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Appunti di Appunti di Compatibilità Elettromagnetica Compatibilità Elettromagnetica Capitolo 3 - Antenne Premessa .................................................................................................... 2 Antenne a dipolo ........................................................................................ 2 Dipolo elettrico (dipolo hertziano) ........................................................ 2 Campo lontano ................................................................................ 7 Flusso di potenza media .................................................................. 8 Resistenza di radiazione ................................................................ 10 Il dipolo magnetico (spira).................................................................. 11 Il dipolo in λ/2 e l’antenna unipolare in λ/4.............................................. 13 Potenza irradiata ................................................................................ 18 Impedenza di ingresso .............................................................................. 20 Caratterizzazione delle antenne ................................................................ 23 Direttività e guadagno di una antenna ................................................ 23 Esempio: dipolo elettrico............................................................... 25 Diagrammi di radiazione (cenni) ........................................................ 26 Guadagno di potenza .......................................................................... 26 Radiatore puntiforme isotropico .................................................... 27 Reciprocità .................................................................................... 28 Apertura efficace ................................................................................ 29 Esempio: dipolo elettrico elementare ............................................. 29 Fattore d’antenna ............................................................................... 31 Esempio ........................................................................................ 33 Effetti di bilanciamento e adattatori di impedenza .............................. 34 Adattamento di impedenza .................................................................. 38 Equazione di Friis della trasmissione........................................................ 41 Esempio: accoppiamento tra due antenne a dipolo ............................. 44 Antenne per misure a larga banda ............................................................. 45 Antenne biconiche ............................................................................... 46 Antenne log-periodiche ....................................................................... 51

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Appunti diAppunti diCompatibilità ElettromagneticaCompatibilità Elettromagnetica

Capitolo 3 - Antenne

Premessa .................................................................................................... 2Antenne a dipolo ........................................................................................ 2

Dipolo elettrico (dipolo hertziano)........................................................ 2Campo lontano ................................................................................ 7Flusso di potenza media .................................................................. 8Resistenza di radiazione ................................................................ 10

Il dipolo magnetico (spira).................................................................. 11Il dipolo in λ/2 e l’antenna unipolare in λ/4.............................................. 13

Potenza irradiata ................................................................................ 18Impedenza di ingresso .............................................................................. 20Caratterizzazione delle antenne ................................................................ 23

Direttività e guadagno di una antenna................................................ 23Esempio: dipolo elettrico............................................................... 25

Diagrammi di radiazione (cenni) ........................................................ 26Guadagno di potenza .......................................................................... 26

Radiatore puntiforme isotropico .................................................... 27Reciprocità .................................................................................... 28

Apertura efficace ................................................................................ 29Esempio: dipolo elettrico elementare............................................. 29

Fattore d’antenna ............................................................................... 31Esempio ........................................................................................ 33

Effetti di bilanciamento e adattatori di impedenza .............................. 34Adattamento di impedenza .................................................................. 38

Equazione di Friis della trasmissione........................................................ 41Esempio: accoppiamento tra due antenne a dipolo ............................. 44

Antenne per misure a larga banda ............................................................. 45Antenne biconiche............................................................................... 46Antenne log-periodiche ....................................................................... 51

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli2

PREMESSA

Le antenne sono un argomento molto importante in compatibilità elettromagnetica, per svariatimotivi:

• antenne costruite appositamente per irradiare, quali per esempio quelle che operano nelletrasmissioni AM e FM o le antenne dei radar, generano campi che interferiscono con idispositivi elettronici, provocando quindi problemi di vulnerabilità di questi ultimi;

• antenne appositamente costruite possono inoltre essere usate per la misura delle emissioniradiate di un prodotto, al fine di stabilirne la conformità alla normativa vigente: tipici esempisono le cosiddette antenne a larga banda (come le antenne log-periodiche e le antennebiconiche);

• i dispositivi che NON sono progettati per essere antenne, ma che si comportano come tali, sonoresponsabili della produzione di emissioni radiate, che, rilevabili mediante apposite antenne dimisura, possono evidentemente determinare la non conformità del dispositivo alla normativa;

• infine, l’analisi delle antenne vere e proprie permette la comprensione della capacità diirradiare da parte di dispositivi non costruiti per comportarsi come tali: uno degli obbiettiviprincipali di un buon progetto è sempre quello di minimizzare e prevenire questo fenomeno.

ANTENNE A DIPOLO

Se conosciamo il modo in cui si distribuisce la corrente )z,y,x(Ir

sulla superficie di una antenna, in generale possiamo ottenere icampi elettromagnetici da essa irradiati impostando un integrale checontiene al suo interno tale distribuzione di corrente. Tuttavia, sebbenequesto procedimento sia teoricamente valido per ottenere i campi irradiati da qualsiasi antenna, dalpunto di vista pratico ci sono almeno due difficoltà:

• in primo luogo, non sempre è possibile conoscere con precisione la distribuzione )z,y,x(Ir

dicorrente sull’antenna; molto spesso si è costretti a fare una ragionevole ipotesi circa la

distribuzione )z,y,x(Ir

;

• in secondo luogo, pur conoscendo o potendo ipotizzare come sia fatta )z,y,x(Ir

, non sempre siè in grado di risolvere il conseguente integrale per la determinazione dei campi.

Ci occupiamo allora dello studio di alcune semplici antenne che, pur non essendo di utilizzopratico, hanno due grossi pregi: possono essere studiate in modo molto semplice ed i campi da esseirradiati risultano comunque molto simili a quelli dovuti ad antenne di utilizzo comune, a patto peròche il punto di osservazione venga posto sufficientemente distanze dall’antenna.

Dipolo elettrico (dipolo hertziano)Si definisce dipolo elettrico un elemento infinitesimo di

lunghezza dl a cui è associato un fasore di corrente I costante (inmodulo e fase) per tutti i punti dell’elemento stesso. La figura seguentemostra la schematizzazione della situazione:

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli3

Abbiamo qui usato un sistema di riferimento cartesiano, al centro del quale è posto l’elemento dicorrente Idl (misurato in A*m): si tratta cioè di una corrente filamentare I che fluisce lungo una certalunghezza elementare dl. Con questo elemento di corrente (evidentemente ideale) si usa modellare ilcaso reale in cui una corrente I fluisce in una lunghezza dl molto corta (ovviamente rispetto a λ) diun filo sottile, nell’ipotesi che la lunghezza dl considerata sia così corta da potervi considerarecostante la corrente I.Ogni circuito fisico o “antenna” che porta corrente può

considerarsi come costituito da un grande numero di questi elementicollegati in cascata: se il campo elettromagnetico prodotto dall’elemento Idl è noto, allorail campo elettromagnetico di ogni antenna reale, avente una assegnata distribuzione di corrente, puòessere facilmente calcolato per integrazione.

Nel caso in cui la corrente che fluisce nell’elementino vari sinusoidalmente (per cui si parla arigore di elemento di corrente alternata ed è la situazione da noi considerata), scriviamo che lasorgente è Id e j tl ω .

Di solito, per lo studio delle antenne è comodo introdurre un sistema di coordinate sferiche(r,θ,ϕ), come è mostrato nella figura precedente. Risolvendo allora le equazioni di Maxwell in taleriferimento, si trova che il campo elettromagnetico in un punto generico P(x,y,z) (detto punto diosservazione o anche punto potenziato), individuato dalla generica terna (r,θ,ϕ) di coordinatesferiche, è

=

β+

βωεπ

θ=

βθ

πωε=

ϕ

β−θ

β−

0E

er

j

rrj

4

sinIdE

er

j

rcos

2

IdE

rj32

2

rj32r

l

l

+

βπ

θ=

==

β−ϕ

θ

rj2

r

er

1

rj

4

sinIdH

0H

0H

l

(ricordiamo che, essendo I un fasore, anche le componenti qui riportate sono dei fasori).Notiamo dunque che il campo magnetico ha solo componente nella

direzione ϕ (e tale componente dipende solo da θ e da r, mentre non

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli4

dipende da ϕ), mentre invece il campo elettrico presenta unacomponente nella direzione radiale r ed una componente nelladirezione θ.

Ricordiamo, inoltre che, in generale, la costante di propagazione nel mezzo considerato(quello cioè in cui l’antenna irradia) è γ α β= + j , ossia comprende sia una parte reale (attenuazione)

sia una parte immaginaria (sfasamento). La parte reale α scompare solamente se si ritengono nulle leperdite nel mezzo considerato: ci mettiamo proprio in questa ipotesi.

Inoltre, per semplicità supponiamo che il mezzo di propagazione sia il vuoto, per cui poniamo

µ=µ0, ε=ε0 e quindi 000 jjj εµω=β=β=γ : le espressioni dei campi diventano allora

rj

320

20

0

rj

320

0r

rj

20

0

0

0

er

j

rrj

4

sinIdE

er

j

rcos

2

IdE

er

1

rj

4

sinIdH

β−θ

β−

β−ϕ

β+

βπωεθ

=

βθ

πωε=

+

βπ

θ=

l

l

l

E’ possibile inoltre esprimere queste tre componenti in funzione dell’impedenza caratteristicadello spazio vuoto, notoriamente definita come

Ω=π=εµ

=η 3771200

00

Abbiamo allora che

( )

( ) ( )

( ) ( )rj

30

200

200

rj3

02

0

200r

rj2

00

20

0

0

0

er

j

r

1

r

1j

4

sinIdE

er

j

r

1

2

cosIdE

er

1

r

1j

4

sinIdH

β−θ

β−

β−ϕ

β−

β+

ββη

πθ

=

β−

ββη

πθ

=

β+

ββ

πθ

=

l

l

l

dove abbiamo tenuto conto che 000 β=ηωε .

Queste espressioni evidenziano, tra le altre cose, che i campi possono essere considerati funzionidella distanza elettrica dall’antenna: infatti, possiamo scrivere che

λπ

=π⋅⋅π

⋅λ

⋅⋅π=π⋅

⋅π⋅

λ⋅π≅π⋅ε⋅π=ηωε=β

2120

1036

11032120

1036

1c21202

9

8

90000 f

da cui scaturisce che

λπ

=βr2

r0

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli5

dove naturalmente λ è la lunghezza d’onda del segnale di corrente che attraversa l’antenna inquestione.

Le espressioni complete dei campi prima riportate risultano evidentemente abbastanza complicate.L’espressione della componente θ del campo elettrico è emblematica della situazione:

( ) ( )rj

30

200

200

0er

j

r

1

r

1j

4

sinIdE β−

θ

β−

β+

ββη

πθ

=l

Si osserva infatti la presenza di 3 termini, proporzionali rispettivamente ad 1/r, 1/r2 e 1/r3. Itermini proporzionali a 1/r2 e 1/r3 predominano sicuramente a piccole distanze dall’antenna, doveperciò parliamo di campo vicino (near field):

( ) ( )rj

30

20

200NF,

0er

j

r

1

4

sinIdE β−

θ

β−

ββη

πθ

≅l

Invece, man mano che ci si allontana dall’antenna, è il termine 1/r a prevalere sempre di più,dando origine al cosiddetto campo lontano (far field):

rj

0

200FF,

0er

1j

4

sinIdE β−

θ

β

βηπ

θ≅

l

Il punto in cui i termini 1/r2 e 1/r3 diventano trascurabilirispetto al termine 1/r è dunque quello che delimita il confine tracampo vicino e campo lontano. In particolare, per ricavare analiticamente la distanza allaquale si trova tale confine, si considera generalmente quella distanza alla quale risulta

( )200 r

1

r

1j

β=

β

Si prendono cioè i due termini in 1/r ed 1/r2 e li si eguaglia in modulo: risolvendo quell’equazione(in cui β0 è ovviamente reale), si ottiene

62

1r

0

λ≅

πλ

=

E’ bene comunque sottolineare che il limite tra i campi vicini ed i campi lontani, per antennediverse da quella che stiamo analizzando adesso, non è semplicemente λλ/6, ma va calcolato di casoin caso. Una scelta realistica generale per individuare il suddetto limite1 è quello di scegliere ilmassimo tra le quantità 3λλ e 2D2/λλ, dove D rappresenta la massima dimensione dell’antenna inquestione: in genere, si utilizza la prima scelta ogni volta che ci si trova di fronte ad antenne di tipofilare, mentre invece si adotta la seconda per antenne a superficie, come le antenneparaboliche o le cosiddette antenne a tromba.

Nel caso in cui le antenne siano usate per le telecomunicazioni, non si pone il problema di doverstabilire se l’antenna ricevente sia nel campo vicino o in quello lontano dell’antenna trasmittente, in

1 Naturalmente, questo limite non va pensato come una precisa linea di demarcazione tra due regioni di spazio, ma indica solo una

generica regione in cui si realizza sostanzialmente il passaggio da una struttura complicata di campo ad una più semplice.

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli6

quanto queste antenne vengono sempre usate per collegamenti su grandi distanze. Del tutto diversa,invece, è la situazione nei problemi di compatibilità elettromagnetica, dove il ricevitore (che puòessere proprio una antenna usata per verifiche di soddisfacimento delle norme) è generalmente postonel campo vicino dell’antenna trasmittente (che può essere il dispositivo di cui si sta verificando ilsoddisfacimento delle norme). Tanto per fare un esempio concreto, ricordiamo che la normativaamericana FCC prevede che, per la misura delle emissioni radiate di un apparecchio di classe B,l’antenna di misura sia posta a 3 metri dall’apparecchio stesso e che le frequenze di misura siano da30 MHz a 40 GHz; in corrispondenza di tali frequenze di lavoro, il limite tra campo vicino e campolontano per l’antenna trasmittente si trova decisamente oltre i 3 metri, per cui le misure vengonofatte in campo vicino e bisogna quindi tenerne conto.

Torniamo adesso alle espressioni dei campi. In particolare, sfruttando l’espressione del campomagnetico (che presenta solo la componente lungo ϕ), introduciamo altre due denominazioni, riferitesempre a campo vicino e campo lontano:

• quando siamo a piccola distanza dal punto di irradiazione, ossia quando r èsufficientemente piccolo, il termine predominante è quello dipendente da 1/r2 e ad esso sidà il nome di campo di induzione:

( )

rj2

rj2

0

20NF,induzione,

00 er4

sinIde

r

1

4

sinIdHH β−β−

ϕϕ πθ

=

ββ

πθ

≅=ll

• al contrario, per distanze sufficientemente elevate dal punto di irradiazione, il termine

predominante è quello dipendente da 1/r e ad esso si dà il nome di campo di radiazione:

rj0

rj

0

20radiazione,FF,

00 er4

sinIdje

r

1j

4

sinIdHH β−β−

ϕϕ βπ

θ=

β

βπ

θ≅=

ll

Analoghe considerazioni valgono ovviamente per il campo elettrico:

( ) ( )

( ) ( )

β−

ββ

πθ

β−

ββη

πθ

=

β−θ

β−

rj3

02

0

20NF,

rj

30

20

200NF,r

0

0

er

j

r

1

4

sinIdE

er

j

r

1

2

cosIdE

vicino

elettrico campo

l

l

βπ

θ=

β

βπ

θ≅

β−β−θ

rj0

rj

0

20FF,

FF,r

00 er4

sinIdje

r

1j

4

sinIdE

0E

lontano

elettrico campoll

Per quanto riguarda la componente radiale Er, si osserva ancora la presenza di un termine diinduzione E ind proporzionale a 1/r2, mentre non è presente alcun termine di radiazione(proporzionale a 1/r), il che ci dice che il campo elettrico lontano non possiede la componente radiale(oltre a non possedere la componente lungo ϕ). Si osserva invece la presenza di un termineproporzionale a 1/r3: questo termine è molto simile al campo prodotto da un bipolo elettrostatico edè per questo che prende il nome di campo elettrostatico. Per quanto riguarda, invece, la

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli7

componente Eθ, sono presenti sia il termine di induzione, sia quello di irradiazione sia anche quellostatico.

