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OTTOBRE 2012

Amerindia N. 2 Ottobre 2012

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Ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia Ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Santa Sede Consolato Generale della Repubblica Bolivariana del Venezuela a Milano Consolato Generale della Repubblica Bolivariana del Venezuela a Napoli

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editoriale

• Vespucci, Venezia e Venezuela

• Diritti Umani per tutti?

• Mercosur: basta oro in cambio di specchi

• La Colombia vuole la pace

• L’Argentina chiede all’Onu la demilitarizzazione dell’Atlantico del Sud

• Cuba presenta “nano farmaco” per pazienti trapiantati

• Il Venezuela somministrerà 400 mila barili di greggio all’India

• L’Uruguay propone lo sbocco portuario alla Bolivia

• Cuba denuncia l’inasprimento del blocco economico

• Il Venezuela mette in orbita Satellite Miranda

• Paesi emergenti possono riavviare l’economia mondiale

• Vertice tra paesi sudamericani e arabi

• Inaugurata la mostra itinerante successi del governo bolivariano

• Il Corpo Accademico italiano invia un saluto al Presidente Chávez

• Presidente venezuelano Hugo Chávez Frias riceve Premio Re Manfredi

• Giornate consolari nel sud Italia

• Inaugurata Piazza Simón Bolívar e l’Associazione Italo- Venezuelana a Vallo di Diano

• Cittadinanza Onoraria di Marina di Camerota al sindaco del Municipio Libertador di Caracas Jorge Rodríguez.

•La Nostra America Latina più unita che mai

• Inaugurata Piazza Bolívar a Moio della Civitella

• Il Venezuela celebra il “Molfetta Day”

• Il modelo ALBA che imporrà la pace

• Banche spagnole ed europee: tutte a bordo del fallimento

• Comunicazione: che dimensione ha il nostro ritardo?

venezuela soberana

latinoamérica desde adentro

venezuela desde italia

venezuela: una vittoria per tutta l’america latina

dossier del mundo

observatorio mediático

N. 2 Ottobre 2012

Ambasciata della Repubblica Bolivarianadel Venezuela in ItaliaAmbasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Santa SedeConsolato Generale della Repubblica Bolivariana del Venezuela a MilanoConsolato Generale della Repubblica Bolivariana del Venezuela a Napoli

Comitato editoriale:Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario Julián Isaías Rodríguez DíazIncaricato d’affari a.i. Héctor José Pérez RomeroConsole Generale Giancarlo Di MartinoConsole Generale Aggiunto Bernardo Borges Arnese

Coordinazione generale:Bernardo Borges Arnese

Coordinatore di redazione:Maylyn López Pérez

Hanno collaborato a questo numero:Marnoglia Hernández Groeneveledt, Marycel Pacheco Gutiérrez, Geraldina Colotti, Emilia Saggiomo, Maria Vittoria Tirinato, Marinella Correggia, Attilio Folliero, CiroBrescia, Sabatino Annecchiaro,Edith Alfonzo, Carlos Abreu, Maria Vittoria Tafuro, Dario Buonanno.

Fonti: Correo del Orinoco, Diario Ciudad Caracas, Ministerio del Poder Popular para la Comunicación e Información, Aporrea, TELAM, AVN, ANDES, ABI, Agencia Brasil.

Contatti:Via Depretis, 102 - 80128 Napolitel. +39 081 551.81.59e-mail: [email protected]

Elaborazione Grafica:Dario Buonanno e Pino Buonanno

Agenzia di Pubblicità:Adek advliveandloveideas.it

Foto di copertina: Agencia Venezolana de Noticias

editoriale

Lo diceva di recente l’intellettuale ve-nezuelano Luis Britto García: la felici-tà è assumere il controllo del proprio destino. Indiscutibilmente il Venezuela celebra oggi una vittoria che trascen-de preferenze individuali, tendenze e colori politici. Hugo Chávez Frías ha vinto con 8.062.056 voti rappresentado il 55,14% degli elettori. Senza dubbio alcuno hanno vinto tutti i Venezuelani e le Venezuelane, decidendo di man-tenere il controllo del proprio destino. Reiterando il nostro impegno nella di-fesa della sovranità economica, tecno-logica e agroalimentare, con la difesa della nostra integrità territoriale, della nostra identità amerindia, sottratta da concezioni ideologiche straniere che per secoli ci avevano imposto quali co-lori, quali canzoni ascoltare e persino che cosa pensare e…sapere della nostra realtà latinoamericana.Il neo-rieletto presidente venezuelano Hugo Chávez Frías ha evidenziato che in questo trionfo elettorale e durante il suo governo è stata determinante la partecipazione del grande collettivo, del popolo venezuelano, ciò che egli stesso denomina “il potere popolare”. Ed effettivamente la democrazia parte-cipativa è stata la pietra angolare, che ha alimentato la democrazia protago-nistica e ha coadiuvato il raggiungi-mento dei risultati degli ultimi anni. Secondo il Guinness World Book Re-cords 2008, più del 55% dei Venezue-lani hanno risposto ad un sondaggio che erano “molto felici”, il che ci rende il paese più felice del mondo. In base

all’Inchiesta Gallup 2010, il 64% dei compatrioti ritiene di prosperare, il che fa di noi il quinto paese più prospero del mondo, a parità con la Finlandia e dietro solo a Danimarca, Svezia, Cana-da e Australia. È vero che la felicità è un’opinione, ma può essere quantifica-bile quando si traduce in benessere e buen vivir per un popolo..Il Venezuela chiuderà il 2012 con un Pil di 400mila milioni di dollari e una cre-scita vicina al 6%. Tra il 2004 e il 2011 la Statale Petróleos de Venezuela apporta 63.000 milioni di dollari direttamente allo sviluppo sociale. Secondo l’Istitu-to Nazionale di Statistica, dei 547.000 milioni di dollari incamerati dallo Stato venezuelano negli ultimi anni, il 60% è stato impiegato nell’investimento so-ciale.Nel 1996, il 70% dei Venezuelani era in una situazione di povertà e il 40% di povertà critica; per il 2011 la pover-tà è scesa al 23% e quella estrema al 6%: siamo il terzo paese con la minore povertà nella regione. Oggi diamo di-gnità alle famiglie e continuiamo nel proposito di raggiungere la meta della costruzione di 3.000.000 di case entro il 2019.Il tasso di disoccupazione dell’11% nel 1998 è sceso al 6% nel 2012. Le missio-ni portano cure mediche gratuite nelle zone svantaggiate, abbiamo il salario minimo più alto dell’America Latina. Siamo immensamente felici perché sconfiggiamo l’analfabetismo, perché oggi studiano 9.329.703 persone, un Venezuelano su tre; perché le immatri-

colazioni universitarie sono passate da 894.418 studenti nel 2000 a 2.109.331 nel 2009, perché sono state create 15 nuove università, e perché tutti e tutte hanno accesso all’educazione pubblica integralmente gratuita, dalla materna all’università. “Ciò che abbiamo fatto, che è abba-stanza, non è niente in confronto a ciò che faremo nei prossimi sei anni...” ha dichiarato il Presidente Hugo Chávez Frías risaltando che oggi molte sono le sfide da affrontare, molti gli errori da correggere. Dobbiamo camminare verso l’unità nazionale perché qui c’è spazio per tutti i venezuelani e le ve-nezuelane. Il nostro impegno attuale sarà quello di contribuire alla necessaria creazione di una legislazione efficace, per obbligare ad una informazione verace, imparziale e opportuna, e soprattutto per prepa-rarci ed “essere preparati” a decifrare i codici mediatici delle grandi corpora-zioni. Come indicava Fernando Buen Abad, è vitale un’azione rivoluzionaria nella comunicazione, che consenta di rafforzare un’azione internazionalista in grado di mettere bene in chiaro che il trionfo venezuelano è il trionfo della nuova geopolitica latinoamericana.Siamo un popolo felice. E continuere-mo a ricercare, come presagiva Simón Bolívar, “la maggiore somma di felicità possibile, la maggior somma di sicurez-za sociale e la maggior somma di stabi-lità politica”. Meritata vittoria di tutto il popolo venezuelano. Ne siamo certi: ha vinto il Venezuela, dove si materializza la democrazia più dinamica del conti-nente.27/31

• Il sistema musicale venezuelano: espressione sublime di armonia e bellezza

• Città Socializzante Vs Città Alienante: Biennale di Venezia

• Así Somos

• Talpe a Caracas

• Mio padre

identidad, mito y leyendas

QUANDO LA FELICITA’ SI MATERIALIZZA

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venezuela soberana

Leggere un dipinto, un edificio, una scultura, una sera, un paesaggio, la spuma del mare, ugualmente è legge-re. Leggere, a volte, può anche essere un’elezione. Interrompiamo qualcosa per guardare parole, scrutarle e tra-sformarle in idee.

Sapevate che, talvolta, il testo che leg-giamo è capace di leggere noi? Leggere, dal latino pango, vuol dire “patto”. Ma “patto” ha a che fare anche con pagus. Pagus è “villaggio” in latino. A proposi-to di patti e di villaggi voglio condivi-dere con voi le differenze e gli accordi in mio possesso su Vespucci, Venezia e Venezuela.

Vespucci, Venezia e Venezuela sono le-gati tra loro dal XV secolo, all’incirca

dal 1499. Vespucci, Juan de la Cosa e Alonzo de Ojeda conversarono sul pon-te di comando della nave su cui viag-giavano, un anno dopo quello in cui Colombo toccò l’estremo orientale del nostro continente. La nave si trovava esattamente di fronte alle coste di Ma-racaibo.Andrés Eloy Blanco (poeta venezuela-no) ricorda la conversazione con que-sta strofa:

…Y dijo don Alonzo, os juro compañeros

Que en todas mis andanzas no vi cosas tan bellas

La noche entre las aguas, cargada de luceros

Y el pueblo suspendido contemplándose en ellas1

Amerigo Vespucci, in una lettera del 18 luglio 1500 indirizzata a Lorenzo de’ Medici, suo protettore, racconta, a pro-posito della strofa citata e della con-versazione cui si è accennato, di aver visto un “grandissimo paese con case sopra il mare, come Venezia”, e di aver osservato che quelle costruzioni “erano fatte con molta arte...”.

Un’altra lettera dello stesso Vespucci, del 4 settembre 1504, riassunse l’itine-rario da lui percorso fino a quella data, e fu così che cominciò a formarsi la base documentaria delle mappe dell’e-poca, compreso il planisfero di Waald-semüller.

È accertato che in nessuna di queste lettere, né in altri documenti, Vespucci

si riferisce al Venezuela con un dimi-nutivo, come alla “piccola Venezia”. Al contrario, si riferisce sempre alle pala-fitte come ad una “grandissima popo-lazione” . Invece, è rigorosamente certo che Juan de la Cosa annotò nel suo mappamondo dell’anno 1500 la parola “Veneciuela” per identificare la linea del golfo che ancora si trova all’entrata del Lago di Maracaibo.

Ma è altrettanto certo che nella sua Suma de Geografía, edita a Siviglia nel 1519, primo testo a stampa relativo al Nuovo Mondo, Martín Fernández de Enciso riferisce di aver parlato nel 1502 con Juan de la Cosa e Alonso de Oje-da. In questo libro si può leggere che all’ingresso del lago “...si trova un gran-de massiccio pianeggiante sulla cui sommità vi sono case di indios e che si chiama: Veniciuela...”

Allo stesso modo ne parla Juan Botero nelle sue Relazioni Universali. Va rileva-to che nessuno di questi autori afferma che gli Spagnoli abbiano dato nome al-cuno al “grande massiccio che si trova all’ingresso del golfo e che ha in cima case di indios”.Inoltre, nel 1629 Antonio Vázques de

Espinosa, sacerdote spagnolo che viag-giò per quasi tutto il continente nell’ul-timo quarto del Cinquecento, scrive nel suo Compendio y Descripción de las In-dias Occidentales che Veneciuela è un nome indigeno, della lingua naturale, che vuol dire “Acqua grande”.“Piccola Venezia”, dunque, poté ben es-sere la storia di un qualche discorso uf-ficiale pronunciato con voce di classe. Con accento da dominatori. Con una trovata da invasori. Può esser parte della pesante spada di metallo con la quale la conquista ammazzò uomini, donne e tradizioni. Poté essere quella croce di legno, eretta e assemblata in ogni dimensione, attraverso la quale i nostri indigeni, dissimulando, invoca-rono le loro vere divinità. Il dritto e il rovescio dei dizionari forgiati nell’indu-stra culturale degli oppressori. La ver-sione di una canzone di moda o di un videoclip. Il titolo del libro di qualche transfuga che pensò di piazzarlo nella vetrina di una libreria di lusso. Poté e può essere tutto questo.

