Albert Camus - Ne Vittime Ne Carnefici

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Albert Camus - Ne Vittime Ne Carnefici

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  • Albert Camus, Ni victimes Ni

    bourreaux (in Combat, nov. 1946)

    Albert Camus, N vittime N carnefici - 0.

    Introduzione

    Il 4 gennaio 1960 lo scrittore e filosofo francese

    Albert Camus, nato e cresciuto nel villaggio di

    Mondovi alla periferia di Algeri, muore in un

    incidente d'auto insieme al suo amico ed editore

    Michel Gallimard, mentre rientrano a Parigi dalle

    vacanze natalizie trascorse a Lourmarin: un

    villaggio situato nel Sud della Francia dove, con i

    proventi del Nobel, aveva acquistato e arredato

    una casa per la sua famiglia. Il manoscritto non

    ancora concluso dellultimo romanzo di Camus, Il primo uomo, salvato dal quel disastro. Nel

    1957 Camus fu insignito del Premio Nobel per la

    letteratura per i suoi romanzi pi noti: Lo

    Straniero e La Peste. A 50 anni dalla prima

    pubblicazione, Lo Straniero rimane un best

    seller in Francia. Nell'ottobre 1995, Il primo

    uomo stato finalmente pubblicato in inglese, 30

    anni dopo la morte di Camus. La figlia Catherine,

    unintera vita dedicata a custodire e gestire le memorie del padre, sceglie di pubblicare il

    manoscritto inedito. La bozza stata redatta con

    le note dell'autore, il che amplifica il procedere e

    lo sviluppo del romanzo. Edito in questo modo, Il

    Primo Uomo mette a nudo lo svolgimento di

    unopera: qualcosa che si vede solo molto raramente. Il romanzo stesso una meditazione

    profondamente autobiografica sull'infanzia

    povera di Camus, in una famiglia senza padre, in

    Algeria all'inizio del secolo. Anche se rimasto

  • incompiuto, questo testo testimonia l'intuizione e

    la sensibilit caratteristiche di Camus,

    dimostrando chiaramente come il suo lavoro

    migliore rimanesse ancora da fare, al momento

    della sua morte tragica e prematura avvenuta

    all'et di 47 anni.

    Il mondo di Camus, a oltre mezzo secolo di

    distanza, ci coinvolge con la sua verit e ci parla

    del nostro tempo in maniera impressionante. La

    sua acuta e profonda lucidit, unita a una

    capacit di analisi affinata alla luce di

    unesperienza vissuta sulla propria pelle e capace di confrontarsi con le voci pi diverse e

    accreditate della cultura e della storia del suo

    tempo, gli hanno permesso di acquisire una

    lungimiranza di portata straordinaria e di valenza

    universale, alla quale forse possibile attingere,

    oggi pi che mai, per trovare una chiave di

    lettura e di discernimento degli eventi e dei fatti

    storici e sociali nei quali siamo immersi e di

    fronte ai quali sentiamo, come in una sorta di

    dedalo, la nostra sorte giocata. Francese algerino

    (quindi pied-noir), nato in una famiglia molto

    modesta il 7 novembre del 1913 e subito orfano

    di padre, una passione tormentata e mai

    interrotta per la sua terra natale, ha assunto

    presto una posizione portante e significativa nella

    cultura e nella storia francese ed

    europea, divenendo una delle rare personalit

    capaci di attraversare criticamente il Novecento.

    Considerato a pieno diritto uno dei padri

    dell'esistenzialismo, stato parte attiva e

    supporto teorico della Resistenza ma le sue

    posizioni individuali, critiche e gi dissociate dal

    socialismo reale erano osteggiate dalla sinistra,

  • mentre la destra, che adesso cerca di

    appropriarsene parlando di religiosit profonda e

    neoplatonismo e puntando a farne un emblema

    facendolo salire agli onori del Pantheon, lo

    denigrava per il suo costante impegno sui temi

    sociali e della pace. A questi temi, gi

    ampiamente trattati e mirabilmente messi in

    evidenza nelle sue opere, egli dedica

    unattenzione particolare e uno studio accurato e specifico con la pubblicazione, sulla

    rivista Combat, di cui era collaboratore, e

    direttore insieme a Pascal Pia dal 1944, di otto

    brevi saggi che furono poi raccolti ed editati

    sotto il titolo di Ni victimes Ni

    bourreaux, apparsi a puntate dal 19 al 30

    novembre 1946, e che qui verranno presentati,

    rispettandone la modalit e la sequenza, nella

    convinzione che i loro contenuti, pertinenti e

    sottili, non lascino indifferenti i lettori attuali.

    Questi saggi rappresentano una condensazione

    del suo contributo ai problemi della convivenza

    fra i popoli e della pace, consegnati alla storia e

    allumanit per essere vissuti e attraversati nella speranza che gli errori del passato non debbano

    per forza perpetrarsi allinfinito, cos come il romanzo rimasto incompiuto (Il primo

    uomo), che egli stava scrivendo al momento in

    cui la sua auto si schiant contro un albero era la

    risposta di Camus alla questione algerina, che dal

    1954 lacerava la Francia, l'Algeria e l'Europa, e

    che fu storicamente il primo, o uno dei primi

    laboratori di quei conflitti che agitano cos

    profondamente i nostri tempi e il mondo intero.

    Albert Camus, N vittime N carnefici - 1.

    IL SECOLO DELLA PAURA

  • Il secolo XVII stato il secolo della matematica,

    il XVIII il secolo della fisica, e il XIX quello della

    biologia. Il nostro secolo XX il secolo della

    paura.

    Mi si dir che questa non una scienza. Ma,

    innanzitutto la scienza vi presente in qualche

    modo, dal momento che i suoi ultimi progressi

    teorici lhanno portata a negarsi da sola e che i suoi perfezionamenti pratici minacciano di

    distruggere lintero pianeta terra. Inoltre, se la paura in se stessa non pu essere considerata

    come una scienza, non v dubbio sul fatto che sia comunque una tecnica.

    Quello che colpisce maggiormente, in effetti, nel

    mondo in cui viviamo, innanzitutto, e in

    generale, il fatto che la maggior parte degli

    uomini (eccetto i credenti di tutte le specie) sono

    privati di avvenire. Non c vita che abbia fondamento senza proiezione sul futuro, senza

    una prospettiva di evoluzione e di progresso.

    Vivere contro un muro, vita da cani. Ebbene, gli

    uomini della mia generazione e di quella che

    entra oggi nelle officine e nelle facolt hanno

    vissuto e vivono sempre pi come dei cani.

    Naturalmente, non la prima volta che degli

    uomini si trovano davanti un avvenire

    materialmente ostruito. Ma, di solito, ne uscivano

    vittoriosi tramite la parola e il grido.

    Si affidavano ad altri valori, che costituivano la

    loro speranza.

    Oggi, nessuno parla pi (eccetto coloro che si

    ripetono), perch il mondo ci sembra guidato da

    forze cieche e sorde che non sentiranno le grida

  • di avvertimento, n i gli ammonimenti, n le

    suppliche. Qualcosa in noi stato distrutto dallo

    spettacolo degli anni che abbiamo appena

    trascorso. E questo qualcosa quella perpetua

    fiducia delluomo, che gli ha sempre fatto credere che fosse possibile pervenire con un altro uomo a

    delle reazioni umane parlandogli il linguaggio

    dellumanit. Abbiamo visto mentire, svilire, uccidere, deportare, torturare, e ciascuna volta

    era impossibile persuadere coloro che lo facevano

    a non farlo, perch erano sicuri di s e perch

    non si persuade unastrazione, vale a dire il rappresentante di unideologia.

    Il lungo dialogo degli uomini si appena

    interrotto. E, beninteso, un uomo che non si pu

    indurre a persuasione un uomo che fa paura.

    cos che, accanto a coloro che non parlavano

    perch lo ritenevano inutile si estendeva e si

    estende tuttora unimmensa cospirazione del silenzio, accettata da coloro che tremano e si

    danno delle buone ragioni per nascondere a se

    stessi questo tremore, e provocata da coloro che

    hanno interesse a farlo.

    Non dovete parlare dellepurazione degli artisti in Russia, perch questo gioverebbe alla

    reazione. Dovete tacere sui finanziamenti a Franco da parte degli Anglosassoni, perch

    questo favorirebbe il comunismo. Lo dicevo, che la paura una tecnica.

    Fra la paura molto generica di una guerra che

    tutti preparano e la paura decisamente personale

    delle ideologie omicide, pertanto verissimo che

    viviamo nel terrore. Viviamo nel terrore perch la

    persuasione non pi possibile, perch luomo stato interamente consegnato alla storia e non

  • pu pi volgersi verso quella parte di s, vera

    quanto la parte storica, e che ritrova quando

    davanti alla bellezza del mondo e dei volti; perch

    viviamo nel mondo dellastrazione, nel mondo degli uffici e delle macchine, delle idee assolute e

    del messianismo senza sfumature.

    Noi soffochiamo in mezzo a persone che credono

    di avere assolutamente ragione, sia che si tratti

    delle loro macchine o delle loro idee. E per tutti

    coloro che non possono vivere se non nel dialogo

    e nellamicizia degli uomini, questo silenzio la fine del mondo.

    Per uscire da questo terrore, sarebbe necessario

    poter riflettere e agire seguendo la propria

    riflessione. Ma il terrore, per lappunto, non un clima favorevole alla riflessione. Sono tuttavia del

    parere, anzich biasimare questa paura, di

    considerarla come uno dei principali elementi

    della situazione e di provare a porvi rimedio. Non

    c niente di pi importante. Poich questo riguarda il destino di un gran numero di Europei

    che, nauseati di violenze e di menzogne, delusi

    nelle loro pi grandi speranze, provando

    ripugnanza allidea di uccidere i loro simili, fosse anche per convincerli, provano altrettanta

    ripugnanza allidea di venire convinti nella stessa maniera.

