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APPUNTI CORSO DI PROCEDURA CIVILE PARTE I LA GIURISDIZIONE CONDIZIONATA La Giurisdizione condizionata si verifica quando il legislatore subordina l’ammissibilità o la proponibilità della domanda al rispetto di una condizione o al verificarsi di un evento la c ui esistenza è condizione per la decisione di merito. Ci sono 4 sfaccettature secondo le quali bisogna individuare l’argomento: primo aspetto è quello della ammissibilità di un peso fiscale eccessivo (art 24) il secondo era quello delle controversie previdenziali, mediazione del terzo e il quarto è quello della ammissibilità della domanda come condizione per la sua deducibilità. La Corte Costituzionale ha ammesso che gli oneri fiscali nel processo sono ammessi a meno che non siano eccessivamente gravosi per l’esercizio del diritto d’azione, ricordando anche nel nostro sistema ci sono strumenti di tutela per i non abbienti in virtù ad esempio de meccanismo del gratuito patrocinio. Il legislatore utilizza la leva fiscale ai fini deflattivi, non soltanto come corrispettivo di un servizio di giustizia ma anche come mezzo per convincere il cittadino a non proporre la domanda giudiziale. Ulteriore forma, prevista anche dal 445 bis, di giurisdizione condizionata è quella relativa alle controversie previdenziali per accertare infermità ricorrente tale da riconoscere assistenza dello Stato ( la domanda va preceduta da un accertamento tecnico preventivo che ha lo scopo di verificare le condizioni sanitarie del ricorrente. L’espletamento è condizione di procedibilit à della domanda. Termine 15 giorni per la presentazione dell’accertamento. Depositato l’accertamento si pone alle parti l’alternativa  di poter contestare le conclusioni alle quali è giunto il consulente oppure non contestarle e il giudice procede ad omologare l’accertamento sanitario. Chi contesta tali conclusioni ha l’obbligo di iniziare il processo entro 30 giorni specificando ovviamente i motivi dell’opposizione. Storicamente si prevede che la domanda giudiziale debba essere preceduta prima di tutto dall ’istanza all’ente previdenziale e poi in caso di rigetto di questa istanza dal ricorso amministrativo gerarchico sempre all’ente previdenziale per ottenere l’adempimento della prestazione. Rispettati questi due parametri sarà possibile proporre il ricorso giurisdizionale. Il mancato rispetto di queste fasi del diritto amministrativo non può determinare l’inammissibilità della domanda ma al più l’improcedibilità, nel senso che il giudice deve sospendere il processo ed assegnare alle parti un termine per tras formare, proporre ricorso di modo che l’eventuale errore in cui è incorso il ricorrente nel non predisporre tutti i meccanismi di giurisdizione incondizionata non renda gravoso l’esercizio del diritto d’azione addirittura provocando la decadenza de diritto per impugnare il diniego della prestazione previdenziale. Tale tecnica è particolarmente interessante perché il legislatore prende atto di un dato: il 90% delle questioni che si pongono nell’ambito delle controversie previdenziali attengono all’accertamento dello stato di invalidità. Quindi il legislatore fa svolgere la fase dell’accertamento fuori dal processo, non intasare il ruolo della giustizia, poi se le parti sono d’accordo allora il giudice omologa l’accordo un cosiddetto “decreto di omologa”. Nel caso contrario invece, la parte che non è d’accordo ha l’onere di iniziare il processo provando l’errore nel quale è incorso il consulente tecnico. Il legislatore avrebbe potuto dire: tutte le controversie nelle quali è necessario svolgere un accertamento tecnico, sono assegnate obbligatoriamente ad un collegio arbitrale formato da un perito dell’assicurazione, un perito di parte e da un terzo perito scelto dal tribunale. Questo però, il legislatore in Italia non lo può fare perché sono incostituzionali tutte le forme di arbitrato obbligatorio e quindi si cerca di arrivare allo stesso risultato affidando ad un terzo senza dover passare per l’arbitrato obbligatorio. Più giudici hanno sollevato la questione di incostituzionalità del 445 bis da almeno due punti di vista: 1) quello classico, la necessità di un accertamento tecnico preventivo in materia previdenziale milita il diritto di azione perché impone al ricorrente di esperire una lunga potenzialmente, fase pregiudiziale per poter

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APPUNTI CORSO DI PROCEDURA CIVILE PARTE I

LA GIURISDIZIONE CONDIZIONATA

La Giurisdizione condizionata si verifica quando il legislatore subordina l’ammissibilità o la proponibilità

della domanda al rispetto di una condizione o al verificarsi di un evento la cui esistenza è condizione per la

decisione di merito.

