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Regione Molise -7- Resoconti Consiliari
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ARGOMENTO CONCERNENTE “DIFESA DELL’AUTONOMIA DELLA REGIONE
MOLISE”.
ARGOMENTO CONCERNENTE <<SCHEMA DI DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA RECANTE “REGOLAMENTO DI ORGANIZZAZIONE DEL MINISTERO
DELL’INTERNO”. PAVENTATA SOPPRESSIONE DELLA PREFETTURA E DI ALTRI
UFFICI DEL MINISTERO DELL’INTERNO DI ISERNIA>>.
ORDINE DEL GIORNO, A FIRMA DEI CONSIGLIERI LATTANZIO, COTUGNO, DI PIETRO,
CAVALIERE, NIRO, PARPIGLIA, MONACO, CIOCCA, FUSCO PERRELLA, VENEZIALE,
IORIO, DI NUNZIO, SABUSCO, IOFFREDI, MANZO E TOTARO, AD OGGETTO
“SOPPRESSIONE DELLA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO”.
RIUNIONE IN UNICA TRATTAZIONE. TRATTAZIONE PARZIALE.
PRESIDENTE
Giusto per organizzare i lavori della seduta, io proporrei di fare un'unica discussione per tutti e tre i punti: i
due all'ordine del giorno più il terzo di cui abbiamo fatto l'iscrizione e l'immediata discussione poc'anzi, in
modo poi da poter concordare, eventualmente, un unico ordine del giorno o una mozione, se riteniamo di
portarla in votazione e unificare la discussione di tutti e tre i punti. Se siete d'accordo, procediamo in
questo senso.
(Interventi fuori microfono)
PRESIDENTE
Va bene, allora, procediamo in questo modo. Per la discussione dei punti all'ordine del giorno, se per
cortesia chi vuole parlare si iscriva a farlo, in modo da poter regolamentare i lavori dell'Aula. Così
alterniamo magari uno di Maggioranza e uno di Minoranza, come è consuetudine. Grazie.
Presidente Fusco Perrella, se vuole intervenire. Grazie.
CONSIGLIERE FUSCO PERRELLA
Signor Presidente del Consiglio, signori colleghi Consiglieri, prima di rendere la relazione, io vorrei pormi
un interrogativo: mi riterrà all'altezza del compito il famoso politologo, filosofo e drammaturgo di questa
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Regione e non mi dileggerà nelle riunioni pubbliche, mettendo in discussione la mia dignità di donna
nell'Istituzione? Mi auguro che questo non accada più.
Allora, è una giornata molto importante e molto significativa.
PRESIDENTE
Chiedo scusa...
CONSIGLIERE FUSCO PERRELLA
La prego, è un inciso. È un inciso che io ho voluto fare, non ritenendomi forse all'altezza rispetto a coloro
che meglio di me hanno scritto e detto molto in questo periodo su quest'argomento. Mi sono posta questo
problema, e avevo quasi voglia di non intervenire, tant'è vero che ho detto al collega: "Posso intervenire?
Sarò all'altezza?" Poi hanno detto che toccava a me, perché avevo per prima sottoscritto la richiesta di
convocazione.
“Il riconoscimento del Molise in Regione a sé stante appaga…(io vorrei tornare alla storia, perché
tornando alla storia, collega di Riccia, andrò dentro dal punto di vista non tanto politico, ma quanto
affettivo e sentimentale a un ricordo che farà piacere a te e farà piacere a tutti coloro che hanno onorato
questa persona, e soprattutto il suo contributo rispetto a questa causa) appaga sentite e antiche aspirazioni,
ed è premessa perché si possano determinare le condizioni più favorevoli per il progresso della nostra
terra. Si tratta di un territorio ben delimitato su cui vive una popolazione che ha vincoli comuni di storia,
di tradizioni, di usi e di costumi, e anche, quindi, una sentita aspirazione dell'autonomia che le alterne
vicende della storia italiana lasciarono inappagata, ma non sopirono mai”.
Queste sono le frasi pronunciate all'epoca, nella grande battaglia per il riconoscimento della nostra
autonomia, da un Molisano.
In quest'Aula sembrano riecheggiare, attraverso la mia umile parola, le parole pronunciate - sembra
cacofonico, ma non è così - dinnanzi alla Camera dei Deputati da Giacomo Sedati. Parole che
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rappresentano il vero e proprio manifesto dell'orgoglio molisano animato, allora come oggi, da grande e
legittima voglia di essere Molisani. E di essere la nostra Regione, oggi più che mai, tra le Regioni, uguale
e importante come altre Regioni d’Italia.
Era il 17 dicembre del 1963, la storica seduta della Camera dei Deputati, durante la quale, in seconda
lettura, fu approvata la proposta di legge sottoscritta dal senatore Magliano, successivamente poi
promulgata il 27 dicembre del medesimo anno, con la quale, dopo un lungo iter normativo, venne disposta
l'istituzione del nuovo Ente territoriale.
Nello specifico, si andavano a modificare gli articoli 131, che aumentavano il numero delle Regioni da 19
a 20, e 57 che innalzò il numero dei senatori a 315. Tutte discussioni che hanno un'attualità
incredibilmente vera. E di conseguenza, veniva sancita la nascita della ventesima Regione: il Molise.
Un discorso sentito e accorato, quello di Giacomo Sedati, che rappresentò il degno coronamento di un
lungo percorso che la nostra identità territoriale dovette percorrere prima di essere riconosciuta dalla Carta
costituzionale.
Un percorso che storicamente è partito il 21 maggio del 1922 - consentitemi, non sono una storica, però mi
piace leggere la storia - quando venne istituito il primo Comitato per l'autonomia della Regione, presieduto
dall'onorevole Pietravalle; Organo che fece propri e portò all'attenzione del Governo nazionale i motivi
alla base della voglia di riconoscimento dell'autonomia della nostra Regione.
Al collega Veneziale vorrei ricordare che, tra virgolette, ho attinto alcune frasi da una lunga battaglia che
il Presidente Veneziale fece in quel periodo come storico, come politologo, come uomo distinto del
Molise in quel periodo, e accompagnò, con la sua saggezza, tutto l'iter dei colleghi e ne approvò e ne
condivise la ragione.
Successivamente, un secondo Comitato dell'autonomia della Regione dell'immediato dopo guerra,
parliamo del 1946, per iniziativa del Presidente Petruccioli e degli altri componenti, pose di nuovo
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all'attenzione del Governo la richiesta dell'autonomia del Molise; attività che, anche in questa occasione,
non ottenne il risultato sperato.
La spinta del Comitato, nonostante questo parziale insuccesso, continuò con forza e con un'azione decisa,
motivata anche dalla volontà unanime, manifestata dai Consigli comunali, dal Consiglio provinciale e
dalla popolazione tutta; un'iniziativa complessa, come lo è oggi, e ininterrotta sotto la spinta dell'allora
onorevole Girolamo La Penna, con la quale si riuscì a portare a compimento la modifica costituzionale
dell'assetto delle Regioni italiane. Parliamo di grandi uomini, di grandi menti, di grandi sentimenti del
nostro Molise. Un momento atteso con trepidazione da tutti i Molisani - qualcuno di noi c'era - e
festeggiato con grande gioia, perché, finalmente, si riconosceva l'autonomia e l'identità territoriale della
nostra Regione.
Un excursus storico necessario per ricordare e riconoscere l'operato di quelli che possono essere
considerati i padri fondatori della Regione Molise, come Sedati, come La Penna, ma anche Cuoco, Zullo,
Masciotta, Colitti, Morelli, Sammartino. Ora anche in ricordo di quanto realizzato da queste grandi
personalità della politica e della società molisana, a distanza di quasi 52 anni da quella storica giornata,
siamo chiamati di nuovo - ecco perché stamattina ho detto che era importante, questo momento - a
difendere, a tutelare quella autonomia conquistata con fatica e messa a rischio da quanto sta accadendo a
livello nazionale e regionale. Un argomento tornato di stretta attualità anche a seguito dell'accoglimento,
da parte del Governo nazionale, dell'ordine del giorno presentato dal Senatore del Partito Democratico
Ranucci, e discusso nella seduta del Senato dell'8 ottobre 2015, con il quale testualmente si impegna il
Governo a considerare l'opportunità di proporre, anche attraverso una speciale procedura di revisione
costituzionale, la riduzione del numero delle Regioni. Un dispositivo che, di fatto, lancia pesanti ombre sul
futuro del Molise così come oggi lo conosciamo. Preoccupazione acuita dal fatto che lo stesso Senatore
Ranucci è il firmatario di una proposta di legge costituzionale sulla riduzione delle Regioni italiane, dalle
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attuali 20 alle ipotizzate 12, la numero 1.694 del 25 novembre 2014, “Modifiche alla costituzione in
materia di riduzione del numero delle Regioni”, assegnata alla Prima Commissione permanente Affari
costituzionali in sede referente il 17 marzo 2015, il cui esame ancora non è iniziato. Una proposta, per
inciso, nata dagli studi della Società geografica italiana e della Fondazione Agnelli che prevede, come è
specificato dal Senatore, la diminuzione della spesa pubblica in nome e per conto della quale oggi si può
tutto o si deve tutto, anche tutto quello che il popolo non condivide; la diminuzione della spesa e la
razionalizzazione dei costi. Medesima proposta di legge costituzionale la numero 2.749 “Modifica
dell'articolo 131 della Costituzione concernente la determinazione delle Regioni italiane”, già presentata
dall'altro onorevole del PD, Morassut, alla Camera dei Deputati. Per questo, e non solo per questo,
abbiamo richiesto la convocazione di una seduta monotematica del Consiglio regionale nella quale questa
Assise, memore di tutto ciò che ha rappresentato il cammino degli altri e il nostro cammino, dovrà
discutere e, soprattutto, mettere in campo e in capo a tutto quanto, ogni tipo di intervento propedeutico alla
salvaguardia della nostra identità regionale per non disperdere l'impegno profuso, allora ai padri fondatori,
oggi da noi, ma, soprattutto, da chi governa, che dovrà sforzarsi di ridare a questa Regione un'immagine di
credibilità che molti dicono non conserva a livello nazionale né ad altri livelli.