Un’altra osservazione interessante è la seguente: considerato il campo magnetico (o ancheelettrico) di induzione, la sua espressione nel dominio del tempo è evidentemente

[ ] ( )rtcosr4

sinIdeHRe)t,,r(h 02

tjinduzione,induzione, β−ω

πθ

==θ ωϕϕ

l

Con riferimento all’argomento del Coseno, possiamo anche scrivere che

'tv

rtrtrt

P

00 ω=

−ω=

ωβ

−ω=β−ω

(dove vP è la velocità di fase dell’onda, pari in questo caso alla velocità della luce nel vuoto), per cuil’espressione del campo diventa

( )'tcosr4

sinId)t,,r(h

2induzione, ωπ

θ=θϕ

l

Questa espressione è la stessa che si otterrebbe, con i metodi tradizionali di Fisica II, applicandodirettamente la legge di Biot-Savart alla corrente che scorre nell’elementino dl, a patto, però, che iltempo t venga sostituito dal tempo ritardato t’ appena calcolato: il fatto che il campo effettivo èuna funzione di t’ anziché di t è dovuto, chiaramente, al tempo finito di propagazione del campo dalpunto sorgente (in cui si trova l’antenna) al punto di osservazione. Ovviamente, nei puntiparticolarmente vicini all’elemento di corrente, cioè i punti in cui predomina il campo di induzione,la quantità r/vP è molto piccola ed è perciò possibile approssimare t t' ≅ .

Per quanto riguarda, invece, il campo di radiazione, è importante anticipare una cosa chedimostreremo rigorosamente più avanti: è proprio il termine di radiazione checontribuisce al flusso di energia dalla sorgente all’utilizzatore(energia attiva), mentre invece il termine di induzione dà luogosolo ad una energia (reattiva) che viene immagazzinata e rilasciatadal campo ogni quarto di periodo.

Campo lontano

Dopo tutte le considerazioni generali appena fatte, concentriamoci su ciò che abbiamo definitocampo lontano: abbiamo infatti visto che, in punti sufficientemente lontani dal dipolo (cioè dallasorgente), il campo elettromagnetico presenta solo due componenti (dette perciò componenti dicampo lontano), che sono

θβ−

θθ

ϕβ−

ϕϕ

βηπ

θ≅⋅=

βπ

θ≅⋅=

aer4

sinIdjaEE

aer4

sinIdjaHH

rj00FF,FF

rj0FF,FF

0

0

rlrr

rlrr

Il campo elettromagnetico individuato da queste due componenti soddisfa molte delle proprietàtipiche delle onde piane uniformi. Infatti, “localmente” i campi assomigliano a onde pianeuniformi, anche se sono più correttamente classificati come onde sferiche. Le proprietà sono leseguenti:

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli8

• i campi sono proporzionali ai termini 1/r, I (fasore), dl e sinθ;

• il rapporto tra il modulo del campo elettrico ed il modulo del campo magnetico è pariall’impedenza caratteristica del vuoto:

0

00

FF

FF

H

E

εµ

=η=r

r

• i due campi sono localmente ortogonali;

• il prodotto vettoriale tra i due campi dà origine ad un vettore diretto come il versore delladirezione radiale:

rFFFF aEHrrr

∝×

• al termine di fase rj 0e β− corrisponde un ritardo, nel dominio del tempo, pari a

−ω

c

rtsin

Queste proprietà consentono di applicare la cosiddetta stima dei campi per traslazione,utilizzando la regola dell’inverso della distanza: tale regola dice sostanzialmente che i campielettrici e magnetici calcolati alle distanze d1 e d2 sono legati dalla relazione

)d(Hd

d)d(H

)d(Ed

d)d(E

1FF2

12FF

1FF2

12FF

rr

rr

=

=

In altre parole, l’intensità dei campi decresce con l’inverso della distanza dalla sorgente.E’ però importante sottolineare che questa regola dell’inverso della distanza

vale solo se d1 e d2 sono nella regione di campo lontano rispettoalla sorgente; in caso contrario, ossia se almeno uno dei due punti di osservazione si trovanella regione del campo vicino, allora la regola dell’inverso della distanza non può più essereapplicata, in quanto questo significherebbe ignorare i contributi di campo proporzionali a 1/r2 e 1/r3,cioè appunto i termini di campo vicino.

Flusso di potenza media

Vogliamo adesso analizzare la situazione da un punto di vista energetico. In particolare, vogliamodare una giustificazione analitica del fatto (già accennato in precedenza) che il termine diradiazione del campo elettromagnetico è quello che contribuisce alflusso di energia dalla sorgente all’utilizzatore (energia attiva),mentre invece il termine di induzione dà luogo solo ad una energia(reattiva) che viene immagazzinata e rilasciata dal campo ogniquarto di periodo.

Per dimostrare questo, cominciamo a calcolare il flusso di potenza, per unità di superficie, in unpunto P individuato dalle coordinate sferiche (r,θ,ϕ). Per fare questo calcolo, non dobbiamo far altroche calcolare il vettore di Poynting nel punto considerato: con riferimento alla definizione di talevettore nel dominio della frequenza, abbiamo che

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli9

−===×= ϕ

ϕθ

ϕ

θ

ϕθ

ϕθ

ϕθ

ϕθ

0

HE

HE

2

1

H00

0EE

aaa

2

1

HHH

EEE

aaa

2

1HE

2

1p *

r

*

*r

r

***r

r

r*

rrrrrr

rrr

Da notare che abbiamo usato il simbolo pr

, con la “p” minuscola, in quanto si tratta di una densitàdi potenza.

La prima cosa che si osserva è che non c’è flusso di potenza lungo la direzione ϕ, ma solo lungole direzioni r e θ. Per capire che tipo di flusso di potenza c’è lungo tali direzioni, dobbiamosostituire le espressioni delle componenti del campo elettromagnetico.

Cominciamo dalla direzione azimutale θ: sostituendo e facendo i conti, si trova che

( )1rjr

cossin

4

IdHE

2

1p 22

5

2*

r +βωε

θθ

π=−= ϕθ

l

L’espressione di pθ risulta dunque puramente immaginaria (cioè una potenza di tipo reattivo): ciòsignifica che questa componente rappresenta un “palleggiamento” di potenza nella direzione θ, senzaun flusso netto di potenza: la potenza viene alternativamente assorbita a ceduta dal mezzo in cuil’onda si propaga.

Vediamo invece cosa accade per quanto riguarda la direzione radiale: sostituendo e facendo anchequi gli opportuni passaggi, si trova che

( ) ( )

β

−βη

πθ

=

β−

ββη

πθ

== ϕθ 530

2200

2

50

20

400

2*

r r

j

r

1

4

sinId

2

1

r

j

r

1

4

sinId

2

1HE

2

1p

ll

Questa volta abbiamo ottenuto una parte reale ed una immaginaria: la parte immaginariacorrisponde ancora una volta ad un palleggiamento di energia, mentre invece la parte reale indicache, lungo la direzione radiale, c’è un flusso netto di potenza attiva:

2

2

20

2

2

20

0

2

*attiva,r r

1sindI15

r

sindI

8

1

r4

sindI

2

1HE

2

1Rep

λθ

π=η

λθ

η

πθ

=

= ϕθ

lll

dove I è il modulo del fasore della corrente nell’antenna.

Il versore di questa potenza è evidentemente quello della direzione radiale, per cui possiamoriassumere quanto fatto in questi passaggi scrivendo che

λθ

π=×=2r2

2

*attiva m

W a

r

1sindI15HERe

2

1p

rlrrr

Questa espressione (che coinvolge una densità di potenza, misurata perciò in W/m2) mettedunque in evidenza che la potenza si diffonde nello spazio allontanandosi dalla sorgente, il chespiega il fenomeno di irradiazione.

A proposito, invece, di quanto detto all’inizio di questo paragrafo, ci basta osservare che a questastessa espressione della potenza potevamo arrivare considerando, anziché le espressioni generali delcampo, solo quelle relative al campo lontano e cioè usando solo le componenti Eθ ed Hϕ e

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli10

considerando, per queste, solo i termini proporzionali ad 1/r. Questo dimostra perciò che solo icontributi di radiazione danno origine ad un trasferimento netto dipotenza dalla sorgente all’utilizzatore.

E’ però necessario sottolineare una cosa a tal proposito: abbiamo detto che i termini di radiazione,essendo dipendenti da 1/r, sono sicuramente quelli prevalenti a grande distanza, visto che i terministatici e quelli di induzione dipendono, rispettivamente, da 1/r3 e 1/r2; tuttavia, non bisognadimenticare che anche in prossimità dell’elemento di corrente, dove ineffetti predominano il campo statico e quello di induzione, sonocomunque i termini proporzionali a 1/r, per quanto piccoli, acontribuire al flusso netto di potenza dalla sorgente versol’utilizzatore.

Resistenza di radiazione

A questo punto, per concludere il discorso sul dipolo elettrico oscillante, mentre prima abbiamocalcolato la densità di potenza attiva, possiamo adesso calcolare la potenza complessivairradiata dall’elemento di corrente: ci basta infatti integrare la densità di potenza su una superficiesferica, di raggio r, centrata nell’elemento stesso.

Ricordando allora la formula per l’integrazione su una superficie sferica in coordinate sferiche,abbiamo che

( ) ( ) ( )

2

2

0

3

2

0

2

2

0 0

22

22

0 0

2attiva

SUP

attiva

SUP

attivarad

dI40

3

4dI152dsin

dI152dsin

sindI152

dsinrr

1sindI15ddsinrpddSpSdpP

λ⋅π

=

=

λπ⋅π=θθ

λπ⋅π=θθ

λθ

π⋅π=

=θθ

λ

θπϕ=θθϕ==⋅=

∫∫

∫ ∫∫ ∫∫∫ππ

π ππ π

l

lll

lrr

Generalmente, il risultato appena ottenuto si scrive nella forma seguente

2

Id80P

222

rad

λπ=

l

Questa espressione è utile ai fini delle seguenti considerazioni: se pensiamo Prad come la potenzadissipata da una certa resistenza Rrad (per il momento incognita) attraversata da una corrente di

valore efficace 2/IIeff = , possiamo scrivere che 2

IRP

2

rad = , dove evidentemente 2

I2

è il quadrato

del valore efficace della suddetta corrente; uguagliando dunque con l’espressione di Prad trovata pocofa, abbiamo che

[ ]Ω

λπ=

d80R

22

rad

l

Questa resistenza prende il nome di resistenza di radiazione dell’elemento di correnteconsiderato. E’ evidentemente una resistenza fittizia che dissipa tanta potenza quanta ne vieneirradiata dal dipolo elettrico, a parità di valore efficace della corrente.

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli11

Tutte queste considerazioni ci consentono adesso di mostrare che il dipolo elettricocostituisce una sorgente di radiazioni elettromagnetiche abassissima efficienza. Ad esempio consideriamo una lunghezza dl=1cm ed una frequenzadi lavoro di 300 MHz (cui corrisponde λλ=1m). Con questi valori, si ottiene una resistenza diradiazione di 79 mΩ. Ciò significa che, per irradiare una potenza di 1W, è necessario alimentare ildipolo con una corrente di 3.6 A, che è un valore decisamente elevato. Se poi scendiamo infrequenza, ad esempio a 3 MHz (cui corrisponde λ=100m), la resistenza di radiazione scende a 7.9µΩ, per cui la corrente necessaria ad irradiare 1 W di potenza è data addirittura da 356 A.

Nonostante questa scarsissima efficienza di radiazione, il dipolo elettrico è comunque unvalido strumento di studio, in quanto i campi lontani da esso prodotti sono sostanzialmente identiciai campi lontani di molte altre antenne di uso comune.

Il dipolo magnetico (spira)Il duale del dipolo elettrico elementare è costituito dal dipolo magnetico elementare (o spira

di corrente), schematizzato nella figura seguente:

E’ qui riportata una spira di raggio b (molto piccolo) giacente nel piano [xy] e percorsa da unacorrente il cui fasore è I.

Il momento dl dipolo magnetico associato a questa spira è notoriamente dato dal prodotto trail fasore della corrente e l’area della superficie delimitata dalla spira: essendo tale area data da πb2,deduciamo che il suddetto momento vale

2bIm π= [Am2]

Data la perfetta dualità con il dipolo elettrico descritto nel precedente paragrafo, diventaimmediato scrivere le componenti del campo elettromagnetico irradiato da questa sorgente:

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli12

( )

( ) ( )

( ) ( )rj

30

2000

200

2

rj

30

200

200

2

r

rj

200

200

2

0

0

0

er

j

r

1

r

1j

4

sinbIjH

er

j

r

1

2

cosbIjH

er

1

r

1j

4

sinbIjE

β−θ

β−

β−ϕ

β−

β+

βηβωµ

πθ⋅π⋅

=

β−

βηβωµ

πθ⋅π⋅

=

β+

ββωµ

πθ⋅π⋅

−=

Confrontando queste espressioni con quelle del campo prodotto dal dipolo elettrico, notiamosostanzialmente le seguenti differenze:

• mentre per il dipolo elettrico avevamo il termine Idl che portava in conto il tipo di sorgente,adesso abbiamo il termine Iππb2, ossia il momento del dipolo magnetico;

• mentre per il dipolo elettrico il campo magnetico presentava solo la componente ϕ ed il campoelettrico non presentava la componente ϕ, qui accade l’esatto contrario, ossia il campomagnetico ha solo la componente ϕ mentre il campo magnetico manca della componente ϕ.

A fronte di queste differenze, si nota d’altra parte, che, a patto di mettere in evidenza un termine jin tutte e tre le componenti del campo, i termini tra parentesi sono assolutamente gli stessi di quelliche comparivano per il campo prodotto dal dipolo elettrico.

In base a queste considerazioni, è evidente che possiamo ripetere anche in questo caso le stesseidentiche considerazioni fatte per il campo prodotto dal dipolo elettrico: in particolare, leosservazioni fatte per il campo elettrico (magnetico) prodotto dal dipolo elettrico valgono adesso peril campo magnetico (elettrico) prodotto dal dipolo magnetico.

Concentriamoci allora direttamente sulle componenti di campo lontano, che abbiamo dettoessere generalmente quelle di maggiore interesse pratico:

r

e

4

sinbIH

0Hr

e

4

sinbIE

rj

0

002

FF,

FF,r

rj

00

2

FF,

0

0

β−

θ

β−

ϕ

ηβωµ

πθ⋅π⋅

−=

=

βωµπ

θ⋅π⋅=

Analogamente a quanto avviene per un dipolo elettrico, il campo lontano di un dipolo magnetico ètale che i campi decadono come 1/r, giacciono su di un piano (locale) perpendicolare alla direzioneradiale e sono legati per mezzo del parametro η0.

Se facciamo un discorso energetico, possiamo andare a determinare la potenza totale Prad irradiatadal dipolo e quindi, successivamente, la resistenza di radiazione del dipolo stesso: si trova in questocaso che

[ ]Ω

λπ

⋅= b

17.31R2

rad

Analogamente al dipolo elettrico, anche il dipolo magnetico non irradia in modo efficiente: adesempio, consideriamo una spira di raggio b=1cm ed una frequenza di lavoro di 300 MHz (cuicorrisponde λλ=1m); con questi valori (analoghi a quelli usati per il dipolo elettrico), si ottiene una

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli13

resistenza di radiazione di 3.08 mΩ; ciò significa che, per irradiare una potenza di 1W, la spira deveessere percorsa da una corrente di 18 A ! Se poi scendiamo in frequenza, ad esempio a 3 MHz (cuicorrisponde λ=100m), la resistenza di radiazione scende a 30.8 pΩ, per cui la corrente necessaria adirradiare 1 W di potenza è addirittura di 1.8*105 A.

Segnaliamo inoltre che la forma di una spira elettricamente piccola noninfluenza i campi da essa generati nella regione di campo lontano. E’possibile fare vari esempi a supporto di questa considerazioni, ma noi tralasciamo questo aspetto.