Ci sono 4 sfaccettature secondo le quali bisogna individuare l’argomento: primo aspetto è quello della

ammissibilità di un peso fiscale eccessivo (art 24) il secondo era quello delle controversie previdenziali,

mediazione del terzo e il quarto è quello della ammissibilità della domanda come condizione per la sua

deducibilità. La Corte Costituzionale ha ammesso che gli oneri fiscali nel processo sono ammessi a meno

che non siano eccessivamente gravosi per l’esercizio del diritto d’azione, ricordando anche nel nostro

sistema ci sono strumenti di tutela per i non abbienti in virtù ad esempio de meccanismo del gratuito

patrocinio. Il legislatore utilizza la leva fiscale ai fini deflattivi, non soltanto come corrispettivo di un servizio

di giustizia ma anche come mezzo per convincere il cittadino a non proporre la domanda giudiziale.

Ulteriore forma, prevista anche dal 445 bis, di giurisdizione condizionata è quella relativa alle controversie

previdenziali per accertare infermità ricorrente tale da riconoscere assistenza dello Stato ( la domanda va

preceduta da un accertamento tecnico preventivo che ha lo scopo di verificare le condizioni sanitarie del

ricorrente. L’espletamento è condizione di procedibilità della domanda. Termine 15 giorni per la

presentazione dell’accertamento. Depositato l’accertamento si pone alle parti l’alternativa di poter

contestare le conclusioni alle quali è giunto il consulente oppure non contestarle e il giudice procede ad

omologare l’accertamento sanitario. Chi contesta tali conclusioni ha l’obbligo di iniziare il processo entro 30

giorni specificando ovviamente i motivi dell’opposizione. Storicamente si prevede che la domanda

giudiziale debba essere preceduta prima di tutto dall’istanza all’ente previdenziale e poi in caso di rigetto diquesta istanza dal ricorso amministrativo gerarchico sempre all’ente previdenziale per ottenere

l’adempimento della prestazione. Rispettati questi due parametri sarà possibile proporre il ricorso

giurisdizionale. Il mancato rispetto di queste fasi del diritto amministrativo non può determinare

l’inammissibilità della domanda ma al più l’improcedibilità, nel senso che il giudice deve sospendere il

processo ed assegnare alle parti un termine per trasformare, proporre ricorso di modo che l’eventuale

errore in cui è incorso il ricorrente nel non predisporre tutti i meccanismi di giurisdizione incondizionata

non renda gravoso l’esercizio del diritto d’azione addirittura provocando la decadenza de diritto per

impugnare il diniego della prestazione previdenziale. Tale tecnica è particolarmente interessante perché il

legislatore prende atto di un dato: il 90% delle questioni che si pongono nell’ambito delle controversie

previdenziali attengono all’accertamento dello stato di invalidità. Quindi il legislatore fa svolgere la fase

dell’accertamento fuori dal processo, non intasare il ruolo della giustizia, poi se le parti sono d’accordo

allora il giudice omologa l’accordo un cosiddetto “decreto di omologa”. Nel caso contrario invece, la parte

che non è d’accordo ha l’onere di iniziare il processo provando l’errore nel quale è incorso il consulente

tecnico. Il legislatore avrebbe potuto dire: tutte le controversie nelle quali è necessario svolgere un

accertamento tecnico, sono assegnate obbligatoriamente ad un collegio arbitrale formato da un perito

dell’assicurazione, un perito di parte e da un terzo perito scelto dal tribunale. Questo però, il legislatore in

Italia non lo può fare perché sono incostituzionali tutte le forme di arbitrato obbligatorio e quindi si cerca di

arrivare allo stesso risultato affidando ad un terzo senza dover passare per l’arbitrato obbligatorio. Più

giudici hanno sollevato la questione di incostituzionalità del 445 bis da almeno due punti di vista: 1) quelloclassico, la necessità di un accertamento tecnico preventivo in materia previdenziale milita il diritto di

azione perché impone al ricorrente di esperire una lunga potenzialmente, fase pregiudiziale per poter