    Eppure lalternativa in cui si pone questa grande massa di uomini in Europa, che non sono

    di alcun partito, o che si sentono a disagio in

    quello che hanno scelto, che dubitano che in

    Russia sia realizzato il socialismo, e in America il

    liberalismo, che riconoscono, ciononostante, a

    questi e a quelli il diritto di affermare la loro

    verit, ma rifiutano loro quello di imporla con

    lomicidio, individuale o collettivo.

  • Fra i potenti del momento, essi sono uomini

    senza regno. Questi uomini non potranno far

    ammettere (non dico trionfare, ma ammettere) il

    loro punto di vista, e non potranno ritrovare la

    loro patria se non quando avranno preso

    coscienza di quello che vogliono e lo diranno in

    maniera abbastanza semplice e abbastanza forte

    perch le loro parole possano mettere insieme un

    fascio di energie. E se la paura non il clima

    adatto alla giusta riflessione, bisogna innanzitutto

    che essi risolvano il loro problema con la paura.

    Per risolvere questo problema, occorre vedere

    cosa vuol dire la paura, e a che cosa essa si

    oppone. Essa vuol dire e rifiuta lo stesso fatto: un

    mondo in cui lomicidio legittimato e nel quale la vita umana considerata come futile.

    Ecco il primo problema politico di oggi.

    E, prima di passare al resto, necessario

    prendere posizione riguardo ad esso.

    Preliminarmente a qualsiasi costruzione, occorre

    oggi sollevare due domande: Vuole lei, s o no, direttamente o indirettamente, essere ucciso o

    fatto oggetto di violenza? Vuole lei, s o no, direttamente o indirettamente, uccidere o usare

    violenza? Tutti coloro che risponderanno no a queste due

    domande sono automaticamente coinvolti in una

    serie di conseguenze che devono modificare il

    loro modo di impostare il problema. Il mio

    progetto quello di precisare soltanto due o tre

    di queste conseguenze. Nellattesa, il lettore di buona volont pu interrogarsi e rispondere.

    Albert Camus, N vittime N carnefici - 2.

    SALVARE I CORPI

  • Poich un giorno ho detto che non avrei pi

    saputo ammettere, dopo lesperienza di questi ultimi due anni, alcuna verit che avesse potuto

    costringermi, direttamente o indirettamente, a far

    condannare un uomo a morte, alcune persone

    che stimavo mi hanno talvolta fatto notare che

    ero nellutopia, che non cera verit politica che non ci conducesse un giorno a questo estremo, e

    che era dunque necessario correre il rischio di

    questo estremo o accettare il mondo cos

    comera.

    Questo argomento veniva presentato con forza.

    Ma io credo innanzitutto che ci si mettesse cos

    tanta forza unicamente perch coloro che lo

    presentavano non avevano immaginazione per la

    morte degli altri. una stranezza del nostro

    secolo. Cos come ci si ama per telefono e si

    lavora non pi sulla materia, ma sulla macchina,

    oggi si uccide e si uccisi per delega.

    La pulizia ci guadagna, ma la conoscenza ci

    perde.

    Tuttavia questo argomento ha unaltra forza, sebbene indiretta: esso pone il problema

    dellutopia. Insomma, le persone come me vorrebbero un mondo, non in cui non ci si uccida

    pi (non siamo cos pazzi!), ma in cui lomicidio non sia legittimato. Qui, in effetti, siamo

    nellutopia e nella contraddizione poich viviamo, per lappunto, in un mondo in cui lomicidio legittimato, e dobbiamo cambiarlo se non

  • vogliamo che sia cos. Sembra per che non lo si

    possa cambiare senza esporsi alleventualit dellomicidio. Lomicidio ci rimanda dunque allomicidio e noi continueremo a vivere nel terrore, sia che lo accettiamo con rassegnazione,

    sia che vogliamo sopprimerlo con mezzi che

    sostituiranno ad esso un altro terrore.

    A mio avviso, tutti dovrebbero riflettere su

    questo perch, ci che mi colpisce in mezzo alle

    polemiche, alle minacce e agli scoppi di violenza,

    la buona volont di tutti. Tutti, a parte alcuni

    truffatori, dalla destra alla sinistra, ritengono che

    la loro verit sia adatta a fare la felicit degli

    uomini. Ciononostante, lunione di queste buone volont ha come risultato questo mondo infernale

    nel quale degli uomini sono ancora uccisi,

    minacciati, deportati, in cui si prepara la guerra, e

    in cui impossibile dire una parola senza essere

    immediatamente insultato o tradito.

    Bisogna dunque concluderne che se degli uomini

    come noi vivono nella contraddizione, essi non

    sono i soli, e che coloro che li accusano di utopia

    vivono forse in unutopia senza dubbio differente, ma alla fine pi costosa.

    Occorre dunque ammettere che il rifiuto di

    legittimare lomicidio ci costringe a riconsiderare la nostra nozione dellutopia. A tale riguardo sembra che si possa dire: lutopia ci che in contraddizione con la realt. Da questo punto di

    vista, sarebbe assolutamente utopistico voler che

    nessuno uccida pi nessuno. lutopia assoluta. Ma unutopia a un livello molto pi debole rispetto al fatto di chiedere che lomicidio non sia pi legittimato. Daltronde, le ideologie marxista e

  • capitalista, basate tutte e due sullidea di progresso, convinte entrambe che lapplicazione dei loro principi debba condurre fatalmente

    allequilibrio della societ, sono utopie di grado molto pi sostenuto. Inoltre, ci stanno costando

    molto care.

    Si pu trarne la conclusione che, praticamente,

    la lotta che singagger negli anni a venire non verr stabilita fra le forze dellutopia e quelle della realt, ma tra utopie diverse che cercano di

    inserirsi nel reale e fra le quali non si tratta altro

    che di scegliere le meno costose. La mia

    convinzione che non possiamo pi avere

    ragionevolmente la speranza di salvare tutto, ma

    che possiamo proporci perlomeno di salvare i

    corpi, affinch lavvenire rimanga possibile.

    Si vede quindi che il fatto di rifiutare la

    legittimazione dellomicidio non pi utopistico delle posizioni realistiche di oggi. Tutta la

    questione sta nel sapere se questultime costano pi o meno caro. anche questo un problema

    che dobbiamo risolvere, e sono dunque scusabile

    se penso che si possa essere utile definendo, in

    rapporto allutopia, le condizioni che sono necessarie per placare gli animi e le nazioni.

    Questa riflessione, a patto che la si faccia senza

    paura e senza pretesa, pu aiutare a creare le

    condizioni di un pensiero equo e di un accordo

    provvisorio fra gli uomini che non vogliono essere

    n delle vittime, n dei carnefici. Beninteso, non

    si tratta, negli articoli che seguiranno, di definire

    una posizione assoluta, ma soltanto di mettere a

    punto alcune nozioni oggi travestite e di provare

    a porre il problema dellutopia il pi correttamente possibile. Si tratta, insomma, di

  • definire le condizioni di un pensiero politico

    modesto, vale a dire liberato da ogni

    messianismo e sgomberato dalla nostalgia del

    paradiso terrestre.

    IL SOCIALISMO MISTIFICATO

    Se si ammette che lo stato di terrore,

    riconosciuto o no, in cui viviamo da dieci anni,

    non ancora cessato e che oggi la causa

    principale del disagio in cui si trovano gli animi e

    le nazioni, diventa necessario andare a vedere

    che cosa possibile opporre al terrore. Questo

    pone il problema del socialismo occidentale,

    poich il terrore non si legittima se non

    ammettendo il principio: Il fine giustifica i mezzi. E questo principio pu essere ammesso soltanto

    se lefficacia di unazione eretta a scopo assoluto, come avviene nelle ideologie nichiliste

    (tutto permesso, quello che conta riuscire), o

    nelle filosofie che fanno della storia un assoluto

    (Hegel, poi Marx: poich il fine la societ senza

    classi, tutto quanto porta a questo bene).

    questo il problema che si posto ai socialisti

    francesi, per esempio. Gli sono venuti certi

    scrupoli. La violenza e loppressione di cui finora non avevano avuto che unidea alquanto astratta, le hanno viste allopera. E si sono chiesti se avrebbero accettato, come chiedeva la

  • loro filosofia, di esercitare essi stessi la violenza,

    seppure provvisoriamente e per uno scopo

    comunque diverso.

    Un recente autore di una prefazione di Saint-

    Just, parlando di uomini che avevano scrupoli

    simili, scriveva con tono di palese disprezzo:

    Hanno fatto marcia indietro davanti allorrore. Non c niente di pi vero. E in questo modo essi si sono messi nella condizione di acquisire il

    disprezzo di coscienze abbastanza forti e

    superiori per adagiarsi nellorrore senza protestare. Nello stesso tempo, per, essi hanno

    dato voce a quellappello angosciato venuto dai mediocri come noi, che si contano a milioni, che

    costituiscono la materia stessa della storia, e di

    cui bisogner un giorno tener conto, malgrado

    tutti i disprezzi.

    Quello che ci sembra pi serio, al contrario,

    provare a comprendere la contraddizione e la

    confusione in cui si sono trovati i nostri socialisti.

