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La Talidomide e i suoi derivati. Nel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per il trattamento di nausea e vomito durante la gravidanza, mostrando una rimarchevole assenza di tossicità [1]. Nel 1957, la talidomide fu anche prescritta come sedativo grazie alla sua sicurezza rispetto ai barbiturici. Nei primi anni ’60, tuttavia, fu chiaro che l’uso della talidomide durante la gravidanza era associato alle principali anomalie congenite, essendo responsabile di oltre 15.000 casi di difetti alla nascita in tutto il mondo [2-5]. Nonostante il largo uso della talidomide in numerosi paesi, grazie alla Dr. ssa Frances Kelsey della FDA, che ritardò l’approvazione della talidomide, poiché determinava neuropatia periferica, solo un limitato numero di americani patì le conseguenze dovute all’uso di questo farmaco [6- 7]. Nel 1962, la talidomide fu ritirata dal commercio in tutto il mondo ad eccezione del Brasile. Va detto che la talidomide fu messa in commercio in un momento in cui gli studi sulla tossicità, così come sulla teratogenicità non erano inclusi nel protocollo standard 1

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La Talidomide e i suoi derivati.

Nel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica

tedesca, per il trattamento di nausea e vomito durante la gravidanza, mostrando una rimarchevole

assenza di tossicità [1]. Nel 1957, la talidomide fu anche prescritta come sedativo grazie alla sua

sicurezza rispetto ai barbiturici. Nei primi anni ’60, tuttavia, fu chiaro che l’uso della talidomide

durante la gravidanza era associato alle principali anomalie congenite, essendo responsabile di oltre

15.000 casi di difetti alla nascita in tutto il mondo [2-5]. Nonostante il largo uso della talidomide in

numerosi paesi, grazie alla Dr. ssa Frances Kelsey della FDA, che ritardò l’approvazione della

talidomide, poiché determinava neuropatia periferica, solo un limitato numero di americani patì le

conseguenze dovute all’uso di questo farmaco [6-7]. Nel 1962, la talidomide fu ritirata dal

commercio in tutto il mondo ad eccezione del Brasile. Va detto che la talidomide fu messa in

commercio in un momento in cui gli studi sulla tossicità, così come sulla teratogenicità non erano

inclusi nel protocollo standard di sicurezza del farmaco. Le serie conseguenze di questa negligenza

sono tristemente note, e questo incidente ha avuto un grande impatto sulla regolamentazione dei

farmaci stereoisomeri e nell’adozione di linee guida più restrittive per la sperimentazione e

l’approvazione dei medicamenti. Molti anni dopo si scoprì cosa era successo: tutte le specie di

mammiferi su cui era allora obbligatorio verificare eventuali effetti malformativi dei farmaci, non

sono sensibili alla talidomide; così i test sulla teratogenicità risultarono negativi e ne fu autorizzato

l’uso alle donne in gravidanza. Dopo le ondate di focomelia, furono fatte le opportune ricerche e si

scoprì che i feti di coniglio presentano la stessa vulnerabilità umana. E da allora il coniglio figura tra

gli animali su cui si testano i possibili effetti malformativi per l’autorizzazione all’immissione in

commercio di un nuovo farmaco. Dopo la tragedia della Talidomide ci fu una maggiore 1

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consapevolezza riguardo alla potenziale pericolosità associata all’uso di farmaci talidomidici, e si è

pensato alla verifica della chiralità del farmaco come obiettivo essenziale per progettare, scoprire e

sviluppare, lanciare e commercializzare nuovi farmaci [8–9]. Il controllo regolamentato dei farmaci

chirali è iniziato negli Stati Uniti con la pubblicazione nel 1992 di chiare linee guida sullo sviluppo

di farmaci chirali nel documento intitolato “Policy Statement for the Development of New

Stereoisomeric Drugs”, seguito nel 1994 da quello pubblicato nell’Unione Europea, “Investigation of

Chiral Active Molecules”. I ricercatori hanno dovuto riconoscere la presenza di chiralità nei nuovi

farmaci, cercare di separare gli stereoisomeri, valutare il contributo dei diversi stereoisomeri

all’attività di interesse, definire “ l’integrità stereochimica degli enantiomeri”, verificare la potenziale

interconversione dei singoli isomeri, e selezionare razionalmente lo stereoisomero da immettere in

commercio [5–10]. In realtà queste linee guida hanno avuto un notevole impatto nella categoria dei

farmaci chirali, determinando un drammatico declino nello sviluppo di racemi [10].

Nel 1965, nonostante gli effetti teratogenici osservati durante l’uso della talidomide, Jacob Sheskin

ha usato il farmaco come sedativo nei pazienti affetti da eritema nodoso leproso (ENL) [11]. L’ENL

è caratterizzato da una dolorosa infiammazione dei vasi periferici che può manifestarsi con sintomi

di tipo sistemico quali febbre, dolore muscolare e articolare, senso di malessere, insonnia,

linfoadenopatia, perdita di peso e neuropatia periferica. Sheskin fortunatamente ha scoperto che la

talidomide usata nei pazienti lepromatosi con ENL era capace di determinare un rapido e notevole

miglioramento nei sintomi della reazione di tipo II [11].

Seguirono nuovi studi e finalmente la talidomide fu autorizzata per il trattamento dell’ENL in

Messico e in Brasile, diventando il farmaco di scelta nel trattamento sintomatico di questa malattia.

Sebbene le proprietà antinfiammatorie della talidomide siano state identificate negli anni ’60, solo

nel 1980 fu proposto un meccanismo d’azione attraverso il quale il farmaco poteva essere di

giovamento nel trattamento dell’ENL. Da quando la talidomide ha avuto un così radicale effetto sui

sintomi di ENL, Kaplan e collaboratori, hanno ipotizzato che il farmaco avesse un effetto su

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mediatori solubili dell’immunità cellulare coinvolti nello sviluppo dell’ENL [12]. Partendo da tali

presupposti, Sampaio e collaboratori, lavorando nei laboratori della FIOCRUZ, (in Rio de Janeiro,

Brasile) hanno descritto la capacità della talidomide di inibire la produzione del fattore di necrosi

tumorale alfa (TNF-α) dei monociti umani stimolati in vitro con lipopolisaccaride (LPS), costituente

immunogeno e proinfiammatorio della parete di batteri Gram negativi o di micobatteri [13].

Questi ricercatori hanno dimostrato una ridotta espressione dell’mRNA del TNF-α nelle cellule

coltivate in presenza di talidomide, a causa di una induzione della degradazione dell’mRNA che

porta ad una diminuzione dell’ emivita della molecola da 30 ' a 17' [13]. Queste scoperte hanno

rivelato le proprietà antinfiammatorie e immunondulatorie della talidomide, portando ad un

rinnovato interesse verso questo vecchio farmaco. Come conseguenza di queste osservazioni, nel

luglio del 1998 la FDA ha approvato per la prima volta negli USA la commercializzazione della

talidomide per il trattamento delle manifestazioni cutanee da quelle lievi alla lebbra lepromatosa

severa e per prevenire o sopprimere le recidive della malattia. Ancora oggi la talidomide viene usata

come farmaco antinfiammatorio ed immunodepressivo, in aggiunta al suo effetto sedativo. Per

ridurre al minimo il rischio di teratogenicità correlato alla talidomide, la Celgene Corporation

(Waren, New Jersey) ha sviluppato un programma generale per regolamentare e controllare la

prescrizione, la dispensazione e l‘uso della talidomide [14]. Questo programma conosciuto come

“System for Thalidomide and Prescribing Safety“ (STEPS TM) utilizza un triplice approccio:

1. controlla l’accesso al farmaco;

2. informa medici, farmacisti e pazienti;

3. controlla la compliance.

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Chimica

Figura 1. Rappresentazione bidimensionale della talidomide.

La talidomide [α-(N-ftalimil)glutarimmide o (S,R)-(±)-N-(2,6-diosso-3-piperidil)ftalimmide] è una

molecola diimmidica con una porzione ftalimmidica attaccata ad una porzione glutarimmidica

chirale. Nell’anello glutarimmidico c’è un unico carbonio asimmetrico, perciò la talidomide

rappresenta una miscela racemica di forme destrorotatorie (R) e levorotatorie (S) [15–26].