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iniziare il processo; 2) secondo argomento inerisce l’incostituzionalità dell’accertamento tecnico preventivo

che svuota il ruolo del giudice. Entrambe furono rigettate dalla Corte, la prima perché si afferma che il

legislatore può porre dei limiti al diritto di azione di proponibilità della domanda se collegata ad un

interesse pubblico e se la condizione non rende troppo gravoso il diritto di azione. Anche il secondo

argomento viene superato poiché l’accertamento tecnico del 445 bis non svuota il ruolo del giudice nel

senso che comunque al giudice sarà riservato l’esame relativo ai profili giuridici in iure della domanda e non

si limiterà ad omologare l’accordo ove gli paia evidentemente iniquo e sbagliato. Per esempio immaginando

che il ricorrente abbia iniziato questo giudizio senza fare l’istanza per la prestazione previdenziale cioè

abbia soltanto la fase della giurisdizione condizionata che inerisce la presentazione dell’istanza. Invece di

fare ricorso alI’Inps ( nel caso di richiesta di pensione) proposta l’istanza ecc, direttamente chiedo al giudice

di nominare un consulente tecnico come previsto dal 445 bis. Se il consulente da l’effettivo diritto di

pensione, l’Inps non si oppone nei termini, il giudice valuterà prima di tutto l’improcedibilità perché deve

eseguire il tentativo di procedimento amministrativo, come previsto dalla legge, e in ogni caso appare

evidente l’errore in cui è incorso il consulente e quindi dei poteri ma questo è un meccanismo deflattivo

che è sottoposto comunque all’esame del giudice, che non sarà basato più sul ricorso o sulla domanda maeventualmente sulla consulenza o sui profili giuridici semplicemente della domanda.

Terza fattispecie di Giurisdizione Condizionata: la MEDIAZIONE. Concettualmente vi sono tre forme di ADR:

a) L’Arbitrato (si assegna ad un soggetto diverso dal giudice il compito di decidere la controversia, vale per

diritti disponibili e che non sia obbligatorio); b) Conciliazione (sia come effetto finale sia come metodo per

arrivare all’accordo, il metodo è caratterizzato dal fatto che vi è 1 soggetto che media tra le parti e tenta di

raggiungere un accordo senza formulare alcuna proposta; c) Mediazione ( sul piano concettuale è un mezzo

con il quale si assegna al terzo sempre il potere di far conciliare le parti ma attraverso una proposta che il

terzo formula e che le parti possono accertare o meno).

Accanto a questi 3 modelli il legislatore ha introdotto almeno altre 2 fattispecie di degiurisdizionalizzazione

delle liti civili, entrambe del 2014: la prima è quella del trasferimento della causa in sede arbitrale (previsto

da art. 1 lg 162/2014 la cui caratteristica sostanziale è questa = le parti possono chiedere nel caso di un

processo che trasferisce la controversia in sede arbitrale) non ha ancora trovato un caso di applicazione

pratico. Dato che devono essere d’accordo entrambe per promuovere il giudizio arbitrale è ben probabile

che una delle due non lo farebbe mai pur se va necessariamente considerato sul piano teorico. L'altro e più

efficace condizione di procedibilità è la “Negoziazione Assistita”: l’art 3 della legge 162/2014 dice che per

tutte le controversie per danni di circolazione da autoveicoli qualunque ne sia il valore e per tutte le

domande di pagamento non superiori a 50mila euro la domanda deve essere proceduta necessariamente

dall’invito all’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita: è un accordo stipulato dagliavvocati mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e lealtà per risolvere in via

amichevole la controversia. Sostanzialmente è una lettura che un avvocato scrive all’altro in cui invita a

concludere la controversia in via amichevole e se l'altro non gli risponde finisce lì. Il legislatore però la pone

come condizione di procedibilità, per cui è importante che gli faccia tale invito a stipulare la convenzione di

Negoziazione Assistita, perché in assenza di questo invito la domanda è improcedibile quindi il giudice

sospende il processo e assegna alle parti un termine per attivare il procedimento di negoziazione. Possiamo

dunque dire che ci sono tre modelli tradizionali di ADR a cui il legislatore nel disperato tentativo di ridurre il

contenzioso ha aggiunto il Trasferimento in Sede Arbitrale né la Negoziazione Assistita per le controversie

di risarcimento del danno per circolazione di autoveicoli e tutte le altre controversie che hanno in progetto

il pagamento delle somme di denaro fino a 50mila euro. Infine una forma a parte è la Conciliazione

