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MONSELICE ROMANA Appunti di storia monselicense - 8 MONSELICE ROMANA Biblioteca di Monselice (Padova) via del Santuario, 2 35043 MONSELICE (PD) tel 0429 72628 - fax 0429 711498 www.provincia.padova.it/comuni/monselice [email protected] CITTA’ DI MONSELICE Assessorato alla Cultura Appunti di storia monselicense, 8 Collana di storia locale, arte e letteratura 1 F. ROSSETTO, Giacomo Zanellato, Monselice 1986. 2 R. PONZIN, Monselice e il suo privilegio veneziano (1406), Monselice 1988. 3 F. ROSSETTO, Due santi per una città. San Sabino e santa Giustina, Monselice 1988. 4 F. FERRARI - S. SALVATORI, Prospezioni archeologiche nella chiesa di San Paolo di Monselice, Monselice 1989. 5 C. CARTURAN, Memorie di storia monselicense. Dall’ Unificazione alla seconda guerra mondiale, Monselice 1990. 6 E. ANDREOTTI – R. GHIDOTTI – G.A. CIBOTTO, Monselice nel cuore del Giubileo. Guida del pellegrino al Santuario Giubilare delle Sette Chiese in Monselice, Monselice 1999. 7 C. CARENA - P.V. MENGALDO - G. PERON, Il Premio “Città di Monselice” per la traduzione. Storia e orientamenti, Monselice 2000.

Appunti di storia monselicense, 8€¦ · Vetta a Monselice, nell’agosto 2001. Fabio Conte Sindaco di Monselice 7 Archeologia a scuola Archeologia e didattica nel progetto culturale

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Biblioteca di Monselice (Padova) via del Santuario, 2

35043 MONSELICE (PD)

tel 0429 72628 - fax 0429 711498

www.provincia.padova.it/comuni/monselice

[email protected]

CITTA’ DI MONSELICEAssessorato alla Cultura

Appunti di storia monselicense, 8

Collana di storia locale, arte e letteratura

1 F. ROSSETTO, Giacomo Zanellato, Monselice 1986.

2 R. PONZIN, Monselice e il suo privilegio veneziano (1406), Monselice 1988.

3 F. ROSSETTO, Due santi per una città. San Sabino e santa Giustina, Monselice 1988.

4 F. FERRARI - S. SALVATORI, Prospezioni archeologiche nella chiesa di San Paolo di Monselice, Monselice 1989.

5 C. CARTURAN, Memorie di storia monselicense. Dall’ Unificazione alla seconda guerra mondiale, Monselice 1990.

6 E. ANDREOTTI – R. GHIDOTTI – G.A. CIBOTTO, Monselice nel cuore del Giubileo. Guida del pellegrino al Santuario Giubilare delle Sette Chiese in Monselice, Monselice 1999.

7 C. CARENA - P.V. MENGALDO - G. PERON, Il Premio “Città di Monselice” per la traduzione. Storia e orientamenti, Monselice 2000.

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MONSELICE ROMANA

Testi di

Riccardo Ghidotti

Camillo Corrain

Enrico Zerbinati

Cinzia Tagliaferro

Fausta Piacentini

A cura di Flaviano Rossetto

Comune di MonseliceAssessorato alla Cultura

2002

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Staff editoriale e collaboratori

Fabio Conte, Sindaco

Riccardo Ghidotti, Assessore alla Cultura

Barbara Biagini, Dirigente Settore Servizi alla Persona

Flaviano Rossetto, Direttore della Biblioteca

Antonella Baraldo, Antonella Carpanese, Assistenti di Biblioteca

Hanno contribuito alla realizzazione dell’opera:Comitato di gestione della Biblioteca, Associazione Amici dei Musei, Fondazione “Ruzzante”.

Si ringraziano: Mons.Ezio Andreotti, Vittorina Baveo, Simonetta Bonomi, Franco Colombara,Marco Franciosi,Cristina Libero,Giancarlo Merletti,Giuseppe Ruzzante, Willy Zangirolami.

Per la gentile concessione del materiale iconografico si ringrazia:- Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto;- Regione del Veneto per la catalogazione del lapidario romano realizzata in collaborazione

con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto;- Assessorato alla Cultura del Comune di Padova;- I Musei citati nelle didascalie.

Progetto editoriale: Maurizio De MarcoStampa: Grafiche Violato

Finito di stampare nel Settembre 2002© 2002 Tutti i diritti sono riservati all'Amministrazione Comunale di Monselice

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Abbreviazioni:KMW = Kunsthistorisches Museum di ViennaMANF = Museo Archeologico Nazionale di FirenzeMAV = Museo Archeologico al Teatro Romano di VeronaMCAP = Museo Civico Archeologico di PadovaMCM = Museo Civico di MonseliceMNA = Museo Nazionale Atestino di Este MRB = Civico Museo Romano di Brescia

PresentazioneFabio Conte

Archeologia e didattica nel progetto culturale della cittàRiccardo Ghidotti

Il monselicense in età preromanaFlaviano Rossetto

Modifiche agrarie del territorio della Bassa Padovana in età romanaCamillo Corrain

Monumento funerario dei VolumniiCinzia Tagliaferro

Archeologia e monumenti d’età romana a MonseliceEnrico Zerbinati

Raccolta numismatica romana di MonseliceFausta Piacentini – Cinzia Tagliaferro

Anfore romane di MonseliceFlaviano Rossetto

Due bronzetti romani a MonseliceEnrico Zerbinati

Indice

In copertina:MNA,Bronzetto di Iside-Fortuna. I-II sec.d.C.MCM,Stele funeraria con tre ritratti di personaggi dei quali sono andati perduti i nomi.Prima metà del I sec.d.C.Già reimpiegata nella Pieve di Santa Giustina

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Riccardo Ghidotti

A quasi dieci anni dalla pubblicazionedel libro Monselice. Storia, cultura e arte di uncentro minore del Veneto curato da AntonioRigon, sono stati avviati - negli anni scorsi maanche nel presente - numerosi laboratorididattico-educativi sia di archeologia che di“avvicinamento” al lapidario romano delmuseo che hanno coinvolto quasi ottocentoalunni delle classi terze e quarte delle scuole

Presentazione

Arrivando a Monselice in una giornata serena e scorgendo da lon-tano le forme sinuose della Rocca – impreziosita, da un lato, daisegni gentili dei Duodo e ferita,dall’altro,da una discutibile laborio-sità umana – il pensiero fa rivivere la storia antica della BassaPadovana e con essa riscopre l’operosità della sua gente che hasaputo esaltare una spiccata vocazione agricola con la “costruzio-ne” di una preziosa identità culturale, diventata oggi punto di riferi-mento per la civiltà veneta.

Studiare la nostra storia significa riappropriaci di questo straordi-nario passato e favorire quel senso di appartenenza, quell’amoreper le proprie radici che ci aiutano ad essere cittadini attenti eresponsabili.

In questo contesto si colloca il presente studio della storia anticadi Monselice che intende investigare sull’arrivo dei primi romani sulterritorio padovano e di collocare nel loro contesto storico i nume-rosi reperti archeologici recuperati durante i lavori agricoli o fruttodi specifiche ricerche di scavo nelle campagne vicine.

Come Sindaco sono particolarmente felice di aver contribuito allarealizzazione di questo opuscolo che si prefigge di approfondire e disviluppare la conoscenza della nostra eredità culturale, che noiamministratori abbiamo il dovere morale di tutelare e difendere.

Il taglio divulgativo dei saggi presentati vuole, tra l’altro, invitaresoprattutto i giovani ad avvicinarsi alla storia locale per far matura-re un sentimento cittadino ancora latente, ma diffuso tra la popola-zione,nella speranza che anche la Monselice del prossimo futuro siauna città orgogliosa e fiera delle proprie origini e sappia custodire evalorizzare un divenire storico lungo oltre quaranta secoli.

1. Scavo archeologico effettuato in localitàVetta a Monselice, nell’agosto 2001.

Fabio ConteSindaco di Monselice

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A r c h e o l o g i a a s c u o l a

Archeologia e didatticanel progetto culturale della città

Elementari di Monselice. Con metodi innova-tivi e accattivanti,elaborati con gli insegnanti,sono stati presentati ai ragazzi i numerosireperti archeologici rinvenuti duranti gli scavio custoditi nei musei locali. Gli oggetti hannocostituito il primo contatto con la storia e

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rappresentato un “pretesto” per studiare gliusi, i costumi e la religione dei popoli antichi(Veneti e Romani, soprattutto) con l’obietti-vo di creare un raccordo tra il mondo deibambini e quello dell’ archeologia, per unaprogrammazione integrata di interventi miratialla formazione dell’ individuo. Anche laRegione Veneto, grazie alla sensibilitàdell’Assessore alle politiche culturali e l’iden-tità veneta,Ermanno Serrajotto,si sta muoven-do in questo senso con un libro, curato dalprof. Manlio Cortelazzo, intitolato Sussidiariodi cultura veneta e destinato a tutti gli alunnidelle scuole Elementari del Veneto.L’obiettivocomune è quello di valorizzare le “ricchezze”delle nostre comunità con una serie articola-ta di iniziative al fine di consegnare ai ragazzigli strumenti necessari per farli impadroniredella loro storia.

La Città di Monselice da alcuni anni si stamuovendo in questo senso,e purtroppo man-cano pubblicazioni agili e rigorose, che pos-sano raggiungere sia un vasto e variegatopubblico di lettori interessati alla conoscenzastorica della propria terra,sia i turisti che sem-pre più numerosi soggiornano e transitanosul territorio monselicense.

Questo studio vuole anche soddisfare lenumerose curiosità storiche emerse pochi

2. Laboratori scolastici di archeologia organizzatidal comune di Monselice per le classi Elementari III e IV per promuovere e favorire la conoscenza dell’archeologia locale e del lapidario romano.

A r c h e o l o g i a a s c u o l aR i c c a r d o G h i d o t t i

mesi fa durante i lavori di scavo in localitàVetta, allorquando sono venute alla luce testi-monianze minori, ma non per questo menoimportanti, dei primi insediamenti umani sulterritorio. Una opportuna campagna di scavieseguita dalla competente Soprintendenzaha permesso, tra l’altro, il ritrovamento di uncomplesso di siti distribuiti sul territorio inte-ressato dai lavori che coprono un arco cro-nologico compreso tra l’età Neo-eneolitica equella romana. La quantità dei rinvenimenti,distribuiti su un territorio relativamente limi-tato, ha costituito una importante scopertaarcheologica che porterà in un prossimofuturo a rivedere la storia antica della BassaPadovana.

Le testimonianze pervenute,tuttavia,sonosufficienti a farci avvertire l’esigenza di capiremeglio come vivessero i coloni romani chequasi duemila anni fa suddivisero e misero acoltura i territori della Bassa Padovana.

Naturalmente su questo argomento sono incorso studi e verifiche e non si esclude che abreve nuovi scavi archeologici possano faremergere testimonianze significative di unpassato ancora per molti aspetti nascostosotto i nostri piedi.

I nuovi ritrovamenti – che saranno espostinel museo civico di Monselice – amplierannola conoscenza storica del nostro territorio edaranno una risposta concreta alle richiestedi risalire alle radici della nostra storia e,attra-verso questa, di poter ricostruire una nostraprecisa identità culturale e civile.Per questo,ilpresente opuscolo – che sarà distribuito aglistudenti - assume un particolare significatopropedeutico,nella speranza di sensibilizzarele giovani generazione su questi temi.

Tra le novità di questa pubblicazione sisegnala la “proposta” di Camillo Corrain sullacenturiazione nel territorio di Monselice.

L’argomento è naturalmente di grandeinteresse perché viene esaminato come “chia-ve”per entrare nella storia antica del territorioveneto. Gli studi compiuti sulle antiche divi-sioni agrarie, hanno consentito di ritrovareaddentellati significativi con altri pro-getti dibonifica romani,che in alcuni casi abbraccia-no l’intera regione. Per questo motivo laprima parte del suo intervento ha assunto l’a-spetto di una presentazione generale dellacenturiazione e dei suoi problemi,adempien-do così alla duplice funzione di offrire il qua-dro entro cui la ricerca si svolge e di presen-tare alcuni spunti agli studiosi che approfon-diranno l’argomento.

Un sincero ringraziamento va a quanti inquesti anni hanno dedicato gratuitamenteinteresse,passione e tempo per la realizzazio-ne di questi studi e in modo particolare aiprofessori Enrico Zerbinati e Camillo Corrainche da anni collaborano con l’Amministrazionecomunale anche come componenti della

Giuria dei Premi Brunacci. Questa manifesta-zione sorretta con competenza dal prof.Antonio Rigon costituisce un punto di riferi-mento per gli studi storici padovani e veneti econtribuisce, tra l’altro ma non solo, alla valo-rizzazione di tutto il territorio della BassaPadovana.

Il mio augurio è che il presente opuscolopossa trovare spazio nello zaino degli studen-ti monselicensi, magari tra il libro di gram-matica e quello di matematica, nella speran-za che lo studio del passato cittadino possadiventare un atto d’amore per la nostra terra.

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3. Chiesa di San Tommaso. Altare di epoca romana in calcare bianco di Verona. Non vi è scolpita l’iscrizione.

