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 a cura di Maria Aprosio e Cynthia Mascione Topografia, scavo e reperti dall’acropoli  Studio ricostrutt ivo di un ambiente in I stile  Materiali e tecni che edilizi e del Castello Un’anfora con resti di tonno Un mattone con nave graffita  Dai Paapi agli Scauri? I bolli laterizi  Le necropoli di Poggio delle Granate e Buche delle Fate  Lagune, viabilità, confini, mura e luoghi di culto Provincia di Livorno Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana Università di Pisa, Siena e Roma Tre Edizioni ETS ETS 5    M   a   t   e   r    i   a    l    i   p   e   r    P   o   p   u    l   o   n    i   a Materiali per Populonia 5 I l volume raccoglie gli interventi presentati al V ciclo di Seminari su Populonia, che si è svolto nel 2005 presso le sedi universitarie di Pisa, Roma Tre, Siena e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Tosca- na (Firenze, Museo Archeologico). I seminari sono organizzati annualmente a corollario delle ricerche archeologiche che la Soprintendenza e le università svolgono sull’acropoli e nel territorio del- l’antica città di Populonia. Qui, dal 1998, è in atto un ampio progetto, che coniuga ricerca – tesa ad appro- fondire le forme e l’evoluzione dell’insediamento anti- co e medievale – e valorizzazione, attraverso la colla- borazione con il Comune di Piombino, la Provincia di Livorno e la Società Parchi Val di Cornia, che gestisce le aree di interesse archeologico e naturalistico di que- sto comprensorio.  Materiali per Populonia 5 prosegue il cammino di una serie inaugurata nel 2002 allo scopo di fornire in tempi rapidi i dati raccolti durante le ricerche da parte di questa ampia équipe di lavoro e di altre università che negli anni, sempre più numerose, lavorano nel territo- rio di Populonia. 35,00

Anfora Con Resti Di Tonno Da Populonia

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  • a cura di Maria Aprosio e Cynthia Mascione

    Topografia, scavo e reperti dallacropoliStudio ricostruttivo di un ambiente in I stile

    Materiali e tecniche edilizie del CastelloUnanfora con resti di tonnoUn mattone con nave graffita

    Dai Paapi agli Scauri? I bolli lateriziLe necropoli di Poggio delle Granate e Buche delle Fate

    Lagune, viabilit, confini, mura e luoghi di culto

    Provincia di LivornoSoprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana

    Universit di Pisa, Siena e Roma Tre

    Edizioni ETS

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    Materiali per

    Populonia5

    Il volume raccoglie gli interventi presentati al V ciclodi Seminari su Populonia, che si svolto nel 2005presso le sedi universitarie di Pisa, Roma Tre, Sienae la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Tosca-na (Firenze, Museo Archeologico).I seminari sono organizzati annualmente a corollariodelle ricerche archeologiche che la Soprintendenza e leuniversit svolgono sullacropoli e nel territorio del-lantica citt di Populonia. Qui, dal 1998, in atto unampio progetto, che coniuga ricerca tesa ad appro-fondire le forme e levoluzione dellinsediamento anti-co e medievale e valorizzazione, attraverso la colla-borazione con il Comune di Piombino, la Provincia diLivorno e la Societ Parchi Val di Cornia, che gestiscele aree di interesse archeologico e naturalistico di que-sto comprensorio. Materiali per Populonia 5 prosegue il cammino di unaserie inaugurata nel 2002 allo scopo di fornire in tempirapidi i dati raccolti durante le ricerche da parte diquesta ampia quipe di lavoro e di altre universit chenegli anni, sempre pi numerose, lavorano nel territo-rio di Populonia.

    E 35,00

  • TESTIMONIANZE DI LAVORAZIONE DEL TONNO A POPULONIA?