IL DIPOLO IN λλ/2 E L’ANTENNA UNIPOLARE IN λλ/4Il dipolo elettrico considerato in precedenza è ovviamente un tipo di antenna che non è di utilizzo

pratico, per vari motivi:

• in primo luogo, abbiamo assunto che la lunghezza del dipolo fosse infinitesima (al fine disemplificarci i calcoli), cosa che in realtà non può accadere;

• abbiamo poi ipotizzato che la corrente di eccitazione fosse costante lungo il dipolo stesso: daqui discendeva che la corrente non risultasse nulla ai capi del dipolo, il che, oltre a non essererealistico, è anche impossibile da realizzare, in quanto il mezzo circostante il dipolo, ossia lospazio libero, non è conduttivo;

• inoltre, il dipolo elettrico irradia in modo tutt’altro che efficiente, visto che la sua resistenza diradiazione è molto piccola, per cui sono necessarie alte correnti per ottenere potenzeapprezzabili.

Data la perfetta dualità, questi stessi discorsi valgono anche per il dipolo magnetico. Allora,vediamo di analizzare due antenne reali e di comune utilizzo.

L’antenna a dipolo elettricamente lungo (semplicemente detta antenna a dipolo) è costituita daun semplice filo sottile che viene alimentato o eccitato da una sorgente di tensione inserita a metà delfilo stesso, come mostrato nella figura seguente:

+-

L

L/2

I(z)

I(z)

Ognuna delle due parti in cui resta diviso il filo è lunga L/2.Una antenna unipolare è invece costituita da un unico braccio, perpendicolare ad un piano di

massa, alimentato alla base, come mostrato nella figura seguente:

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli14

+-

hI(z)

piano di massaperfettamenteconduttore

Da notare che, ai fini dell’analisi, il piano di massa è considerato infinito e perfettamenteconduttore. Nella pratica, questa situazione non può mai essere realizzata, per cui il comportamentoeffettivo del piano di massa rappresenta solo una approssimazione del modello ipotizzato. Peresempio, sugli aerei il piano di massa è costruito dalla fusoliera metallica; invece, per stazioni diterra è rappresentato, entro certi limiti, dal terreno stesso: dato che il suolo non può essereconsiderato una approssimazione di un piano perfettamente conduttore (che è realizzato in metallo),per le stazioni di terra si costruiscono generalmente delle griglie di fili da porre sul terreno, in mododa simulare il piano di massa.

Quando dobbiamo andare a studiare i campi irradiati dall’antenna unipolare, ci conviene applicareil noto principio delle immagini, tramite il quale sostituiamo il piano di massa con l’immaginedell’elemento di corrente che sta sopra tale piano, come indicato nella figura seguente:

+-

h

h/2

I(z)

I(z)

immagine

Così facendo, è evidente che abbiamo nuovamente ottenuto una antenna a dipolo del tipo descrittopoco fa, per cui l’analisi dell’antenna unipolare coincide con quella dell’antenna a dipolo.Analizzeremo dunque solo quest’ultima, sottolineando, quando necessario, la differenza tra i due tipidi antenne.

In precedenza, abbiamo osservato che, quando è nota la distribuzione di corrente sulla superficiedell’antenna, è possibile (in modo più o meno difficoltoso) ricavare i corrispondenti campi irradiati.Nella pratica, si tende a formulare delle ipotesi ragionevoli sulla possibile distribuzione di correntesulla superficie dell’antenna. Nel caso di una antenna a dipolo, si puòdimostrare che la distribuzione di corrente è approssimativamenteuguale a quella che si localizza lungo una linea di trasmissione:questo significa che, se I(z) è la corrente nella generica sezione z dell’antenna, essa è proporzionalead un termine del tipo sin(ββ0z).

In particolare, supponiamo di porre il centro del dipolo nell’origine di un sistema di coordinatesferiche, disponendo il dipolo stesso lungo l’asse z, come mostrato nella figura seguente:

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli15

Con questa scelta del sistema di riferimento, si può esprimere la distribuzione di corrente lungo ilfilo tramite la seguente espressione:

<<

<<

−β

=

0z2

L- z

2

LsinI

2

Lz0 z

2

LsinI

)z(I

0m

0m

(ricordiamo che I(z) è un fasore, dato che lo è Im).Si noti che questa distribuzione di corrente soddisfa due criteri fondamentali, di cui il secondo

irrinunciabile nella realtà:

• la variazione di corrente lungo z è proporzionale a sin(β0z);

• la corrente negli estremi (vale a dire per z=±L/2) è nulla.

Una volta nota (o ipotizzata) la distribuzione di corrente sull’antenna, possiamo andare a calcolarei corrispondenti campi. In particolare, come già illustrato nella figura, dobbiamo applicare ilprincipio di sovrapposizione: il campo totale sarà la sovrapposizione dei singoli campi dovuti amolti dipoli elettrici, ciascuno di lunghezza dz e avente corrente costante di valore I(z). Si trattacioè di scomporre l’antenna in infiniti dipoli, ciascuno dilunghezza infinitesima e percorso da corrente costanti pari alvalore della corrente reale in corrispondenza del valore di zprescelto.

Oltre a questo, si suppone anche di porre il punto di osservazione P(x,y,z) in zona lontana daquesti elementi infinitesimi di corrente, in modo da poter utilizzare solo le espressioni del campolontano valide per un dipolo elettrico elementare.

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli16

Consideriamo allora, con riferimento sempre a quanto illustrato nell’ultima figura, l’elemento dzdi corrente I(z); il campo prodotto da questo dipolo in zona lontana, in base a quanto visto inprecedenza per il dipolo elettrico, risulta essere

'rj00FF,

0e'r4

'sindz)z(IjdE β−

θ βηπ

θ⋅≅

dove il pedice FF sta notoriamente per Far Field, ossia campo lontano.In questa espressione, abbiamo considerato una distanza r’ che separa il dipolo infinitesimo dal

punto di osservazione ed un corrispondente angolo θθ‘. Questo perché con r e θθ abbiamo indicato laposizione del punto di osservazione rispetto al centro del sistema di riferimento, situato al centro deldipolo:

D’altra parte, come si vede in figura, se il punto P è sufficientemente distante dal dipolo, ledistanze r ed r’ sono praticamente uguali e lo stesso vale anche per i due angoli θ e θ‘. Possiamoallora fare le sostituzioni θ≅θ‘ e r≅r’, tranne che nel termine esponenziale:

'rj00FF,

0er4

sindz)z(IjdE β−

θ βηπ

θ⋅≅

Il motivo per cui non possiamo porre r≅r’ nel termine esponenziale 'rj 0e β− è il seguente: ricordandoche β0=2π/λ e scomponendo l’esponenziale in modulo e fase, possiamo scrivere evidentemente che

λπ

=β− 'r21e 'rj 0

Questa espressione mostra che il valore (in particolare la fase) del termine in questione nondipende dalla distanza fisica r’, bensì dalla distanza elettrica r’/λλ. Questo significa che, anche se red r’ sono approssimativamente uguali, il termine esponenziale può comunque dipendere in modosignificativo dalla differenza dei due in termini di distanza elettrica.

Per comprendere ancora meglio questa distinzione, facciamo un esempio numerico, supponendor=1000m e r1=1000,5 m. Ipotizzando una lunghezza d’onda λ=1m, risulta β0r=2πr/λ=360000° eβ0r’=2πr’/λ=360180°. Come si vede da questi due valori, il campo alla distanza di 1000 m èsfasato di 180° rispetto a quello a distanza di 1000,5 m.

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli17

Non è dunque corretto porre r≅r’ nel termine esponenziale 'rj 0e β− . Possiamo però esprimereugualmente questo termine in funzione di r: infatti, osservando l’ultima figura si nota che i duesegmenti r ed r’ sono approssimativamente paralleli, data proprio la supposta lontananza del punto diosservazione: allora, in base a semplici ragionamenti geometrici, notiamo che

θ−≅ coszr'r

Sostituendo questa espressione in quella del termine esponenziale, deduciamo dunque che ilcampo elettrico lontano, prodotto dal generico dipolo infinitesimo, è

( )θ−β−θ βη

πθ⋅

≅ coszrj00FF,

0er4

sindz)z(IjdE

A questo punto, per ottenere il campo elettrico totale, dobbiamo sommare gli infiniti contributi,ossia integrare su tutta la lunghezza dell’antenna (quindi da z=-L/2 a z=+L/2):

( ) ∫∫∫−

θββ−

θ−β−θθ βη

πθ

=βηπ

θ⋅==

2/L

2/L

coszjrj

00

2/L

2/L

coszrj00

tot

FF,FF, dze)z(Ir

e

4

sinje

r4

sindz)z(IjdEE 0

0

0

Per risolvere l’integrale, dobbiamo evidentemente sostituire l’espressione della distribuzione dicorrente: scomponendo allora l’integrale in due parti, otteniamo

−β+

+ββη

πθ

=

=

+βη

πθ

=

∫∫

∫∫

θβ

θββ−

θβ

θββ−

θ

2/L

0

coszj0

0

2/L

coszj0m

rj

00

2/L

0

coszj0

2/L

coszjrj

00FF,

dzez2

Lsindzez

2

LsinI

r

e

4

sinj

dze)z(Idze)z(Ir

e

4

sinjE

00

0

00

0

Facendo gli opportuni passaggi per risolvere i due integrali, si trova infine che

)(FIr

e

2j

sin2

Lcoscos

2

Lcos

Ir

e

2jE m

rj0

00

m

rj0

FF,

00

θπ

η=

θ

β−

θβ

⋅π

η=

β−β−

θ

Il termine F(θθ) tiene conto, evidentemente, delle proprietà direzionali del dipolo e sarà analizzatotra poco.

Per quanto riguarda il campo magnetico generato dall’antenna a dipolo, il discorso è del tuttoanalogo a quello del dipolo elettrico elementare: nel caso di quest’ultimo, infatti, sappiamo che ilcampo magnetico, nella regione di campo lontano, è ortogonale al campo elettrico ed è legato da essotramite il parametro η0; analogamente, nel caso dell’antenna a dipolo, il calcolo del campomagnetico con lo stesso metodo seguito poco fa porta ad ottenere che Hϕϕ=Eθθ/ηη0, per cuiconcludiamo che il campo elettromagnetico prodotto dall’antenna a dipoloin zona lontana è

ϕ

β

ϕϕ

θ

β

θθ

θπ

=θ=θ

θπ

η=θ=θ

a)(FIr

e

2

1ja),r(H),r(H

a)(FIr

e

2ja),r(E),r(E

m

rj

FF,FF

m

rj0

FF,FF

0

0

rrr

rrr

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli18

A questo punto, notiamo che non abbiamo ancora fatto alcuna ipotesi circa la lunghezza fisica Ldel dipolo, che compare nel fattore F(θθ):

θ

β−

θβ

=θsin

2

Lcoscos

2

Lcos

)(F00

Il dipolo di utilizzo più comune è quello detto in mezz’onda, per cui il quale cioè risulta L=λλ/2alla frequenza di lavoro: sostituendo nell’espressione di F(θ), otteniamo

θ

θ

π

=θλ sin

cos2

cos)(F 2/

In base a questa espressione, il campo elettrico risulta massimo per θ=90°, ossia sul pianoequatoriale dell’antenna: infatti, risulta F(90°)=1, per cui il modulo del campo è

mmm0

m

rj0

FF Ir

60I

r

1

2

120I

r

1

2)90(FI

r

e

2j)90,r(E

0

=ππ

η=°

πη

=°βr

Potenza irradiataAndiamo ora a calcolare la potenza irradiata dal dipolo. Il procedimento da adottare è sempre lo

stesso: bisogna calcolare la parte reale del vettore di Poynting *HE2

1p

rrr×= , in modo da conoscere la

densità di potenza attiva disponibile nel punto di osservazione, e poi integrare su una sfera di raggior centrata nella sorgente. Facendo i conti, si trovano i seguenti risultati:

• in primo luogo, sempre in analogia a quanto trovato per il dipolo elementare, si trova che nonc’è flusso di potenza lungo la direzione ϕ, ma solo lungo le direzioni r e θ; in particolare, datoche il campo elettrico di radiazione presenta solo la componente θ, il flusso di potenza lungotale direzione coinvolge ancora una volta solo una potenza reattiva (indicativa quindi del solito“palleggiamento di potenza” da e verso il mezzo);

• al contrario, il vettore di Poynting lungo la direzione radiale r presenta una parte reale,indicativa appunto di un trasferimento di energia attiva dalla sorgente al mezzo circostante: taleparte reale risulta essere

)(Fr2

I

2

1p 2

2/

2

m0attiva,r θ

πη= λ

• il passo successivo è quello di calcolare la potenza totale irradiata, integrando la densità dipotenza su una sfera di raggio r centrata sulla sorgente:

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli19

∫∫∫ ∫∫π

π−λ

π

π−λ

π

π−

π π

π−

θθθηπ

=

θθθ

πηπ=θθπ=θθϕ==

2/

2/

22/0

2m

2/

2/

222/

2

m0

2/

2/

2media,r

2

0

2/

2/

2media,r

SFERA

media,rrad

dsin)(FI4

1

dsinr)(Fr2

I

2

12dsinrp2dsinrpddSpP

Sostituendo l’espressione di )(F 2/ θλ prima ricavata e risolvendo l’integrale (tramite alcune

opportune sostituzioni di variabili), si trova alla fine che

( ) 08.732

I609.0120I

2

1609.0I

2

1R

2m2

m02m/2 in

dipolorad ⋅=⋅π⋅

π=⋅η

π=

λ

dove abbiamo inteso specificare che stiamo considerando il dipolo in λ/2.

Abbiamo lasciato in evidenza il termine 2

I2m in quanto corrisponde evidentemente al modulo

quadro del valore efficace della corrente di alimentazione, per cui concludiamo che

( ) 08.73IP2

eff/2 indipolo

rad ⋅=λ

In base a questa espressione, se conosciamo il valore efficace della corrente in ingresso al dipoloin mezz’onda, possiamo ricavare la potenza attiva totale irradiata dall’antenna. Questo indicainequivocabilmente che la resistenza di radiazione del dipolo in mezz’onda è

( ) Ω≅λ

73R/2 in

dipolorad

E’ importante sottolineare che esiste a questo punto una differenza tra l’antenna a dipolo el’antenna unipolare: infatti, anche se i campi irradiati sono identici, l’antenna unipolare irradia solonell’emisfero superiore (data la presenza del piano di massa), mentre invece il dipolo irradianell’intera sfera che lo circonda. Deduciamo che l’antenna unipolare irradia metàdella potenza irradiata dalla corrispondente antenna a dipolo: seconsideriamo il dipolo in λ/2, è evidente che dobbiamo considerare l’antenna unipolare (omonopolo) in λλ/4, per cui scriviamo che

( ) 54.36IP2

eff/4 inmonopolo

rad ⋅≅λ

da cui evidentemente consegue che

( ) Ω≅λ

5.36R/4 in

monopolorad

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli20

IMPEDENZA DI INGRESSO

Nei discorsi dei precedenti paragrafi, non è mai entrata l’impedenza di ingresso Zin aimorsetti delle antenne prese in considerazione (dipolare o monopolare). Quest’ultima è generalmentecostituita da una parte reale ed una parte immaginaria:

ininin jXRZ +=

In particolare, la parte reale è data dalla somma della resistenza di radiazione dell’antennaconsiderata e della cosiddetta resistenza di perdita, dovuta ai conduttori non perfetti usati per larealizzazione pratica dell’antenna:

( ) inperditaradin jXRRZ ++=

Sia la parte reale sia la parte immaginaria di Zin variano al variare della lunghezza d’onda dilavoro. Per un dipolo in λ/2 (cioè in corrispondenza di quel particolare valore di λ per cuiL=λ/2), risulta Xin=42.5ΩΩ, mentre invece per il corrispondente monopolo in λ/4 risultaXin=21.25ΩΩ.

