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1 ANALISI SCENA (http://www.youtube.com/watch?v=oXvvjMDFUeI) di Silvia Contorno Riferimenti filmo grafici: Accattone; Italia 1961, 116’, b/n, sonoro Regia: Pier paolo Pasolini; Soggetto: Pier Paolo Pasolini; Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini con la collaborazione di Sergio Citti; Fotografia: Tonino delli Colli; Montaggio: Nino Baragli; Musiche: Johann Sebastian Bach, brani da La Passione secondo Matteo; Scenografia: Flavia Mogherini; Attori principali: Franco Citti, Silvana Corsini, Adriana Asti, Franca Pasut; Sergio Citti; Elsa Morante. Accattone è l’opera prima di Pier Paolo Pasolini regista. Si tratta di un film che mostra la realtà della periferia romana, popolata da personaggi senza speranza di riscatto sociale, che conducono una vita di espedienti, sottomessi ad un destino sempre uguale di miseria ed ignoranza. Allo stesso tempo, paradossalmente, Pasolini vuole mostrarci, insieme a questa realtà degradata, una dimensione spirituale e morale che conferisce a personaggi a prima vista sgradevoli e privi di evoluzione sul piano personale un’aura di dignità inassimilabile con le logiche della società borghese. La scelta di questo contesto e di questi personaggi non è nuova in Pasolini, poiché anche i suoi romanzi sono incentrati su questo paesaggio umano. “Paesaggio” è la parola giusta perché in questo film lo statuto morale e sociale dei personaggi è direttamente tradotto nei numerosi campi lunghi che descrivono le baraccopoli di periferia come sottotesto di un boom economico che creava a quell’epoca, non solo benessere ma anche emarginazione. Opera prima, dicevamo, perché proprio in ragione delle trasformazioni sociali ed economiche che si andavano verificando in quegli anni, Pasolini aveva deciso di sospendere a tempo indeterminato la sua attività di romanziere per cimentarsi nell’avventura cinematografica pur ammettendo di non possedere né la preparazione tecnica, né le conoscenze di storia del cinema richieste ad un regista. Scelta dunque avventata ma ben fondata nella misura in cui la conoscenza approfondita della storia dell’arte e in particolare della tradizione giottesca e masaccesca, nonché della tradizione popolare-realista gli forniva senz’altro i presupposti per una lettura lirica e poetica di un paesaggio apparentemente spoglio e desolante. Pasolini accentra su di sé la responsabilità artistica dell’opera, fidando non nella propria abilità di realizzatore tecnico, ma nella sua esperienza di riflessione attorno al problema del linguaggio. In questo contesto la trama diventa quasi storia esemplare e al contempo pretesto per realizzare due obiettivi fondamentali: in primo luogo riattizzare le braci di una “poesia degli ultimi” come intento estetico- linguistico che il cinema solo parzialmente ha realizzato con il neorealismo (dal quale Pasolini prende costantemente le distanze); in secondo luogo, ma non meno importante, l’intento sociologico ma con profondi risvolti etico politici, di farsi testimoni e di chiamare lo spettatore a testimone di una umanità sul punto di scomparire e che proprio per le sue debolezze, le sue colpe e le sue incapacità, risulta paradossalmente vittima innocente di una società la cui opera è tanto più invisibile quanto più profonda e distruttrice. Emblema di questa umanità in via di estinzione senza possibilità di riscatto è proprio l’Accattone. Il tipico sottoproletario, disoccupato per destino che è divenuto scelta, il cui unico mezzo di sostentamento è una prostituta, Maddalena, sottratta ad un altro “pappa” che nel frattempo è stato arrestato. Quando, però, la ragazza viene incarcerata, Vittorio (l’Accattone) si trova improvvisamente privo di una fonte di guadagno. Scopriamo a questo punto che il protagonista ha una moglie, la quale non vive più con lui, ma con il padre, il fratello ed il figlioletto. Vittorio proverà infatti, per ovvi motivi di sopravvivenza, un riavvicinamento con lei, ma verrà brutalmente scacciato. A questo punto, conosciuta una nuova ragazza, Stella, tenta di sfruttarla come faceva con la precedente, ma la poveretta non è tagliata per il mestiere. Dal momento che Vittorio è realmente innamorato della giovane, venendo meno ai suoi fermi principi, decide di provvedere al sostentamento di entrambi tramite un lavoro onesto. Dopo una sola

Analisi scena Accattone Pasolini di Silvia Contorno

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analisi di una scena dal film "Accattone" di Pier Paolo Pasolini scritta da Silvia Contorno

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ANALISI SCENA (http://www.youtube.com/watch?v=oXvvjMDFUeI) di Silvia Contorno

Riferimenti filmo grafici:

Accattone; Italia 1961, 116’, b/n, sonoro

Regia: Pier paolo Pasolini; Soggetto: Pier Paolo Pasolini; Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini con la collaborazione di Sergio Citti; Fotografia: Tonino delli Colli; Montaggio: Nino Baragli; Musiche: Johann Sebastian Bach, brani da La Passione secondo Matteo; Scenografia: Flavia Mogherini; Attori principali: Franco Citti, Silvana Corsini, Adriana Asti, Franca Pasut; Sergio Citti; Elsa Morante.

