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ARACNE Analisi economica del territorio Letture sulla scienza economica regionale Aurelio Bruzzo

Analisi economica del territorio - Aracne editrice - · 6.5 L’agglomerazione delle PMI in sistemi territoriali 164 7. Implicazioni territoriali dei mutamenti strutturali nei moderni

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ARACNE

Analisi economica del territorio

Letture sulla scienza economica regionale

Aurelio Bruzzo

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Copyright © MMVIIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2133–0

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: ottobre 2008

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INDICE

Introduzione 15

PARTE PRIMA: ASPETTI TEORICI

1. Nozioni introduttive di carattere generale 251.1 Le origini empiriche dell’analisi economica regionale,ossia l’esistenza di un “problema regionale” 25

1.1.1 La cause fattuali dell’analisi economica regionale 251.1.2 La presenza e la consistenza degli squilibri regionali 27

1.2 Fondamenti teorici e collocazione disciplinare dell’economia regionale 31

1.2.1 I fondamenti teorici dell’economia regionale 311.2.2 La collocazione disciplinare dell’economia regionale 33

1.3 Le principali caratteristiche dell’economia regionale 361.3.1 L’interdisciplinarietà 361.3.2 Le altre caratteristiche 371.3.3 Ruolo e limiti dell’economia regionale: cenni 39

2. Alcune questioni definitorie 412.1 Un tentativo di definizione dell’economia regionale 412.2 La nozione di spazio economico e i connessi approcci dellateoria economica 432.3 Definizioni di “regione” 45

2.3.1 La regione omogenea 462.3.2 La regione nodale 472.3.3 La regione di programmazione 50

2.4 La distinzione fra i concetti di crescita, di sviluppo economico e di sviluppo regionale 522.5 Le economie e le diseconomie di agglomerazione 55

3. Le teorie fondamentali sulla localizzazione delle attività produttive 593.1 Il modello di J. H. von Thünen 60

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3.2 La teoria di A. Weber 643.3 La teoria delle località centrali di Christaller e Lösch 70

3.3.1 L’iniziale contributo di Lösch 703.3.2 Il modello di Christaller 743.3.3 Il modello delle località centrali 79

3.4 Considerazioni conclusive 81

4. Rassegna delle principali teorie dello sviluppo economicoregionale (prima parte) 834.1 Alcune chiavi di lettura delle teorie dello sviluppo regionale 834.2 I modelli dello sviluppo equilibrato 87

4.2.1 Il modello neoclassico (a uno e a due settori) 884.2.2 Peculiarità e limiti dei modelli neoclassici 974.2.3 Le teorie degli stadi di sviluppo 994.2.4 la legge di Williamson sullo sviluppo per tappe 102

4.3 I modelli dello sviluppo ineguale 1054.3.1 Le teorie dello squilibrio strutturale 1054.3.2 La teoria della causazione circolare cumulativa 1084.3.3 Le teorie della diffusione gerarchica dello sviluppo 1104.3.4 Il modello centro–periferia di Krugman e Venables 117

5. Rassegna delle principali teorie dello sviluppo economicoregionale (seconda parte) 1235.1 Lo sviluppo esogeno o indotto dalle esportazioni (export–led growth) 123

5.1.1 La teoria della base economica 1245.1.2 Il modello del reddito interregionale 1255.1.3 Combinazione delle esportazioni con la crescita

cumulativa 1285.1.4 Peculiarità e limiti dei modelli di sviluppo indotto dalle

esportazioni 1315.2 Lo sviluppo endogeno 133

5.2.1 Gli assunti del nuovo approccio 1355.2.2 Il ruolo e le determinanti dell’innovazione tecnologica 1365.2.3 Il ruolo dell’ambiente locale 1385.2.4 Il ruolo delle “reti” di PMI 140

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5.2.5 Il ruolo delle infrastrutture e dei servizi 1415.2.6 Peculiarità e limiti del modello 144

6. Reali tendenze attualmente prevalenti nella localizzazione delle attività produttive 1476.1 Principali limiti delle tradizionali teorie dellalocalizzazione 1476.2 La natalità delle imprese secondo le ipotesi della“incubatrice” e le connesse implicazioni territoriali 150