Dobbiamo ribadire con forza il nostro 'no' ad un progetto di revisione che smembra il Molise e, con esso,
anche le altre Regioni, disegnando meri confini geografici che non tengono minimamente conto delle
istanze delle varie realtà territoriali. Un disegno di legge, quello avanzato dai due esponenti del PD, che
prevedrebbe lo smembramento del Molise; questa parte non la leggo perché questa proposta la
conosciamo tutti. Non si può ragionare soltanto in termini economici senza tenere conto delle ragioni di un
popolo, degli usi e costumi, del diritto a vedersi riconosciuti i servizi minimi essenziali e di essere l'unico
artefice del proprio destino. Il Vicepresidente Petraroia, in una delle sue molteplici analisi, molto acute,
molto raffinate, ha espresso il suo parere all'assetto di macroregione, con il Molise unito alle altre realtà
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vicine premettendo che “è auspicabile che il Molise non si chiuda a 'riccio' sulla difensiva, per i diritti dei
cittadini alla conservazione ottusa degli attuali assetti istituzionali”. Resta per noi difficile da comprendere
come si possano tutelare i diritti dei cittadini in una situazione che si andrebbe prospettando come priva di
articolazioni periferiche, rimandando tutto alle Amministrazioni comunali con le evidenti difficoltà che ne
deriverebbero. In un momento in cui si parla di grandi riforme regionali, credo che ciò sia da valutare
attentamente. E qui ci sono anche dei progetti di legge di riforme, dell'attuale; ci vantiamo molto, ma
queste sono cose abbastanza serie sulle quali va posta molta attenzione e sulle quali va aperta una
discussione, anche in questa Aula, che vede i pareri, ma, soprattutto, vede tutti nella convinta ipotesi o
nella convinta certezza che questa Regione non merita questo futuro. Non possiamo rimanere inermi di
fronte ai valori fondanti come le origini, la tradizione, l'appartenenza territoriale in favore di concetti come
nuova stagione del regionalismo; benissimo. Semplificazione dell'architettura regionale, snellimento;
termini tecnici che, con un colpo di spugna, vorrebbero cancellare tutto e tutti: l'orgoglio, le
rivendicazioni, il ruolo che, comunque, le Regioni hanno in un momento in cui vengono messe in
discussione dall'opinione pubblica. E forse qualche ragione c'è, anche ascrivibile alla nostra storia, ai
nostri risultati e a ciò che noi abbiamo compiuto.
Il disegno nazionale sembra ormai definito, il prossimo taglio di 17 miliardi a partire dal 2017 previsto
nella prossima legge di stabilità mette, sì, a serio rischio, la stessa sopravvivenza degli Enti locali colpiti in
maniera forte anche dal mancato incremento della spesa sanitaria del 2016. E forse per noi è ancora più
seria, questa questione. È ancora più serio il ragionamento. La domanda che ci poniamo è semplice:
questo Governo centrale, quale valore riconosce, dal punto di vista istituzionale, alle Regioni?
Ci lasciano molti perplessi, ecco, questa è la risposta, le parole pronunciate dal Presidente Renzi, in vista
dell'incontro fissato per mercoledì con i Governatori regionali, per discutere di questi tagli previsti dalla
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legge di stabilità: “adesso con le Regioni ci divertiamo, ma ci divertiamo sul serio”. Non è assolutamente
accettabile che dal Presidente del Consiglio partano queste parole offensive.
Non ci si diverte con le persone, non ci si diverte con i cittadini, non ci si diverte col popolo che fatto le
sue scelte, in tutti i campi e nei vari territori.
Compito dello Stato è quello di stimolare, sollecitare le Regioni a operare con dovizia, con correttezza, e
all'interno dei parametri prestabiliti, ma la soluzione non può e non deve essere quella di cancellare le
Regioni solo per tagliare i costi, anche perché riteniamo che questo non sia il metodo più corretto per
procedere alla riduzione della spesa pubblica. Sentiamo qualcosa dalla Banca d'Italia, dalla Corte dei
Conti, è bene che ci informiamo continuamente sull'evolversi di tutta la situazione.
Bisogna infatti tener conto di un contesto costituzionale, che negli ultimi tempi è stato già profondamente
modificato dall'attuale Governo nazionale: prima l'abolizione delle Province, poi l'approvazione del
bicameralismo differenziato, che ha visto il Senato divenire Organo di rappresentanza degli Enti
territoriali; infine, l'introduzione della cosiddetta clausola di supremazia, che consente alla legge dello
Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva, quando
lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse
nazionale.
Viene da chiedersi se una ulteriore riforma, di così ampio respiro, come quella della riduzione delle
Regioni, non possa non essere controproducente e generare più danni che vantaggi. È un'ipotesi, è una
scuola che non è la mia scuola.
Sappiamo bene che l'iter di una legge di modifica costituzionale è complesso e lungo. Difatti l'articolo 138
della Costituzione, che contempla il procedimento di revisione costituzionale e di formazione di leggi
costituzionali, prevede che il Parlamento si esprima su una legge costituzionale con quattro votazioni, due
per il Senato, due per la Camera, in maniera incrociata, specificando che tra prima e seconda votazione è
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comunque richiesto l'intercorrere di un tempo di tre mesi, per permettere ai Parlamentari di prendere piena
coscienza di ciò che è stato votato, così da permettere una seconda votazione più consapevole.
Tempi che, quindi, si prospettano piuttosto lunghi; anche se bisogna fare chiarezza sulle intenzioni del
Governo regionale, perché se da un lato il Governo e il PD hanno detto che in agenda non c'è
l'accorpamento delle Regioni, dall'altro il Senatore Ranucci dice che è una sua iniziativa, però quando si è
in un Partito, queste iniziative di così ampio respiro, di rilevanza e di così grosso impatto, devono essere
concordate.
Ha dichiarato che: "aspettiamo il referendum sulle riforme e poi, nel 2016, finalmente, comincerà la
riorganizzazione delle Regioni”. Siamo stanchi di essere trattati in questo modo, effettivamente. Questo
aspetto, quindi, non ci deve far abbassare la guardia sulla tutela della nostra Regione, in considerazione
anche delle decisioni che si stanno assumendo a livello nazionale, che troppo spesso hanno visto il Molise
pagare dazio rispetto alla permanenza di importanti presidi territoriali.
Non si possono cancellare 52 anni di vita di questa Regione, di questa Istituzione, ma soprattutto di
Molisani che, con costanza, sono riusciti a portare questa Regione, un tempo particolarmente felice, fra
virgolette, tra le Regioni considerate non virtuose come si usa oggi la parola, ma tra le Regioni con la
dignità di Regione e di molisanità.
Il Molise ha il diritto di esistere e di rivendicare alcune cose, come le altre Regioni. Questo è il
presupposto che deve essere alla base dell'iniziativa atta a tutelare e a valorizzare la nostra realtà, i bisogni
dei cittadini; un'azione da realizzare di concerto con il coinvolgimento di tutte le forze politiche, perché
solo in una profonda unità di intenti, può essere tutelato il bene comune.
Noi sappiamo anche che può darsi che questo sia un disegno sul quale, se si continua a dileggiare questa
Regione e le Regioni in genere, sarà necessario assumere altre decisioni. Sono tante le ipotesi, sono tante
le varie scuole che abbiamo sentito in questi giorni, ma rimane forte un dovere da parte nostra: il dovere di
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guardare con attenzione a quale sarà il futuro, e soprattutto di far decidere ai cittadini questo futuro: con
quale, con chi, come, perché e quale risultato.
Io mi fermo, perché ci sarebbe anche da rendere la relazione sull'altro argomento monotematico e
sull'ordine del giorno presentato dal collega. È stato scritto da tutti, ma penso che i colleghi vogliano
intervenire. Mi fermo qui, grazie per l'attenzione.
PRESIDENTE
Grazie, Presidente Fusco. La parola al Presidente Ciocca.
CONSIGLIERE CIOCCA
Grazie, Presidente. Ringrazio anche i firmatari della mozione, per averci dato la possibilità di intervenire
in merito ad un argomento così drammaticamente sentito, che riguarda la stessa esistenza della nostra
Terra.
