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40 Volume 1 D all’osservazione del contrasto esistente fra gli ideali filosofici, la nozione astratta di virtus e la realtà del comportamento degli uomini, dediti invece ai vizi più diversi, nasce il moralismo luciliano, impegnato a condannare (attraverso lo strumento della derisione satirica) le contraddizioni manifeste o latenti della società contemporanea (in questo senso, alla satira di Lucilio non doveva essere estraneo un forte impegno educativo, intimamente legato alla critica sociale). L’osservazione attenta della realtà circostante offre lo spunto per bozzetti di vita quotidiana, in cui Lucilio dà prova di un realismo rappresentativo senza precedenti nella letteratura latina e che anticipa successivi sviluppi della poesia romana. L’attenzione del poeta si appunta su certi ‘tipi’ umani, colti nei loro tic e nelle loro manie, e fatti oggetto di una condanna moralistica che si serve però delle armi della derisione, più che di quelle dell’aggressione. Anche questo aspetto avrà largo seguito nella satira, in particolare in Orazio, vero maestro nella rappresentazione satirica dei tipi umani. Che cos’è la virtù (vv. 1326-1338 Marx =1140-1152 Terzaghi - I. Mariotti) È il frammento più lungo e più celebre di Lucilio, costituito da una serie di definizioni della virtus (la qualità dell’uomo, ciò che lo caratterizza: virtus è un derivato di vir): si avverte la diffi- coltà di costringere in un’unica formula la complessità degli atteggiamenti e dei comportamenti dell’uo- mo nella società. Orazio (Satire 2,1,70) definirà Lucilio «benevolo soltanto alla virtù e a quelli che le sono amici». metro: esametri Virtus, Albine, est pretium persolvere verum quis in versamur, quis vivimus rebus potesse 1 , virtus est homini scire id quod quaeque habeat res, 1. La satira sociale 1 t 1. quis in … quis … potesse: quis è la forma originaria dell’ablativo plurale del pronome relativo (= qui- bus); quis in: anastrofe, cioè posposizione della preposizione; potesse = posse. Virtù, Albino, è poter assegnare il giusto prezzo alle cose fra cui ci troviamo e fra cui vivia- mo, virtù è sapere che cosa valga ciascuna cosa per l’uomo, virtù sapere che cosa per l’uo- Antologia LUCILIO

Antología Lucilio

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Page 1: Antología Lucilio

40 Volume 1

D all’osservazione del contrasto esistente fragli ideali filosofici, la nozione astratta divirtus e la realtà del comportamento degli

uomini, dediti invece ai vizi più diversi, nasce ilmoralismo luciliano, impegnato a condannare(attraverso lo strumento della derisione satirica) lecontraddizioni manifeste o latenti della societàcontemporanea (in questo senso, alla satira diLucilio non doveva essere estraneo un forteimpegno educativo, intimamente legato alla criticasociale).L’osservazione attenta della realtà circostante offre

lo spunto per bozzetti di vita quotidiana, in cuiLucilio dà prova di un realismo rappresentativosenza precedenti nella letteratura latina e cheanticipa successivi sviluppi della poesia romana.L’attenzione del poeta si appunta su certi ‘tipi’umani, colti nei loro tic e nelle loro manie, e fattioggetto di una condanna moralistica che si serveperò delle armi della derisione, più che di quelledell’aggressione. Anche questo aspetto avrà largoseguito nella satira, in particolare in Orazio, veromaestro nella rappresentazione satirica dei tipiumani.

Che cos’è la virtù (vv. 1326-1338 Marx =1140-1152 Terzaghi - I. Mariotti)È il frammento più lungo e più celebre di Lucilio, costituito da una serie di definizioni

della virtus (la qualità dell’uomo, ciò che lo caratterizza: virtus è un derivato di vir): si avverte la diffi-coltà di costringere in un’unica formula la complessità degli atteggiamenti e dei comportamenti dell’uo-mo nella società. Orazio (Satire 2,1,70) definirà Lucilio «benevolo soltanto alla virtù e a quelli che le sonoamici».

metro: esametri

Virtus, Albine, est pretium persolvere verumquis in versamur, quis vivimus rebus potesse1,virtus est homini scire id quod quaeque habeat res,

1. La satira sociale

1t

1. quis in … quis … potesse: quis è la forma originaria dell’ablativo plurale del pronome relativo (= qui-bus); quis in: anastrofe, cioè posposizione della preposizione; potesse = posse.