Si notano inoltre dei risultati particolari. Consideriamo ad esempio una antenna unipolare dilunghezza L fissa (oppure, ciò che è lo stesso, un antenna a dipolo di lunghezza 2L): se risulta Lminore di λ/4, la resistenza di radiazione Rrad assume valori molto più piccoli dei 36.5Ω primacalcolati, mentre la parte reattiva Xin diventa negativa, indicando una reattanza di tipocapacitivo. Questo significa che le antenne unipolari (o i dipoli) più corte di λ/4 (o di λ/2) sicomportano, ai morsetti di ingresso, come una piccola resistenza in serie ad una capacità.

Se, invece, prendiamo una lunghezza L solo leggermente minore di λ/4 (oppure 2L leggermenteminore di λ/2 nel caso dell’antenna a dipolo), si trova che Xin risulta praticamente nulla: questacondizione è ovviamente desiderabile al fine di massimizzare la potenza fornita all’antenna daparte di una sorgente che abbia impedenza di ingresso reale (ad esempio i classici 50Ω). Perquesto motivo, la maggior parte delle antenne unipolari hanno lunghezze leggermente inferiori aλ/4. Ovviamente, può talvolta capitare che i vincoli di installazione impongano dimensionieccessive per l’antenna: in questi casi, c’è il rischio di veder comparire una grande reattanzacapacitiva nell’impedenza di ingresso, il che significa che, a parità di resistenza di radiazione,bisogna aumentare la tensione fornita per ottenere gli stessi livelli di potenza (dissipata su Rrad).Per evitare questo, si procede generalmente a compensare la reattanza capacitiva tramite unareattanza induttiva uguale ed opposta: questa operazione, detta di sintonizzazionedell’antenna, è ottenuta inserendo, in serie ai morsetti di ingresso dell’antenna, degli induttoriappositi.

Nota l’impedenza di ingresso dell’antenna, è possibile calcolarela potenza attiva totale irradiata dall’antenna stessa semplicementecalcolando la potenza attiva dissipata su Rrad. Per spiegarci meglio, facciamoun esempio concreto, con riferimento al dipolo in λ/2 schematizzato nella figura seguente:

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli21

L’antenna viene qui alimentata da una sorgente a 150 MHz, con tensione a vuoto di 100 V (invalore efficace) e resistenza serie da 50 Ω. Per calcolare la potenza irradiata, ci basta sostituirel’antenna con il suo circuito equivalente e calcolare la potenza dissipata su Rrad:

La corrente in ingresso all’antenna è evidentemente

jXRRR

VI

radperditaS

Sant +++

=

Se è noto il tipo di antenna e la sua lunghezza, possiamo immediatamente dedurre i valori dellaresistenza di radiazione e della reattanza di ingresso: ad esempio, per un dipolo in λ/2, abbiamo dettoche Rrad=73Ω e X=42.5Ω. Resta da calcolare la resistenza che tiene in conto delle perdite di potenzadurante il trasferimento del segnale dalla sorgente all’antenna vera e propria e nell’antenna stessa.

Supponiamo, allora, per esempio, che i fili utilizzati siano del tipo AWG20: alla frequenza dilavoro di 150 MHz, si può verificare che il raggio rW dei fili è molto maggiore della profondità dipenetrazione per effetto pelle (che vale δ=5.4µm), per cui si può adottare la formula generale dellaresistenza specifica (cioè per unità di lunghezza) di un filo nel caso in cui esso operi ad altefrequenze:

m 25.1

r2

1r

Wfilo

Ω=

σδπ=

dove si sono usati i valori caratteristici di rW e σσ (conducibilità) per il cavo AWG20.

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli22

Per ottenere la resistenza ohmica complessiva dei fili usati per realizzare il dipolo, ci bastamoltiplicare la resistenza specifica per la lunghezza L/2 (dove L=1m):

Ω=⋅== 63.02

125.1

2

LrR filoperdita

A questo punto, possiamo scrivere che la corrente ai morsetti di ingresso dell’antenna vale

°−=+++

°=

+++= 97.18765.0

5.42j7363.050

0100

jXRRR

VI

radperditaS

Sant

La potenza attiva irradiata dall’antenna è quella dissipata su Rrad, per cui vale

W72.42IRP2

eff,antradrad ==

Analogamente, la potenza dissipata dall’antenna a causa delle perdite, è

W368.0IRP2

eff,antperditaperdita ==

Adesso, al fine di studiare l’effetto della lunghezza dell’antenna, supponiamo di ripetere lo stessoragionamento ma su una antenna a dipolo di lunghezza L=λ/8. Ciò che cambia sono evidentemente ivalori di Rperdita, Rrad ed X, che sono indicati nella figura seguente:

Come si vede, mentre abbiamo ottenuto una riduzione della resistenza di perdita e quindi dellapotenza perduta, allo stesso tempo abbiamo ottenuto un minor valore della resistenza di radiazioneed un valore molto più alto della reattanza (che tra l’altro è diventata capacitiva). Ripetendo idiscorsi di prima, si trova allora che la corrente in ingresso all’antenna è

°=−++

°=

+++= 1.85166.0

600j5.11.050

0100

'jX'R'RR

V'I

radperditaS

Sant

cui corrisponde una potenza attiva irradiata dall’antenna pari a

mW3.41'I'R'P2

eff,antradrad ==

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli23

Abbiamo un valore che è di tre ordini di grandezza inferiore a quello trovato prima. Questo, comevisto, è dovuto all’accorciamento della lunghezza del dipolo, cuicorrisponde una diminuzione di Rrad ed un aumento notevole di X.

Se volessimo porre rimedio a questa situazione, dovremmo inserire un induttore in serieall’antenna: ad esempio, per ottenere una reattanza induttiva di +j600Ω alla frequenza di 150 MHz,ci servirebbe un induttore di 0.637µH. Con tale induttore, che quindi compensa esattamente lareattanza capacitiva, si trova che

°=++

°=

++= 0938.1

5.11.050

0100

'R'RR

V''I

radperditaS

Sant

cui corrisponde una potenza attiva irradiata dall’antenna pari a

W63.5''I'R''P2

eff,antradrad ==

Questo valore è decisamente superiore al precedente, ma è comunque minore del primo valorecalcolato, a causa evidentemente del valore comunque minore della resistenza di radiazione.

Questi calcoli mostrano dunque l’estrema importanza che la parte reattiva dell’impedenza diingresso gioca sulla potenza irradiata.

CARATTERIZZAZIONE DELLE ANTENNE

Le antenne considerate fino ad ora (dipolo elementare elettrico o magnetico, dipolo in λ/2 eantenna unipolare in λ/4) possono essere analizzate con discreta facilità. Tuttavia, non altrettantosemplice risulta l’analisi di altre antenne, al fine ad esempio di determinare la potenza totale da esseirradiata o le proprietà di radiazione. Allora, per le antenne di struttura piùcomplicata la caratterizzazione viene di solito eseguita misurandoalcuni opportuni parametri, come la direttività, il guadagno,l’apertura efficace e/o il fattore di antenna. Vogliamo allora introdurreproprio questi parametri.

Direttività e guadagno di una antenna

Il cosiddetto guadagno direttivo di una antenna, indicato con D(θθ,ϕϕ), è una misura dellaconcentrazione della potenza irradiata in una particolare direzione θ,ϕ ed a distanza r costantedall’antenna stessa. Tanto per avere una idea, nel caso dei dipoli elementari si può verificare che lapotenza irradiata risulta massima per θ=90°, mentre invece risulta addirittura nulla per θ=0° e perθ=180°.

Per poter ottenere una misura quantitativa della concentrazione della potenza irradiata,introduciamo la cosiddetta intensità di radiazione, indicata con U(θθ,ϕϕ).

Riprendiamo l’espressione della densità di potenza attiva irradiata da un dipolo elementare(elettrico o magnetico):

λθ

π=

×=

2r2

2

*attiva m

W a

r

1sindI15HE

2

1Re

2

1p

rlrrr

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli24

Confrontiamo questa espressione con quella del modulo quadro della componente di campoelettrico in zona lontana:

220

2

2

220

220

20

22rj

00

2

FF r

1sind|I|

4

14

r4

sind|I|

r4

sind|I|ae

r4

sinIdjE 0 η

λθ

=λπ

η

πθ

=βη

πθ

=βηπ

θ= θ

β− lllrlr

Ricordando quale sia l’espressione di η0, si trova facilmente che risulta

r0

2

FF

attiva a2

Ep

rr

r

η=

In altre parole, la densità di potenza attiva irradiata nella regione dicampo lontano dal nostro dipolo elettrico si ottiene dal modulo delcampo elettrico (sempre in zona lontana) dividendolo per 2η0. Al fine dievidenziare la dipendenza di questa quantità da 1/r2, possiamo anche scrivere che

r20

20

attiva ar2

Ep

rr

η=

dove evidentemente si è posto

20

220

sind|I|

4

1E η

λθ

=l

L’espressione di attivapr

, ricavata adesso per il dipolo elettrico, risulta in realtà valida anche per i

dipoli magnetici, per i dipoli elettricamente lunghi e per le antenne unipolari: possiamo cioè scrivere,per queste antenne, che la densità di potenza attiva vale

r20

20

attiva ar2

Ep

rr

η=

dove l’espressione di E0 dipende da θ, dal tipo di antenna e dalla corrente di alimentazionedell’antenna stessa.

Se ora volessimo ottenere una espressione della potenza che sia indipendente dalla distanzadall’antenna, ci basterebbe moltiplicare la potenza attiva per r2: la quantità che viene fuori da questoprodotto è definita intensità di radiazione e vale perciò

attiva2 pr),(U

r⋅=ϕθ

Si tratta chiaramente di una funzione delle coordinate θ e ϕ in quanto lo è la potenza attiva. Essa,invece, non dipende da r.

L’intensità di radiazione è tra l’altro legata alla potenza attiva totale irradiata dall’antenna:abbiamo infatti visto, nel caso del dipolo elettrico (ma il metodo è generale), che la potenza attivatotale irradiata è

∫ ∫∫∫π π

ϕθθ==⋅=2

0 0

2attiva

SUP

attiva

SUP

attivarad ddsinrpdSpSdpPrr

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli25

Compare qui evidentemente il termine pattivar2, che è appunto l’intensità di radiazione:

∫ ∫π π

ϕθθϕθ=2

0 0

rad ddsin),(UP

Nell’integrale compare un termine sinθdθdϕ che non è altro che una frazione infinitesimadell’angolo solido ΩΩ (misurato in steradianti, sr): ponendo perciò dΩΩ=sinθθdθθdϕϕ, scriviamoche

∫ Ωϕθ=SUP

rad d),(UP

Le unità di misura dell’intensità di radiazione sono dunque W/sr.Notiamo inoltre che, se fosse U=1, il risultato di quell’integrale sarebbe 4π (e cioè l’angolo solido

sotto cui la sorgente vede la superficie chiusa che la circonda interamente). Di conseguenza, lapotenza totale irradiata si ottiene integrando l’intensità di radiazione su un angolo solido di 4πsteradianti.

Si definisce allora intensità media di radiazione il rapporto tra la potenza totale irradiata e 4πsteradianti:

π=

4

PU rad

media

A questo punto, il guadagno direttivo di una antenna, in una determinata direzione, è definitocome il rapporto tra l’intensità di radiazione in quella direzione e l’intensità media di radiazione:

radmedia P

),(U4

U

),(U),(D

ϕθ⋅π=

ϕθ=ϕθ

Questa formula dice dunque che D(θ,ϕ) si ottiene moltiplicando l’intensità di radiazione U(θ,ϕ)per 4π e dividendo il tutto per la potenza totale irradiata dall’antenna.

Il valore massimo del guadagno direttivo prende il nome di direttività dell’antenna:

[ ]media

maxmax U

),(UD

ϕθ=

Quindi, una volta individuato l’andamento di D(θ,ϕ), si individua la direzione in cui taleparametro assume il valore massimo e tale valore massimo è proprio la direttività.

Esempio: dipolo elettrico

A titolo di esempio, calcoliamo il guadagno direttivo e la direttività di un dipolo elettrico.Cominciamo a riportare l’espressione ricavata per la densità di potenza attiva irradiata dal dipolo:

λθ

π=

×=

2r2

2

*attiva m

W a

r

1sindI15HE

2

1Re

2

1p

rlrrr

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli26

Da qui, applicando la definizione, calcoliamo l’intensità di radiazione:

λθ

π=⋅=ϕθsr

W

sindI15pr),(U

2

attiva2 lr

Per ottenere il guadagno direttivo, ci serve infine la potenza attiva totale irradiata, che abbiamovisto essere data da

2

Id80P

222

rad

λπ=

l

Possiamo allora concludere che il guadagno direttivo del dipolo elettrico è

θ⋅==ϕθ⋅π

=ϕθ 2

rad

sin5.1...P

),(U4),(D

Infine, per trovare la direttività, dobbiamo individuare la direzione in cui D(θ,ϕ) è massimo:dall’espressione ottenuta, è evidente che il guadagno direttivo è massimo quando lo è la funzionesin2θ, ossia per θ=π/2:

[ ] 5.1D),(D2 maxmax ==ϕθ→π

Diagrammi di radiazione (cenni)Si è visto dunque che il guadagno direttivo è, in generale, funzione delle proprietà radiative

dell’antenna, sintetizzate, come è noto, dai cosiddetti diagrammi di radiazione: il diagramma diradiazione di una antenna è semplicemente una rappresentazione grafica della irradiazionedell’antenna in funzione delle direzioni del sistema di riferimento prescelto. Ci sono varie possibilitàa seconda di cosa viene rappresentato graficamente:

• è possibile, ad esempio, diagrammare l’ampiezza del campo elettrico irradiato, nel qual caso ildiagramma di radiazione è un diagramma di ampiezza del campo;

• è anche possibile diagrammare la potenza per unità di angolo solido, nel quale caso si parla didiagramma di potenza (che, ovviamente, sarà proporzionale al quadrato dell’ampiezza delcampo elettrico).

Nel nostro contesto, il diagramma di radiazione è sempre quello in cui riportiamo l’andamentodell’ampiezza del campo elettrico.

Guadagno di potenza

Mentre il guadagno direttivo D(θ,ϕ) è una funzione solo del diagramma di radiazionedell’antenna, esiste un altro parametro, detto guadagno di potenza e indicato con G(θθ,ϕϕ), chetiene invece conto delle perdite dell’antenna.

Immaginiamo che la nostra antenna venga alimentata da una potenza complessiva Papp, ma cheirradi invece solo una potenza Prad, frazione di Papp. La differenza Papp-Prad è dissipata sia per effetto

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli27

delle inevitabili perdite ohmiche dell’antenna sia per altri tipi di perdite, diversi da antenna adantenna.

Si definisce allora fattore di efficienza il rapporto tra potenza totale irradiata e potenza totaleproveniente dall’alimentazione:

app

rad

P

Pe =

Successivamente, si definisce guadagno di potenza il prodotto tra fattore di efficienza eguadagno direttivo dell’antenna:

),(De),(G ϕθ⋅=ϕθ

Dato che il guadagno direttivo è stato definito come radP

),(U4),(D

ϕθ⋅π=ϕθ , possiamo scrivere che

il guadagno di potenza è

appP

),(U4),(G

ϕθ⋅π=ϕθ

Si tratta dunque di una definizione assolutamente analoga a quella del guadagno direttivo, con ladifferenza di considerare la potenza totale in ingresso all’antenna al posto di quella effettivamenteirradiata.Per la maggior parte delle antenne, il fattore di efficienza

risulta generalmente del 100%, il che significa che è indifferenteparlare di guadagno di potenza o guadagno direttivo.