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S i t i a r c h e o l o g i c i a M o n s e l i c e

Neo-eneoliticoInsediamenti abitativi

Età del FerroAree Sepolcrali

Età romanaStrutture abitative

Aree Sepolcrali

Principali siti archeologicinel territorio del Comune di MonseliceLegenda:

1 Laghetto della Costa 2 Località Marendole3 La Rocca4 Località "Tre Scalini"5 Monte Ricco - Monte Castello6 Ca' Oddo7 Via Pignara 8 Via Pernumia (verso il confine

tra Monselice e Pernumia) 9 Via S. Pietro Viminario

(pressi del casello dell'autostrada)10 Via S. Pietro Viminario

(area funeraria della gens Critonia)11 Via Palazzetto (presso il cimitero) 12 Via Vanzo - Arzerdimezzo13 Le Carrare di Marendole14 Via dei Lovi15 Via Ca' Bonetti - Ca' Sandri16 Via Fragose17 Località Vetta 18 Via Vetta - Ca' Bertin19 San Bortolo - Le Muraglie20 San Cosma (Stortola) 21 Via Granzette 22 Ca' Oddo - Moralediemo

Età del BronzoInsediamenti abitativi

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elaborazione a cura di Maurizio De Marco e Riccardo Ghidotti

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4. MCM. Boccali monoansati a corpo globoso o piriforme. Due esemplari presentano una decorazione agraffito di motivi curvilinei e a zig-zag compresi tra sottili solcature orizzontali. XVIII sec. a. C. Dal laghettodella Costa.

5. Rilievi effettuati durante gli scavi archeologicinel laghetto della Costa, condotti da AndreaMoschetti e Federico Cordenons dal 18 Aprile all’8 maggio 1901. I disegni riportano uno stratodi assi di rovere utilizzati come pavimento per lepalafitte.

Attorno alla metà del V millennio a.C.anche nella nostra regione avveniva unaprofonda trasformazione, nota come proces-so di neolitizzazione,durante la quale l’uomoda cacciatore/raccoglitore si trasforma inallevatore/agricoltore, prende cioè possessodella natura, ne capisce i ritmi produttivi e sirende conto che può regolarla per le sue

necessità. Sorgono in questo periodo i primiinsediamenti stabili ad economia agricolo-pastorale. In ambito euganeo la maggioretestimonianza di questo periodo proviene daLe Basse di Valcalaona nel territorio di Baoneai piedi del versante occidentale dei ColliEuganei

Nel territorio monselicense invece, le testi-monianze più antiche della presenza umanache documentano,tra l’altro,l’inizio del popo-lamento del versante orientale dei Colli, risal-gono essenzialmente all’età del Bronzo (IImillennio a.C.). Gli insediamenti più antichisi disposero presso zone umide: il villaggiopalafitticolo sulle sponde del laghetto dellaCosta, abitato tra l’antica e la media età delBronzo, e l’esteso insediamento nella pianaacquitrinosa di Marendole, attivo nell’età delBronzo recente. Allevamento e agricolturarappresentavano le principali attività di sussi-stenza dei loro abitanti.

E’ di questi ultimi decenni la scoperta delletracce di una consistente frequentazionepreistorica della Rocca di Monselice,che dal-l’età del Bronzo medio-recente si sviluppò

Il monselicense in età preromanaFlaviano Rossetto

l ’ e t à p r e r o m a n a

Cordenons e dall’Alfonsi, due famosi archeo-logi padovani. Dai loro rilievi di scavo si notache i pavimenti delle abitazioni erano costi-tuiti da larghe tavole di rovere accostate sucui poggiavano i resti di focolari.Quest’ultimi, formati da scaglie di pietra espalmature di argilla, avevano per lo piùforma rettangolare e recavano evidenti segnidi successive rigenerazioni. Ad eccezione diqualche palo verticale emergente dal tavola-to, da ricondurre quasi sicuramente alle partielevate delle abitazioni, manca qualsiasiinformazione circa le pareti e la coperturadelle stesse.

Da quanto noto da altri insediamenti umididell’arco alpino, abbiamo motivo di ritenereche le abitazioni fossero costituite da paretilignee intonacate con argilla e che il tetto adoppio spiovente fosse ricoperto con frascheed erbe palustri. Ben conservate risultavanoinvece le possenti opere di consolidamentodelle abitazioni. Tali opere, costruite sullesponde del laghetto, costituivano verosimil-mente una piattaforma sorretta da pali verti-cali ben infissi sul limo lacustre al fine dicostiparlo e disidratarlo, nonché da travi oriz-zontali, fascine, sfasciume ligneo e pietre.

L’abitato fu definitivamente abbandonatonel corso della media età del Bronzo (XV-XIVsec. a.C.) forse per motivi climatici o storici.

L’abbondante documentazione archeologi-ca pervenuta è costituita per lo più da vasel-lame ceramico, da strumenti in selce, osso,corno di cervo e pietra levigata,mentre relati-vamente scarsi sono gli oggetti in bronzo. Imateriali rinvenuti hanno permesso di riferirel’abitato alla cultura di Polada (dal nomedella stazione palafitticola presso Desenzanosul Garda) cioè alla cultura caratteristica del-l’antica età del Bronzo (XVIII-XVI sec.a.C.).

L’economia si basava essenzialmente sul-l’agricoltura, sull’allevamento e la caccia e suforme artigianali quali la filatura e la tessitura,la lavorazione dell’argilla, del bronzo, dellaselce e dell’osso-corno.

fino agli inizi dell’età del Ferro. Per quantomolto sia stato compromesso dalle successi-ve strutture medievali, sembra ipotizzabile ungrande insediamento, organizzato su terraz-zamenti, che trovò la sua ragion d’essere pro-prio nella straordinaria posizione dominantedel colle.

1. L’ insediamento palafitticolodel lago della Costa

Nel laghetto della Costa, situato tra ArquàPetrarca e Monselice, è stato individuato trafine ‘800 e primi ‘900 un insediamento palafit-tico risalente all’età del Bronzo (II millennioa.C.). Il sito fu oggetto di sistematiche indagi-ni di scavo condotte in tempi diversi dal

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2. L’ insediamento di Marendole

La seconda area archeologica di notevoleimportanza è quella ubicata a sud-ovest delpoggio di Marendole e ad ovest del MonteFiorin. Scoperte occasionali e ricerche effet-tuate nella seconda metà dell’Ottocento dalCordenons e successivamente dall’Alfonsi,hanno documentato la frequentazione di talizone a partire dall’antica età del Bronzo(XVIII- XVI sec. a.C.) .

La maggior parte della documentazionearcheologica si data però alla metà delBronzo recente (XIV-XIII sec. a.C.) ed è costi-tuita da materiale ceramico proveniente vero-similmente da un unico, esteso abitato. Si trat-ta per lo più di vasellame molto frammenta-rio, che presenta impasti poco depurati dicolore rossastro, superfici sommariamentelisciate e decorazione prevalentemente pla-stica costituita da cordoni applicati, semplici

o taccheggiati. Le forme più rappresentatesono le tazze, le scodelle e le olle. In terracot-ta sono pure numerose fusaiole di formabiconica, conica o sferoidale, da ricondurreall’ attività domestica della filatura e tessitura.Sono stati inoltre rinvenuti all’interno dell’a-rea abitata un pugnale e uno scalpello.

Per quanto riguarda gli aspetti strutturalidell’abitato di Marendole,Cordenons riferiscedi fondi di capanne costituiti da piani in terrabattuta, di focolari e di fosse riempite dacocci e carboni.I dati acquisiti consentono diipotizzare un’economia basata sull’agricoltu-ra e sulle attività domestiche della filatura etessitura, molto simili a quelle già praticatedalle precedenti popolazioni del laghettodella Costa.

l ’ e t à p r e r o m a n a

3. La Rocca di Monselice

Indagini di scavo condotte in anni recentisulla sommità e sulle pendici settentrionalidella Rocca di Monselice, nonché nell’areadell’antico palazzo comunale e della exchiesa di S. Biagio hanno consentito il recu-pero, di frammenti ceramici riferibili all’etàpreromana. La distruzione delle stratificazioniantiche della Rocca sarebbe avvenuta a segui-to della costruzione del mastio di età medioe-vale, i cui lavori preparatori avrebbero com-portato il livellamento della sommità fino allaroccia. La scarsa documentazione ceramicafinora rinvenuta consentirebbe di datareall’età del Bronzo medio-recente (XVI-XII sec.a.C.) la più antica frequentazione di tale area.

Si segnala infine la recente individuazionedi stratificazioni antropiche dell’età del bron-zo medio-recente e della primissima età delferro nel centro storico di Monselice e pre-cisamente in via XXVIII Aprile, in località “Trescalini”.

Tali testimonianze, tuttora in corso di stu-dio, attesterebbero pertanto una continuitàdi frequentazione dell’area della Rocca diMonselice a partire da una fase avanzata del-l’età del Bronzo alla primissima età del Ferro,vale a dire dal XIV all’VIII secolo a.C., epocain cui comincia ad accentuarsi sempre di piùlo sviluppo di grandi insediamenti unitaricome Este e Padova - centri egemoni deiVeneti antichi - e si assiste ad un relativoabbandono dei Colli Euganei. Il periodo suc-cessivo è ancora piuttosto oscuro e dovetteessere nuovamente la pianura ad attirare gliinsediamenti.Non è un caso che il reperto piùimportante di questo periodo provenga daCa’ Oddo: si tratta di una stele funeraria (fig.8), databile tra la fine del V e gli inizi del IVsec. a.C., recante un’iscrizione venetica chene dichiara l’appartenenza ad una certaFugia Andetina Fuginia (oggi conservata nellaV sala del Museo Nazionale Atestino), proba-bilmente un’aristocratica di origine patavina,proprietaria di fondi agricoli nella zona.

6. MCM. Fondi di vasetti e tazze provenienti daMarendole, rinvenuti durante le numerose

ricerche di superficie effettuate negli anni ’60 da appassionati locali. XIII sec. a.C.

7. Zona archeologica diMarendole tra monte

Fiorin e l’argine delVescovo nella quale,

durante le campagne discavo eseguite nella

seconda metàdell’Ottocento dal

Cordenons e successiva-mente dall’Alfonsi, sonostati rinvenuti numerosi

reperti risalenti all’etàdel Bronzo. L’area, inquesti ultimi anni, è

stata devastata danumerose escavazioni di

materiale sassoso.

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F l a v i a n o R o s s e t t o

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Bibliografia di riferimento

A.ALFONSI,Arquà Petrarca. Scoperte acciden-tali sulle rive del laghetto della Costa,“Notiziedegli scavi di antichità”, 1906.

E. BIANCHIN CITTON - E. ZERBINATI, Il territorioin età preromana e romana, in Monselice.Storia, cultura e arte di un centro “minore” delVeneto, a cura di A. RIGON, Monselice 1994.

S. BONOMI, Il lapidario romano di Monselice,dattiloscritto 2000.

I Colli Euganei natura e civiltà,Padova 1989.F. CORDENONS, Le antichità primitive di

Marendole nei colli Euganei, “Bullettino diPaletnologia Italiana”, 23 (1897).

E. ZERBINATI, Edizione archeologica dellaCarta d’Italia al 100.000. Foglio 64. Rovigo,Firenze 1982.

m o d i f i c h e a g r a r i e

4. Le ultime scoperte

Nuove conoscenze sulla storia antica mon-selicense arriveranno dallo studio dei repertirinvenuti la scorsa estate in località Vettadurante i lavori di sistemazione del canaleDestruro destinato a consentire la fitodepura-zione delle acque provenienti dal depu-ratore. Al termine delle prime indaginiarcheologiche la competenteSoprintendenza comunicava il ritro-vamento, in un’area di circa 4 kmquadrati, di insediamenti risalentiall’età del Neo-eneolitico (IV – III mil-lennio a.C.), oltre a numerosi repertidi epoca romana,con tutta probabilitàdatabili dal I sec.a.C.al II d.C. Nel detta-glio sono stati individuati: 2 insediamentidi età Neo-eneolitica; 3 insediamenti dell’etàdel Bronzo; un vasto insediamento dell’etàdel Ferro e di altri due contesti insediativiminori; 6 complessi rustici di età romana,alcuni di grandi dimensioni; 2 necropoli dietà romana. Attualmente sono in corso ulte-riori investigazioni e non si escludono nuovecampagne di scavo.

Nel territorio monselicense mancano pur-troppo altre importanti testimonianze archeo-logiche fino all’epoca della romanizzazione,tra II e I sec. a.C, epoca a cui risale la necro-poli scoperta nel 1938 tra Arquà e Monselicealle falde del Monte Ricco.Essa era relativa aduna comunità di origine celtica,che nel corsodi un secolo abbandonò progressivamente lesue caratteristiche originarie: i guerrieri diven-nero agricoltori, che alla fine furono assorbitidal modello culturale imposto dai Romani.

La pianura Padana è caratterizzata oggi dauna regolare divisione di appezzamenti colti-vati, con strade che solcano fertili campagnee canali che regolano le acque tra frutteti evigneti. In ogni luogo si nota la laboriosaopera dell’uomo che ha saputo dare, nelcorso dei secoli, una razionale organizzazio-ne al territorio. L’ordinata geometria campe-stre attuale, in molti casi, corrisponde a unpreciso disegno agrario elaborato durante

l’epoca romana e applicato,anche nel nostroterritorio,a vaste aree abbandonate o coltiva-te dagli antichi Veneti. Queste tecniche dibonifica agraria vengono identificate con iltermine di centuriazione.

Negli spazi interessati gli agrimensoriromani procedevano ad una precisa delimi-tazione e misurazione delle terre medianteun regolare reticolato, formato da linee paral-lele e perpendicolari. Le due lineazioni prin-cipali del reticolato, solitamente due strade,erano dette kardo maximus, che puntava danord verso sud, e decumanus maximus, chesi dirigeva da est verso ovest.

Parallelamente a questi erano tracciativiottoli e fossati, che costituivano altrettanticardini e decumani,in modo da ottenere unamaglia di quadrati di circa 710 m di lato, cor-rispondente alla misura romana di 20 actus.