    Da questo punto di vista, evidente che non si

    riflettuto abbastanza in merito alla crisi di

    coscienza del socialismo francese, cos comessa si manifestata in un recente congresso. pi

    che evidente che i nostri socialisti, sotto

    linfluenza di Lon Blum, e pi ancora sotto la minaccia degli eventi, hanno al primo posto delle

    loro preoccupazioni dei problemi morali (il fine

    non giustifica tutti i mezzi) che non avevano

    considerato fino a questo momento.

    Il loro desiderio legittimo era di fare riferimento

    ad alcuni principi che fossero superiori

    allomicidio. Risulta comunque evidente che quegli stessi socialisti vogliono conservare la

    dottrina marxista; gli uni perch pensano che

    non si possa essere rivoluzionari senza essere

  • marxisti; gli altri, per una rispettabile fedelt alla

    storia del partito che fa loro credere non si possa

    nemmeno essere socialista senza essere

    marxista. Lultimo congresso del partito ha messo in evidenza queste due tendenze e il

    compito principale di questi congressi stato di

    pervenire alla conciliazione.

    Ma non si pu conciliare ci che inconciliabile.

    chiaro, infatti, che se il marxismo vero, e se

    c una logica della storia, il realismo politico legittimo. altrettanto chiaro che se i valori

    morali preconizzati dal partito socialista sono

    fondati sul diritto, allora il marxismo falso

    assolutamente, poich pretende di essere vero

    assolutamente. Da questo punto di vista, il

    famoso superamento del marxismo in un senso

    idealista e umanitario non altro che una

    finzione e un sogno privo di conseguenza. Marx

    non pu essere superato, poich andato fino al

    limite della conseguenza. I comunisti hanno

    ragionevolmente fondati motivi per utilizzare la

    menzogna e la violenza che i socialisti ripudiano,

    sostenuti in questo dai principi stessi e dalla

    dialettica inoppugnabile che i socialisti vogliono

    pur tuttavia conservare. Non cera quindi da stupirsi nel veder il congresso socialista

    concludersi con una semplice giustapposizione di

    due posizioni contraddittorie, la cui sterilit

    stata palesemente sancita dalle ultime elezioni.

    Sotto questo punto di vista, la confusione

    continua. Bisognava scegliere e i socialisti non

    volevano o non potevano scegliere.

    Non ho scelto questo esempio per attaccare il

    socialismo, ma per chiarire i paradossi in cui

    viviamo. Per attaccare i socialisti bisognerebbe

    essere superiore a loro. Non ancora cos. Al

  • contrario, mi sembra che questa contraddizione

    sia comune a tutti gli uomini di cui ho parlato,

    che desiderano una societ che possa essere

    nello stesso tempo felice e dignitosa, che

    vorrebbero che gli uomini fossero liberi in una

    condizione finalmente giusta, ma esitano fra una

    libert in cui sanno bene che la giustizia alla fin

    fine messa nel sacco e una giustizia nella quale

    vedono bene che la libert soppressa in

    partenza.

    Di questa angoscia intollerabile si fanno

    generalmente beffe coloro che sanno che cosa

    bisogna credere o che cosa bisogna fare. Ma io

    sono del parere che, anzich deriderla, occorra

    ragionarci sopra e chiarirla, vedere che cosa

    significa, rendere leggibile la condanna quasi

    totale che essa produce su coloro che la

    provocano e mettere in luce la debole speranza

    che la sostiene.

    E la speranza risiede per l'appunto in questa

    contraddizione, perch essa costringe o

    costringer i socialisti alla scelta. O essi

    ammetteranno che il fine sta al di sopra dei

    mezzi, e quindi che lomicidio possa essere legittimato, oppure rinunceranno al marxismo

    come filosofia assoluta, limitandosi a

    conservarne laspetto critico, spesso ancora valido. Se sceglieranno il primo termine

    dellalternativa, la crisi di coscienza sar finita e le posizioni saranno chiarite. Se ammetteranno il

    secondo, dimostreranno che questo tempo segna

    la fine delle ideologie, ovvero delle utopie

    assolute che si distruggono da sole, nel corso

    della storia, a causa del prezzo che finiscono per

    costare. Bisogner allora scegliere unaltra utopia, pi modesta e meno dispendiosa. cos,

  • perlomeno, che il rifiuto di legittimare lomicidio costringe a porre la domanda.

    S, la domanda che bisogna formulare e

    nessuno, credo, oser rispondere ad essa con

    leggerezza.

    LA RIVOLUZIONE TRAVESTITA

    A partire dallagosto 1944, nel nostro paese tutti parlano di rivoluzione, e sempre sinceramente:

    non ci sono dubbi a tale proposito. La sincerit,

    tuttavia, non in se stessa una virt. Ci sono

    sincerit cos confuse da essere peggiori delle

    menzogne.

    Non si tratta per noi oggi di parlare il linguaggio

    del cuore, ma soltanto di pensare in modo

    chiaro. Idealmente, la rivoluzione un

    cambiamento delle istituzioni politiche ed

    economiche, idoneo a far regnare pi libert e

    giustizia nel mondo.

    Praticamente, linsieme degli avvenimenti storici, spesso infelici, che produce questo felice

    cambiamento.

    Si pu dire oggi che questa parola sia usata nel

    suo senso classico? Quando nel nostro paese le

    persone sentono parlare di rivoluzione, anche

    ammettendo che conservino il loro sangue

    freddo, esse immaginano un cambiamento di

    forma della propriet (generalmente la messa in

    comune dei mezzi di produzione) ottenuto, o

    tramite una legislazione basata sulle leggi della

  • maggioranza, oppure in seguito alla presa del

    potere da parte di una minoranza.

    facile vedere come questo insieme di nozioni

    non abbia alcun senso nelle circostanze storiche

    attuali. Da una parte, la presa di potere tramite

    la violenza unidea romantica che il progresso degli armamenti ha reso illusoria. Lapparato repressivo di un governo ha tutta la forza dei

    carri armati e degli aerei. Sarebbero quindi

    necessari dei carri armati e degli aerei soltanto

    per stabilire un equilibrio.

    Il 1789 e il 1917 sono ancora delle date, ma non

    sono pi degli esempi.

    Supponendo che questa presa del potere sia

    comunque possibile, che si faccia in tutti i casi

    attraverso le armi o per via legale, essa avrebbe

    efficacia soltanto nel caso in cui la Francia (o

    lItalia, o la Cecoslovacchia) potesse essere messa fra parentesi e isolata dal mondo. Perch,

    nella nostra attualit storica, nel 1946, una

    modifica del regime di propriet comporterebbe,

    per esempio, ripercussioni tali sui crediti

    americani che la nostra economia ne risulterebbe

    minacciata a morte.

    Una rivoluzione di destra non avrebbe pi ampie

    possibilit, a causa dellipoteca parallela che ci crea la Russia, con milioni di elettori comunisti e

    con la sua posizione di massima potenza

    continentale. La verit, che mi scuso di scrivere

    chiaramente, mentre tutti la conoscono senza

    dirla, che non siamo liberi, come Francesi, di

    essere rivoluzionari. O perlomeno non possiamo

    pi essere dei rivoluzionari solitari perch non

    sussistono pi, oggi, nel mondo, politiche

    conservatrici o socialiste che possano dispiegarsi

    sul solo piano nazionale.

  • Cos, possiamo parlare soltanto di rivoluzione

    internazionale. Esattamente, la rivoluzione si far

    su scala internazionale o non si far. Ma qual

    ancora il senso di questa espressione? Ci fu un

    tempo in cui si pensava che la riforma

    internazionale si sarebbe fatta attraverso la

    congiunzione o la sincronizzazione di pi

    rivoluzioni nazionali; unaddizione di miracoli, in un certo modo. Oggi, e se la nostra analisi

    precedente corretta, si pu pensare solamente

    allestensione di una rivoluzione gi riuscita. una cosa che Stalin ha visto molto bene ed la

    spiegazione pi benevola che si possa dare della

    sua politica (laltra rifiutare alla Russia il diritto di parlare in nome della rivoluzione).

    Questo equivale a considerare lEuropa e lOccidente come una sola nazione in cui unimportante minoranza bene armata potrebbe vincere e lottare per prendere alla fine il potere.

    Ma, dato che la forza conservatrice (nella

    fattispecie gli Stati Uniti) altrettanto bene

    armata, facile rendersi conto che la nozione di

    rivoluzione viene sostituita oggi dalla nozione di

    guerra ideologica. Pi precisamente, la

    rivoluzione internazionale non procede oggi

    senza un estremo rischio di guerra. Qualsiasi

    rivoluzione futura sar una rivoluzione straniera.

    Comincer con unoccupazione militare oppure, il che equivale alla stessa cosa, con un ricatto di

    occupazione. E avr senso soltanto a partire

    dalla vittoria definitiva delloccupante sul resto del mondo.

    Allinterno delle nazioni, le rivoluzioni costano gi molto care. Ma, in considerazione del

    progresso che si ritiene possano portare,

    generalmente si accetta linevitabilit di questi

  • danni. Oggi, il prezzo che la guerra costerebbe

    allumanit deve essere obbiettivamente comparato al progresso che ci si pu attendere in

    seguito alla presa del potere mondiale da parte

    della Russia o dellAmerica. E credo sia di importanza definitiva che se ne

    valutino i pro e i contro e che, per una volta, si

    provi ad immaginare cosa ne sarebbe di un

    pianeta, nel quale una trentina di milioni di

    cadaveri sono ancora tenuti occultati, dopo un

    cataclisma che ci costerebbe dieci volte di pi.