6.2.1 Il modello generale della natalità imprenditoriale 1526.3 Implicazioni territoriali del ciclo di vita del prodotto 1556.4 Implicazioni territoriali del ciclo di vita dell’impresa 1606.5 L’agglomerazione delle PMI in sistemi territoriali 164

7. Implicazioni territoriali dei mutamenti strutturali nei moderni sistemi economici 1697.1 Il ciclo di vita della tecnologia e il nuovo paradigma tecnico–economico 1707.2 Le innovazioni organizzative nelle imprese e le connesse implicazioni territoriali 1747.3 La terziarizzazione dei sistemi economici e le connesseimplicazioni territoriali 178

7.3.1 L’approccio d’analisi di tipo aggregato 1797.3.2 I servizi alle famiglie e i servizi pubblici 1817.3.3 I servizi alle imprese 1827.3.4 La natura intersettoriale della terziarizzazione 183

7.4 La localizzazione delle attività produttrici di servizi 1857.4.1 La teoria delle località centrali e delle aree di mercato 1857.4.2 Le interazioni tra terziario implicito e terziario esplicito 187

7.5 Ancora sulle implicazioni territoriali dei cambiamentistrutturali 188

8. Sviluppo e competitività dei sistemi urbani 1918.1 Rapporti fra economia regionale ed economia urbana 1918.2 Origine e ruolo in termini economici della città 192

8.2.1 Domanda di economie di agglomerazione 1928.2.2 Offerta di economie di agglomerazione 195

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8.3 Dimensione, crescita e sviluppo delle città 1978.3.1 Base economica e sviluppo urbano 1998.3.2 Il ruolo dell’innovazione 200

8.4 Il ciclo di vita della città e il fenomeno della deconcentrazione urbana 201

8.4.1 Il ciclo di vita della città 2038.4.2 Deconcentrazione e declino urbano (in termini

demografici ed economici) 2058.5 Rapporti tra città e struttura urbana: dalla città commerciale alla città internazionale 207

8.5.1 La città commerciale: la gerarchia 2088.5.2 La città industriale: la dominazione 2088.5.3 La città post–industriale: la cooperazione 2098.5.4 La città internazionale: la competizione 212

8.6 L’evoluzione dei rapporti interurbani e le relazioni con l’ambito regionale 213

8.6.1 L’evoluzione dei rapporti interurbani 2148.6.2 L’evoluzione dei rapporti con la regione 2148.6.3 Il ruolo dei servizi e delle infrastrutture 215

PARTE SECONDA: ASPETTI EMPIRICI. ANALISI DELLA

RECENTE EVOLUZIONE DELLA SITUAZIONE SOCIOECONOMICA

NELLE REGIONI E NELLE AREE URBANE EUROPEE

Premessa 219

1. Il profilo demografico dell’Unione europea 2231.1 L’andamento della popolazione complessiva 2231.2 L’evoluzione demografica a livello regionale e le relative cause 2251.3 Il rallentamento generalizzato della crescita naturale 2271.4 L’evoluzione dei modelli migratori negli Stati membri e a livello regionale 2281.5 Una popolazione in via di trasformazione per struttura di età 229

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2. Il mercato del lavoro nelle regioni europee 2332.1 Introduzione 2332.2 L’occupazione 234

2.2.1 Andamento e composizione dell’occupazione 2342.2.2 Tassi di occupazione 2362.2.3 Disparità a livello nazionale e regionale 2382.2.4 Diminuzione delle disparità in alcuni Stati membri 239

2.3 Tassi di disoccupazione 2402.3.1 La disoccupazione a livello nazionale 2402.3.2 La disoccupazione a livello regionale 242

3. Il rischio povertà 2433.1 Il rischio povertà per le componenti sociali più colpite 2443.2 Rischio di povertà anche per i disoccupati 246

4. Il PIL regionale 2494.1 La determinazione del PIL a livello regionale: aspetti metodologici 2494.2 Uno sviluppo eterogeneo all’interno dei paesi 2504.3 Il PIL regionale nel 2003 2514.4 Le disparità regionali all’interno dei paesi 2534.5 Il processo di riavvicinamento nei nuovi Stati membri 2544.6 Riepilogo 255

