopericitoma, tumore raramente
localizzato in cavità orale.
EMANGIOPERICITOMA.
I tumori perivascolari sono neoplasie dei tessuti molli. L’emangiopericitoma prende origine dai
periciti disposti attorno ai piccoli vasi sanguigni, secondo la classificazione WHO è descritto,
invece, come tumore maligno di origine sconosciuta. Secondo un interpretazione ancora più
recente, l’emangiopericitoma rientrerebbe in un gruppo di tumori di origine perivascolare, di cui
fanno parte anche miopericitoma, angioleiomioma, angioleiomiosarcoma, angiomiofibroblastoma e
angiofibroma. Nel cane i tumori perivascolari sono comuni. Non è stata identificata predisposizione
di sesso o età, la causa è sconosciuta, anche se è stato ipotizzato che all’origine ci sia
un’aberrazione cromosomica. I tumori perivascolari possono interessare tutte le sedi
dell’organismo, ma in modo particolare cute e sottocute degli arti. Il coinvolgimento viscerale non è
frequente. L’emangiopericitoma si presenta come massa solitaria, dura, invasiva, la cute sovrastante
è spesso alopecica o ulcerata. L’evoluzione è piuttosto lenta ed il tasso metastatico è basso. Dopo la
citologia, la diagnosi istologica può essere impegnativa e l’immunoistochimica non è in grado di
chiarire definitivamente i dubbi diagnostici. La chirurgia marginale può dare lunghi intervalli liberi
da malattia, rispetto alla chirurgia più aggressiva (amputazione). Inoltre, è possibile ricorrere a
opzioni terapeutiche adiuvanti, come radioterapia o chemioterapia intralesionale.
TERAPIA POST-OPERATORIA E COMPLICAZIONI.
Come terapia post-operatoria si consigliano un ciclo di antibiotici per due settimane e
antiinfiammatori per i primi cinque giorni post-intervento. Detersione della ferita con IODOSAN.
La complicanza post-operatoria più comune è sicuramente la recidiva, già avvenuta nello stesso
soggetto, che eventualmente verrà trattata con una chirurgia più aggressiva.
Diagnosi caso 8: Garibaldi russa forte
La razza del cane, l’età, l’anamnesi e l’esame clinico avevano fatto supporre che il paziente fosse
affetto da Sindrome Brachicefalica (BAOS acronimo dal termine inglese Brachycephalic Airways
Obstructive Syndrome): ostruzione delle vie aeree superiori di gravità variabile da soggetto a
soggetto risultante dalla conformazione anatomica dei cani brachicefali.
Il quadro clinico, l’esame radiografico, quello endoscopico e quello laringoscopico hanno
confermato la nostra supposizione, sindrome Brachicefalica da palato molle eccessivamente
allungato.
Figura 7: Bulldog Inglese
Il passaggio di aria attraverso strutture anatomiche così strette e compresse, tipiche di tali razze,
produce un flusso non più laminare bensì turbolento con aumentata pressione negativa inspiratoria;
quest’ultima inizialmente, può portare ad una semplice flogosi dei tessuti perilaringei ma, in una
fase più avanzata, può esitare in un peggioramento del distress respiratorio tale da portare a cianosi
e a crisi sincopali il paziente.
Dal punto di vista eziologico, è opportuno differenziare in tale sindrome alterazioni primarie da
quelle secondarie:
ALTERAZIONI PRIMARIE ALTERAZIONI SECONDARIE
Ipoplasia tracheale ipertrofia tonsillare
palato molle (velo palatino) lungo ipertrofia laringea
camere nasali strette collasso laringeo
Nella complessa eziopatogenesi di tale sindrome, è opportuno tenere in
considerazione i seguenti fattori predisponenti e aggravanti:
Fattori ambientali e climatici
Patologie respiratorie e/o cardiache concomitanti
Alterazioni metaboliche (acidosi metabolica)
Disordini neuromuscolari
Obesità
TRATTAMENTO CHIRURGICO
Il trattamento chirurgico è finalizzato ad attenuare i segni clinici della sindrome brachicefalica,
correggendo le alterazioni anatomiche ad essa associate.
