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A SETTEMBRE-OTTOBRE 2015 Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27–02–2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3 – CB–NO/TORINO MARIA AUSILIATRICE RIVISTA DELLA BASILICA DI TORINO–VALDOCCO s e t t e m b r e o t t o b r e 515 # L’AMORE E LA VITA ABITANO NELLA FAMIGLIA 1,70 Euro IT ISSN 2283–320X 36 A MATHI E A NOLE. LA CARTIER A DI DON BOSCO. 4 GENDER. COSA SIGNIFICA REALMENTE E QUALI SONO LE PERPLESSITÀ? 10 L’AMORE NON “USA” PERCHÉ È CASTO E SI SACRIFICA PER GLI ALTRI. PAPA FR ANCESCO AI GIOVANI A TORINO

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515

# L’AMORE E LA VITA ABITANO NELLA FAMIGLIA

1,70 Euro IT

ISSN 2283–320X36 A MATHI E A NOLE.LA CARTIERA DI DON BOSCO.

4 GENDER.COSA SIGNIFICA REALMENTEE QUALI SONO LE PERPLESSITÀ?

10 L’AMORE NON “USA” PERCHÉ È CASTO E SI SACRIFICA PER GLI ALTRI.PAPA FRANCESCO AI GIOVANI A TORINO

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«Parlare dell’amore è tanto bello – ha detto il Papa ai giovani, rispon-dendo a Chiara – , si possono dire cose belle, belle, belle. Ma l’amore ha due assi su cui si muove, e se una persona, un giovane non ha que-sti due assi, queste due dimensioni dell’amore, non è amore».

L’AMORE “SI DÀ, SEMPRE SI COMUNICA”

«Prima di tutto, l’amore è più nel-le opere che nelle parole: l’amore è concreto. (…) Non è amore soltanto dire: “Io ti amo, io amo tutta la gen-te”. No. Cosa fai per amore? L’amo-re si dà. Pensate che Dio ha incomin-ciato a parlare dell’amore quando si è coinvolto con il suo popolo, quan-

do ha scelto il suo popolo, ha fatto alleanza con il suo popolo, ha salva-to il suo popolo, ha perdonato tante volte – tanta pazienza ha Dio! –: ha fatto gesti di amore, opere di amore. E la seconda dimensione, il secondo asse sul quale gira l’amore è che l’a-more sempre si comunica, cioè l’a-more ascolta e risponde, l’amore si fa nel dialogo, nella comunione: si comunica. L’amore non è né sordo né muto, si comunica. Queste due dimensioni sono molto utili per ca-pire cosa è l’amore, che non è un sentimento romantico del momento o una storia, no, è concreto, è nelle opere. E si comunica, cioè è nel dia-logo, sempre. Così Chiara, risponde-rò a quella tua domanda: “Spesso ci sentiamo delusi proprio nell’amore.

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L’amore è casto

Ecco una breve, chiara e semplice catechesi sull’amore. Papa Francesco ne ha parlato rispondendo alle domande che gli hanno rivolto i giovani a Torino, in piazza Vittorio, nel tardo pomeriggio del 21 giugno.

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In che cosa consiste la grandezza dell’amore di Gesù? Come possia-mo sperimentare il suo amore?”».

L’AMORE NON “USA” PERCHÉ È CASTO

«So che voi siete buoni e mi per-metterete di parlare con sincerità. Io non vorrei fare il moralista ma vorrei dire una parola che non piace, una parola impopolare. Anche il Papa al-cune volte deve rischiare sulle cose per dire la verità. L’amore è nelle opere, nel comunicare, ma l’amore è molto rispettoso delle persone, non usa le persone e cioè l’amore è ca-sto. E a voi giovani in questo mondo, in questo mondo edonista, in questo mondo dove soltanto ha pubblicità il piacere, passarsela bene, fare la bella vita, io vi dico: siate casti, siate casti. Tutti noi nella vita siamo passati per momenti in cui questa virtù è mol-to difficile, ma è proprio la via di un amore genuino, di un amore che sa dare la vita, che non cerca di usare l’altro per il proprio piacere. È un amore che considera sacra la vita dell’altra persona: io ti rispetto, io non voglio usarti. Non è facile. Tut-ti sappiamo le difficoltà per supera-re questa concezione “facilista” ed edonista dell’amore. Perdonatemi se dico una cosa che voi non vi aspetta-vate, ma vi chiedo: fate lo sforzo di vivere l’amore castamente.