I decumani e i kardines, che definivano lelarghe maglie centuriate, formavano ancheun fitto e regolare reticolo di strade e sentie-ri,dando così per la prima volta unità e omo-geneità ad un intero territorio composto disuperfici uguali - centurie - entro le quali

Modifiche agrarie del territorio della Bassa Padovana in età romanaCamillo Corrain

9. Con la groma gli agri-mensori romani tracciavano

linee rette sul terreno. Lostrumento era dotato di duebracci a croce fissati con un

perno a un sostegno vertica-le. All’estremità di ciascuno

dei bracci era appeso un filoa piombo. L’aiutante si pone-

va a una certa distanza conun paletto e lo piantava sul

terreno secondo le indicazio-ni del geometra, il quale tra-

guardava lungo uno deibracci della groma. Con que-

sto semplice strumento iromani formarono sui terri-

tori da bonificare regolarireticoli di strade e fossati

(centuriazioni).

8. MNA. Stele funeraria in trachite con iscrizionevenetica che ricorda una donna veneta, FugiaAndetina Fuginia. Al centro si accompagna unachiave di tipo celtico. Fine V - inizi IV sec. a.C. Da Ca’ Oddo.

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erano definiti i singoli lotti da assegnare aicoloni.

Gli agrimensori di Roma produssero unastraordinaria bonifica agraria capillare e dif-fusa sul territorio, spesso su scala gigantesca.

Grazie alla regolare lottizzazione del terre-no, si moltiplicavano conseguentemente leopere di controllo delle acque in modo daraggiungere un equilibrio idraulico che, eli-minando le zone acquitrinose, era in gradodi prevenire gli impaludamenti e il pericolo

di rovinose esondazioni. Tale sistemazioneambientale trovava poi il suo completamen-to nelle terre lavorate e coltivate con lacostruzione delle case dei coloni, che sorge-vano sulle singole proprietà disseminate nelvasto agro.

Nel lento e graduale processo di romaniz-zazione che interessò l’area veneta a partiredai primi decenni del II sec.a.C.,alcuni inter-venti specifici riguardarono l’area monseli-cense. D’altra parte l’importanza della zonanell’antichità era dovuta in particolare allasua felice posizione geografica che favoriva icollegamenti con le principali città romanedell’Italia del Nord.

Alle vie d’acqua, che continuarono persecoli a svolgere il loro ruolo di primariaimportanza per favorire i traffici e i trasporti,

18 19

m o d i f i c h e a g r a r i e

andarono affiancandosi numerosi tracciatistradali a partire dai primi interventi di Romanell’Italia nordorientale per favorire la per-corribilità della Venetia.La prima via,che inte-ressa il nostro territorio, risale al 175 a.C. ed èstata costruita dal console Marco EmilioLepido. La strada partiva da Bologna e perModena, Este, Monselice, Padova ed Altinocongiungeva la nuova colonia di Aquileiacon i restanti territori controllati dai romani.

Nel 131 a.C. al sistema viario esistente siaggiunge la via Annia, stesa a collegare Adriacon Aquileia in proseguimento della viaPopillia, proveniente da Rimini. La via Annia,passando per Agna, Conselve, Tribano eMaserà si portava a Padova e da qui, seguen-do o ristrutturando il precedente percorso diLepido, ad Aquileia. A queste due strade, assiportanti della penetrazione romana nei primidue secoli a.C., si aggiunse nel I sec. d.C., pro-babilmente all’epoca dell’imperatoreClaudio, una strada che collegava - costituen-do un più diretto proseguimento dellaPopillia - Ravenna ad Altino.

Un così complesso sistema viario spiega ilsorgere di numerosi insediamenti,a loro voltacollegati tra loro da strade minori.L’intervento di centuriazione nel territorio aSud di Padova è interpretabile anche comeuna operazione tesa a bonificare zone altri-menti paludose per rendere sicuri i percorsiviari.

Nei secoli successivi però le cose peggiora-rono. Le accurate sistemazioni agrarie e partedelle vie principali, a causa della scarsamanutenzione, si degradarono rapidamente,conseguenza anche di un’idrografia di diffici-le controllo, effetto di una nuova fase climati-ca umida e piovosa che raggiunse il suo apicetra il 400 e il 700 d. C. Nella Bassa Padovana,già nel tardo impero, si registrò un forte calodemografico, accentuato da contagi di pestebubbonica. Inutilmente gli imperatoriCostantino, Teodosio e Valentiniano tentaro-no di ripopolare la Valpadana deportandoviSarmati,Alemanni e Goti,sconfitti nelle nume-rose spedizioni militari.

Nelle campagne resistettero piccoli nucleiinsediativi, aggrappati a ruderi di ville roma-ne, con blandi legami con i vecchi centriamministrativi. Il bosco e lo sterpeto, conessenze predominanti di roveri, tigli, frassini,presero il sopravvento nei terreni un tempocoltivati o regolati comunitariamente per losfruttamento a pascolo o a bosco, mentre lebassure divennero sede di acquitrini e paludi.

Le uniche vie di comunicazione erano gliargini,o meglio strade che percorrevano natu-rali alti topografici (dossi), passando attraver-so la folta vegetazione, spesso agibili solod’inverno, quando si essiccava il canneto e ilterreno, solitamente melmoso, si ghiacciava.

Anche i resti dell’antica maglia centuriataromana venivano in parte riadattati o recupe-rati,ove possibile e dove gli insediamenti pre-sentavano ancora valide ragioni di esistere. Siutilizzavano così tratti di rettifili romani, tal-volta raccordandoli con altri,quando si trova-vano su dossi, oppure rialzandoli con argina-ture. Solo l’attaccamento alle basi di sussi-stenza, fondata su un’economia silvo-pastora-le, ha permesso agli agricoltori di aggregarsiin quei nuclei che saranno pionieri nel disso-damento di nuove terre, approfittando delnuovo cambiamento climatico, in sensocaldo secco, che persisterà fino all’ulteriorefase umida,che si imporrà tra il 1200 e il 1300,costringendo ancora ad un abbandono deivillaggi più isolati, divenuti periferici.

La sistemazione della pianura con sovrap-poste centuriazioni locali restò leggibile nel-l’area del monselicense, nonostante le avver-se condizioni climatiche e gli abbandoni veri-ficatisi dal tardo impero e all’alto Medioevo,fino al XII secolo. Il nuovo radicale ordina-mento del territorio iniziò con lo scavo delcanale Bisatto che rappresentò l’espressionepiù concreta dei profondi mutamenti che larinascita dell’età comunale stava causandoanche a Monselice: diventata vera cittàcapace d’esprimere tra Due e Trecento il mas-simo del suo fulgore economico, civile, reli-gioso e artistico.

10. Schema delle strade romane della Venetiadal II secolo a.C. all’età imperiale, tratto dalsaggio di L. Bosio, Dai Romani ai Longobardi,in Storia di Venezia, I, Roma 1992, pag.193.

C a m i l l o C o r r a i n

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Sicuramente già in epoca paleoveneta, lacittà di Este allargò la sua sfera di influenzaanche sul territorio circostante. Non cono-sciamo con sicurezza l’ampiezza e i limitidello spazio territoriale soggetto allora alcontrollo dell’antica città, ma possiamotracciarne i confini grazie alla scoperta dialcuni cippi confinari, fatti porre da dueproconsoli romani della Gallia Cisalpina,chiamati a dirimere questioni di confinesorte fra Atestini da una parte e Patavini eVicentini dall’altra. Lucio Cecilio Metello suincarico del Senato di Roma nel 141 a.C., -per la maggior parte degli studiosi - fissò illimite tra i territori di Este e Padova, con laposa di cippi confinari a Teolo,Galzignano esul Monte Venda; mentre Sesto AttilioSerrano nel 135 a.C., stabilì il confine traEste e Vicenza a Lobia, con un cippo oraconservato al Museo Maffeiano di Verona.

Queste controversie confermano la pre-senza di precedenti sfere di influenza su ter-ritori che questi tre centri dovevano ricono-scere come propri: possiamo quindi,a buondiritto, inserire il monselicense in epoca

romana nell’agro di Este. Tali affermazionisono inoltre suffragate dal recupero in situ dinumerose stele funerarie di personaggi tra Isec. a.C. e II d.C. appartenenti alla tribúRomilia, vale a dire della circoscrizione elet-torale ed amministrativa di Este, mentre ipatavini erano ascritti alla Fabia.

2. I sistemi di divisione agraria della Bassa Padovana

La tormentata morfologia superficiale, pla-smata nei millenni dalla presenza di grandifiumi e condizionata dallo sperone dei ColliEuganei, ha impedito l’individuazione di unprogetto di bonifica agraria romano ben defi-nito, anche perché spesso si sono verificatesovrapposizioni e compenetrazioni di varisistemi centuriati prevalenti ora l’uno ora l’al-tro, seguendo il criterio del più favorevole aldeflusso delle acque.

Dall’esame delle foto aeree risulta chealcune strade sono segmenti di interventi dicenturiazione e che le impostazioni urbani-stiche di Adria, Solesino, Villa Estense,Carmignano di Sant’Urbano, Masi, Este, Lozzoe in parte Montagnana,ricalcano esattamenteuno dei reticolati romani prevalenti nel terri-

1. L’ agro atestino

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l ’ a g r o a t e s t i n o

torio circostante.Nel basso Veneto è comunque possibile

distinguere due aree di influenza specifiche:quella di Adria e quella di Este. Le lineazioninel territorio di Adria, che presentano unorientamento pressappoco N-S,possono esse-re considerate le più antiche, seguite da quel-le con direzione dei cardini N-44° W.

Dopo questo necessario preambolo,passia-mo ad illustrare brevemente i sistemi centu-riati che interessano l’area del monselicense.Tuttavia data la complessità degli interventi èmolto probabile che nei prossimi anni conl’aiuto di nuova documentazione si possadefinire ulteriormente ciò che ora è soltantoaccennato.

Dal ritrovamento di numerosi repertiarcheologici si evince chiaramente che il ter-ritorio di Monselice risentiva degli usi e deicostumi dell’agglomerato protourbano diEste, uno dei due centri principali (l’altro èPadova) da cui si era irradiata la cultura e laciviltà degli antichi Veneti. La stessa influen-za continuava anche in età romana, e in par-ticolare tra la fine del I sec.a.C.e il I sec.d.C.,durante la quale il monselicense rientravasicuramente nella giurisdizione amministrati-va di Ateste,dove dopo la battaglia di Azio del31 a.C.venne dedotta una colonia di ex legio-nari. La deduzione della colonia comportò lasistemazione agraria e la bonifica del territo-rio nel quale erano stati trasferiti i nuovi colo-ni.

Di questi lavori di riorganizzazione e divi-sione delle campagne rimangono tracce innumerose lineazioni (fossati, strade, carreg-giate, canali ecc.) visibili attraverso le fotoaeree o recuperabili nei resti che hannolasciato nel disegno agrario moderno.

Dall’esame del territorio è possibile distin-guere due sistemi di centuriazione.

3. I sistemi centuriati del monselicense

C a m i l l o C o r r a i n

Sistema di divisione agraria (A) - segnato inrosso nelle cartine 12 e 13 - le cui lineazionipresentano cardini orientati N-44° W. Questosistema centuriato interessa un’estesa areache si espande da Montagnana fino aCavarzere.

Sistema di divisione agraria (B) – segnatoin blu nelle cartine 12 e 13 - presenta linea-zioni in due aree diverse e separate tra di loro.La prima insiste nel territorio di Monselice ela seconda è stata individuata tra Granze eVilla Estense. Le lineazioni hanno orienta-mento, sempre riferito ai cardini, N-12° W.

Del sistema agrario tipo (A), corrisponden-te probabilmente al primo intervento “azia-co”o di età augustea,rimangono i relitti su unvasto territorio della Bassa Padovana. E’ pre-sumibile che il sistema centuriato abbia prin-cipio da un tratto viario che si staccadall’Adige, attraversando Agna - perciò si èsupposto si tratti di uno spezzone della viaAnnia – per traguardare sul monte Venda. Lecenturie quadrate erano costituite con ilmodulo classico romano di 710 m. circa dilato.

Le lineazioni - oltre ad apparire con unadistribuzione e in un contesto che ne postu-lano l’anteriorità rispetto agli altri sistemi - sidispongono con un orientamento che ricalcaquel lo de l cent ro s tor ico d i Es te.Originariamente,questa centuriazione potevacomprendere una superficie di circa 400kmq, per una lunghezza longitudinale dicirca 55 Km.

E’ verosimile che proprio in ragione dellasua grandiosità questa centuriazione abbiamostrato ben presto carenze funzionali invarie zone e che perciò abbia subito degliinterventi mirati che si adattassero con mag-giore precisione e più sicura aderenza allamorfologia dei terreni, per favorire lo sgron-do delle acque. Di qui la necessità di ulterio-ri sistemazioni del territorio con un diversoorientamento dei canali e dei fossati.

Per quanto riguarda l’area del monselicen-se, oggetto del presente lavoro, si notano iframmenti di un successivo intervento di

11. Particolare dei muridi fondazione di un edificio romano rinvenuto durante lavori di scavo in localitàVetta, nell’estate 2001.

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sistemazione agraria che identifichiamocome sistema (B) con un orientamentodisposto a N-12° W. Esso si estende nei comu-ni di Anguillara Veneta, Pozzonovo, S. PietroViminario, Monselice, Solesino, Sant’Elena,Stanghella, Boara Pisani e Granze. Il sistemadi divisione agraria tipo (B) interesserebbe,pertanto, due aree diverse e separate tra loro.La prima corrisponde alla parte pedecollina-re e meridionale del monselicense per unasuperficie di circa 42 Kmq. Mentre la secon-da si estende su buona parte del territoriocomunale di Sant’Elena, Granze e parte diVilla Estense e presenta la stessa trama su altri25-30 Kmq. di superficie.