CONSIDERAZIONI ANESTESIOLIGICHE
La conduzione dell’anestesia in questi pazienti comprende:
- impiego di una premedicazione che determini minima depressione respiratoria
- preossigenazione del paziente prima dell’induzione dell’anestesia
- induzione rapida dell’anestesia, in modo che si possa procedere velocemente all’intubazione
- ventilazione spontanea o assistita del paziente
- impiego di agenti anestetici che consentano un risveglio veloce
- terapia perioperatoria con farmaci che prevengano o riducano l’edema laringeo
- nel corso del risveglio, lasciare il tubo endotracheale il più a lungo possibile e posizionare
l’animale in decubito sternale per agevolare la respirazione
PREMEDICAZIONE
Farmaco ml Via di somministrazione
Dexdomitor® 0,18 Im
Nargesic® 0,4 Im
Fluidoterapia Tipo Dose e velocità
Ringer lattato 5-8 ml/kg/h
INDUZIONE
Farmaco ml Via di somministrazione
Proposure® 2 Iv
INTUBAZIONE Pallone (L) 2.0
Tubo orotracheale (mm) 6.5
MANTENIMENTO
INALATORIO IsoFlo® 2%
CIRCUITO Circolare a “non rirespirazione”
VENTILAZIONE Spontanea
TERAPIA PERIOPERATORIA
Farmaco Ml Via di somministrazione
Cefazolina 2 Iv
Norocarp® 2 Sc
Ranitidina® 2 Sc
Edeven® 2,5 Iv
Diuren® 2.5 Im
Desashock® 7 Iv
RISVEGLIO
TABELLA ANESTESIOLOGICA
Farmaco ml Via di somministrazione COMPORTAMENTO
Atipam® 0.1 Im Tranquillo
RESEZIONE DEL PALATO MOLLE: STAFILECTOMIA
Posizionare il cane in decubito sternale divaricando le fauci per mezzo di una benda la quale viene
fatta passare dietro ai denti canini e fissata ad un sostegno posizionato sopra la testa del paziente.
Individuare il punto in cui recidere il velo palatino prendendo come riferimento la punta
dell’epiglottide o i margini delle cripte tonsillari; dopo aver posizionato dei punti di sostegno ai lati
del palato molle, quest’ultimo viene reciso con elettrobisturi e successivamente i margini
orofaringeo e rinofaringeo vengono suturati con filo riassorbibile monofilamento Assufil USP 4-0.
Figura 8: fasi dell’intervento chirurgico
Diagnosi caso 9: L’occhio a ciliegia
L’anamnesi, la razza, l’età del cane e l’esame clinico oftalmologico completo confermano la
diagnosi di prolasso della ghiandola della terza palpebra dell’occhio sinistro.
Il prolasso della ghiandola della terza palpebra, è una patologia oculare congenita, in genere
indicata dagli allevatori come “cherry eye”, ovvero occhio a ciliegia, in quanto la ghiandola
prolassata è comunemente interessata da flogosi ed ipertrofia.
Fisiologicamente la ghiandola si trova adesa al tessuto periorbitale mediante bande di tessuto
connettivale; se queste non si sviluppano in modo corretto, il grasso retroorbitale può provocare il
prolasso della ghiandola nel momento in cui l’occhio viene retratto nell’orbita dai muscoli
estrinseci. La ghiandola può prolassare parzialmente o totalmente; spesso ritorna da sola, o
mediante pressione digitale, nella sua posizione fisiologica. Quando la lassità legamentosa è molto
marcata la ghiandola prolassa continuamente senza tornare in sede propria. L’eziologia,
probabilmente ereditaria, è quindi dovuta all’assenza congenita o alla debolezza del tessuto
connettivo che ancora la ghiandola alla regione periorbitaria.