Accattone è l’opera prima di Pier Paolo Pasolini regista. Si tratta di un film che mostra la realtà della periferia romana, popolata da personaggi senza speranza di riscatto sociale, che conducono una vita di espedienti, sottomessi ad un destino sempre uguale di miseria ed ignoranza. Allo stesso tempo, paradossalmente, Pasolini vuole mostrarci, insieme a questa realtà degradata, una dimensione spirituale e morale che conferisce a personaggi a prima vista sgradevoli e privi di evoluzione sul piano personale un’aura di dignità inassimilabile con le logiche della società borghese. La scelta di questo contesto e di questi personaggi non è nuova in Pasolini, poiché anche i suoi romanzi sono incentrati su questo paesaggio umano. “Paesaggio” è la parola giusta perché in questo film lo statuto morale e sociale dei personaggi è direttamente tradotto nei numerosi campi lunghi che descrivono le baraccopoli di periferia come sottotesto di un boom economico che creava a quell’epoca, non solo benessere ma anche emarginazione. Opera prima, dicevamo, perché proprio in ragione delle trasformazioni sociali ed economiche che si andavano verificando in quegli anni, Pasolini aveva deciso di sospendere a tempo indeterminato la sua attività di romanziere per cimentarsi nell’avventura cinematografica pur ammettendo di non possedere né la preparazione tecnica, né le conoscenze di storia del cinema richieste ad un regista. Scelta dunque avventata ma ben fondata nella misura in cui la conoscenza approfondita della storia dell’arte e in particolare della tradizione giottesca e masaccesca, nonché della tradizione popolare-realista gli forniva senz’altro i presupposti per una lettura lirica e poetica di un paesaggio apparentemente spoglio e desolante. Pasolini accentra su di sé la responsabilità artistica dell’opera, fidando non nella propria abilità di realizzatore tecnico, ma nella sua esperienza di riflessione attorno al problema del linguaggio. In questo contesto la trama diventa quasi storia esemplare e al contempo pretesto per realizzare due obiettivi fondamentali: in primo luogo riattizzare le braci di una “poesia degli ultimi” come intento estetico-linguistico che il cinema solo parzialmente ha realizzato con il neorealismo (dal quale Pasolini prende costantemente le distanze); in secondo luogo, ma non meno importante, l’intento sociologico ma con profondi risvolti etico politici, di farsi testimoni e di chiamare lo spettatore a testimone di una umanità sul punto di scomparire e che proprio per le sue debolezze, le sue colpe e le sue incapacità, risulta paradossalmente vittima innocente di una società la cui opera è tanto più invisibile quanto più profonda e distruttrice. Emblema di questa umanità in via di estinzione senza possibilità di riscatto è proprio l’Accattone. Il tipico sottoproletario, disoccupato per destino che è divenuto scelta, il cui unico mezzo di sostentamento è una prostituta, Maddalena, sottratta ad un altro “pappa” che nel frattempo è stato arrestato. Quando, però, la ragazza viene incarcerata, Vittorio (l’Accattone) si trova improvvisamente privo di una fonte di guadagno. Scopriamo a questo punto che il protagonista ha una moglie, la quale non vive più con lui, ma con il padre, il fratello ed il figlioletto. Vittorio proverà infatti, per ovvi motivi di sopravvivenza, un riavvicinamento con lei, ma verrà brutalmente scacciato. A questo punto, conosciuta una nuova ragazza, Stella, tenta di sfruttarla come faceva con la precedente, ma la poveretta non è tagliata per il mestiere. Dal momento che Vittorio è realmente innamorato della giovane, venendo meno ai suoi fermi principi, decide di provvedere al sostentamento di entrambi tramite un lavoro onesto. Dopo una sola

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giornata di lavoro, però, il nostro è già così incredibilmente sfiancato che subito accetta di partecipare ad un colpo, anche perché ignora il fatto che la polizia lo sta tenendo sotto sorveglianza poiché Maddalena, gelosa, ha deciso di denunciarlo per sfruttamento mentre si trova in carcere. L’Accattone, quindi, ruba insieme ad un ladro più esperto della merce da un autocarro, ma i due vengono quasi immediatamente fermati dalla polizia. Il ladro di professione viene ammanettato, ma Vittorio, più giovane ed atletico, riesce a divincolarsi. La sua corsa, però, è breve: rubata una motocicletta, infatti, si schianta contro un muro e muore subito dopo.