    Nel corso della campagna di scavo del 2004, allinterno di un ambiente disostruzione delledificio delle Logge (L1), sotto il crollo del pavimento delpiano superiore (US 1597, att. 401, periodo IV b2), si sono rinvenuti i fram-menti di alcune anfore, prevalentemente appartenenti alla forma Dressel 1.Una di queste, di cui era presente solo la parte inferiore e che al momento nonsi ancora potuto ascrivere con certezza a nessuna forma (COSTANTINI, in que-sto volume), presentava numerosi frammenti di resti di pesce, alcuni dei qualiconcrezionati alle pareti dellanfora stessa (Fig. 1).

    I resti ossei appartenevano tutti ad una sola specie, il tonno (Thunnus thyn-nus), ed erano riferibili in genere a individui non di dimensioni particolarmen-te grandi, probabilmente giovani. Erano presenti le seguenti ossa del cranio:quadrato, hypohyale, ceratohyale, epihyale, interopercolare, hyomandibolare,dentale, opercolare oltre ai branchiostegali. Tutte ossa quindi riferibili alla par-te inferiore del cranio, come se questa fosse stata separata dalle restanti me-diante un taglio che dalla bocca del pesce fosse stato portato verso la parte po-steriore della testa in modo da tagliare in due lhyomandibolare (Fig. 2). Il nu-mero di resti per ciascun elemento osseo e il relativo numero minimo di indivi-dui sono riportati nella tabella 1.

    I resti scheletrici, tranne un frammento di quadrato, non presentavano al-cun segno di bruciatura o cottura mentre molto frequenti erano i segni provo-cati da qualche strumento affilato, come un coltello, che denotano come laporzione del pesce distaccata dal cranio venisse a sua volta tagliata in fram-menti pi piccoli, in modo da poter essere infilati nellanfora (Figg. 3-4). Unasplendida immagine della macellazione del tonno riportata nel famoso crate-re di IV secolo a.C., proveniente dalla necropoli di Lipari, e attualmente custo-dito nella collezione Mandralisca di Cefal (Fig. 5).

    Tale preparazione alimentare sembra quindi riferibile ad un vero e propriosalsamentum pi che ad una salsa tipo il garum, lallec o il liquamen (BESNIER1969; ETIENNE 1970; GRIMAL, MONOD 1952; MARTINEZ MAGANTO 1992).Questultime infatti si presentavano in forma liquida e prive di grosse parti dipesce (Geop., XX, 46; Isid., Or., XX, 3, 19-20; Man., Astr., V, 670; Plin., N.

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    Tabella 1 - numero di resti (NR) e relativo numero minimo di individui (NMI) di ciascun ele-mento osseo.

    Fig. 1 - Lanfora rinvenuta allinterno dellambiente L1 delle Logge con i resti di pesce.

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    H., XXXI, 93; Cat., De agr., 87). I pezzetti del tonno in esame, quindi, poteva-no essere stati salati e seccati oppure riposti in qualche tipo di salamoia. Il pro-dotto conservato nellanfora di Populonia sembra quindi preparato con piccolipezzi di sottogola di circa una dozzina di tonni giovani. Un prodotto sicura-mente di un certo pregio visto che Plinio (N. H., IX, 47-48) riporta: Cordyla appellatur partus, qui fetas redeuntes in mare autumno comitatur; limo-sae vero aut e luto pelamydes incipiunt vocari et cum annuum excessere tempus,thynni. Hi membratim caesi cervice et abdomine commendantur atque clidio, re-centi dumtaxat et tum quoque gravi ructu. Cetera parte plenis pulpamentis saleadservantur. Melandrya vocantur quercus assulis similia. Vilissima ex his quaecaudae proxima, quia pingui carent, probatissima quae faucibus. At in alio piscecirca caudam exercitatissima. Pelamydes in apolectos particulatimque consectaein genera cybiorum dispertiuntur. ( Si chiama cordila il piccolo, il quale inautunno accompagna le madri che si sono sgravate, al momento del loro ritor-no nel grande mare; cominciano a chiamarsi limosi o, dal nome greco del fan-go, palamite, e quando hanno superato un anno, tonni. Tagliati a pezzi, sonopregiati per la cervice e laddome, ed anche per la clavicola, purch siano fre-schi: ed anche in tal caso provocano forti rutti. Tutto il resto si conserva sottoforma di pietanze salate. Melandri si chiamano i pezzi simili ad assicelle diquercia. Le parti di minor valore sono quelle pi vicino alla coda, perch sono