Virtù, Albino, è poter assegnare il giusto prezzo alle cose fra cui ci troviamo e fra cui vivia-mo, virtù è sapere che cosa valga ciascuna cosa per l’uomo, virtù sapere che cosa per l’uo-

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Lucilio • La satira sociale 41

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virtus scire homini rectum, utile quid sit, honestum,1330 quae bona, quae mala item, quid inutile, turpe, inhonestum;

virtus quaerendae finem re2 scire modumque,virtus divitiis pretium persolvere posse,virtus id dare quod re ipsa debetur honori:hostem esse atque inimicum hominum morumque malorum,

1335 contra defensorem hominum morumque bonorum,hos magni facere, his bene velle, his vivere amicum;commoda praeterea patriai3 prima putare,deinde parentum, tertia iam postremaque nostra.

mo è retto, utile, onesto, e poi quali cose son buone, quali cattive, che cos’è inutile, tur-pe, disonesto; virtù è saper mettere un termine, un limite al guadagno, virtù poter asse-gnare il suo vero valore alla ricchezza, virtù dare agli onori quel che veramente gli si deve:esser nemico e avversario degli uomini e dei costumi cattivi, difensore invece degli uomi-ni e dei costumi buoni, questi stimare, a questi voler bene, a questi vivere amico; mettereinoltre al primo posto il bene della patria, poi quello dei genitori, al terzo e ultimo il nostro.

(trad. di I. Mariotti – A. Cavazza Pasini)

2. quaerendae …re = quaerendaerei (dativo).3. patriai: formaarcaica delgenitivo singolaredella Ideclinazione (= patriae).

Guidaalla lettura

La virtù è… Il martellante ricorrerea inizio di verso (anafora) del termi-

ne virtus, seguito da una pluralità di definizioni che ‘decli-nano’ il concetto nei diversi aspetti della vita reale dell’uo-mo, sottolinea la centralità, nella morale luciliana, di que-sto ideale. Il principio ‘filosofico’, contenuto al centro delframmento – virtù è stabilire ciò che è bene per l’uomo,cioè utile quid sit, honestum – improntato al pensiero stoi-co diffuso da Panezio nel circolo scipionico (vedi volume1, p. 128), significa nella realtà quotidiana di un aristo-cratico romano porre il giusto limite alla ricchezza (vv. 1331-1332) e agli onori (v. 1333), schierarsi dalla parte degliuomini onesti e a loro legarsi nel vincolo dell’amicitia (vv.1334-1336), anteporre al proprio interesse ciò che è uti-le, vantaggioso (commoda), per la patria e per i genitori(vv. 1337-1338).

Lucilio ‘filosofo’ e lo sforzoetico di Cicerone I temi filoso-

fici sfiorati in questo frammento da Lucilio testimonia-no il vivace fermento di idee che caratterizza il circolodegli Scipioni. Lo sforzo di fissare un modello etico chesi traduca in norme pratiche di comportamento quoti-diano per l’aristocrazia romana, impegnerà quasi unsecolo dopo Cicerone, che sulla falsariga del trattato Sulconveniente di Panezio, nel De officiis («Sui doveri») defi-nirà i concetti di honestum e di utile, esaminando anchei casi in cui essi entrano in conflitto reciproco.L’amicizia nel Laelius ciceroniano Il tema dell’amici-zia tra boni sarà invece al centro del dialogo ciceronianoLaelius de amicitia, retrospettivamente ambientatopochi giorni dopo la morte di Scipione, tra i membri delsuo entourage.