Questa Regione lotterà e reagirà con forza, senza appartenenze, ma con estrema forza, affinché
l’accorpamento non si verifichi. Ed infatti, egregi Presidente, colleghi, parlando anche a nome dei
colleghi Ioffredi e Monaco, ritengo che la volontà di cancellare l'identità di un popolo, che ha radici
antichissime, millenarie, valorose, direi, non può che essere respinta con forza e determinazione.
Riaffermare la necessità dell'autonomia, attraverso il racconto della storia della nostra Regione, intesa non
solo come Istituzione, è un dovere dal quale non possiamo esimerci.
Dico spesso, quando mi chiedono di esprimermi sui nuovi confini geografici ipotizzati per noi, da un
disegno di legge fantasioso, e spero, immagino, irrealizzabile, che ci vorrebbe divisi a metà, spaccati in
nome della istituzione di una Regione adriatica da un lato e da una Regione di levante dall'altro; dico
sempre che sono nato molisano e così vorrei morire, davvero così, da Molisano.
Ho riletto anche io, in queste ore, il discorso pronunciato alla Camera dei Deputati, nella seduta del 17
dicembre del '63, da uno dei nostri politici più lungimiranti, di cui mi onoro, come lei collega Fusco, di
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essere concittadino; l'onorevole Giacomo Sedati, a nome suo e degli altri esponenti della nostra
Istituzione, gli onorevoli La Penna e Sammartino, illustravano, in un intervento lucido, tenace, forte e che
sembra sospeso nel tempo, vista l'attualità di molte questioni ancora aperte, il perché si dava corpo all'idea
di Molise Regione. L'allora nostra delegazione parlamentare si componeva anche del compagno Nicola
Crapsi, operaio, espressione autentica di coerenza politica ed onestà intellettuale, che non portò a
conclusione, purtroppo, il mandato per la sua improvvisa scomparsa. La loro lotta è ancora la nostra lotta,
che dovrà essere alimentata quotidianamente, di argomenti, proposte, nuove idee che uniscono storia e
modernità. Quelle parole sembrano scritte oggi; diceva l'onorevole Sedati descrivendo la sua terra: “Si
tratta di un territorio ben delimitato, su cui vive una popolazione che vincoli comuni di storia, di
tradizione, di usi, di costumi e quindi, anche una sentita aspirazione all'autonomia che alterne vicende
della storia lasciarono inappagata, ma mai sopita”. Le alterne vicende della storia di cui l'onorevole parla
ci colpiscono ancora, nonostante siano passati 52 anni; vicende che ci hanno visto troppo spesso
dimenticati ed emarginati, parte di un Mezzogiorno dipinto sempre a tinte fosche, che prova ancora oggi
ad alzare la testa, a camminare da solo, a reclamare la pari dignità troppe volte negata nei fatti. Un
Mezzogiorno che adesso si vuole frammentare, colpire nella sua identità più forte, quella scritta dalla
storia. “L’autonomia ci ha permesso di portare i problemi locali all'attenzione dell'Italia. Il più grande
vantaggio è stata l'individualità, ovvero la capacità di prendere decisioni, senza vincoli di
subordinazione”. Questo spiegava, in una bella intervista rilasciata al Bene Comune, il nostro compianto
Renato Lalli. Ebbene, questa individualità, legata a filo doppio con la nostra autonomia, cioè la capacità di
prendere decisioni senza vincoli di subordinazione, ci ha consentito, ed è avvenuto anche in quest'Aula nel
recente passato, di dire no, di esprimere il nostro dissenso, di decidere del nostro oggi e del nostro domani,
di scegliere le politiche più vicine e adatte al nostro territorio. “Il riconoscimento del Molise in Regione a
sé stante appaga antiche e sentite aspirazioni, ed è premessa perché si determinino condizioni più
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favorevoli per il progresso”, diceva ancora l'onorevole Sedati. Ed è questo progresso al quale dobbiamo
sempre tendere, senza rinunciare alla nostra identità e autonomia; progresso che deve fare i conti con la
necessità di chiudere con quel passato che purtroppo sembrerebbe aver decretato la nostra fine. In questa
partita dobbiamo vincere, anzi stravincere, checché ne dica il Governo nazionale, checché ne dica qualche
Deputato. L'entità e l'autonomia devono trovare nuova linfa nelle scelte difficili e spesse volte osteggiate
che questo Governo regionale e i nostri 136 hanno già avviato con forza, e con una determinazione non
conosciuta in passato; insieme, perché l'unione fa la forza, come sempre.
La nostra battaglia per il riconoscimento dell'autonomia conquistata allora, trova l'humus in una visione
moderna della nostra Regione; piccola, ma capace di risollevarsi sempre grazie alla fierezza che
contraddistingue noi, i molisani. La Regione Molise non può rinunciare alla sua identità, alla sua storia, al
suo passato, ai suoi confini segnati da una natura incontaminata, che dobbiamo proteggere. Non può
rinunciare a scegliere il suo futuro, non può subire le scelte di altri, che si avvantaggerebbero veramente
della fredda e cinica logica dei numeri. Il progresso - e ha ragione la collega Fusco - non può certo
significare la cancellazione dell'identità, della storia, come detto, delle nostre aspirazioni, dei nostri
sacrifici. Non può fare rima con decisioni prese da altri e da subire passivamente perché semplicemente
qualcuno ha deciso un bel giorno di giocare al piccolo cartografo senza tener conto della dignità di un
popolo.
Un popolo che, seppur non numeroso analiticamente in patria, vanta invero una moltitudine di emigranti,
di lavoratori, di menti e di intelligenze, di persone che hanno fatto sacrifici nel mondo, in tante nazioni del
mondo, dove le nostre comunità sono non solo vive, ma lavorano e danno redditività e dignità anche a noi.
Facciamo sì, allora, che anche il loro sacrificio non sia vano e che possano continuare ad essere molisani e
non altro.
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Noi preannunciamo l'adesione convinta al no relativamente all'eventuale referendum modificativo della
Costituzione e chiederemo anche agli altri di schierarsi insieme a noi.
In particolare, proprio nella parte che tenderà a toccare l'indipendenza e l'unità del Molise, la variazione
dei propri confini. Siamo certi che questo Consiglio regionale, i nostri attuali Parlamentari e i molisani
tutti, in ogni espressione, in Molise, in Italia e nel mondo, sapranno ritrovare l'orgoglio e la forza per
difendere questa terra, senza se e senza ma.
PRESIDENTE
Grazie, Presidente Ciocca. La parola al Consigliere Federico.
CONSIGLIERE FEDERICO
Grazie, Presidente. Penso che ulteriore stimolo al dibattito, che ormai da diversi anni a fasi alterne torna
tra i cittadini, all'interno delle Istituzioni e di questa Assise in particolare, sia stata data dal famigerato
ordine del giorno di Morassut e Ranucci, presentato a margine della discussione della riforma del Senato;
ordine del giorno che poi non è stato votato, ma è stato fatto proprio dal Governo. Questo dà da un lato la
misura di quella che può essere l'intenzione del Governo Renzi in merito al ridisegnare la geografia
italiana, geografia amministrativa del nostro paese; dall'altro anche la necessità del PD di evitare una
votazione su un tema che sicuramente vedrebbe contrapposti i rappresentanti in Senato di quelle Region,
che si ritroverebbero meno avvantaggiate o comunque sicuramente che andrebbero a sparire, a essere
cancellate come ad esempio la nostra Regione. Ma al di là di questa riflessione e lo spunto da cui nasce
anche la seduta di oggi, ci sono tutta una serie di disposizioni legislative, di azioni che il governo Renzi sta
portando avanti su diversi campi, diversi settori, che riguardano per l'appunto le competenze delle
Regioni, che già danno, disegnano un quadro abbastanza chiaro che va in una certa direzione. E oltre
all'ultima affermazione - che è stata riportata anche dalla Consigliera Fusco - in merito a, sicuramente, una
uscita quanto meno irrispettosa verso le Regioni, quando il Presidente del Consiglio afferma che domani,
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in Conferenza Stato-Regioni, "Con le Regioni ci divertiremo", (credo che sia un qualcosa che debba far
riflettere tutti quanti), conosciamo anche quello che è successo nelle ultime settimane, con le dimissioni
dichiarate e poi congelate da parte di Chiamparino, come Presidente della Conferenza Stato-Regioni, a
valle di quello che è uno dei temi scottanti e sui quali l'azione del Governo Renzi già è abbastanza chiara,
ovvero i debiti e le esposizioni debitorie delle Regioni. Dalla cancellazione dei residui passivi che ha fatto
lo Stato nei confronti...
(Intervento fuori microfono)
CONSIGLIERE FEDERICO
No, lo Stato ha cancellato i residui passivi...