E da questo ricaviamo una con-seguenza: se l’amore è rispettoso, se l’amore è nelle opere, se l’amore è nel comunicare, l’amore si sacrifica per gli altri».

L’AMORE È SERVIRE GLI ALTRIGuardate l’amore dei genitori,

di tante mamme, di tanti papà che al mattino arrivano al lavoro stan-

chi perché non hanno dormito bene per curare il proprio figlio ammalato, questo è amore! Questo è rispetto. Questo non è passarsela bene. Que-sto è – andiamo su un’altra parola chiave – questo è “servizio”. L’amore è servizio. È servire gli altri. Quan-do Gesù dopo la lavanda dei piedi ha spiegato il gesto agli Apostoli, ha insegnato che noi siamo fatti per ser-virci l’uno all’altro, e se io dico che amo e non servo l’altro, non aiuto l’altro, non lo faccio andare avanti, non mi sacrifico per l’altro, questo non è amore. Avete portato la Croce [la Croce delle G.M.G.]: lì è il segno dell’amore. Quella storia di amore di Dio coinvolto con le opere e con il dialogo, con il rispetto, col perdo-no, con la pazienza durante tanti se-coli di storia col suo popolo, finisce lì: suo Figlio sulla croce, il servizio più grande, che è dare la vita, sacri-ficarsi, aiutare gli altri. Non è facile parlare d’amore, non è facile vive-re l’amore. Ma con queste cose che ho risposto, Chiara, credo che ti ho aiutato in qualcosa, nelle domande che tu mi facevi. Spero che ti siano di utilità».

Tratto dal discorso di Papa Francesco ai ragazzi e ai giovani, Torino, piazza Vittorio, 21/6/2015

«NON È AMORE SOLTANTO DIRE: “IO TI AMO, IO AMO TUTTA LA GENTE”. NO. COSA FAI PER AMORE? L’AMORE SI DÀ. DICO UNA COSA CHE VOI NON VI ASPETTAVATE, MA VI CHIEDO: FATE LO SFORZO DI VIVERE L’AMORE CASTAMENTE»

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Ascoltare con mente libera e cuore aperto

Quando – il sesto giorno – Dio creò l’uomo e la donna, pensò di do-tarli di due orecchie e di una sola bocca. Un modo elegante – sugge-risce qualche fine teologo – per far comprendere all’umanità che nella vita è più importante ascoltare che parlare. Ascoltare, però, non significa stare in silenzio pensando agli affari propri e lasciare che gli altri parlino, ma richiede impegno, allenamento e dedizione.

ACCOGLIERE SENZA PREGIUDIZITra le abilità che è chiamato a

sviluppare chi desidera imparare ad ascoltare, una delle più importanti è – senza dubbio – avvicinare le perso-ne senza barriere e pregiudizi. Met-tersi in relazione con gli altri, sen-za farsi influenzare da sentimenti di simpatia o di antipatia e prestando attenzione a quanto hanno da con-dividere, è preludio a un ascolto pro-fondo. Per sperimentare che si tratta di un esercizio tutt’altro che semplice è sufficiente sintonizzarsi su una delle tante trasmissioni che ospitano di-battiti politici e prestare attenzione alle proprie reazioni e ai propri stati d’animo. Non sarà difficile, infatti, sorprendersi ad abbracciare le tesi – a volte addirittura prima che ven-gano espresse – dell’ospite per cui si prova istintiva simpatia e a trova-re irrilevanti o fuori luogo – talvolta senza averli neppure sentiti fino in fondo – i ragionamenti di chi ispira sentimenti d’antipatia.

Imparare a non giudicare e a condividere le emozioni per far sbocciare rapporti più autentici e profondi.