TEMI E MOTIVISTRUTTURA

Essere è avere (v. 1120 Marx = 1154 Terzaghi - I. Mariotti)Una massima che avrà la vitalità del proverbio e sarà ripresa da Orazio (Satire 1,1,62),nil satis est – inquit – quia tanti quantum habeas sis, «non è mai abbastanza – si

dice – perché tu sei soltanto ciò che possiedi»; e da Petronio (77,6), assem habeas assem valeas:habes, habeberis, «hai un soldo? vali un soldo, hai ricchezze? avrai anche stima».

metro: esametro

tantum habeas, tantum ipse sies1 tantique habearis

quello che hai è quello che tu sei,quello che sei stimato.1. sies = sis.

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1. Terriculas, Lamias: il termine terricula (femminile;anche terriculum, neutro) indica uno «spettro», «fan-tasma»; Lamia, prestito dal greco làmia («voraceorco», o più propriamente «orchessa»), indica

appunto un orco, mostro divoratore di bambini.2. instituere: III persona plurale del perfetto indica-tivo (= instituerunt).

Contro la superstizione(vv. 484-488 Marx = 512-516 Terzaghi - I. Mariotti)In questo frammento Lucilio mette in ridicolo le superstizioni e le credenze ‘infantili’,

inculcate nella gente dalle figure di un passato leggendario.

metro: esametri

Terriculas, Lamias1, Fauni quas Pompiliiqueinstituere2 Numae, tremit has, hic omnia ponit.Ut pueri infantes credunt signa omnia aenavivere et esse homines, sic isti somnia fictavera putant, credunt signis cor inesse in aenis.

Spauracchi, mostri, quelli che i Fauni introdusseroe i Numa Pompilii, ognuno teme, ad essi ognuno dà grande importanza.Come i bambini credono che ogni statua di bronzosia un essere vivente, così costoro credono verele parvenze del sogno, credono che un’anima ci sianelle statue di bronzo.

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Guidaalla lettura

La critica razionalistica allasuperstizione religiosa L’attacco

contro la superstizione è improntato a un razionalismo filo-sofico che anticipa certi aspetti della critica alla religio con-dotta da Lucrezio nel De rerum natura. La denuncia delterrore (tremit has) e dell’ansia (hic omnia ponit) che deri-vano dalla credenza nell’Acheronte (il regno dei morti conle spettrali creature che lo abitano, superstizione confuta-ta da Lucrezio dimostrando la mortalità dell’anima nel ter-zo libro del poema) sarà un tema forte della ‘predicazione’

lucreziana, impegnata a liberare l’uomo da quelle paure. Inparticolare la similitudine con i bambini, incapaci di discer-nimento (già luogo comune della filosofia greca), sarà ripre-sa nel proemio del secondo libro (vv. 55-58) e intrecciatadal poeta filosofo all’immagine delle tenebre che la luce del-la dottrina epicurea riuscirà finalmente a squarciare: «Infatticome i fanciulli nelle tenebre temono e hanno paura di tut-to, così nella luce noi talvolta temiamo cose che non sonoaffatto più spaventose di quelle che i fanciulli paventanonelle tenebre immaginandole imminenti».

TEMI E MOTIVI

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Lucilio • La satira sociale 43

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Guidaalla lettura

Tipi da ridere: l’avaro è la suaborsa; la vanità è femmina La

vita dell’avaro sta tutta nella sua borsa (bulga), nel dena-ro che vi ha riposto, e che gelosamente custodisce ovun-que vada (la ripetizione del termine in poliptoto, quattrovolte in tre versi, suggerisce l’identificazione dell’avarocon il suo tesoro). L’avaro, come la donna vanitosa ritrat-ta nella rapida pennellata di T5, sono bersagli noti della

letteratura moralistica (e non solo: basti pensare allacommedia ‘borghese’ di Menandro e alle sue realizzazio-ni romane). L’avaro, per esempio, sarà stigmatizzato da Orazio(Satire, 1, vv. 70-72): «sui sacchi che hai ammucchiatoda ogni parte ci passi anche la notte a bocca aperta e tifai forza a rispettarli come fossero reliquie e a trarne ilpiacere che si prende dai quadri dipinti».

TEMI E MOTIVI

1. bulgam: accusativo di bulga, -ae, parola gallica(cfr. l’italiano «bolgia», dal francese antico «bolge»,e «bolgetta», borsa di pelle per documenti, borsa

del postino); Nonio la definisce sacculus ad brac-chium pendens.