Tra l’altro segnaliamo due particolarità: anord di Vanzo, frazione di S. Pietro Viminario,al confine con Monselice, si rileva un trattoviario che passa su un crocicchio che partedalla Chiesa vecchia (frazione San Cosma),con l’inclinazione dei decumani di tipo (B); ilsecondo riguarda un altro rettifilo, probabil-

mente parte di un antico percorso pedecolli-nare, che taglia con la stessa inclinazione lavalle tra monte Cecilia e monte Fiorin (forseè l’antica strada che collegava Monselice aEste).

Nuove e importanti indicazioni sono per-venutel’anno scorso durante gli scavi eseguitinell’area di via Vetta, nelle adiacenze delcanale Destruro.

In particolare sono stati localizzati unaquantità imprecisata di fossati agrari

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i s i s t e m i c e n t u r i a t iC a m i l l o C o r r a i n

4. Il cippo gromatico di San Pietro Viminario

Il territorio compreso tra Monselice,Pernumia e San Pietro Viminario ha restituitonegli anni scorsi, numerosi reperti di epocaromana che confermano la frequentazionedella zona in epoca antica. D’altronde pocolontano passava la via Annia lungo la qualesono stati realizzati alcuni interventi di bonifi-che agrarie. Oltre ad iscrizioni, resti di vasi enumerose tombe, nel 1972, a San PietroViminario, in località il Cristo, venne allaluce un cippo gromatico (fig. 14), grazie alquale, in un vasto territorio a sud di Padova sipuò individuare in epoca romana un inter-

vento di sistemazione agraria di ampiedimensioni, attribuibile ad un periodo intor-no alla metà del I secolo d. C.

La pietra porta segnate su facce opposte lesigle K e SDII ovvero:

S(inistra) d(ecumanum) IIK(ardo maximus?)

Tali scritte indicano che il cippo era postoall’incrocio fra un kardo ed un decumanus,che nel nostro caso sono il se-condo decu-mano a sinistra del decumano massimo eforse il kardo massimo stesso.Il cippo è di par-ticolare importanza in quanto, permette diipotizzare la presenza di una vasta centuria-zione nella parte meridionale dell’agro pata-vino, che si inserisce nella cittadina di Piovedi Sacco per terminare ai margini della lagu-na veneta. Tracce di questo disegno agrario,che aveva come umbilicus il centro diMaseralino, sono ancora visibili sul terreno,specialmente per quanto riguarda i decuma-ni.

Gli studiosi hanno verificato,per il ricorrere

12 - 13. Nel monselicense si notano i resti di duecenturiazioni romane. La prima (Sistema A, di colo-re rosso) risale forse al primo periodo augusteo epresenta una inclinazione dei cardini di N-44˚ W.Successivamente si ipotizza una nuova sistemazione del terreno (Sistema B, di colore blu) con lineazioni (fossati e strade) disposti a N-12˚W.Probabilmente l’intervento è stato eseguito ai tempi dell’imperatore Claudio. Nei disegni vengono riportati i particolari delle località Ca’ Oddo e Arzerdimezzo.

risalenti ad epoche diverse, dall’età delBronzo a quella romana,ed un corso d’acquaminore strutturato con massicciate spondali,databile al periodo della romanizzazione.

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di alcuni allineamenti a distanze multiple dim. 710 circa, la presenza del più comunemodulo di 20 x 20 actus, con un orientamen-to declinante di 17° est rispetto al Nord geo-grafico, che trova la sua ragione nell’esigenzadi seguire la pendenza del terreno per favori-re il deflusso delle acque.

Attraverso l’indagine cartografica e ispezio-ni sul terreno,è già stata avanzata da molti stu-diosi un’affascinante proposta di ricostruzio-ne del sistema centuriato che aspetta ancorariscontri oggettivi. Semplificando, dati i limitidella presente pubblicazione, l’area interessa-ta sembra terminare a sud di Piove di Saccosul fiume Adige; a est terminava nella lagunaveneta, mentre a nord sembra congiungersicon l’agro centuriato di Padova – Campo-sampiero – Borgoricco.

Resta ora da chiarire quando questo inter-vento di sistemazione agraria venne attuato ei suoi rapporti con la storia di Padova e lapolitica romana nel Veneto antico. La formaquadrata del cippo gromatico di San PietroViminario,ci informa Lazzaro, inizia ad essereusata a partire dall’età neroniana, in un perio-do decisamente più tardo di quello a cuisono state attribuite le altre centuriazioni del-

l’agro patavino.La datazione proposta permette di colloca-

re il cippo nel periodo immediatamente suc-cessivo alle opere eseguite nella Venetia dal-l’imperatore Claudio (la fossa Clodia, il rias-setto del porto di Aquileia, la via ClaudiaAugusta), in un momento in cui, con buoneprobabilità, viene steso il prolungamentodella Popillia lungo l’arco costiero della lagu-na. Possiamo supporre, ma non dimostrare,che con la costruzione della strada si sia resanecessaria una bonifica interna del territorio,con una regolazione delle acque tale da evi-tare impaludamenti.

Bibliografia di riferimento

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L. BOSIO, L’agro atestino in età preromana eromana, in Este antica: Dalla preistoria all’etàromana, Este 1992.

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Le divisioni agrarie romane nel territoriopatavino. Testimonianze archeologiche, a curadi L. BOSIO, Padova 1984.

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R.VALANDRO, Mons Silicis.Preistoria e storiaantica di un territorio Euganeo, Este 1990.

E. ZERBINATI, Scoperte archeologiche nelcomune di Ponso... in, Ponso prima dellamemoria e nella memoria, Ponso 1996.

i v o l u m n i

Monumento funerario dei VolumniiCinzia Tagliaferro

Il monumento di età augustea fu rinve-nuto nel 1879 in località Arzerdimezzo, acirca 1,50 m. di profondità.

Su un alto basamento, su cui comparel’iscrizione dedicatoria, si eleva un’edico-la, limitata agli angoli da 4 pilastrini corin-zi su basi attiche e con capitelli a doppiogiro di foglie d’acanto e listello inferioredecorato da astragali. Nel timpano, a bas-sorilievo,compare una quadriga con caval-li in corsa verso sinistra,guidata da un auri-ga.

Entro l’edicola sono otto ritratti di defun-ti (in origine erano dieci): i ritratti maschilidella parete destra sono identificabili dalleiscrizioni mentre di quelli femminili rima-ne soltanto il nome di Volumnia Secunda.

I ritratti maschili della parete sinistra nonappartengono alla famiglia dei Volumnii:uno è di M(arcus) Vettius P(ubli) f(ilius)Rom(ilia) l’altro di C(aius) Planius C(ai)f(ilius) Rom(ilia) Balbus, forse mariti di duedelle donne raffigurate nel monumento. Leacconciature dei ritratti rinviano all’epocaaugustea. L’iscrizione sul basamento è laseguente:

P(ublius) (et) L(ucius) Volumni(i) C(ai)f(ilii) sibi et / suis vivi fecerunt / monimen-tum. / In fronte p(edes) XXXIII, / in agrump(edes) XXV. / H(oc) m(onumentum)<h>e(redem) n(on) s(equetur). Traduzione:“Publio e Lucio Volumnii, figli di Caio, fece-ro il monumento da vivi per sé e per i pro-pri familiari. Sulla fronte piedi 33, inprofondità piedi 25. Da questo monumen-to sono esclusi gli eredi”.

Il monumento, che per la varietà dellecomponenti formali e l’originalità dellesoluzioni adottate può essere assunto asimbolo del linguaggio artistico dellaVenetia romana, è oggi conservato nellasala VIII del Museo Civico Archeologico diPadova.

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14. Soprintendenza per i Beni Archeologici delVeneto (Padova). Cippo gromatico di San PietroViminario, di forma parallelepipeda, che presentaincise sulla faccia superiore due linee tra loro ortogonali (decussis) indicanti le direzioni degliallineamenti di una centuriazione.

15. MCAP. Edicola sepolcrale dei Volumni. Età augustea. Dalla località Arzerdimezzo.

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1. La romanizzazione

Gli studiosi concordano nell’affermareche il processo di romanizzazione nellaVenetia, a partire dalla fine del III sec. a.C. elungo il II e I sec.a.C., sia avvenuto gradual-mente e senza eccessivi traumi per le popo-lazioni locali.E, in linea di massima,questoscenario corrisponde ai dati letterari earcheologici che conosciamo e non abbia-mo ragioni di dubitare che esso non si siarealizzato anche nell’areale monselicense,da considerare una specie di periferia delprotourbano centro veneto di Este.

Dall’attuale territorio di Monselice, adilluminarci sulle tappe della romanizzazio-ne, ci è pervenuto soltanto un «piccoloframmento di ripostiglio» composto daquattro denari repubblicani, datati dal 157-156 a.C. al 46 a.C.

Ma proprio ad Este sono emersi esempitra i più emblematici sulle fasi della assimi-lazione e della “progressione lenta e ordi-nata” verso i costumi e la cultura romana:iscrizioni graffite su vasi fittili appartenentia corredi funerari testimoniano la estesa eprolungata evoluzione dell’alfabeto, dellamorfologia e del formulario onomasticodal venetico al latino.

Un altro bell’esempio della compresen-za di tradizioni venete locali e di consuetu-dini celtiche, mediate e assorbite da com-ponenti e modelli culturali romani,è riscon-trabile nella necropoli di monte Ricco,inquadrabile tra il periodo La Tène D e l’età

augustea (II sec. a.C. - fine I sec. a.C.). Lalocalità di rinvenimento è situata alle faldeoccidentali di monte Castello, in comunedi Arquà Petrarca, ma prossima al territoriodi Monselice.

E tuttavia la crescente presenza e l’insi-nuante influenza del potere romano intutta la regione, il processo di omologazio-ne alla cultura dominante (non impostacon la forza, ma introdottasi e infiltratasicon l’energia e il vigore della propriaincontrastabile superiorità) non significa-no che il fenomeno sia stato del tutto indo-lore nel gioco degli equilibri politici edamministrativi tra le comunità venete. Lapianificazione stradale messa in opera dairomani e in particolare l’attraversamento indiagonale per le campagne venete dellavia Postumia nel 148 a.C. devono averecreato notevoli tensioni, non tanto con loStato romano e i suoi rappresentanti di cuisi riconosceva l’autorità, quanto tra le stes-se comunità, la cui frammentazione era di

fatto indotta dal riordino territoriale roma-no.

La spia dello stato di conflittualità edegli strascichi suscitati indirettamentedalla penetrante supremazia romanapotrebbe venirci confermata dalle discor-die confinarie tra Este e Padova e tra Este eVicenza, risoltesi con l’intervento (un arbi-trato previsto da un foedus? un’interferenzaoppure un’ingerenza unilaterale dei roma-ni? un’azione sollecitata da ambedue o dauna delle parti contendenti? una normaleprassi in casi di tensioni confinarie?) diproconsoli romani. Nella prima contesa ilproconsole Lucio Cecilio (quasi certamen-te Lucio Cecilio Metello Calvo nel 141 a.C.piuttosto che Lucio Cecilio MetelloDiademato nel 116 a.C.) dispone – su deli-berazione del senato romano – la sistema-zione di cippi terminali con iscrizioni inlatino (elemento altamente segnaleticodell’egemonia in loco dei romani) dall’in-tonazione perentoria che non implica

mediazione (il verbo iubeo lo sta ad indi-care) sul monte Venda, a Teolo e aGalzignano; la stessa procedura è seguitanella seconda disputa che viene chiusa nel135 a.C. dal proconsole Sesto AttilioSerrano come ci documenta il cippo confi-nario di Lobia. In ambedue le vertenze sitrova in causa e in primo piano la comu-nità degli atestini, la quale, se “baruffa” es’“azzuffa” con i propri vicini e se vienecontestata nei suoi diritti (reali o presunti),sembra costituire, in quel periodo, l’anellodebole del sistema tra i centri veneti meri-dionali.La riorganizzazione territoriale conil conseguente quasi certo ridimensiona-mento della sfera d’influenza atestinaallontana Este dal versante settentrionaledegli Euganei, che inglobava il “ricco”distretto termale aponense, e circoscrive il“peso”dell’antico centro all’area compresatra le pendici meridionali dei Colli e ilcorso dell’Adige.

Inoltre appare fondato supporre chequesti eventi abbiano provocato ricadutenon solo sull’organizzazione topografico-

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Archeologia e monumenti d’età romana a MonseliceEnrico Zerbinati

l a r o m a n i z z a z i o n eE n r i c o Z e r b i n a t i

17. MCM. Lapidario romano di Monselice, col-locato provvisoriamenente a Villa Pisani.

16. MCM. Stele funeraria di Quinto Vitonio probabilmente patrono della liberta Vitonia Ifigenia. Prima metà del I sec. d.C. Da Ca’ Oddo (via dei Lovi).

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2. “Pietre romane” di Monselice

Le testimonianze delle fonti letterarie suMonselice risalgono alla fine del VII eall’VIII sec. Riscontriamo il toponimoM o n s s i l i c i s e M o n s S i l i c i s n e l l aCosmographia dell’Anonimo Ravennate(IV, 31) e nell’Historia Langobardorum diPaolo Diacono (II, 14; IV, 25), quest’ultimo aproposito di avvenimenti del 569 e del 602d.C. Ma l’eventualità dell’esistenza di unvicus a Monselice con datazione più alta,nel cuore dell’età romana, non è da esclu-dere a priori. Comunque stiano le cose,possiamo constatare che l’altomedievalecastrum di Monselice «nel corso degli anni

aveva raccolto l’ultima eredità di Ateste»(R. Cessi).

Il centro storico di Monselice ha restitui-to in gran numero materiali marmorei e inpietra reimpiegati in edifici medievali emoderni: dalla Rocca alle chiese e ai com-plessi monastici,da edifici pubblici a palaz-zi e ville patrizie.