Non giudicare le persone non si-gnifica – naturalmente – non prende-re posizione sulle loro scelte e sulle loro azioni. Anche perché, nel caso dei partiti politici, proprio dal con-dividere o dal rifiutare le proposte di cui sono portatori dipende la de-cisione di votare uno schieramento piuttosto che un altro. Accostare gli altri senza pregiudizi è un atteggiamento che Gesù prati-ca in ogni occasione, anche a costo di suscitare scandalo o procurarsi antipatie. Quando incontra l’adul-tera che sta per essere lapidata o va a pranzo a casa di Zaccheo non si fa condizionare o turbare dai pregiudi-

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zi che li accompagnano e… cambia loro la vita! È un insegnamento adottato an-che dalla Chiesa che, come sotto-linea sant’Agostino, «condanna il peccato ma non il peccatore». Essa denuncia, cioè, che sia male rubare e uccidere ma non giudica il ladro

e l’assassino perché sa che il cuore dell’uomo è un labirinto il cui mi-stero travalica le singole azioni e i comportamenti. E proprio il suo ac-cogliere tutti, senza barriere, la rende autenticamente “cattolica”, ovvero “universale”.

UN AMORE RIVOLTO VERSO TUTTI

Un’altra caratteristica fondamen-tale è l’empatia, la capacità di lasciar risuonare dentro di sé le emozioni che risuonano nell’altro. È un po’ quanto raccomanda san Paolo esor-tando i cristiani della comunità di Corinto a «rallegrarsi con chi si ralle-

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RNIgra e rattristarsi con chi si rattrista».

Perché è scientificamente provato che condividere le emozioni di gio-ia amplifica e raddoppia l’allegria e condividere quelle dolorose lenisce in parte la sofferenza e rappresenta una valida medicina per alleggerire il cuore. Altri “ingredienti” che non posso-no mancare sono credere che – al di là di tutto – l’uomo custodisce nel proprio cuore semi di bontà che pos-sono germogliare in ogni momento e nutrire profondo rispetto per la li-bertà e la volontà altrui, nella con-sapevolezza che Dio chiede all’uo-mo di seminare ma è Lui a decidere quando è il tempo di raccogliere. Sono passi che aiutano chi li com-pie ad aprire il cuore, a essere sem-pre più capace di voler bene a chiun-que incontri sul proprio cammino. Perché, avanzando lungo il percor-so della vita, è sempre più eviden-te che o s’impara ad amare tutti o si rischia di non amare nessuno. Non è possibile, infatti, impor-si delle categorie: decidere di voler bene a chi ha i capelli biondi e di detestare chi li ha bruni o di spalancare le por-te dell’accoglienza ai comu-nitari e di chiuderle in fac-cia agli extracomunitari. Un cuore in ascolto non può non essere aperto a tutti.

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L’“estremismo” di Gesù

I primi a scandalizzarsi dalle sentenze di Gesù sono, in genere, i cristiani. Invece, non c’è un unico modo di incarnare nella storia, qui e ora, l’attuazione del Regno.

Una lunga serie di logia (sentenze) costituisce il capitolo 9 del Vangelo di Marco. Sono meno che parabo-le: piuttosto aforismi, slogan dietro i quali per i discepoli (e dunque, per i credenti dopo di loro) sta la dottri-na intera del Signore. Appartengono a una sapienza radicale, che non ha bisogno di scendere a compromessi con nessun’altra conoscenza mon-dana. Eppure sono piene di “buon senso”, di astuzia e anche di umo-rismo («Chi parla nel mio nome…»: come si potrebbe infatti, in assenza di una precisa legislazione sul copy-right, definire un’accusa di plagio?).

NON C’È ESCLUSIVAI primi ad essere scandalizzati

dall’”estremismo” delle sentenze di Gesù siamo, in genere, noi cristiani. Noi, che facciamo dell’appartenen-za alla Chiesa, della conoscenza del-la dottrina un punto forte della no-stra identità; quasi una benemeren-za. Bene, il Vangelo dice: «Chi non è contro di noi è con noi», anche se non “appartiene” alla nostra discipli-na. Non c’è esclusiva, si direbbe; non c’è un unico modo di incarnare nel-la storia, qui e ora, la liberazione del Vangelo, l’attuazione del Regno. Ci sono molte culture, tante esperienze da conoscere e rispettare. C’è, inve-

«CHI NON È CONTRO DI NOI È CON NOI», ANCHE SE NON “APPARTIENE” ALLA NOSTRA DISCIPLINA. NON C’È ESCLUSIVA, SI DIREBBE; NON C’È UN UNICO MODO DI INCARNARE NELLA STORIA, QUI E ORA, LA LIBERAZIONE DEL VANGELO, L’ATTUAZIONE DEL REGNO.