La scena che ho analizzato si situa esattamente al minuto 34 del film. Inizia con la “profezia” di un amico di Vittorio e si conclude con la sfilata, altrettanto profetica, di un carro funebre davanti al protagonista. Le sequenze in realtà sono due: ho voluto infatti integrare alla scena principale il frammento finale della sequenza precedente perché risulta, come vedremo, assai rilevante nella definizione del suo contesto. Ci sono due ordini di ragioni per le quali ho scelto di analizzare questa scena: in primo luogo, perché da un punto di vista interno all’opera, riveste grande importanza data la sua funzione “profetica”, che contiene in nuce tutto lo sviluppo successivo dell’intreccio; in secondo luogo, perché permette di mostrare la maestria di un regista “dilettante” (quale era Pasolini all’epoca) racchiusa non tanto nella sua abilità tecnica, ma piuttosto nella sedimentazione di una scelta estetico-stilistica consapevole che egli fa emergere e ritraduce all’interno del linguaggio cinematografico, creando una sorta di ponte tra la pittura masaccesca del Quattrocento studiata all’università di Bologna con il Longhi e l’Italia a lui contemporanea. Si tratterà dunque in questa analisi di mostrare in che modo il regista traduca cinematograficamente il linguaggio pittorico quattrocentesco, tramite l’uso di inquadrature specifiche e obbiettivi particolari (come il grandangolo) che forniscono quell’atmosfera e quell’immagine leggermente compressa tipica dei linguaggi pittorici realisti-popolari.

DESCRIZIONE AZIONE: nella prima brevissima sequenza un amico di Accattone, seduto ad un tavolo di un bar, si alza per “profetizzare”. Nella seconda Vittorio incontra un suo conoscente, ladro di professione, e dopo aver scambiato alcune parole con lui si sofferma a guardare un carro funebre che gli passa dinnanzi. Entrambe si svolgono nelle periferie romane. La seconda in particolare in una strada di borgata.

L’analisi della scena (http://www.youtube.com/watch?v=oXvvjMDFUeI) si divide in due momenti:

I. Un gruppo di uomini è seduto ad un tavolo, all’aria aperta. La macchina da presa focalizza la sua attenzione su di un uomo in particolare. Dapprima lo inquadra leggermente dall’alto [1], poi lo segue nel movimento, mentre si alza dalla sedia, e lo riprende in primo piano. Questa scelta serve a segnalare l’importanza centrale che la “profezia” («ascolta il profeta») dell’amico di Vittorio riveste per la ricognizione del significato complessivo del film: alzandosi in piedi per proferire in tono assertorio una previsione dai toni biblici (segnalata dalla ripetizione del numero «sette»). In questo momento comprendiamo il motore delle vicende che seguiranno nel corso del film. Vittorio, rimasto privo del denaro che guadagnava sfruttando Maddalena e scacciato dal fratello della moglie con la violenza, si trova costretto a rivolgersi agli amici seduti al bar cercando di vendere loro un orologio. Ottiene la risposta crudamente realistica che serve a caratterizzare non solo la sua situazione ma anche quella di tutti i personaggi della storia: egli non ha speranza, è destinato a restare “senza nemmeno gli occhi per piangere”, ma il sottinteso potrebbe essere: devi trovare un lavoro, devi trovare un modo per sostenerti. La scelta del regista di seguire con un leggero movimento di macchina la dinamica del personaggio che si alza per profetizzare serve dunque ad accentuare il valore diegetico delle sue parole, ma questa sottolineatura vale a sua volta come punto fermo dal punto di vista interpretativo: Pasolini sta sottolineando allo spettatore la centralità che la situazione economica del personaggio riveste nell’economia del suo destino, in altra parole ci sta segnalando che

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quanto sta per accadere ha una precisa ragione da ricercarsi in termini economici e sociologici, affidando la chiave del comportamento successivo dell’Accattone alle parole di questo profeta parodistico. Segue una dissolvenza in chiusura. L’illuminazione è sempre naturale, il sole proviene da sinistra colpendo in volto il personaggio e creando un contrasto netto con la maglia e i capelli neri; la sottolineatura dei contrasti di luce, accentuati dalla scelta del bianco e nero è d’altra parte una costante di tutto il film, ma in questa scena appare particolarmente evidente, con l’effetto percettivo di far stagliare la figura scura sullo sfondo del muro bianco. Pasolini sta quindi sfruttando la luce e il bianco e nero per creare un effetto analogo a quello del realismo pittorico masaccesco: la figura sembra maggiormente reale, meglio inserita e “vivente” nello spazio, il contrasto accentua la illusione di una spazialità tridimensionale. Non c’è colonna sonora, solo il rintoccare in lontananza di una campana e voci di bambini in sottofondo.