E’ probabile che una parte di tali repertisia confluita in città dalle campagne circo-stanti, ma molti di essi appaiono trasportatidalla vicina Este. Si possono paragonare adun “fondo archivistico”, la cui consultazio-ne resta fondamentale da un lato per com-prendere le dinamiche socio-economichedi Este romana e del suo agro,dall’altro perintravedere i tortuosi ed imprevedibili per-corsi del riuso di materiali antichi: un capi-tolo, a volte, non secondario della storiaurbanistica di piccoli e grandi centri di etàmedievale e moderna.

In questa sede ci si limita a ricordare i

monumenti più significativi,non tralascian-do di sottolineare che, eccettuati pochiframmenti epigrafici, niente è rimasto infis-so negli edifici e molti reperti sono andatiperduti o hanno subito una diaspora indiversificate collocazioni museali, tra cui ilMuseo Nazionale Atestino di Este, ilKunsthistorisches Museum di Vienna ove èconfluita la collezione archeologica già alCataio di Battaglia Terme, il Museo CivicoArcheologico di Padova, il MuseoArcheologico al Teatro Romano di Verona,il Civico Museo Romano di Brescia.Alcunisono tuttora conservati a Monselice e costi-tuiscono il “nocciolo storico” del nuovoLapidario Comunale (fig. 17).

In generale si tratta di pregevoli manu-fatti di carattere funerario (stele, are, cippi,ecc.) quasi tutti databili tra la fine del I sec.a.C.e il I sec.d.C.; in qualche caso ci si trovadi fronte a esemplari di alto interesse tipo-logico e a monumenti apprezzabili per lostudio dell’arte romana “periferica”.

Un monumento a sé stante, che per lacittà di Monselice ha assunto per vari moti-vi (a torto o a ragione a seconda dei puntidi vista che qui non è possibile esaminare)un valore di simbolo, è da ritenere la gran-de e spessa lastra (fig. 34) che nomina TitoEnnio Secondo (prima metà del I sec.d.C.). Questi, cittadino romano di Padovaessendo iscritto alla tribù Fabia, fu un«notabile appartenente al facoltosissimoceto equestre della città» (C. Compostella)e ricoprì nel centro patavino le cariche di tri-buno militare, prefetto giusdicente, curatoredell’erario.La pietra,correttamente espuntada Maria Silvia Bassignano dal corpus delleiscrizioni di Este, è originaria di Padova odell’agro patavino: oltre alla tribù, la secon-da e la terza carica ricoperte da Tito Enniosono tipiche di Padova e non contemplatea Este. Giunta a Monselice, come pare, giànel XV-XVI (ma alcuni autori estensi di que-sto periodo, per calcolo campanilistico, la

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amministrativa, ma anche sui modelli diriferimento socio-linguistici e culturali diEste e del settore a sud-est dei colliEuganei.

L’inserimento integrale nel mondoromano del comprensorio monselicense ela sua appartenenza amministrativa all’a-gro di Ateste si realizzano quando, tra il 49e il 42 a.C., ad Este viene concessa la citta-dinanza romana con l’ascrizione alla tribùRomilia e quando,dopo la battaglia di Aziodel 31 a.C., è dedotta nell’antico centroveneto una colonia di veterani aziaci, spe-cialmente (stando ai dati in nostro posses-so) delle legioni V (detta anche V Urbana),XI (qualche soldato di questa legione èindicato con la denominazione diActiacus), IV Macedonica; una deduzioneforse potenziata circa un quindicenniodopo.

Ateste non è stata una grande e impor-tante città del mondo antico e neppuredella Venetia,ma il suo copioso patrimonioepigrafico (ottocento testi), cui contribui-scono anche l’agro e, in modo determinan-te, il circondario monselicense, le assegnaun’immagine postuma che l’avvicina acentri storicamente ben più rilevantidell’Italia antica e permette di annoverarlatra le colonie più popolose di età augustea.Sono ben ventisette le epigrafi che riguar-dano direttamente coloni ex legionari, «unnumero s t raord inar iamente a l to»(H. Galsterer), se si valuta la generalizzatapovertà di dati che affligge la storia dellecittà italiane per l’età romana. Con ogniprobabilità a tale cifra vanno aggiunte leiscrizioni di tre pretoriani che «dovevanofar parte del primitivo contingente di colo-ni»(E. Buchi,1993). La deduzione voluta daOttaviano per rivitalizzare l’antico centroveneto in piena decadenza e,forse,per con-trapporlo alla “repubblicana” Padova allorain forte espansione fu l’episodio centraledella lunga storia di Este antica. Il disegnosocio-politico e amministrativo di Augustonon ebbe in questo caso successo. Dopo

un’iniziale fortuna, logicamente coinciden-te con i tempi della deduzione e con quel-li successivi ad essa fino alla metà circa delI sec. d.C., Este si incamminò già nel II sec.d.C. inesorabilmente verso la decadenza.

18. Pieve di Santa Giustina. Cippo funerario cilindricodella schiava Modesta. Prima metà del I secolo d.C.

19. MCAP. Stele funeraria con frontone ad arcoposta dalla liberta Calybe al figlio Primigenio dianni 19, schiavo di Publio Atidio Peregrino. I-II sec.d.C. Rinvenuta presso la Pieve di S. Giustina.

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Biagio di Monselice secondo la testimo-nianza di Roberto Valandro. Come altriesempi di questo tipo (statua di Pra di Esteal MNA e statua da S. Pietro Viminario alMCAP), la scultura si deve ad una «commit-tenza di rango elevato» (C.Compostella) edè da ascrivere ai primi decenni del I sec.d.C.

Un gruppo di monumenti, della primametà del I sec. d.C., appartiene al vasto earticolato repertorio delle stele ad edicolacon ritratti o busti dei defunti.

Si trovava nella chiesa di S. Paolo l’edi-cola (fig. 21) della liberta Cassia Auge(MCM). Essa termina superiormente confrontone decorato da due colombe chebevono da un vaso; il busto della defunta èscolpito entro una nicchia rettangolare.

Il motivo delle due colombe che si abbe-verano ad un vaso ritorna nel timpano del-l’edicola (fig. 22) di Publio Celio Apro, cit-tadino romano di Este, e dell’ingenuaEpidia Seconda, i cui ritratti sono raffigura-ti nella nicchia rettangolare; sui fianchi del-l’edicola è modellato un cratere con pian-ta a grandi foglie (KMW). Da località nonprecisata di Monselice.

E’ documentata già dal Seicento aMonselice nella casa di Carlo Oddo l’edi-cola (fig. 23) del liberto Lucio Petronio

Primo (KMW), il cui busto è inserito in unanicchia quadrangolare superiormente cen-tinata; l’edicola presenta i fianchi ornati daeroti con grandi ali,con nella mano sinistrauna fiaccola e il gomito destro appoggiatoad un cippo o pilastrino coperto da undrappo; il monumento è coronato da unacuspide a piramide tronca, affiancata dadue leoncini quasi completamente andatiperduti. Generalmente datata alla primametà del I sec. d.C., secondo CarlaCompostella può essere attribuita alla finedel I sec. a.C.

Si trovava nel peristilio della Pieve di S.Giustina l’edicola (foto di copertina) rovi-nata nel coronamento (ad arco modanatoo liscio; due sfere costituiscono gli acrote-ri) che si scaricava su due pilastrini concapitello tuscanico; nella nicchia sono ibusti-ritratto di tre personaggi (MCM): al cen-tro figura di giovane donna che tiene nellamano destra un rotolo di pergamena; ai latidue giovinetti con le destre stese sul petto.

I nomi dei defunti sono forse andati perdu-ti insieme alla base del monumento, suifianchi del quale sono scolpiti rami di fiorie foglie con uccellini affrontati.

Sono contemplate a Monselice altreclassi di monumenti funerari.

Ad esempio un’ara-ossuario (fig. 18) ocippo cilindrico (serie di segnacoli pecu-liare di Este) con fusto ornato da racemi èdedicato da Pollione e Aenio (forse dueschiavi) a Modesta schiava di Tito Salloniofiglio di Gaio.Da datare alla prima metà delI sec.d.C.Nella parte anteriore del cippo, inetà moderna, è stata ricavata una nicchiaentro la quale è scolpita una figura di unuomo seduto, interpretata come immaginedi S.Sabino.Già sulla facciata della Pieve diS. Giustina, ora si trova all’interno dellostesso edificio sacro.

Di indubbia rilevanza tipologica e di effi-cace sintassi decorativa è il monumentoparallelepipedo (fig. 20) – segnalato a

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rivendicarono come esistente a Este),ebbea colpire – vuoi per l’iscrizione vuoi per lamole – l’immaginario degli abitanti diMonselice. Questi la chiamarono «la priabiancha» e le trovarono una visibile e nonutilitaria sistemazione «extra portam S.Martini», come evidenzia chiaramenteanche una mappa settecentesca pubblica-ta da Roberto Valandro; nel 1745 fu levata eposta ad ornare il muro della loggia grandein piazza; ora, dopo un provvisorio “par-cheggio” in un cortiletto di Ca’ Marcello,quasi a riproporne la presunta valenza civi-ca, è stata collocata nella piazzetta dellaloggia, davanti alla chiesa di S. Paolo.

Spettava ad un ragguardevole monu-mento a edicola, chiusa posteriormente eimpostata su un alto podio, la statua conpersonaggio togato seduto (MNA), purtrop-po mal ridotta (è priva della testa e mancadi altre parti), proveniente dall’area di S.

21. MCM. Stele funeraria della liberta CassiaAuge. Prima metà del I sec.d.C. Dalla Chiesa diS.Paolo in Monselice.

22. KMW. Stele funeraria con ritratti di PublioCelio Apro e di Epidia Seconda. Prima metà del I sec. d.C. Da località imprecisata di Monselice.

20. MCM. Elemento di monumento funerariodecorato su tre lati; forse apparteneva a un soldato. Sul lato frontale compaiono un cespo d’acanto e altre decorazioni vegetali; sul lato sinistro una corazza e un guanto; sul lato destrodue scudi circolari sovrapposti a due lance incrociate. Inizi del I secolo d.C.

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petali “contenuto” nell’arco di una grossaghirlanda. I fianchi sono decorati da duerosoni. Proviene da Monselice, ma non sene conosce l’originario luogo di scoperta.Databile alla prima metà del I sec. d.C.

Risale alla stessa epoca del manufattoprecedente (ma forse la cronologia è daanticipare al massimo ai primi decenni delI sec. d.C.) la stele (fig. 24), già attestatasulla Rocca di Monselice, che TiburziaQuarta eresse per il figlio, il pretorianoLucio Sincio Dracone della tribù Romilia,per la figlia Sincia e il fratello Gaio TiburzioClemente (MCM). Sincio Dracone militò persoli quattro anni nella coorte V pretoria emorì all’età di 29 anni. La stele presenta lospecchio epigrafico delimitato da parastescanalate e superiormente è desinente inun frontone il cui timpano si fregia di unoscudo umbonato e sovrapposto a duelance incrociate; gli acroteri laterali sonoornati a sinistra da un elmo con paranuca,paragnatidi e crista, a destra da un gladio(gladius) con cinturone (cingulum).

Si richiama l’attenzione su una stelefuneraria, contornata da cornice e listello,ricomposta da due frammenti epigrafici(MCAP). L’origine monselicense in sensostretto non è assodata; ma è quasi sicuroche la stele sia giunta nell’Ottocento nellacollezione dell’abate Stefano Piombin dal-l’area atestino-monselicense, “terreno dicaccia”archeologica assai battuto dall’aba-te. L’iscrizione ricorda che un GaioRubellio fece innalzare la stele per sé e peri suoi, cioè al padre Gaio Rubellio Orione(?), alla madre Querennia Hostiala, al fra-tello Lucio Rubellio e alla concubinaPersonia Venusta. Da datare alla primametà del I sec. d.C.

Tra I e II sec. d.C. si colloca l’elegantestele che il liberto Tito Pomponeno Gratoha dedicato alla liberta Clodia Arche(KMW). Nello specchio epigrafico, delimita-to da due paraste tuscaniche, oltre ad esse-

re incisa l’iscrizione, sono scolpite unarosetta,una ghirlanda d’alloro,una patera edelle tenie appese ad un fiocco.Sottostantea questi motivi decorativi e simbolici è unleprotto di profilo in atto di correre versodestra. Nel timpano è scolpito il motivo, giàrilevato in altri monumenti, delle duecolombe che bevono da un vaso. Era nellachiesa di S. Giacomo.Al I-II sec.d.C.va attribuita la stele funerariacon frontone ad arco di Primigenio di anni19, schiavo di Publio Atidio Peregrino (fig.19). La stele posta dalla madre, la libertaCalybe, anche per sé e per gli altri suoi figliè stata rinvenuta nel 1880 in una proprietàsita nei pressi della Pieve di S. Giustina,lungo la via che conduceva all’edificiosacro (MCAP). Nella stessa località e nellostesso anno è stata recuperata l’ara funera-ria pulvinata (fig. 29) che Quinto TasatinoAtimeto ha fatto erigere da vivo per sé e peril figlio sensibile e affettuoso (pientissimus)Quinto Tasatino Semplice. La sigla finaleesprime la volontà di escludere gli ereditestamentari dal luogo del sepolcro e dalmonumento funebre. Databile al I-II sec.d.C. (MCAP).

Un cippo rettangolare senza alcunadecorazione, sempre riferibile al I-II sec.d.C., tramanda la memoria dei liberti TitoEiuleio Ilaro e di Pompeia Sura (KMW). Dalocalità imprecisata di Monselice.

Alcuni monumenti offrono uno squar-cio sulla società, sugli usi e costumi, sull’e-conomia della colonia atestina.