(Intervento fuori microfono)
CONSIGLIERE FEDERICO
E quindi, di conseguenza, la rimodulazione che hanno dovuto fare tutte le Regioni, in un'ottica quasi "se
andrete tutti quanti insieme, non dovrete spartirvi i debiti, ma accorpare i mutui; magari andarli a
rinegoziare, piuttosto che verificare insieme come andare a trovare eventuali coperture in un ambito più
ampio". Ma stesso discorso vale per quello che è stato il Patto per la Salute, quindi il ridimensionamento
degli standard delle strutture ospedaliere, che tanto ha fatto discutere anche questo Consiglio l'estate
scorsa, e continuerà a far discutere a brevissimo, perché se, come ha annunciato il Presidente Frattura, a
fine novembre saranno pronti questi fantomatici programmi operativi, ci dovremmo trovare a intervenire
anche da un punto di vista legislativo, su questo tema; e sarebbe stato interessante anche avere il
Presidente della Giunta per chiedergli, tra le altre cose, anche che cosa succederebbe, in questo campo, se
dovesse, il Consiglio di Stato, il 12 novembre, non accettare la sospensione della sentenza del TAR. Ma
questa è un'altra storia.
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Inoltre, c'è anche un altro tema che abbiamo affrontato qui in Consiglio nelle ultime settimane, che è la
gestione dell'acqua e del Sistema Idrico Integrato. Quello che noi abbiamo paventato, come situazione
sicuramente critica prevista all'interno dello Sblocca Italia, era l'obbligatorietà di accorpare in unici ambiti
le gestioni, i Sistemi Idrici Integrati in tutto il nostro Paese, portandolo a una dimensione regionale. Se le
Regioni si riducono, quindi, gli ambiti diventano di più grandi di dimensioni, di superficie, si permetterà
ancor di più alle multiutilities di avere terreno facile per potersi inserire in questo mercato. Quindi, questi
sono tutta una serie di provvedimenti, che sta portando avanti il Governo Renzi e che vanno, a nostro
avviso, in una certa direzione. Ora, quello che noi ci troviamo oggi ad affrontare in questo contesto
storico, è capire: cosa vogliamo fare? Vogliamo capire se la nostra volontà di mantenere un'autonomia,
così come la conosciamo, così come l'abbiamo conosciuta negli ultimi cinquant'anni, è qualcosa di
anacronistico, o piuttosto un eventuale accorpamento potrebbe essere una opportunità rispetto a certi punti
di vista? Per togliere qualsiasi tipo di ambiguità, quello che va sicuramente allontanato come possibilità è
lo smembramento della nostra Regione, individuando la provincia di Isernia unita con la Marca Adriatica,
e la provincia di Campobasso con la Regione Puglia. Non ce ne vogliano gli amici pugliesi, ma la
questione è storica, la questione è geografica, la questione è anche logistica e di organizzazione dell'offerta
sanitaria, ad esempio. Perché rispetto anche a quelli che sono i paletti che inserisce il Patto per la Salute
sui seicento mila abitanti, forse, paradossalmente, potrebbe essere anche un'opportunità quella di allargare
il nostro bacino di utenza per mantenere un DEA di secondo livello a Campobasso e tenere in piedi due
ospedali, a Termoli e a Isernia, di dignità con Agnone, che si inserirebbe in un contesto non più di confine,
ma di aree interne di una macroregione più ampia. Stesso discorso vale per i trasporti, per l'acqua, come
ho detto prima, per i Bilanci regionali. Quindi, ci sono tutta una serie di punti sui quali dobbiamo iniziare a
ragionare e, quindi, metterli sul tavolo, a Roma, portarli dalla Regione direttamente al Ministero, davanti
al Presidente del Consiglio, davanti ai Senatori che portano avanti questa proposta di accorpamento, per
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fare capire una cosa: che i Molisani non sono cittadini di serie B e non devono essere trattati come tali; che
c'è la necessità, in questo contesto storico, e in questo momento storico, di battere i pugni in maniera reale
e forte su queste questioni. Perché quello che interessa poi ai cittadini molisani è di avere i servizi, è avere
pari dignità rispetto all'accesso alla sanità, rispetto al diritto alla formazione, alla scuola, al lavoro.
Queste sono le questioni che interessano i cittadini molisani. Poi, chi gliele offre, potrebbe non essere
questo il tema.
Un altro aspetto importante che anche è venuto fuori dagli interventi precedenti è poi, dopo, la necessità di
ascoltare la volontà dei cittadini. Indipendentemente da quello che è l'iter di una riforma costituzionale
così importante, una consultazione referendaria per chiedere ai cittadini italiani cosa vogliono e se
preferiscono 'nascere molisani e morire marchigiani', parafrasando il Presidente Ciocca, oppure, piuttosto,
preferiscono restare con la loro autonomia ben definita e delineata. A me non è mai capitato durante gli
interventi in Aula, in questi due anni e mezzo, di citare dei passaggi e delle affermazioni, delle riflessioni
di Beppe Grillo. Lo faccio oggi perché oggi ha fatto un intervento per me molto intelligente e acuto, su
questa riforma delle Regioni. Lo ha fatto, chiamando questo nuovo riassetto geografico: "L'Italia di
Frankenstein". Ridimensionata e ridisegnata quasi come se si giocasse con dei pezzi dei lego, senza però
andare a valutare una serie di situazioni, al di là di quelle di cui ho parlato prima, ma, appunto, la volontà
degli Italiani. Perché se, magari, andassimo a parlare con gli Italiani, lui, nella sua ironia dice: "Forse il
Lombardo vorrebbe essere annesso dalla Svizzera, piuttosto che il Valdostano dalla Francia". Ma, quello
che dev'essere fondamentale, e questo è il passaggio che mi preme far passare in quest'Aula oggi, è il
senso di unità. Cioè, dobbiamo iniziare a sentirci tutti italiani, con la volontà di essere un unico popolo,
con la volontà di avere solidarietà di condivisione con tutte le altre Regioni e gli altri territori d'Italia,
affinché riusciamo a parlare con un'unica voce e riconoscerci, quindi, non più come sudditi, ma come
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persone amministrate da chi vuole portare avanti veramente il bene comune, indipendentemente da
estrazioni politiche o, piuttosto, confini regionali. Grazie.
PRESIDENTE
Grazie, collega Federico. La parola al Presidente Lattanzio.
CONSIGLIERE LATTANZIO
Grazie, Presidente. Signore e signori colleghi, inizio con il ringraziare i sottoscrittori della richiesta di
convocazione dell'odierna seduta del Consiglio regionale per aver determinato con la congiunta azione,
secondo Statuto e Regolamento interno del Consiglio, la fissazione del dibattito su cui si controverte.
Un dibattito importante, che non ha come fulcro la conservazione dei privilegi di qualcuno, ma la tutela
dei diritti collettivi entrati nella sfera giuridica attraverso persuasivi percorsi storico-culturali, poi
condivisi e fissati con legge costituzionale nel 1963. Le proposte di legge - cito quella presentata dai
Deputati del PD Roberto Morassut e Raffaele Ranucci, ma ve ne sono altre di matrice politica differente
che ridisegnano lo 'Stivale' dividendolo in dodici aree, alcune, frutto di una semplice addizione per masse
territoriali lasciate integre, ed altre assemblate per Province di Regioni diverse - non possono trovarci
inerti o impreparati. L'ipotesi di spaccare i territori come una 'noce', ed è il caso del Molise, per strapparvi
all'interno presidi, Province, uffici giudiziari, funzioni, competenze, economia, interessi e diritti, non può
lasciarci indifferenti. La Regione è un Ente territoriale, al pari dello Stato e delle Province, Comuni e città
metropolitane, nella pregnante peculiare accezione per cui il territorio non costituisce unicamente un
ambito spaziale al cui interno l'Ente esercita le competenze che gli sono proprie, bensì un centro di
riferimento e di interessi generali e di un'economia, che hanno nel territorio stesso il luogo e la fonte della
loro emersione. Il collegamento tra territori ed interessi è talmente stretto, inscindibile, da connotare lo
stesso ordinamento cui si riferisce. Se è pur vero che gli interessi regionali diversificati sono stati trattati,
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da tempo assai lungo, con leggi di eguale tenore, applicate in modo irragionevole in violazione del
principio di cui prima, ciò non deve condurre qualcuno nell'errore di tranciare in due il nostro Molise.
La questione dell'accorpamento delle Regioni è in vigore grazie al DDL al vaglio della Commissione
Lanzetta, presieduta dal Ministro degli Affari regionali. Il procedimento particolare, previsto dall'articolo
132 della Costituzione, che fissa il riordino delle Regioni con legge costituzionale e con modifica
dell'articolo 131 della Costituzione, nel quale sono elencate le Regioni attualmente esistenti, può
chiaramente essere affrontato con la logica, naturalmente, della ponderatezza e della tutela dei diritti
acquisiti in ogni porzione geografica d'Italia. Fanno da stimolo alla semplificazione del sistema italiano le
riforme europee in atto, che vedono la Francia del socialista François Hollande ridurre le Régions da 22 a
14, con conseguente esemplificazione delle funzioni dei 100 Dipartimenti, e la Germania federale, che si
muove in modo analogo per ridurre il 16 potentissimi Länder. Le Regioni costituiscono una creazione
dell'Assemblea Costituente eletta il 2 giugno del 46. L'idea regionale era tuttavia assai risalente.
Già all'indomani dell'unificazione del Regno, erano stati messi a punto taluni progetti volti a concretarla
ad opera del Farini, prima, e del Minghetti, poi, allo scopo di fare però delle Regioni non già degli Enti
propriamente autonomi, bensì delle circoscrizioni di decentramento burocratico.