Il prolasso è raro nei gatti (problema ereditario nel Burmese ed in genere associato ad altre anomalie
oculari) ma frequente in cani di circa 3-6 mesi o comunque sotto i due anni d’età. Si osserva di
frequente in diverse razze canine:
Beagle Bulldog Francese
Bulldog Inglese Terranova
Boxer Bloodhound
Alano Boston Terrier
Cocker Spaniel Shih-Tzu
Pechinese Shar Pei
Cavalier King Charles San Bernardo
Mastino Napoletano Basset Hound
Poiché esiste una propensione per i soggetti delle razze brachicefale è possibile che all’insorgenza della patologia contribuisca anche la conformazione dell’orbita.
TERAPIA
Nei mammiferi la quasi totalità della produzione lacrimale è affidata alla ghiandola lacrimale
dorsale (63%) e alla ghiandola della terza palpebra. La completa o parziale escissione del tessuto
prolassato (intervento di scelta prima degli anni '80) determina quindi una riduzione della
produzione di lacrime dal 30% al 57%, predisponendo il soggetto all'insorgenza della cherato-
congiuntivite secca.
TRATTAMENTO MEDICO
La terapia medica, che si basa sulla somministrazione topica di antibiotici ed antinfiammatori, può
essere utile solo nei casi recenti di lieve prolasso della ghiandola; lo scopo è di ottenere una
riduzione dell’edema sia congiuntivale che del tessuto ghiandolare, tale da tentare il
riposizionamento manuale.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
Dal 1980, sono state perfezionate diverse tecniche di riposizionamento della ghiandola della terza
palpebra. Gli obiettivi della chirurgia, qualsiasi sia la procedura scelta, sono di riposizionare
adeguatamente la ghiandola al di sotto del margine libero della nittitante, di riuscire a non limitare i
movimenti post-operatori della terza palpebra e di non danneggiare il tessuto ghiandolare, compresi
i dotti escretori. Ad oggi non si è ancora trovato un metodo che soddisfi tutti e tre i punti e la
riuscita dell’intervento dipende dall’abilità e dalla dimestichezza raggiunta dal chirurgo con la
tecnica prescelta.
In base al tipo di approccio alla ghiandola prolassata si possono suddividere le procedure in tre
gruppi principali:
1) dal versante posteriore o bulbare della terza palpebra, per ancorare la ghiandola alla fascia
epibulbare ventrale, alla sclera equatoriale ventrale o al muscolo obliquo:
• tecnica di Blogg (Blogg, 1979; Gelatt, 1999; Stades e coll., 2000);
• tecnica di Gross (Gross, 1983; Gelatt, 1999; Stades e coll., 2000);
Figura 2. Bulldog Francese, prolasso ghiandola della terza palpebra occhio destro. Figura 3. Boxer, prolasso ghiandola della terza palpebra bilaterale. Figura 4. Bulldog Inglese, prolasso ghiandola della terza palpebra occhio destro.
• tecnica di Albert (Gross, 1983; Gelatt, 1999; Stades e coll., 2000);
2) dalla superficie anteriore o palpebrale della terza palpebra, per ancorare la ghiandola al
periostio della periorbita ossea:
• tecnica di Kaswan e Martin (Kaswan & Martin, 1985);
• tecnica di Stanley e Kaswan (Stanley & Kaswan, 1994);
3) parziale o completo rivestimento della ghiandola prolassata con l’adiacente mucosa
congiuntivale:
• tecnica di Twitchell (Twitchell, 1984);
• tecnica di Moore (Moore, 1983; Gelatt, 1999);
• tecnica della Tasca di Morgan (Morgan, 1993).
Il paziente viene premedicato con butorfanolo (Nargesic®) 0,5 ml IM e dexdetomidina
(Dexdomitor®) 0,25 ml IM, indotto mediante somministrazione di propofol (Proposure®) 2 ml IV e
per il mantenimento è stato utilizzato isofluorano ( IsoFlo®) 2%. Si è optato per l’intervento
chirurgico mediante tecnica della Tasca di Morgan.
Sono state effettuate, previa estroflessione della terza palpebra ed esteriorizzazione della
congiuntiva bulbare della stessa (a), due incisioni semicircolari della mucosa congiuntivale (b).