5. Evoluzione e convergenza del PIL 2575.1 Il recupero del ritardo nei paesi con un PIL pro capite molto basso 2585.2 Riduzione del ritardo anche nei quattro paesi dellacoesione 2585.3 Miglioramento anche a livello regionale per il recupero delle regioni in ritardo 2595.4 Il recupero del ritardo nelle regioni con un PIL pro capite molto inferiore alla media comunitaria 2615.5 Le difficoltà incontrate in alcune regioni a reddito più alto e la conseguente convergenza a livello comunitario (tra le regioni, ma non all’interno dei paesi) 262

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5.6 La divergenza all’interno dei paesi per la crescita delle capitali 2655.7 Uno sviluppo più equilibrato favorito dai poli secondari di crescita 2655.8 Esigenza di ridurre ulteriormente le disparità a livello comunitario 267

6. Produttività del lavoro 2696.1 Premessa metodologica 2696.2 Le differenze di produttività del lavoro a livello regionale 2716.3 Tasso di crescita della produttività con recupero da parte dei nuovi paesi membri 2726.4 Produttività del lavoro determinata in base al tempo di lavoro 2736.5 Differenze di produttività a livello regionale: un riepilogo 275

7. Cambiamenti strutturali 2777.1 Prevalenza delle attività a basso valore aggiunto nelle regioni meno sviluppate 2787.2 Scarsa produttività accompagnata a bassi livelli occupazionali 2827.3 Crescita del valore aggiunto più elevata nelle regioni meno sviluppate 2837.4 Crescita del valore aggiunto non accompagnata a quella dell’occupazione 2847.5 Le caratteristiche regionali quali fattori determinanti della struttura economica 287

8. Andamento e situazione socio-economica nelle aree urbane dell’Unione europea 2898.1 Statistiche urbane e loro fonte 2898.2 Competitività delle città 290

8.2.1 Produzione 290

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8.2.2 Minore concentrazione territoriale del PIL nel “cuore” storico dell’Europa 2928.2.3 Fattori di produzione 2938.2.4 Presenza di forti divari anche all’interno delle singole città 295

8.3 L’evoluzione territoriale per tipologia di aree 2958.3.1 Grandi città europee: crescita, declino e sub- urbanizzazione nel periodo 1996–2001 2978.3.2 Concentrazione dell’indigenza nei nuclei urbani di vicinato 2988.3.3 Zone rurali 2998.3.4 Relazioni tra le zone urbane e quelle rurali 302

Bibliografia 305

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INDICE DELLE TABELLE, DEI GRAFICI EDELLE FIGURE

PARTE PRIMA

1. Nozioni introduttive di carattere generale Tabella 1. Principali indicatori socio–economici relativi alle regioni italiane per il periodo 1995–2002 28

2. Alcune questioni definitorieGrafico 1. Le relazioni fra l’intensità dei flussi, la forza di attrazione e la distanza dal nodo 49

3. Le fondamentali teorie sulla localizzazione delle attività produttiveFigura 1. La localizzazione di tre colture agricole e la connessarendita nel modello di von Thünen 62Figura 2. L’equilibrio localizzativo nel modello di Weber 66Figura 3. La costruzione della curva di domanda spaziale 71Figura 4. La domanda di mercato spaziale 73Figura 5. L’evoluzione verso un equilibrio spaziale di mercato di lungo periodo 74Figura 6. L’organizzazione delle aree di mercato secondo i tre principi di Christaller 77Figura 7. Rappresentazione delle località centrali secondo Christaller 78

4. Rassegna delle principali teorie dello sviluppo economicoregionale (prima parte) Figura 1. Rappresentazione grafica del posizionamento delle principali teorie dello sviluppo economico regionale rispetto ad alcuni loro fondamentali caratteri 85Figura 2. La funzione neoclassica di produzione 90Figura 3. Rappresentazione del processo di riequilibrio territoriale nel modello neoclassico ad un settore 92

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Figura 4. Le traiettorie dello sviluppo regionale secondo la teoria di Williamson 104