La presenza di un centro chirale nella molecola può risultare nel possesso degli stereoisomeri di

differenti profili farmacodinamici e farmacocinetici. In una miscela racemica, per esempio, un

enantiomero può essere responsabile dell’attività, o essere un antagonista dell’enantiomero attivo e

può avere un’azione distinta desiderabile o poco desiderabile [15–16]. Per predire il profilo

farmacodinamico di una coppia di enantiomeri, Seri–Levi e Richards hanno dimostrato che i metodi

di design molecolare computerizzato (CAMD) tramite la relazione struttura attività quantitativa

(QSAR) possono essere usati come un importante strumento per determinare l’efficacia

proporzionale dei due enantiomeri (rapporto eudismico, ER) ed il coefficiente chirale della coppia di

enantiomeri [17]. L’ER è esso stesso il rapporto tra l’efficacia in vivo dell’enantiomero più potente

chiamato eutomero, e di quello meno potente, chiamato distomero. Il coefficiente chirale è un indice

quantitativo della diversità tra gli enantiomeri [17].

Questi rapporti, entrambi per l’attività terapeutica o per altri effetti, permettono di prevedere, in una

serie omologa l’ER di nuove coppie di enantiomeri. La capacità di spiegare le correlazioni esistenti

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aiuta i chimici farmaceutici nel prendere decisioni razionali. La conclusione principale a questo

punto è che l’ER di farmaci potenti, appartenendo a una serie omologa, può essere correlato con il

loro coefficiente di chiralità; tale correlazione può aiutare a prevedere il più importante ER per lo

sviluppo degli esperimenti [17].

Studi in vitro ed in vivo hanno indicato che l’effetto sedativo della talidomide è strettamente

associato all’enantiomero R, mentre l’effetto immunologico è più strettamente associato all’

enantiomero S [18]. Anche questo ha suggerito che l’enantiomero S è responsabile dell’attività

teratogenica della talidomide, e l’instabilità chirale del farmaco in vitro e in vivo. Infatti quando un

enantiomero specifico viene somministrato oralmente o per e.v. esso subisce l’inversione chirale

nell’altro enantiomero, diventando impossibile la totale separazione dei loro effetti [19].

La talidomide sia in vitro che in vivo è incline alla interconversione enantiomerica [20–21], l’uso di

un singolo enantiomero di talidomide chiaramente non è garanzia di sicurezza, e di conseguenza,

nell’uso clinico il farmaco è ancora somministrato come racemato.

Recentemente, Trapp e collaboratori hanno determinato la barriera di epimerizzazione della

talidomide (fig. 2) utilizzando la “dynamic gas chromatography” (DGC) e la “stopped-flow gas

chromatography” (sfGC) [22].

(S)-(-)-N-(2,6-diossi-3-piperidil)ftalimmide (R)-(+)-N-(2,6-diossi-3-piperidil)ftalimmide o (S)-talidomide o (R)-talidomideFigura 2. Rappresentazione degli enantiomeri della talidomide.

In questo studio, i ricercatori sono stati capaci di trovare una barriera di epimerizzazione di 159±2

Kj·mol-1, determinata a 220°C in un mezzo liquido semipolare abiotico di ciclodestrine modificate e

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dissolte in dimetildifenilpolisilossano e usando lo straordinario programma di simulazione Chrom

Win [22].

Studi realizzati in vitro hanno dimostrato che l’inversione chirale della talidomide è catalizzata

dall’albumina sierica umana (HSA) e che questa catalisi può essere inibita da vari ligandi

dell’albumina così come gli acidi grassi a lunga e media catena e l’acido acetilsalicilico (ASA) [23].

Nel tentativo di spiegare il meccanismo dell’inversione chirale della talidomide e della sua catalisi

mediata da HSA, Reist e collaboratori hanno analizzato l’influenza del pH, della concentrazione di

fosfato e il ruolo di diversi aminoacidi acidi, basici e neutri, utilizzando come tecnica l’HPLC

stereoselettiva [24]. I risultati hanno dimostrato che l’inversione chirale della talidomide era pH-

dipendente. Ad un pH acido, la velocità d’inversione era circa zero, e aumentava con l’incremento

del pH, suggerendo che l’inversione chirale della talidomide è un processo catalizzato dalle basi [24].

Si dimostrò anche che a pH 7,4 la velocità di inversione chirale era linearmente dipendente dalla

concentrazione del fosfato. D’altronde, i risultati ottenuti hanno indicato che gli aminoacidi basici

Arg e Lys, presenti nell’albumina plasmatica, possono avere una forza maggiore rispetto agli

aminoacidi neutri nel catalizzare l’inversione chirale della talidomide. Considerando che l’albumina

ha principalmente gruppi reattivi ε-amminici e che quasi tutti i suoi siti di legame per il ligando

coinvolgono residui aminoacidici basici, questo ha suggerito che la capacità dell’albumina di

catalizzare l’inversione chirale della talidomide è dovuta alla presenza di questi aminoacidi [24].

Questa osservazione è anche coerente con il fatto che i ligandi endogeni dell’albumina così come gli

acidi grassi e la bilirubina possono bloccare i residui aminoacidici basici catalitici della HSA

riducendo l’entità della catalisi dell’inversione chirale. Lo stesso risultato si è osservato con l’uso di

ASA, che acetila la Lys-199 dell’albumina. Dal punto di vista stereochimico, la velocità

dell’inversione chirale degli enantiomeri (R) ed (S) della talidomide ha mostrato una lieve

stereoselettività dipendente dalla concentrazione sierica dell’albumina [24]. Ad una bassa

concentrazione di albumina non è stato possibile osservare una differenza significativa tra le velocità 6

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di inversione dei due enantiomeri, mentre a concentrazioni fisiologiche l’inversione della forma (S)

in quella (R) della talidomide è circa 1,4 volte più veloce di quella dell’enantiomero (R) in quello (S)

[24]. Comunque, si è visto che anche nell’uomo la (R)-talidomide inverte la sua configurazione più

velocemente della (S)-talidomide [25]. Riassumendo, l’inversione chirale della talidomide avviene

mediante sostituzione elettrofila con protoni come gruppi entranti e uscenti. Una comune e specifica

catalisi basica accelera la reazione facilitando l’uscita dell’idrogeno dal centro chirale [24].

Metabolismo

La talidomide non è un buon substrato per gli isoenzimi del citocromo P450 (CYP), e non inibisce il

metabolismo di substrati specifici del CYP, quindi è poco probabile che presenti qualche interazione

con altri farmaci che sono metabolizzati dallo stesso sistema enzimatico [27]. Tuttavia la formazione

della 5’-idrossitalidomide è stata identificata nei pazienti che hanno assunto talidomide, come

risultato della biotrasformazione da parte del CYP450 e più specificamente dell’isoenzima CYP2C19

[28–29]. Nell’uomo e negli animali la degradazione della talidomide avviene soprattutto tramite una

idrolisi non enzimatica con successiva eliminazione nelle urine [30]. Studi precedenti circa il

destino metabolico della talidomide hanno messo in evidenza la sua instabilità in soluzione acquosa

a differenti valori di pH. Ad un pH pari a 6,0, è stata osservata l’idrolisi spontanea dell’anello

glutarimidico con la formazione, come principali metaboliti, dei composti (2) e (3) riportati in figura

(fig. 3) [30].

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Figura 3. La talidomide (1) e i suoi principali metaboliti (2; 3; 4; 5;) in vivo.

Tuttavia al pH fisiologico (pH pari a 7,4), la talidomide viene metabolizzata per circa il 28% nella

prima ora producendo come principali metaboliti i composti (4) e (5) riportati in figura, derivati

dall’idrolisi degli anelli ftalimmidico e glutarimmidico (fig. 3) [30]. D’altra parte, a pH pari a 8,0, la

velocità di metabolizzazione viene considerevolmente aumentata di circa il 66% nella prima ora

evidenziando che in vivo il metabolismo della talidomide è strettamente dipendente dal pH della

biofase [30].