Attraverso la dissezione per via smussa è stato creato uno spazio sub-congiuntivale per ospitare la
ghiandola che viene così ricollocata nella sua posizione para-fisiologica. Le due incisioni sono state
suturate con tecnica continua semplice utilizzando filo riassorbibile del tipo polydioxanone 5-0. (c);
I nodi iniziale e finale della sutura sono stati assicurati sul versante palpebrale della terza palpebra,
per evitare danni iatrogeni alla cornea, con entrambe le estremità della mucosa congiuntivale aperte
per permettere la fuoriuscita delle secrezioni della ghiandola della terza palpebra (d).
a b
c d
Nel periodo post-operatorio al paziente è stato fatto indossare un collare elisabettiano, per almeno
dodici giorni, prescritta una terapia locale con cloramfenicolo in associazione con tetraciclina e
colistimetato sodico (Colbiocin® pomata oftalmica 5g) tre volte al giorno per dodici giorni e pulizia
giornaliera della regione perioculare .
È stato associato, inoltre, un trattamento antibiotico con amoxicillina e acido clavulanico ( Synulox
Palatable Tablets® 50 mg) per via sistemica per sette giorni.
Diagnosi caso 10: Passeggiata domenicale
Alla luce del quadro clinico e dall’esame strumentale radiografico si evince che tale paziente
presenta una rottura totale del legamento crociato craniale del ginocchio destro.
ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO CRANIALE. La rottura del legamento crociato craniale (LCCr) del ginocchio rappresenta una delle più frequenti
cause di zoppia posteriore nel cane. Il LCCr, composto da una banda cranio-mediale (CMB) e da
una banda caudo-laterale (CLP), prende origine dalla porzione mediale del condilo laterale del
Figura 5: Fasi dell’intervento chirurgico mediante “Tecnica della Tasca di Morgan”.
Figura 6 e 7. Bulldog Inglese,6 mesi, maschio. Prima e dopo l’intervento chirurgico.
femore e si dirige disto-cranialmente verso la tibia dove termina a livello della sua porzione cranio-
mediale. Il LCCr rappresenta un importante struttura anatomica di stabilizzazione articolare, in
quanto impedisce la traslazione craniale della tibia rispetto al femore, la rotazione della tibia e
l’iperestensione del ginocchio.
Ad oggi la rottura del legamento crociato craniale viene considerata una patologia multifattoriale le
cui cause sono:
• Genetica;
• inclinazione del piatto tibiale;
• stile di vita sedentario;
• peso corporeo elevato;
• mancata armonia nello sviluppo muscolare dell’arto posteriore;
• artrite linfocitica-plasmocitaria. TRATTAMENTO DELLA ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO CR ANIALE.
Per la risoluzione della sintomatologia legata alle lesioni del LCCr sono stati descritti trattamenti di
tipo conservativo e chirurgico.
Trattamento conservativo:
L’approccio conservativo, al fine di ridurre il dolore articolare, prevede rigoroso confinamento del
paziente, associato ad un ciclo di terapia con FANS. La terapia conservativa può dare risultati
accettabili in cani di peso corporeo inferiore ai 15 kg mentre in pazienti di peso superiore si è
osservato un miglioramento clinico in appena il 20 % dei soggetti.
Trattamento chirurgico:
Le metodiche chirurgiche sono state tradizionalmente suddivise in tre grandi classi:
• intrarticolari (intracapsulari);
• extrarticolari (extracapsulari);
• biomeccaniche (CTWO, TPLO, TTA).
Le prime tendono al ripristino della stabilità articolare attraverso la ricostruzione del LCCr, le
seconde invece, stabilizzano l’articolazione tramite l’applicazione di suture extracapsulari che si
“sostituiscono” nell’azione di contenimento passivo operato dal LCCr. Le tecniche biomeccaniche
sono mirate alla trasformazione delle geometrie articolari così da rendere non più necessaria la
presenza del LCCr.