6. Reali tendenze nella localizzazione delle attivitàproduttive attualmente prevalenti Figura 1. Un modello a priori del processo di formazione delle nuove imprese 153Figura 2. Le relazioni tra “ambiente” e natalità delle imprese 154Figura 3. Il ciclo di vita del prodotto e il diverso peso dei fattori produttivi 157Figura 4. L’interazione tra innovazione di prodotto e innovazione di processo 161

7. Implicazioni territoriali dei mutamenti strutturali nei moderni sistemi economici Tabella 1. Alcune implicazioni territoriali dei processi innovativi indotti dal nuovo paradigma tecnologico 173Tabella 2. Principali caratteristiche di alcuni modelli organizzativi di impresa 176Figura 1. Traiettorie tipiche della popolazione attiva per grandi settori di attività in contesti socio-economici avanzati 179

8. Sviluppo e competitività dei sistemi urbani Figura 1. Effetti cumulativi nella localizzazione delle attivitàdirezionali nelle grandi aree urbane e metropolitane 194Tabella 1. Domanda e offerta di economie di urbanizzazione 196Figura 2. Processo di crescita demografica ed economica di una città industriale 198Tabella 2. Le fasi del ciclo di vita delle città 204Tabella 3. Rapporti tra le città e con il territorio nei diversi “modelli” di struttura urbana 213

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PARTE SECONDA

1. Il profilo demografico dell’Unione europeaTabella 1.1 Andamento demografico nella UE (saldo naturale e migrazione netta) nel periodo 2000–2004. Valori assoluti 226Tabella 1.2 Andamento demografico nella UE (saldo naturale e migrazione netta) nel periodo 2000–2004. Valori relativi 226

5. Evoluzione e convergenza del PIL

Tabella 1. Regioni con PIL pro capite inferiore al 75% della media comunitaria nel 1995 e nel 2004 261

6. Produttività del lavoro Tabella 1. Produttività del lavoro in base alle ore di lavoro al 2003

274

7. Cambiamenti strutturali Tabella 1. Distribuzione del valore aggiunto e dell’occupazioneper settori e per gruppi regionali al 2003. Val. % di incidenza 279Tabella 2. Valore aggiunto per persona occupata (in SPA) per gruppi regionali di reddito e settori al 2003. Val. % di incidenza sul totale delle regioni dell’UE 281Tabella 3. Valore del PIL pro capite per gruppi regionali di reddito e sua differenza per la corrispondente differenza dioccupazione; numeri indice (UE = 100) e indici 282Tabella 4: Crescita del valore aggiunto, dell’occupazione e della produttività per regioni raggruppate per livello di reddito nel periodo 1995–2003. Tasso % di var. annua 285

8. Andamento e situazione socio-economica nelle aree urbane dell’Unione europea Tabella 1. Regioni urbane e rurali per variazione demografica,PIL pro capite e crescita economica tra 1995 e 2004 297

Indice

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Introduzione

Con il presente volume che si pone finalità prevalentemente didat-tiche, s’intende mettere a disposizione di tutti coloro che si occupanodi territorio o che operano sul territorio, nonché degli studenti di facol-tà universitarie –– tra cui, in particolare, quella di Economia –– ai qua-li esso è destinato, un sussidio mediante il quale acquisire le principalinozioni relative all’analisi economica del territorio (qui inteso in sensolato).

Proprio per tale motivo a questo libro è stata consapevolmente at-tribuita la forma di una semplice, ma il più possibile ordinata ed orga-nica raccolta di una serie di contributi, talvolta parzialmente desuntida lavori già pubblicati, i quali sono stati più o meno profondamenterielaborati, nonché aggiornati alla luce di quelli successivamente o piùrecentemente comparsi, in modo da ottenere una pubblicazione per va-ri aspetti dotata di una certa originalità.

I contributi cui si è fatto riferimento, sono di vario genere, sia dalpunto di vista della loro collocazione temporale, sia dal punto di vistadel loro contenuto: dal primo punto di vista si è partiti, addirittura, daalcuni dei primi contributi dell’allora neonata scienza economica re-gionale fino a giungere a considerare il manuale più recentementepubblicato in Italia su tale materia; dal secondo punto di vista, invece,si va da singoli articoli, comparsi su riviste scientifiche, fino a capitolidi testi già presenti nelle biblioteche universitarie.