Radiatore puntiforme isotropico

Per definizione, un radiatore puntiforme isotropico è costituito da una antenna ideale (cioèsenza perdite, per cui G=D) che irradia potenza allo stesso modo in tutte le direzioni.

Per una simile antenna, indicata con PT la potenza totale irradiata, è particolarmente facilecalcolare la densità di potenza totale irradiata: infatti, considerando una sfera di raggio d centratanel radiatore, è evidente che tale densità vale

r2T

attiva ad4

Pp

rr

π=

Questa espressione è nota in quanto definisce il cosiddetto fenomeno della divergenza sfericadelle onde: dato che il radiatore emette energia in tutte le direzioni e con la stessa intensità, manmano che ci si allontana da esso, ossia man mano che si considerano sfere di raggio d sempre piùgrande, la densità di potenza diminuisce con 1/d2 ed è una diminuzione a cui non si può in alcunmodo rimediare.

Il campo elettrico ed il campo magnetico dovuti a questo radiatore possono essere ricavatiosservando che la loro struttura è (localmente) quella delle onde piani uniformi: sappiamo allora dipoter scrivere che

r0

2

attiva a2

Ep

rr

r

η=

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli28

Combinando allora le ultime due equazioni e ricordando che il campo elettrico ha solo lacomponente lungo θ, possiamo dunque dedurre che

θθ =π

η=→

π=

ηa

d

P60a

d2

PE

d4

P

2

ET

2T0

2T

0

2

rrrr

Il radiatore puntiforme isotropico, per quanto sia un modello puramente ideale, è comunque moltoutile come antenna di riferimento, con la quale confrontare i risultati ottenuti per le antenne reali.Ad esempio, si può pensare di determinare il guadagno direttivo ed il guadagno di potenza delleantenne proprio rispetto a quello di un radiatore isotropico. Vediamo come.

Intanto, avendo detto che il radiatore puntiforme isotropico non presenta perdite, deduciamo che ilguadagno direttivo coincide con il guadagno di potenza: applicando la definizione, quest’ultimo vale

1P

),(pd4

P

),(U4),(G

app

attiva2

app

00 =

ϕθ⋅π=

ϕθ⋅π=ϕθ

r

dove si è tenuto conto sostanzialmente del fatto che il radiatore emette potenza uguale in tutte le

direzioni, per cui la densità di potenza è 2

appattiva d4

P),(p

π=ϕθ

r.

In secondo luogo, molto spesso il guadagno (direttivo o di potenza) di una antenna è espresso indB:

Glog10G 10dB =

In particolare, viene espressa in dB la direttività dell’antenna, ossia il valore massimo delguadagno direttivo: si caratterizza cioè l’antenna in base alla sua capacità di emettere potenza in unaspecifica direzione, ossia appunto quella di massima radiazione. Ad esempio, la direttività del dipoloelettrico elementare (che in unità naturali è 1.5) è 1.76 dB, mentre invece quella di un radiatoreisotropico puntiforme è ovviamente di 0dB.

Allora, in alternativa all’ultima espressione, si può esprimere il guadagno direttivo dell’antennarispetto a quello dell’antenna isotropica:

010dB G

Glog10G =

Si tratta in effetti solo di un formalismo matematico, dato che G0=1.

Reciprocità

Uno dei problemi di maggiore interesse, nello studio delle antenne, è quello relativo ai problemidi accoppiamento tra due antenne, di cui ovviamente una fa da trasmettitore e l’altra daricevitore. Allora, è importantissimo il principio della reciprocità: esso implica che lasorgente ed il ricevitore possano essere scambiati tra loro senzache i risultati subiscano alterazioni, a patto però che l’impedenzadella sorgente e del ricevitore siano le stesse.

Si possono poi dimostrare diverse proprietà conseguenti a questo principio. Citiamo due di queste:

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli29

• l’impedenza misurata ai morsetti di una antenna quando essa sia utilizzata da trasmettitore èpari alla impedenza di sorgente del circuito equivalente di Thevenin dell’antenna quando essa èusata per ricevere;

• il diagramma di irradiazione caratterizza una antenna sia che questa venga usata per latrasmissione sia che venga usata per la ricezione.

Apertura efficaceL’apertura efficace di una antenna è legata alla capacità dell’antenna stessa di estrarre energia

da un’onda incidente. Essa è rigorosamente definita come il rapporto tra la potenza PR dissipata(sull’impedenza di carico) e la densità di potenza pattiva dell’onda incidente, nell’ipotesi che lapolarizzazione dell’onda incidente e quella dell’antenna ricevente siano le stesse:

[ ]2

attiva

Reff m

p

PA =

Detta in altre parole, l’apertura efficace di una antenna ricevente è tale che sia soddisfatta larelazione effattivaR ApP = .

Quando l’impedenza di carico dell’antenna è pari al complesso coniugato dell’impedenzadell’antenna stessa, ossia quando si è in condizioni di adattamento tra antenna e carico, si verifica ilmassimo trasferimento di potenza al carico e quindi l’apertura efficace raggiunge il suo valoremassimo, detto appunto apertura efficace massima:

[ ]2

attiva

max,Rmax,eff m

p

PA =

Supponiamo che l’onda incidente sia polarizzata linearmente e che l’antenna che funge daricevitore sia un dipolo, che produce a sua volta in trasmissione onde polarizzate linearmente. Sottoqueste ipotesi, dato che la definizione di apertura efficace richiede polarizzazioni identiche, bisognafare in modo che l’antenna sia orientata, rispetto all’onda incidente, in modo da massimizzare isegnali in ingresso, ossia in modo che il vettore campo elettrico incidente sia parallelo al vettorecampo elettrico prodotto dall’antenna nel caso in cui essa venga usata come trasmettitore.

Esempio: dipolo elettrico elementare

Applichiamo i concetti appena esposti al caso semplice di un dipolo elettrico elementare.Facciamo le seguenti ipotesi e posizioni:

• in primo luogo, supponiamo che il dipolo sia senza perdite, per cui guadagno di potenza eguadagno direttivo coincidono;

• inoltre, indichiamo l’impedenza di carico del dipolo con ZL=Rrad-jX;

• supponiamo inoltre che l’antenna sia adattata a tale carico, il che significa che l’impedenza diingresso dell’antenna deve essere Zin=Rrad+jX;

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli30

• supponiamo infine che l’angolo formato tra l’antenna e la direzione di propagazione dell’ondaincidente sia θ e che quindi il vettore campo elettrico sia disposto proprio lungo θ (si supponeun campo lontano), come illustrato nella prossima figura:

A seguito dell’incidenza del campo sotto un angolo θ, otteniamo ai morsetti dell’antenna, unatensione a vuoto il cui modulo (ricordiamo che Eθ è un fasore) è valutabile come

θ⋅⋅= θ sindlEVOC

Avendo supposto che il carico garantisca il massimo della potenza trasferitagli dall’antenna,possiamo valutare facilmente la potenza ricevuta (cioè la potenza dissipata dal carico): infatti, dallasemplice analisi del circuito costituito dal generatore di tensione VOC in serie all’impedenza di caricoed all’impedenza di ingresso, si trova (data la condizione di adattamento) che la tensione sul carico è

rad

2

OC

R R8

VP =

Sostituendo l’espressione della tensione a vuoto e della resistenza di radiazione del dipolo,abbiamo dunque che

22

22

22

222

R 640

sinE

dl808

sindlEP λ

π

θ⋅=

λπ⋅

θ⋅⋅=

θθ

Infine, possiamo applicare la definizione di apertura efficace e, in particolare, di apertura efficacemassima, dato che stiamo supponendo verificata la condizione di adattamento tra antenna e carico:

attiva

22

22

attiva

max,Rmax,eff p

640

sinE

p

PA

λπ

θ⋅

==

θ

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli31

Ricordando che la densità di potenza associata all’onda incidente è r0

2

attiva a2

Ep

rr

r

η=

θ, possiamo

concludere che

222

0

2

22

22

attiva

max,Rmax,eff

),(D

4

1sin

8

3

2

E

640

sinE

p

PA λ

πϕθ

=λπ

θ=

η

λπ

θ⋅

==θ

θ

r

dove ovviamente abbiamo tenuto conto che il guadagno direttivo del dipolo elementareθ⋅=ϕθ 2sin5.1),(D .

Si può dimostrare che il risultato appena ottenuto è valido anche per molti altri tipi di antenna:esso dice che l’apertura efficace massima di una antenna usata per laricezione è legata al guadagno direttivo nella direzione dell’ondaincidente di quella stessa antenna usata in trasmissione, mediantela relazione

),(D4

),(A2

max,eff ϕθπ

λ=ϕθ

Fattore d’antennaLe proprietà elencate nel precedente paragrafo sono particolarmente usate quando le antenne sono

usate per le telecomunicazioni oppure per impianti radar. Se invece si considerano applicazioni nelcampo della compatibilità elettromagnetica e simili, il parametro più usato, per caratterizzare unaantenna in ricezione, è il cosiddetto fattore d’antenna.

Consideriamo una antenna a dipolo usata per misurare il campo elettrico di un’onda incidente chesia piana, uniforme e polarizzata linearmente, come schematizzato nella figura seguente:

Immaginiamo inoltre che un ricevitore, ad esempio un analizzatore di spettro, sia collegato ai capidi questa antenna di misura. La tensione misurata da tale strumento (ad esempio visualizzata sulloschermo) è indicata con Vric (si tratta chiaramente di un fasore, dotato perciò di modulo e fase).

Vogliamo mettere in relazione la tensione misurata dallo strumento con il campo elettricoincidente sull’antenna ed è possibile far ciò tramite il fattore d’antenna, definito proprio come ilrapporto tra il modulo del campo elettrico incidente sulla

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli32

superficie dell’antenna di misura e il modulo della tensionemisurata ai morsetti dell’antenna stessa:

==m

1

V

E

ricevuti V

incidente ondadell' V/mAF

ric

inc

Come si vede, si tratta di una grandezza che si misura in metri-1. Talvolta si ragione anche in dB,scrivendo perciò che

VdBricm/VdBincdB V-EAFµµ

=

Il genere, il fattore d’antenna viene fornito direttamente dal costruttore, mediante misureeffettuate a diverse frequenze all’interno dell’intervallo di misura. I dati vengono talvolta fornitimediante tabella (in cui si riporta AF in corrispondenza delle varie frequenze) o direttamente informa grafica (tramite diagrammi cartesiani con AF in ordinate e le frequenze di misura in ascisse).

Il reciproco del fattore di antenna, che si misura evidentemente in metri, prende il nome dialtezza efficace dell’antenna:

[ ]m E

V

incidente ondadell' V/m

ricevuti V

AF

1h

inc

rice ===

E’ necessario sottolineare, a questo punto, che la misura del fattore d’antenna fa riferimento aduna serie di importanti ipotesi; se una o più di queste ipotesi non fosse verificata nel momento in cuil’antenna viene effettivamente usata per compiere una misura, allora i dati rilevati con tale misurasono errati.

Le due ipotesi più importanti sono le seguenti:

• il campo incidente deve essere polarizzato in modo da ottenereil massimo segnale ai morsetti dell’antenna: ad esempio, nel caso di undipolo o, più in generale, di una antenna a filo, questa ipotesi è verificata quando il campoincidente risulta parallelo all’asse dell’antenna, come nell’ultima figura; inoltre, questa ipotesiè in pieno accordo con gli obbiettivi della misura: sappiamo infatti che le antenne vengonousate per misurare i massimi di valori di campo, al fine di stabilire se tali valori rientrano omeno nei limiti imposti dalle norme sulle emissioni radiate;

• l’impedenza di ingresso del ricevitore usato per la misura verae propria deve essere uguale a quella del ricevitore usato perla taratura. Il valore tipico è di 50 ΩΩ, pari all’impedenza di ingresso della maggior partedegli analizzatori di ingresso. Ad ogni modo, non ci si affida a semplici convezioni: è ilcostruttore stesso a dire esplicitamente il valore dell’impedenza di ingresso usata in fase dicalibrazione dell’antenna. E’ importante notare che non è necessario che ci sia adattamento traricevitore ed antenna, cosa che infatti non avviene quasi mai: è solo importante chel’impedenza di carico dell’antenna sia la stessa durante la misura e durante la taratura.

Adesso supponiamo di voler determinare il fattore d’antenna di una antenna ideale (ad esempio undipolo), ipotizzando di conoscere le equazioni del campo, l’apertura efficace massima e ogni altroparametro caratteristico dell’antenna. Dato che l’impedenza di ingresso del ricevitore è Zric=50ΩΩ, èchiaro non c’è alcun adattamento tra antenna e ricevitore. Di conseguenza, per andare a calcolare latensione misurata dallo strumento dobbiamo necessariamente rifarci al seguente circuito equivalente:

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli33

Rispetto alla figura precedente, abbiamo in pratica disegnato il circuito equivalente di misura:infatti, lasciando inalterata l’impedenza di ingresso del ricevitore e indicando ancora con Vric latensione misurata ai suoi morsetti, abbiamo considerato il circuito equivalente dell’antenna,rappresentato dalla tensione a vuoto VOC e dall’impedenza dell’antenna stessa, costituita dallaresistenza di radiazione Rrad (che caratterizza l’antenna in trasmissione) e da una parte reattiva X. Ilcircuito mette in evidenza la mancanza di adattamento: infatti, l’impedenza di carico è Zric=50+j0,per cui, anche nell’ipotesi che Rrad=50Ω, le due parti immaginarie non sono assolutamente uguali edi segno opposto.

Per calcolare Vric, dobbiamo procedere nel modo seguente:

• in primo luogo, si calcola Vric,adattato, ossia la tensione ai capi dello strumento nell’ipotesidi carico adattato (cioè nell’ipotesi che Zric=Rrad-jX), sulla base della lettura dellostrumento di misura collegato all’antenna;

• in secondo luogo, si utilizza questo risultato per calcolare la tensione a vuoto, che saràVOC=2 Vric,adattato.

A questo punto, tutti gli elementi del circuito equivalente prima disegnato sono noti, per cui sipuò calcolare la tensione effettivamente ricevuta tramite un banale partitore di tensione. Fatto questo,avendo supposto noto il campo elettrico incidente, si può calcolare il fattore di antenna.

Esempio

Facciamo adesso un esempio concreto di calcolo del fattore di antenna, a partire da un certonumero di dati noti. Consideriamo perciò la taratura dell’antenna mostrata nella figura seguente:

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli34

Un’onda piana uniforme polarizzata linearmente incide sull’antenna ed il campo elettricomisurato in corrispondenza dell’antenna ed in assenza di quest’ultima vale 60 dBµµV/m.

Un cavo coassiale RG-58U, lungo 30 ft, collega l’antenna ad una analizzatore di spettro conimpedenza di ingresso di 50 Ω. In questa situazione, l’analizzatore di spettro misura una tensione di40 dBµµV.

Sulla base di questi dati, per determinare il fattore di antenna dobbiamo conoscere, in base alladefinizione, sia l’entità del campo elettrico incidente sia la tensione ai morsetti dell’antenna. Datoche conosciamo la tensione ai morsetti dell’analizzatore di spettro, dobbiamo allora trovare unarelazione tra la lettura dell’analizzatore di spettro e la tensione ai morsetti dell’antenna. Questarelazione è data evidentemente dall’attenuazione introdotta dal cavo: alla frequenza dell’ondaincidente (supposta di 100 MHz) le perdite nel cavo coassiale considerato risultano essere di 4.5dB/100 ft. Essendo il cavo lungo 30 ft, l’attenuazione da esso introdotta è circa 1/3 (=30ft/100ft) diquesto valore, per cui vale 1.35 dB.

Allora, sommando questa attenuazione con la lettura dell’analizzatore di spettro, otteniamo latensione ai capi dell’antenna (ovviamente in dB), che quindi è

( ) ( ) ( ) VdB35.41dB35.1VdB40perditeVV VdBVdBricVdBant µ=+µ=+= µµµ

Naturalmente, in questo passaggio si è tenuto conto del fatto che il guadagno di potenza eguadagno di tensione per il cavo coincidono se le resistenze cui esso è collegato sono identiche.