Il paziente Paco è stato sottoposto ad un intervento di osteotomia livellante del piatto tibiale (TPLO)
a carico del ginocchio destro:
tecnica operatoria che pone l’attenzione sull’aspetto biomeccanico dell’articolazione del ginocchio.
Essa ha lo scopo di andare a modificare gli angoli articolari attraverso una osteotomia curvilinea
della cresta tibiale, così da non rendere più neces
nell’impedire l’avanzamento craniale della tibia, il Cranial Tibial Thrust, durante il carico
ponderale.
L’incisione cutanea viene eseguita sulla porzione cranio mediale del ginocchio, partendo 1 cm
prossimalmente e medialmente alla rotula e viene estesa distalmente a tutto il terzo prossimale della
tibia. Dopo l’incisione della cute e del sottocute, si incid
e si prosegue fino allo spazio compreso tra il piatto tibiale ed il legamento tibio
gruppo dei muscoli del pes anserinus ed il margine mediale della fascia del muscolo tibiale craniale.
Mediante uno scollaperiostio si separa il muscolo tibiale craniale dalla faccia cranio
tibia; la fascia con l’estensione tendinea del pes anserinus sono scollati dalla loro inserzione sulla
faccia cranio mediale della tibia e retratti caudalme
ed il muscolo popliteo.
Isolato il legamento collaterale mediale, con uno scollaperiostio si allontana il muscolo popliteo
dalla tibia facendo attenzione a non lesionare muscolo, arterie e vene poplitee che
faccia caudo-laterale della tibia. Successivamente si applica e si fissa con 2 fili di Kirschner, uno
prossimale ed uno distale, la maschera guida (jig). Il jig deve essere parallelo al piano sagittale,
medialmente alla tibia, con il corpo
Kirschner devono essere paralleli tra di loro e al piano di flesso estensione del ginocchio, e
perpendicolari al piano sagittale.
sono mirate alla trasformazione delle geometrie articolari così da rendere non più necessaria la
Il paziente Paco è stato sottoposto ad un intervento di osteotomia livellante del piatto tibiale (TPLO)
tecnica operatoria che pone l’attenzione sull’aspetto biomeccanico dell’articolazione del ginocchio.
Essa ha lo scopo di andare a modificare gli angoli articolari attraverso una osteotomia curvilinea
della cresta tibiale, così da non rendere più necessaria la presenza del legamento crociato craniale e
nell’impedire l’avanzamento craniale della tibia, il Cranial Tibial Thrust, durante il carico
L’incisione cutanea viene eseguita sulla porzione cranio mediale del ginocchio, partendo 1 cm
prossimalmente e medialmente alla rotula e viene estesa distalmente a tutto il terzo prossimale della
tibia. Dopo l’incisione della cute e del sottocute, si incide il capo distale del muscolo vasto mediale
e si prosegue fino allo spazio compreso tra il piatto tibiale ed il legamento tibio
gruppo dei muscoli del pes anserinus ed il margine mediale della fascia del muscolo tibiale craniale.
iante uno scollaperiostio si separa il muscolo tibiale craniale dalla faccia cranio
tibia; la fascia con l’estensione tendinea del pes anserinus sono scollati dalla loro inserzione sulla
faccia cranio mediale della tibia e retratti caudalmente per esporre il legamento collaterale mediale
Isolato il legamento collaterale mediale, con uno scollaperiostio si allontana il muscolo popliteo
dalla tibia facendo attenzione a non lesionare muscolo, arterie e vene poplitee che
laterale della tibia. Successivamente si applica e si fissa con 2 fili di Kirschner, uno
prossimale ed uno distale, la maschera guida (jig). Il jig deve essere parallelo al piano sagittale,
medialmente alla tibia, con il corpo rivolto caudalmente e le braccia rivolte cranialmente. I fili di
Kirschner devono essere paralleli tra di loro e al piano di flesso estensione del ginocchio, e
sono mirate alla trasformazione delle geometrie articolari così da rendere non più necessaria la
Il paziente Paco è stato sottoposto ad un intervento di osteotomia livellante del piatto tibiale (TPLO)
tecnica operatoria che pone l’attenzione sull’aspetto biomeccanico dell’articolazione del ginocchio.