Inoltre, un ulteriore obiettivo che questo libro si prefigge conte-stualmente di raggiungere, è quello di fornire un panorama tenden-zialmente completo dei vari possibili argomenti, cercando di combina-re i principali aspetti squisitamente teorici con alcuni degli strumenti

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operativi che sono concretamente applicati ai fini dell’analisi econo-mica territoriale, soprattutto in ambito comunitario, tenuto conto chequello europeo appare come il contesto amministrativo e geograficoda ritenere attualmente più adeguato per affrontare tale tema in paesitendenzialmente sviluppati come quelli appartenenti all’Unione euro-pea, ma caratterizzati o da profondi squilibri socio–economici tra lorooppure tra le loro varie componenti territoriali, cioè le regioni.

Conseguentemente, il volume che si sta presentando, si articola indue parti fondamentali: la prima riguarda i contenuti di carattere piùpropriamente teorico–astratti, mentre la seconda parte concerne gli a-spetti prevalentemente empirici ed applicati.

I primi due capitoli sono dedicati ad esporre una serie di nozioni in-troduttive di carattere generale, mediante le quali ci si prefigge, da unlato, di mettere a disposizione gli strumenti necessari per comprendereil contenuto dei capitoli successivi, cercando in particolare di colloca-re l’economia regionale nel più ampio contesto delle discipline eco-nomiche impartite nelle università italiane; dall’altro, di fornire la de-finizione di quei concetti e di quei termini che in seguito saranno piùfrequentemente utilizzati.

L’ultima serie di nozioni introdotte nella parte iniziale del libro ri-guarda, in particolare, le economie di agglomerazione, che si ritieneopportuno trattare in funzione propedeutica rispetto all’illustrazionenon solo dei modelli di sviluppo regionale, ma anche delle teorie dellalocalizzazione delle attività produttive, sebbene in tali minori costi diproduzione molti studiosi abbaino individuato uno dei fattori di supe-ramento di quest’ultimo corpo di teorie, almeno relativamente a quellefondamentali, alle quali si limita l’analisi svolta in questa sede.

Anche il terzo capitolo assume un carattere ancora parzialmente in-troduttivo e strumentale rispetto ai temi successivamente affrontati,giacché in esso sono illustrati proprio i principali modelli teorici sulla

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Introduzione 17

localizzazione delle attività produttive, che –– come noto –– rappre-sentano (assieme a vari assunti teorici, tra cui quello relativo alla ren-dita Ricardiana) uno dei fondamentali antecedenti teorici sui quali si èsviluppata –– a distanza di qualche centinaio di anni –– la scienza e-conomica regionale.

I due capitoli successivi costituiscono la parte centrale del libro,giacché in essi si tratta di quelle che vengono pressoché unanimemen-te considerate le principali teorie dello sviluppo economico regionale.Per illustrare tali modelli teorici ci si è avvalsi di uno schema tasso-nomico (adottato in un precedente manuale di Economia regionale),giacché lo si ritiene tuttora valido ed efficace, quantomeno a fini di-dattici.

Secondo tale griglia di lettura, infatti, i modelli teorici considerativengono illustrati sia seguendo un ordine sostanzialmente cronologi-co, sia poggiando su una duplice articolazione e distinzione, tra lorosuccessive e non alternative:- la prima è quella che distingue fra modelli dello sviluppo equilibrato,da un lato, e modelli dello sviluppo ineguale (o squilibrato), dall’altro;- la seconda distinzione invece contrappone i modelli dello sviluppoesogeno, vale a dire indotto dalla domanda proveniente dall’esternodella regione, al modello dello sviluppo endogeno, secondo cui unprocesso di sviluppo può nascere invece all’interno di una regione, va-lorizzando le risorse in essa presenti ed usufruibili.