II. Assolvenza. Ambientazione diversa da quella precedente, ma sempre all’aria aperta; la macchina da presa ce la mostra attuando una panoramica di 180 gradi. Le inquadrature che caratterizzano la panoramica (quella di partenza [2] e quella finale[3]) sono entrambe dei campi lunghi (i soggetti rimangono infatti identificabili in quanto tali) Da notare come l’utilizzo del grandangolo per questi campi lunghi suggerisca uno schiacciamento dell’immagine, che appare enormemente accelerata, dal punto di vista percettivo, in direzione del punto di fuga, manifestando la chiarissima adesione ad un ideale rappresentativo che richiama alla prospettiva del primo Quattrocento. La funzione di questa ampia panoramica di apertura è duplice: da un lato caratterizza l’ambiente di borgata, la desolazione della periferia, attribuendo un carattere quasi metafisico al realismo pasoliniano, dall’altro ha, per così dire, una funzione che permette di comprendere il senso dell’intera scena. La macchina compie infatti il medesimo percorso che seguirà la processione funebre, la quale, come vedremo, costituisce il coronamento della funzione prolettica dell’intera sequenza nell’economia del film. La cinepresa indugia qualche istante, mentre il protagonista cammina in direzione della mdp [3]. Stacco. Non è un vero e proprio raccordo di direzione, poiché nella scena precedente l’azione viene interrotta prima che il personaggio possa uscire dall’inquadratura, è però un raccordo sonoro creato da un ritocco della campana in sottofondo; la su funzione è molto chiara, si tratta di caratterizzare l’intera sequenza come una scena che ha per tema la morte, la campana suona infatti a morto; mezza figura del protagonista [4], che è vestito di nero, così da creare, con la bianchissima luce naturale del sole romano un contrasto quasi fastidioso, oltre a segnalare, chiaramente, che di morte si sta parlando. Ora la mdp “cammina” parallelamente all’attore. Inizialmente lo precede di poco (carrellata a precedere) [4], poi si muove parallelamente al personaggio (carrellata laterale) [5], in seguito rimane leggermente indietro (carrellata a seguire) [6], senza però riprenderlo di spalle. Stacco: mezza figura di un altro attore [7]; significativamente questi esordisce sbeffeggiando il protagonista con chiaro riferimento al suo vestiario, ma sta al contempo confermando l’atmosfera che Pasolini intende creare, e spinge fino al punto da renderla soffocante («Accatto’, guarda che il cimitero sta dall’altra parte»). Segue nuovamente uno stacco: altra mezza figura del protagonista, il quale si sta allontanando dalla macchina da presa [8]; questo movimento serve a segnalare la distanza che il protagonista intende prendere da questo personaggio, a sottolineare il fatto che Accattone non intende soffermarsi a discutere con lui, suggerendo che egli nutre in fondo disprezzo nei suoi confronti. Pasolini riprende Franco Citti fino ad un piano americano [9], qui il disprezzo e la volontà di passare oltre sono confermati dallo sguardo sprezzante che Accattone rivolge al ladro e dalla battuta «Salutamelo», che da un lato mostra la volontà di tagliar corto, dall’altro riveste una sorta di funzione “apotropaica”, dato che il saluto è rivolto proprio al cimitero, come se Accattone volesse prendere le distanze dall’atmosfera di morte che lo circonda; poi il regista stacca nuovamente sul piano americano dell’altro uomo [10]. Quest’ultimo si sposta per raggiungere il protagonista e la mdp lo segue, muovendosi sul suo asse, ma rimanendo ferma, in questo modo il regista sta segnalando che il personaggio cerca in qualche modo di entrare in contatto con il