Certo è che abbiamo un nome con una storia reale e un altro virtuale, quest’ul-timo con una storia facile e piccola. A tutti, agli uni e agli altri, siamo in do-

vere di ripetere che “Veneciela” è una parola indigena, aborigena, della zona dell’ingresso del Lago di Maracaibo, del 1500, proprio dell’etnia Añú o Pa-raujana, degli abitanti della laguna di Sinamaica, castiglianizzato successiva-mente nel termine “Venezuela” ...e che, benché la lingua Añú sia quasi estinta e abbiamo ereditato non più che poche sue trascrizioni...le palafitte si trovano ancora là... ancora si costruiscono là.

1E disse don Alonzo, vi giuro compagni/ in tutte le mie erranze mai ne vidi tanto belle/ La notte fra le acque, cariche di stelle/E il popolo sospeso contemplarsi dentro quelle.

2In italiano nel testo.

Julián Isaías Rodriguez

Traduzione: Maria Vittoria Tirinato

Il lago di Maracaibo (detto anche lago Zulia, in spagnolo: lago de Maracaibo; in lingua wayuu: Coquivacoa) è un vasto lago-estuario di acque, in parte salma-stre, situato nella zona nord-occidentale del Venezuela. Se si accetta di definirlo un lago, sarebbe il più grande del Sud America, con un’estensione di 13.210 km², (altrimenti il più grande è il lago Titicaca). Le testimonianze geologiche mostrano che in passato era un vero lago e si stima che sia uno dei più antichi del pianeta Terra, con un’età di 20-36 milioni di anni.

Nel mondo è il 23° lago per estensione. È in parte separato ed in parte collegato al mare del golfo del Venezuela dalla “barra del lago”, una barriera di isole sab-biose e calcaree (tra queste l’isola di Toas e l’isola di Zapara) e lagune con alberi di mangrovia, canali bassi e sabbiosi e bracci di mare stretti e poco profondi. Da questi si arriva in seguito ad una vasta baia (dove sbocca la laguna di Sinamaica).

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venezuela soberana

Una denuncia in dieci pagine, contro la Commissione e la Corte Interameri-cana per i Diritti Umani (CIDH). Con questo atto, inoltrato il 6 settembre dal Ministro degli Esteri, Nicolás Maduro, la Repubblica Bolivaria-na del Venezuela si è rivolta a José Miguel Insulza, Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Ame-ricani (Osa), da cui dipendono i due organismi. Tra circa un anno, come prevedono le procedure, Caracas uscirà dalla CIDH, di cui fa parte dal 1977.

La decisione era già stata annunciata in estate dal Presidente Hugo Chávez Frias, dopo la condanna contro il suo paese espressa dalla Corte Interameri-cana per “violazione all’integrità perso-nale” di Raúl Díaz Peña. Arrestato nel 2004, Peña è stato condannato a nove anni e otto mesi di reclusione per aver partecipato agli attacchi contro le sedi diplomatiche di Colombia e Spagna, compiuti a Caracas nel 2003. Nel 2010, dopo aver ottenuto la libertà condizio-nale, è fuggito a Miami, per chiedere asilo politico agli Stati Uniti. Nella sen-tenza, la CIDH sostiene che il detenuto, prima di essere considerato colpevole dei fatti da cui si è sempre dichiarato estraneo, ha subito “trattamenti umani degradanti”.

L’attentato di cui deve rispondere Díaz Peña ha avuto luogo in un periodo drammatico per il paese, provato dal lungo sabotaggio economico padrona-le e dallo sciopero petrolifero, messo in atto dai poteri forti asserviti a Washin-gton contro il governo bolivariano. Una

stra-t e g i a i n i z i a t a con il colpo di stato dell’11 aprile 2002, e con il sequestro del pre-sidente Chávez, riportato però in carica dalla pressione popolare dopo 48 ore. Allora, le inchieste giornalistiche indi-pendenti e poi quelle della magistratu-ra mostrarono la natura del complotto e i suoi artefici, responsabili accertati di violenze e omicidi.

Nessuna condanna per quelle violazioni è però arrivata dalla CIDH, che anzi ha ap-poggiato immediatamente il presidente illegittimo Carmona Estanga, capo de-gli industriali. Un punto, questo, che la

let-t e r a

di Ma-duro riba-

disce con forza: “Perché – chiede il Mi-

nistro degli Esteri – pur sapendo che il Presidente democraticamente eletto correva pericolo di vita ed era stato se-questrato, la Commissione non ha ac-colto la denuncia presentata al riguar-do dall’Associazione Minga?”

La Commissione Interamericana (che ha sede a Washington è paradossal-mente non rispettata dagli USA) è sta-ta creata per promuovere il rispetto e la difesa dei diritti umani, e dovrebbe fornire indicazioni in materia all’OSA. La Corte Interamericana ha sede a San José in Costa Rica dove, il 22 novembre del ’69, è stata istituita la Convenzione Americana sui Diritti Umani. La Corte è un organismo giuridico con piena fa-coltà di interpretare e far applicare la Convenzione e altri trattati in materia. Perché allora – chiede Maduro - non ha ritenuto di intervenire?

Una domanda che ritorna nella de-nuncia. Viene ricordato il Caracazo, la rivolta popolare contro il carovita (do-vuta alle misure neoliberiste dell’allora governo di Andrés Pérez), scoppiata in Venezuela nell’89. L’esercito sparò sul-la folla, provocando 3000 morti, 2000 nella sola Caracas. Per il governo Pérez, i morti accertati furono invece 372. Perché la CIDH allora non intervenne? Perché la Commissione non ha ema-nato alcun comunicato, nessuna riso-luzione, dopo il massacro di Cantaura, compiuto nell’82, né dopo quello di Yu-mare, nell’86?

A Cantaura, un bombardamento dell’e-sercito su un accampamento di dissi-denti uccise nel sonno 23 persone. I sopravvissuti denunciarono i fatti agli organismi internazionali, ma senza esi-to. A Yumare, 9 oppositori al governo di Jaime Lusinchi furono uccisi con un colpo di pistola alla nuca. Anche in quel caso, i sopravvissuti denunciarono le violazioni senza trovare ascolto. In compenso – accusa Maduro – la CIDH si è ripetutamente manifestata dopo il 1999 “in circostanze prive del carattere di urgenza, come nel caso dei progetti di Leggi sulla cooperazione o sull’infor-mazione in Venezuela”.

Pronunciamenti eminentemente politi-ci – afferma la denuncia -, in contrasto con i presupposti fondativi dell’orga-nismo internazionale, che interferisce negli affari interni venezuelani. In que-sto senso, vengono citati due casi as-sunti dalla CIDH in cui si accusa il paese

di non garantire la libertà di espressio-ne. Il primo - “Rios, Perozo e altri con-tra Venezuela”, e “Uson Ramirez contra Venezuela”- riguarda il canale Globovi-sión, uno dei più potenti media privati dell’opposizione, e Radio Caracas Tele-visión (Rctv), attiva nell’organizzazione del golpe del 2002. Il secondo, è stato presentato dall’ex generale Francisco Uson Ramirez, condannato a cinque anni e sei mesi nell’ambito delle sol-levazioni di alcune frange dell’esercito contro il governo Chávez. Un altro caso citato è quello del deputato di opposi-zione Leopoldo Lopez, sospeso dalle ca-riche pubbliche per corruzione e rimes-so in sella dalla Corte interamericana.

Episodi “vergognosi” - denuncia Ma-duro - in cui si rileva il “comporta-mento irregolare” della CIDH, che si è convertita “in un arrogante strumento politico intenzionato a ledere la stabi-

lità di alcuni governi, e specialmente del nostro”. Un’accusa già espressa in precedenza dal presidente dell’Ecua-dor Rafael Correa e condivisa dagli altri paesi progressisti del blocco regionale, che ritengono certi organismi inter-nazionali più attenti alla difesa degli interessi occidentali che a quella dei principi per cui sono stati creati. I diritti umani – ribadisce il Venezuela – vanno intesi nella loro complessità: a parti-re da quelli elementari che attengono alla possibilità di una vita degna, e alla garanzia di uno sviluppo autonomo e sovrano per tutti i popoli. Un orizzon-te aperto dalla costituzione del ’99, che mette al centro questo tema, e per questo scommette sul “socialismo del XXI secolo”.

Geraldina Colotti

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latinoamérica desde adentro

Il Mercosur è mercato, questo è vero.

Ma è altrettanto vero che nel corso degli ultimi anni il Venezuela è stato artefice del processo di integrazione in senso pieno, cercando di garantire i paesi partecipanti non solo sul piano economico, ma anche su quello della cultura e dell’identità latinoamericana. Attualmente si sta facendo un enorme sforzo nella costruzione di un processo nel quale il pilastro commerciale convi-va, con lo stesso grado di importanza, con i pilastri industriali, politici e socia-li, finanziando lo sviluppo e il trasferi-mento di tecnologie, sempre nel com-pleto rispetto dell’autodeterminazione dei nostri popoli.Con la piena inclusione del Venezuela nel Mercato Comune del Sud – Mer-corsur – (31 luglio 2012) questo blocco regionale conta 270 milioni di abitanti, pari al 70% della popolazione sudame-ricana, con un PIL attorno ai 3,3 miliar-di di dollari, vale a dire l’83% del PIL del continente sudamericano su un terri-torio di 12,8 milioni di chilometri qua-drati. Il Venezuela possiede il quarto

PIL dell’America del Sud ed è al quarto posto nel continente per popolazione. Il Mercosur passa ad essere pertanto la quinta economia del mondo.Il presidente Hugo Chávez Frías ha de-finito l’ingresso del Venezuela nel Mer-cosur come l’evento più importante degli ultimi cento anni. L’ingresso ve-nezuelano aggiunge al Blocco 916.000 km quadrati, praticamente la somma dei territori di Germania e Francia, consolidando la sua giurisdizione e il controllo sulle maggiori riserve energe-tiche, minerarie, naturali e idriche del globo, e collocando questo organismo in una posizione centrale a livello ge-opolitico. Oggi il Mercosur conta sulle maggiori riserve petrolifere del mondo, contrapponendosi al Trattato del Libero Commercio, vera minaccia alla sovrani-tà e allo sviluppo e all’autodetermina-zione dei popoli dell’emisfero sudame-ricano, abortito già nel 2005 dai paesi ad esso appartenenti. Celso Furtado nei suoi studi per la Ce-pal, nel 1950, presagiva che l’economia venezuelana aveva sin dagli anni Trenta il petrolio quale suo principale motore economico, e che questo avrebbe por-tato notevoli problemi allo sviluppo di

altri settori. Oggi, l’incorporazione del paese nel Mercosur propizia la creazio-ne di 240mila posti di lavoro. Il gover-no venezuelano darà vita a un fondo di 500 milioni di dollari per quest’anno, con l’obiettivo di concedere crediti a imprese venezuelane pubbliche e pri-vate, perché migliorino le loro capacità produttive. Fra le principali critiche di alcuni anali-sti economici all’adesione del Venezue-la al Mercosur, vi è il timore che il nuo-vo mercato e le sue tariffe preferenziali danneggino o debilitino l’industria na-zionale. “Il Mercosur non è pericoloso, è laborioso”, ha affermato la segreteria del Venezuela per il Mercosur. Di fatto, lo Stato venezuelano sarà obbligato a proteggere i suoi industriali e a svilup-pare politiche per riuscirvi, perché non permetterà che l’industria straniera mini quella nazionale.In questo modo, il Venezuela si integra nel Mercosur in piena fase di decollo industriale, con un peso geopolitico non indifferente, con lo sviluppo del Piano Siembra Petrolera, con la quan-tificazione e certificazione delle riserve e della Fascia Petrolifera dell’Orinoco, con lo sviluppo petrolchimico dell’in-