    Far osservare che questo modo di ragionare

    obbiettivamente corretto. Esso prende in

    considerazione soltanto la valutazione della

    realt, senza assumere per il momento giudizi

    ideologici o sentimentali. Dovrebbe, in ogni caso,

    spingere alla riflessione coloro che parlano di

    rivoluzione con leggerezza. Quello che questa

    parola contiene in s oggi deve essere accettato

    in blocco o rifiutato in blocco.

    Se accettato, ci si deve riconoscere

    responsabili consapevoli della guerra futura. Se

    rifiutato, si deve, o dichiararsi sostenitore

    dello status quo, che significa lutopia totale, dal momento che essa presuppone

    limmobilizzazione della storia, oppure rinnovare il contenuto della parola rivoluzione, il che

    implica unadesione a quella che chiamer lutopia relativa. Dopo aver riflettuto un po' in merito a questo

    dilemma, mi sembra che gli uomini che

    desiderino oggi cambiare il mondo in maniera

    efficace debbano scegliere fra i cumuli di

    cadaveri che si preannunciano, il sogno

    impossibile di una storia che tutta un tratto si ferma, e laccettazione di unutopia relativa che

  • lasci una possibilit allazione e, nello stesso tempo, anche agli uomini. Non tuttavia difficile

    rendersi conto che, al contrario, questa utopia

    relativa la sola possibile, e la sola ispirata dal

    senso di realt. Quale sia la fragile possibilit che

    potrebbe salvarci dalle carneficine, quello che

    prenderemo in esame in un prossimo articolo.

    DEMOCRAZIA E DITTATURA INTERNAZIONALI

    Oggi sappiamo che non ci sono pi isole e che le

    frontiere sono vane. Sappiamo che in un mondo

    in accelerazione costante, nel quale si attraversa

    lAtlantico in meno di una giornata, in cui Mosca parla con Washington nel giro di poche ore,

    siamo costretti alla solidariet o alla complicit, a

    seconda dei casi. Quello che abbiamo imparato

    nel corso degli anni 40, che lingiuria fatta ad uno studente di Praga colpiva nello stesso tempo

    loperaio di Clichy, che il sangue sparso da qualche parte lungo le rive di un fiume del

    Centro Europa doveva fare arrivare un contadino

    del Texas a versare il proprio sul suolo di queste

    Ardenne che egli vedeva per la prima volta. Non

    cera e non c pi una sola sofferenza, isolata, una sola tortura in questo mondo che non si

    ripercuota nella nostra vita di tutti i giorni.

    Molti Americani vorrebbero continuare a vivere

    chiusi nella loro societ che trovano buona. Molti

    Russi vorrebbero, forse, continuare a proseguire

  • lesperienza statalistica lontano dal mondo capitalista. Non possono farlo e non lo potranno

    mai pi.

    Allo stesso modo, nessun problema economico,

    per quanto secondario possa apparire, pu

    essere risolto oggi al di fuori della solidariet fra

    le nazioni. Il pane dellEuropa a Buenos Aires e le macchine utensili della Siberia sono fabbricate

    a Detroit. Oggi, la tragedia collettiva.

    Sappiamo dunque tutti, senza ombra di dubbio,

    che il nuovo ordine che cerchiamo non pu

    essere soltanto nazionale o continentale, n

    soprattutto occidentale o orientale. Deve essere

    universale. Non pi possibile attendersi delle

    soluzioni parziali o delle concessioni. Il

    compromesso quello che stiamo vivendo, vale

    a dire langoscia per oggi e lomicidio per domani. E nel frattempo la velocit della storia e

    del mondo accelera. I ventuno sordi, futuri

    criminali di guerra, che discutono oggi di pace

    scambiano i loro monotoni dialoghi

    tranquillamente seduti al centro di una rapida

    che li trascina verso il baratro, a mille kilometri

    allora. Si, questordine universale il solo problema del momento e che superi tutte le

    dispute costituzionali e di legge elettorale. Ed

    esso esige che gli destiniamo le risorse delle

    nostre intelligenze e delle nostre volont.

    Quali sono oggi i mezzi per giungere a questa

    unit del mondo, per realizzare questa

    rivoluzione internazionale nella quale le risorse in

    uomini, le materie prime, i mercati commerciali e

    le ricchezze spirituali potranno essere meglio

    ridistribuite? Io ne vedo soltanto due, e questi

    due mezzi determinano in maniera precisa la

    nostra ultima alternativa. Questo mondo pu

  • essere unificato, dallalto, come ho detto ieri, da un solo Stato pi potente degli altri. La Russia o

    lAmerica possono aspirare a questo ruolo. Personalmente non ho niente, e nessuno degli

    uomini che conosco ha qualcosa da ridire in

    merito allidea, difesa da alcuni, che la Russia o lAmerica abbiano i mezzi per dominare e unificare questo mondo secondo gli schemi della

    loro societ. Mi ripugna, come Francese, e ancor

    pi come Mediterraneo. Ma non terr in nessun

    conto questo argomento sentimentale.

    La nostra sola obiezione, eccola, cos come lho definita in un recente articolo: questa

    unificazione non pu essere fatta senza la guerra

    o, perlomeno, senza un rischio estremo di

    guerra. Ammetter ancora, anche se non ci

    credo, che la guerra possa non essere atomica.

    Resta il fatto che la guerra di domani lascerebbe

    lumanit talmente mutilata e a tal punto impoverita, che lidea stessa di un ordine risulterebbe definitivamente anacronistica. Marx

    poteva giustificare, come ha fatto, la guerra del

    1870, perch era la guerra del fucile Chassepot

    ed era localizzata. Nelle prospettive del

    marxismo, centomila morti non sono niente, in

    effetti, in cambio della felicit di centinaia di

    milioni di persone. Ma la morte certa di centinaia

    di milioni di persone, per la felicit supposta di

    coloro che restano, un prezzo troppo elevato. Il

    progresso vertiginoso degli armamenti, fatto

    storico ignorato da Marx, obbliga a porre in modo

    nuovo il problema del fine e dei mezzi.

    E il mezzo, in questo caso, farebbe saltare il

    fine. Qualunque sia il fine desiderato, per quanto

    elevato e necessario esso sia, che voglia o meno

    promuovere la felicit degli uomini, che voglia

  • onorare la giustizia oppure la libert, il mezzo

    impiegato per raggiungerlo rappresenta un

    rischio talmente definitivo, talmente

    sproporzionato come grandezza rispetto alle

    possibilit di successo, che rifiutiamo

    obbiettivamente di correrlo. Bisogna quindi

    ritornare al secondo mezzo idoneo ad assicurare

    questo ordine universale, e che il mutuo

    accordo di tutte le parti. Non ci domanderemo se

    sia possibile, considerando qui che per

    lappunto il solo possibile. Ci domanderemo innanzitutto che cos. Questo accordo delle parti ha un nome, che la

    democrazia internazionale. Tutti ne parlano

    allO.N.U., naturalmente. Ma cos la democrazia internazionale?

    una democrazia che internazionale. Spero

    mi si perdoni questo truismo, poich le verit pi

    evidenti sono anche le pi travestite.

    Che cos la democrazia nazionale o internazionale? una forma di societ in cui la

    legge al di sopra dei governanti, dato che

    questa legge lespressione della volont di tutti, rappresentata da un corpo legislativo. questo

    che si cerca di fondare oggi? Ci viene proposta,

    in effetti, una legge internazionale. Ma questa

    legge fatta o disfatta da dei governi, vale a dire

    dallesecutivo. Siamo quindi in regime di dittatura internazionale. Lunico modo per uscirne porre la legge internazionale al di sopra

    dei governi, dunque fare questa legge, dunque

    disporre di un parlamento, dunque costituire

    questo parlamento per mezzo di elezioni mondiali

    alle quali partecipino tutti i popoli. E siccome non

    abbiamo questo parlamento, lunica via resistere a questa dittatura internazionale su un

  • piano internazionale e utilizzando mezzi che non

    contraddicano il fine perseguito.

    IL MONDO VA VELOCE

    evidente per tutti che il pensiero politico si

    trova sempre pi sorpassato dagli eventi. I

    Francesi, per esempio, hanno iniziato la guerra

    del 1914 con i mezzi della guerra del 1870 e la

    guerra del 1939 con i mezzi del 1918. Ma anche

    il pensiero anacronistico non una specialit

    francese. Baster qui sottolineare che,

    praticamente, le grandi politiche odierne

    pretendono di stabilire lavvenire del mondo servendosi di principi concepiti nel XVIII secolo

    per quanto riguarda il liberalismo capitalista, e

    nel XIX per quanto riguarda il socialismo, detto

    scientifico. Nel primo caso, un pensiero nato nei

    primi anni dellindustrialismo moderno e, nel secondo caso, una dottrina contemporanea

    dellevoluzionismo darwiniano e dellottimismo renano si propongono di mettere in equazione

    lepoca della bomba atomica, dei bruschi cambiamenti e del nichilismo. Niente potrebbe

    illustrare meglio la sfaldatura sempre

    pi disastrosa che si apre fra il pensiero politico e

    la realt storica.

    Beninteso, il pensiero sempre in ritardo

    rispetto al mondo. La storia corre mentre il

    pensiero medita. Ma questo ritardo inevitabile

    diventa oggi sempre pi grande in proporzione

  • allaccelerazione storica. Il mondo cambiato molto di pi nel corso degli ultimi cinquantanni di quanto non avesse fatto prima in duecento

    anni. E vediamo ancora adesso la gente accanirsi

    a risolvere problemi di frontiere quando tutti i

    popoli sanno che le frontiere oggi sono

    astratte. ancora il principio delle

    nazionalit che parso prevalere alla Conferenza

    dei Ventuno.*

    Dobbiamo tener conto di questo nella nostra

    analisi della realt storica.