Essa ha lo scopo di andare a modificare gli angoli articolari attraverso una osteotomia curvilinea
saria la presenza del legamento crociato craniale e
nell’impedire l’avanzamento craniale della tibia, il Cranial Tibial Thrust, durante il carico
L’incisione cutanea viene eseguita sulla porzione cranio mediale del ginocchio, partendo 1 cm
prossimalmente e medialmente alla rotula e viene estesa distalmente a tutto il terzo prossimale della
e il capo distale del muscolo vasto mediale
e si prosegue fino allo spazio compreso tra il piatto tibiale ed il legamento tibio-rotuleo, attraverso il
gruppo dei muscoli del pes anserinus ed il margine mediale della fascia del muscolo tibiale craniale.
iante uno scollaperiostio si separa il muscolo tibiale craniale dalla faccia cranio-laterale della
tibia; la fascia con l’estensione tendinea del pes anserinus sono scollati dalla loro inserzione sulla
nte per esporre il legamento collaterale mediale
Isolato il legamento collaterale mediale, con uno scollaperiostio si allontana il muscolo popliteo
dalla tibia facendo attenzione a non lesionare muscolo, arterie e vene poplitee che decorrono sulla
laterale della tibia. Successivamente si applica e si fissa con 2 fili di Kirschner, uno
prossimale ed uno distale, la maschera guida (jig). Il jig deve essere parallelo al piano sagittale,
rivolto caudalmente e le braccia rivolte cranialmente. I fili di
Kirschner devono essere paralleli tra di loro e al piano di flesso estensione del ginocchio, e
A questo punto, si pone la placca sulla porzione mediale della tibia è si traccia con l’elettrobisturi la
linea guida per l’osteotomia. Per ruotare il frammento prossimale della tibia, si inserisce un filo di
Kirschner sulla porzione mediale della tibia, appena distalmente il piatto tibiale, e lo si ruota
caudalmente, finchè non si ottiene l’allineamento tra le due tacche segnate in precedenza.
L’osteotomia viene fissata momentaneamente tramite un filo di Kirschner, per consentire il corretto
posizionamento della placca che andrà posizionata appena cranialmente al legamento collaterale
mediale. La placca è quindi collocata sulla porzione diafisaria della tibia, in modo che il suo bordo
caudale sia a ridosso della corticale tibiale fissata con le apposite viti. Una volta fissata
l’osteotomia, si suturano la mini artrotomia ed i piani scontinuati secondo stratigrafia.
Fasi dell’intervento chirurgico di TPLO (osteotomia livellante del piatto tibiale).
Successivamente eseguiamo l’esame radiografico a carico del ginocchio destro (ML, Cr-Cd) post-
operatorio per TPLO:
eseguita osteotomia tibiale prossimale, rotazione del piatto tibiale e stabilizzazione con placca e viti.
Asse tibiale conservato.
TERAPIA POST-OPERATORIA. Confinamento del paziente per trenta giorni sino al primo controllo radiografico.
Applicazione del collare elisabettiano fino a rimozione delle graffette metalliche.
Medicazione giornaliera delle ferita chirurgica.
Rimozione delle graffette metalliche dopo dieci-quindici giorni.
Terapia antibiotica con cefazolina per sette giorni.
Terapia antinfiammatoria con carprofene a stomaco pieno per trenta giorni.
Terapia gastroprotettiva mediante ranitidina per tutto il ciclo antiinfiammatorio.
RX proiezioni ML e Cr-Cd post-operatorie.
FOLLOW-UP.
Per l’intervento di TPLO sono previsti tre controlli clinici e radiografici a 30-60-90 giorni.
Il paziente Paco alla visita clinica dopo trenta giorni non presenta tumefazioni a carico del
ginocchio destro ne fenomeni di varismo e/o valgismo distale, TCT negativo. Mediante lo studio
radiografico nelle due proiezioni valutiamo che placca e viti sono in sede e l’osteotomia tibiale
prossimale è consolidata.
Follow-up 30 giorni.