dustria del fertilizzante, plastica e chi-mica, e con l’espansione, fra gli altri, del settore siderurgico. Al tempo stesso, il Venezuela punta alla grande forza produttiva dell’agricoltura familiare del Brasile, il quale possiede oggi un’agricoltura familiare che rea-lizza l’85% dello sfruttamento agricolo e nella quale i contadini sono in gran parte proprietari della terra che lavora-no. Il Brasile e l’Argentina costituiscono l’avanguardia latinoamericana nello sviluppo di parchi scientifici e tecnolo-gici. Negli ultimi anni, il Mercosur ha creato il BIOTESUR, una piattaforma biotecnologica che ha l’obiettivo di fondare una visione comune di ampio respiro per lo sviluppo e l’applicazione delle nuove tecnologie nella regione. Il Mercosur si alleerà con la Cina, la Russia, l’India (BRICS) e con i merca-ti dell’Africa, oltre che con i mercati consolidati degli Stati Uniti e dei paesi europei, aprendo prospettive globali e coinvolgendo milioni di persone attor-no a un blocco geopolitico che rappre-senta il 56% della crescita economica globale (mentre il G7 rappresenta il 9%).Meglio restare sommersi nella catena del dominio coloniale? L’America Latina era stata destinata storicamente, dai cosiddetti paesi centrali, a essere for-nitrice di materie prime (grandi investi-menti nazionali, scarsa creazione di im-piego, bassi rendimenti e drammatiche conseguenze ambientali); dovevamo infatti importare prodotti finiti, fatti con le nostre materie prime. Il Latinoa-merica punta a una cooperazione sim-metrica come blocco economico e non solo, con i paesi del mondo. Oggi più che mai, Quetzacoatl avreb-be ben potuto affermare: basta oro in cambio di specchi.

Maylyn E. López

Traduzione Maria Vittoria Tirinato

Il Mercato Comune del Sud - MERCOSUR - è com-posto dalla Repubblica Argentina, la Repubbli-ca Federale del Brasile, la Repubblica del Pa-raguay (quest’ultimo è stato temporanea-mente sospeso dopo il golpe perpetrato nel giugno scorso contro il presidente legittimo, Fernando Lugo), la Repubblica Orientale dell’Uruguay e la Repubblica Boliva-riana del Venezuela.Il Mercosur è un processo di inte-grazione regionale creato nel 1991 come strumento per aiutare e facili-tare l’integrazione delle economie dei paesi membri con il resto del mondo. Inizialmente l’obiettivo era quello di costituire un mercato comune, libe-ralizzando i quattro fattori produttivi interni al blocco: beni, capitali, per-sone e servizi. In seguito si propose di costruire un’unione doganale con la liberalizzazione del commercio interno, tariffe esterne comuni e una politica commerciale comune al blocco. Il Mercosur è anche un pro-getto politico, sociale e culturale che cerca di integrare i suoi cittadini e di

raffor-zare le

capacità degli stati

membri in ottica regionale. Ma ci sono anche la cultura,

l’educazione, le politiche sociali, che devono fon-

darsi su una visione regionale, posto che le problematiche che

colpiscono molti paesi s’inquadrano in una cornice altrettanto regionale. Insomma, il Mercosur è un proget-to politico, civile e democratico. Un blocco regionale che punta allo sviluppo dei nostri paesi.Ingresso del Venezuela: 31 luglio 2012. Rafforza il blocco commerciale espandendolo, aprendo una porta preferenziale per lo scambio di beni, in un mercato che ospita 245 milioni di persone e offre un’ampia varietà di prodotti.Ingresso della Bolivia: La Bolivia ha annunciato che nel gennaio 2013 proporrà il suo ingresso a pieno tito-lo nel Mercosur, con l’appoggio della Repubblica dell’Uruguay. A partire dal gennaio del 2013 si definirà una serie di attività, un percorso ragiona-to per il pieno ingresso della Bolivia nel Mercosur.Paesi associati: Bolivia, Cile, Colom-bia, Ecuador e Perù.

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latinoamérica desde adentro

La Colombia vuole la pace

Il governo del presidente colombiano Juan Manuel Santos e le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia) hanno iniziato ad Oslo (Norvegia) le prime negoziazioni di pace, che verran-no seguite da Cuba, Chile e Venezuela in qualità di paesi guida. I cantanti co-lombiani Juanes e Shakira hanno ma-nifestato il loro sostegno chiedendo a tutti “aprire la mente e il cuore all’idea che solo attraverso la riconciliazione e il perdono si potrà raggiungere la pace”. Questo è il momento che ab-biamo sempre sognato - ha dichiarato Shakira ricordando che solo svegliando le coscienze individualmente potremo aiutare a concretizzare in breve tempo questo sogno non solo per la Colombia ma per tutta l’America Latina.

Fonte. Radio del Sur

L’Argentina chiede all’Onu la demilitarizzazione dell’Atlantico del Sud

Durante la 67ma Assemblea Generale delle Nazione Unite, Cristina Fernánd-

ez reclama al Regno Unito la demi-litarizzazione nel Sud dell’ Atlantico e la possibilità di poter dialogare per risolvere il conflitto per la sovranità delle Isole Malvine. Il prossimo gennaio si compiono 180 anni dell’usurpazio-ne che ha dato inizio all’occupazione illegale di questo territorio argentino. “Non chiediamo che ci diano ragione. Vogliamo però dialogare senza l’impo-sizione di un criterio. Vogliamo che le regole vengano rispettate da tutte le Nazione Unite”. Il multilateralismo può essere costruito solo da una parte dei paesi membri, mentre quelli che han-no diritto al veto si sentono anche nel diritto di infrangere le regole del gioco, generando ingiustizia e disuguaglianza fra le nazioni.

Fonte. AVN

Cuba presenta “nano farmaco” per pazienti trapiantati

Si tratta di una nuova dose di ciclospo-rina, efficace immunodepressore che evita il rifiuto nei pazienti trapiantati. Questo nuovo medicinale diminuisce significativamente gli effetti secondari che potrebbero sorgere dopo un tra-

pianto. C’è un’importante vantaggio a livello della dose prescritta, visto che non sarà necessaria una grossa quanti-tà di farmaco. La creazione costituisce il primo prodotto che l’isola caraibica sviluppa nel campo della nanotecno-logia (manipolazione della materia in scala minore di un micrometro (milio-nesima parte di un metro).

Fonte. Telesur

Il Venezuela somministrerà 400 mila barili di greggio all’India

Il colosso venezuelano PDVSA e la Re-liance Industries Limited hanno firmato due accordi con l’obbiettivo di aumen-tare la produzione della “Faja Petrolife-ra del Orinoco” ed esportare 400 mila barili di petrolio al giorno verso il paese asiatico. Il Venezuela riceverà assisten-za tecnica nella costruzione di raffi-nerie e grazie a quest’ultimo accordo, arriverà ad esportare 820mila barili in Asia e India, China e Giappone.

Fonte. La Radio del Sur

L’Uruguay propone lo sbocco portuario alla Bolivia

L’Uruguay solidarizza con la Bolivia ap-poggiando la cooperazione portuaria La Bolivia mantiene una disputa con il Cile per l’uscita verso il Pacifico e la proposta di collaborazione dell’Uru-guay permetterebbe lo sbocco per la

Bolivia verso la zona portuale del paese sudamericano. Al contempo entrambe le nazioni lavoreranno per l’avvio della cooperazione nei settori agricolo, sani-tario, marittimo, commerciale, cultu-rale, migratorio, turistico, delle politi-che sociali e della sicurezza.

Fonte. Radio del Sur

Cuba denuncia l’inasprimento del blocco economico

Cuba ha denunciato l’inasprimento del blocco economico, commerciale e finanziario applicato dagli Stati Uni-ti. Multe milionarie a enti privati per aver intrapreso operazioni con l’Isola. Il ministro cubano degli Affari Esteri Bruno Rodríguez ha dichiarato che ne-gli ultimi 50 anni la misura unilatera-le imposta da Washington ha causato perdite da un miliardo 66 mila milioni di dollari, considerando la svalutazio-ne della moneta americana rispetto riserve d’oro. Rodríguez ha presentato all’Avana la relazione informativa sul-la Risoluzione 66/6 della Assemblea Generale dell’ONU “è necessario porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’ America contra Cuba” dichiarando che fino a questo momento non è stata rispettata.Nel giugno 2012, gli Stati Uniti hanno annunciato alla banca olandese ING una multa di 619 milioni di dollari, la sanzione più alta nella storia imposta a un’entità straniera per aver relazioni commerciali con Cuba. Metlife e l’indu-stria petrolifera Flowserve Corporation sono state multate per aver oltrepas-sato il cerchio del blocco commerciale. Dunque, le sanzioni durante l’ammi-nistrazione Obama sono salite da 89 milioni di dollari nel 2011 a 622 milioni solo nel 2012, secondo l’informazione

fornita dal ministro cubano Bruno Ro-dríguez nella relazione informativa.

Fonte. Prensa Latina

Il Venezuela mette in orbita Satellite Miranda

Il Satélite Miranda, il secondo per il paese sudamericano - dopo il Simón Bolívar, lanciato nel 2008 - catturerà 300 immagini al giorno su tutto il ter-ritorio nazionale, cioè 127.750 imma-gini annuali che permetteranno di re-alizzare un vasto inventario del Paese e di avere informazioni precise della geografia venezuelana. Le immagini a disposizione potranno essere utilizzate per la pianificazione urbana, agricole, industriale, per il trasporto, il controllo delle frontiere, l’attività mineraria il-legale, e nel caso di catastrofi permet-terà di analizzare rapidamente le con-seguenze. Il satellite è stato creato da un’equipe multidisciplinare cinese-ve-nezuelana e sarà gestito dal territorio del Venezuela.

Fonte. Minci

Paesi emergenti possono riavviare l’economia mondiale

Il presidente dell’Argentina, Cristina Fernández, durante una conferenza nell’Università di Harvard, ha sotto-

lineato che la situazione economica globale deriva dalla crisi politica esi-stente nei diversi paesi “sviluppati”. I paesi emergenti dell’ America Latina possono affrontare questa situazione di crisi e riavviare l’economia in quanto che queste nazioni hanno un basso li-vello di debito in relazione al nostro Pil. “Più che una crisi economica, nei paesi sviluppati si vive una crisi politica dove è più importante aiutare le Banche che interessarsi ai problemi della gente in-debitando i cittadini. Chiedo al Fondo Monetario Internazionale di ripensare la sua nefasta politica neoliberalista

Fonte: Télam

Vertice tra paesi sudamericani e arabi

Si è svolto in Perù il III° Vertice ASPA (America del Sud e Paesi Arabi) con l’obbiettivo di fortificare la coopera-zione economica, culturale, educativa, scientifica e tecnologica tra le due aree. Rappresentanti dei 22 Paesi della Lega Araba e dei 12 dell’Unione delle Nazio-ni Sudamericane (UNASUR) erano pre-senti all’incontro. Il presidente peruvia-no Ollanta Humala ha messo in risalto il focus della riunione, una cultura della pace, dell’inclusione e dello sviluppo, invitando a dare impulso alla crescita attraverso l’inclusione sociale dei più indigenti. Dal canto suo, il cancelliere peruviano Rafael Roncagliolo ha ma-nifestato che la dichiarazione finale di questo III° Vertice ASPA deve ruotare intorno ai temi del disarmo nucleare e della soluzione pacifica dei conflitti a scala mondiale.

Fonte: AVN

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I cinqueGrandi Obiettivi Storici

1. - Difendere, ampliare e consolidare la cosa più preziosa che abbiamo ri-

conquistato dopo 200anni: l’Indipendenza Nazionale.