In una stele funeraria rettangolare corni-ciata, già nella Pieve di S. Giustina e oraandata dispersa, ricorre la memoria di unafamil(ia) venatoria verosimilmente impe-gnata nella caccia o nella custodia di unaqualche riserva sui Colli Euganei per contodel padrone,a meno che non si voglia pen-sare ad un gruppo di schiavi addestrati peri giochi gladiatori.

La frattura delle pietre non consente di

conoscere le divinità cui erano consacratedue iscrizioni votive del I-II sec. d.C.: una èl’ara in trachite (fig. 25) dedicata da unCastricio di professione spongiarius (MCM),cioè venditore di spugne (a meno che ilvocabolo non designi il cognome diCastricio); era nella chiesa di S.Tommaso; ildedicante dell’altra – sulla scorta di unarecente proposta di lettura di Maria SilviaBassignano – è un personaggio cognomi-nato [R]estitutus; rimane problematica lalettura del gentilizio; venne scoperta nel

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Monselice,ma senza precisa provenienza –che presenta sul lato principale un cespod’acanto da cui spuntano due steli convolute spiraliformi e fiori a cinque petali.Alcentro si innalza un altro fiore con piccoliacini. Su un fianco sono raffigurati duescudi circolari con umbone sovrapposti adue lance incrociate,sull’altro sono rappre-sentate una lorica e una manica (MCM). Peril pezzo monselicense si suggerisce un con-vincente confronto con un elemento dimonumento funerario rinvenuto pressoRunzi (Rovigo), ora al Museo dei GrandiFiumi di Rovigo, e studiato dal compiantoFernando Rebecchi. Primi decenni del Isec. d.C.

Un Tito Livio ha fatto scolpire per OttaviaSeconda l’ara funeraria quadrangolare conpulvino a volute e focus rialzato, decoratocon un fiore (KMW).Ambedue i personaggisono di condizione libera.Sotto l’iscrizioneè scolpita la corolla di un fiore a cinque

23. KMW. Stele funeraria con ritratto del libertoLucio Petronio Primo. Prima metà del I sec. d.C.Forse proveniente dalla zona di Ca’ Oddo.

24. MCM. Stele funeraria eretta da Tiburzia Quarta al figlio Lucio Sincio Dracone, soldato della guardiapretoriana al diretto servizio dell’imperatore, che visse 29 anni e militò per 4 anni. Prima metà del I secolo d.C. Già reimpiegata nel torrione della Rocca.

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inumazione del tipo “alla cappuccina” (v.infra). In chiara evidenza si propongonoalcuni sepolcreti familiari (dei Volumnii,dei Talponii, dei Blattii). Tombe e monu-menti,in gran parte,sono databili tra gli ulti-mi decenni del I sec.a.C.e il corso del I sec.d.C.

Nel tratteggiare l’antica topografia cimi-teriale si procederà in senso orario, inizian-do da nord.

Poco a settentrione del centro cittadino,in via Pignara, alle falde del Monte Ricco,sono state scoperte nel 1966 due tombe adinumazione scavate nella roccia,contraddi-stinte da suppellettile povera (presumibiledatazione al III-IV sec. d.C.).

Su un frammento di cippo da viaPernumia, al confine tra Monselice ePernumia, è inciso il nome dell’ingenuaPrisca insieme alle misure dell’area sepol-crale; si data al I-II sec. d.C. (MCM).

3. Topografia delle abitazioni e dei sepolcreti di età romana

L’assetto insediativo d’epoca romana,che assume configurazione sparsa e spessosi adatta all’andamento dei rilievi dossivi,appare dalla distribuzione dei resti di abi-tazioni e di sepolcreti disseminati nellafascia di terreni che circonda Monselice, inparticolare ad oriente e a meridione.

Sono poveri i dati sulle strutture abitative,finora emerse fortuitamente solo a sud diMonselice. Muovendo da est verso ovest,dapprima incontriamo la località Ca’Bertin, in via Vetta, ove nel 1973 sono staterilevate le macerie di una villa rustica contegole e coppi in frantumi, tessere musive«a più colori e di varia grandezza», tratti di«pavimentazione in cubetti di cotto, coc-ciopesto e terra battuta»; per il complessoabitativo è stata proposta una datazione al

I-II sec. d. C. La seconda “zona residenziale”è localizzabile a “le Muraglie”, presso S.Bortolo; qui si sono scoperti, agli inizi delnostro secolo, rovine di muri, frammenti dilaterizi e di intonaci; tra i ruderi sono statiraccolti oggetti in bronzo, tra cui un tintin-nabulum.

Alle Fragose (fondo affittato alla famigliaMontecchio; v. anche più avanti),nel seco-lo scorso, è stato esplorato un pozzocostruito con blocchi di trachite sagomatiad arco, che denuncia la presenza nellevicinanze di un edificio rurale.

Sono strettamente connessi a questoquadro del popolamento residenziale un’a-ra votiva (I-II sec. d.C.) e alcuni elementi diacquedotto in calcare: la prima, scopertaverso il 1880 in località Vetta (campagnaTortorini), è stata consacrata dal libertoManio Curio Ermerote a Fons, dio dellefonti, delle sorgenti, delle scaturigini (MNA):il dedicante, sciogliendo un voto, attesta laviva sensibilità cultuale nei confronti delleacque diffusa a livello popolare nel mondoagreste; i secondi,scavati a notevole profon-dità a “le Carrare” di Marendole, per la loroportata dovevano convogliare in pianura leacque refrigeranti e salubri delle non lon-tane sorgive dei colli Euganei.

La documentazione funeraria è più riccae ampia di quella abitativa, sia per i mate-riali sia per il numero dei siti.

Però, ancora una volta, prevalgono lapidie iscrizioni, mentre la suppellettile funera-ria si è salvata in quantità esigua e senzache fosse possibile salvaguardare l’unità eintegrità dei corredi (con la sola eccezionedi quello della liberta Blattia Facile),ancheperché l’acquisizione dei reperti è semprestata il frutto di rinvenimenti casuali. Quasitutte le tombe sono ad incinerazione concorredo protetto da tegoloni disposti “a cas-setta”o da un’anfora segata all’altezza dellaspalla e capovolta.

Pare si siano riscontrati casi di tombe ad

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1837 nei pressi di Monselice (MRB).Due frammenti epigrafici accennano a

delle viae:uno è ancora infisso nel Torrionedella Rocca e si data al I sec. d.C.; l’altro èdisperso; in altri tre frustoli di iscrizioni,non più rintracciabili,si riscontrano terminiche rimandano al contesto politico-ammi-nistrativo e al quadro socio-economico diAteste, quali praefectus praetorio (coman-dante delle coorti pretorie); fabrum (unpraefectus fabrum, cioè un ufficiale delgenio militare o civile?; oppure un colle-gium fabrum, un’associazione di artigianiche lavoravano il legno, i metalli e materia-li vari?); nautar(um?) (forse un collegiumnautarum, cioè una corporazione di bar-caioli che doveva svolgere la propria atti-vità sui corsi d’acqua interni fino alle costedell’Adriatico).

Di minore rilievo,ma pur sempre da nonomettere, sono altri brandelli lapidari.

In uno,riadoperato in un edificio rusticodi via Carrubbio,sono leggibili i cognomi didue personaggi, Diodoro e Greco; su basepaleografica la cronologia è riferibile al Isec. a.C. (MCM).

È collocato sopra la porta della sacrestiadella Pieve di S. Giustina il frammento diiscrizione di una Cornelia di condizionelibertina, mentre è infisso in una recinzio-ne nei pressi della stessa Pieve un cippocentinato con la parte iniziale della formu-la che demarca l’area sepolcrale.Rispettivamente I sec.d.C.e prima metà delI sec. d.C.

Dodici “schegge” marmoree, già riutiliz-zate nella Rocca di Monselice e pertinentiad un’unica iscrizione non più ricomponi-bile, sono state recuperate nell’Ottocento.Datazione: I-II sec. d.C. (MCAP).

Verso il 1885 si è rinvenuta nella chieset-ta di S. Martino in Monte, incorporata poinella Pieve di S. Giustina, la porzione infe-riore di una stele corniciata in cui si leggeche una bambina (il nome è andato per-duto) è vissuta otto mesi e dodici giorni. IIsec. d.C. (MCAP).

25. MCM. Altare votivo di Castricio, venditore di spugne, che sciolse un voto ad una divinità. I -II secolo d.C. Dalla Chiesa di S. Tommaso.

26. MCM. Stele funeraria della famiglia Critonia.L’iscrizione ricorda la costruzione di un manufattoadibito alla cremazione dei cadaveri (ustrinum).I secolo a.C. Da via S. Pietro Viminario.

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necropoli di epoca augustea costituita datombe protette da anfore segate e capovol-te.

Nell’estate 2001, in occasione della posadi nuovi tubi del metanodotto in localitàVetta, su un’area di circa quattro chilome-tri quadrati, sono stati localizzati insedia-menti del Neo-eneolitico e del Bronzo, del-l’età paleoveneta e dell’epoca romana. Perquest’ultima si sono messe a nudo le fon-damenta in muratura di complessi abitativirustici (figg. 1 e 11) del I-II sec. d.C., alcunidi modeste e altri di notevoli dimensioni,oltre a due necropoli con tombe distinteda varie modalità di deposizione. Le sco-perte hanno confermato, almeno per laromanità, quanto ricerche e studi prece-denti avevano messo in risalto per quest’a-rea che in antico è stata indubbiamente pri-vilegiata nelle scelte insediative.

Poco discosta da Vetta,verso occidente,èubicata la zona archeologica delle Fragose,dalla quale è “affiorato” il sepolcreto fami-liare dei Blattii. Già dal sec. XVIII era cono-sciuta l’iscrizione, andata dispersa, che inipoti Lucio e Manio Blattio posero aQuinto Terenzio e a Calvenzia Rufa. Nel1892 in una campagna delle Fragose,alloracondotta dalla famiglia Montecchio, si sca-varono la stele ad edicola (fig.33) dalla sin-golare struttura a tempietto con pareti chiu-se – ornata da onorificenze militari, armi eda uno stelo d’acanto – di Lucio BlattioVetere della tribù Romilia (età augustea),centurio della legione IV Macedonica,adlect(us) decurio (cioè cooptato nell’ordi-ne dei decurioni, i “consiglieri comunali”)della colonia atestina (MNA), e l’ara funera-ria pulvinata (metà circa del I sec. d.C.)eretta dalla madre Peta alla liberta BlattiaFacile (MNA), il cui patrono forse potevaessere il centurione testé citato; alla basedell’ara era contenuto il corredo (fig. 36)che constava di un ossuario in vetro (si èsalvato il coperchio), di alcuni balsamari

dell’area sepolcrale, della quale vengonoindicate le misure. A breve distanza (mede-sima proprietà e stesse contingenze di ritro-vamento) doveva trovarsi la stele (fig. 27)con ritratti (MCAP) di Aulo Lucano dellatribù Romilia e di una donna, forse lamoglie,non nominata nell’iscrizione.Primametà del I sec. d.C.

Leggermente più decentrata verso sud-est è la frazione di San Cosma (Stortola)che,oltre ad alcuni reperti sporadici di sup-pellettile funeraria, ci ha “riconsegnato” findal sec. XVII la stele (fig. 28) con ritratti(MAV) che la liberta Fannia Festa fece erige-re per sé e per il proprio patrono TitoFannio della tribù Romilia, milite dellacoorte I pretoria. Prima metà del I sec. d.C.

A sud della città si estende la localitàVetta, la cui fertilità archeologica è com-provata da numerosi ritrovamenti, tra cui ilsepolcreto della famiglia Talponia, effettua-ti in contingenze e in proprietà diverse.

Risale al 1822 il rinvenimento (allora cam-pagna Duodo) del cippo (fig. 32) o ara-ossuario di Gaio Talponio figlio di Publio,della tribù Romilia,soldato della legione XI(età augustea), e del cippo di LucioTalponio figlio di Gaio morto a 18 anni e diLucio Talponio Fermo figlio di Gaio e nipo-te di Gaio morto a 14 mesi (primi decennidel I sec. d. C.). E’ probabile che i due indi-vidui ricordati nel secondo cippo fosserofratelli e che il milite della legione XI fosseil loro nonno (ambedue i cippi al MNA).

Sempre a Vetta (proprietà Gallo), si sco-persero nel 1881 la stele (fig. 31) di etàaugustea di Manio Cesio della tribùRomilia (MNA), aquilifer della legione IVMacedonica, dalla «raffinata decorazionenaturalistica nell’epistilio e nel timpano»(C. Compostella) e nel 1925 una piccola

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Un’elevata concentrazione di nucleifunerari è rilevabile ad oriente della città.Essi si allineano nella fascia di terreni che,a partire dai pressi del cimitero diMonselice, è prospiciente alle due stradeche conducono a S. Pietro Viminario e aVanzo.

Da via Palazzetto (proprietà Albertin),vicino al cimitero, proviene - la scopertarisale al 1950 - il cippo (fig.35) o stele supe-riormente arrotondata di Quinto Satriofiglio di Annio, su cui è pure specificatal’ampiezza del lo(cus) sepultur(ae) (MCM).Prima metà del I sec. d.C.

In alcune proprietà situate in via S.PietroViminario sono state individuate delle pic-cole necropoli. Una di queste ha riportatoa giorno (proprietà Parisen Toldin), verso il1935, un’interessante iscrizione (fig. 26) sulastra di trachite (MCM), databile ancora al Isec. a.C., in cui si menzionano personaggidella gens Critonia e si fa cenno al loq(us)ustrini, cioè al luogo adibito alla cremazio-ne dei cadaveri, che doveva trovarsi nellevicinanze del monumento e non è stato rin-tracciato. Nei pressi del casello dell’auto-strada Bologna-Padova, lavori di araturahanno permesso il rinvenimento, nel 1970,di una tomba a cremazione coperta daanfora segata.