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ce, un solo Signore, e una sola leg-ge dell’amore: quella che i cristiani sono chiamati a conoscere, applicare e promuovere più di chiunque altro, perché più e meglio l’hanno ricevu-ta. Il pensiero del «chi non è contro di noi» viene continuato ed esplicita-to da Gesù nei passi successivi: «Se qualcuno scandalizza (cioè, secondo altre traduzioni: fa perdere) uno di questi piccoli». L’agire in nome di Gesù comporta necessariamente la “testimonianza” della fede in Lui. E quando i nostri comportamenti se-gnalano altro che non sia la fede nel Signore e l’amore, come possiamo dirci credenti? È questo il senso delle durissime sfide dei versetti successi-vi: è meglio entrare nel Regno sen-za un occhio o senza una mano che aver tradito la fede…

APPARTENENZA: A CHI E PER QUANTO?

Il Vangelo invita – obbliga – ad una appartenenza «forte», totale. E, visto che viviamo nel tempo, anche la nostra adesione ha da continuare, per tutto il tempo di cui potremo di-sporre. Questo del tempo è, nell’e-poca nostra, un altro scoglio non da poco: perché siamo abituati a vivere molte “appartenenze”, ma a curarci poco di quanto e come durano nella nostra vita. La politica e la televisio-ne (che certi giorni in Italia sembra-no essere la stessa cosa) ci invitano

GIOVANNI GLI DISSE: «MAESTRO, ABBIAMO VISTO UNO CHE SCACCIAVA DEMÒNI NEL TUO NOME E VOLEVAMO IMPEDIRGLIELO, PERCHÉ NON CI SEGUIVA». MA GESÙ DISSE: «NON GLIELO IMPEDITE, PERCHÉ NON C'È NESSUNO CHE FACCIA UN MIRACOLO NEL MIO NOME E SUBITO POSSA PARLARE MALE DI ME: CHI NON È CONTRO DI NOI È PER NOI. CHIUNQUE INFATTI VI DARÀ DA BERE UN BICCHIERE D'ACQUA NEL MIO NOME PERCHÉ SIETE DI CRISTO, IN VERITÀ IO VI DICO, NON PERDERÀ LA SUA RICOMPENSA. CHI SCANDALIZZERÀ UNO SOLO DI QUESTI PICCOLI CHE CREDONO IN ME, È MOLTO MEGLIO PER LUI CHE GLI VENGA MESSA AL COLLO UNA MACINA DA MULINO E SIA GETTATO NEL MARE. SE LA TUA MANO TI È MOTIVO DI SCANDALO, TAGLIALA: È MEGLIO PER TE ENTRARE NELLA VITA CON UNA MANO SOLA, ANZICHÉ CON LE DUE MANI ANDARE NELLA GEÈNNA, NEL FUOCO INESTINGUIBILE. E SE IL TUO PIEDE TI È MOTIVO DI SCANDALO, TAGLIALO: È MEGLIO PER TE ENTRARE NELLA VITA CON UN PIEDE SOLO, ANZICHÉ CON I DUE PIEDI ESSERE GETTATO NELLA GEÈNNA. E SE IL TUO OCCHIO TI È MOTIVO DI SCANDALO, GETTALO VIA: È MEGLIO PER TE ENTRARE NEL REGNO DI DIO CON UN OCCHIO SOLO, ANZICHÉ CON DUE OCCHI ESSERE GETTATO NELLA GEÈNNA, DOVE IL LORO VERME NON MUORE E IL FUOCO NON SI ESTINGUE. (MC 9, 38–48)