Ipotesi di teratogenicità

Nell’uomo i giorni critici per gli effetti teratogenici della talidomide vanno dal 20° al 36° giorno

dopo la fecondazione. Le più frequenti malformazioni colpiscono i pollici (81%) e gli arti superiori

(69%). I difetti a frequenza intermedia colpiscono le orecchie e l’udito (38%), gli arti inferiori (26%),

il nervo facciale (20%) e il rene (14%) [31-33]. Più recentemente è stato riconosciuto che due tipi di

anomalie a carico del SNC sono state associate all’embriopatia della talidomide: ritardo (6%) e

autismo (5%) [34].

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La suscettibilità degli effetti teratogenici della talidomide è strettamente dipendente dalle specie

studiate. I ratti, per esempio, sono refrattari alla teratogenesi indotta dalla talidomide, mentre i

conigli sono sensibili [33].

Si ritiene che la teratogenicità della talidomide sia dipendente dalla stereochimica del carbonio

chirale e che l’enantiomero (S) sia responsabile degli effetti embriotossici. Comunque la semplice

racemizzazione, sia in vitro che in vivo ostacola una chiara comprensione di quale isomero sia

responsabile degli effetti teratogenici [18-19].

Poiché la talidomide subisce una rapida idrolisi spontanea in numerosi prodotti differenti, che

possono essere idrolizzati in ulteriori prodotti, si tenta di indagare sulla possibilità che la teratogenesi

della talidomide possa essere mediata dalla formazione di metaboliti. Infatti una delle prime ipotesi

per spiegare la teratogenesi della talidomide fu descritta da Gordon e collaboratori, i quali misero in

evidenza che un metabolita arene ossido della talidomide rende i linfociti umani permeabili al trypan

blue, suggerendo la partecipazione di questo metabolita alla attività teratogenica della talidomide

[34].

Allo scopo di indagare il profilo teratogenico dei farmaci, Braun e Weinreb hanno utilizzato la

tecnica di inibizione dell’attacco delle cellule alle superfici di plastica ricoperte da concanavalina A,

ed hanno esaminato la capacità della talidomide e dei diversi analoghi di inibire l’attacco delle

cellule con e senza attivazione microsomiale [35]. I ricercatori scoprirono che il farmaco non inibiva

l’attacco delle cellule tumorali alle superfici ricoperte di concanavalina A. Tuttavia, fu trovato un

metabolita con profilo inibitorio, generato dai microsomi epatici di topo C57B16. D’altronde, tutti i

farmaci contenenti una struttura ftalimidica o simile furono metabolizzati in prodotti con proprietà

inibitorie. La porzione glutarimmidica e il suo prodotto di idrolisi, l’acido glutammico, non

contribuiscono alla formazione di prodotti inibitori [35]. Alo contrario la ftalimmide risultava attiva

ed il suo prodotto di idrolisi, l’acido ftalico, era inattivo. Visto che la coincubazione con l’epossido

idrolasi non ha alterato significativamente la produzione di un metabolita inibitorio, gli autori hanno

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suggerito che il metabolita probabilmente non era un arene ossido, e che i prodotti inibitori si erano

formati da composti contenenti o la struttura ftalimmidica o quella isoindolica [35].

Una seconda ipotesi postulata si basa sul fatto che durante l’ossidazione dell’acido arachidonico

(AA) da parte di perossidasi, prostaglandino idrogeno sintasi (PGHS) o la lipossigenasi ( LOX s),

alcune molecole possono agire come cofattori nel processo di riduzione, essendo ossidati in radicali

liberi reattivi che danno inizio allo stress ossidativo, o legando covalentemente le macromolecole

cellulari e causando danni ossidativi del DNA nei tessuti materni e dell’embrione, i quali possono

essere rilevanti nel determinare i difetti alla nascita indotti dal farmaco [36]. La rilevanza teratogena

della formazione dei radicali attivi catalizzata dalla perossidasi è supportata dall’osservazione che

l’uso di inibitori della PGHS e l’uso di antiossidanti ha ridotto significativamente l’embriopatia nelle

colture embrionali. Infatti la teratogenicità fu valutata in conigli bianchi gravidi neozelandesi trattati

con talidomide (7,5mg/kg e.v. ) tra l’8° e l’11° giorno di gestazione, indicando come giorno zero il

tempo e il momento in cui lo sperma fu osservato nel fluido vaginale. I risultati dimostrarono che il

trattamento con la talidomide ha prodotto principalmente anomalie fetali delle zampe analoghe a

quelle osservate nell’uomo. Tuttavia il trattamento con un inibitore irreversibile della PGHS, (ASA,

75mg/kg, intraperitoneale, i.p.) fu notevolmente embrioprotettivo riducendo del 61,4% le anomalie

delle braccia indotte dalla talidomide nei feti. Questi risultati hanno dimostrato che l’ASA può

proteggere l’embrione dalla teratogenicità della talidomide suggerendo che questi farmaci possono

essere bioattivati dalla PGHS in intermedi reattivi teratogenici [37]. D’altronde, la rivelazione

mediante ESRS (electron spin resonance spectroscopy) dei radicali liberi intermedi avvalora

l’ipotesi della formazione catalizzata da perossidi di specie radicaliche libere attive con potenziali

profili embriotossici [38-39].

Riassumendo, si è pensato che la teratogenicità dei principali xenobiotici dipenda, almeno in parte,

da una loro bioattivazione da parte del citocromo P450 embrionale, della PGHS, della lipossigenasi

(LOXs), in intermedi elettrofili e/o radicalici liberi attivi che legano covalentemente le

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macromolecole cellulari come DNA, proteine e lipidi, determinando la morte uterina o la

teratogenesi [40].

Alcuni esempi di farmaci teratogenici includono fenitoina e diverse molecole ad azione

anticonvulsivante, talidomide e alcuni analoghi, ciclofosfamide, idrossiurea e doxorubicina, tra gli

altri [41]. Perciò, la suscettibilità teratologica sembra essere determinata in parte da un bilancio tra le

materne vie di eliminazione degli xenobiotici, la bioattivazione xenobiotica embrionale e

detossificazione degli intermedi reattivi degli xenobiotici [41].

Una terza ipotesi sulla teratogenesi della talidomide ha suggerito che questi effetti possono essere

causati dall’interferenza sulle essenziali interazioni cellula-cellula e cellula-matrice extracellulare le

quali possono anche dipendere in modo cruciale dalla funzione di specifici recettori di adesione nei

periodi critici dello sviluppo. In questo caso una dissociazione del profilo teratogenico dagli effetti

sulle infiammazioni e sulle reazioni immuni potrebbe non essere facilmente raggiungibile [42-45].

Usi nella ricerca e nella terapia

Il vasto interesse sulla talidomide è rinato con la scoperta della sua attività immuno-modulatoria nel

trattamento dell’ENL, uno stato infiammatorio che si manifesta nella lebbra. La scoperta che la

talidomide è un inibitore selettivo della produzione del TNF–α da parte dei monociti umani stimolati

con LPS fornì la base razionale per i suoi effetti antinfiammatori [12-13,46]. Elevati livelli di TNF–α

sono stati correlati con diverse patologie infiammatorie e auto-immuni. Quindi, le patologie associate

con sovrapproduzione di TNF–α, così come l’artrite reumatoide, il morbo di Crohn, le ulcere

aftosiche, la cachessia, l’asma, l’AIDS potrebbero essere trattati con talidomide [47-48]. Infatti, il

ruolo essenziale del TNF–α nei processi infiammatori è risultato in un ampio sforzo della ricerca

farmaceutica per scoprire inibitori TNF–α-specifici[49]. L’efficacia clinica degli agenti anti TNF–α

quali infliximab (Remicade®) ed etarnercept (Embrel®) nel trattare l’artrite reumatoide e il morbo di

Crohn, ha confermato il trattamento anti TNF–α come terapia attuabile [49-50].11

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Esperimenti clinici hanno dimostrato l’utilità della talidomide nel trattamento di diversi tumori

ematologici [51] e solidi [51]. La talidomide è ora comunemente utilizzata come trattamento di

seconda e terza linea nel mieloma multiplo. Questi studi hanno convalidato la talidomide come

agente terapeutico clinicamente efficace in diverse patologie, recentemente reintrodotto per uso

umano nel trattare la lebbra, il cancro, le infezioni da HIV e alcune malattie cutanee.