Sebbene tali distinzioni non risultino sempre perfettamente nette, acausa dell’esistenza di modelli che si collocano a cavallo di più cate-gorie (per cui in tal caso vengono combinati assieme elementi propridi modelli appartenenti a categorie diverse o addirittura contrapposte),esse consentono di mettere a disposizione uno schema di analisi so-stanzialmente chiaro e non eccessivamente complesso, all’interno delquale collocare le teorie in esame, riuscendo a coglierne le principali

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Introduzione18

differenze, così come le analogie, rispetto ad alcune fondamentali que-stioni, come le seguenti: i fattori che stanno alla base del processo disviluppo economico, il percorso da questo di solito seguito e l’esito fi-nale a cui esso presumibilmente porta le diverse componenti territoria-li nelle quali si articola un determinato sistema socio-economico.

Giunti a questo punto dell’analisi teorica si considerano alcuni pri-mi elementi di analisi maggiormente applicata e, nel contempo, di ag-giornamento dei modelli teorici fino ad allora considerati.

Infatti, nel sesto capitolo –– facendo ricorso anche a contributiformulati nell’ambito di altre branche della teoria economica (come,ad esempio, l’economia industriale) –– si evidenziano le reali tenden-ze manifestate nella scelta localizzativa dalle moderne attività produt-tive, tra cui, in particolare, quelle appartenenti al settore terziario, ri-spetto alla soluzione prospettata nei modelli di localizzazione qui con-siderati, che sono stati elaborati in epoche storiche nelle quali i settorieconomici prevalenti erano ancora costituiti dall’agricoltura o, tutt’alpiù, dall’industria manifatturiera, oppure quando le imprese privilegia-te dall’analisi economica erano quelle di grande dimensione.

Così facendo, si riesce ad evidenziare l’esistenza di sistemi territo-riali, formati da attività produttive in prevalenza di piccola dimensio-ne, che in alcuni paesi, come l’Italia, hanno assunto la particolare,quanto tuttora molto diffusa forma dei distretti industriali.

Inoltre, sempre nel tentativo di fornire un quadro più realistico econcreto rispetto a quello emergente dai modelli squisitamente teorici,nel capitolo successivo vengono illustrate le principali implicazioniterritoriali derivanti dai mutamenti strutturali fatti registrare dai siste-mi economici sul finire del secolo scorso, quali l’imporsi sugli altrisettori produttivi delle attività erogatrici di servizi immateriali e, per-tanto, appartenenti al settore terziario (qui inteso in senso lato),l’adozione da parte delle imprese di soluzioni organizzative interme-

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Introduzione 19

die fra quelle costituite dall’integrazione verticale e quelle rappresen-tate dai convenzionali rapporti di mercato e, infine, l’introduzione nel-la tecnica produttiva prevalentemente adottata di un nuovo paradigmatecnico–economico che tuttora si basa sulla microelettronica e, conse-guentemente, sulle strumentazioni informatiche e telematiche di cuioggi le imprese possono ampiamente avvalersi nella loro attività diproduzione.

Poiché, come si è accennato all’inizio di questa introduzione, il ter-ritorio qui viene inteso in senso ampio, al fine di completare l’analisiteorica questa viene nuovamente affrontata alla fine della prima partedel volume, ricorrendo ai più consolidati contributi forniti relativa-mente al ruolo svolto dalle città e/o dai sistemi urbani ai fini dello svi-luppo economico regionale.

Pertanto, riprendendo l’approccio disciplinare ancora prevalente,nell’ottavo capitolo che è appunto l’ultimo della prima parte, dopo a-ver esplicitato le connessioni rilevabili fra l’economia regionale equella urbana, s’illustrano sia il ciclo di vita della città sia l’evoluzionedella concezione della stessa città a seconda delle fondamentali fasistoriche attraversate, fino a giungere all’epoca più recente, in cui lecittà –– così come le imprese –– tendono a competere tra loro sul mer-cato globale.

Nella seconda parte del volume, invece, si presentano i principalirisultati cui sono giunti alcuni studi che sono stati recentemente, quan-to periodicamente condotti da parte delle competenti istituzioni estrutture della Comunità europea (Commissione europea ed EURO-

STAT), applicando al continente europeo taluni dei modelli di analisieconomica del territorio precedentemente illustrati.