Nel 1879 in località Arzerdimezzo(fondo dei fratelli Trieste) è stata scopertala celeberrima edicola architettonica(fig.15) dei Volumni (MCAP), di età augustea,entro la quale sono scolpiti otto ritratti didefunti (originariamente erano dieci).Tra iritratti “maschili” due si riferiscono ad indi-vidui non appartenenti alla gens Volumnia:uno è di Marco Vettio, l’altro di Gaio PlanioBalbo, ambedue cittadini romani di Este,forse mariti di due donne della famigliaVolumnia raffigurate nella stele. Sul basa-mento, oltre al nome dei committenti ededicanti, compare la dicitura della nontrasmissibilità agli eredi del monumento e

27. MCAP. Stele funeraria con ritratti di AuloLucano e di una donna, forse la moglie, non menzionata nell’iscrizione. Prima metà del I sec. d.C. Dalla località Arzerdimezzo.

28. MAV. Stele funeraria della liberta Fannia Festa e del patrono Tito Fannio, milite della coorte I pretoria. Prima metà del I sec. d.C. Da San Cosma (Stortola).

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Alessandro Prosdocimi). Negli anni dellaseconda guerra mondiale, a Ca’ Sandri(presso le Fragose e Ca’ Bonetti) si sterraro-no un cippo rettangolare con i limiti dell’a-rea sepolcrale databile al I sec. d.C. (reim-piegato nella pavimentazione dell’aia), uncoperchio di ara-ossuario e una testa leoni-na probabile acroterio di un monumentofunerario; poco lontano, nel fondo detto “ilSelice”si trovò una tomba a cremazione.

Verso il 1975, in località Lovi (Ca’ Oddo),nella zona industriale, si rinvenne una stelefuneraria (fig. 16) assai mutila con ritrattidi un uomo e di una donna; l’iscrizione,lacunosa, scolpita sul basamento ci notifi-ca i loro nomi: Quinto Vitonio e la liberta

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pure in vetro (uno di questi è ovoidaleallungato di colore viola amaranto e unaltro sferoidale di colore blu),di un penda-glio in vetro blu di forma stellata a ottoraggi con foro passante centrale, di una“gemma” ovale in vetro verdino, di unospecchio in bronzo e di altri oggetti (MNA).

Nella stesse circostanze vennero in lucenove tombe ordinatamente disposte inun’unica fila, che venivano a confermarel’esistenza di una necropoli,della quale nel1878 erano state individuate altre quattor-dici tombe con lo stesso orientamento, lamaggior parte a cremazione del tipo a cas-setta e alcune ad inumazione “alla cappuc-cina” (così interpretiamo l’espressione «atetto di capanna, sormontato da un corsodi piccole tegole» della relazione di

Vitonia Ifigenia. La nicchia che accoglie ibusti dei defunti è delimitata da due pila-strini con capitello tuscanico. Il frontone èsormontato da acroteri laterali con leonci-ni (rimane quello di destra). E’ da datarealla prima metà del I sec. d.C. (MCM).

E’ conosciuta fin dal sec. XVIII come pro-veniente da Ca’ Oddo - Moralediemo lastele rettangolare (fig. 30) corniciata diQuinto Celio figlio di Lucio, Actiacus, cioècombattente nella battaglia di Azio (31a.C.), signifer della legione XI. Età augustea

(MANF). In via Moralediemo, nel 1980, sisono scoperti un cippo con centinaturasuperiore, della prima metà del I sec. d.C.,che riporta le misure dell’area sepolcrale(MCM) e «una bella testa di medusa spezza-ta, con altri pochi frammenti scolpiti» (R.Valandro).

Nel fondo “le Granzette”, situato in loca-lità Ca’ Oddo, nel 1897 si è messa in luce,insieme ad un rozzo cinerario fittile cheandò distrutto, la stele superiormente centi-nata (MNA) posta dalla liberta MestriaFortunata al marito Manio Ennio Critone ealla figlia (prima metà del I sec. d.C.).

All’estremità occidentale del territoriocomunale di Monselice, nella localitàGranzette, presso Schiavonia, fu recuperatoverso il 1875 un amphoriskos di vetro blu(MCAP); nel 1881 fu dissotterrato, con unossuario fittile in frantumi, il cippo o stelecentinata (MCAP) che definiva l’area sepol-crale del liberto (?) Tito Livio Leuga (primametà del I sec. d.C.).

In molte delle necropoli sopra ricordatesi sono messi allo scoperto cippi iscritti(qualcuno è stato rammentato nella rasse-gna precedente), quasi tutti in trachite,superiormente centinati e databili allaprima metà del I sec.d.C.,che attraverso for-mule costanti rese mediante varie abbre-viazioni fissano le misure (espresse inpiedi) dell’area sepolcrale rispetto al frontestradale e verso la campagna (in frontepedes…, in agro pedes…; in fronte pedes…,retro pedes…) oppure le misure di unrecinto funerario di superficie quadrata(quoquoversus pedes…): in via Palazzetto-proprietà Albertin (MCM), nel sepolcretodella gens Critonia (MCM), nei pressi dellastele di Aulo Lucano ad Arzerdimezzo(MCAP), a Vetta (proprietà Gallo) a pocadistanza dalla stele di Manio Cesio (MNA),ancora a Vetta nel 1887 nella campagnaallora di proprietà Tortorini (irreperibile),in via Vetta qualche anno prima del 1968.

30. MANF. Cippo funerario di Quinto Celio checombatté ad Anzio (31 a.C.) con il grado di por-tainsegna. Età augustea. Già collezione dei contiOddo di Monselice.

31. MNA. Stele funeraria di Manio Cesio, aquilifero della legione IV Macedonica. Età augustea. Dalla località Vetta.

29. MCAP. Ara funeraria con pulvini a voluteche ricorda Quinto Tasatino Atimeto e il figlioQuinto Tasatino Semplice. I-II sec. d.C.Rinvenuta presso la Pieve di S. Giustina.

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alla verifica dell’estensione del reticolo deilimites,all’esame delle seriazioni cronologi-che (visto che si è parlato di più suddivi-sioni anche sovrapposte) e al controllo dieventuali connessioni con la limitatio a suddi Padova. Solo a qualche chilometro daMonselice erano dislocati il cippo gromati-co (fig. 14) della località "il Cristo" di SanPietro Viminario e il cippo di Maseralino diPernumia,cippi da collegare - con tutta evi-

5. Cenni sulle strutture territoriali

La presenza di veterani della legione IVMacedonica,della legione XI e di un preto-riano della coorte I, ancor di più se acco-stata e correlata alla frequenza di tituli dialtri militi delle legioni V Urbana e XII pro-venienti da Villa Estense, Vighizzolo, S.Elena, Solesino e Stanghella (per non par-lare delle testimonianze di veterani ricor-renti nel centro urbano e ad occidente diEste), ripropone il problema dell’individua-zione di divisioni agrarie nel territorio ate-stino. I lavori di centuriazione – accompa-

gnati dalla costruzione di strade, dalloscavo di canali e fossati, dal rafforzamentodi arginature – e l’esproprio di terre ai resi-denti con l’assegnazione dei lotti di terrenoai nuovi coloni avranno prodotto profondieffetti sul piano delle trasformazioniambientali e paesaggistiche, oltre che nelrapporto di interdipendenza tra città ecampagna; avranno obbligato a scelteinnovative a livello di ristrutturazioni urba-nistiche (lo si è appurato nel “quartiereaugusteo dell’Ospedale Civile” di Este);avranno indirizzato e condotto ad esiti dipositivo sviluppo i mutamenti di naturademografica e sociale, sebbene dolorosiper la popolazione locale.

La foto aerea lascia filtrare dal terrenouna fitta rete di lineazioni sepolte condiversificati orientamenti, forse spiegabilicon più partizioni e interventi successivi,associati a fenomeni di sovrapposizione e“adiacenza”, oltre che con differenziatesituazioni geomorfologiche superficiali.Talilineazioni, ad occidente e ad oriente dellastrada statale N. 16, investono principal-mente i settori meridionali dei comuni diMonselice (Cortazza, Carpanedo) e diPozzonovo (Tezon, Palazzetto) e il qua-drante territoriale dei comuni di S. Elena,Solesino, Granze e Stanghella. La recentescoperta presso Granze di un terminus condecussis (due linee disposte a croce chesegnavano la direzione dei limites di unacenturiazione) scolpito nella faccia supe-riore e senza altre indicazioni (cippo“muto”) viene a confermare l’esistenza diantiche sistemazioni dei terreni.

Ma il dibattito sulla centuriazione atesti-na sia ad occidente che a meridione e adoriente di Este, "riavviato" con nuove pro-poste per merito di Camillo Corrain, stafacendo i primi passi e necessita diapprofondimenti, di ulteriori riflessioni, ditentativi di "restauro" delle maglie insieme

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l e s t r u t t u r e t e r r i t o r i a l iE n r i c o Z e r b i n a t i

4. Aspetti socio-culturali

Pur nell’inevitabile incompletezza delquadro documentario sopra esposto, tra-spaiono dal rigido e ripetitivo formularioepigrafico vicende umane e affetti familiarii quali, a volte, sussistono per più genera-zioni; si intravede il caso – per altro noninfrequente – di una convivenza more uxo-rio di un patrono con la propria liberta (fig.28); si intuiscono legami di solidarietà traliberti di patroni diversi.

Ma soprattutto balza in evidenza lo spac-cato emblematico di una piccola e mediaborghesia municipale che annoverava, tra isuoi esponenti più rappresentativi, membridi famiglie abbienti (Volumni), ex ufficialidi grado intermedio e personaggi che rico-privano incarichi “comunali” (il centurionee decurione Lucio Blattio Vetere), veteranidi cui alcuni già con funzioni di responsa-bilità nell’esercito (l’aquilifero Manio Cesioe il portainsegna Quinto Celio), rampantiliberti: tutti desiderosi di mostrare, all’inter-no della compagine sociale atestina, meritipassati e presente prestigio,oltre che le pro-prie potenzialità economiche, visto chepotevano permettersi di erigere nei rispetti-vi possedimenti agricoli e presso le loroville monumenti sepolcrali in pietra digrande dignità e sicuro decoro formali,quando addirittura non fossero committen-ti di opere – si pensi all’edicola dei Volumni(fig.15), il monumento sepolcrale maggior-mente simbolico di Este, al “tempietto” diLucio Blattio Vetere (fig. 33), alle stele diManio Cesio (fig. 31), di Aulo Lucano (fig.27), del liberto Lucio Petronio Primo (fig.23), all’anonimo committente dell’edicolacon statua di personaggio togato seduto,ecc. – che assommano influenze, tendenzee suggestioni culturali diversificate a qua-lità stilistiche e motivi tematici risultanti dauna mediazione e commistione tra arteaulica, ufficiale,“colta” e tradizioni dell’arti-gianato locale.

32. MNA. Cippo funerario di Gaio Talponio, soldatodella legione XI. Età augustea. Dalla località Vetta.

33. MNA. Edicola di Lucio Blattio Vetere, centurio-ne della legione IV Macedonica. Prima metà del I sec. d.C. Dalla località Fragose.

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6. Il diradarsi della documentazione archeologica

A conclusione del presente contributo,non si può tralasciare un dato incontrover-tibile, anche se ostico: gli elementi archeo-

logici della romanità si fanno più carenti apartire dal II sec. d.C. e tendono a rarefarsiman mano che ci si inoltra nei secoli del-l’impero.Questo non significa che venganomeno realtà insediative e attività produtti-ve. Senza voler neppure sfiorare in questasede le cause di un così complesso feno-meno,di certo si constata l’estendersi di uncontesto socio-economico in fase di con-trazione e involuzione,d’altronde riscontra-bile per altre città e agri della Venetia.Tuttavia la repertazione numismatica - sep-pure limitata, sporadica e con forti iati - ci

34. Monselice, piazza San Paolo. Monumentofunerario di Tito Ennio Secondo, cittadino roma-no di Padova, che ricoprì le cariche di tribuno militare, prefetto giusdicente e curatoredell’erario. I sec. d.C. Già reimpiegato presso laporta di S. Martino di Monselice.

denza - alla centuriazione del settore meri-dionale dell’agro patavino. In questo modole sparse tessere di un ampio e complessomosaico o, se si vuole, i vari pezzi di unintricato puzzle forse riusciranno, se non acombaciare in toto, almeno a disporsi in unimpianto sufficientemente coerente.

Alcune lineazioni isolate appaiono confi-gurarsi come vetusti relitti stradali. Si ricor-derà che per il territorio monselicensedoveva passare un tratto del percorso chel’Itinerarium Antonini (III sec. d.C.) segnala-va tra Patavium e Ateste, lungo la via daAquileia a Bologna.

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35. MCM. Cippo funerario di Quinto Satrio figliodi Annio, in cui è indicata l’ampiezza del luogodella sepoltura. Prima metà del I secolo d.C. Davia Palazzetto.

Aggiornamento bibliografico

Questa nota dipende strettamente dall’articolodi E. BIANCHIN CITTON, E. ZERBINATI, Il territorio in etàpreromana e romana, in Monselice. Storia, cultura earte di un centro “minore” del Veneto, a cura di A.RIGON, Monselice 1994,pp.21- 45 (l’età preistorica sideve ad Elodia Bianchin Citton,quella protostoricae romana ad Enrico Zerbinati).

Senza pretese di completezza, si offre all’atten-zione dei lettori un essenziale aggiornamentobibliografico di cui si è tenuto conto nel ripropor-re la panoramica dei monumenti romani connessicon la storia di Monselice. Nella lista si è inseritoqualche titolo, ritenuto essenziale, già utilizzato nelnostro contributo del 1994.