    Fig. 2 - Ossa craniche del tonno: sono evidenziate quelle presenti nel contesto, mentre la frecciaindica la direzione del taglio durante la macellazione.

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    Fig. 3 - Frammento di dentale con segni ditaglio sulla sua superficie.

    Fig. 4 - Frammento di dentale con segni ditaglio sulla sua superficie.

    Fig. 5 - Particolare del cratere della necro-poli di Lipari, conservato a Cefal nellacollezione Mandralisca (da DONATI, PASINI1997).

  • Testimonianze di lavorazione del tonno a Populonia? 267

    prive di grasso; le pi apprezzate sono quelle pi vicine alla gola. Ma in un al-tro pesce le parti pi ricercate sono quelle intorno alla coda. Le palamite, ta-gliate in pezzi scelti e membro per membro, si ripartiscono secondo tipi diver-si di pezzi cubici di polpa salata).

    I resti potrebbero forse riferirsi alla cosiddetta muria, anche se vi sono opi-nioni contrastanti sullinterpretazione del termine. Per alcuni essa era una spe-cie di garum, generalmente preparato con il tonno e i suoi intestini (JARDIN1961, p. 72), mentre per altri, come Catone (De agr., 87) e Isidoro di Siviglia(XX, 3-20), la muria era solo la salamoia (acqua saturata di sale), la cui funzio-nalit essenziale era quella di conservante, sia del pesce che di altri alimenti.

    Tale tipo di preparazione in salamoia, con pesci interi o parti del loro corpoconservati in anfora, era abbastanza frequente nel mondo antico e di originiantiche come testimonia lopera pseudoaristotelica De mirabilibus auscultatio-nibus (844, b 24-34) che riporta: dicono che i Fenici, abitanti della citt diCadice, navigando con vento ad est per quattro giorni al di l delle ColonnedEracle, giungono in certi posti deserti, pieni di giunchi e di alghe, che la bas-sa marea scopre e lalta marea sommerge. Ivi, sospinta a riva, si trova unaquantit straordinaria di tonni di grandezza e peso incredibili. Dopo averlimessi in salamoia e disposti nei vasi li portano a Cartagine. Tale attivit inol-tre confermata dal rinvenimento a Corinto di unanfora punica di V secoloa.C. contenente numerosi pezzi quadrangolari di tonno e pagello (KAUFMANN1979, p. 117). La pratica di riporre pesci interi in salamoia dentro delle anforeera quindi abbastanza diffusa e testimoniata archeologicamente dai resti di pe-sce di alcune anfore recuperate nei relitti di navi nel Mediterraneo. Parti dellatesta e pesci interi sono stati infatti trovati in unanfora Beltrn II B nel relitto-di Saint-Gervais 3, a Fos-sur-Mer (I secolo a.C.). Nellanfora erano infatti pre-senti i resti scheletrici, comprensivi anche del cranio, di 6 suri (Trachurus sp.)oltre ad altri due crani isolati. Tutti appartenevano ad esemplari di taglia gran-de (DESSE BERSET, DESSE 2000, pp. 80-82). Nel relitto coevo al precedente diCap Bar III, a Port-Vendres, si sono recuperate alcune anfore del tipo Dres-sel 12, provenienti dalla Betica, che contenevano resti ossei di almeno 9 lanzar-di (Scomber japonicus) di taglia media (DESSE BERSET, DESSE 2000, pp. 79-80).Il lanzardo un pesce similissimo allo sgombro da cui si distingue per la pre-senza di una regione detta corsaletto, situata tra le pinne pettorali e ventrali, eda un occhio decisamente pi grande (Fig. 6).