In realtà, il precedente che più direttamente può farsi accostare al disegno che prese poi corpo in seno alla
Costituente, si deve a Luigi Sturzo, che pose, appunto, l'idea regionale al centro del programma politico
del Partito Popolare da lui fondato nel 1919. Naturalmente, le vicende che portarono all'affermazione del
regime fascista, e che ne accompagnarono poi gli sviluppi, non erano in alcun modo propizie al
riconoscimento delle autonomie territoriali, sicché si dovette attendere la caduta del regime per il via della
sperimentazione regionale nel nostro Paese. Il primo atto significativo, come ricorderemo, in tal senso, fu
il decreto legge del 18 marzo 1944 numero 91, che istituì un Alto Commissario per la Sicilia, a cui si
affiancò poco dopo una Consulta regionale. Insieme alla Commissione dei 75, creata con il compito di
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elaborare il progetto di Costituzione, e specificamente al suo interno, insieme al Comitato dei 10,
presieduto dall'onorevole Ambrosini, prese corpo, con l'appoggio della Maggioranza, l'idea di dar vita alle
Regioni quali Enti intermedi tra lo Stato ed i Comuni. Idea presentata all'assemblea come l'innovazione
più profonda introdotta dalla Costituente.
Furono previsti, come ricorderemo, due tipi di Regioni: quelle a statuto speciale e quelle a statuto
ordinario.
Per le Regioni speciali erano previste apposite leggi costituzionali che ne definissero l'autonomia, in
termini più ampi delle altre, specie in riferimento alle funzioni legislative e all'autonomia finanziaria; per
le Regioni ordinarie, 15, direttamente individuate dalla Costituente attraverso un elenco contenuto
nell'articolo 131, le condizioni di autonomia erano definite dal Titolo V, della parte seconda.
La disciplina che conteneva era alquanto deludente, rispetto alla solenne affermazione dell'articolo 5, che
qualificava l'autonomia e il decentramento quali principi fondamentali e immodificabili.
Sull'idea regionale della Costituente si registrò un fitto dibattito, osteggiato a vista con non celata
diffidenza sia da Destra che da Sinistra. Fu difesa soprattutto dai cattolici, ed in particolare da Sturzo, pur
non essendo componente della Costituente.
La Carta costituzionale scandiva le tappe per la realizzazione dell'ordinamento regionale: un anno
dall'entrata in vigore della Costituzione per l'elezione dei Consigli regionali, e tre anni per l'adeguamento
delle leggi dello Stato e le esigenze delle autonomie locali alla competenza legislativa attribuita alle
Regioni.
Nel corso della II Legislatura repubblicana il dibattito, come ricorderemo, si infittì e si dovette tuttavia
attendere l'avvento del Centro Sinistra perché si cominciasse a passare dalle idee ai fatti. Con legge
costituzionale numero 3 del '63 il Molise fu costituito in Regione autonoma separato dagli Abruzzi.
Nel '70 si tennero le prime elezioni regionali. I relativi Statuti furono tutti approvati nel '71.
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In tempi a noi più vicini, anche sulla spinta del movimento leghista, e per farvi fronte e frenare talune
iniziative di stampo secessionista, sono stati messi a punto taluni progetti e fatti alcuni passi lungo la via
della realizzazione di un nuovo regionalismo.
Nel marzo del 2001 si giunge all'approvazione della riforma del Titolo V della parte seconda della
Costituzione.
Va anche segnalato un disegno di maxi riforma licenziato sul finire della XIV Legislatura, e volto a
ridefinire l'intera seconda parte della Costituzione, che è stato tuttavia bocciato da un referendum
costituzionale svoltosi a fine giugno nel 2006.
Vicenda, questa, che testimonia della tendenza, colleghi, particolarmente marcata negli ultimi anni a
sottoporre la lavagna costituzionale a continue cancellature e riscritture.
Il rischio davvero esiziale per la tenuta dell'ordinamento costituzionale, è allora che prenda sempre più
corpo la tendenza a fare un uso congiunturale degli strumenti di formazione costituzionale, secondo
occasionali convenienze di questa o di quella parte politica, ciascuna di esse per il solo fatto di godere dei
favori della maggioranza degli elettori, ritenendosi abilitata a riscrivere, a propria immagine e
somiglianza, la carta, senza avvedersi di una Costituzione di parte, non importa ovviamente di quale parte,
è per definizione una non Costituzione.
In ordine alla soppressione della Corte di Appello di Campobasso, ma direi meglio del Molise, con
conseguente trasferimento degli Uffici in qualunque altra sede giudiziaria, mi preme evidenziare quanto
segue, colleghi.
Fatto salvo e recepito, come tra l'altro inserito e fissato nell'ordine del giorno sottoscritto da tutti i colleghi,
e ringrazio i colleghi sia di Maggioranza che delle Minoranze per avere aderito all'ordine del giorno da me
semplicemente predisposto, ma che naturalmente racchiude le volontà di tutti noi di questa Assemblea;
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fatto salvo e recepito integralmente il documento del 10 ottobre ultimo scorso della sezione locale della
Associazione Nazionale Magistrati, va considerato quanto andrò ora a rappresentare.
Con riferimento alla Corte di Appello con trasferimento eventuale ipotizzato, della Corte di Appello a
Napoli a L'Aquila o a Bari, un teste, colleghi, un CTU, un avvocato o chiunque interessato da controversia
giudiziaria, civile o penale, per non parlare anche di tutti gli altri procedimenti di competenza di una Corte
d'Appello, e sono tanti, sarebbe costretto a percorrere dai 350 chilometri a quasi 600 chilometri, magari
per un'udienza breve della durata ipotizzabile anche di 10 minuti.
Mi chiedo: è lecito, corretto, solo immaginare che i cittadini possano vivere questa circostanza?
Si pensi al grandissimo disagio di una persona anziana, di una famiglia con minori e di tanti altri in
difficoltà.
Il tutto poi grandemente aggravato dalla notoria difficoltà dei trasporti e del clima inclemente del Molise.
Per una udienza fissata alle ore 09:00 di rito sarà praticamente impossibile raggiungere le sedi prima
indicate con mezzi pubblici partendo, sia pure ad ora ante lucana, lo stesso giorno.
Sarà difficile farlo anche con i mezzi propri. Ci si dovrà avviare addirittura il giorno prima con
conseguente pernottamento.
In sostanza un ritorno ai primi del '900, a un secolo fa.
Circa 24 ore spese per un adempimento, come ipotizzato, brevissimo. E quanto ciò influirà
sull'organizzazione delle famiglie, sulla gestione degli studi professionali, sull'economia generale del
Molise?
Ipotesi chiaramente inaccettabile, inutile, aggiungerei.
Sul completo disfacimento inoltre di un intero tessuto economico e professionale e sulle negative ricadute
in termini di minore sicurezza collettiva, è quasi superfluo discettare. Si pensi, in un territorio che
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andrebbe dall'Abruzzo a Bari, oltre 400 chilometri in un senso, e dall'Adriatico a Napoli nell'altro, quasi
250 chilometri. Ci sarebbe una sola Procura generale.
E probabilmente sulla costa addirittura una sola Procura della Repubblica sino a Foggia, stante la
soppressione quasi inevitabile del Tribunale di Larino.
E con le citate problematiche di spostamento, vogliamo parlare dell'assenza in Molise di una strada a
quattro corsie? O delle fatiscenti condizioni del trasporto ferroviario? Che impone veri e propri viaggi
della speranza, nel senso che vi è la certezza della partenza, ma solo la speranza, appunto, di arrivare a
destinazione.
Non vi pare, colleghi, che questo possa essere inteso come un bel regalo ai violenti, alla criminalità
organizzata? Ed una somma facilitazione a condotte illecite ed illegittime, con pregiudizio per i poveri e
gli indifesi, ed in generale per la giustizia?
No quindi, in forma corale da questa Assemblea alle condizioni di cittadini di serie B dei Molisani, quale
sarebbe sicuramente di chi non ha praticamente un ufficio giudiziario così importante a dignitosa distanza
dalla propria residenza.
Voglio affermare anche un altro dato. Abbiamo discusso in quest'Aula, e continueremo a farlo, a difesa dei
LEA e in ambito sanitario, presidi ospedalieri di primo, secondo livello. Bene, non è forse il caso di
affermare tale principio anche in campo giudiziario, al di là del dato della popolazione?
Probabilmente con un'applicazione rigorosa di principi stringenti, anche la sola sussistenza del Cardarelli
nel Molise non sarebbe giustificata dal numero dei residente. Eppure non si è arrivati a questo.
Si è discusso su quante specialità dovessero essere presenti, ma mai della soppressione.
Si è fissato il limite della popolazione in modo da salvare almeno il nosocomio regionale.
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Eppure cosa impediva in astratto di dire: i Molisani andranno agli ospedali di Foggia, di Benevento, di
Pescara, di Chieti, di Napoli o di Roma? Tutto sommato sono non tanto distanti, ma questo non lo
abbiamo fatto.
Altrettanto dobbiamo fare per la soppressione della Corte d'Appello di Campobasso.