L’ulteriore passaggio è quello di rapportare questo valore con quello del campo misurato incorrispondenza dell’antenna: dovendo fare un rapporto tra il valore del campo e quello della tensionemisurata, in dB avremo la differenza tra i due, per cui abbiamo che il fattore di antenna in dB è

( ) ( ) V41.35dBV/mdBV-AF VdBantm/VdBincdB =µ=µµ

Questi passaggi suggeriscono evidentemente una formula generale per convertire le letture (indBµV) compiute sull’analizzatore di spettro direttamente in valori del campo incidente (in dBµV/m):è evidente, infatti, che, mettendo insieme le ultime due relazioni, si abbia

( ) ( ) ( ) VdBVdBanalizzdBm/VdBinc perditeVAFE µµµ ++=

E’ importante notare che le perdite dovute al cavo di interconnessione devono essere sommate enon sottratte, dato che il fattore di antenna è riferito ai morsetti dell’antenna e non include alcunaperdita dovuta ai cavi di collegamento (a meno che il costruttore non indichi esplicitamente ilcontrario).

Effetti di bilanciamento e adattatori di impedenzaFino ad ora, abbiamo considerato solo antenne ideali, non solo dal punto di vista dell’assenza di

perdite (il che determina l’uguaglianza tra guadagno di potenza e guadagno direttivo), ma anche dalpunto di vista del cosiddetto bilanciamento. E’ possibile dare varie definizioni del concetto distruttura bilanciata. Ad esempio, consideriamo l’antenna a dipolo elettricamente lungorappresentata nella figura seguente:

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli35

Per analizzare questa antenna, è conveniente ipotizzare che la corrente I(z), in un qualsiasi puntoz1 del braccio superiore, abbia lo stesso valore assoluto della corrente calcolata nel punto -z1 delbraccio inferiore (punto che, quindi, è posto ad una distanza dai morsetti di alimentazione pari aquella che separa questi ultimi dal corrispondente punto del braccio superiore). In questo senso,possiamo dire che l’antenna risulta essere una struttura bilanciata dal punto di vista della simmetriadelle correnti dell’antenna stessa. La conseguenza di ciò è che la corrente entrante in un morsettodell’antenna sia uguale ed opposta a quella entrante nell’altro morsetto.

Tuttavia, la presenza di oggetti metallici (ad esempio piani di massa) nelle vicinanze dell’antennapotrebbe rompere la suddetta proprietà di bilanciamento, il che andrebbe inevitabilmente amodificare il diagramma di irradiazione rispetto alla forma ideale ottenuta supponendo che le duecorrenti risultino bilanciate lungo i due bracci dell’antenna.

Sono vari i fattori che possono rompere il bilanciamento delle correnti lungo la strutturadell’antenna. Ad esempio, consideriamo una generica antenna alimentata, come avviene nellamaggior parte dei casi, da un cavo coassiale:

In condizioni ideali, la corrente arriva all’antenna (proveniente dalla sorgente) attraverso ilconduttore centrale (l’anima del cavo coassiale) e torna alla sorgente percorrendo la superficieinterna dello schermo del cavo. Tuttavia, se il cavo è collegato ad una struttura bilanciata, come peresempio una antenna a dipolo, parte della corrente di ritorno può fluire anche sulla superficie esternadello schermo. Tale corrente dà origine ad un ulteriore campo irradiato, cosa che invece non accadequando la corrente percorre la superficie interna dello schermo.

La quantità di corrente che fluisce sulla superficie esterna dello schermo dipende siadall’impedenza ZG tra la stessa superficie esterna e il piano di massa sia dall’eccitazione (nonvolontaria) della parte esterna dello schermo.

Quindi, l’accoppiamento di un cavo coassiale con una struttura bilanciata dà origine ad unosbilanciamento della corrente. Un modo di prevenire questo sbilanciamento consiste nell’usare unadattatore di impedenza chiamato balun (acronimo di BAlanced e UNbalanced) proprio perché

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli36

viene interposto tra un cavo coassiale sbilanciato ed una antenna bilanciata. Questo adattatore vieneinserito all’ingresso dell’antenna secondo lo schema della figura seguente:

Se il cavo di alimentazione è coassiale, l’obbiettivo del balun è quello di aumentare l’impedenzatra la superficie esterna dello schermo e la massa: in tal modo, la corrente di ritorno tende a fluireattraverso il percorso a minore impedenza, ossia quello rappresentato dalla superficie interna delloschermo.

Una tipologia comune è quella del cosiddetto adattatore di impedenza a bazooka,rappresentato nella figura seguente:

Abbiamo qui schematizzato sia la situazione reale (a sinistra) sia il corrispondente circuito (adestra). L’adattatore consiste evidentemente in uno schermo cilindrico, di lunghezza pari ad unquarto di lunghezza d’onda, inserito attorno allo schermo del cavo coassiale e posto in cortocircuitocon esso ad una distanza pari a λ/4 dal punto di alimentazione. Con questo schema, si realizza perciòuna particolare linea di trasmissione, i cui conduttori sono lo schermo aggiunto e lo schermo delcavo. Questa linea ha la particolarità di essere lunga λ/4 e di avere un estremo in cortocircuito: comeè noto, questa configurazione fa’ si che la linea, all’altro estremo si comporti come un circuitoaperto, ossia con impedenza infinita. Di conseguenza, l’impedenza tra i punti A e B mostrati infigura è teoricamente infinita (in realtà, è solo molto grande) e quindi risulta anche infinital’impedenza tra schermo esterno e piano di massa. Questo fa’ sì che la corrente torni alla sorgentetramite il percorso da noi desiderato.

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli37

Esistono altri modi per ottenere alimentazioni bilanciate, tutti con lo stesso scopo, ossia annullarela corrente che fluisce sulla superficie esterna dello schermo. Ad esempio, è possibile aggiungeredelle perline di ferrite attorno al cavo di alimentazione, come mostrato nella figura seguente:

Queste perline si comportano come induttori di modo comune.Un altro metodo, per ottenere lo stesso risultato, è quello invece di usare toroidi di ferrite, come

illustrato nella figura seguente, dove viene anche visualizzato il circuito equivalente della struttura:

In generale, sottolineiamo che gli adattatori di impedenza in ferrite permettono unbilanciamento a larga banda : tipicamente, il rapporto tra la massima e la minima frequenza difunzionamento è circa 3. La situazione è invece diversa per l’adattatore di impedenza a bazooka: inquel caso, infatti, essendo fissa la lunghezza fisica L della linea di trasmissione, esiste solo un valoredi frequenza al quale risulta L=λ/4, per cui l’adattamento si ha solo per questa frequenza.

Notiamo infine che il bilanciamento dell’antenna è molto importante perottenere una misura accurata delle emissioni radiate: se il sistema costituitodall’antenna e dalla linea di alimentazione costituisce una struttura sbilanciata, può succedere che idati misurati sembrino soddisfare le norme quando in realtà non è così. Tipicamente, questa

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli38

differenza è dovuta al fatto che lo sbilanciamento della struttura ha modificato il diagramma diirradiazione dell’antenna, per cui i dati non sono più attendibili.

Queste considerazioni mostrano la necessità, per questo tipo di misure, diusare adattatori di impedenza; in particolare, bisogna usare adattatori di impedenza alarga banda: in caso contrario, infatti, bisognerebbe sintonizzare nuovamente l’adattatore per ognifrequenza a cui viene effettuata la prova.

Adattamento di impedenzaQuando dobbiamo compiere misure per la caratterizzazione delle emissioni radiate di un

dispositivo, al fine di verificare se esso soddisfi o meno le norme, dobbiamo poter compiere talimisure al variare della frequenza, in modo da poter interpretare rapidamente i dati ottenuti. Adesempio, le norme FCC vigenti negli Stati Uniti suggeriscono di usare un dipolo in mezza lunghezzad’onda e impongono di compiere misure per frequenze comprese tra 30 MHz e 40 GHz: al variaredella frequenza, la lunghezza elettrica dell’antenna a dipolo necessariamente cambia (mentre invecerimane invariata la lunghezza fisica L); di conseguenza, per ottenere sempre L=λ/2 ad ognifrequenza, siamo costretti a modificare di volta in volta la lunghezza fisica. Questo non è certo unprocedimento di utilità pratica. Un modo sicuramente più vantaggioso di procedere consistenell’usare le cosiddette antenne per misure a larga banda: tipicamente, per le misure dicompatibilità elettromagnetica si usano le antenne biconiche e le antenne log-periodiche.

Queste antenne a larga banda vengono tarate con il metodo descritto in precedenza e i dati rilevatidurante la taratura vengono riportati generalmente su un grafico in cui si traccia l’andamento delfattore d’antenna con la frequenza. Come già detto in precedenza, i dati relativi al fattore d’antennasono da intendersi rilevati sotto due ipotesi: la prima è che l’antenna sia bilanciata (il che si ottienetramite opportuni adattatori di impedenza) e la seconda è che l’impedenza di carico che si vede aimorsetti dell’antenna sia di 50 Ω. Tuttavia, quando noi usiamo l’antenna per compiere le misure,generalmente non possiamo connetterla direttamente allo strumento ricevitore (ad esempiol’analizzatore di spettro, con impedenza di ingresso da 50 Ω), ma dobbiamo farlo tramite un cavo, disolito coassiale, come già visto in precedenza:

Se anche l’impedenza caratteristica del cavo coassiale è di 50 Ω (come solitamente avviene),sappiamo che anche l’impedenza di ingresso del cavo stesso, una volta che il ricevitore è statoinserito, risulta essere di 50 Ω per qualsiasi frequenza, proprio per l’adattamento tra cavo ericevitore. In questa condizione operativa, quindi, l’antenna vede ai propri morsetti una impedenza di50 Ω per qualsiasi frequenza, come appunto ipotizzato in sede di taratura: in questo caso, possiamotranquillamente procedere alle nostre misure e utilizzare poi la conoscenza delle perdite nel cavo e

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli39

del fattore di antenna per ottenere, nel modo visto nel precedente paragrafo, i valori di campoincidente sull’antenna a partire dai valori di tensione misurati dall’analizzatore di spettro:

( ) ( ) ( ) VdBVdBanalizzdBm/VdBinc perditeVAFE µµµ ++=

Tuttavia, se, per qualche ragione, l’impedenza di carico del ricevitore non fosse di 50 Ω,sorgerebbero dei problemi: infatti, l’impedenza vista ai morsetti dell’antenna, guardando verso ilcavo, non solo non sarebbe di 50 Ω, ma varierebbe anche con la frequenza. L’unicapossibilità per avere una impedenza di ingresso del cavo costante epari all’impedenza caratteristica ZC del cavo stesso è che il caricosu cui il cavo è chiuso sia ZL=ZC.

Allora, per ottenere questo adattamento tutte le volte che le terminazioni assumono valori diversidall’impedenza caratteristica del cavo, si usano i cosiddetti adattatori di impedenza e, inparticolare, gli adattatori resistivi. Un adattatore resistivo è semplicemente una rete resistiva lacui impedenza di ingresso rimane pressoché costante, su un valore predefinito, al variaredell’impedenza di carico e delle frequenza.

Un tipico esempio di adattatore resistivo è riportato nella figura seguente:

Questo circuito è detto adattatore a pi greco per la sua struttura simile alla lettere greca π.In effetti, ci sono altri tipi di adattatori, come ad esempio quelli con configurazione a T. In

ogni caso, essendo costituiti solo da resistori, questi circuiti permettono l’adattamento su un ampiointervallo di frequenza (per cui sono dispositivi a larga banda), ma, d’altro canto, introducono unainevitabile attenuazione sul segnale, detta attenuazione di inserzione (indicata con IL, che staper insertion loss, e specificata spesso in dB) Quest’ultima è definita come il rapporto tra la potenzafornita al carico una volta inserito l’adattatore e quella fornita al carico in assenza dell’adattatore:

( )( )

adattatorecon

L

adattatoresenza

L

10dB P

Plog10IL =

Ovviamente, ricordando che la potenza trasferita al carico è pari al rapporto tra il quadrato dellatensione sul carico ed il valore del carico stesso, si può anche scrivere che

( )( )

adattatorecon

L

adattatoresenza

L

10dB V

Vlog20IL =

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli40

Una spiegazione essenzialmente qualitativa di come possa funzionare un adattatore di impedenza,in presenza di ampie variazioni dell’impedenza di carico, è la seguente, con riferimento all’adattatorea π dell’ultima figura: possiamo facilmente calcolare la resistenza vista dai morsetti di ingressodell’adattatore, in quanto risulta

( )[ ]L321in R//RR//RR +=

Se facciamo in modo che la resistenza R3 sia molto più piccola di tutti i valori possibilidell’impedenza di carico RL, possiamo sicuramente approssimare ( ) 3L3 RR//R ≅ . Inoltre, se

scegliamo R2 in modo che sia molto più grande di R3, possiamo anche porre R2+R3≅R2. Sotto questedue condizioni, risulta

( )[ ] [ ] 21321L321in R//RRR//RR//RR//RR ≅+≅+=

Ovviamente, quanto più piccola è R3 tanto maggiore è l’intervallo di variazione di RL chepossiamo tollerare; inoltre, al crescere di R2 il valore di R3 diventa sempre meno importante.Ovviamente, a fronte di questo, un valore basso di R3 ed un valore alto di R2 provocano un aumentodella perdita di inserzione. Di conseguenza, quanto maggiore è la perdita diinserzione che possiamo tollerare tanto migliore sarà la capacità diadattamento del dispositivo, ossia tanto più ampio sarà l’intervallo delle impedenze dicarico per cui riusciremo ad ottenere Rin≅ZC.

In base a queste considerazioni, i parametri caratteristici di un adattatore di impedenza sono ilvalore di impedenza che si vede ai morsetti di ingresso nell’intervallo di frequenza e di RL specificatie il valore della perdita di inserzione. Ad esempio, nella figura seguente è riportato un adattatore aππ di 50 ΩΩ e 6 dB:

Tanto per avere una idea della bontà di un simile dispositivo, consideriamo il valore dellaresistenza di ingresso Rin in due condizioni estreme: la prima è quella in cui l’uscita è un circuitoaperto (RL=∞), nel qual caso di ottiene Rin=85.55Ω; la seconda è quella in cui l’uscita è uncortocircuito (RL=0), nel qual caso di ottiene Rin=29.92Ω.

Se questo adattatore viene inserito tra un cavo coassiale con ZC=50Ω ed un carico generico, allorail ROS sul cavo risulta essere minore di 1.67 per tutti i carichi compresi tra il circuito aperto ed ilcortocircuito, dove ricordiamo che

L

L

1

1ROS

ρ−

ρ+=

dove ρL è il coefficiente di riflessione, pari al rapporto tra l’ampiezza della tensione riflessa e quelladell’onda diretta.

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli41

Generalmente, un ROS accettabile è minore di 1.2: se allora consideriamo carichi di valore piùrealistico rispetto a RL=∞ e RL=0, un valore accettabile del ROS si riesce senz’altro ad ottenere.

Se aumentassimo la perdita di inserzione, ad esempio usando un adattatore a ππ da 50 ΩΩ e 20dB (per ottenere il quale bisogna prendere R1=R3=61.11Ω e R2=247.5Ω), otterremmo un ulterioremiglioramento, ossia un campo di variazione inferiore per il ROS: infatti, il ROS risultapraticamente pari a 1.2 sia con il carico in cortocircuito (nel qual caso risulta Rin=49.01Ω) sia con ilcarico aperto (nel qual caso risulta Rin=51.01Ω).

EQUAZIONE DI FRIIS DELLA TRASMISSIONE

Il calcolo esatto dell’accoppiamento tra due antenne presenta generalmente una serie didifficoltà. Allora, nella pratica, questo calcolo viene eseguito in modo approssimato tramite l’ausiliodell’equazione di Friis della trasmissione, che andiamo ad illustrare.