    Noi imperniamo oggi le nostre riflessioni sul

    problema tedesco, che un problema secondario

    paragonato allo scontro di poteri che ci minaccia.

    Ma se, domani, concepissimo delle soluzioni

    internazionali in funzione del problema russo-

    americano, rischieremmo di vederci ancora una

    volta sorpassati. Lo scontro di poteri gi in

    procinto di passare in secondo piano rispetto allo

    scontro delle civilt. Da ogni parte, in effetti, le

    civilt colonizzate fanno sentire la loro voce. Fra

    dieci anni, fra cinquantanni, sar la preminenza della civilt occidentale ad essere rimessa in

    questione. Tanto vale quindi pensarci subito e

    aprire il Parlamento mondiale a queste civilt,

    affinch la sua legge diventi veramente

    universale, e universale lordine che essa sancisce.

    I problemi posti attualmente dal diritto di veto

    sono falsati perch le maggioranze o le

    minoranze che si oppongono allO.N.U. sono false. LU.R.S.S. avr sempre il diritto di rifiutare la legge della maggioranza fintantoch questa

    sar una maggioranza di ministri, e non una

    maggioranza di popoli rappresentati dai loro

    delegati e fintantoch tutti i popoli non vi

  • saranno equamente rappresentati. Il giorno in

    cui questa maggioranza avr un senso,

    bisogner che ciascuno le obbedisca o rifiuti la

    sua legge, ovverossia dichiari apertamente la

    propria volont di dominio.

    Allo stesso modo, se teniamo sempre presente

    questa accelerazione del mondo, corriamo il

    rischio di trovare il modo corretto di porre il

    problema economico attuale. Nel 1930, non si

    considerava pi il problema del socialismo come

    si faceva nel 1848. Allabolizione della propriet era succeduta la strategia della messa

    in comune dei mezzi di produzione. E questa

    strategia, in effetti, oltre a regolamentare nello

    stesso tempo il destino della propriet, teneva

    conto della scala pi vasta su cui si poneva il

    problema economico. Ma, dal 1930, questa scala

    si ulteriormente estesa. E, cos come la

    soluzione politica sar internazionale, o non ci

    sar affatto, cos la soluzione economica deve

    riguardare innanzitutto i mezzi di produzione

    internazionali: petrolio, carbone e uranio. Se

    collettivizzazione deve esserci, essa deve

    concernere le risorse indispensabili a tutti e che,

    in effetti, non devono essere appannaggio di

    nessuno. Il resto, tutto il resto, rientra nel campo

    del discorso elettorale.

    Queste prospettive sono utopistiche agli occhi di

    qualcuno, ma per tutti coloro che rifiutano di

    accettare leventualit di una guerra opportuno sostenere e difendere questo insieme di principi

    senza alcuna riserva. Quanto a conoscere i

    percorsi che possono avvicinarci ad una simile

    concezione, essi non sono immaginabili senza

    lincontro tra i socialisti di ieri e gli uomini di oggi, solitari nei disparati luoghi del mondo.

  • possibile in ogni caso rispondere ancora una

    volta, e per tutte, allaccusa di utopia. Perch, per noi, la cosa semplice: sar lutopia o la guerra, come ce la preparano sistemi di pensiero

    sorpassati. Il mondo ha facolt di scelta oggi fra

    il pensiero politico anacronistico e il pensiero

    utopistico. Il pensiero anacronistico sul punto

    di ucciderci. Per quanto diffidenti siamo (e io

    sia), il senso di realt ci obbliga quindi a

    ritornare verso questa utopia relativa. Quando

    essa sar entrata a far parte della Storia, come

    molte altre utopie dello stesso genere, gli uomini

    non immagineranno pi altre realt. Tanto vero

    che la Storia non altro che lo sforzo disperato

    degli uomini per dare corpo ai loro pi

    chiaroveggenti sogni.

    * La conferenza dei 21 Stati vittoriosi tenutasi a

    Parigi, al Palazzo del Louxembourg, il 29 luglio

    1946, doveva fissare le frontiere dei paesi alleati

    della Germania: Italia, Romania, Bulgaria,

    Ungheria, etc.

    UN NUOVO CONTRATTO SOCIALE

    Per riassumere: il destino degli uomini di tutte

    le nazioni non sar tutelato se prima non sar

    risolto il problema della pace e

    dellorganizzazione del mondo. Non potr esserci

  • una rivoluzione efficace in alcuna parte del

    mondo, prima che sia realizzata questa

    rivoluzione. Tutto quello che di diverso si dice in

    Francia, oggi, futile o interessato. Mi spinger

    oltre. Non soltanto la forma di propriet non sar

    cambiata in maniera durevole in alcun punto del

    globo, ma i problemi pi semplici, come il pane

    di tutti i giorni, la grande fame che fa torcere i

    ventri dEuropa, il carbone, non avranno alcuna soluzione fintantoch non sar creata la pace.

    Qualsiasi pensiero che riconosca lealmente la

    propria incapacit di giustificare la menzogna e

    lomicidio portato a questa conclusione, per poco che abbia a cuore la verit. Non gli resta

    quindi che conformarsi tranquillamente a questo

    ragionamento. Esso dovr cos riconoscere che:

    1 la politica interna, considerata in modo

    isolato, una questione esclusivamente

    secondaria e daltronde impensabile; 2 lunico problema la creazione di un ordine

    internazionale che possa alla fine produrre le

    riforme di struttura durevoli tramite le quali si

    conclude la rivoluzione; 3 allinterno delle nazioni esistono ormai soltanto problemi di

    amministrazione, che vanno risolti

    provvisoriamente, e al meglio possibile, in attesa

    di una soluzione politica pi efficace perch pi

    generale.

    Bisogner dire, per esempio, che la Costituzione

    francese non pu essere giudicata se non in

    funzione del servizio chessa rende, o no, ad un ordine internazionale fondato sulla giustizia e sul

    dialogo. Da questo punto di vista, lindifferenza della nostra Costituzione alle pi elementari

    libert umane deplorevole. Occorrer

    riconoscere che lorganizzazione provvisoria

  • dellapprovvigionamento dieci volte pi importante del problema delle nazionalizzazioni o

    delle statistiche elettorali. Le nazionalizzazioni

    non potranno funzionare in un solo paese. E se

    nemmeno lapprovvigionamento pu essere affrontato sul solo piano nazionale, esso

    quantomeno pi urgente e impone il ricorso a

    degli espedienti, anche provvisori.

    Tutto questo pu dare, di conseguenza, alla

    nostra valutazione sulla politica interna il criterio

    che finora le mancava. Trenta editoriali de

    lAube avranno voglia di opporsi ogni mese a trenta editoriali de lHumanit, non riusciranno a farci dimenticare che questi due giornali, con i

    partiti che rappresentano e gli uomini che li

    dirigono, hanno accettato lannessione senza referendum di Briga e Tenda, e si sono in questo

    modo uniti in ununica impresa di distruzione nei confronti della democrazia internazionale. Che la

    loro volont sia buona o cattiva, il signor Bidault

    e il signor Thorez favoriscono a pari merito il

    principio della dittatura internazionale. Da questo

    punto di vista, e qualsiasi cosa se ne possa

    pensare, essi rappresentano nella nostra politica,

    non certo la realt, ma lutopia pi deplorevole. Si, dobbiamo togliere importanza alla politica

    interna. Non si guarisce la peste con i rimedi che

    si applicano ai raffreddori di testa. Una crisi che

    lacera il mondo intero deve essere risolta su

    scala universale. Lordine per tutti, affinch sia diminuito per ciascuno il peso della miseria e

    della paura, oggi il nostro obbiettivo logico.

    Questo per richiede unazione e dei sacrifici, ovvero degli uomini. E se ci sono molti uomini

    oggi, che nel segreto del loro cuore maledicono

    la violenza e il massacro, non ce ne sono molti

  • disposti a riconoscere che questo li costringe a

    riconsiderare il loro pensiero o la loro azione.

    Coloro che vorranno fare, tuttavia, questo sforzo,

    avranno modo di trovarvi una ragionevole

    speranza e la regola di una azione.

    Essi ammetteranno che non hanno un gran che

    da aspettarsi dagli attuali governi, dato che

    questi vivono e agiscono secondo dei principi

    omicidi. La sola speranza sta nello sforzo pi

    grande, quello che consiste nel riprendere le cose

    al loro inizio, per fare di nuovo una societ viva

    allinterno di una societ condannata. quindi necessario che questi uomini, uno a uno,

    rifacciano fra loro, allinterno delle frontiere e al di sopra di esse, un nuovo contratto sociale che li

    unisca basandosi su principi pi ragionevoli.

    Il movimento per la pace di cui ho parlato

    dovrebbe poter articolarsi, allinterno delle nazioni, in comunit di lavoro e, oltre i confini, in

    comunit di riflessione: le prime delle quali, in

    base ad accordi consensuali sul modo

    cooperativo, solleverebbero il maggior numero

    possibile di individui, mentre le seconde

    tenterebbero di definire i valori su cui pogger

    questordine internazionale, sostenendone nel contempo la causa in ogni occasione.

    Pi precisamente, il compito di questultime sarebbe quello di opporre parole chiare alle

    confusioni del terrore, e spiegare nello stesso

    tempo i valori indispensabili ad un mondo

    pacificato. Un codice di giustizia internazionale il

    cui primo articolo sia labolizione generale della pena di morte, e una messa in chiaro dei principi

    necessari a qualsiasi civilt del dialogo

    potrebbero essere i suoi primi obbiettivi.