Meccanismo d’Azione

Come precedentemente menzionato, la talidomide è un inibitore selettivo dell’espressione del TNF-α

[13], ma il suo meccanismo d’azione in questo contesto non è stato completamente compreso. C’è

un’evidenza che suggerisce che la talidomide eserciti la sua attività inibitoria attraverso il selettivo

incremento della velocità di degradazione dell’mRNA del TNF–α [12-13, 46].

E’ probabile che l’effetto della talidomide sulla funzione cellulare dipenda da molteplici fattori, tra

cui lo stimolo, le cellule utilizzate e il trattamento impiegato in alcune condizioni cliniche. Nei

pazienti con il morbo di Crohn che hanno risposto alla terapia con talidomide, è stata riscontrata una

riduzione della produzione di TNF–α e di IL-12 nelle cellule mononucleate di sangue periferico

(PBMCs) e nelle cellule intestinali mononucleate della lamina propria, mentre le concentrazioni di

IL-1 e di IL-6 non sono cambiate significativamente [53]. Haslett e collaboratori hanno riportato un

incremento nei livelli dell’IL-12, del recettore solubile di IL-12 e dell’antigene solubile CD8 nei

pazienti infettati da HIV e trattati con talidomide [54]. D’altra parte, studi realizzati in vitro

utilizzando PBMCs trattate con talidomide hanno dimostrato una riduzione dei livelli di IL-2 e di

IFN-γ prodotti dalla cellule T-helper 1 ed un incremento nella produzione di IL-4 e IL-5 delle

cellule T-helper 2 [55]. Comunque, studi più recenti hanno riportato la capacità della talidomide di

aumentare la produzione di IFN-γ e di IL-12p40 nelle PBMCs stimolate di adulti sani, ed una

riduzione della produzione di IL-5, senza cambiamenti nella produzione di IL-2 e di IL-4 [56]. La

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talidomide inibisce la fagocitosi dei monociti e dei leucociti polimorfonucleati senza alcun effetto

citotossico [57] e blocca la chemiotassi dei neutrofili indotta da TNF–α e IL-1 [58].

Analoghi bioattivi della talidomide

Potenziali inibitori del TNF–α

Il TNF–α è una citochina prodotta da molti tipi cellulari, inclusi monociti e macrofagi, linfociti T e

B, neutrofili, mastociti, cellule tumorali e fibroblasti. È una molecola con effetti pleiotropici,

prodotta in risposta a diversi stimoli ed esercitante la sua azione su più tipi di cellule. La produzione

del TNF–α inizia con l’interazione di un ligando (che è comunemente uno dei diversi prodotti

microbici) con il suo recettore sulla superficie cellulare, così come il TLR, stimolando in tal modo

una via di trasduzione del segnale che porta all’attivazione del fattore nucleare KB (NFkB) [59].

NFkB è una proteina presente nel citoplasma in forma dimerica ed è associata alla molecola

inibitoria KB (IkB). L’attivazione cellulare porta alla fosforilazione di IkB che sarà degradata. Una

volta rilasciato, l’NFkB entra nel nucleo inducendo la trascrizione dei geni associati alla reazione

infiammatoria, inclusi quelli che codificano per il TNF–α. La sintesi ed il rilascio del TNF–α porta

alla produzione di altre citochine, determinando il reclutamento cellulare nel sito del danno ed

amplificando la risposta infiammatoria.

Il TNF–α umano viene sintetizzato come precursore polipeptidico legato alla membrana (26kDa), il

quale viene processato e trasformato in una forma solubile (17kDa) dopo taglio proteolitico [60].

Questa forma solubile trimerizza per dare la molecola matura del TNF–α che è un polipeptide

omotrimerico (52kDa). Il TNF–α esercita i suoi molteplici effetti tramite l’interazione con due

recettori ad elevata affinità strutturalmente e funzionalmente distinti: TNFR 1 (55-60 kDa) espresso

in tutte le cellule ad eccezione dei linfociti T non attivi e degli eritrociti; e TNFR 2 (75-80 kDa)

espresso dalle cellule emopoietiche e dalle cellule endoteliali [61-62]. Il TNF–α è una citochina

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Page 14: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

versatile che modifica il rimodellamento tissutale, la permeabilità di membrana della cellula

epiteliale, l’attivazione dei macrofagi e il reclutamento delle cellule infiammatorie upregolando le

molecole di adesione [63-64]. Gioca anche un ruolo fondamentale nello sviluppo, nell’omeostasi e

nella risposta adattattiva del sistema immunitario

La maggiore produzione di TNF–α è presente in numerose condizioni patologiche e fisiologiche,

quali il morbo di Crohn, la sclerosi multipla, la psoriasi, il LES, il diabete mellito insulino-

dipendente, la cachessia, l’ENL, l’angiogenesi, il linfoma, il cancro ovarico, la pancreatite, l’asma, lo

shock settico, la TBC e molte altre [65]. Quindi i farmaci che modulano l’attività del TNF–α possono

essere efficaci nel trattamento di malattie autoimmuni, infiammatorie ed infettive.

Gli agenti immunosoppressivi, così come la ciclosporina A ed il desametasone possono inibire la

sintesi di TNF–α, ma gli effetti collaterali osservati dopo trattamento con questi farmaci erano

associati ad una tossicità considerevole [66]. La talidomide fu il primo farmaco capace di inibire

selettivamente la produzione di TNF–α, e per questa ragione, fu indicato per il trattamento di diverse

condizioni patologiche, come precedentemente menzionato. Tuttavia, date le sue proprietà

teratogenica e neurotossica associate alla sua scarsa biodisponibilità sistemica, c’è un crescente

interesse nello scoprire analoghi della talidomide che abbiano attività anti TNF–α, stabilità e che

siano privi di tossicità.

L’inibizione della sintesi del TNF–α può anche essere ottenuta tramite farmaci che possono

incrementare i livelli intracellulari del cAMP, o stimolando la sua formazione o evitando la sua

degradazione [67]. Si è ben stabilito che un incremento dei livelli di cAMP determina l’inibizione

delle citochine proinfiammatorie, così come TNF–α ed IL-1β, ed anche delle citochine prodotte da

Th-1, quali IFN-γ e IL-12, portando ad effetti immunomodulatori ed antinfiammatori. Così, i

composti che inibiscono selettivamente o non selettivamente la fosfodisesterasi di tipo 4 (PDE-4), la

principale isoforma responsabile della degradazione del cAMP nelle cellule infiammatorie, così

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Page 15: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

come rolipram e pentossifillina, rispettivamente, sono capaci di inibire la produzione del TNF–α a

livello trascrizionale [67-69].

Analoghi Sintetici

Gǘtschow e collaboratori hanno descritto la sintesi e la valutazione dei derivati delle 5-ftalimmido-

pirimidine e del 5-ftalimmidouracile, sintetizzati come nuovi analoghi della talidomide [70]. In una

fase di ottimizzazione, il gruppo uracilico del derivato del 5–ftalimmidouracile fu sostituito con un

sostituente 2,4–difluorofenilico portando così alla sintesi di un isostero non polare. Il potenziale

inibitorio di tutti questi composti fu accertato determinando la produzione di TNF–α nei monociti

stimolati con LPS [70]. I risultati ottenuti hanno indicato che, ad eccezione di alcuni composti (16 e

12, riportati in figura), la maggior parte dei derivati ha mostrato solo una debole attività inibitoria

(fig. 4).

Figura 4. 5-ftalimmidopirimidine (6-10), 5-ftalimmidouracili (11-14), 2,4-difluorofenilftalimmidi (15-17). In parentesi sono indicate le percentuali di inibizione della produzione di TNF-α LPS-indotta nei monociti umani ad una concentrazione di 50 μM.

Comunque, la sostituzione della porzione uracilica con un difluorofenile (confronto tra il composto 7

e il composto 16, riportati in figura) si basa sul notevolissimo incremento della capacità inibitoria. Il

derivato difluorofenilico 16 è un isostero del derivato uracilico 7. Così, l’aumentata attività del

composto 16 risultante dalla sostituzione isosterica potrebbe essere attribuita alla accresciuta

lipofilia e alla perdita della capacità di donare legami a idrogeno rispettivamente [70]. Muller e

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Page 16: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

collaboratori, cercando di migliorare l’attività TNF–α-inibitoria della talidomide, hanno descritto la

SAR dell’amminosostituzione nell’anello ftalico e nell’anello isoindolinonico di EM-12, un analogo

che ha presentato un’attività teratogena molto più potente della talidomide nei conigli, nei ratti e

nelle scimmie [71], con un’attività inibitoria sul TNF–α nelle PBMC /S umane stimolate con LPS alla

concentrazione di 100 µM [72]. I risultati ottenuti hanno indicato che l’introduzione di un gruppo

NH2 nella posizione 4' dell’anello ftalimmidico determinava un aumento dell’attività inibitoria sul

TNF–α (fig. 5).