    Anche il relitto corso di Sud Perduto II, databile al I secolo d.C., provenivadalla Betica e conservava una trentina di anfore del tipo Dressel 7 e una del ti-po Dressel 9 contenenti resti di pesce (DESSE BERSET, DESSE 1993; ID. 2000,pp. 75-79). Lo studio ha contemplato solo una parte di queste, in particolare13 anfore Dressel 7 e lunica Dressel 9; tutte contenevano resti di lanzardi

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    (Scomber japonicus). Una delle anfore meglio conservate, la n. 465, contenevaalmeno 26 pesci di taglia grande, con un peso variabile tra i 600 grammi e unchilo e una lunghezza tra i 40 e i 48 cm, i crani erano interi e non presentavanoalcuna traccia di tagli. Nella maggior parte delle altre anfore invece presenta-vano un taglio netto della parte anteriore del neurocranio pi o meno allaltez-za dellosso frontale. Questo tipo di taglio sulla testa stato osservato anchenei resti di lanzardo provenienti da unanfora impeciata, di tipo imprecisabile,rinvenuta in un relitto di nave, proveniente dalla Betica e inquadrabile crono-logicamente tra la seconda met del I secolo d.C. e la prima met del II, indivi-duato nelle acque dellisola dElba (DELUSSU, WILKENS 2000). Il taglio dellaparte anteriore della testa serviva a privare il pesce del suo sangue per conser-varlo meglio e ad utilizzare questo per la fabbricazione del garum. A testimo-nianza di tale pratica un passo di Marziale (XIII, 102) riporta Ricevi questomagnifico garum, regalo prezioso, fatto col primo sangue di uno sgombro cheancora respirava. Limpiego del sangue, intestini e branchie nella preparazio-ne delle salse di pesce dava luogo ad un prodotto, chiamato hemation, che ve-niva utilizzato nella preparazione del garum e la cui maturazione finale richie-deva lesposizione al sole per almeno due mesi (Man., Astr., V, 670; Geop.,XX, 46).

    Integri, senza alcun segno di tagli, erano invece i lanzardi conservati nelleanfore tripolitane del relitto di Grado. Questa imbarcazione probabilmente ef-fettu il suo ultimo viaggio nella prima met o nei decenni centrali del II seco-lo d.C. (AURIEMMA 2000; DELUSSU, WILKENS 2000). Il suo carico era costituitoda una gran quantit di anfore di vari tipi, la maggior parte contenenti garum(o altra salsa) e resti di pesce. Nel carico della nave vi erano molte anforette,

    Fig. 6 - Differenze morfo-logiche tra il lanzardo (inalto) e lo sgombro (inbasso) (da FISCHER et al.1987).

  • Testimonianze di lavorazione del tonno a Populonia? 269

    prive di resti di pesci, che presentavano tituli picti con indicazioni della lorocapacit e del loro contenuto, soprattutto liq(uaminis) flos (DELLAMICO 1997,pp. 101-102). Altre anfore, in particolare lafricana I, la Knossos A/53 e la For-limpopoli, hanno restituito resti di lische, teste e squame di sardine (Sardinapilchardus), mentre le anfore tripolitane, oltre ai resti di sardina, conservavanoanche lanzardi ma senza segni di taglio.