continuamente ad “appartenere”, a schierarci da una parte o dall’altra. I sondaggi ci chiedono di indicare una scelta: e vorrebbero farci crede-re che il nostro sì o il nostro no sono l’espressione della nostra “libertà”.Ma tutto questo non dura nel tempo: così come durano poco le esperienze spirituali fondate sulle emozioni, sul-le sensazioni estetiche, se non arri-vano poi alla “monotonia” della vita quotidiana. Non basta partecipare ai grandi raduni, compiere pellegrinag-gi all’altro capo del pianeta, se una volta che si rientra in se stessi e nel proprio ambien-te di vita queste esperienze non hanno “lasciato il se-gno”, non hanno trasfor-mato e arricchito la vita del-la fede. C’è un “turismo dello spirito” molto si-mile al consumismo delle esperienze. E un turista, ammo-nisce Flaiano «è un essere che non ri-mane ferito da ciò che vede».

MARCO BONATTI RESPONSABILE DELLA

COMUNICAZIONE COMMISIONE DIOCESANA

OSTENSIONE SINDONE [email protected]

IL VANGELO INVITA – OBBLIGA – AD UNA APPARTENENZA “FORTE”, TOTALE. E, VISTO CHE VIVIAMO NEL TEMPO, ANCHE LA NOSTRA ADESIONE HA DA CONTINUARE, PER TUTTO IL TEMPO DI CUI POTREMO DISPORRE.

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È bene soffermarsi brevemente sul sen-so della genuina devozione mariana la-sciandoci guidare dai santi e dal concilio Vaticano II. Oggi si ha l’impressione, in-fatti, che l’acritica adesione di tante ani-me belle ai messaggi di presunti veggenti o alla predicazione di esaltati profeti, laici e clericali, abbiano inquinato ed appesan-tito la semplice testimonianza evangelica di Maria di Nazareth.

LA TESTIMONIANZA DEI SANTITutti i santi sono degli innamorati del-

la madre di Gesù. Mi limito a presentare quanto scrive Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa ed appassionata devota della Vergine. Sono parole che tutti dovremmo sempre tenere ben presenti, soprattutto coloro che hanno il compito di essere gui-da e pastori dei fedeli. Scrive Teresa: «Non si dovrebbe consentire che in chiesa si rac-contino cose inverosimili su Maria. Una predica sulla Santa Vergine, per portare frutti, dovrebbe mostrare la sua vera vita, quella che ci lascia intravedere il Vangelo, non una vita immaginata. Eppure si intui-sce bene che questa sua vita, a Nazareth e successivamente, deve essere stata del tut-to comune». I miracoli di Grazia compiuti da Jahweh nel cuore della donna ebrea scelta per essere artefice dell’Incarnazione divina, non l’hanno esentata dallo speri-mentare sulla sua pelle tutte le emozioni, le paure, le fatiche, la solitudine che ogni madre prova e vive. Le grazie spirituali

L’autentica devozione

mariana

elargite dal buon Dio non sono mai del-le assicurazioni antisofferenza o elisir di lunga ed allegra vita. Riconoscere Maria come modello, significa essere disposti a seguire i suoi esempi, sempre e dovunque, nel silenzio, nella muta solidarietà, nella discrezione della preghiera e nella docile disponibilità. Maria è un capolavoro di grazia, non “fenomeno da baraccone”.