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viene in soccorso proprio per questo perio-do, fino all’età bizantina.

A mo’ di eloquente specimen,basterà quisottoporre alle sollecitudini culturali dellettore un medaglione bronzeo di GiuliaDomna datato al 217 e, proveniente dallaRocca, un bronzo di Giustiniano dellazecca di Antiochia e un antoniniano diAureliano, recuperato nel 1988 in unacostruzione del VI-VII secolo.

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E n r i c o Z e r b i n a t i

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re eseguite da privati per verificare la “bontà”dell’argento, un asse Traiano e un dupondiodi Marco Aurelio che presentano invece unamartellatura del bordo per renderle forsepedine da gioco. Il foro su un asse infine nesegnala il “reimpiego” come pendaglio dibraccialetto o di collana secondo una modaancor oggi invalsa.

Il precario stato di conservazione di moltidi questi esemplari depone a favore di unaloro provenienza locale a testimonianza, inparticolare, della fase romana di Monselice:dalla fine della repubblica al tardo impero.

Per completezza, anche se il periodo esulada questo contesto,è doveroso precisare cheun altro gruppo omogeneo è costituito da 30esemplari di monete veneziane in argento ein rame e di provenienza verosimilmentelocale. Di essi si segnala un denaro d’argentodel Doge Lorenzo Tiepolo e altri databili dalXV secolo agli ultimi anni della Serenissima,che documentano il circolante minuto in uso

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anche a Monselice. Altri gruppi sono costitui-ti da 17 monete del Regno Pontificio, 42 delRegno Lombardo Veneto e da qualche mone-ta del Regno d’Italia. Un nucleo a sé stanteinfine è formato da 42 monete italiane e stra-niere, dal XVI al XIX secolo, che contribuisco-no ad accrescere l’eterogeneità della colle-zione.

38. MCM. Asse di bronzo di Augusto con il nome del tresvir C. Cassius Celer.Zecca di Roma. 16 a.C.

Raccolta numismatica romana di MonseliceFausta Piacentini – Cinzia Tagliaferro

La collezione numismatica custodita nelm u s e o d i M o n s e l i c e s i è f o r m a t anell’Ottocento soprattutto grazie a casualiritrovamenti e a lasciti di privati. Pur in assen-za di documentazione precisa circa la loroprovenienza non si esclude che molte mone-te abbiano fatto parte della collezione dell’a-bate Stefano Piombin e donate per disposi-zioni testamentarie al Gabinetto di Lettura nel1870.

La collezione numismatica comprendecirca 180 pezzi che coprono un arco crono-logico che va dall’epoca romana imperiale alsecolo scorso. Il medagliere annovera ben 32esemplari di bronzi romano imperiali, cioèemessi fra la salita al potere dell’imperatoreAugusto (27 a.C.) e la caduta di Roma (476 d.C.) e coniati nella zecca di Roma.

Il gruppo più antico di monete è compostoda sette esemplari di età augustea tra cui sisegnalano due quinari d’argento,alcuni assi eun dupondio di bronzo, in cui compaiono inomi dei tresviri monetales, i magistrati inca-ricati dal senato romano delle emissionimonetali.

Bene attestato appare il numerario di bron-zo coniato sotto l’impero di Tiberio, Calligola,Claudio, Vespasiano, Tito e Domiziano (13esemplari) mentre quantitativamente minoririsultano invece le monete riferibili al II seco-lo d.C. (4 esemplari), al III secolo d.C. ( 2esemplari) e al IV secolo d.C. (3 esemplari).

Nel complesso questo gruppo non hacaratteristiche di rarità anche se si segnalanoalcuni esemplari dalle connotazioni partico-lari. Si tratta, nello specifico, di due quinari diAugusto, uniche monete d’argento tra quelleromane della collezione,contrassegnate sia alDritto che al Rovescio da alcune punzonatu-

37. MCM. Quinario d’argento di Augusto. Zecca di Roma. 29-26 a.C.

l e m o n e t e r o m a n eF. P i a c e n t i n i - C . T a g l i a f e r r o

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Due bronzetti romani a MonseliceEnrico Zerbinati

Anfore romane di MonseliceFlaviano Rossetto*

Nel museo Piombin sono conservate quat-tro anfore romane. Manca purtroppo ogninotizia riguardante il luogo di ritrovamento ela giacitura di tali contenitori. Questi datisarebbero stati indispensabili per individuareil tipo di riutilizzo delle anfore praticato già inetà romana. Nella pianura Padana e in parti-colare nella Venetia, le caratteristiche morfo-logiche del territorio pianeggiante, ma riccodi dossi e bassure e attraversato da numerosicorsi d’acqua,comportarono frequentementela necessità di bonificare il terreno da acquesuperficiali o stagnanti. Grandi quantità dianfore, una volta svuotate del loro contenuto,venivano appositamente sepolte, capovolte,per drenare il terreno,al fine di renderlo pra-ticabile o edificabile.

Da un primo esame si è appurato che leanfore monselicensi identificate con le siglen.15/Z, n.16/Z e n. 17/Z appartengono al tipoLamboglia 2 (la quarta, n.14/Z, è di difficileinquadramento). Questa forma è stata indi-viduata da Lamboglia tra le anfore del relittorinvenuto nelle acque di Albenga,ma ci sonoancora dei problemi irrisolti riguardo adessa. La maggiore concentrazione di conteni-tori di questo tipo si trova lungo le costeorientali e occidentali dell’Adriatico, facen-do pensare a dei centri produttivi situati traPiceno e il Friuli.

L’arco cronologico della loro produzioneè compreso tra la fine del II secolo a. C. e gliultimi decenni del I secolo a. C., quandovennero sostituite sul mercato dalle anforeDressel 6A, che presentano una continuitànon solo morfologica, ma anche di centri diproduzione. Le anfore di questo tipo conte-

nevano vino ed il fatto che esse siano cosìdiffuse nella pianura Padana fa pensare chequesto contenitore potesse essere prodottoanche in Italia settentrionale e che in questocaso fosse utilizzato per il vino locale dasmerciare in zona.

Non convince l’ipotesi che le anforeLamboglia 2 servissero per il commercio dell’olio, sebbene la Venetia avesse un effettivobisogno di questo genere alimentare cheveniva prodotto localmente in quantità limi-tata: proprio in molte delle anfore patavine,infatti, è stata riscontrata la presenza dipece che veniva applicata all’interno dicontenitori che dovevano trasportare vino ogarum, quindi prodotti soggetti ad invecchia-mento, e non olio.

*La presente scheda è stata elaborata sui materiali predi-sposti da Stefania Mazzocchin nel 1994.

39. MCM. Anfora romana tipo Lamboglia 2, privadella parte terminale del puntale. Altezza totalecm. 82, diametro massimo cm. 33. Sull’orlo èimpresso, entro un cartiglio rettangolare, il bolloANTIO, riferibile ad un Antiocus. Il nome è di origine greca e quindi possiamo pensare che il personaggio in questione fosse di condizioneservile, cioè un lavorante artigiano.

a n f o r e e b r o n z e t t i

La classe di materiali costituita dalla picco-la bronzistica provinciale romana di etàimperiale, così ricca e copiosa per il numerodi esemplari e varia per qualità tecniche e sti-listiche, ha da sempre rivestito una grandeimportanza e richiamato l’interesse degli stu-diosi. Infatti le indagini e le analisi di questiprodotti,le cui ridotte dimensioni facilitavanoil trasporto, il traffico e una diffusione estesa ecapillare, consentono di individuare inclina-zioni e linguaggi artistici, tendenze e correntidella religiosità, mode e voghe devozionali,preferenze nella scelta delle suppellettili edell’arredo domestico,disponibilità economi-che e rotte commerciali. In breve: nei bron-zetti si rispecchiano cultura e gusti dellacommittenza residente nelle città, nei piccolicentri e nei più diversi ambiti territoriali.

Non va trascurato un altro aspetto: la pic-cola plastica bronzea, instaurando «un rap-porto immediato e… quasi familiare con lospettatore» (L. Beschi), nel corso del tempoha attirato l’attenzione di collezionisti, anti-quari, appassionati e, perciò, ha lasciato unatestimonianza rilevante nella storia del colle-zionismo.

Anche Monselice ha visto il “passaggio”col-lezionistico di statuette in bronzo antiche.

Due bronzetti, purtroppo di ignota prove-nienza, erano di proprietà dell’avv. Canella diMonselice e vennero acquisiti nel 1949 dallaSoprintendenza alle Antichità delle Venezie.Sono ora conservati al MNA.

Un bronzetto rappresenta Iside-Fortuna(fig. 40). La testa è leggermente rivolta adestra; i capelli annodati sulle tempie e sulla

nuca ricadono in lunghe ciocche sulle spalle;il capo è cinto da diadema e sormontato dal-l’acconciatura isiaca con disco solare epiume. La dea indossa un peplo leggero chericade con morbida levità sul corpo. Con lamano destra la dea teneva il timone, andatoquasi completamente perduto; con il braccioe la mano sinistra sostiene la cornucopiaricolma di frutti.

La tipologia e lo schema figurativo riman-dano a modelli della temperie artistica del-l’ellenismo.La datazione può, latamente,esse-re inquadrata al I-II sec. d.C.

Il bronzetto, dall’evidente valenza votiva ocultuale, poteva appartenere ad una stipe diun sacello o santuario oppure, più probabil-mente, era collocato in un larario domestico,ove si veneravano le divinità del pantheongreco nell’interpretatio romana (in particola-re era frequente la presenza di Mercurio,Minerva,Venere,Fortuna e Iside-Fortuna,ecc.)e i soliti Lari, Geni, Amorini.

Iside-Fortuna o Isis-Tyche rappresenta una

40. MNA. Bronzetto che raffigura Iside-Fortuna(alt. cm. 23). I-II sec. d.C.

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Page 26: Appunti di storia monselicense, 8€¦ · Vetta a Monselice, nell’agosto 2001. Fabio Conte Sindaco di Monselice 7 Archeologia a scuola Archeologia e didattica nel progetto culturale

delle dimostrazioni più eloquenti del sincreti-smo religioso e figurativo molto popolare ediffuso in età imperiale romana. Nel nostroesemplare l’iconografia (per altro assaicomune con moltissimi schemi e varianti intutto l’impero) ci mostra l’unione e l’accosta-mento degli attributi propri di Iside (accon-ciatura isiaca che contempla numerosi sim-boli: sole, luna, corna, piume, modius, cioè ilmoggio sacro, recipiente per il grano tipicoattributo anche di Demetra) con quelli piùcomuni della dea Fortuna (Tyche per i Greci),quali la cornucopia, simbolo puredell’Abbondanza e della prodigalità con cuila dea dispensa i suoi doni,e il timone che staa significare la capacità di dominare e guida-re il destino degli uomini nelle “tempeste” enegli eventi positivi e negativi della vita; iltimone è anche attributo di Iside Pelagia; inol-tre Iside, in quanto Isis Pharia, era protettricedei naviganti.

La Fortuna godeva di grande venerazionee Plinio il Vecchio (Nat. hist., II, 22; vd. ancheGiovenale,Sat.,XIII,86 ss.) la ricorda come l’u-nica divinità a cui tutto il mondo si rivolge.

Il secondo bronzetto (fig. 41) rappresentauna figura femminile. I capelli, ornati di dia-dema,presentano una scriminatura sulla fron-te, sono raccolti in una crocchia sulla nuca ericadono con boccoli ai lati del collo e sullespalle. Gli occhi con pupille incavate sono inargento, mentre la bocca è fusa in rame.Delicato e ben modellato il volto.La dea vesteun mantello che l’avvolge completamente ecopre il chitone. Il braccio e la mano destrasono rivolti verso il basso e forse sostenevanoun oggetto; il braccio sinistro è piegato e lamano sinistra aperta doveva reggere un altroattributo. Il bronzetto, che appare rifarsi amodelli prassitelici di Kore, è databile al I-IIsec. d.C.

I due bronzetti, considerato il buon livellotecnico e stilistico nell’impostazione dell’in-sieme e di molti particolari, non sembranopotersi ricondurre ad officine locali o a bot-teghe periferiche.

Bibliografia di riferimento

Per i bronzetti del nord-Italia e delle Venezie pro-pongo due estremi bibliografici di sintesi: L.BESCHI,I bronzetti romani dell’Italia settentrionale, in Arte eciviltà romana nell’Italia settentrionale dalla repub-blica alla tetrarchia, II, Bologna 1965, pp. 271-276; G.BODON, Artigiani e committenti lungo la Postumia: ibronzetti, in G. SENA CHIESA, M. P. LAVIZZARI, PEDRAZ-ZINI (a cura di), Tesori della Postumia. Archeologiae storia intorno a una grande strada romana alleradici dell’Europa, catalogo della mostra, Cremona,Santa Maria della Pietà 4 aprile - 26 luglio 1998,Milano 1998, pp. 350-351. Per il culto della Fortunanell’area attorno a Monselice: E. BUCHI, Venetorumangulus. Este da comunità paleoveneta a coloniaromana,Verona 1993, pp. 153-154 con note 659-660.

In generale per i culti nella Venetia: M. S. BASSI-GNANO, La religione: divinità, culti, sacerdozi, in IlVeneto nell’età romana, I, Storiografia, organizzazio-ne del territorio, economia e religione, a cura di E.BUCHI, Verona 1987, pp. 311-376, 410-422; G. CRESCIMARRONE,M.TIRELLI (a cura di),Orizzonti del sacro.Culti e santuari antichi in Altino e nel Veneto orienta-le, Atti del Convegno, Venezia, 1-2 dicembre 1999,Roma 2001.

41.MNA. Bronzetto che rappresenta una figura femminile. I-II sec. d.C.