    Littiofauna recuperata nelle anfore di questi relitti testimonia quindi so-prattutto limpiego di pesce azzurro di piccola taglia (lanzardi, suri e sardine)conservato pi o meno intero in un qualche tipo di salamoia. Una stretta ana-logia con Populonia nella preparazione alimentare (muria) esclusivamente conparti della testa di pesci di grosse dimensioni la troviamo nei resti provenientidal relitto di I secolo d.C., individuato nel fondale antistante Chiessi, allisoladElba (DELUSSU, WILKENS 2000). Unanfora del tipo Vindonissa 583, prove-niente dalla Betica, conteneva infatti i resti, tagliati a pezzi, del cranio di tonni(Thunnus thynnus) e ricciole (Seriola dumerili). Daltra parte numerose sono leanfore sparse nel Mediterraneo che riportano tituli picti con il termine abbre-viato COD a testimoniare lampio commercio di tonno conservato. Il termineCOD infatti da considerare come la forma contratta di CORD, abbreviazio-ne del termine cordyla con cui, abbiamo visto, venivano indicati i giovani tonnidi et inferiore ad un anno (LIOU, RODRGUEZ ALMEIDA 2000).

    Altra lavorazione simile del tonno documentata a Baelo Claudia, dove so-no documentati resti in livelli del II secolo a.C.; anche in questo caso il tonnoera decapitato e filettato, come testimoniano le evidenti tracce sulle vertebre(MORALES MUIZ et al. 2004).

    Lanfora di Populonia conteneva quindi parti del cranio (in particolare ilsottogola) di tonno, molto probabilmente conservate in salamoia o sotto sale.Lesame del contenuto delle pareti dellanfora, condotto da Alessandra Pecci(in questo volume) ha rivelato, anche se leggerissime, tracce di resina (forsepece) e nessuna traccia di olio, dato che farebbe quindi escludere una conser-vazione del pesce in questo liquido.

    Rimane aperto il problema di dove questa anfora sia stata riempita con ipezzi di tonno. Anche se nulla lo dimostri direttamente abbastanza verosimi-le una preparazione in loco. A Populonia infatti era presente molto probabil-mente una tonnara, almeno a quanto si pu dedurre dal celebre passo di Stra-bone (Geogr., V, 2, 6): Populonia si erge su un alto promontorio che cade astrapiombo sul mare, formando una penisola. Sotto al promontorio si trovaanche uninstallazione per lavvistamento dei tonni (thynnoskopeion). Questainstallazione per lavvistamento dei tonni deve essere certamente messa in rela-zione con una struttura esistente per la pesca dei tonni, qualcosa di molto simi-le alle attuali tonnare. Tale tonnara stata ipoteticamente individuata da Jane

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    Shepherd nelle acque antistanti la punta delle Tonnarelle nel Golfo di Baratti(SHEPHERD, DALLAI, 2003; SHEPHERD, 2003).