L’INSEGNAMENTO DEL CONCILIOA cinquanta anni dalla sua conclusione,

è bene andare a rileggere quanto dice la

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Lumen Gentium al capitolo VIII. I padri conciliari riconoscono nella Madonna «La vera Madre di Dio e del Redentore». Per essi «È la figlia prediletta del Padre e tem-pio dello Spirito santo». Per grazia di Dio «precede di molto tutte le altre creature, celesti e terrestri». «È unita, nella stirpe di Adamo, con tutti gli uomini bisognosi di salvezza», «è riconosciuta quale sovremi-nente e del tutto singolare membro della Chiesa e sua immagine ed eccellentissi-mo modello nella fede e nella carità». La testimonianza che la Vergine ci presenta è ancorata al più radicale consenso esi-stenziale alla Parola; alla totale offerta di sé, come serva, alla persona ed all’opera del Figlio. La sua vita è come un fazzo-letto nelle mani di Dio. La sua incredibile docilità non è mai a scapito della sua in-telligenza e della sua libertà. In Lei non c’è nulla di fideistico, tutto profuma di profonda spiritualità animata da una fede trasparente e da una granitica obbedienza. Non è una “piagnona”, ma donna forte. Anche ai piedi della croce lo straziante dolore non lascia spazio alla disperazione o alle sceneggiate funebri allora tanto di moda. Nel tentativo di contestualizzarne la vita nella realtà del suo tempo è impor-tante lasciarsi guidare dai numeri 56-57-58-59. La sua ascensione non è frutto di un trucco magico del destino, non è altro che la testimonianza della sua piena con-fermazione al Figlio «vincitore del pecca-to e della morte». Il numero 61 sintetizza in modo meraviglioso l’essenza della vita ed il “core” della nostra devozione a Lei: «Col concepire Cristo, generarlo, nutrir-lo, presentarlo al padre nel tempio,soffrire col Figlio suo morente sulla croce, ella ha cooperato in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaura-re la vita soprannaturale delle anime. Per questo è stata per noi la madre nell’ordi-ne della grazia». Il compito di qualsiasi

corretta spiritualità mariana è quella di insegnarci a riconoscerla come madre che ci segue con la stessa dedizione, costanza, riserbo, attenzione con cui ha vegliato su Gesù. La Madonna non è una divinità, ma un essere incarnato come ognuno di noi, che ha saputo rispondere in pienezza alla grazia divina. Quindi non c’è nulla di “de-moniaco” se ci impegniamo a conoscerla più profondamente, con tutto il rispetto dovuto, nella sua realtà sociale, umana, culturale che come tutte le persone del suo tempo ha dovuto imparare a vivere, affrontare e gestire nella continua certezza di essere solo «l’umile ancella del Signore» e nient’altro.

BERNARDINA DO NASCIMENTO [email protected]

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Don Bosco, papa Francesco e don Fernández Artime

Un recente volume esamina le radici salesiane del Papa, mentre un altro libro–intervista al Rettor Maggiore ripercorre la vita del nostro fondatore e l’opzione preferenziale per i giovani.

Tra i libri editi per il Bicentenario della nascita di don Bosco, due sono da segnalare e non soltanto perché arricchiti da fotografie e documenti d’epoca. Il primo, infatti, esamina i legami che uniscono papa Francesco al fondatore della Famiglia Salesia-na. Il secondo è una lunga intervista a don Ángel Fernández Artime, dove il decimo successore di don Bosco ri-percorre la vita del santo e l’attualità del suo carisma.Il primo è intitolato, appunto, Papa Francesco e don Bosco (Libreria Edi-trice Vaticana, pag. 160, € 14) e ri-percorre le radici salesiane di Jorge Mario Bergoglio, attraverso quattro lettere che lui, già sacerdote gesu-ita, scrisse al salesiano don Caye-tano Bruno e che don Alejandro León, autore del volume, ha ritro-vato nell’Archivio centrale salesiano di Buenos Aires. Lettere dense di ri-cordi e riflessioni che spiegano tanti odierni gesti del Papa.

UNA CULTURA NON BIGOTTASe è noto che Bergoglio è stato

battezzato nella basilica María Au-xiliadora, a Buenos Aires, nel Nata-le del 1936, meno conosciuto è che da piccolo partecipava alla proces-sione dell’Ausiliatrice, frequentava l’oratorio di San Francesco di Sales e ne conosceva i sacerdoti. Già que-sto spiega l’influsso salesiano nell’e-ducazione e nella vita della sua fa-miglia. Nel 1949 e soltanto per un anno, lui è alunno del Collegio sa-lesiano di Ramos Mejía, eppure ol-tre quattro decenni dopo ricorda con gioia quel periodo: «Il Collegio creava, attraverso il risvegliarsi del-la coscienza nella verità delle cose, una cultura cattolica che non era per nulla “bigotta” o “disorientata”». Nel 1990, nella seconda lettera, Bergo-glio rivive il crescere della sua voca-zione religiosa ricordando Enrique Pozzoli, che lo aveva battezzato e guidato spiritualmente: «Sono entra-to nel Seminario nel 1956. Nell’ago-sto del 1957 mi viene la polmonite. Sto per morire. Poi mi operano al polmone. Padre Pozzoli mi visita du-rante la malattia. Durante il secondo anno di Seminario avevo maturato la vocazione religiosa. E così una vol-ta guarito, in novembre, non torno più in seminario e voglio entrare nel-la Compagnia. Ne parlo con padre Pozzoli e dà il via libera». La terza lettera, del 1986, riferisce