Pertanto, il territorio comunitario viene esaminato innanzi tutto alivello regionale (nei primi sette capitoli), cercando di evidenziare ivari aspetti manifestati dagli squilibri socio–economici (da quelli so-

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Introduzione20

cio–demografici a quelli più prettamente economico–produttivi), chesi possono rinvenire sia tra i 27 stati che attualmente appartengonoall’Unione europea (UE) sia al loro interno, cioè tra le loro regioni(amministrative). A quest’ultimo proposito, si pensi –– ad esempio ––al divario ancora esistente tra le regioni centro–settentrionali e quellemeridionali del nostro paese, oppure a quello emerso in Germania fra iLänder occidentali e quelli orientali, in seguito all’unificazione delledue Germanie, dopo la caduta del muro di Berlino.

E’ pressoché inutile sottolineare, poi, che gli squilibri interregionaliall’interno del continente europeo si sono notevolmente accentuati ne-gli ultimi anni soprattutto a causa del processo di allargamentodell’Unione, col recente ingresso, prima, di dieci paesi dell’EuropaCentro–orientale e, poi, di altri due, cioè la Bulgaria e la Romania, inquanto –– come noto –– tutti questi paesi manifestano una profondaarretratezza rispetto al livello di sviluppo complessivamente già rag-giunto dagli altri quindici paesi già membri della UE.

Il contesto territoriale dell’Europa viene poi esaminato (nell’ottavoed ultimo capitolo) anche a livello di aree urbane (grandi, medie e pic-cole città), nonché di quelle rurali, non solo in considerazionedell’elevato grado di urbanizzazione fatto registrare dal continente eu-ropeo, ma anche in seguito al recente processo di accentuazione e/o dievoluzione dei problemi socio–economici rilevabili anche all’internodi tali aree.

In definitiva, con il presente libro che si ritiene possa essere consi-derato di carattere sostanzialmente introduttivo, s’intende mettere adisposizione degli studenti universitari, interessati ai vari insegnamen-ti riconducibili all’economia del territorio, nonché di tutti coloro chenecessitano di un quadro sostanzialmente completo, anche se non par-ticolarmente approfondito di tale tematica, una serie di letture che do-vrebbe consentire loro di acquisire un insieme di conoscenze indi-

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Introduzione 21

spensabili, in quanto basate sugli assunti teorici ed empirici più conso-lidati.

In questo libro, invece, non si entra consapevolmente nel meritodelle analisi critiche e delle connesse disquisizioni di natura teorica ometodologica, se non per gli aspetti ormai ampliamente accolti dallaletteratura; infatti, si ritiene che tali approfondimenti debbano essereopportunamente lasciati al dibattito fra gli studiosi e che ad essi i letto-ri potranno eventualmente dedicarsi in seguito, soprattutto nel caso incui intendano proseguire gli studi, specializzandosi nella materia, ma-gari anche a fini professionali.

L’intento del libro –– si ribadisce –– è invece solo e “semplicemen-te” quello di sottoporre una panoramica tendenzialmente complessiva,costituita da tutti quegli aspetti della letteratura economica che si ri-tengono tuttora fondamentali e che non possono essere trascurati dacoloro che si avvicinano per la prima volta allo studio dell’economiaregionale e urbana, cioè di quella componente della più generalescienza economica che tende ad occuparsi dei numerosi ed eterogeneiproblemi di natura territoriale –– come la presenza degli squilibri in-terregionali –– che investono i moderni sistemi socio–economici eche, purtroppo, talvolta non vengono considerati ed affrontati in modoadeguato da parte dei policy–makers, con la conseguenza di rendereancora più difficile il conseguimento dei principali obiettivi di politicamacro–economica, quali la crescita del reddito, il pieno impiego deifattori produttivi (lavoro, capitale, ecc.), il pareggio del bilancio pub-blico e l’equilibrio della bilancia dei pagamenti.