2. - Continuare a costruire il socia-lismo bolivariano del XXI secolo in

Venezuela in alternativa alsistema capitalistico selvaggio e

distruttivo e garantendo così, per il nostro popolo, la “più alta

sicurezza sociale possibile, la più alta stabilità politica possibile e la mag-

giore felicità possibile”.3. - Trasformare il Venezuela in un

paese-potenza negli ambiti sociale, economico e politico

all’interno della Grande Potenza Na-scente dell’America Latina e dei Ca-

raibi, per assicurare laformazione di una zona di pace nella

Nostra America.4. - Contribuire allo sviluppo di una nuova Geopolitica Internazionale in

cui prenda corpo unmondo multicentrico e pluripolare che

permetta di raggiungere l’equilibrio dell’Universo e garantire

la Pace Planetaria.5. - Contribuire a preservare la vita sul

pianeta e a salvare la specie umana.

Un paese che ci parla da lontano, per motivi geografici e storici, un paese che già dal nome ha dentro qualco-sa che storicamente ci lega: sul mare i popoli originari costruivano le loro palafitte portando alla mente di Ame-rigo Vespucci l’immagine di Venezia. Un destino, il nostro, oggi sequestrato dal parassitismo speculativo degli isti-tuti finanziari e bancari transnaziona-li. Quegli stessi istituti finanziari con i quali molti paesi latinoamericani, a mano a mano e di volta in volta, han-no tagliato o stanno tagliando i cordo-ni ombelicali che ormai da tempo non apportano più nessun nutrimento ma che, anzi, si sono trasformati, in manie-ra sempre più evidente, in vere e pro-prie sanguisughe sulla pelle dei lavora-tori e dei popoli del mondo.

Riteniamo, prima di tutto, che il proces-so bolivariano, arrivato al suo 13’ anno di vittoriosa trasformazione, e più in generale la complessiva, quanto com-plessa, realtà venezuelana, rappresenti un vero e proprio paese allegorico – per dirla con Franco Fortini – potenzial-mente di grande utilità per contribuire a dare stimolo ed energia ai movimen-ti popolari italiani per i compiti storici che abbiamo di fronte e per riprendere le redini del nostro destino.

Ai popoli latinoamericani per primi, alla fine del secolo breve, è storicamente toccato ribellarsi ai piani di una bor-ghesia imperialista incistata nei suoi uffici centrali negli USA come in UE. Il popolo venezuelano l’ha fatto per pri-mo, nella ribellione popolare sponta-

nea del 27 febbraio del 1989, pas-sata alla storia come il Caracazo. Nell’anno in cui il gelo neoliberista cala sull’Europa, le strade dell’America latina cominciano a incendiarsi contro il paquetazo di controriforme volute dai socialdemocratici e apprezzato dai conservatori, sotto dettatura di organi-smi come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.

La Rivoluzione venezuelana ha come sua pietra miliare il principio del pro-tagonismo democratico e partecipa-tivo; coerentemente, quindi, il testo non è presentato come un program-ma di governo, ma come proposta di programma da discutere in estensione e profondità poiché sarà la base e il contributo fondamentale per l’elabo-razione del II Piano Socialista “Simón Bolívar”, il piano settennale che delinea la trasformazione del Venezuela.

La proposta di Chávez rappresenta un coerente e ulteriore passo di que-sta lunga marcia; articolata in cinque Grandi Obiettivi Storici, dal particolare dell’Indipendenza nazionale, al generale della salvezza della terra e dell’umanità, attraverso la transizione al Socialismo, la costruzione della Patria Grande lati-noamericana e della Nuova Geopolitica Internazionale Multicentrica e Pluripo-lare. A loro volta i Grandi Obiettivi Sto-rici sono articolati in Obiettivi Nazionali e questi ultimi in Obiettivi Strategici e Obiettivi Generali. Un complessivo in-vito al dibattito presentato schemati-camente nella maniera più razionale e direttamente comprensibile possibile.

Il primo obiet tivo, relativo alla consol idaz ione dell’Indipendenza, ri-manda all’insieme degli obiettivi nazionali e strategici fissati, principal-mente in campo politico, economico, sociale e culturale, il raggiungimento del quale ci permetterà di gettare le basi per l’irreversibilità della sovranità nazionale.Quanto sopra detto, a sua volta, deter-minerà il rafforzamento della capacità

di gestio-ne sovrana della ric-

chezza eco-nomica nazionale.

Altro obiettivo strate-gico: raggiungere la sovra-

nità alimentare, liberando il nostro potenziale agro-produttivo.

Di fondamentale importanza per il raggiungimento di tale primo grande obiettivo è il pieno sviluppo delle no-stre competenze tecnico-scientifiche, creando le condizioni per realizzare un modello innovativo, trasformatore e dinamico, orientato allo sfruttamento delle potenzialità, delle capacità nazio-

nali e alla necessità di raffor-zare l’iden-tità nazionale e della Nostra America, parten- d o dal principio bolivariano che«La Patria è l’America».

Per quanto riguarda il secondo grande obiettivo storico, ciò av-viene, in primo luogo, con l’accelera-zione della trasformazione del sistema economico, sostituendo il modello ca-pitalista rentista petrolifero con il mo-dello economico produttivo socialista,

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portando a una società più egualitaria e giusta verso il socialismo, che trova la sua base nel ruolo dello Stato Sociale e Democratico, di Diritto e di Giustizia, avendo come finalità il compimento di nuovi progressi nella soddisfazione dei bisogni di base per la vita della nostra gente: cibo, acqua, elettricità, abitazio-ni e habitat, il trasporto pubblico e la salute, la sanità pubblica, l’istruzione, la sicurezza pubblica, l’accesso alla cultu-ra, la comunicazione libera, la scienza e la tecnologia, lo sport, la sana ricre-azione e il lavoro dignitoso, liberato e liberatore.Infine, per realizzare questo secondo grande obiettivo strategico è necessa-rio liberare la potenza contenuta nella Costituzione Bolivariana, realizzando la definitiva irruzione del nuovo Stato So-ciale e Democratico di Diritto e di Giu-stizia, attraverso il consolidamento e l’espansione del Potere Popolare con le missioni, le Grandi Missioni Socialiste e l’autogoverno nelle città e nei territori specifici conformati come le Comuni, tra le altre politiche.

Il terzo grande obiettivo storico, trasformare il Venezuela in un pae-se-potenza negli ambiti sociale, econo-mico e politico all’interno del crescente potere della Grande Potenza Nascente dell’America Latina e dei Caraibi, per garantire la formazione di una zona di pace nella Nostra America, si concentra sul consolidamento del potere politico, economico e sociale per il quale si ri-chiede, tra gli altri obiettivi, l’emergere definitivo dello Stato Democratico e Sociale, di Diritto e di Giustizia, e il raf-forzamento della stabilità e per la pace della Nazione.Ciò prevede l’impegno di continua-re a svolgere un ruolo di primo piano nel processo di costruzione dell’unità dell’America Latina e dei Caraibi, dando

la spinta all’Alternativa Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA) e Petrocaribe, dinamizzando allo stesso modo i nuovi spazi regionali: l’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) e la Comunità dei paesi dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC).

Il quarto grande obiettivo stori-co, consiste nel proseguire il percorso nella ricerca di un mondomulticentrico e pluripolare, senza do-minazione imperiale e nel pieno rispet-to per l’autodeterminazione deipopoli. Infine, si pone come obiettivo la necessità di moltiplicare gli sforzi per smantellare il sistema delladominazione neocoloniale imperiale, eliminando o riducendo, tra gli altri propositi, a livelli non vitali lerelazioni economiche e tecnologiche del nostro paese con i centri imperiali di dominazione.

Il quinto dei grandi obiettivi sto-rici si traduce nella necessità di co-struire un modello economico produt-tivo eco-socialista, basato sul rapporto armonico tra l’essere umano e la na-tura, per garantire l’uso e la valorizza-zione razionale e ottimale delle risorse naturali, rispettando i processi e i cicli della natura.In questo senso, è necessario ratificare la difesa della sovranità dello Stato ve-nezuelano sulle vitali risorsenaturali. Tale quinto grande obiettivo storico, invita a unificare gli sforzi per la promozione di un movimentoglobale per contenere e invertire le cause dei cambiamenti climatici che si manifestano come conseguenzadel depredatore modello capitalista.

Traduzione completa della proposta di governo

2013-2019 disponibile online http://issuu.com/

redportiamerica.it/docs/proposta_program-

ma_transizione_venezuelana_al_soci

Con la convinzione e la coscienza, già da ades-

so, che i nostri modesti sforzi e il nostro volon-

tario impegno per questa traduzione valgano

la pena e che saranno messi a profitto, mutatis

mutandis, per un non lontano futuro italiano ed

europeo.

Ciro Brescia

(Presidente ALBAssociazione – per l’amicizia e la

solidarietà tra i popoli)

Elezioni presidenziali Venezuela 2012

La prima e più importante lezione del voto(…) è che i venezuelani, e con loro buona parte del continente latinoame-ricano, non vogliono, ri-fiu-ta-no, la restaurazione liberale, la restaurazio-ne dell’imperio del Fondo Monetario Internazionale, la restaurazione di un modello nel quale sono condanna-ti a essere per l’eternità figli di un dio minore, mantenuti in una condizione di dipendenza semicoloniale dove le decisioni fondamentali sulla loro vita sono prese altrove. C’è un dato che a mio modo di vedere rappresenta ciò: in epoca chavista il Venezuela ha moltipli-cato gli investimenti in ricerca scienti-fica di 23 volte (2.300%). Soldi buttati, si affrettano a dire i critici. Soldi inve-

stiti in un futuro nel quale i venezue-lani non saranno inferiori a nessuno. I latinoamericani ragionano con la loro testa, hanno vissuto per decenni sulla loro pelle il modello economico che la Troika sta imponendo al sud dell’Eu-ropa e non vogliono che quell’incubo d’ingiustizia, fame, repressione e diritti negati ritorni. Il patto sociale in Vene-zuela non è stato rotto da Chávez ma fu rotto nell’89 quando Carlos Andrés Pérez (vicepresidente in carica dell’In-ternazionale Socialista) con il caracazo fece massacrare migliaia di persone per imporre i voleri dell’FMI.(…)È un discorso quindi, quello chavi-sta, che riporta in auge l’incancellabile ruolo della lotta di classe nella storia, la chiarezza della necessità della lotta an-ticoloniale, perché i “dannati della ter-ra” continuano ad esistere e a risiedere nel Sud del mondo e non bastano 10 o

15 anni di governo popolare per sanare i guasti di 500 anni.(…)Rispetto al nostro cammino già se-gnato, il fiscal compact, l’agenda Mon-ti, il patto di stabilità, dogmi di fede che umiliano le democrazie europee, Cháv-ez in questi anni ha cento volte errato perché cento volte ha fatto, provato, modificato ricette, ben riposto e mal riposto fiducia nelle persone e nei diri-genti in un paese terribilmente difficile come il Venezuela. È il caos creativo di un mondo, quello venezuelano e lati-noamericano, che si è messo in moto in cerca della sua strada. Hanno chia-mato questa strada socialismo, proprio per sfidare il pensiero unico che quel termine demonizzava. Anche se il cam-mino è tortuoso e ripido, è la più nobile delle vette.

Gennaro Carotenuto14 15

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Molti anni fa – nel 1952 - l’economista gandhiano-socialista Joseph Cornelius Kumarappa fece una proposta al Con-gresso mondiale per la pace, a Vienna, con rappresentanti di settanta nazioni: “Il modello statunitense porta diretta-mente a conflitti internazionali su tutta la linea e il suo interesse finale è finan-ziario. Contro la guerra, sono le sue cause economiche a suggerire il rime-dio: una nonviolenta non-cooperazio-ne. I paesi pacifici dovrebbero smettere tutti insieme di importare beni statu-nitensi”1

Da allora si sono susseguite molte guerre imperialiste, dirette o indi-rette, e spesso con scuse umanita-rie e democratiche. E tuttavia, con il “rimedio Kumarappa”, la mag-gioranza non belligerante dei paesi del mondo belligeranti potrebbe “imporre la pace” per via econo-mica. Se la logica dell’Impero è che occorre controllare materie prime, regioni e rotte strategiche, il resto del mondo deve unirsi e sganciar-si, di fatto applicando un “embargo per la pace” nei confronti dei potenti, così abituati a sanzionare gli altri: ricordia-mo la tragedia dell’embargo all’Iraq du-rato dodici anni, l’operazione economi-ca più cruenta della storia recente2; e il bloqueo unilaterale a Cuba che compie 50 anni. I paesi dell’Alleanza Alba sembrano i più indicati per avanzare ad altre na-

zioni – in particolare i paesi progressisti nell’ambito del Movimento dei non al-lineati - una proposta di sganciamento (embarghi rovesciati, per la pace), coo-perazione solidale e anche ricerca di un modello economico che non abbia più bisogno di controllare risorse e territori a suon di bombe.