  • Questo lavoro risponderebbe ai bisogni di

    unepoca che non trova in alcuna filosofia le giustificazioni necessarie alla sete di amicizia che

    brucia oggi gli animi occidentali. Ma fin troppo

    evidente che non si tratterebbe di edificare una

    nuova ideologia. Si tratterebbe soltanto di

    cercare uno stile di vita.

    Sono questi, in ogni caso, dei motivi di

    riflessione e non posso dilungarmi su questo

    tema nellambito di questi articoli. Ma, per parlare pi concretamente, diciamo che degli

    uomini che decidessero di opporre, in qualsiasi

    circostanza, lesempio al potere, la predicazione alla sopraffazione, il dialogo allinsulto ed il semplice onore allastuzia; che rifiutassero tutti i vantaggi della societ attuale ed accettassero

    soltanto i doveri e le responsabilit che li legano

    agli altri uomini; che si impegnassero ad

    orientare prima di tutto linsegnamento, poi la stampa e lopinione, secondo i principi di comportamento di cui si trattato finora, quegli

    uomini non agirebbero nel senso dellutopia, evidente, ma secondo il realismo pi onesto. Essi

    preparerebbero lavvenire e, in questo modo, farebbero cadere fin da oggi alcuni dei muri che

    ci opprimono. Se il realismo larte di tener conto del presente e del futuro nello stesso

    tempo, di ottenere il massimo sacrificando il

    minimo, chi non vede che la loro scelta

    risponderebbe alla realt pi lampante?

    Questi uomini si solleveranno, oppure no, non

    posso sapere. probabile che la maggior parte di

    essi in questo momento rifletta, e questo bene.

    Ma certo che lefficacia della loro azione sar strettamente legata al coraggio con cui

    accetteranno di rinunciare, per il momento, ad

  • alcuni loro sogni per dedicarsi esclusivamente

    allessenziale, che salvare le vite. E, arrivati a questo punto, bisogner forse,

    prima di concludere, alzare la voce.

    VERSO IL DIALOGO

    S, bisognerebbe alzare la voce. Io mi sono

    guardato bene, fino ad ora, di fare appello alle

    forze del sentimento. Ci che ci stritola oggi,

    una logica storica che abbiamo creato di sana

    pianta e i cui nodi finiranno per strangolarci. E

    non il sentimento che pu tagliare i nodi di una

    logica che delira, ma soltanto una ragione che

    ragioni entro i limiti che essa si riconosce. Ma non

    vorrei, per concludere, lasciar credere che

    lavvenire del mondo possa fare a meno delle nostre forze di indignazione e damore. So bene che gli uomini hanno bisogno di grandi

    motivazioni per intraprendere un cammino e che

    difficile scuotersi da soli per una lotta i cui

    obbiettivi sono cos limitati e nella quale la

    speranza ha una parte appena accettabile. Ma

    non si tratta di trascinare gli uomini. Al contrario,

    lessenziale che essi non siano trascinati e sappiano bene quello che fanno.

    Salvare quello che ancora pu essere salvato,

    per rendere lavvenire se non altro possibile, ecco la grande motivazione, la passione e il sacrificio

    richiesti. Questo esige soltanto che ci si rifletta e

    che si decida chiaramente se il caso di

  • aumentare ulteriormente la sofferenza degli

    uomini per dei fini sempre incomprensibili, se

    bisogna accettare che il mondo si riempia di armi

    e che il fratello uccida di nuovo il fratello, o se

    bisogna, al contrario, risparmiare per quanto

    possibile il sangue e il dolore per dare la

    loro chance ad altre generazioni che sapranno

    difendersi meglio di noi.

    Da parte mia, credo di essere abbastanza sicuro

    di aver scelto. E, avendo scelto, mi sembrato di

    dover parlare, dire che non sar mai pi fra

    coloro, chiunque essi siano, che si adeguano

    allomicidio, e trarre le conseguenze che da questo derivano. La cosa fatta e quindi oggi mi

    fermer. Prima, per, vorrei che si sentisse bene

    con quale intento ho parlato finora.

    Ci viene chiesto di amare o di detestare questo o

    quel paese e tale o talaltro popolo. Ma siamo pi duno a sentire troppo bene le nostre somiglianze con tutti gli uomini per accettare questa scelta. Il

    modo adeguato di amare il popolo russo, in

    riconoscenza di quello che non ha mai cessato di

    essere, vale a dire il lievito del mondo di cui

    parlano Tolstoj e Gorki, non di auspicare per

    esso le avventure della potenza, di

    risparmiargli, dopo tante prove attraversate, un

    nuovo e terribile dissanguamento. Lo stesso vale

    per il popolo americano e per linfelice Europa. il genere di verit elementari che si dimenticano nel

    furore del momento.

    S, quello che bisogna combattere oggi sono la

    paura e il silenzio, e con essi la separazione delle

    menti e degli animi che producono. Quello che

    bisogna difendere sono il dialogo e la

    comunicazione universale degli uomini fra loro. La

    servit, lingiustizia, la menzogna sono i flagelli

  • che spezzano questa comunicazione e proibiscono

    questo dialogo. Ecco perch dobbiamo rifiutarli.

    Ma questi flagelli sono oggi la materia stessa

    della storia, e quindi molti uomini li considerano

    come dei mali necessari. altrettanto vero che

    non possiamo sfuggire alla storia, poich vi siamo

    immersi fino al collo. Si pu tuttavia rivendicare il

    diritto di lottare allinterno della storia, per preservare quella parte delluomo che non le appartiene. Ecco tutto quello che ho voluto dire. E

    in tutti i casi definir ancora meglio questo

    atteggiamento e lo spirito di questi articoli

    tramite un ragionamento sul quale vorrei, prima

    di concludere, che si meditasse lealmente.

    Una grande esperienza mette oggi in movimento

    tutte le nazioni del mondo, secondo le leggi della

    potenza e del dominio. Non dir che bisogna

    ostacolare, n lasciar proseguire questa

    esperienza. Essa non ha bisogno che laiutiamo e, per il momento, se ne infischia che la

    contrastiamo. Lesperienza quindi continuer. Porr semplicemente questa domanda: Che cosa accadr se lesperienza fallisce, se la logica della storia si smentisce, nonostante molti animi vi

    facciano affidamento?. Cosa succeder se, malgrado due o tre guerre, malgrado il sacrificio

    di numerose generazioni e di alcuni valori, i nostri

    nipoti, supponendo che ci siano, non si

    troveranno pi vicini alla societ universale?

    Succeder che i superstiti di questa esperienza

    non avranno nemmeno pi la forza di essere i

    testimoni della loro stessa agonia. Poich dunque

    lesperienza continua, ed inevitabile che continui ancora, non male che degli uomini si

    prendano il compito di preservare, lungo il corso

    della storia apocalittica che ci attende, lumile

  • capacit di riflettere che, senza pretendere di

    risolvere tutto, sar sempre pronta in qualunque

    momento, per indicare un senso alla vita di tutti i

    giorni. Lessenziale che questi uomini pesino bene, e una volta per tutte, il prezzo che

    dovranno pagare.

    Ora posso concludere. Tutto quello che mi

    sembra auspicabile, in questo momento, che in

    mezzo al mondo dellomicidio ci si decida a riflettere sullomicidio e a scegliere. Se questo potesse accadere, ci divideremmo allora fra

    coloro che accettano, a rigore, di essere degli

    assassini, e coloro che vi si rifiutano con tutte le

    loro forze. Poich questa terribile divisione esiste,

    sar quantomeno un progresso renderla chiara.

    Attraverso cinque continenti, e negli anni a

    venire, uninterminabile lotta continuer fra la violenza e la predicazione. Ed vero che le

    possibilit della prima sono mille volte pi grandi

    rispetto a quelle dellultima. Tuttavia io ho sempre pensato che se luomo che sperava nella condizione umana era un folle, colui che

    disperava degli eventi era un vile. E a questo

    punto, lunico onore sar di accettare ostinatamente questa formidabile scommessa che

    decider, infine, se le parole sono pi forti delle

    pallottole.

    Segue la pubblicazione della traduzione di

    un'intervista rilasciata a Russell Wilkinson dalla

    figlia Catherine Camus e dall'editore Robert

    Gallimard)

    Russell Wilkinson: Tra isolamento

    intellettuale e nuova percezione

  • dell'opera di Camus Intervista a Catherine Camus e Robert Gallimard

    L'importanza de Il primo uomo nellambito di una valutazione di Albert Camus come

    scrittore e filosofo politico nel tempo attuale

    PRESENTAZIONE

    Il 29 luglio del 2000, presso la Cit du Livre di

    Aix-en-Provence ha avuto luogo la cerimonia

    ufficiale del passaggio del Fond Camus alla

    Biblioteca di quella citt che, per loccasione, aveva allestito una vasta esposizione di volumi,

    foto, registrazioni, video, manoscritti etc.,

    creando un evento adeguato alla portata

    dellautore, e uno spazio per accogliere e conservare tutto quel materiale. Trovandomi in

    quella citt per ragioni di studio ed essendo gi

    sua appassionata lettrice ed estimatrice, non ho

    voluto perdere una cos insperata occasione per

    dare spazio alla mia viva curiosit sullautore e sulluomo Camus, trovando ampia conferma dellintima e perfetta connessione che avevo intuito, fra lartista e la sua opera. Quello che non sapevo e che mai avrei potuto immaginare,

    e che in quelloccasione apparve fin troppo evidente, fu la discrepanza fra il consenso e

    lamorevole sostegno che lo avevano aiutato a crescere in Algeria, pur nella pi assoluta

    povert, e lisolamento, i ripetuti vili attacchi che

  • dovette subire in Francia, dai compagni di lotta e

    di partito, proprio mentre e dove stava dando il

    meglio di s.