Figura 5. Analoghi ammino-ftalil sostituiti della talidomide (19-20) e suoi analoghi isoindolinonici (21a-d). Tra parentesi sono indicati i valori di IC50 e le percentuali di inibizione della produzione di TNF-α LPS-indotta nelle PBMC /S

umane ad una concentrazione di 100 μM.

Per esempio, in vitro il racemato 19 riportato in figura 5 (IC50 = 15 nM) è risultato

approssimativamente 15.000 volte più potente della talidomide (IC50 = 100 µM) come inibitore del

TNF–α. Da questo studio si comprese l’importanza della stereochimica, poiché l’isomero R del

composto 19 (IC50 = 94 nM) era 20 volte meno attivo dell’isomero S (IC50 = 3,9 nM). D’altra parte,

fu realizzata la sostituzione della porzione ftalimmidica con un nucleo isoindolinonico, progettata per

aumentare la stabilità e la biodisponibilità della molecola, ed i 4 possibili amminoregioisomeri (21a-

d) furono preparati e testati. Solo l’analogo con il gruppo amminico in posizione 4' (21a) ha inibito

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Page 17: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

fortemente la produzione di TNF–α (IC50 = 100 nM) indicando che per un’attività ottimale il gruppo

amminico deve essere dalla parte opposta rispetto al gruppo carbonilico dell’isoindolinone [72].

Infine, l’analogo 4'-amino-α-metilico (20)della talidomide, è risultato un potente inibitore del TNF–α

con una IC50 pari a 44nM.

L’attività modulatoria della talidomide sulla produzione di TNF–α è specifica e bidirezionale; infatti

la 1 inibisce la produzione di TNF–α nelle cellule leucemiche HL-60, quando queste sono attivate

con acido okadaico (OA), mentre incrementa la produzione di TNF–α quando la stessa linea cellulare

viene stimolata con 12-O-tetradecanoilforbolo-13-acetato (TPA) [73]. Perciò, si potrebbe ottenere un

enorme beneficio se si riuscisse a separare l’attività modulatoria bidirezionale della talidomide sulla

produzione di TNF–α, poiché l’inibizione, ma non l’incremento, della produzione di TNF–α è

considerata essere l’attività benefica della talidomide. Con questa idea, Myachi e collaboratori hanno

descritto la sintesi e la determinazione dell’attività modulatoria dei derivati ftalimidici [74-75].

Questi derivati, furono progettati modificando la struttura della talidomide e furono progettati

introducendo atomi di fluoro nella porzione ftalimmidica e un gruppo metilico in posizione α,

mirando ad un aumento dell’attività e della selettività. Inoltre, i ricercatori hanno sostituito la

porzione glutarimmidica della talidomide con un metilfenile (22) un metilnaftile (23) e un

metilcicloesile(24), nella struttura dei nuovi derivati ftalimmidici (fig. 6).

Figura 6. Derivati ftalimmidici (22-24). a Quantità di TNF–α prodotto dalle cellule HL-60 in presenza di TPA (10 nM). Convenzionalmente il solo stimolo con TPA fu definito come 100%. b Quantità di TNF–α prodotto dalle cellule HL-60 in presenza di OA (50nM). Convenzionalmente il solo stimolo con OA fu definito come 100%. La talidomide fu testata ad una concentrazione 30 μM ed i suoi derivati ftalimmidici (22-24) ad una concentrazione 0.3 μM.

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Page 18: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

Questi derivati furono preparati otticamente puri e testati alla concentrazione di 93 µM come

specifici induttori bidirezionali nella regolazione della produzione di TNF–α da parte delle cellule

HL-60 [74-75].

I risultati ottenuti hanno dimostrato che l’attività modulatoria dei derivati ftalimmidici (22-

24),riportati in figura, sulla produzione di TNF–α dipendeva dalla stereochimica dei centri chirali,

poiché solo l’enantiomero S dei derivati 22, 23 e 24 ha mostrato un aumento della produzione di

TNF–α indotta da TPA. Comunque, entrambi gli enantiomeri S ed R dei derivati naftilici erano

inattivi, indicando che la subunità glutarimmidica non può essere sostituita con successo dal gruppo

naftile (fig. 6). Per contro, gli stereoisomeri R di 22, 23, e 24 hanno mostrato un’attività inibitoria

molto più potente dei corrispondenti enantiomeri sulla produzione di TNF–α indotta da OA. Nel

caso del composto 23, del quale entrambi gli isomeri S ed R erano inattivi sull’incremento della

produzione di TNF–α TPA-indotta, l’isomero S era inattivo e quello R era un inibitore molto potente

della produzione di TNF–α OA-indotta. Tali risultati hanno indicato che l’attività modulatoria

bidirezionale sulla produzione di TNF–α può essere separata utilizzando analoghi ftalimmidici

otticamente attivi [74-75].

Considerando che una delle diverse ipotesi sulla teratogenicità della talidomide si è basata sulla

formazione di un metabolita arene-ossido, e che la formazione dell’epossido potrebbe essere evitata

se gli atomi di idrogeno dell’anello ftalimmidico fossero sostituiti con accettori di elettroni o con

alogeni, alcuni autori hanno proposto la sintesi e la valutazione farmacologica degli analoghi

tetraalotalidomidici. In questo contesto, Niwayama e collaboratori sintetizzarono i derivati della

(R,S)- tetrafluorotalidomide (25) e ne hanno esaminato l’effetto sulla produzione di TNF-α indotta

da LPS nei promonociti THP-1 [76]. In questo studio hanno scoperto che 25 inibisce notevolmente

la produzione di TNF–α con una IC50 = 400 nM, che rappresenta un incremento di 500 volte più

efficace rispetto alla talidomide (IC50 > 200 μM). Per valutare se altri alogeni hanno lo stesso effetto

del fluoro, hanno sintetizzato e valutato la (R, S)–tetraclorotalidomide (26) e la (R,S)-tetrabromota-

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Page 19: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

-lidomide (27). I risultati ottenuti hanno dimostrato che entrambi gli analoghi (26 e 27) erano molto

meno attivi di 25 nell’inibire la secrezione di TNF–α (fig. 7), suggerendo che l’aumento di efficacia

inibitoria del TNF–α è notevole solo nel caso della sostituzione con il fluoro [75].

Figura 7. Derivati tetraalotalidomidici.

Cercando di evitare la racemizzazione, Man e collaboratori [77] hanno proposto la sostituzione

isosterica dell’idrogeno acido del carbonio chirale con un atomo di fluoro. La α-fluorotalidomide

(28) fu sintetizzata e valutata per l’inibizione del TNF-α nelle cellule PBMCS umane stimolate con

LPS e ad una concentrazione di 10 µM non inibiva la secrezione di TNF-α [77]. Comunque in

seguito all’introduzione di un gruppo NH2 in posizione 4' dell’anello ftalimmidico di 28, si è ottenuto

il composto chiamato Actimid (29) che è un potente inibitore con una IC50 = 230 nM, che è 830 volte

più attivo della talidomide (fig. 8) [77].

Figura 8. Analoghi della α-fluorotalidomide.

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Basandosi su studi che dimostrarono l’importanza dell’integrità dell’anello ftalico per l’attività TNF–

α inibitoria, Muller e collaboratoti hanno descritto la sintesi e la valutazione farmacologica dei

derivati N-ftaloil-β-amino-β-arilamidici, preparati come analoghi della talidomide attraverso

l’idrolisi dell’anello glutarimmidico [78]. La ftalimmidilammide dell’acido 3-fenilpropionico (30) fu

preparata e risultò quasi equipotente alla talidomide come inibitore di TNF- α. L’attività del

composto 30, riportato in figura, fu ottimizzata analizzando le sostituzioni a carico dell’anello 3-

fenilico. Per esempio, l’analogo 3,4-dimetossi 31 era 15 volte più potente della talidomide (fig. 9).