Consideriamo due generiche antenne in spazio libero, come mostrato nella figura seguente:

Una antenna trasmette una potenza totale PT, mentre la potenza ricevuta complessivamentesull’impedenza di carico dell’altra antenna è PR. L’antenna trasmittente è caratterizzata, lungo ladirezione (θT,ϕT) della trasmissione, da un guadagno direttivo DT(θT,ϕT) e da una apertura efficaceAeT(θT,ϕT). Analogamente, l’antenna ricevente è caratterizzata, lungo la direzione (θR,ϕR) dellatrasmissione, da un guadagno direttivo DR(θR,ϕR) e da una apertura efficace AeR(θR,ϕR).

Sulla base di queste informazioni, possiamo fare i seguenti discorsi. In primo luogo, possiamocalcolare la densità di potenza disponibile in corrispondenza dell’antenna ricevente: ipotizzando chel’antenna ricevente si trovi nella regione di campo lontano dell’antenna trasmittente, possiamoassumere che il campo elettromagnetico sia, localmente, quello di un’onda piana uniforme; diconseguenza, in base ai discorsi visti in precedenza, la densità di potenza all’antenna ricevente siotterrà come prodotto della densità di potenza di un radiatore puntiforme isotropico per il guadagnodirettivo dell’antenna trasmittente nella direzione in cui avviene la trasmissione:

( )TTT2T

attiva ,Dd4

Pp ϕθ

π=

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli42

Il senso di questa formula è evidente: se l’antenna trasmittente fosse un radiatore isotropicopuntiforme e nell’ipotesi implicita che il mezzo sia senza perdite (come nel caso ideale del vuoto), la

densità di potenza sarebbe quella delle onde sferiche, ossia appunto 2

T

d4

P

π; al contrario, dato che

l’antenna trasmittente ha delle proprietà direzionali, queste sono tenute in conto dal guadagnodirettivo, ovviamente considerato nella direzione che congiunge tale antenna con quella ricevente.

Se adesso consideriamo le caratteristiche dell’antenna ricevente, sappiamo che, per definizione, ilprodotto tra la densità di potenza disponibile e l’area efficace corrisponde proprio alla potenzaricevuta dall’antenna: scriviamo perciò che

( )RReRattivaR ,ApP ϕθ⋅=

Naturalmente, avendo supposto che l’antenna riceva potenza solo nella direzione individuata dallacoppia di angoli (θR,ϕR), si è considerato il valore dell’apertura efficace solo lungo tale direzione.

Se ora combiniamo le ultime due relazioni, concludiamo che la potenza ricevuta, nella direzionecongiungente l’antenna ricevente e quella trasmittente, vale

( ) ( )RReRTTT2T

R ,A,Dd4

PP ϕθ⋅ϕθ

π=

Questa espressione potrebbe già andare bene per i nostri scopi. Tuttavia, in essa non appareesplicitamente la frequenza di lavoro o, in alternativa, la corrispondente lunghezza d’onda; per farcomparire la lunghezza d’onda, è sufficiente allora utilizzare l’espressione che lega l’aperturaefficace dell’antenna ricevente con il suo guadagno direttivo:

),(D4

),(A2

max,eff ϕθπ

λ=ϕθ

Come si vede, questa espressione fa riferimento al valore massimo dell’apertura efficace, il che siottiene quando il carico dell’antenna è adattato e quando la polarizzazione dell’onda incidente èparallela a quella del campo prodotto dall’antenna se venisse usata in trasmissione. Facciamo alloral’ipotesi che entrambe queste condizioni siano verificate: sostituendo nell’espressione di PR,concludiamo che tale potenza ricevuta risulta essere

( ) ( )TTTRRR

2

TR ,D,Dd4

PP ϕθ⋅ϕθ⋅

πλ

⋅=

Questa è dunque l’equazione di Friis della trasmissione, scritta nella sua forma piùtradizionale. Da notare che, spesso, al posto del guadagno direttivo si usa il guadagno di potenza G:infatti, abbiamo visto in precedenza che i due guadagni sono uguali se l’antenna non presentaperdite, il che si può ritenere vero nella maggior parte dei casi.

Segnaliamo inoltre che, nella pratica, i guadagni delle antenne e le potenze in gioco sono espressiin dB. Allora, l’equazione di Friis in dB assume la seguente espressione:

( ) ( ) ( ) ( )TTT10RRR1010dBTR10dBR ,Dlog10,Dlog10d4

log20PPlog10P ϕθ+ϕθ+πλ

+==

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli43

Questa espressione consente, tra le altre cose, di ricavare facilmente la cosiddetta attenuazionein spazio libero, ossia l’attenuazione subita dal segnale, nella sua propagazione dall’antennatrasmittente a quella ricevente, a causa solamente della divergenza sferica delle onde:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )TTT10RRR1010dBRdBTdBSL ,Dlog10,Dlog10d4

log20PP ϕθ−ϕθ−λπ

=−=α

Questa espressione mostra sostanzialmente due cose:

• la prima è che non è possibile eliminare, come contributo all’attenuazione, il termine

λπd4

log20 10 , che rappresenta proprio la divergenza sferica; questo termine prende il nome di

attenuazione di tratta (o anche attenuazione base): una volta fissata la distanza d tra le dueantenne, esso è tanto maggiore quanto minore è la lunghezza d’onda, ossia quanto maggiore èla frequenza2;

• la seconda è che l’attenuazione risulta tanto più ridotta quanto maggiori sono i guadagnidirettivi delle due antenne nella direzione di trasmissione; si tratta di un risultato ovvio.

Un’altra espressione di notevole utilità pratica è quella che consente di calcolare l’intensità delcampo elettrico trasmesso ad una certa distanza d dall’antenna trasmittente. Infatti, cominciamo colricordare che, a patto di essere in zona lontana dall’antenna trasmittente, la densità di potenzadell’onda trasmessa è (localmente) quella di un’onda piana uniforme, per cui è data dalla notaespressione

r0

2

attiva a2

Ep

rr

r

η=

Avendo detto prima che vale anche la relazione ( )TTT2T

attiva ,Dd4

Pp ϕθ

π= , possiamo combinare le

due per ottenere che il modulo del campo elettrico, a distanza d dalla sorgente, vale

( )TTT20

T ,Dd4

2PE ϕθ

πη

=r

Ricordando che l’impedenza caratteristica del vuoto è η0=120π Ω, concludiamo che

( )d

,D60PE TTTT ϕθ⋅⋅

=r

Torniamo adesso all’equazione di Friis nella sua forma generale. In base ai discorsi fatti, ci sonoalcune ipotesi implicite sotto le quali vale questa equazione:

2 Queste considerazioni sembrerebbero dire che lo “spazio libero” sia un mezzo passa-basso, dato che l’attenuazione aumenta al

crescere della frequenza. In realtà, è noto che non è così: l’atmosfera terrestre è infatti notoriamente un mezzo passa-banda, percui le equazioni appena individuate valgono solo nella banda passante.

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli44

• la prima ipotesi è che si possa usare, per l’antenna ricevente, la relazione

),(D4

),(A2

max,eff ϕθπ

λ=ϕθ , il che è possibile solo se l’antenna è adattata alla propria impedenza

di carico ed alla polarizzazione dell’onda incidente; se almeno una di queste condizioni non èverificata, anche l’equazione finale non potrà essere applicata, per cui la si potrà consideraresolo come un limite superiore per l’accoppiamento, ossia come il massimo accoppiamento cuipotremo tendere nel nostro progetto;

• la seconda ipotesi è che entrambe le antenne si trovino nella regione di campo lontano dell’unarispetto all’altra, in modo da poter ritenere che il campo sia rappresentabile in termini di ondapiana uniforme. Di solito, il criterio usato per la determinazione della regione di campo lontanodi una antenna è il seguente: la distanza d0, dall’antenna in questione, alla quale si può riteneredi essere in campo lontano è il valore maggiore da scegliersi tra 2D2/λλ e 3λλ, dove λ è lamassima lunghezza d’onda di lavoro e D la massima dimensione dell’antenna. Generalmente,per le antenne ad apertura si usa 2D2/λ, mentre invece per le antenne a filo si usa 3λ:

∗ il valore 2D2/λ è stato scelto in quanto garantisce che, sui bordi dell’antenna, l’ondaincidente differisca, per quanto riguarda la fase rispetto a quella dell’onda piana, di nonpiù di λ/16;

∗ il valore 3λ garantisce invece che l’impedenza d’onda (pari al rapporto tra i moduli delcampo elettrico e di quello magnetico) dell’onda incidente sia approssimativamente lastessa dello spazio libero (=η0)

Esempio: accoppiamento tra due antenne a dipoloA titolo di chiarimento di quanto detto poco fa, calcoliamo l’accoppiamento che si realizza tra due

antenne a dipolo in λλ/2.In primo luogo, supponiamo che le due antenne siano poste alla distanza di 1 km, che operino alla

frequenza di 150 MHz e che siano orientate parallelamente l’una rispetto all’altra, in modo darendere massima la ricezione.

In secondo luogo, supponiamo che la potenza totale irradiata dall’antenna trasmittente sia di21.36 W. Per calcolare l’intensità del campo elettrico in corrispondenza dell’antenna ricevente,dobbiamo conoscere il guadagno direttivo dell’antenna trasmittente nella direzione di trasmissione:avendo allora supposto che l’orientamento delle due antenne sia tale da massimizzare la ricezione,dobbiamo considerare il massimo valore del guadagno direttivo, ossia la direttività. Per una antennaa dipolo in λ/2, la direttività è Dmax=1.64, per cui l’intensità del campo elettrico all’antennaricevente è

( )m

mV 85.45

1000

64.16036.21

d

D60P

d

,D60PE

max,TTTTTT =⋅⋅

=⋅⋅

=ϕθ⋅⋅

=

A partire dal campo elettrico, possiamo calcolare la densità di potenza in corrispondenzadell’antenna ricevente:

20

2

attiva m

W 794.2

2

Ep

µ=

η=

Applicando infine la definizione di apertura efficace, possiamo calcolare la potenza ricevuta comeprodotto tra l’apertura efficace appunto e la densità di potenza disponibile:

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli45

( ) ( ) W 459.164.14

210794.2D

4p,D

4p,ApP

26

max,R

2

attivaRRR

2

attivaRReRattivaR µ=⋅π

⋅⋅=π

λ⋅=ϕθ

πλ

⋅=ϕθ⋅= −

dove naturalmente abbiamo tenuto conto che la lunghezza d’onda corrispondente a 150 MHz è di 2metri ed abbiamo supposto ancora una volta che il valore del guadagno direttivo sia quello massimo.

Evidentemente, in questi passaggi abbiamo semplicemente applicato passo dopo passo i passagginecessari ad arrivare all’equazione di Friis, che quindi poteva essere applicata direttamente.Esprimendoci, ad esempio, in dB, abbiamo quanto segue:

( ) ( ) ( ) ( )( )W1.478 dBm 3.28)dB(15.2)dB(15.2)dB(9.75)dBm(3.43

DDd4

log20PPdBmax,TdBmax,R10dBTdBR

µ⇔−=++−=

=++πλ

+=

ANTENNE PER MISURE A LARGA BANDA

Abbiamo già ricordato in precedenza che le normative FCC vigenti negli Stati Uniti suggerisconol’uso, per le misure delle emissioni radiate, di antenne a dipolo in λ/2. Tuttavia, questo tipo diantenna non è decisamente la migliore per misure di questo tipo, soprattutto per due motivi:

• in primo luogo, dovendo condurre le misure per frequenze comprese tra 30 MHz e 40 GHz,dovremmo, ad ogni frequenza, cambiare la lunghezza fisica L dell’antenna al fine di manteneresempre valida la relazione L=λ/2. Questo è evidentemente un ostacolo ad una acquisizionerapida ed efficiente dei dati rilevati nelle misure;

• in secondo luogo, la normativa prevede che le misure vengano effettuate non solo facendovariare la frequenza tra i limiti citati poco fa, ma variando anche l’altezza dell’antenna dalsuolo da 1 m a 4 m e posizionandola sia in verticale sia in orizzontale (in modo da considerarele due possibili polarizzazioni del campo, appunto verticale ed orizzontale); sorge allora ilproblema per cui, alla minima frequenza di lavoro (30 MHz), la lunghezza d’onda è λ=10m,per cui l’antenna a dipolo dovrebbe essere lunga L=5m, il che non consentirebbe certo diposizionarla verticalmente ad 1 metro da terra.

Per questi ed altri motivi, generalmente si ignorano i “suggerimenti” delle norme e si sceglie unmetodo più pratico di misura, che prevede l’uso delle cosiddette antenne per misure a largabanda; con questa terminologia ci riferiamo a delle antenne che presentano sostanzialmente duecaratteristiche:

• l’impedenza di ingresso (o di uscita a seconda dell’utilizzo) è pressoché costante nella banda difrequenza in cui è previsto l’impiego;

• il diagramma di irradiazione è pressoché costante nella banda di frequenza in cui è previstol’impiego.

In genere, nelle misure delle emissioni radiate per la conformità alle normative, si usano antennebiconiche per frequenze che vanno da 30 MHz a 200 MHz, mentre si passa alle antenne log-

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli46

periodiche per frequenze comprese tra 200 MHz e 1 GHz. Per frequenze ancora superiori3, si usanoinvece delle antenne ad apertura, generalmente del tipo a tromba piramidale.

Vogliamo allora studiare velocemente le caratteristiche di queste antenne.

Antenne biconichePer studiare una antenna biconica, partiamo da una struttura ideale (non realizzabile

praticamente) costituita da due coni di altezza infinita (e di apertura θh) con una piccola separazionein corrispondenza del punto di alimentazione, come mostrato nella figura seguente:

L’antenna è alimentata da una sorgente di tensione proprio in corrispondenza della separazione trai due coni.

Per determinare l’irradiazione di questa struttura, conviene adottare un sistema di coordinatesferiche e conviene inoltre supporre che lo spazio circostante sia lo spazio libero. Ragioniamoinoltre, come sempre, nel dominio della frequenza, per cui le quantità coinvolte sono dei fasori (oltreche dei vettori nel caso si considerino i campi o le densità di corrente).

E’ chiaro che nei punti non appartenenti alla superficie dei coni non ci sono sorgenti, per cui

risulta 0J =r

. Si intuisce inoltre che, per motivi di simmetria, il campo elettrico avrà solo la

componente θ ( )θθ= aEErr

ed il campo magnetico avrà solo la componente ϕ ( )ϕϕ= aHHrr

. Questo è lo

stesso risultato che abbiamo trovato, ad esempio, per il campo lontano irradiato dal dipoloelementare elettrico o dall’antenna a dipolo, con la differenza che, nel caso che stiamo considerandoadesso, il risultato è valido sia in campo vicino sia in campo lontano, proprio per motivi disimmetria.

3 Ricordiamo che le norme CISPRR vigenti nella maggior parte dei paesi diversi dagli USA prevedono 1 GHz come frequenza

massima per la misura delle emissioni radiate, mentre le norme FCC vigenti negli USA arrivano fino a 40 GHz.