L’avaro (vv. 243-246 Marx = 251-254 Terzaghi - I. Mariotti)

metro: esametri

cui neque iumentum est nec servus nec comes ullus:bulgam1, et quidquid habet nummorum, secum habet ipse,cum bulga cenat, dormit, lavit. Omnia in unasunt homini bulga: bulga haec devincta lacerto est.

... uno che non ha cavalcatura,non ha un servo né un compagno:con sé lui ha solo la sua borsae tutto il denaro che possiede.Con la borsa va a cena, a letto, al bagno:tutta la vita per lui sta nella borsa,e quella borsa tiene ben legata al braccio.

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La donna vanitosa (v. 504 s. Marx = v. 528 s. Terzaghi - I. Mariotti)

metro: esametri

cum tecum est, quidvis satis est: visuri alienisint homines, spiram pallas redimicula promit.

quand’è con te, le basta uno straccetto;ma se deve mostrarsi ad altra gente,allora tira fuori collane, braccialetti e vestiti di lusso.

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P rimores populi arripuit dice Orazio (Satire,2,1, v. 69) a proposito di Lucilio: «rivolse isuoi attacchi contro i primi cittadini». Tra

questi Orazio nomina, immediatamente prima, quelLupo che Lucilio prese di mira nel I libro delle sueSatire: si tratta di Lucio Cornelio Lentulo Lupo,personaggio politico di spicco (console nel 156,censore nel 147) e nemico degli Scipioni. Contro

questo personaggio è rivolto l’intero I libro (tutto inesametri e composto, a quanto pare, intorno al125 a.C., quando Lupo era già morto almeno daquattro anni), incentrato su un «concilio degli dèi»riuniti per discutere la situazione gravissima dellasocietà romana e i provvedimenti da prenderecontro i responsabili, in particolare contro l’odiatoLupo, ‘presidente’ del senato (princeps senatus).

Il concilio degli dèi (v. 4 Marx = 3 Terzaghi - I. Mariotti)Gli dèi, riuniti a concilio come nell’epos omerico, prendono in esame le questioni degliuomini.

consilium summis hominum de rebus habebant

tenevano consiglio sulle maggiori questioni degli uomini

(v. 18 Marx = 14 Terzaghi - I. Mariotti)Qui Giove con ogni probabilità concludeva la sua requisitoria e dava la parola agli altri dèi.

haec ubi dicta dedit, fecit pausam ore loquendi

quando così ebbe parlato, pose fine al suo dire

2. La satira politica

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La punizione del principale colpevole (v. 43 Marx = 44 Terzaghi - I. Mariotti)È Lupo, il principale colpevole della situazione di degrado politico e giuridico, che deve

essere punito. Bisogna individuare anzitutto l’uomo, e uno degli dèi chiede:

quae facies, qui vultus viro?

che aspetto ha l’uomo, com’è l’espressione del volto?

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Lucilio • La satira politica 45

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(v. 44 Marx = 45 Terzaghi - I. Mariotti)La risposta è un impietoso quanto rapido ritratto:

vultus item ut facies, mors cetera, morbus, venenum

il volto è così come l’aspetto: il resto è morte, malattia, veleno

(vv. 49-50 Marx = Terzaghi - I. Mariotti)La punizione sarà esemplarmente ingloriosa e banale: un’abbuffata che porterà alla morte il corrotto egoloso personaggio. (Parla uno degli dèi.)

ad cenam adducam, et primum hisce abdomina tunniadvenientibus priva dabo cephalaeaque acarnae

li farò venire a cena, e agli intervenuti per prima cosadarò a ciascuno ventresche di tonno e filetti di branzino

(v. 54 Marx = 52 Terzaghi - I. Mariotti)Il verso conclusivo, o almeno quello che è considerato l’ultimo dei versi conservati, è uno sberleffo, gio-cato com’è – così pare – sul doppio significato di Lupus, nome di persona e nome di pesce pregiato (spi-gola o branzino, come forse acarnae del v. 50, parola traslitterata dal greco acharne).