Figura 9. N-ftaloil β-ammino β-aril ammidi (30-35). Tra parentesi sono indicate le IC50 per l’inibizione del TNF-α nelle PBMC umane stimolate con LPS.

Inoltre, la sostituzione isosterica della porzione ammidica rivelò che il gruppo ammidico non era

ottimale, mentre l’alcol-derivato (33) e l’estere-derivato (34) rispettivamente, risultarono

leggermente più attivi (fig. 9). Sorprendentemente, si trovò che gli isomeri R ed S di 34 presentavano

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Page 21: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

un’attività inibitoria sulla sintesi del TNF-α simile a quella del racemato. Infine, i ricercatori

proposero l’introduzione di un gruppo NH2 sull’anello ftalimmidico, preparando il derivato 35 che

era 500 volte più potente della talidomide [78]. Recentemente, Zhu e collaboratori, hanno descritto la

sintesi e l’attività TNF-α-inibitoria degli analoghi della talidomide [79]. Questi derivati furono

preparati mediante una sostituzione isosterica del gruppo carbonilico con un gruppo tiocarbonilico,

cercando di spiegare il contributo alla sua attività biologica dei 4 gruppi carbossammidici della

molecola. La capacità della tiotalidomide (36-40) ed analoghi (41-46), riportati in figura, di inibire la

secrezione del TNF-α fu accertata nelle cellule ematiche mononucleate periferiche (PBMC /S), e i

risultati ottenuti indicarono che la monotiotalidomide (36) e la 3-tiotalidomide (37) avevano solo una

attività marginale alla concentrazione di 30 µM con un’inibizione del 31%e del 23% . Al contrario, i

derivati ditiotalidomidici 38 e 39 esibivano un’attività inibitoria più potente con valori di IC50 20µM

e 11 µM, rispettivamente. (Fig. 10). Inoltre, la tritiotalidomide (40) inibiva la sintesi del TNF- α con

una IC50 di 6 µM essendo 30 volte più attivo della 1. Sorprendentemente, i ditio-analoghi 41 e 43,

disegnati come sub strutture semplificate della 1 erano attivi come inibitori TNF-α (fig. 10). Infatti,

si scoprì che la ditioglutarimide 43 e la ditioftalimide 41 possedevano una potente attività con IC50 di

8µM e di 3 µM (fig. 10).

Figura 10. Tiotalidomide e suoi analoghi (36-46). Tra parentesi sono indicate le IC50 per l’inibizione del TNF-α nelle PBMCs umane stimolate con LPS.

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I tioanaloghi 45 e 46, con un anello glutarimmidico semplificato risultarono attivi con valori di IC50

di 15µM e 16µM, rispettivamente, sebbene meno potenti del derivato 41 (fig. 10) [79]. Sono stati

condotti diversi studi relativi alla progettazione e alla sintesi degli analoghi della talidomide

ottimizzati per ridurre la biosintesi del TNF-α. Questi hanno posto principalmente la loro attenzione

sulla ricerca di modifiche strutturali dell’anello ftalico e dell’anello glutarimmidico, come descritto

in un recente articolo di Hashimoto (2002) [80]. Più recentemente, una serie di analoghi della

talidomide furono sintetizzati in serie per spiegare i gruppi funzionali necessari per l’inibizione

del’angiogenesi e furono utilizzati nella costruzione della relazione struttura-attività quantitativa

tridimensionale (3D- QSAR), usando modelli di analisi comparativa in ambito molecolare (CoMFA)

e di analisi comparativa dell’indice di similitudine molecolare (CoMSIA) e fornendo una guida per la

progettazione di analoghi più attivi e più potenti [81]. Questi modelli furono costruiti usando

trentanove analoghi della talidomide con grandi differenze molecolari (fig. 11).

Figura 11. Analoghi inattivi, nel saggio dell’anello aortico, della talidomide modificati alla porzione glutarimmidica (47-54).

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Questi analoghi furono analizzati tramite il saggio su un anello aortico di ratto, e i risultati ottenuti

dimostrarono che solo nove dei trentanove composti inizialmente testati mostravano un’inibizione

dell’angiogenesi statisticamente significativa. D’altre parte, l’idrolisi dell’anello glutarimmidico

produsse composti con una capacità inibitrice dell’angiogenesi statisticamente non significativa

(fig.11) [81]. La sostituzione della porzione glutarimmidica con un gruppo pirimidinico porta ad una

scarsa attività inibitoria. Perfino la sostituzione dell’anello glutarimmidico con i gruppi 2,4-

difluorobenzenici (50), tetraidro-1H-2,5-pirrolindindionici (51), tetraidro-2H-2,6-pirandionici (52),

1,2,3,4tetraidro-2,4-pirimidindionici (53) oppure con esaidro-2,4,6pirimidintrione (54) risulta in

composti senza attività inibitoria sull’angiogenesi (fig. 11).

Comunque, quando il composto inattivo 50, riportato in figura 12, fu funzionalizzato sulla porzione

ftalimmidica mediante tetrafluorurazione, diventò un eccellente antiangiongenico (fig. 12) [81]. Lo

stesso risultato fu osservato per la fluorurazione dell’anello ftalimmidico del composto inattivo 54

(fig.12). La sola tetrafluorurazione non sembra essere sufficiente per l’attività, giacché il composto

57, che è anche tetrafluorurato, ha una scarsa attività inibitoria nel saggio su anello aortico di ratto

(fig. 12) [81].

Figura 12. Analoghi della talidomide ,modificati nella porzione ftalimmidica, inattivi (50, 54, 53 e 57) ed attivi (55, 56) nel saggio dell’anello aortico di ratto.

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Inibitori della PDE-4 e del TNF–α

I livelli intracellulari di cAMP sono regolati dall’attivazione delle fosfodiesterasi (PDE), una

famiglia di enzimi con almeno undici membri differenti, che catalizzano l’idrolisi del cAMP e/o del

cGMP [82]. La PDE-4 cAMP specifica è una sottofamiglia di PDE espressa soprattutto nelle cellule

infiammatori, inclusi i mastociti, macrofagi, monociti, eosinofili e neutrofili. E’ ben documentato che

la specifica inibizione dell’attività della PDE-4 porta ad un aumento dei livelli intracellulari di

cAMP, determinando una ridotta espressione ed il rilascio di diversi mediatori proinfiammatori. Per

esempio, elevati livelli di cAMP riducono la produzione di citochine da parte dei monociti attivati e

dalle PBMCs, più in particolare TNF–α, IL-1β, IL-6 e IL-8 [83-84]. Poiché la trasduzione del

segnale cAMP-dipendente è coinvolta nelle principali condizioni fisiopatologiche, inclusa la

soppressione del TNF–α, Muller e collaboratori proposero l’ottimizzazione dei derivati β-

amminoammidici della talidomide, precedentemente descritti come potenti inibitori del TNF–α [78],

basata sulla sostituzione nella porzione dialcossifenilica, cercando di ottenere l’attività inibitoria

della PDE-4 [85]. Questi analoghi della talidomide (31, 34, 58-61), riportati in figura 13, sono stati

selezionati per la loro capacità di inibire il TNF–α nelle PMBCs umane LPS-stimolate, e per la loro

capacità di inibire la PDE-4 isolata dalle cellule U937, una linea cellulare promonocitica. Una buona

correlazione tra l’inibizione del TNF–α e l’inibizione della PDE-4 fu osservata per la maggior parte

dei composti (fig. 13). In modo interessante, il meccanismo d’azione di questi analoghi (31, 34, 58-

61) rispetto alla talidomide risultò differente, in quanto quei derivati inibiscono il TNF–α tramite

l’aumento dei livelli di cAMP cellulare, mentre la talidomide è inattiva come inibitore della PDE-4

(IC50 >500µM) [85]. Con l’idea di scoprire l’inibitore del PDE-4 con ridotti effetti collaterali, He e

collaboratori descrissero l’identificazione del composto guida 1,3-dione (62), che mostrò una buona

attività PDE-4 inibitoria (fig. 14) [86]. La funzionalizzazione dell’anello aromatico dell’indan-1,3-

dione con l’introduzione di un gruppo ossidrilico ha portato al composto 63, che è circa 3 volte meno

potente del 62. Comunque, l’introduzione del gruppo fenossile ha determinato un aumento della 24

Page 25: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

potenza inibitoria del PDE-4, essendo il derivato 64 il più potente inibitore di PDE-4 tra le serie

studiate. Sebbene questi composti non siano stati progettati usando la talidomide come lead-

compound, essi hanno una similitudine strutturale con gli analoghi dialcossifenilftalimmidici, come

si è visto nelle strutture dei composti 62 e 61 (fig. 13 e 14).