Si correva il rischio, in questo modo, probabilmente di far morire qualcuno, sopprimendo anche il
Cardarelli. È il caso di affermare che con la soppressione della Corte di Appello di Campobasso si corre il
rischio concreto di far morire il Molise.
Soluzioni concrete, quindi, colleghi, che voglio proporre a quest'Aula perché sono importanti i nostri
interventi, ma è importante anche individuare delle possibili soluzioni, delle strade da presentare al
Presidente e alla Giunta regionale e da portare con specifiche istanze al Governo centrale.
Soluzioni concrete. Proporre l'abbassamento del limite minimo di popolazione a 300 mila abitanti.
Lo ha fatto la Basilicata, ottenendo il limite di 600 mila abitanti per ottenere, quindi, il presidio di Corte
d'Appello regionale.
Naturalmente questo per ottenere anche noi la sussistenza della Corte di Appello di Campobasso.
In alternativa almeno pretendere che in Molise rimanga una Sezione della Corte, così come è stato fino al
1986, quando Campobasso era Sezione della Corte di Appello di Napoli.
È inutile dire, da ultimo, che la soppressione della Corte d'Appello non fa risparmiare nulla, in termini
economici, allo Stato. Forse aggrava i costi, perché nessuno potrà andare incontro al licenziamento.
Gli immobili sono quasi tutti di proprietà statale, quindi, non si eviteranno affitti e ci sarà necessità di
maggiori spese per i trasporti, missioni e tanto altro.
Invito quindi, l'Assemblea tutta a condividere l'ordine del giorno e anche a rafforzarlo, integrandolo con
gli ordini del giorno attinenti e afferenti alle altre materie di interesse trattate nella giornata odierna.
Grazie Presidente, grazie ai colleghi per l'ascolto.
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PRESIDENTE
Grazie, Presidente Lattanzio. Mi ha chiesto la parola il Presidente Niro.
CONSIGLIERE NIRO
Grazie, Presidente. Cari colleghi, vorrei partire da quel nostro articolo ancora in vigore (non mi pare che
sia stato ancora toccato) che è l'articolo 131 della nostra Carta Costituzionale, che individua il numero
delle Regioni. E guardate un po', lo individua con il proprio nome della Regione. E, poi, il successivo
articolo 132 che con estrema chiarezza precisa che solo tramite un processo straordinario di rango
costituzionale possa essere mutato tale numero e tale denominazione, richiedendo a tal fine motivazioni
chiare e forti che l'Aula della Camera e del Senato devono pronunciare. Vedete, dai resoconti e dagli atti
preparatori dell'Assemblea Costituente si evince con chiarezza come gli articoli 131 e 132 della
Costituzione sono lungi dall’essere il portato di scelte estemporanee, ma furono il risultato di un
ragionamento profondo, attento, metodico, coerente ed illuminato dei Padri Costituenti che, nel dare vita
alla prima Costituzionale della Repubblica italiana, pensarono ad un regionalismo organicamente
strutturato sui territori, e perfettamente rispondente alle esigenze culturali, strumentali, strutturali,
demografiche ed economiche dei territori di riferimento di ogni singola Regione. Il tutto in una logica di
solidarietà e di sussidiarietà, rispetto agli altri Organi della Repubblica. Vedete colleghi, nell'ordine del
giorno, come ha precisato il collega Federico, fatto proprio dal Governo in votazione del Senato lo scorso
8 ottobre, si impegna l'Esecutivo a presentare una riforma che preveda il ridisegno delle Regioni,
riducendone il numero da venti a dodici. L’ormai noto modello proposto dai Senatori Ranucci e Morassut,
firmatari di una proposta di legge costituente che configura le Regioni italiane, non può che lasciare
perplessi non soltanto noi Molisani, ma anche tutte le altre Regioni che si vedono derubate della propria
autonomia, rispetto a questo ordine del giorno. Credo tuttavia che l'accoglimento di quel documento debba
essere letto, come ho sostenuto anche in qualche comunicato - visto che l'argomento è arrivato nella
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Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative sei, sette mesi fa come sollecitazione - come
provocazione ad aprire un dibattimento. Ritengo che quel documento debba essere letto semplicemente
come un invito - e lo voglio ritenere tale - a far sì che realtà più piccole lavorino insieme per meglio
giungere ad un risultato di efficacia e di efficienza delle funzioni a noi dedicate. Se così non fosse, saremo
in presenza di una insanabile contraddizione con il percorso di riforme fino ad oggi realizzato. Va infatti
tenuto conto che quel provvedimento, che è espressione di volontà politica di un solo ramo del
Parlamento, è stato votato nello stesso momento in cui il medesimo legislatore, agendo in un percorso
molto più impegnativo di riforma costituzionale, stava votando, in terza lettura, la riforma della seconda
parte della Costituzione, nell'ambito della quale l'articolo 30 della nostra Costituzione di riforma, viene
confermato quanto espresso nelle due precedenti letture. Non è scomparso in quell'articolo 30. Laddove si
prevedeva che le Regioni, per il migliore espletamento delle funzioni, possano stringere accordi tra loro,
individuando anche organi comuni per quelle specifiche finalità.
Ma la riforma presentata all'esame del Senato come viene letta non mette mai in discussione la
strutturazione dell'assetto politico, geografico ed istituzionale del nostro territorio nazionale. Incluso,
ovviamente, il numero e la definizione territoriale delle Regioni. Un assetto, come per il nostro Molise,
frutto di lungo, ampio ed approfondito dibattito di notevole elevatura culturale, politica ed istituzionale. È
stato più volte ripetuto: il dibattito che era teso a garantire ad ogni realtà territoriale il diritto - dovere a
scrivere le proprie linee di crescita e di sviluppo. Condizione questa, cari colleghi, che ci ha permesso di
riaffermare la nostra identità culturale, cioè di essere artefici come popolo e territorio di uno sviluppo
economico e sociale, mai prima conosciuto. Un basilare diritto, dunque, che dobbiamo difendere a
qualsiasi costo. Abbiamo da poco celebrato, lo scorso anno, il cinquantesimo anniversario della istituzione
della nostra Regione, che ha ricordato a tutti noi come è solo grazie a quell'autonomia che siamo riusciti
ad affrancarci dallo stato di mera appendice territoriale di altre Regioni. Mi ritornano in mente le parole
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usate dall'onorevole Sedati; il collega Ciocca ha distribuito un discorso pronunciato in quel lontano 17
dicembre del 1963, proprio in occasione della istituzione della nostra Regione. Io lo vorrei leggere, giusto
per ricordare un passaggio; non l'intero discorso, perché richiederebbe molto tempo, ma un passaggio
particolare che va a circoscrivere un percorso che credo dovremmo ancora tenere ben presente. Diceva il
nostro Sedati: "Il riconoscimento del Molise in Regione a sé stante appaga antiche e sentite aspirazioni, ed
è premessa perché si determino le condizioni più favorevoli per il progresso della nostra terra. Sarà
possibile eliminare intralci e remore nell'attività della Pubblica Amministrazione, in particolare di quella
degli Enti locali che fanno capo ad uffici situati nei diversi capoluoghi di provincia della Regione finitime
con inconvenienti gravissimi nei rapporti fra Stato, gli Enti ed i cittadini. L'istituzione a Campobasso degli
Uffici regionali renderà più agevole l'esame e la risoluzione dei problemi. Con la localizzazione nel
Molise dei centri di decisioni, i nostri problemi non saranno posposti o subordinati a quelli di altre
Regioni, ma semplicemente coordinati con la programmazione nazionale che impegnerà Parlamento e
Governo nel prossimo quinquennio. Potrà essere realizzato più agevolmente un migliore assetto
amministrativo, che tenga conto delle esigenze delle popolazioni di vaste zone decentrate, rispetto al
capoluogo. Non si può, infatti, dimenticare che la natura montuosa di gran parte del territorio rende valide
le istanze di decentramento amministrativo. Grazie al nuovo assetto regionale, si potrà accelerare
l'attuazione delle iniziative assunte, ed adottarne altre ritenute necessarie per un più rapido sviluppo
economico e sociale". Ecco, senza questo riconoscimento, colleghi, questo dell'autonomia, l'attribuzione
delle risorse economiche non sarebbe mai avvenuta in maniera separata e proporzionale. Ma esse
sarebbero state calamitate, come era sempre stato, dai territori più forti dell'area politico geografica in cui
il Molise era all'epoca collocato. Né si sarebbe potuto immaginare di avere uffici e servizi statali nella
Regione, l'apparato giudiziario e quello amministrativo e, addirittura, l'Università.
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Non va tralasciata la nascita dei Nuclei industriali, che hanno rappresentato la base per lo sviluppo tanto
della zona costiera, con la nascita dello stabilimento FIAT, così come di tante altre aziende della zona
matesina, con le aziende nel Nucleo industriale di Campochiaro, il territorio venafrano, le tante aziende
nel territorio di Pozzilli.
Sono tutte conquiste soprattutto all'impegno dovuto dalla classe politica espressa dal nostro Molise nel
secondo dopoguerra. Una classe politica che ha creduto nelle capacità di territorio e ha saputo guardare il
futuro in modo strategico.