Del resto i paesi dell’Alba hanno una storia di pace. Molti anni fa, nel 1990, Cuba ancora “sola”, come membro di turno del Consiglio di Sicurezza fu l’u-nico paese insieme allo Yemen a votare contro l’ultimatum che avrebbe por-tato alla guerra del Golfo, spartiacque del post guerra fredda. E il Nicaragua sandinista fu l’ultimo a tentare un ne-goziato, in extremis. E chi si è recato

sotto le bombe in (inutili) delegazioni popolari, in Iraq come in Libia, ha tro-vato nelle ambasciate dei paesi dell’Al-ba un avamposto di pace.

Contro la guerra diretta della Nato in Libia e la guerra per procura di occi-dente e petromonarchie in Siria, i pa-

esi dell’Alba sono stati in prima fila nell’avanzare tempestivamente proposte negoziali che avrebbero scongiurato il conflitto o l’avreb-bero bloccato sul nascere. E in sede Onu si sono sempre dichiarati contro le ingerenze e le menzogne “umanitarie”.

Se paesi piccoli e grandi concer-tassero un embargo “rovesciato”

come metodo di autodifesa collettiva e prevenzione di aggressioni future, l’Occidente non potrebbe reagire fa-cendo la guerra a mezzo mondo. Né morirebbe di fame: non è questo l’o-biettivo! Piuttosto, il “Nord” sarebbe costretto a ridimensionarsi e svoltare verso la sostenibilità per penuria di combustibili, perché non basterebbero quelli degli alleati petromonarchici. Le

riserve dell’Arabia Saudita, il principale alleato petrolifero degli Usa, risultano oltretutto sovrastimate.3 Da tempo i paesi dell’Alba propongono un modello di complementarietà che comprende la promozione del com-mercio all’interno dell’Alleanza, la co-struzione della sovranità finanziaria e l’autonomia monetaria - con il sucre, destinato a diventare valuta di riferi-mento data l’importanza dell’America Latina. Anche l’integrazione energetica fra i paesi membri porta i produttori di

idrocarburi a una politica di graduale allontanamento dai mercati di sbocco occidentali.

Paesi come Argentina, Vietnam, India, di fronte alle speculazioni finanziarie hanno a tratti bloccato l’export di beni alimentari per assicurarsi l’autosuffi-cienza.

La Cina ormai per varie ragioni impo-ne restrizioni alle proprie esportazioni di terre rare, delle quali detiene il quasi monopolio mondiale.

Che dire poi di un “embargo al dollaro”? Gli Usa con il loro enorme debito pub-blico – 14.200 miliardi di dollari - so-

pravvivono (nel senso anche di “vivono al di sopra dei propri mezzi”) grazie al fatto che il mondo usa per gli scambi e le riserve la valuta yankee. Se così non fosse, del dollaro si potrebbero fare co-riandoli verdognoli.5

Ancora una volta, i paesi dell’Alba sono stati maestri. Va detto che anche l’Iraq di Saddam Hussein e la Libia di Ghed-dafi si erano messi di traverso rispetto al dollaro: il primo vendendo il petrolio in euro, il secondo proponendo il “gold

dinar”, una moneta arabo-africana. Finalmente si parla di una “zona asia-tica di esclusione del dollaro” che po-trebbe aprire la strada a una nuova moneta legata all’energia e utilizzata non solo dai Brics ma da buona parte del Gruppo dei 77.

Già la Russia commercia con l’Iran in rial e rubli. Pechino usa il yuan, e come l’India potrebbe iniziare a pagare il pe-trolio iraniano in oro. Oil for gold.6

Insomma “si sta delineando una nuo-va mappa politica del mondo, con un gruppo antagonista parallelo al fronte occidentale”7.

E certo se si creasse una Opec del pe-

trolio e del gas, senza petromonarchi, con paesi come Venezuela, Russia, Iran, Ecuador, Bolivia, una simile aggrega-zione – impossibile da attaccare mili-tarmente – bloccherebbe gli altrui piani di guerra.

Con lo sganciamento dai paesi belli-geranti, si potrebbero anche avviare modelli socioeconomici nuovi, basati sulla giustizia ecologica e sociale e sul superamento dei combustibili fossili, insostenibili anche quando non forieri di guerre8.

NOTE1J.C. Kumarappa, Economia di condivi-sione, Centro Gandhi, Pisa 20112Joy Gordon, Invisible War: The United States and the Iraq Sanctions, Harvard University Press, 2010; Marinella Cor-reggia, Dossier Embarghi, Campagna Globalizzazione dei popoli, Roma 19973George Monbiot, Oil and Trouble, http://www.monbiot.com/2011/03/14/oil-and-trouble/4Sissi Bellomo, “Il superpetrolio spa-venta i mercati”, Il Sole 24 Ore, 4 marzo 20125Attilio Folliero, Cecilia Laya, El destino del dólar y de la economía capitalista de Estados Unidos, http://www.lapa-triagrande.net/destino_dolar_pib_pil_gdp_angus_maddison.htm6Pepe Escobar, Tout ce qui brille…est petrole, http://www.michelcollon.info/Tout-ce-qui-brille-est-petrole.htm-l?lang=fr7Dalla Relazione politica del Partito co-munista siriano (unificato) del 22 feb-braio 20128M. Correggia, C. Fanti (a cura di) L’ Alba dell’avvenire, Punto Rosso 2007

Marinella Correggia

dossier del mundo

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Page 10: Amerindia N. 2 Ottobre 2012

È importante segnalare che la situa-zione di prossimità al fallimento nella quale si trovano le banche spagnole riguarda tutte le banche dei paesi svi-luppati, in particolare in Europa.Il futuro dei paesi sviluppati è buio e nessuno può considerarsi estraneo alla crisi. Per esempio, PBN Paribas, la ban-ca di Parigi, che era la più importante d’Europa, di fatto ha oggi un valore di mercato (capitalizzazione) inferiore ai 35 miliardi, depositi della clientela per 546 miliardi, guadagno netti per il 2011 di 6 miliardi e un debito totale superio-re ai 1333 miliardi.

La Deutsche Bank, principale banca della Germania – la locomotiva d’Euro-pa – ha oggi una capitalizzazione infe-riore ai 28 miliardi, depositi dei clienti per 601 miliardi, utili netti per il 2011 di 4 miliardi e un debito totale superiore a 1507 miliardi di Euro.Ciascuna di queste due grandi banche ha un debito equivalente a quello delle dieci principali banche spagnole. Si alza il sipario: benvenuti nel teatro della crisi in Europa.

Attilio Folliero / Cecilia Laya

Traduzione: Maria Vittoria Tirinato

dossier del mundo

Banche spagnole ed europee: tutti a bordo del fallimento!Qual è la condizione reale delle banche spagnole? Questo denaro (il prestito di 100 miliardi deliberato dall’Eurogruppo lo scorso 20 luglio, n. d. t.) è sufficien-te per evitare un possibile fallimento, come affermano i media?

Con l’obiettivo di rispondere a queste domande, abbiamo analizzato il bilan-cio di dieci banche spagnole, prenden-do in considerazione i seguenti dati: la capitalizzazione, ossia il valore di mercato alla data dell’8 giugno 2012; i depositi dei clienti, le entrate, i utili

netti, la disponibilità effettiva (il cash, in inglese), gli attivi, i passivi e il debito totale. Tutti i dati si riferiscono all’ulti-mo bilancio annuale 2011, alla chiusura del 31 dicembre.

L’attuale valore di mercato delle dieci banche analizzate non arriva a cento miliardi di euro, infatti ammonta a 94,3 miliardi; queste dieci banche ricevono depositi dei loro clienti per 1341,9 mi-liardi di euro, mentre il debito totale è di 1392,3 miliardi. Da questi dati si de-duce che tutte le banche spagnole sono in fallimento!

È vero che gli attivi, vale a dire la som-ma della disponibilità effettiva, il valore di tutti gli investimenti a breve, medio e lungo termine, i crediti e tutti gli altri attivi, come gli immobili di proprietà, equivalgono a 2916,5 mi-liardi e il debito calcola-to su questo dato rap-presenterebbe meno del 50%; ma questo è un dato contabile.

La realtà è che il valore di mercato del-le imprese bancarie (94,3 miliardi) e il guadagno netto annuale (6,7 miliardi) rappresentano una goccia nell’oceano dell’immenso debito (1392,3 miliardi); pertanto, il destino di tutte queste ban-che, senza un intervento massiccio da parte dello Stato, dell’Unione Europea e degli altri organi finanziari mondiali, è segnato.

Il prestito di 100 miliardi in realtà rap-presenta una piccola parte del debito totale; serve a pagare debiti prossimi ad estinguersi e permette di “salvarsi momentaneamente” dal fallimento, ma a medio e lungo termine significa do-ver pagare un debito ancora maggiore, proprio perché si tratta di un prestito. Per avere chiare le dimensioni colossali del debito di queste dieci banche basti pensare che esso rappresenta il 120% del PIL annuo della Spagna, un paese che ha già un debito pubblico immen-so, che nel 2011 si collocava attorno al 70% del PIL. L’inevitabile nazionalizza-zione di queste banche aumenterà il debito dello Stato a una percentuale di PIL di circa il 200%. Occorre sottolineare che questo enor-me trasferimento di denaro (un pre-stito di 100 miliardi) e la possibile ac-

quisizione di tutto il debito a medio termine – at-traverso la nazionaliz-zazione – si sta consu-

mando al prezzo di misure di austerità e tagli ai servi-zi pubblici essenziali, che

stanno mandando in rovina la maggioranza del popolo spagnolo.

 

 

 

 

Tabella 1. Capitalizzazione delle 10 principali banche spagnole.Fonte: Elaborazione di A. Folliero dai dati della Borsa di Madrid

Tabella 2. Depositi della clientela delle principali banche spagnole.Fonte: Elaborazione di A. Folliero sui dati di bilancio delle differenti banche.

Tabella 3: Debito totale delle principali banche spagnole.Fonte: Elaborazione di A. Folliero sui dati di bilancio delle differenti banche.

Tabella 4. Attivo, Disponibilità, Entrate e Utili netti delle principali banche spagnole. Fonte: Elaborazione di A. Folliero sui dati di bilancio delle differenti banche.

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Page 11: Amerindia N. 2 Ottobre 2012

dei popoli rivoluzionari sembrano re-stare per lo più invisibili perché, spesso, non sappiamo come renderle visibili, come trasformarle in forza simbolica ascendente. E il tempo corre.Alcuni governanti disperano in sincro-nia con la disperazione dei popoli. Ma la disperazione, di per sé, non risolve nulla. Bisogna metter mano all’opera con decisioni che superino la “buona volontà” o le “intuizioni geniali”. È ne-cessario, tra mille altre cose, un pro-gramma internazionalista che, una volta per tutte, definisca il ritardo co-municazionale latinoamericano come un problema di sicurezza nazionale e continentale. È necessario un pro-gramma scientifico capace di incidere, ad esempio, sulle specifiche esigenze tecnologiche attraverso un modello di pianificazione che permetta di crescere, nei contenuti come nell’infrastruttura, senza pagare le cifre che si pagano operando in modo anarchico nel setto-re degli acquisti, della formazione, della legislazione, per poi ottenere i magri ri-sultati che abbiamo ottenuto.In questo momento la CELAC (Comu-nidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños) ha creato un’ opportunità in più per incidere a fondo su tutti i ri-tardi comunicazionali che ci affliggono, ci debilitano e ci mettono sempre più in pericolo. Non dovremmo sprecarla. Non meritano, i bambini latinoamerica-ni (e nessuno al mondo), l’aggressione psicologica dominante dell’oligarchia mediatica e il suo consumismo pre-datore. Non meritano, questi bambini, la nostra immobilità che diviene com-plice, col passare del tempo, né alcun abitante della Nuestra America merita il mostruoso bagno di menzogne, per-secuzioni, criminalizzazioni e delitti as-solutamente impuniti che i monopoli mediatici borghesi perpetrano ogni giorno. Non meritiamo veder sfilare

davanti ai nostri occhi l’emorragia di denaro perpetrata oscenamente per finanziare spettacolini, operazioni “in-formative”, campagne pubblicitarie…e come se non bastasse campagne poli-tiche. Non meritiamo la mediocrità, la volgarità, la petulanza, l’umiliazione, il sessismo, il razzismo…che di minuto in minuto distilla, coi suoi mezzi di guerra psicologica, l’ideologia della classe do-minante. E meno ancora meritiamo

la compiacenza, la complicità, il rifor-mismo, il burocratismo, la dilazione e in definitiva l’impotenza delle nostre forze a crescere e dare la grande batta-glia delle idee, la grande battaglia della comunicazione, la grande battaglia so-cialista chiamata a fare i conti con uno dei ritardi più intollerabili e ineffabili: Il ritardo comunicazionale.