Figura 13. Derivati dialcossifenilftalimmidici della talidomide (31, 34, 58-61). Tra parentesi i valori di aIC50 misurati nella secrezione di TNF-α nelle PBMC umane stimolate con LPS; bIC50 valori ottenuti dalla PDE-4 estratta dalle cellule U937.

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Figura 14. Derivati indanil-1,3-dione. Tra parentesi i valori di aIC50 valore misurato dal rilascio di TNF-α nelle cellule mononucleate umane stimolate con LPS; bIC50 valore determinato negli omogenati di macrofago mediante il metodo radio-isotopico a due stadi (two-step radio-isotopic method).

Infatti, la sostituzione dell’atomo di azoto nell’anello ftalimmidico, presente in 61, con un gruppo

CH in 62, così come la sostituzione del gruppo nitrile tramite un anello piridinico, è risultato in un

miglioramento delle attività PDE-4- e TNF–α-inibitorie [86].

La talidomide come profarmaco

A causa della scarsa solubilità e stabilità acquosa della talidomide, non sono disponibili forme

endovenose, e la sua biodisponibilità non è nota. Nel tentativo di migliorare la solubilità acquosa

della talidomide è stata effettuata la complessazione con ciclodestrine, sebbene ciò non ha condotto

ad applicazioni terapeutiche [87-88]. Più recentemente, Hes e collaboratori hanno descritto lo

sviluppo di un profarmaco della talidomide solubile in acqua, come un’alternativa per migliorare il

suo profilo farmacocinetico [89]. In questo lavoro, l’incremento della solubilità acquosa della

talidomide fu raggiunto tramite l’introduzione di gruppi acidi e basici di derivazione fisiologica così

come amminoacidi o nicotinamide legati all’azoto dell’anello glutarimidico. I migliori composti

solubili 65, 66 e 67, riportati in figura 15, presentano una solubilità aumentata più di 15.000 volte

quando comparata con la talidomide [89]. Comunque, quando questi composti sono stati testati come

inibitori del TNF–α, determinato nel sovranatante delle PBMCs trattate con LPS, hanno mostrato

un’attività inibitoria significativa, mettendo in conto la denominazione di profarmaco. Infatti, il

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derivato 66, estere stabile della valina ha mostrato un’inibizione superiore a quella della talidomide

con un valore di IC50 di 4,7 μM (fig. 15) [89].

Figura 15. Profarmaci della talidomide.

Inibitori della Cicloossigenasi

Sebbene la capacità della talidomide di sopprimere l’espressione della cicloossigenasi-2 (COX-2)

LPS-indotta sia ben nota [90-91], l’effetto diretto della talidomide sulla COX non era stato ancora

stabilito fino alla scoperta di Noguchi e collaboratori (2002). Questi ricercatori hanno descritto

l’attività COX-inibitoria della talidomide e gli studi di sviluppo strutturale hanno mirato all’attività

COX-inibitoria [92]. L’attività inibitoria della talidomide e dei suoi analoghi su COX-1 e COX-2 è

stata testata utilizzando il Colorimetric COX (ovine) Inhibitor Screening Assay Kit. L’attività dei

composti è stata presentata come attività relativa [valori RA (RA1 e RA2, per le attività inibitorie di

COX-1 e COX-2, rispettivamente)] definita come IC50 (aspirina) /IC50 (composto) e l’indice di selettività (IS)

definito come IC50(COX-1)/IC50(COX-2) [92] (fig. 16). Nel sistema del saggio, i valori di IC50 dell’aspirina

determinati furono 90-100 e 100-110 μM. Brevemente, i risultati ottenuti hanno indicato che la

talidomide possiede una moderata attività inibitoria sulle COX con un debole profilo selettivo per la 27

Page 28: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

COX-2, suggerendo che, almeno in parte, qualche attività farmacologia espressa dalla talidomide,

inclusa l’attività anti-infiammatoria e sul cancro del colon, potrebbe essere dovuta all’attività

inibitoria sulla COX [92]. Inoltre, l’analisi strutturale della talidomide ha reso possibile la

progettazione e l’identificazione della m,m' –dimetilfenilftalimide (70) come potente inibitore non

selettivo delle COX (fig. 16) [92].

Figura 16. Talidomide (1) ed alcuni analoghi (53, 69-70) ad attività COX-inibitoria.

Derivati ftalimmidici della talidomide

Mirando all’aumento delle proprietà TNF–α-inibitorie della talidomide mediante modifiche

strutturali, Lima e collaboratori hanno descritto il progetto, la sintesi e la valutazione farmacologica,

in vivo, dei nuovi derivati bioattivi ftalimidici (71a-e, 72a-e) riportati in figura 17 [93]. Il derivato

sulfonil-ftalimidico (71a-e) fu disegnato mediante un metodo di ibridazione molecolare a partire dai

lead-compounds talidomide (1, subunità A), arilsulfonamide (74, subunità B) e sildenafil (75,

subunità B e C), puntando all’identificazione di nuovi analoghi della talidomide con entrambe le

attività inibitorie su TNF–α e sulla PDE-4 (fig. 17) [93]. Più tardi, la sostituzione della porzione

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Page 29: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

sulfonilica con un suo isostero, il gruppo carbonilico, è risultata nella sintesi dei derivati amido-

ftalimmidici (72a-e).

Figura 17. Design di nuovi analoghi della talidomide (71a-e, 72a-e, 73a-e).

D’altronde, con l’intenzione di chiarire il ruolo della porzione ftalimidica per esplicare l’attività

inibitoria sulla secrezione del TNF–α, i ricercatori hanno realizzato l’apertura dell’anello

ftalimmidico sintetizzando i derivati carbossiammidici (73a-e) riportati in figura 17. Tutti questi

composti sono stati valutati in vivo utilizzando un modello di polmone con infiammazione acuta

indotta con un aerosol di LPS [93-94]. I risultati ottenuti hanno rivelato che il trattamento con 10

mg·kg-1, i.p., ha determinato l’inibizione e della produzione di TNF–α e del reclutamento dei

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Page 30: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

neutrofili dal tessuto polmonare, valutazione effettuata utilizzando il fluido di lavaggio

broncoalveoalre (BALF) delle cellule murine (BALB)/C esposte ad LPS. Il composto 71e (LASSBio-

468), ha inibito la produzione di TNF–α e la migrazione dei neutrofili in modo molto più efficace

rispetto ai lead-compounds 1 o 75 [93]. Con questi risultati in mano, il composto LASSBio-468

(71e) è stato selezionato per un’ulteriore valutazione farmacologia in vivo. Così, il profilo

immunomodulatorio di 71e è stato valutato, in diversi modelli di produzione di citochine e di

patologia infiammatoria, come produzione di TNF–α, mediante l’iniezione in acuto di una dose letale

di endotossina nei ratti con artrite indotta con adiuvanti [93]. In questo contesto, Alexandre-Moreira

ha descritto la capacità di 71e di inibire sia il TNF–α LPS-indotto (soppressione del 60%) sia il

rilascio di NO nelle cellule BALB/C di topo. In aggiunta, LASSBio-468 è stato capace di proteggere

il topo da morte LPS-indotta trattandolo un’ora prima dell’iniezione di LPS [90]. L’attività anti-

artritica è stata anche osservata nei modelli di artrite indotta con adiuvanti quando 71e è stato

somministrato p.o. (per os) alla dose di 50 mg/kg ai ratti Wistar [95]. In questi modelli l’evidenza

dell’effetto modulatorio sulla patologia si è manifestato dopo 2 settimane con riduzione della

progressione del granuloma epatico. Nei topi trattati con 71e (50 mg/kg i.p. o p.o., per 2 settimane) si

è osservata la soppressione della risposta anticorpale verso l’ovoalbumina, laddove la risposta

immune delle cellule era stata misurata ex vivo in topi sani [95]. Inoltre esperimenti in vitro

mediante RT-PCR hanno dimostrato che 71e è in grado di inibire completamente l’espressione

dell’mRNA del TNF-α nei macrofagi stimolati con LPS, confermando la capacità di modulare

l’espressione del TNF-α a livello dell’RNA. In definitiva, LASSBio-468 (71e) , un derivato

ftalimmidico achirale, progettato mediante modifiche sulla struttura molecolare della talidomide, ha

protetto significativamente i topi da shock letale, ha ridotto la produzione di TNF- α, di NO ed è

capace di interferire con la formazione di granuloma nel fegato in modelli con artrite. LASSBio-468

modula l’espressione del TNF-α a livello dell’mRNA, senza un’apparente correlazione tra

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Page 31: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

l’inibizione di TNF-α e della PDE, suggerendo che l’effetto inibitorio di 71e sulla sintesi di TNF-α

non è associata all’aumento intracellulare dei livelli di cAMP.