DON BOSCO, IL SUO PENSIERO E GLI ELEMENTI CHIAVE DELLA SUA VITA E DELLA SUA OPERA IN SINTESI: L’ORATORIO DI VALDOCCO, IL SISTEMA PREVENTIVO, MAMMA MARGHERITA, LA MISSIONE, L’EMIGRAZIONE, IL RUOLO DEI LAICI E DELLA DONNA, LA COMUNICAZIONE E SOPRATTUTTO L’OPZIONE PREFERENZIALE PER I GIOVANI.

Papa Francesco e don BoscoLèon AlejandroLibreria Editrice Vaticana 2015, pagine 160 Euro 14,00

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l’esperienza con il salesiano coadiu-tore Artemide Zatti, «del quale sono divenuto molto amico» (Zatti è stato beatificato nel 2002 da san Giovanni Paolo II). La quarta lettera riporta l’omelia per i 500 anni della scoperta dell’A-merica. Nel libro è pubblicata an-che la conferenza del gesuita Bergo-glio all’Universidad del Salvador, nel 1976, per il centenario dell’arrivo dei salesiani in Argentina. Segue un ca-pitolo con i ricordi di alcuni salesiani che hanno conosciuto padre Bergo-glio dal 1949 al 2013, anno della sua elezione al pontificato.

IL FUTURO È NEI GIOVANI Il secondo volume è Don Bosco

oggi, dall’esplicativo sottotitolo In-tervista a don Ángel Fernández Ar-time, decimo successore di Don Bosco (Libreria Editrice Vaticana, pag. 240, € 20). Grazie alle domande dell’au-tore Ángel Expósito, emergono un ritratto di don Bosco, il suo pensiero e gli elementi chiave della sua vita e

LORENZO [email protected]

della sua opera: l’oratorio di Valdoc-co, il Sistema Preventivo, la figura di Mamma Margherita, la missio-ne, l’emigrazione, il ruolo dei laici e della donna, la comunicazione e soprattutto l’opzione preferenziale per i giovani. Non a caso, nella prefazione il car-dinale Rodríguez Maradiaga osserva: «La parola “giovani” è la più citata in questo libro e il decimo succes-sore di don Bosco ha per i giovani lo stesso cuore di padre, maestro e amico del Fondatore. Il libro è scrit-to con lo sguardo posto sui giovani. E nei giovani c’è il futuro dell’Opera di don Bosco». Da segnalare, inoltre, alla fine di ogni capitolo, le schede di approfondimento di esperti dei vari settori, e le molte immagini d’epo-ca di don Bosco e della Torino del suo tempo, e sulla presenza salesiana oggi in Italia e nel mondo.

Don Bosco oggi. Intervista a don Angel Fernández Artime, decimo

successore di don BoscoÁngel Expósito

Libreria Editrice Vaticana 2015, pagine 284 Euro 20,00

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UN PROGETTO PASTORALE-GESTIONALE INNOVATIVO Alcune pagine della storia salesiana sono ri-maste nascoste per tanto tempo e quando si ha la fortuna di riscoprirle senti il desiderio di raccontarle a tutti. Così è nata l’idea di una pubblicazione di taglio divulgativo sui legami di don Bosco con due piccoli paesi alle porte di Torino, sul crocevia tra il Canavese e le Valli di Lanzo: Mathi e Nole. Il ritrovamento quasi casuale negli archivi storici di questi paesi di alcuni documenti, sconosciuti anche alle fonti salesiane, mi hanno convinto a proseguire la ricerca. Si è ben presto delineata la figura di un don Bosco pioniere della carità, uomo ca-pace di scorgere la meta della salvezza ma al tempo stesso di saper porre le basi perché tanti, specialmente giovani, potessero raggiungerla: «Per guadagnare anime a Dio io corro avanti fino alla temerità». Qui don Bosco pose le basi di un progetto pastorale-gestionale fortemen-te innovativo dove lavoro e carità, tornaconto materiale e profitto spirituale, impresa e per-sona, illuminate dal Vangelo trovano il giusto equilibrio tra loro.