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protagonista, che egli cioè, come vedremo tra poco, sta tentando di “coinvolgerlo nel suo giro”, cosa che, nella fase finale del film, accadrà effettivamente, e con tragiche conseguenze per il protagonista; indugia sui due che si allontanano: campo medio [11], che ancora una volta si segnala per la scelta dell’obbiettivo che tende a schiacciare le figure, dando ai corpi il caratteristico senso di «gravità» tipico del realismo popolare pittorico, accentuato a sua volta dall’uso della luce naturale, che sottolinea costantemente il contrasto tra figure e sfondo. Stacco: brevissima carrellata a precedere [12] e stacco quando i due sono ormai inquadrati in piano americano (non più a figura intera) [13]. Il regista riprende il dialogo tra i due personaggi mentre camminano, il contenuto del dialogo sembra riprendere direttamente quanto abbiamo detto riguardo alla parte I, l’interlocutore infatti sottolinea con arroganza la situazione di miseria in cui Accattone si trova, mettendolo davanti all’impossibilità di sopravvivere nelle sue condizioni; da parte sua il protagonista mantiene il suo atteggiamento misto di disinteresse e ostilità respingendo ripetutamente le domande dell’interlocutore, sia a parole, che tramite le espressioni del viso: il regista alterna i primi piani degli attori in una carrellata a precedere [14, 15] e con un altro raccordo sonoro dovuto sempre alla campana. Stacco: campo lungo [16]; la cinepresa aspetta che i due personaggi si avvicinino un poco, per poi riprendere la carrellata a precedere [17]. Il dialogo tende ancora una volta a sottolineare la presa di distanza di Accattone dal ladro, che, da parte sua, sottolinea quanto la sua “professione” risulti effettivamente remunerativa; il sottotesto è che Accattone dovrebbe una buona volta decidersi a mettersi in società con lui e collaborare a qualche colpo, dato che quella del ladro è l’unica attività con la quale gente come loro può mai guadagnarsi di che vivere. La mdp si ferma solo quando anche il protagonista smette di camminare, essendosi accorto che il suo interlocutore si è soffermato a parlare con un bambino sul ciglio della strada [18], questo fatto è significativo, perché Accattone seguita a rispondere all’interlocutore mentre questo ormai si è fermato e non lo ascolta più: sta commissionando al ragazzino un piccolo furto, adatto a mani sottili, ciò ci permette ancora una volta di confermare la funzione del dialogo, e un primo aspetto della funzione della scena: il ladro ha qui il ruolo di un vero e proprio tentatore, al quale Accattone non cede, anzi sputa a terra con disprezzo, ma non per ragioni morali, piuttosto apprendiamo che il motivo per cui non si mette a rubare come il suo interlocutore è che «sono finiti i tempi bellici… oggi come metti un piede fuori di casa ti carcerano». Il regista lo inquadra quindi a mezza figura (più o meno) [19]. Stacco: campo lungo su delle persone che seguono una macchina funebre per raggiungere il cimitero [20]. A questo punto si comprende la funzione prolettica della sequenza, essa infatti anticipa ciò che succederà alla fine del film: la morte si annuncia ad Accattone, sotto forma di processione funebre. Stacco: primo piano del protagonista [21]. Segue un raccordo di sguardo (Citti sta guardando le persone al funerale che passano davanti a lui [21]): campo medio sul prete e i chierichetti [22]. Il raccordo di sguardo ci permette di dire che il regista sta qui suggerendo quanto il protagonista viva questa “apparizione” come una sorta di segno del destino, o come cattivo presagio, o almeno come perturbante. Pasolini sta quindi suggerendo che Accattone comincia, in questa sequenza che, in sostanza, mostra il protagonista andare incontro ad un funerale, a prendere coscienza del destino che gli è riservato. L’effige di Cristo portata in testa dai chierichetti rimanda alla figura di Accattone stesso, che Pasolini considerava sicuramente come una vittima sacrificale, anche se, paradossalmente, non innocente. Raccordo sonoro dato dalle voci in sottofondo: altro campo medio, stavolta sul protagonista, ripreso quindi a figura intera [23], il quale ricomincia a camminare: carrellata a precedere (Citti non è ripreso frontalmente, ma di tre quarti) [24]. Mentre Citti si accinge ad uscire dall’inquadratura, incrocia due bambini che si, proprio al suo passaggio, anche se non propriamente rivolti verso di lui, si fanno il segno della croce, al livello del racconto si potrebbe dire che si segnano perché sta passando la processione, al livello simbolico il segno della croce [24] è rivolto all’evento che la sequenza annuncia senza svelare, la morte di Accattone in seguito alla partecipazione ad un colpo andato male. Dissolvenza in chiusura.

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Bibliografia:

PARIGI Stefania, Accattone, Lindau, Torino 2008

PASOLINI Pierpaolo, Per il cinema, a cura di Walter Siti e Franco Zabagli Mondadori, Milano 2001