occidunt, Lupe, saperdae te et iura siluri

ti uccidono, Lupo, sardelle e salsa di pesce siluro

Guidaalla lettura

Tra parodia letteraria e aggressio-ne satirica Nel primo libro la satira

politica si innestava sulla parodia letteraria, perché ilconcilio degli dèi era motivo ricorrente nella narrazioneepica, di Omero e di Ennio, come lo sarà in quella diVirgilio (Eneide, libro I) e di Ovidio (Metamorfosi, libroI). In particolare il v. 4 (T6) sarà ripreso quasi integral-mente da Virgilio, Eneide, 9,227: consilium summis regnide rebus habebant (soggetto sono i Troiani impegnati

contro Turno, in attesa del ritorno di Enea); e il primoemistichio del v. 18, haec ubi dicta dedit, è una tipica for-mula epica di passaggio alla fine di un discorso diretto.La parodia prevede una mescolanza di registri stilisticidiversi: così accanto all’intonazione solenne dei primiversi qui raccolti, si trova il paradossale finale con il ban-chetto-punizione e la morte del condannato, risolta sulpiano dell’invenzione verbale di marca plautina, con ungioco di parole sul nome di Lupo (T7, v. 54).

STRUTTURA

Page 7: Antología Lucilio

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D ai pochi frammenti appare in Luciliol’orgogliosa coscienza della propriapoesia, sentita come prepotente

manifestazione della personalità e come mezzo perraggiungere fama fra gli uomini. Nell’affermazionedella piena dignità di una poesia di minore

impegno, al di fuori dei generi tradizionali dell’epicae della tragedia, oltre che nella rivendicazione delsuo carattere soggettivo, fondato sulla persona delpoeta e sulla sua esperienza di vita, sta la piùimportante eredità che Lucilio lascia ai poeti dellegenerazioni successive (e in particolare ai neoterici).

Orgoglio di poeta (v. 671 s. Marx = 627 s. Terzaghi - I. Mariotti)

metro: settenari trocaici

publicanus vero ut Asiae fiam, ut scripturarius,pro Lucilio, id ego nolo, et uno hoc non muto omnia

farmi pubblicano d’Asia, farmi esattore,e rinunciare ad essere Lucilio, no, non lo voglio:e questa sola cosa non la baratterei con nessun’altra.

3. La voce del poeta

8t

Il suo pubblico (v. 588 s. Marx = 646 s. Terzaghi - I. Mariotti)

metro: settenari trocaici

nunc itidem populo placere nolo his cum scriptoribus:voluimus capere animum illorum

no, io non voglio piacere al pubblicoalla stessa stregua di questi autori:noi abbiamo voluto catturare l’animo di quelli...

9t

La fama della poesia (v. 1013 Marx = 1012 Terzaghi - I. Mariotti)

metro: esametro

et sola ex multis nunc nostra poemata ferri

ora, tra tanti, solo i nostri versi sono diffusi ovunque

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Lucilio • La voce del poeta 47

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ia Guida

alla lettura

La scelta di essere poeta T8 è ladichiarazione orgogliosa della pro-

pria vocazione di poeta in opposizione ad altre scelte divita: Lucilio rinuncia alle prerogative del proprio statussociale – l’appartenenza alla classe dei cavalieri, qui evo-cata attraverso la lucrosa attività dell’appaltatore (publi-canus) ed esattore (scripturarius) di imposte, che ai cava-lieri era riservata – per affermare la propria identità per-sonale e poetica (l’antitesi della coppia polare uno…omnia sottolinea la radicalità della scelta orgogliosa di

essere il poeta Lucilio). In T9 Lucilio rifiuta di avere lostesso pubblico di quegli scrittori – tragici soprattutto,come Pacuvio e Accio – che cantano le favolose imma-gini del mito (portenta anguisque volucris ac pinnatos,«prodigi e draghi volanti e alati», come si legge in unaltro frammento), per rivolgersi invece a coloro chenella poesia cercano la realtà e la varietà della vita. T10è l’orgogliosa affermazione del successo della propriapoesia (ancora una coppia polare, sola … multis, sotto-linea il destino esclusivo riservato ai suoi versi).

STRUTTURA