Ritengo che le ragioni che portarono all'autonomia regionale del Molise in quel momento storico siano
ancora oggi pienamente vive. Anzi, in considerazione delle dinamiche sociali e dei processi economico
finanziari in corso, le sento ancora più forti.
Eppure, in nome di superiori e spesso fantomatiche esigenze di razionalizzazione e di riduzione della
spesa pubblica, vengono disposte soppressioni, fusioni, trasformazioni, razionalizzazioni di Enti pubblici,
Organismi e Strutture pubbliche periferiche, riduzione degli Uffici dirigenziali, la riduzione degli organici
delle Amministrazioni.
Prima fra tutte la riforma delle Province, per la quale la rilevazione fatta non da ultimo dalla Corte dei
Conti sulla quantificazione dei risparmi, evidenzia come questi siano insignificanti.
Mentre sono certi i costi di un simile stravolgimento. Si riprodurrebbe sostanzialmente, e con costi ancora
superiori, quanto già avvenuto, anzi, quanto stiamo ancora vivendo per la soppressione delle Comunità
montane. Ancora oggi, una storia che non è chiusa per gli innumerevoli costi di questa presunta e voluta
soppressione delle Comunità montane.
Quanto sia vero che l'eliminazione di alcune Regioni sia strettamente connesso, invece, all'indebolimento
dell'intero sistema istituzionale e politico amministrativo che lo governa, mi pare di capire che sia palese.
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E' palese nella strategia già posta in essere dal Governo attraverso l'eliminazione di presidi fondamentali
per il controllo e la gestione territoriale, che infligge una ferita al nostro sistema; al sistema creato nella
Regione Molise nel suo complesso, generando a mio avviso una forte discriminazione territoriale e sociale
a carico dei Molisani.
Lo citava bene la collega Lattanzio, nel fare un riassunto di quelle che sono state le soppressioni e quanto
invece si stia facendo.
Penso alla questione relativa alla paventata soppressione della Prefettura di Isernia e delle conseguenze ad
essa connesse.
Penso ancora alla questione, come già citato, dell'accorpamento della Corte d'Appello di Campobasso,
magari con quella di Benevento, di Pescara, forse si spostano a Foggia, che costituisce una indubbia
accelerazione verso l'eliminazione dell'autonomia della nostra Regione Molise.
E allora ritorno a quell’articolo 131 che ho citato all'inizio, dove ci sono venti nomi, venti nomi di
Regione. Ogni Regione deve avere la propria dignità, la dignità di vedersi non estirpati quelli che sono gli
Organismi indispensabili per la vita di una Regione e per il prosieguo della sua attività.
Non è pensabile, non possiamo permettere che una Regione per numero o per dimensione territoriale forse
diversa, non l'ultima delle altre Regioni, non possa avere la fermata della Frecciarossa perché ci devono
soltanto attraversare e noi dobbiamo prestare il fianco, ci devono vedere...
(Intervento fuori microfono)
CONSIGLIERE NIRO
Viva Dio! Quindi, oggi apprendiamo anche quest'altro buon atto di aver capito che stavano facendo una...
forse avevano dimenticato che esiste anche la stazione di Termoli.
E forse avevano dimenticato che il popolo molisano comunque si reca anch'esso al voto.
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E allora, facevo riferimento alla Frecciarossa, ma parlavo anche della Sanità, sui LEA al Cardarelli, della
chiusura della sede della Banca d'Italia a Isernia, della soppressione delle Province che ormai è imminente.
Allora credo che noi su questo dobbiamo fare leva, e sono convinto che lo faremo tutti insieme con grande
entusiasmo. E lo faremo anche con altri colleghi. Dobbiamo opporci con ogni mezzo, cari colleghi, a
queste misure che colpiscono e mortificano il nostro popolo in maniera indiscriminata.
E' nostro preciso dovere di Amministratori di questa Regione porre in essere ogni azione di contrasto ad
interventi che, sotto le mentite spoglie di provvedimenti di razionalizzazione cercano, invece,
surrettiziamente, di toglierci quei baluardi di autonomia faticosamente conquistati in tanti anni.
Mi chiedo quale sia, e soprattutto se c'è una logica dietro alcune proposte che sembrano realmente
incomprensibili, anche perché mai accompagnate da studi e da serie riflessioni, come hanno fatto i Padri
costituenti, e così come la complessità dell'argomento richiederebbe. Ma invece vi sono solo scarni e
molto spesso poco significativi dati numerici.
Vedete, l'«oscar» delle proposte incomprensibili io lo darei proprio alla proposta di legge costituzionale,
che è sostanziale motivo anche di questo nostro confronto oggi.
E qui va un ringraziamento a quanti hanno riportato in quest'Aula un argomento più attuale che mai; anzi,
più argomenti, sia quello sulle Regioni, sia quello sulla paventata soppressione della Prefettura di Isernia e
sia la discussione sulla Corte d'Appello.
Qual è la logica? Qual è la strutturazione culturale, sociale, storica e geografica di questa proposta, che di
fatto sembra proprio l'avvio, ripeto surrettizio, di un celato neocentralismo?
Cosa significa? Quali sono gli elementi? Certo è che nel modello di regionalismo che ci hanno lasciato i
Padri costituenti le Regioni tutte hanno un ruolo di estrema importanza, essendo lo snodo istituzionale
rispetto all'assetto dei rapporti tra lo Stato e il sistema delle Autonomie locali.
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L'aspirazione regionalistica non ha trovato piena realizzazione probabilmente in tutte le sue vesti, per una
serie di concause che hanno radicalizzato gli elementi di criticità che c'erano.
La riforma costituzionale che sta seguendo l'iter parlamentare, a mio avviso, rappresenta un’occasione per
recuperare l'autenticità di quel modello costituzionale. Invece sono prevalsi evidenti elementi accentratori,
che trovano esplicazione in una serie di proposte più o meno articolate, ma mai frutto del complesso e
raffinato approfondimento storico, culturale, sociale ed economico che immaginò e disegnò la
Strutturazione politica e istituzionale dello Stato italiano.
Concludo, colleghi. Concludo ponendomi con convinzione tra coloro che sostengono la necessità di
attivare leggi e sistemi che consentano e sollecitino l'associazionismo tra Regioni, anche con la possibilità
di poter scrivere e costituire Organismi di Governo comuni, interregionali. Ma sono e sarò altrettanto
schierato, con grandissima convinzione, come ho già fatto nel passato, con tutti i colleghi di questa e delle
altre Regioni d'Italia che sosterranno e si batteranno - e ci batteremo - per la difesa delle autonomie
regionali.
Il regionalismo va difeso a tutti i costi. Non è pensabile rinunciare per un semplice spirito ragionieristico
fatto dietro una scrivania.
Noi abbiamo il dovere di difendere il nostro regionalismo. Magari di correggerlo, ma lo faremo tutti
insieme, non segnando il passo a delle azioni demagogiche che nulla hanno a che vedere con la difesa
delle identità dei popoli che hanno fatto la nostra nazione.
È con quello stesso spirito che vado a difendere ciò, come mi sono permesso di fare, in maniera silenziosa,
con la dirigenza del Servizio legislativo al Ministero degli Interni, con il Capo dell'Ufficio legislativo, per
cercare di capire la logica di quella proposta di decreto legge per la soppressione della Prefettura.
Non è pensabile che dobbiamo rimanere inermi, senza reagire e, soprattutto, senza valutare l'impatto che
provocherebbe non solo la chiusura della Prefettura d'Isernia senza nessun risparmio di costo, ma la
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perdita - la perdita - della sede della Corte d'Appello nella nostra Regione. E' una sciagura per la nostra
Regione. Vanno via le Direzioni generali, va via il Comando generale dei Carabinieri e di tutte le forze
dell'ordine.
Non ce lo possiamo permettere e non lo dobbiamo consentire. Grazie.
PRESIDENTE
Grazie, Presidente Niro.
Mi chiedeva la parola il Presidente Iorio, a seguire il Consigliere Di Nunzio e, se non ci sono altri
interventi, anche il Consigliere Veneziale. Poi chiuderà il Governo regionale. Grazie.
La parola al Presidente Iorio.
CONSIGLIERE IORIO
Grazie, Presidente. Non ripeterò gli argomenti già utilizzati per rappresentare l’importanza di questo
dibattito, soprattutto in riferimento allo svolgimento della storia del nostro paese e del ruolo che la
Regione Molise ha avuto all'interno della recente storia democratica. Anche perché sono perfettamente in
linea con tutti gli interventi che mi hanno preceduto. E riaffermo la mia personale idea che il Molise non si
può consentire distrazioni rispetto a questo problema.
Così come ritengo che il Molise debba riaffermare il suo diritto ad essere una Regione autonoma; diritto
previsto, appunto, dalla nostra Carta Costituzionale.
Vorrei aggiungere, ma mi sembra che sia stato detto nei discorsi che ho ascoltato, che questo diritto era già
contenuto nella prima Costituzione del nostro paese, all'interno delle clausole di salvaguardia che
prevedevano, per il Molise, una fase di possibilità di realizzazione dell'autonomia.