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PARTE PRIMA

ASPETTI TEORICI

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Capitolo 1Nozioni introduttive di carattere generale

1.1 Le origini empiriche dell’analisi economica regionale, ossial’esistenza di un “problema regionale”

1.1.1 La cause fattuali dell’analisi economica regionale

La nascita dell’analisi economica regionale è fondamentalmente daricondurre al processo che ha determinato le differenti modalità di svi-luppo riscontrabili tra le varie aree territoriali che compongono un de-terminato paese (o sistema economico nazionale)1.

Tale processo che dipende da cause di diversa natura (naturali, sto-riche, politiche, economiche, ecc.), porta alla presenza di squilibri re-gionali che hanno assunto una sempre maggiore rilevanza all’internodel continente europeo a partire dalla fine del diciottesimo secolo, valea dire con il verificarsi della prima rivoluzione industriale. Infatti, lacreazione delle attività industriali da parte degli imprenditori, spintidalla ricerca del profitto, ha condotto ad una crescente concentrazionegeografica delle iniziative economiche in talune regioni ed al conte-stuale impoverimento di altri territori. In proposito si è affermato chevi è una naturale tendenza alla concentrazione perché la quantità di ri-sorse usate nei diversi rami della produzione industriale può essere piùconvenientemente sfruttata qualora più ampi complessi delle differentirisorse vengano utilizzati congiuntamente.

Indotto, dunque, dalle tendenze spontanee di un sistema economicodi mercato –– cioè in assenza di qualsiasi intervento pubblico finaliz-zato a guidare la localizzazione delle attività produttive –– lo sviluppoha teso nel passato e tende tuttora a concentrarsi generalmente in pros-simità delle fonti di energia, di luoghi sedi di attività produttrici diprodotti di base, intorno a grandi assi di comunicazione, oppure a cen-tri urbani che offrono un’ampia disponibilità di manodopera qualifica-

1 Da A.TESTI, Sviluppo e pianificazione regionale. Le teorie e le politiche, Einaudi, Tori-no, 1970, cap. 1.

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Capitolo 1 26

ta e che, nel contempo, tendono a costituire ampi mercati di consumoper i beni finali.

Tale processo di concentrazione spaziale, poi, assume un caratterecumulativo, anche per la manifestazione o l’accentuazione di econo-mie esterne2, e determina squilibri sia tra le regioni che tra i settori, acausa dei sempre più stretti rapporti di interdipendenza tra le varie at-tività produttive che nel frattempo si vanno realizzando.

Il già preoccupante squilibrio tra le economie regionali può essereulteriormente aggravato dall’impoverimento relativo delle regioni me-no sviluppate o favorite, attraverso il fenomeno delle migrazioni deifattori produttivi, tra cui anche i lavoratori, attratti dai differenziali re-tribuitivi, vale a dire dalle maggiori remunerazioni di solito concessenei centri in espansione rispetto a quelle riconosciute nelle aree diprovenienza.

Inoltre, l’espansione spontanea, determinando processi di concen-trazione tecnica, commerciale e finanziaria tra le unità produttivecoinvolte, tende a condurre alla formazione di imprese di tipo oligopo-listico e, pertanto, capaci di imprimere delle distorsioni al naturalemeccanismo di allocazione delle risorse, attraverso il controllo deiprezzi dei prodotti o una mirata politica degli investimenti, producen-do così ripercussioni dirette sul tasso di sviluppo nel lungo periodo.Simili formazioni oligopolistiche tendono di solito a contribuire almantenimento ed all’aggravamento degli squilibri regionali.

Il problema degli squilibri regionali che senza dubbio ha un’origineabbastanza lontana nel tempo, solo in epoca più recente è diventatooggetto di particolare attenzione da parte degli economisti, con la na-scita appunto dell’economia regionale e con la sua successiva rapidaevoluzione.

In effetti, allorquando i fenomeni di concentrazione economica egli squilibri territoriali (e settoriali) che ne derivano, oltrepassano certilimiti, essi comportano uno svantaggio generale per l’intero paese,cioè a livello macroeconomico, poiché talune regioni (e taluni settori)non contribuiscono nella misura in cui potrebbero, ad aumentare ilprodotto nazionale; anche da ciò l’esigenza di analizzare e di indivi-

2 Per un’illustrazione del concetto di economie (e diseconomie) esterne si rinvia alla partefinale del prossimo Cap. 2.