Giudiziale: quella che viene svolta davanti al giudice, questa è divenuta particolarmente

importante/utilizzato a partire dal 2013 con l’introduzione del 185 bis. Fino ad allora infatti era un tentativo

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del giudice di vedere se si poteva con un tentativo di trovare accordo. Tentativo spesso infruttuoso e che

non richiedeva alcun ruolo attivo del giudice il quale non formulava alcuna proposta ma si limitava a vedere

se si poteva trovare un accordo. Con tale articolo cambia prospettiva e assegna al giudice il compito, alla

prima udienza o fino a quando non si è conclusa la fase istruttoria, di formulare una proposta transattiva o

conciliativa. Cioè il giudice formula per iscritto all’udienza una proposta e in genere assegna un termine per

accettare o meno la proposta. Stessa previsione è contenuta nel processo del lavoro ai sensi dell’art 420 il

quale aggiunge che la ingiustificata accettazione della proposta transattiva conciliativa può costituire

comportamento valutabile ai fini della decisione. L’impatto concreto delle due norme è stato devastante, il

più dell’auspicabile dal legislatore soprattutto per il 185 bis, con larghissimo potere dei giudici di poter

formulare proposta transattiva. Vantaggio dell’istituto: essendo proveniente dal giudice che dovrebbe

formularla dopo attenta lettura degli atti di causa è traccia del suo orientamento e quindi stimola le parti ad

accettare l’offerta; in più costituisce ulteriore motivo per accogliere la proposta il fatto che la parte che non

l’accetta potrebbe essere fortemente pregiudicata in tema di regolamento delle spese del processo.

Svantaggio è che questa norma assegna al giudice un ruolo non suo, minandone l’imparzialità agli occhi

delle parti. Per porvi rimedio la proposta di conciliazione non può mai costituire motivo di ricusazione delgiudice. Comma aggiunto nel 185 bis, non è che non sentendosi sereno davanti al quel giudice può

ricusarlo. In tutti i meccanismi deflattivi quello più rilevante è la Mediazione Obbligatoria: introdotta nel

2010 con lo scopo di precedere circa il 70% delle cause da un tentativo di mediazione preventivo cercando

di risolvere problemi inerenti l’intasamento della attività giudiziaria italiana. La previsione della mediazione

ha posto delicati problemi soprattutto di contrapposizione tra legislatore e mondo forense. Tre erano le

critiche a tale istituto: 1) la mediazione obbligatoria di massa contrasta con l’art 24 (deve essere prevista

per specifici settori, una così diffusa per la maggior parte delle controversie vuol dire limitare il diritto di

azione, visto che nella sua prima versione era a pagamento) Remo Caponi scrisse della necessaria

alternanza tra obbligatorietà e pagamento; 2) non è garantito fino in fondo la professionalità del mediatore

(mediatore non è singolo privato, si fa tramite enti di mediazione registrati presso l’albo tenuto al Ministero

della Giustizia e che deve garantire la formazione dei mediatori). C’è dunque un problema della

qualità/idoneità del mediatore. 3) All’interno del procedimento di mediazione non fosse garantita la difesa

tecnica, cioè assenza di avvocati che rendeva eccessivamente gravoso/limitato il diritto d difesa delle parti.

Queste critiche sfociarono in una sentenza della Corte Costituzionale 2012 che dichiarò incostituzionale per

un profilo meramente formale, per eccesso di delega (perché il legislatore delegato andò oltre i limit della

delega nel formulare la proposta). Tuttavia dopo questa incostituzionalità il legislatore lo ripropose nel

2013 cercando di tener conto di alcuni rilievi mossi dalla dottrina: in particolare stabilendo che nell’ambito

del procedimento le parti devono essere assistite dall’avvocato; se una delle parti non intende partecipare

alla mediazione la stessa è garantita (onere se si attiva il procedimento di mediazione); più in generale

cercando di processualizzare la mediazione. La norma che più è diretta a valorizzare l’istituto della

mediazione è senz’altro la norma sulle spese in caso di mancata mediazione: conclusione o con

accettazione proposta del mediatore delle parti ( e l’accordo si deposita davanti al giudice che lo omologa e

anzi è possibile evitare tale omologazione attraverso dichiarazione congiunta degli avvocati che certifichino

la conformità dell’accordo a norme imperative e di ordine pubblico e in questo caso l’accordo è titolo

esecutivo). Oppure la mediazione non riesce.