Fonte: Rebelión

Traduzione: Maria Vittoria Tirinato

observatorio mediatico

Latinoamerica, contraddizioni e opportunità in materia di ComunicazioneDi Fernando Buen Abad Domínguez

Se si considera che non abbiamo an-cora sovranità d’agenda, che cioè non riusciamo a dare uno spazio predomi-nante ai nostri temi fondamentali; se si considera che, in materia di tecnologie per la comunicazione e l’informazione, siamo compratori dipendenti e tra-sferiamo milioni e milioni l’anno per acquisire le loro “macchine”; se si con-sidera che in materia giuridica, malgra-do i relativi progressi di alcuni paesi, dominano l’anarchia, il vuoto legale, l’impunità e la mancanza di istituzioni di gestione, controllo e difesa effettive; se si considera che siamo ancora molto vulnerabili politicamente a causa degli effetti perniciosi delle guerre psicologi-che attraverso le quali, costantemente, le oligarchie ci attaccano; se si conside-ra, infine, che né in materia di insegna-mento né di ricerca e nemmeno in ma-teria di creatività abbiamo compiuto il salto di qualità e quantità che la realtà ci richiede…non è un’esagerazione dire che la nostra arretratezza in fatto di comunicazione (come già il Rapporto MacBride denunciava nel 1980), cosa paradossale in un mondo che avanza rapidamente al riguardo, è di almeno 70 anni.

Ancor più paradossale è il nostro ritar-do se mettiamo a confronto le nostre forze con i nostri bisogni in campo comunicazionale, e calcoliamo quan-te opportunità abbiamo sprecato. In primo luogo siamo la maggioranza, la stragrande maggioranza. I popoli, stanchi della manipolazione mediatica, che sono stati vittima di ogni tipo di atrocità, golpe e omicidi di stato per-petrati anche con le armi della guerra ideologica borghese, sono una maggio-ranza schiacciante che non vede l’ora di emanciparsi dal cancro mediatico oligarca. In secondo luogo, possiamo contare su almeno quattro generazioni di lavoratori della comunicazione che, in discipline diverse, hanno acquisito esperienza e talento sufficienti a sop-portare il peso di una grande Rivoluzio-ne Comunicativa Emancipatrice...ma ci manca un programma unitario. In terzo luogo possiamo avvalerci di un clima di

crescente chiarezza politica che ci per-mette di identificare, come mai prima nello scenario della lotta di classe, il pericolo enorme di restare disarticolati di fronte alla minaccia traboccante che il capitalismo rappresenta, in piena crisi predatoria e con i suoi dispositivi me-diatici attivi giorno e notte.C’è oggi la volontà manifesta, sebbene incompiuta, da parte di alcuni governi latinoamericani, di avanzare nell’eman-cipazione della Comunicazione intesa come bene collettivo indispensabile a rafforzare l’insieme delle relazioni sociali in tutte le loro dimensioni e a garantire lo sviluppo della democrazia, della pace e del benessere della clas-se lavoratrice. E non c’è solo volontà manifesta ma anche risorse umane, tecnologiche, economiche, politiche e culturali sufficienti a garantire una Ri-voluzione Comunicazionale Emancipa-trice…e tuttavia le maggiori conquiste

“Il discorso sulla libertà di stampa come lo vogliono catalogare le grandi corporazioni non è né più né meno che la libertà economica di queste”. Perciò le multinazionali della

comunicazione credono di avere il diritto storico di ingiuriare e umiliare. Il problema è che adesso c’è un’intera America Latina pronta a rispondere. Oggi in latinoamericana questo concetto “io domino, io comando” inizia a confrontarsi mettendo sotto i riflettori i signori che non solo ostentano grandi corporazioni mediatiche, ma che, soprattutto, hanno molto a che vedere con

le relazioni economiche e finanziarie dei Paesi”. Juan Carlos Camaño, Presidente della Federazione Latinoamericana della

Stampa.

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venezuela desde italia

Con l’obiettivo di diffondere i succes-si di 13 anni di Governo Bolivariano, l’Ambasciata della Repubblica Boliva-riana del Venezuela in Italia ha inau-gurato il Ciclo espositivo “Successi del Governo Bolivariano”, che sarà presen-tato su tutto il territorio italiano per far fronte alle manipolazioni mediatiche che vengono realizzate contro il nostro paese.

I 15 banner tematici su Istruzione, Economia, Salute, Edilizia popolare, Tecnologia e Sport hanno l’obiettivo di illustrare il processo di cambiamento che sta vivendo il popolo venezuelano. Presso l’Istituto Italo–Latinoamericano (IILA) di Roma è stata realizzata una prima presentazione del Paese, durante la quale l’Ambasciatore Isaías Rodríg-uez ha ricordato che il processo rivo-luzionario del Venezuela vuole creare un società giusta, in cui non vi siano discriminazioni basate su razza, sesso,

religione e condizioni sociali, per pro-muovere valori superiori come la vita, la libertà, la giustizia, l’uguaglianza, la solidarietà, la democrazia, la responsa-bilità sociale, l’etica, il pluralismo poli-tico e raggiungere il maggiore livello di felicità possibile.

La Regione Abruzzo, in particolare la città di Pescara, è stata la prima ad ospitare la Mostra “Successi del Go-verno Bolivariano”. Presso l’Aurum, uno dei migliori spazi espositivi della città, il Presidente del Consiglio Regionale del-la Regione Abruzzo, Nazario Pagano, ed il Sindaco di Pescara, Luigi Albore Ma-scia, hanno supportato questo evento a favore del Venezuela.

La città di Cava de Tirreni, nella Provin-cia di Salerno, è stata la seconda, nel mese di giugno, ad ospitare la mostra itinerante: il Sindaco Marco Galdi, no-nostante faccia parte della destra ita-

liana, ha partecipato con entusiasmo all’evento, affermando che “l’idea è quella di costruire un mondo più giu-sto, più sociale e più equo”. Oltre all’e-sposizione, in entrambe le occasioni si è tenuta la Conferenza dal titolo “Venezuela, 13 anni di trasformazione socio-politica”, per una descrizione più dettagliata dei progressi mostrati at-traverso i banner.

A Napoli, la mostra è stata ospitata all’interno dell’incantevole scenario del Castel Nuovo, e la conferenza ha visto la partecipazione del Console Genera-le Bernardo Borges. Nel Nord Italia, a Milano, la Conferenza “Venezuela, 13 anni di trasformazione socio-politica” ha visto la presenza di un nutrito pub-blico e del Console Generale Giancarlo Di Martino.

Marina di Camerota, Vallo di Diano, Mosciano Sant’Angelo, Monterontodo

e Santomena sono le altre città prota-goniste della mostra, che ha registrato l’interesse e la presenza di numerose personalità.

Nei mesi di giugno, luglio e agosto, la Mostra ha toccato, in totale, 15 città italiane, tra nord, sud e centro.

Il Corpo Accademico italiano invia un saluto al Presidente Chávez

L’Università di Sassari, fondata nel 1562 e specializzata negli studi di Di-ritto, è stata lo scenario del I Incontro “Costituzionalismo e Rivoluzione Boli-variana”, che ha visto la partecipazione al dibattito di accademici e professori costituzionalisti provenienti da più di venti università italiane.Pierangelo Catalano, professore dell’U-niversità di Roma “La Sapienza” ha inviato, a nome dell’Accademia Giu-ridica Italiana, un saluto al presidente Chávez, esprimendo la speranza che si concretizzi presto un accordo fra uni-versità italiane e venezuelane, poiché “il diritto romano è in stretta relazione con Simón Bolívar, eroe indipendenti-sta venezuelano”. A questo proposito, Catalano ha sottolineato che il pensie-ro costituzionale di Bolívar non è stato

ancora approfondito e che l’Accademia Giuridica sarebbe interessata a istituire cattedre e ricerche sul tema. Al termine dell’incontro i professori si sono mostrati interessati a realizzare e promuovere attività di questo tipo su tutto il territorio italiano.

Presidente venezuelano Hugo Chávez Frias riceve Premio Re Manfredi

Nella sua XXI Edizione, lo scorso 5 agosto 2012 il presidente Hugo Rafael Chávez Frías ha ricevuto nella persona

dell’Ambasciatore Julián isaías Rodríg-uez il Premio Internazionale di Cultura “Re Manfredi” per l’equità dell’econo-mia e della solidarietà sociale, per il sostegno ai modelli di sviluppo eco-nomico alternativo e per il grande im-pegno sociale dimostrato attraverso le Missiones Bolivarianas con l’obbiettivo di combattere malattie, analfabetismo, malnutrizione e povertà. Il Venezuela dal dicembre 2010 si è impegnato a ri-spettare il Protocollo di Kyoto e gli ac-cordi su clima e ambiente, diventando uno dei primi paesi in via di sviluppo a impegnarsi in tal senso.

Marycel Pacheco Gutiérrez

Traduzione: Maria Vittoria Tirinato

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venezuela desde italia

Con il fermo proposito di continuare a servire, avvicinarsi e integrarsi ogni giorno di più con la comunità vene-zuelana, il consolato venezuelano a Napoli, la cui circoscrizione comprende il Sud Italia, prosegue nella realizzazio-ne delle Giornate Consolari, visitando le comunità dove gli emigranti hanno materializzato il frutto del lavoro nel-le nostre terre e che oggi si riflette in intere comunità italiane che rinascono, grazie allo sforzo di migliaia di italiani che in Venezuela cercarono un futuro migliore.

Inaugurata Piazza Simón Bolívar e l’Associazione Italo-Venezuelana a Vallo di Diano

Il 29 giugno la località di Silla di Sas-sano (Vallo di Diano) è stata l’epicen-tro dell’incontro con la comunità ita-lo-venezuelana della zona, in occasione

dell’inaugurazione di Piazza “Simón Bolívar” e dell’Associazione Italo-Vene-zuelana.A Sassano si fonda oggi un nuovo punto d’incontro per commemorare le nostre ricorrenze nazionali e riunire la popolazione venezuelana. “La giornata di oggi è motivo di gioia. L’emigrazione italiana ha lasciato un’impronta pro-fonda nel nostro Paese, non solo con-

tribuendo allo sviluppo della nazione ma anche arricchendo la nostra cultura con costumi e usi tipicamente italiani. Dall’Italia Bolívar continuerà a guidarci nella ricerca di libertà, pace, giustizia, unione e indipendenza dei nostri po-poli”, ha concluso il Console Generale Bernardo Borges. Il 30 giugno si è realizzata una giornata di servizio consolare per la numerosa

comunità italo venezuelana che vive nell’area cilentana. Migliaia di italiani provenienti dal Parco Nazionale del Ci-lento e del Vallo di Diano hanno trova-to rifugio in terra venezuelana.

Cittadinanza Onoraria di Marina di Camerota al sindaco del Municipio Libertador di Caracas Jorge Rodríguez.