    Volendo dire qualcosa che illustri e faccia

    intendere la portata, lautorevolezza, lumanit e il grande senso di responsabilit che hanno

    mosso questuomo, unitamente allimpensabile solitudine in cui, per il suo straordinario acume,

    lanticipo sui tempi e lirrinunciabile rigore si trovato a vivere, mi parso naturale e pertinente

    riportare questa testimonianza della figlia che, a

    mio avviso, dice assai pi di quanto qualsiasi

    storico o studioso potrebbe mai dire. Di pi, poi

    che in quelloccasione ebbi modo di incontrarla, e volendo testimoniarle quello che ritenevo un

    debito omaggio e riconoscimento per il gesto che

    stava compiendo, fui enormemente sorpresa nel

    trovare in lei, unitamente a tanta devozione e

    alla totale dedizione allopera del padre (non per scelta, come mi disse, ma per obbligo di eredit),

    la stessa semplicit, lessenzialit, lo stesso senso di responsabilit, di rigore e rispetto per

    lumanit, che avevo trovato e trovo nellopera del padre. Qualit rare, cui pu far bene

    attingere, di tanto in tanto.

    Russell Wilkinson: Nella sua nota delleditore per Il primo uomo, lei sembra indicare che ci

    troviamo oggi in un'epoca pi ricettiva rispetto al

    lavoro di Camus. Pensa che Camus sia stato

    trascurato negli ultimi anni?

    Catherine Camus: Non mai stato

    abbandonato dai suoi lettori. Camus

    enormemente letto. l'autore che vende di pi in

  • tutta la collezione Gallimard ed stato cos per

    tanti anni. Le vendite non sono mai calate, quindi

    parlare di riscoperta suggerirebbe lidea che non sia pi stato letto, e questo non vero. Si tratta

    solo del fatto che, nel mentre stavamo

    pubblicando Il primo uomo, mi dicevo: Sar orribile, ma orribile sul piano della critica. Non avevo paura del suo pubblico. Avevo paura di ci

    che sarebbe stato scritto sui giornali. Ci sono

    comunque dei segnali che dicono che gli

    intellettuali tornano di nuovo a Camus, oggi. La

    storia ha dato loro ragione, con la caduta del

    comunismo. In realt, stato sempre a causa

    del problema comunista che ci fu opposizione

    contro Camus. stato sempre e soprattutto

    qualcosa di politico, una sorta di malinteso.

    Camus aveva denunciato i gulag e i processi di

    Stalin. Oggi possiamo dire che aveva ragione. Ma

    allepoca, dire che cerano campi di concentramento in Unione Sovietica era

    blasfemo, davvero molto grave. Oggi, quando

    pensiamo all'URSS, teniamo conto dei campi, ma

    prima non era permesso, molto semplicemente.

    Nessuno aveva il diritto di dirlo o di pensarlo, se

    era di sinistra. Camus ha sempre insistito sul

    fatto che i criteri storici e largomentazione storica non erano le uniche cose da tenere in

    considerazione, che non erano onniscienti, e che

    la storia poteva sempre sbagliarsi in rapporto

    all'uomo. cos che cominciamo a pensare oggi.

    RW: Lei pensa quindi che all'opera di Camus si

    stia rendendo giustizia, dopo questo periodo di

    isolamento intellettuale?

    Robert Gallimard: Tutto dipende dal momento

  • storico. Subito dopo la guerra, con la liberazione

    nel 1945, Camus era molto conosciuto e molto

    amato da Sartre e da tutti gli intellettuali di

    quella generazione. C' un'intervista rilasciata da

    Sartre negli Stati Uniti dove gli si chiede qual il

    futuro della letteratura francese, e lui risponde

    che il prossimo grande autore per il futuro

    Camus. E poi il tempo passa, e

    unargomentazione molto pi politica che letteraria prevale, e dal giorno in cui Camus ha

    scritto LUomo in Rivolta, nel 1955, c la rottura, e tutti o quasi tutti gli intellettuali di sinistra gli

    diventano ostili. E poich era gi malvisto dalla

    destra, rimase completamente solo. E poi,

    durante gli anni '80, quelli che chiameremmo i

    giovani filosofi di Francia, come Bernard e

    Gluxman hanno fatto notare che Camus aveva

    detto cose che nessuno voleva sentire nell'arena

    politica. Hanno detto che era Camus che era nel

    giusto, e non quelli che sono caduti sotto

    l'influenza di Sartre, la qual cosa comportava una

    resa incondizionata al comunismo come abbiamo

    visto in Unione Sovietica. E da quel momento in

    poi, le opinioni su Camus hanno continuato a

    modificarsi, fino ad ora. Gli intellettuali della sua

    et che non lo avevano amato prima, ora lo

    apprezzano. Ritorniamo quindi alla letteratura, e

    constatiamo che sempre stato un grande

    autore.

    RW: Il che ci porta specificamente alla

    pubblicazione de Il primo uomo. Come pensa che

    questo libro possa cambiare la nostra percezione

    del lavoro di Camus?

    CC: Bisogna sottolineare che egli ha scritto

  • soltanto un terzo di quello che avrebbe voluto

    scrivere. Il primo uomo il suo ultimo lavoro,

    postumo. Ma in realt, in un certo senso, il suo

    primo, perch vi si trovano le linee del suo

    impegno e anche del suo modo di scrivere nel

    suo complesso. Quella combinazione di austerit

    e di sensibilit, la volont di parlare per coloro

    che non possono farlo da s.

    RW: Ci sono delle volte in cui, nelle sue lettere

    a Louis Germain [il docente di filosofia di Camus

    in Algeria, pubblicate in appendice] sembra

    insoddisfatto del suo lavoro su Il primo uomo.

    Dopo aver ricevuto il premio Nobel, si sentiva

    sotto pressione per produrre la sua opera

    definitiva?

    CC: Non scriveva sotto l'influenza del Premio

    Nobel. Era una cosa superficiale per l'artista che

    era in lui. Il Premio Nobel viene da fuori, una

    sorta di riconoscimento sociale. E penso che un

    vero artista sia spinto da esigenze interne. Non

    possiamo parlare del libro che voleva scrivere

    perch abbiamo soltanto l'inizio. Non ne aveva

    scritto un gran che, ma aveva bisogno di

    scriverlo. Mi sembra che quando si guarda allo

    stile de Il primo uomo, assomigli molto di pi a

    quello chegli era come uomo. Gli assomiglia enormemente.

    RW: Arriveremo a farci un'idea pi chiara delle

    sue idee filosofiche con la lettura di questopera?

    CC: Forse no, perch ad uno stadio piuttosto

    grezzo. Ma in questo modo, in queste condizioni,

    si vede di pi, senza alcun artificio dellarte,

  • senza cancellature. Esso forse, nello stesso

    tempo, pi vero. Penso che volesse scrivere

    qualcosa per spiegare chi era e in quale modo si

    distingueva dallepoca che gli era stata assegnata. stato spesso visto come un

    moralista severo, ma sul campo da calcio e a

    teatro che ha imparato la sua moralit. qualcosa di sensuale, non passa solo attraverso il

    pensiero. Non possibile. Egli ha iniziato a

    pensare con la sensazione. Non avrebbe mai

    potuto pensare con oggetti o modelli culturali,

    perch non ce nerano. Quindi vero che la sua moralit era estremamente vissuta, fatta di cose

    molto concrete. Questo non passa mai attraverso

    astrazioni. la sua esperienza, il suo modo di

    parlare. Ci sono coloro che sono attratti dalle sue

    idee di assurdit e altri che sono attratti dal lato

    solare del suo lavoro sullAlgeria, il caldo, ecc.

    RW: Dato che Il primo uomo parla della nascita

    di Camus e della sua infanzia in Algeria, sembra

    strano che i suoi rapporti profondi e personali

    con la crisi nazionalista algerina vengano ignorati

    nel ritratto tradizionale di lui come scrittore

    francese. Pensa che Il primo uomo possa farci

    rivalutare l'importanza dellAlgeria nelle nostre considerazioni su Camus?

    CC: Spero di s. Camus nato in Algeria, di

    nazionalit francese ed era assimilato nella

    comunit francese, anche se i coloni francesi

    lavevano assolutamente respinto a causa della sua povert. Politicamente, stato a favore di

    una federazione e, infatti, considerava che, come

    in Sud Africa oggi (o come tentano di fare), ci

    dovesse essere una popolazione mista con pari

  • diritti, gli stessi diritti per gli arabi e i francesi, e

    poi anche per tutti gli altri popoli che vivevano l.

    RW: Pensa che egli si considerasse come il

    primo membro di una razza di sradicati, a motivo

    della assenza del padre e della dualit culturale

    della sua formazione?

    CC: No, non a livello politico. Egli Il primo

    uomo perch povero, il che non mai stato

    cos rilevante per gli esseri umani. Conosceva

    bene l'Algeria. E stato esiliato dal suo paese, ma

    ha sempre vissuto nella sua lingua. Solitario e

    solidale. Non come per coloro che sono in esilio

    in un paese in cui la lingua non la loro. Aveva

    poca speranza che potesse funzionare, ma

    voleva che funzionasse. LAlgeria aveva prodotto tanta violenza, e quando una tale violenza si

    verifica non c' pi spazio per la riflessione. E

    non vi alcuna posizione di mediazione. Se

    guardiamo oggi la situazione in Bosnia, i Croati, i

    Bosniaci e i Serbi hanno creato cos tanto orrore

    che ci si chiede come queste persone possano

    vivere insieme dopo tutto quello che hanno fatto.