“SANTA IMPRESA”Intorno al 1870 don Bosco era ormai di-

ventato un editore a tutto tondo gestendo in proprio l’intero ciclo produttivo. L’intento era anzitutto catechetico ed educativo: «In ogni pa-gina ebbi sempre fisso quel principio - scrive il Santo nella prefazione della Storia Sacra - illu-minare la mente per rendere buono il cuore». Infatti il contesto storico era completamente mutato: fino al Settecento le guerre si combat-tevano sui campi di battaglia, armi alla mano, dalla metà dell’Ottocento iniziò invece la bat-taglia della carta stampata. E don Bosco non si tirò indietro, tanto che alcuni dei suoi nemici fecero di tutto per togliergli l’arma principale e indispensabile: la carta. Ecco la vera necessità che spinse don Bosco nel 1877 ad acquistare una cartiera in Mathi: così il prete di Valdocco divenne imprenditore e chiese ad alcuni suoi salesiani, in particolare ad un gruppo di coa-diutori, di fare lo stesso e buttarsi a capofitto nella gestione di un’impresa che contava all’e-poca più di cinquanta dipendenti. Fu don Bo-sco stesso il primo “commerciale” della car-tiera, intitolata a san Francesco di Sales, ricer-

Quando don Bosco acquistò la cartiera

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GIcando nuovi clienti addirittura oltre oceano:

«Mi sono messo a fare il negoziante e ho com-prato una cartiera ad unico fine poter giovare alla buona stampa - scrive al missionario don Lasagna - se pertanto tipografi di Montevideo (che non stampino cose irreligiose) vogliono della nostra carta, io penso di poter offrire il venti per cento di riduzione». Fedeli alle paro-le del fondatore, «Quando si tratta di qualco-sa che riguarda la gran causa del bene voglio essere sempre all’avanguardia del progresso», i Salesiani gestirono in primis la cartiera oltre quarant’anni, fino al 1919, prima di cederla alla famiglia Bosso.

BENTORNATO DON BOSCO A MATHI E NOLE

Il 30 maggio scorso, tra le celebrazioni per l’anno Bicentenario, don Àngel Fernàndez Arti-me ha ripercorso i passi di don Bosco toccando i luoghi più significativi per la storia salesiana. Il viaggio del convoglio storico in treno con don Bosco, in collaborazione con l’azienda pubbli-ca di trasporto GTT, ha permesso al Rettor Maggiore di ripetere i tanti viaggi che il Santo fece sulla linea ferroviaria. A Mathi la consegna della cittadinanza onoraria ha voluto celebrare il profondo segno lasciato dal santo nel tessu-to sociale del paese: ancora oggi la ex cartiera salesiana è un sito produttivo di primo livello che offre lavoro a quasi 600 dipendenti; gli at-tuali proprietari, le multinazionali finlandesi Ahlstrom e Munskjo, continuano ad onorare il ricordo di don Bosco conservando con cura le stanze storiche dove il santo soggiornava e dove vis-sero le comunità dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Infine la tappa a Nole per ricor-dare l’amicizia di don Bosco con il medico condotto del paese, dott. Alessandro Chiappè, presso la cui casa era solito fermarsi nei suoi viaggi in zona.

FEDERICO [email protected]

A Mathi e Nole sui passi di don BoscoFederico Valle

Elledici - Velar 2015pagine 48, Euro 5,00

I dirigenti della cartiera con il Rettor Maggiore posano la targa commemorativa della storica visita.

L’ing. Mirone (direttore di produzione della cartiera) consegna al Rettor Maggiore in omaggio un quaderno stampato ai tempi di don Bosco a Mathi.

“In treno con don Bosco”, Viaggio del rettor maggiore da Stazione Dora a Mathi.

In caso di MANCATO RECAPITO inviare a: TORINO CMP NORD per la restituzione al mittente: C.M.S. Via Maria Ausiliatrice 32 – 10152 Torino, il quale si impegna a pagare la relativa tassa.

3 ottobre 2015