    Unaltra struttura simile doveva essere situata nei pressi di Cosa, almeno daquanto riporta sempre Strabone (Geogr., V, 2, 8): sul promontorio che do-mina il golfo c un thynnoskopeion: il tonno infatti viene a cercare lungo la co-sta non solo le ghiande marine, ma anche le conchiglie della porpora, dal mareesterno fino alla Sicilia. Numerose fonti antiche ci descrivono i diversi tipi dipesca del tonno (Arist., Anim. hist., VIII, 12 ss; Esc., Pers., 424; Teocr., III, 25ss; El., De nat. anim., IX, 42, XV, 5; Filostr., Imag., I, 12; Opp., Hal., IV, 504ss, 636 ss) tra cui anche lapprestamento di postazioni di reti fisse. Il posiziona-mento di queste tonnare era certamente in relazione ai periodici spostamentisottocosta di questi pesci nel periodo riproduttivo, anche se gli autori antichinon dovettero avere ben chiaro questo fenomeno. In vari autori infatti si ri-scontra come i tonni riunitisi al di l delle colonne dErcole (Strabo, Geogr.,III, 2,7; Aten., VII, 315 c-d) migrassero attraverso il Mediterraneo e quindi nelPonto. Anzi a tale proposito Plinio (N. H., IX, 50) sostiene che i tonni entrinonel Ponto dalla riva destra ed escono dalla sinistra perch ci vedono megliodallocchio destro, notizia chiaramente falsa ma riportata anche da altri autoricome Eliano che sostiene addirittura che ci vedano solo con locchio destro(De nat. anim., IX, 42). Si pensava inoltre che i banchi di tonni si avvicinasseroalla costa, come riportano sia Strabone (Geogr. V, 2, 8) che Polibio (XXXIV, 8,1-2), alla ricerca di conchiglie di porpora e di ghiande marine, alimenti di cuisi pensava fossero ghiotti. Cosa intendessero gli antichi per ghiande marinenon molto chiaro e varie sono state le ipotesi di identificazione (RENNA1995); alcuni studiosi hanno identificato questi frutti con quelli di diverse al-ghe marine come il Fucus vesiculosus, il Sargassum bacciferum o il Sargassumvulgare. Tuttavia lipotesi pi probabile quella che le mette in stretta relazio-ne coi frutti della posidonia (Posidonia oceanica), la cui fioritura avviene in ot-tobre e la fruttificazione tra marzo e aprile. La posidonia, a torto ritenutaunalga, mentre altro non se non una pianta monocotiledone dotata di pro-pria capacit fontosintetica, endemica e comunissima nei fondali Mediterra-nei e abbondante lungo le coste della Toscana. Renna (1995) afferma che lasua identificazione con la ghianda marina degli antichi sia la pi probabile siaper la distribuzione geografica, che il tempo di maturazione dei suoi frutti masoprattutto perch, a differenza delle altre, il suo frutto assomiglia veramente auna ghianda. Tuttavia il fatto che i tonni mangino questi frutti solo semplicefantasia. Il posizionamento delle tonnare antiche era dovuto quindi solo allef-fettivo passaggio dei tonni che si avvicinavano alla costa non tanto per alimen-tarsi quanto per riprodursi. Lalimentazione del tonno infatti di tipo pelagicoper cui questo pesce ricerca in alto mare le sue prede, costituite essenzialmen-

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    te da minuti microrganismi planctonici fino al terzo anno di vita e da pesce az-zurro, come piccoli sgombri, acciughe e sardine negli anni successivi. Studi re-centi di biologia marina hanno inoltre evidenziato che nella fase riproduttiva(fine aprile-met luglio) i tonni cessano quasi completamente di alimentarsiper riprendere questa attivit solo in autunno-inverno quando abbandonano lafase gregaria e tendono a spostarsi in acque pi profonde. Tuttavia gli autoriantichi non mettevano in relazione lavvicinarsi dei tonni alla costa con latti-vit riproduttiva; sostenevano infatti che i tonni andassero a riprodursi nelPonto e in particolare nella palude Meotide, corrispondente allattuale maredAzov (Plin., N. H., XXXII, 146; Opp., Hal., IV, 506, ss.; Strabo, Geogr., VII6, 2). Anche sul periodo della loro riproduzione vi era molta confusione e lostesso Aristotele in un passo la pone, erroneamente, nel mese di dicembre (Hi-st. anim., 543 a 11) e in un altro, giustamente, tra la met del mese di giugno equella di luglio (Hist. anim., 571 a 14).

    Il frequente passaggio dei tonni nei pressi dellattuale promontorio di Piom-bino deve quindi aver suggerito il posizionamento di un apprestamento di retifisse, perlomeno tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., e quindi di unattivit dipesca organizzata. La concomitante presenza a Populonia di una retrostantelaguna, produttrice di sale (SHEPHERD, DALLAI, 2003), avrebbe inoltre favoritola lavorazione del pescato, pertanto abbastanza plausibile che lanfora conte-nente i resti della muria di tonno, rinvenuta nelledificio delle Logge, siaunulteriore testimonianza dellattivit alieutica esercitata a Populonia.

    JACOPO DE GROSSI MAZZORIN

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