    La violenza ha gi raggiunto un punto tale che

    tutti vivono nellodio, non vi alcuna possibilit di riflessione, n di conciliare le rispettive

    posizioni.

    Non c' nessuno che pu dire Questa gente ha torto su questo, e ragione su quello. Questo potrebbe dare la possibilit a delle popolazioni, o

    anche a due esseri umani, di vivere insieme.

    Possiamo risolvere i problemi soltanto con

    l'accettazione e l'arricchimento attraverso le

    nostre differenze.

  • RW: Allora, Camus ha cercato di vivere il

    paradosso di essere allo stesso tempo solitario e solidale?

    CC: Credo che Camus si sentisse molto solo. Si

    pu vedere questo in tutti i suoi libri. Lo

    straniero non Camus, ma ne Lo straniero vi

    sono elementi di Camus. C' questa sensazione

    di esilio. E non n da Parigi n da altra parte

    che egli in esilio, ma dal mondo intellettuale, a

    causa delle sue origini. E questo un esilio

    completo. Proprio a causa del suo modo di

    sentire prima di pensare. Si trova in un contesto

    dal quale vorrebbe spesso sfuggire. In ogni caso,

    dobbiamo imparare che cos il sangue. Tutto questo deve essere razionalizzato. Su questo

    punto egli si sente esiliato, solo...

    RG: E tuttavia, qualcosa che evidente che

    Camus non avrebbe mai potuto essere un uomo

    neutrale. Era impegnato veramente e fisicamente

    nella Resistenza. In quel caso si impegnato

    nella lotta contro il nazismo. E ha sempre avuto

    un profondo impegno, una vera resistenza contro

    tutti i totalitarismi. Spesso dimentichiamo che

    Camus era molto feroce contro il regime di

    Franco, e fino alla fine. Ha rifiutato di andare in

    Spagna, ha lasciato l'UNESCO perch lUNESCO aveva accettato la Spagna di Franco e gli aveva

    permesso un discorso. Camus stato

    assolutamente intransigente, questo non

    affatto una neutralit... la lotta, un uomo che si

    impegnato. Certo, non era esistenzialista,

    ma era impegnato, un combattente. Non per

    niente dirigeva il giornale della Resistenza

    intitolato Combat.

  • RW: E come possiamo spiegare la differenza tra

    il suo impegno e quello degli esistenzialisti?

    CC & RG insieme: Non stato un

    esistenzialista!

    RG: Ha sempre rifiutato di esserlo.

    RW: Un altro esempio di essere solo e solidale,

    essere un amico di Sartre, ma mantenendo la

    sua distanza dal credo esistenzialista?

    CC: S. Oggi cominciamo a vedere come vanno

    queste cose. Ma di solito solo quando le cose ti

    colpiscono in pieno che cominci a capirle.

    Ognuno ha molte speranze per unumanit migliore e molti, tra cui Sartre, si sono indirizzati

    verso il comunismo nella sua fase iniziale. La

    generosit aveva un posto nella speranza degli

    uomini. Ma Camus aveva notato che abbiamo

    molto da attraversare. Bisogna che tutto sia

    accettato prima di essere migliorato. Quando

    hanno chiesto a Sartre se voleva vivere sotto un

    regime comunista oppure no, ha detto, No -. per gli altri buono, ma non per me, no. L'ha detto! Quindi difficile dire fino a che punto il

    suo atteggiamento sia intellettuale. Come si pu

    pensare che mai nella propria vita si vorrebbe

    vivere sotto un regime comunista e, allo stesso

    tempo, dire che un bene per tutti? Una cosa

    alquanto difficile, ma Sartre vi arrivato. Camus

    no, ed con questo che dobbiamo confrontarci

    oggi, voglio dire con ci che lideologia pura, che non tiene conto del contesto umano. In

    materia di economia, la stessa cosa.

    L'economia voleva basarsi sulla teoria senza

  • considerare i criteri umani, o il parametro

    uomo. Si finisce per sbattere la testa contro il muro, non pu funzionare. Non se ignoriamo

    l'uomo. Questo il motivo per cui Camus pi

    moderno adesso, perch dice sempre s, ma c luomo. la prima cosa, perch io sono luomo. Ed questo, la solidariet.

    RW: Il primo uomo quindi il suo ponte fra l'esperienza e la filosofia?

    CC: Quello che propongono gli articoli che sono

    gi stati scritti su Il primo uomo l'umilt.

    L'accettazione di queste contraddizioni. Cercare

    una spiegazione la morte. La menzogna la

    morte per Camus. per questo motivo che nel

    dramma Il malinteso, il figlio muore, ucciso dalla

    sorella e dalla madre, perch aveva mentito. Non

    ha mai detto loro chi era. Esse lo uccidono

    perch non lo riconoscono. Ma Camus dice anche

    che niente vero, di ci che impone lesclusione. Quindi dobbiamo accettare delle contraddizioni,

    se non vogliamo respingere alcune cose riguardo

    alla vita, alcune evidenze. Se creiamo un

    sistema, e poi diciamo: Qui c la verit, qui, in questo genere di percorso, si abbandoneranno tutti gli altri percorsi, e si uccider la vita. Questo

    dipende dal singolo individuo. Non era

    esattamente il sistema, che Camus aveva

    attaccato. Egli diceva: Se funziona, tanto meglio. Il suo scopo era quello di aiutare le persone a vivere. Questa la cosa importante.

    Penso che la cosa pi importante per un artista

    sia di provare tutti i canali possibili.

    RW Essendo dedicato a sua madre, pensa che Il

  • primo uomo dia unimmagine pi chiara delle sue idee sulla femminilit?

    CC: vero che le donne appaiono pochissimo

    negli altri suoi lavori. Hanno un posto molto

    marginale. Ma la femminilit, s, in effetti pi

    presente ne Il primo uomo, non soltanto

    relativamente alle donne ma stilisticamente,

    nella sua interezza, nelle annotazioni che ha

    scritto. Vi si pu vedere una vera storia d'amore,

    una storia d'amore d'infanzia, la prima di Camus.

    Meursault [il protagonista de Lo straniero] e

    Maria non hanno realmente mai vissuto un gran

    che. C Dora ne I giusti e poche altre nelle sue opere di teatro, ma non sono molto conosciute.

    Penso che per Camus sua madre fosse pi di una

    madre. l'amore, l'amore assoluto. per questo

    che Il primo uomo scritto per lei, dedicato, A te che non potrai mai leggere questo libro. E l'amore molto importante ne Il primo uomo,

    perch egli ama quelle cose che non ha mai

    scelto, ama le sue esperienze infantili in un modo

    molto reale. La loro povert voleva dire che non

    c'era nientaltro a cui pensare se non cosa mangiare, come vestirsi. Non c davvero spazio per altro, nella sua famiglia. difficile per gli altri

    mettersi al suo posto. Non vi esistenza

    immaginaria nelle loro vite. Gli intellettuali

    francesi sono per la maggior parte dei piccoli

    borghesi, ma difficile dire se questo conferisca

    pi valore allopera di Camus. Direi piuttosto che egli diverso. Necessariamente. Le sue posizioni

    si fanno sentire. Cos, naturalmente, gli

    intellettuali che non hanno avuto questa

    esperienza, hanno difficolt a comprenderla. Ma

    penso che questo lo abbia reso pi tollerante,

  • perch aveva gi visto entrambi i lati delle cose,

    mentre gli altri ne avevano visto uno solo. Essi

    immaginano la povert, ma non la conoscono.

    Hanno anche una sorta di cattiva coscienza nei

    confronti della classe operaia. la prospettiva

    che essi non avrebbero mai potuto adottare, non

    come Sartre avrebbe voluto, perch non la

    conoscevano. Non hanno mai saputo come

    rivolgersi a loro. Non capiscono cosa vuol dire, e

    questo conferisce loro una cattiva coscienza.

    Camus era pi vicino ai poveri.

    RW: Questa vicinanza viene forse dalla sua

    umilt, come possiamo vedere nelle lettere al

    signor Germain, il suo vecchio insegnante,

    pubblicate alla fine deIl primo uomo?

    CC: per il fatto che il suo insegnante, ne Il

    primo uomo ha un posto fondamentale. Camus

    ce lo mostra esattamente come era. Il primo

    uomo completamente autobiografico. La madre

    che descrive la donna che ho conosciuto, ed

    era esattamente come lui la descrive. E

    quellinsegnante realmente esistito. Ma questo mostra anche che gli uomini attribuiscono molta

    importanza alla celebrit, e Camus ha scritto il

    suo discorso di accettazione del premio Nobel

    come ringraziamento per il suo insegnante. Il

    riconoscimento, l'apprezzamento esistono. Lo ha

    fatto per mostrare che quello era il risultato di

    tutto ci che il suo maestro aveva fatto per lui. E,

    pi ancora, che ci sono dei Signor Germain

    ovunque nel mondo. Questo il motivo per cui

    ho pubblicato le lettere, per assegnargli un posto

    nellopera... Ma non potrei mai pensare o agire per conto di quello che mio padre avrebbe detto

  • o fatto. Era un artista, egli si considerava un

    artista, e per questo si preso la responsabilit

    di parlare per coloro che non hanno n i mezzi n

    l'opportunit per farlo.