Nei giorni 22, 23 e 24 giugno la città di Camerota è stata sede del Consolato venezuelano a Napoli, che ha offerto i suoi servizi in modo diretto, facilitando il disbrigo di pratiche quotidiane, con l’obiettivo di fornire un servizio miglio-re e più efficace. Questa località conta oggi, fra i suoi 7000 abitanti, un 20% di Venezuelani.Il 24 giugno si è tenuta una cerimonia di omaggio al Libertador Simón Bolívar. Nell’occasione, il Primo Console Carlos Abreu si è impegnato a continuare a favorire l’avvicinamento del consolato alla comunità italo-venezuelana: “da questa bella città la nostra speranza è che l’energia liberatrice del nostro po-polo venezuelano rivitalizzi lo spirito di lotta per la giustizia, la moralità e i lumi

del nobile popolo italiano”.Al termine dell’evento, la città di Ca-merota ha consegnato il documento ufficiale che conferisce la Cittadinanza Onoraria al sindaco del Municipio Liber-tador di Caracas Jorge Rodríguez, come riconoscimento per la sua encomiabile opera in favore della comunità di Cara-cas e per il suo contributo al benessere e all’inclusione dei suoi abitanti.In rappresentanza del sindaco, l’archit-tetto Giorgia Incerpi, di Fundapatrimo-nio, ha ricevuto dal sindaco di Came-rota, Antonio Romani, la cittadinanza onoraria. “A nome del dott. Jorge Ro-dríguez ringrazio il Console Generale a Napoli Bernardo Borges e il Primo Console Carlos Abreu, per aver reso possibile lo svolgimento di questa so-lenne cerimonia. Approfitto dell’occa-sione per manifestare davanti a voi la più profonda gratitudine per il tenace lavoro condotto dal sindaco Jorge Ro-dríguez, quale cittadino sensibile e im-pegnato per una città come Caracas, di scala metropolitana, dinamica e tanto ricca di contraddizioni. Una gestione inclusiva e protagonistica, la sua, ca-ratterizzata dal costante e quotidiano impegno per il miglioramento della qualità della vita del cittadino, attra-verso la dotazione di abitazioni per il buen vivir e l’ottimizzazione dello spa-zio pubblico”, ha concluso.A Camerota si respira aria venezuelana. Oggi vi convivono tre associazioni ita-lo-venezuelane (Alma Llanera, Simón Bolívar “El Libertador”, Francisco de Mi-randa), che contribuiscono a mantene-re vivo il nostro retaggio.

La Nostra America Latina più unita che mai

Il 3 luglio all’Istituto Cervantes di Na-poli ha avuto inizio un ciclo di con-ferenze tenute magistralmente dallo

scrittore e intellettuale venezuelano Luís Britto Garcia.L’Ambasciatore Julián Isaías Rodríguez ha compiuto un’eloquente ricostru-zione della vita e dell’opera dell’intel-lettuale venezuelano. “Britto Garcia è una figura di assoluta importanza per il nostro processo, cui ha dato forza, energia e vitalità. Ha dato certezza e di-gnità a tante persone con la sua lotta in favore dei diritti umani, dell’integrazio-ne latinoamericana, dell’ambiente. Per la sua eccezionale capacità immagina-tiva, per il suo intelletto, Britto è una figura straordinaria per comprendere la storia passata e recente del Venezuela e dell’America Latina”. Vincitore del Premio Nazionale di Let-teratura nel 2002 e autore di 67 pub-blicazioni, l’autore indica che l’America Latina comincia a riappropriarsi non solo delle sue ricchezze naturali ma anche della sua cultura, della sua pe-culiarità e delle sue origini, un tempo assoggettate al dominio imperialista. I nostri popoli assumono una tenden-za progressista di differente natura e identità con Unasur, Mercorsur, ALBA e CELAC, che rappresentano la speranza attuale del sogno bolivariano. “Alcuni non riconoscono diritti fondamentali come l’educazione, il lavoro, la salute e la casa ma continuano a dare lezioni di diritti umani”, ha sottolineato Britto.

Inaugurata Piazza Bolívar a Moio della Civitella

Nel quadro del 201° Anniversario della Firma dell’Atto di Indipendenza, la po-polazione italo-venezuelana di Moio della Civitella e Pellare rende un omag-gio speciale al nostro Paese, scoprendo un busto del Libertador Simón Bolívar, opera dello scultore italiano Emanuele Stifano.

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Geraldina Colotti. Giornalista del quo-tidiano «il manifesto», cura l’edizione italiana di «Le Monde Diplomatique». Ha scritto racconti, poesie, romanzi per ragazzi, testi comici. Fra i suoi libri, Ver-si cancellati (1996), Per caso ho ucci-so la noia (1998), Sparge rosas (2000), Certificato di esistenza in vita (2005), Il segreto (2003), La guardia è stanca (2010) e, con Vauro, Scuolabus (2002). www.geraldinacolotti.it

Dal mese di luglio de 2012 circola a cura della casa editrice Jaca Book: TAL-PE A CARACAS - Cose viste in Venezue-la l’ultimo libro della giornalista Geral-dina Colotti. In Venezuela disponibile in spagnolo dal mese di ottobre sotto il titolo LO VI, NO ME LO CONTARON a cura di Vadell Editores.La sua analisi del labirinto venezuelano ci avvicina al concetto di partecipazio-ne popolare e alla ricerca di un nuovo senso della responsabilità davanti a una dimensione più ampia del senso

“del pubblico e del collettivo” aprendo le nuove strade del far politica. Le sue interpretazioni sull’esclusione sociale, le novità e i successi che in materia di mobilitazione popolare sopravvengono nel paese sudamericano vengono rac-contati in prima persona dai protago-nisti. “Quarteri autogestiti, fabbriche recuperate, consigli operai, donne al centro della scena… mentre l’Europa stringe la cinghia intorno alla vita di chi è già stato spremuto, a Caracas si tenta un’altra strada: con un piede nel futuro e un altro nel petrolio. In questo libro attento e corale, Geraldina Colot-ti racconta le «cose viste in Venezuela» in tredici reportage sul paese «boliva-riano». Rapper bolscevichi e maestri di strada, casalinghe col fucile e cuoche al potere, preti d’assalto e porporati gol-pisti, e maiali che scorrazzano insieme ai detenuti… Dove ripassa la storia, la luna corre per strada. Giovani talpe ri-prendono a scavare”.

Quest’atto significativo, che ha ralle-grato la comunità - la quale si è resa partecipe intonando il nostro inno na-zionale - ha visto la presenza dei sinda-ci di Vallo della Lucania Antonio Aloia e

di Moio della Civitella Antonio Gnarra, oltre che la partecipazione di autorità civili, militari ed ecclesiastiche. L’inau-gurazione di Piazza Bolívar è stata or-ganizzata dal Consolato Generale del Venezuela a Napoli e dall’Associazione italo-venezuelana “Araguaney”.“Il Venezuela è la locomotiva del pro-cesso di integrazione latinoamericana, oggi più che mai un Paese pieno di opportunità per le nuove generazioni. L’Europa soffre una crisi di speranza, in Sudamerica oggi rinascono nuove spe-ranze di un futuro migliore”, ha sotto-lineato il sindaco di Moio della Civitella Antonio Gnarra durante lo svelamento della scultura.Per un gran numero di abitanti, il so-gno americano si è coronato in Vene-zuela, Paese che insieme all’Uruguay e Argentina ha ricevuto il maggior flusso migratorio italiano. “L’America è il Ve-nezuela, i nostri sogni, il nostro futuro e la nostra dignità furono forgiati nella ‘terra di grazia’ al nord del sudamerica, che oggi più che mai continua a offri-re speranza e dignità alla vita dei no-

stri fratelli”, ha affermato il presidente dell’Associazione “Araguaney” Marco De Luca.Borges ha affermato che questa cele-brazione va concepita come un evento

che, ben oltre la retorica, parla di fatti concreti. “Oggi la comunità italo-vene-zuelana di Pellare e Moio della Civitella ha uno spazio per riunirsi fraternamen-te rivivendo e conservando i valori della nostra venezuelanità, in perfetto equi-librio con le usanze e i costumi italia-ni, poichè siamo cittadini di entrambi i Paesi.”

Il Venezuela celebra il “Molfetta Day”

In un clima di allegria e fratellanza l’omonimo paese del sud italia ha ce-lebrato il “Molfetta Day”, evento che dal 1979 unisce gli emigranti di diversi Paesi del mondo, in maggioranza pro-venienti da Venezuela, Argentina, Au-stralia, Stati Uniti e Canada.La Missione diplomatica venezuelana ha partecipato all’evento internaziona-le. Il 10 settembre l’Ambasciatore in Ita-lia, Julián Isaías Rodríguez e il console Bernardo Borges hanno reso omaggio al Libertador Simón Bolívar, esprimen-do gratitudine agli Italiani provenienti

da diversi Paesi che durante la carestia del dopoguerra abbandonarono la loro terra natìa.“Molfetta si veste di festa perchè oggi è un giorno di fraternità universale, siamo orgogliosi di essere cittadini del Paese che ci ha accolto e orgogliosi della nostra terra natale, una simbiosi perfetta che oggi ci rende creditori di questo amore infinito per le nostre due patrie”, ha affermato il sindaco di Mol-fetta Alberto Azzolini.L’Ambasciatore Isaías Rodríguez ha ri-cordato ai presenti l’importanza dell’e-migrazione italiana in Venezuela e nel mondo, dei suoi apporti in materia di infrastrutture, agricoltura e manifat-tura, nonché di cultura. “I Paesi non si costruiscono da soli ma con l’appoggio e il contributo, nei diversi ambiti, del-le persone che di esso fanno parte. Gli Italiani sono stati molto importanti per il Venezuela, ci identifichiamo con gli Italiani perchè sono parte della nostra identità, prodotto della multiculturali-tà che caratterizza la nostra terra”, ha dichiarato.

Da parte sua il console Bernardo Bor-ges ha espresso il suo ringraziamento al consigliere comunale Benito Cimillo e al presidente dell’Associazione “Mol-fettesi nel mondo”, Rodolfo Caputi, organizzatori di questa manifestazio-ne, per essere riusciti a riunire in Italia, quest’anno, dieci emigranti molfette-si di scarse risorse economiche, dopo anni di assenza.

Maylyn E. López

Traduzione: Maria Vittoria Tirinato

venezuela desde italia identidad, mito y leyendas MIO PADRE

Mio padreera un bracciante agricolo

che scriveva

Scriveva ovunquesulla carta per avvolgere

su pezzi di cartonedietro agli almanacchi

In quel terremotodi luci e di ombre

la mano che fendeva la montagna eapriva solchi

scriveva storie

Mio padreraccoglieva matite

e sul pavimento di terrasdraiato sul pavimento di terraingannava la fame e la notte

con la storia di una naveche aveva appreso per sentito dire

Questo fupiù di cinquant’anni fa

la capannaprima s’incurvòpoi, schiacciata

crollò

Il ciuffo di stoffa divenne lampada

un cavo sostenuto in aria

si trasformò nel nuovo orizzonte

I solchi si seccarono mio padre partì

e la città insieme a lui si riempì di parole e

di sentieri Ancora scrive mio padre e una canzone da porto e una voglia di savana

hanno avvolto di angoscia la sua vecchia solitudine

Julián Isaías Rodriguez

Ajúmele: (Colombia) “Datti una mossa; muoviti”. Espitao: (Venezuela) si dice di una corsa molto veloce. Dall’inglese speed out.

Gauchar: (Argentina) andare senza direzione. Da “gaucho”.Güero, ra: (Voce indigena. Messico) si dice di persona dai capelli biondi.

Macundal: (Venezuela) cosa, oggetto, attrezzo. Durante il processo di esplorazione nell’industria di idrocarburi, in Venezuela si utilizza vano machete della marca Mac & Dale. Quando la giornata lavorativa giungeva al termine, gli operai dicevano: è giunta l’ora di

raccogliere “los macundales”.Soquete: (Argentina, Bolivia, Chile, Paraguay, Uruguay). Dal francese Socquette. Calzino alla caviglia.

Bisne: Spangligh. Dall’inglese Business. Affari.Marnoglia Hernández Groeneveledt

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“Mostriamo ai nostri figli la bellezza della musica e la musica

rivelerà ai nostri figli la bellezza della vita.”