Considerando l’instabilità dell’anello ftalimmidico per i processi idrolitici nella biofase, si è deciso di

studiare l’attività biologica di LASSBio-596 (73e), riportato in figura 17, il possibile principale

metabolita di LASSBio-468 (71e). Questo derivato carbossammidico (73e) fu sintetizzato con buona

resa mediante un’idrolisi catalizzata da base della porzione ftalimmidica [93]. Il trattamento con 10

mg/kg di LASSBio-596, i.p., un’ora prima dell’inalazione di LPS tramite aerosol, ha inibito la

produzione di TNF-α e la migrazione di neutrofili nel BALF delle BALB/c di topo, essendo

equipotente con la talidomide. Fu deciso di analizzare l’effetto di 73e sia prima sia dopo

l’infiammazione LPS indotta [96]. Il trattamento con 10 mg/kg del composto 73e, i.p., un’ora prima

o 6 ore dopo la somministrazione intratracheale di LPS, ha attenuato i cambiamenti istologici,

includendo la riduzione di edema interstiziale ed alveolare, atelectasia, membrana ialina, infiltrazione

di neutrofili delle vie respiratorie ed edema infiammatorio provocato dall’LPS [96]. Il composto 73e

ha attenuato il collasso alveolare osservato nel gruppo trattato con LPS suggerendo che potrebbe

ridurre l’indebolimento del sistema surfactante usualmente osservato nei polmoni danneggiati. In

modo interessante, l’inibizione dei parametri meccanici dell’infiammazione respiratoria dovuta al

trattamento con 73e è stata anche osservata 24 ore dopo l’iniezione di LPS. Parallelamente, il

trattamento con 73e ha ridotto la produzione di TNF- α ed ha inibito il reclutamento dei neutrofili nei

polmoni[96].

Riassumendo, il composto 73e, è un probabile metabolita di 71e, effettivamente ha prevenuto i

cambiamenti respiratori e meccanici tissutali, minimizzando le alterazioni morfometriche dei

polmoni e bloccando la fibroproliferazione nei polmoni dei topi, suggerendo che può essere utile

come terapia adiuvante per le patologie polmonari acute.

Nel tentativo di identificare dei nuovi analoghi della talidomide ad attività anti-infiammatoria, furono

descritti dei nuovi derivati N-fenilftalimmidici (74-81), riportati in figura 18 [97]. Questi derivati

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Page 32: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

sono stati progettati modificando la struttura dei composti LASSBio-468 (71e) e LASSBio-595

(72e). Come mostrato in (fig. 18) i composti 74-77 rappresentano la terza generazione dei derivati N-

fenilftalimmidici, sintetizzati introducendo un gruppo orto-fenossi-estereo, essendo il composto 77

un analogo interfenilenico di 74-76. D’altra parte, i composti 78-79 sono stati progettati come

regioisomeri del composto di partenza 72e, cercando di comprendere il contributo della porzione

diossimetilenica nell’aumento dell’attività antinfiammatoria. Infine, il composto 80 è stato disegnato

come ibrido dei derivati 75 e 78, mentre il composto 81 era anche un ibrido dei prodotti di origine

71e e di 80. Tutti i composti sono stati testati per la loro capacità di inibire sia la produzione di TNF-

α sia il reclutamento dei neutrofili attivati da LPS “aerosolizzato” negli spazi alveolari nei polmoni di

topo [97]. Nella serie dei derivati 2-fenossiftalimmidici (74-77), il racemato 75 (LASSBio-542) è

risultato il più attivo, inibendo del 50% la produzione di TNF-α e l’afflusso di neutrofili, similmente

all’effetto della talidomide.

Figura 18. Design dei nuovi derivati N-fenil ftalimmidici (74-81) a partire dalla talidomide.

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Page 33: Analoghi Sintetici - Università di Catanzaro Facoltà … · Web viewNel 1956 la talidomide fu introdotta in commercio in 46 paesi dalla Grünenthal, compagnia chimica tedesca, per

Questi risultati indicano che la funzionalizzazione in posizione orto dell’anello fenolico della

porzione N-fenilftalimmidica ha portato allo stesso profilo inibitorio come la funzionalizzazione in

para ad esempio per il composto 72e. I dati ottenuti dai prodotti 78 e 79 hanno mostrato che questi

composti avevano un effetto anti-infiammatorio simile a quello del composto di origine 72e

[LASSBio-595]. Gli ibridi 80 e 81 erano equipotenti nell’inibizione della migrazione dei neutrofili

nel BALF del BALB/c murine trattate con LPS, sebbene il composto 81 abbia mostrato una migliore

attività TNF-α inibitoria [97]. Presi insieme, questi dati indicano che il profilo anti-infiammatorio è

strettamente associato al sistema di sostituzione dell’anello fenolico, considerando che non è stata

trovata attività per la N-fenilftalimmide. Inoltre, questi dati indicano che le sostituzioni dell’anello

fenolico nelle posizioni orto e para con solfonammidi (71e), ammidi (72e, 78, 79), esteri (74, 75, 77),

o con acido carbossilico (76) sono essenziali per l’attività anti-infiammatoria attraverso la

modulazione della produzione di TNF-α. L’introduzione di una doppia funzionalizzazione nello

scheletro fenilftalimmidico (81), ha determinato un aumento dell’attività anti-TNF-α quando

comparata con il derivato ammidico 80.

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CONCLUSIONI

La talidomide rappresenta un importante esempio della rinascita di un farmaco; dopo il ritiro dal

mercato negli anni ’60 per i suoi effetti teratogenici, è stata riconsiderata negli anni ’90 per il

trattamento dell’ENL, una condizione infiammatoria presente nella lebbra. La talidomide è un

farmaco con molteplici meccanismi d’azione che includono l’inibizione selettiva del TNF-α e

l’inibizione del processo angiogenetico. D’altra parte la talidomide può inibire la overespressione di

citochine, le quali contribuiscono all’incremento della crescita e della sopravvivenza delle cellule

tumorali, e aiuta la formazione di cellule T attive per incrementare l’immunità anti-tumorale. Inoltre,

la talidomide è capace di indurre apoptosi e di regolare negativamente l’espressione delle molecole

di adesione che legano le cellule tumorali alle cellule del midollo osseo. Ancora oggi si è lontani

dalla completa comprensione delle sue molteplici attività biologiche e delle sua applicazione

terapeutica, tuttavia la talidomide rappresenta uno strumento importante per il trattamento delle

principali malattie come cancro, lebbra, tubercolosi, trapianto del midollo osseo, sindrome da

immuno-deficienza ed altre patologie dermatologiche. Per ridurre il rischio degli effetti teratogenici

della talidomide, è stato sviluppato un programma generale per controllare e monitorare la

prescrizione, la dispensazione e l’uso del farmaco. Comunque, il meccanismo teratogenico della

talidomide resta ancora poco chiaro, lo sviluppo di nuovi analoghi talidomidici progettati tramite

modificazioni molecolari nel backbone della talidomide potrebbe essere una promettente e sicura

alternativa per evitare gli effetti indesiderati della talidomide.

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