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli47

Risolvendo le equazioni di Maxwell, si trovano i fasori delle due componenti di campo:

r

e

sin

HH

r

e

sin

HE

rj0

rj0

0

0

0

β−

ϕ

β−

θ

θ=

θη=

in cui H0 è una costante.Come si vede, il rapporto tra i due campi è ancora una volta pari all’impedenza caratteristica del

vuoto η0.Evidentemente, abbiamo dunque un campo di tipo TEM, ossia con il vettore campo elettrico

ortogonale al vettore campo magnetico e con tutti e due ortogonali alla direzione r di propagazione.Questo ci consente di definire la differenza di potenziale tra due punti appartenenti ai due coni: se idue punti sono equidistanti dal punto di alimentazione e la distanza vale r, la tensione tra di essi sarà

θ

η=θθ

η=

=θθ

η−=θθ

η−=θ•θ

η−=•−=

β−θ−π

θ

β−

θ

θ−π

β−θ

θ−π

β−θ

θ−πθ

β−θ=θ

θ−π=θ

∫∫∫∫

2gcotlogeH2d

sin

1eH

dsin

1eHde

sin

Harda

r

e

sin

HldE)r(V

hrj00

rj00

rj00

rj00r

rj0

0

0

h

h

0

h

h

0

h

h

0

h

h

0h

h

rrrr

Se invece applichiamo la legge di Ampere in forma integrale, siamo in grado di calcolare lacorrente sulla superficie dei coni: infatti, la corrente abbracciata da una circonferenza di raggio r sipuò calcolare come circolazione del campo magnetico lungo la stessa circonferenza, per cui abbiamoche

π⋅=ϕ=ϕθθ

=ϕθ⋅=•= β−π=ϕ

β−π=ϕ

β−π=ϕ

=ϕϕ ∫∫∫∫ 2eHdeHdrsin

r

e

sin

HdrsinHldH)r(I rj

0

2

0

rj0

2

0

rj0

2

0

00

0rr

Abbiamo dunque ottenuto due andamenti, per la tensione e la corrente, nella forma rj 0ecost β−⋅classica delle linee di trasmissione: abbiamo cioè il prodotto di una costante (in generale complessa)con un termine rj 0e β− di propagazione. In particolare, se facciamo appunto riferimento ad un modelloin termini di linea di trasmissione, il fatto che ci sia solo il termine rj 0e β− indica che non c’è ondariflessa, ma solo onda progressiva:

+

-

I(r)

+

V(r)

-

L’assenza dell’onda riflessa deriva evidentemente dal fatto diconsiderare una struttura di estensione infinita, per cui anche lalinea di trasmissione equivalente è di lunghezza infinita.

Se ora calcoliamo il rapporto tra tensione e corrente in corrispondenza di r=0, otteniamol’impedenza di ingresso dell’antenna ai morsetti di alimentazione:

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli48

θ

=

θ

ππ

=

θ

πη

=== 2

gcotlog1202

gcotlog120

2gcotlog

)r(I

)r(VZ hhh0

0r

in

Si tratta evidentemente di una impedenza puramente resistiva, il che è ovviamente conseguenza diquanto detto prima circa l’estensione infinita della struttura.

Notiamo inoltre che Zin dipende solo dall’apertura del cono. Di solito, tale apertura viene scelta inmodo da ottenere adattamento tra Zin e la resistenza caratteristica RC della linea di alimentazione (adesempio i classici 50 Ω). Per ottenere tale adattamento su tutto l’intervallo di frequenza di interesse,si inserisce anche un adattatore di impedenza all’ingresso dell’antenna.

Si può inoltre dimostrare che la resistenza di radiazione Rrad dell’antenna coincide con il valore diZin calcolato poco fa. Per ottenere questo risultato, cominciamo per prima cosa a calcolare la potenzatotale irradiata dall’antenna: ci basta calcolare la densità di potenza attiva irradiata (pari alla partereale del vettore di Poynting) e poi integrarla su una sfera di raggio r centrata sull’antenna. Avendoosservato che il campo elettromagnetico prodotto dalla struttura è identico (localmente) a quello diun’onda piana uniforme (cioè lo stesso prodotto da un dipolo elettrico elementare), sappiamo che la

densità di potenza disponibile è 0

2

attiva 2

Ep

η= θ , per cui scriviamo che la potenza totale irradiata è

θ

πη=θθ

πη=θθηθ

ηπ=

=θθη

π=θθη

ϕ=ϕθθ⋅==⋅=

∫∫

∫∫ ∫∫ ∫∫∫

θθ

β−

θθ

π θθ

π π

2gcotlogH2d

sin

1Hdsinr

2

r

e

sin

H

2

dsinr2

E2dsinr

2

EdddsinrpdSpSdpP

h2

00

0

2

00

0

2

0

2rj0

0

0

2

0

22

0 0

2

0

22

0 0

2attiva

SUP

attiva

SUP

attivarad

hh

0

hhrr

Per calcolare adesso la resistenza di radiazione, ci basta applicare la definizione: dobbiamo cioèimmaginare che Prad sia la potenza dissipata da una certa resistenza Rrad attraversata da una corrente

di valore efficace 2/)0(IIeff = :

rad

2

02

2rj0

rad

2

radrad RH22

2eHR

2

)0(IRP

0

π=π⋅

==β−

Confrontando questa espressione con quella ricavata poco fa, abbiamo che

inhh0

radh2

00rad

2

02 Z

2gcotlog120

2gcotlogR

2gcotlogH2RH2 =

θ

=

θ

πη

=→

θ

πη=π

Abbiamo osservato che il campo elettromagnetico prodotto da una antenna biconica è compostodalle componenti Eθ ed Hϕ (sia in zona lontana sia in zona vicina). Allora, per onde incidentipolarizzate linearmente e provenienti dalla direzione θ=90° (piano equatoriale dell’antenna),deduciamo che l’antenna è sensibile alle componenti che risultano parallele al suo asse. Questorende tale antenna estremamente opportuna per le misure di campoverticale ed orizzontale previsto dalle norme sulle misure diemissioni radiate. Oltre a questo, l’antenna è particolarmente indicata per questo tipo dimisure in quanto ha una impedenza di ingresso ed un diagramma di irradiazione idealmente costanticon la frequenza.

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli49

Diciamo “idealmente” in quanto è ovvio che non possiamo certo utilizzare coni di lunghezzainfinita. Nella pratica, le antenne biconiche sono realizzate tramite coni troncati. Questotroncamento introduce delle discontinuità agli estremi e questo comporta fenomeni di riflessione perle onde che si propagano verso l’esterno lungo i coni stessi. Se allora facciamo nuovamenteriferimento al modello equivalente in termini di linea di trasmissione, il troncamento equivale nonsolo ad avere una linea di lunghezza finita, ma anche all’introduzione di una impedenza di caricorappresentativa dello spazio che assorbe potenza:

+

-

I(r)

+

V(r)

-

zL

La presenza di questo carico può o meno rappresentare un problema: se il carico fosse adattato,allora non ci sarebbero onde riflesse e la situazione equivarrebbe ancora ad avere una linea dilunghezza infinita, cui corrisponderebbe quindi una impedenza di ingresso puramente resistiva;viceversa, in assenza di adattamento, nascono delle onde riflesse in corrispondenza del carico, cheovviamente si propagano nuovamente verso la sorgente; otteniamo, in questa situazione, laformazione di onde stazionarie sui coni, cui corrisponde la comparsa di una parte immaginarianell’impedenza di ingresso: tale impedenza, quindi, non essendo più reale, risulta adesso dipenderedalla frequenza.

Volendo analizzare con maggiore dettaglio la situazione, si può procedere nel modo seguente: siscompone l’onda diretta in due termini, di cui uno uguale e contrario all’onda riflessa e quindicompensato da quest’ultima, e l’altro corrispondente alla potenza effettivamente trasmessa.

A livello quantitativo, si fa riferimento sempre al rapporto d’onda stazionario, notoriamentedefinito nel modo seguente:

L

L

1

1ROS

ρ−

ρ+=

dove ρL è il coefficiente di riflessione sul carico.Mentre in presenza di adattamento si otterrebbe ROS=1, in assenza di adattamento (il che avviene

praticamente sempre) si tollerano valori del ROS non superiori ad 1.2. Dato che il valore del ROSdipende dalla frequenza, la larghezza di banda dell’antenna è definitaproprio da quei valori di frequenza per i quali risulta ROS≤≤1.2.

Diamo adesso dei cenni sulla realizzazione concreta di questo tipo di antenne. Anziché usare deiconi veri e propri, sia pure troncati, molto spesso si costruiscono antenne biconiche usando dei filimetallici (di opportuno spessore) che approssimano le pareti dei coni, come illustrato nella figuraseguente:

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli50

Una ulteriore variante è quella delle cosiddette antenne a disco e cono, illustrata nella figuraseguente:

Si tratta dunque di un cono (ovviamente troncato) posto su un piano di massa circolare.Utilizzando il principio delle immagini, come evidenziato nella figura stessa, si può dimostrare che icampi generati da una simile struttura coincidono con quelli generati da una antenna biconica. Si puòanche verificare che la resistenza di radiazione di una antenna di questo tipo è la metà di quella diuna antenna biconica, dato che, evidentemente, in questo caso viene irradiata metà della potenzarispetto all’antenna biconica propriamente detta.

Un ultima variante è quella della cosiddetta antenna a farfalla, mostrata nella figura seguente:

Abbiamo in questo caso due lamine piane metalliche di forma triangolare. Talvolta, tali laminepossono essere sostituite da un filo che ne delimita il contorno: questo consente di ridurre il pesodell’antenna e le oscillazioni della struttura in presenza di raffiche di vento, ma ha lo svantaggio diridurre l’ampiezza di banda rispetto all’uso delle lamine piane. Tipica applicazione delle antenne afarfalla riguarda la ricezione dei segnali televisivi UHF.

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli51

Per concludere, ricordiamo che una antenna biconica è una tipica struttura bilanciata, chequindi necessita di una alimentazione di tipo bilanciato. Questo, però, rappresenta un problemaquando la linea di trasmissione che porta l’alimentazione all’antenna è ottenuta tramite un cavocoassiale, che è invece una tipica struttura sbilanciata. Lo sbilanciamento del cavo coassiale èschematizzato nella figura seguente:

I1

I2 I1

IC

calza del coassiale

anima del coassiale

drenaggio di corrente(capacità parassita)

piano di massa

Lo sbilanciamento consiste nel fatto che, se I1 è la corrente che, percorrendo l’anima del cavo,giunge ad uno dei morsetti dell’antenna, la corrente I2 che torna indietro verso la sorgente (attraversola calza e proveniente dall’altro morsetto dell’antenna) risulta diversa da I1, dato il drenaggio dicorrente che avviene tra la calza ed un qualsiasi conduttore metallico posto in prossimità di essa.

Lo sbilanciamento dell’alimentazione, come è noto, provoca un cattivo funzionamentodell’antenna biconica, cui bisogna necessariamente porre rimedio: dovremo perciò interporre, tracavo coassiale ed antenna, un dispositivo di bilanciamento.

Antenne log-periodicheLe antenne log-periodiche appartengono ad una classe di antenne con due fondamentali

caratteristiche: l’indipendenza delle varie proprietà dalla frequenza e la ripetitività della struttura.Come si vedrà, questo tipo di antenne sono costituite da un certo numero di elementi, le cuidimensioni aumentano all’aumentare della distanza a cui tali elementi si trovano rispetto all’originedella struttura: questo fa sì che l’impedenza di ingresso e le proprietà diirradiazione si ripetano periodicamente con il logaritmo dellafrequenza (da cui quindi il termine log-periodiche). Per questi motivi, esse sono classificarecome antenne a larga banda.

La più comune forma di antenna log-periodica (tipicamente utilizzata per misure di emissioniradiate per frequenze comprese tra 200 MHz e 1 GHz) è la cosiddetta schiera log-periodica didipoli, mostrata nella figura seguente:

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli52

Questa antenna presenta proprietà comuni a tutte le strutture log-periodiche. Si notaimmediatamente che le distanze tra elementi successivi (indicate con dk), le loro lunghezze (indicatecon lk) e le distanze dal punto di alimentazione (indicate con Rk) sono legate dalla seguenterelazione:

1n

n

1n

n

1n

n

R

R

d

d

l

l

−−−

===τ

Abbiamo cioè rapporti sempre costanti.E’ piuttosto laborioso compiere una analisi diretta per questo tipo di antenna, per cui non ci

addentriamo nei ragionamenti analitici, fornendo solo i risultati qualitativi di maggiore interesse.In primo luogo, osserviamo che esistono vari modi con cui alimentare questo tipo di antenna, tutti

equivalenti tra loro. C’è però un modo che presenta alcuni problemi ed è quello illustrato nella figuraseguente:

Come si nota, tutti gli elementi sono collegati in parallelo e l’antenna è alimentata all’estremo disinistra: questo comporta che le correnti che fluiscono negli elementi adiacenti abbiano tutte lostesso verso (entrante per gli elementi superiori ed uscente per quelli inferiori, come mostrato dallefreccette in figura). L’insieme dei singoli elementi può essere allora considerato come una schiera didipoli. La distanza tra due elementi successivi è molto piccola in termini di lunghezza d’onda, percui le correnti che fluiscono in elementi adiacenti interagiscono tra loro. Dato che la direzione dellacorrente di andata dell’alimentazione è verso destra, si trova un diagramma di irradiazione costituitoda un fascio diretto verso destra, come mostrato in figura. Tuttavia, gli elementi situati verso destra

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Concetti generali sulle antenne

Autore: Sandro Petrizzelli53

interagiscono inevitabilmente con l’irradiazione degli elementi alla loro sinistra e questo genera unainterferenza.

Per ridurre questa interferenza, si può procedere nel modo seguente:

Incrociando i fili dell’alimentazione, si ottiene una rotazione di 180° della fase delle correnti nellecoppie di elementi adiacenti: se un elemento presenta una corrente entrante, i due elementi adiacentipresentano sicuramente una corrente uscente e viceversa. In questo modo, il fascio risulta direttoverso sinistra, con la differenza, rispetto a prima, che l’interferenza è adesso provocata da elementipiù corti (le cui correnti sono anche in opposizione di fase), per cui è sicuramente minore rispetto aprima.

La figura seguente illustra un metodo pratico per alimentare una antenna log-periodica, tramite uncavo coassiale, in modo da rispettare quanto detto poco fa:

Un cavo coassiale è fatto passare in un tubo al quale è attaccata la metà degli elementi deldispositivo. Lo schermo del coassiale è connesso al tubo nel punto A di figura, mentre il conduttorecentrale è connesso ad un altro tubo alla stessa altezza (punto B). Questo assicura di poter alimentarel’antenna dalla parte posteriore, in modo che la linea di alimentazione non interferisca con ildiagramma di irradiazione dell’antenna e, nello stesso tempo, produca uno sfasamento di 180° traelementi adiacenti. Con questo sistema, si ottiene dunque sia lo sfasamento di 180° delle correnti traelementi adiacenti sia una alimentazione bilanciata.

Le frequenze di taglio di una schiera log-periodica di dipoli possono essereapprossimativamente calcolate nel modo seguente: la frequenza di taglio superiore è pari allafrequenza per cui gli elementi più corti sono di mezza lunghezza d’onda, mentre la frequenza ditaglio inferiore è pari alla frequenza per cui gli elementi più lunghi sono di mezza lunghezza d’onda.

Questo calcolo si basa sul motivo seguente: quando si opera ad una determinatafrequenza, non tutti gli elementi risultano attivi, ma solo quelli

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Appunti di “Compatibilità elettromagnetica” - Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli54

che risultano lunghi approssimativamente λ/2. Questo significa che la regioneattiva dell’antenna si modifica dinamicamente, in modo da sfruttare solo quegli elementi che sicomportano come radiatori efficienti alla frequenza di lavoro.

E’ ovvio inoltre che, usando l’antenna in ricezione, in presenza di un’onda piana uniformepolarizzata linearmente e incidente nella direzione dell’asse dell’antenna, avremo il massimoaccoppiamento solo se il vettore di campo elettrico è orientato parallelamente agli elementi dellaschiera. Per questo motivo, questa antenna è particolarmente indicata per la misura di emissioniradiate con polarizzazione verticale ed orizzontale, come prescritto dalle norme.

Infine, l’impedenza di ingresso di una schiera log-periodica di dipoli tende ad essere resistiva,indipendente dalla frequenza e compresa tra 50 e 100 Ω.

Autore: SANDRO PETRIZZELLIe-mail: [email protected]

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