José Antonio Abreu.

José Antonio Abreu è l’ideatore e cre-atore del Sistema che in Venezuela ha dato origine in trent’anni a circa 400 orchestre sparse su tutto il territorio nazionale, inserendo nel mondo della musica centinaia di migliaia di giovani e aiutandoli nella maggioranza dei casi a riscattarsi da un futuro di degrado e violenza. È considerato ormai un ge-nio, e un visionario. Un’opera, la sua, che dal Venezuela si diffonde rapida-mente in tutto il mondo, tant’è che è stato candidato – ed è uno dei candi-dati più accreditati - al Premio Nobel per la Pace 2012, il cui vincitore sarà annunciato prossimamente, nonché si numerosi premi e riconoscimenti inter-nazionali.Ma qual è la concezione dell’orchestra di José Antonio Abreu? Quale il me-

todo che concepisce l’insegnamento solo attraverso il collettivo e non più il singolo individuo? Per il maestro ve-nezuelano l’orchestra è una comunità che ha come caratteristica essenziale ed esclusiva, ed essa sola ha questa caratteristica, di essere l’unica che si costituisce con l’obbiettivo essenziale di unire persone al suo interno. Per-ciò, chi fa parte di un’orchestra inizia a vivere quella che viene chiamata con-certazione, cioè la filosofia del gruppo che si riconosce come interdipendente, dove ognuno è responsabile di tutti e tutti sono responsabili di ciascuno. Ma perché riunirsi? Per generare bellezza. Chiunque, suonando, generi bellezza e armonia musicale, inizia a conoscere dentro di sé l’armonia essenziale: l’ar-monia umana. Ciò che solo la musica può comunicare all’essere umano, è la rivelazione che trasforma, sublima e sviluppa dall’interno lo spirito dell’uo-mo. Più che una rivelazione una filosofia, che semina valori come la disciplina, lo stare insieme, l’onestà e la solidarietà. Per tantissimi Venezuelani il maestro

Abreu è un padre, una guida motivata, esigente e piena di saggezza. Ma quali sono i confini della musica? Oggi veri-fichiamo che non ci sono limiti quando si tratta di cultura e di musica. Nel 1970 Abreu riunì intorno a sé un-dici ragazzini e pazientemente gli in-segnò a suonare musica cameristica e sinfonica. Aveva già in mente quel si-stema mondiale che oggi, fortemente supportato dal governo del presidente Hugo Chávez Frías, è sotto gli occhi di tutti. Oggi, solo in Venezuela, 350.000 ragazzi studiano e vivono attraverso la speranza che la musica può donare. Dagli Stati Uniti alla Nuova Zelanda il Sistema si va estendendo a macchia d’olio. Ora è la volta dell’Italia, dove iniziano a sbocciare piccoli nuclei e dove Fe-dercultura, sotto la spinta di Roberto Grossi, provvederà alla promozione e al coordinamento del Sistema, presieduto dallo stesso Antonio Abreu e dal Mae-stro Claudio Abbado. Un elogio all’Italia quello di José An-tonio Abreu, ospite al Ravello Festival in occasione del debutto dell’Orchestra

Giovanile di Caracas, e dove il Maestro venezuelano ha ricevuto il Premio “Ra-vello ai valori sociali della Cultura”, alla sua prima edizione, il giorno 15 set-tembre 2012. Abreu, insieme al presidente del Comi-tato per il Sistema di Orchestre in Italia, Roberto Grossi, ha annunciato l’immi-nente formazione di una orchestra di giovani italiani e venezuelani. “Non c’è nulla di più importante per il nostro progetto di espansione internazionale della collaborazione con l’Italia. Non dimentichiamo che l’Italia ha nella sua storia il primo esperimento musicale con persone disadattate. Fu Vivaldi, a Venezia, a dare vita all’orchestra della Pietà, la prima giovanile della storia, e la prima formazione musicale femmi-nile”. Nel 2013, in occasione del prossimo Ravello Festival, il Maestro ritornerà con le sue Orchestre. E per il 2015 l’in-tero Sistema sarà all’Expo di Milano per celebrare l’accordo permanente di cooperazione e interscambio durante un’intera settimana.

Maylyn E. López

Traduzione: Maria Vittoria Tirinato

identidad, mito y leyendas

Premio Città di Ravello

Il Maestro José Antonio Abreu, durante la consegna del Premio Città di Ravello, ha dichiarato: “Ricevere questo premio costituisce un esimio onore per la grandezza dell’impegno etico e umano che esso rappresenta. Dedico il premio a tutti gli educatori pieni di abnegazione, che con ammirevole solidarietà e fede ferma mi hanno accompagnato nella costruzione del Sistema Nazionale di Orchestre e Cori Giovanili e Infantili del Venezuela. Siamo riusciti a restituire la dignità, attraverso la musica, a migliaia di bambini a rischio nelle strade, a bambini delle scuole, bambini con differenti disabilità e anche ai giovani reclusi che apprendono l’arte della musica mentre guardano con ansia al loro reinserimento nella comunità, attraverso la musica.

Investimenti in Educazione in Venezuela10 % del PIL nazionale

Sistema delle Orchestre del Venezuela285 nuclei di insegnamento musicale

1500 cori a livello nazionale400 Orchestre Sinfoniche in tutto il paese

350.000 bambini e bambine nel Sistema Nazionale di Orchestre

Riconoscimenti al Maestro José Antonio Abreu1993 Premio Internazionale di Musica IMC-UNESCO

1995 Ambasciatore in Missione Speciale per lo sviluppo di una Rete Globale di Orchestre Giovanili e Infantili e Cori

1998 Ambasciatori di Buona Volontà per l’Unesco2001 Premio Right Livelihood Award

2004 World Culture Open Creative Arts Award 2007 Ordine del Sole Nascente, Gran Cordone in Giappone

2008 Premio Glenn Gould in Canada 2008 Premio Internazionale Puccini in Italia

2008 Membro onorario della Royal Philarmonic Society nel Regno Unito 2008 Membro onorario della Società della Beethoven-Haus in Germania

2008 Premio Príncipe delle Asturie per le Arti. Spagna2009 Premio Cristal del Forum Economico Mondiale

2009 Polar Music Prize, riconosciuto dalla Reale Accademia Svedese di Musica2010 Premio Erasmus. Ollanda

2012 Dottorato honoris causa dall’Istituto di Educazione dell’Università di Londra2012 Premio “Città di Ravello ai Valori Sociali della Cultura”

Il Sistema nel mondoIn più di 25 paesi sono stati creati programmi di educazione musicale che seguono il modello venezuelano: Argentina, Australia, Austria, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Corea del Sud, Costa Rica, Cuba, Ecuador, El Salvador, Scozia, Stati Uniti,

Guatemala, Honduras, Inghilterra, Italia, Giamaica, India, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù, Portogallo, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Trinidad e Tobago,

Uruguay.Il Sistema ha ispirato l’OEA nella promozione, fra l’altro, dell’Orchestra Giovanile delle Americhe, del Programma di Orchestre per i Giovani a Rischio nei Caraibi nel 2009, e

della Sinfonica Giovanile Iberoamericana.

Fonte. Fesnojiv- Venezuela

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identidad, mito y leyendas

Inaugurato lo scorso 28 agosto, nella tredicesima Mostra di Architettura di Venezia, il Padiglione della Repubblica Bolivariana del Venezuela

Nel cuore della 13ª Esposizione Inter-nazionale di Architettura della Biennale di Venezia 2012 la Repubblica Boliva-riana del Venezuela presenta, attraver-so l’opera Città socializzante Vs. Città alienante del architetto Domenico Silvestro, l’innovativo e rivoluzionario concetto architettonico di una nuova città, basata sui bisogni sociali degli essere umani, i loro diritti, ribaltando il concetto del consumo e la logica che impone il capitale monetario e il mer-cato delle finanze da cui emanano le città alienanti.

Incuriositi dalla proposta rivoluziona-ria del progetto, un numeroso pubbli-co assiste all’atto inaugurale a seguito delle parole d’onore dell’Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Ve-

nezuela, il Dr. Julián Isaías Rodríguez Díaz, arricchito anche dall’intermezzo musicale eseguito dal Quartetto d’archi dell’Orchestra Sinfónica Simón Bolívar. Presenti l’Ambasciatore della Repub-blica Bolivariana del Venezuela presso la FAO e altre Istituzioni delle Nazioni Unite con sede a Roma, la Dr.ssa Gladys Urbaneja Durán; la Console Generale Aggiunta a Milano, la Dr.ssa Eleanor Franchi; la rappresentante dell’Amba-sciata presso la Santa Sede, la Dr.ssa Nathalie Ramos.

Per la Repubblica Bolivariana del Vene-zuela, l’impostazione della Città socia-lizzante Vs. la Città alienante possiede una trascendenza per l’uomo del XXI Secolo ed una connotazione molto speciale per un paese come il Venezue-la, che dal 1999 vive una trasformazio-ne integrale delle condizioni di vita dei suoi cittadini, a partire da una base di-versa alla logica discriminatoria e spe-culativa del modello capitalista.

Con queste premesse di Città socializ-zante l’Ambasciatore Isaías Rodríguez s’interroga, attraverso le parole d’a-

pertura della mostra, se “non furono i tempi, le basiliche, le cattedrali, le Alhambra, le moschee le prime opere che l’architettura ha costruito per al-loggiare in essa lo spirito degli esseri umani e l’essere sociale della città?” Ed è lo stesso ambasciatore a darci una risposta sostenendo che “l’architettura non è solamente un problema di fare strutture materiali”. E dinanzi l’insisten-za di chi predilige l’architettura di un “puro stile e giudizio estetico”, l’amba-sciatore ci pone un’altra domanda, “Se non è estetico il processo di formazione di una città e di un’architettura sociale più terrena, meno divina e soprattutto più umana?”.

Nella seconda sala del padiglione, l’e-motivo video-testimonianza di Maria Sojo rialza proprio l’umanità del pro-getto di Città socializzante, portato avanti dal governo venezuelano con il concreto programma sociale Gran Mi-sión Vivienda, che già nel 2011 ha as-segnato 150 mila case a persone sfol-late dopo le forti alluvioni degli anni precedenti. Maria Sojo è una donna che nell’alluvione del 2010 ha perso la

casa e oggi, lei stessa protagonista del suo futuro, sta ricostruendo la propria abitazione nelle vicinanze de Caracas in una nuova struttura di Città socia-lizzante, progetto della Gran Misión Vivienda. L’inserzione sociale della si-gnora Sojo nella costruzione dei propri bisogni, dimostra come l’Essere sociale è in grado di modificare integralmente la propria individualità per convertirla in un Essere sociale per antonomasia.

L’opera Città socializzante Vs. Città alienante rimane esposta fino il 25 di novembre nel maestoso padiglione di Venezuela, già disegnato negli anni Cinquanta dall’architetto veneziano Carlo Scarpa, il “Gioiello dei Giardini”, attuale meta di pellegrinaggio degli amanti dell’architettura della Biennale di Venezia.

Il commissario tecnico per l’allestimen-to del padiglione è stato affidato all’ar-chitetto Andreina Agustí. L’editore Ti-ziana Mazzucato con la collaborazione dell’architetto Javier Ceriola, del Museo nazionale di Architettura e dall’archi-tetto Jesús Pacheco.

La Biennale, sintesi di cultura inter-nazionale, ha oltre cent’anni di storia. Fu inaugurata durante l’Esposizione Internazionale dell’Arte del 1895, con un’esposizione pluridisciplinare. D’al-lora ha incorporato altre discipline, la Mostra del Cinema, 1930 (il primo fe-stival cinematografico mai organizzato nel mondo), lo stesso anno la Musica, poi nel 1934 il teatro, l’Architettura nel 1980 e infine, nel 1999 la Danza. Di-scipline che confermano l’importanza

di prim’ordine a livello mondiale della Biennale in cui Venezuela ha proposto al mondo il concetto sociale del “Buon vivere” in una Città socializzante, al di sopra di ogni produzioni dei beni su-perflui, meramente di consumo, che il capitalistico ci propone.

Sabatino Annecchiarico

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Page 17: Amerindia N. 2 Ottobre 2012

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