Proprio all'interno di questo percorso, poi, i legislatori dell'epoca, a cui bisogna riconoscere il merito, la
capacità e anche l'autorevolezza - si è parlato dell'onorevole Sedati, dell'onorevole La Penna, dei vari
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deputati dell'epoca, Sammartino, Vecchiarelli e di tutti quelli che ci hanno in qualche modo rappresentati -
sono riusciti, con un impegno eccezionale, ad ottenere un risultato straordinario per questa terra.
Quando sento alcune affermazioni sull’importanza dell'autonomia, soprattutto in un clima così difficile per
la politica vera, quella che decide le sorti dei popoli, di un territorio, quella che determina le scelte che poi
risultano vincenti, per vincere anche la battaglia del progresso, dell'emancipazione, cosa che il Molise ha
avuto, mi avvilisco. Mi avvilisco perché questo dibattito si riempie di contenuti strani che tendono a
minimizzare quest'aspetto. E dobbiamo dire che l'opinione pubblica, da questo punto di vista, non è molto
attenta a questi dibattiti, e neanche al significato di questo nostro risultato, cioè quello di essere noi
interlocutori, al pari di altre Regioni, per lo sviluppo del nostro territorio.
La Regione Molise, dalla sua autonomia in poi, ha fatto un salto in avanti enorme. Da territorio di risulta o
comunque marginale, rispetto alla Regione Abruzzo, ha avuto la possibilità, potendo contrattare con il
Governo nazionale le ipotesi di sviluppo e di programmarle autonomamente, di fare passi straordinari fino
all'uscita di qualche anno fa dal cosiddetto Obiettivo 1 dell'Europa, assegnato alle Regioni più indietro,
meno sviluppate.
Quindi, abbiamo avuto un notevole guadagno in termini di progresso, di occupazione, di sviluppo
industriale, facendo passi da gigante in un momento in cui forse era ancora più difficile riuscirci.
Eppure il Molise ci è riuscito, non solo grazie a una politica avveduta, ma grazie anche al fatto che siamo
stati nelle condizioni di poter determinare da soli il nostro futuro.
Assisto in questo periodo, però, in maniera piuttosto vorticosa e quasi insensata, ad alcune affermazioni
che prendono spunto anche dal dibattito sollecitato dall'ordine del giorno. Dibattito secondo me
inavvertitamente creato proprio dal Governo nazionale, che è stato successivamente smentito da altri
autorevoli rappresentanti. Sento dire spesso, anche da parte di importanti rappresentanti delle Istituzioni,
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che tutto sommato il Molise debba ritornare nell'Abruzzo, che debba guardare al reinserimento nella casa
madre, perché sarebbe per il Molise un'occasione positiva.
Sento ragionamenti che esaltano oppure si entusiasmano sulla possibilità che si possa discutere in questo
Paese di macroregioni.
Sento molta confusione tra le ipotesi che si fanno di ragionamenti che portano alla condivisione di
processi di programmazione e di scelte, persino di governo, fatte insieme alle altre Regioni. Peraltro già
previsti dall'attuale Costituzione, dal 117, e rafforzati anche dall'ultima riforma costituzionale. Con la
famosa clausola, naturalmente, che ormai è di moda nel nostro Paese, che riserva questa possibilità di
collaborazione, di autonomia ulteriore alle Regioni più forti, alle Regioni cosiddette virtuose.
Da molti anni, e non solo di recente, Presidente, si è svolto un dibattito a livello nazionale, cancellando
alcune parole. Le parole sono: l'autonomia delle Regioni e lo sviluppo del Mezzogiorno. Sono parole che
danno fastidio ad una politica nazionale che si va facendo sempre più politica degli spot, politica dei
ragionamenti superficiali, politica che porta a discriminare qualsiasi impedimento alle decisioni di chi
manovra o di chi governa lo Stato. E ciò non riguarda solo l'ultimo Governo, ma tanti altri Governi; credo
che questa carenza di approfondimento su questo tema non ci porterà molto lontano e non ci consentirà di
essere tranquilli sulla salvaguardia dei risultati che noi abbiamo raggiunto.
Credo anzi, e non sono eccessivamente pessimista, che questo dibattito, se inserito nella logica, per essere
sintetico, della spending review, sarà un dibattito perdente. Sarà un dibattito non compreso dall'opinione
pubblica che non capirà chi oggi va affermando che questo Stato costa troppo, che bisogna ridurre le
Regioni, che non esiste la possibilità di tenere ancora in piedi una Regione come il Molise.
Guarda caso si fa riferimento sempre al Molise, guardandosi bene dal nominare Valle d'Aosta, Friuli
Venezia Giulia o altro. Ritengo che questa questione stia prendendo piede fino al punto che l'idea che
qualcuno lancia sulla possibilità di iniziare un ragionamento per istituire le macroregioni nel nostro Paese,
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se sposata anche dal Molise, significherà l'accorpamento del Molise all'Abruzzo, punto, perché tutto il
resto mi sembra così aleatorio, insensato e impossibile da realizzarsi che, alla fine, rischiamo di rimetterci
noi. Ecco, su questo concetto vorrei incentrare il mio ragionamento e anche la mia posizione politica
come, peraltro, è stata affermata anche da interventi precedenti. Mi riferisco anche all'intervento di Ciocca,
molto appassionato, che ha detto 'senza se e senza ma' che noi non possiamo partecipare, non possiamo,
perché ce lo impedisce il fatto di essere stati eletti per governare questa Regione, in Maggioranza o
all'Opposizione, all'idea delle macroregioni. Perché l'idea stessa delle macroregioni nel nostro Paese
significa, comunque, perdita dell'autonomia del Molise, perché da lì si parte, non si sa dove si arriva, ma
da lì si parte e noi non possiamo assolutamente fare in modo che questo diventi anche un nostro problema,
nel senso che diventi possibile per noi sposare l'idea che qualcuno studi questa idea un po' meglio di
Morassut . Comunque, si arriverebbe, poi, alla stessa determinazione, perché vedete, andarci tutti insieme
o andarci separati, alla fine è la stessa cosa, in una macroregione. Alla fine si tratterà di un'altra cosa, non
esistendo più il Molise. E credo che questo ragionamento si stia facendo strada in molti dibattiti che
avvengono anche nel nostro Molise e che non vengono adeguatamente contrastati con delle risposte
precise che, invece, io ho ascoltato con molto piacere questa sera nel dibattito che è stato svolto dal
Consiglio regionale. Per cui riaffermo, senza citarne tutti i passaggi, che noi abbiamo il dovere di
difendere la nostra autonomia, il dovere di difendere la nostra Regione; unica condizione per potere
agganciare un possibile sviluppo futuro. E vorrei anche invitare la Giunta regionale a riprendere questo
argomento con chiarezza e senza infingimenti anche nell'occasione che questa Regione ha previsto: la
festa della Regione, in fondo, nata perché si potesse approfondire, anno dopo anno, una questione legata ai
valori della nostra storia, della nostra identità e della nostra autonomia. Abbiamo fatto tante pubblicazioni
in quel periodo e credo che quella 'giornata' debba appartenere ai Molisani sempre di più, soprattutto per le
notevolissime difficoltà che ci sono nel momento per le questioni ordinarie di tutti i giorni e per le
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problematiche difficilissime che sta attraversando anche la nostra Regione in termini di occupazione e di
sviluppo, che credo portino i cittadini a distrarsi rispetto a questo problema che, invece, è nostro compito
portare avanti con forza e, soprattutto, con chiarezza. La questione del bacino di utenza, che aveva
sollevato nell'intervento la Presidente Lattanzio, fa il pari con l'idea del diritto costituzionale ad esserci.
Non è possibile che costituzionalmente siamo autonomi e nelle politiche dei servizi, a livello nazionale,
non lo siamo più. Siamo, invece, non autonomi per decidere la nostra Sanità, per alcune questioni legate
soprattutto all’emergenza; non saremmo autonomi per quanto attiene la giustizia; poi, magari, non saremo
più autonomi per quanto attiene l'organizzazione scolastica e poi le forze dell'ordine e poi quanto altro.
Alla fine, obiettivamente, non resterà più nulla, e questa politica ci porta davvero ad una
marginalizzazione che renderà sempre più difficile difendere le nostre ragioni. È per questo che credo che
bisogna riprendere questi argomenti, e farlo all'interno delle iniziative che facciamo quotidianamente,
anche di confronto con il Governo nazionale e con le forze politiche rappresentate in Consiglio regionale.
A me sembra di avere capito che i discorsi fatti oggi, tutto sommato, ci vedono tutti uniti.
E se sappiamo utilizzare questa unità di intenti nei confronti della difesa dei nostri valori, della nostra
storia e della nostra autonomia, forse qualcosa riusciremo a fare per impedire che, a livello nazionale,
accada l'irreparabile. Però abbiamo bisogno che di questo si parli, e soprattutto che si operi, poi, in
direzione degli stessi obiettivi. Nello stesso momento, però, voglio rappresentare l'esigenza, altrettanto
rilevante nella nostra Regione, che è quella della difesa dell'attacco e della marginalizzazione che sta
ricevendo una parte della nostra Regione in termini istituzionali, che è la Provincia di Isernia. Sappiamo
che le Province sono state ormai abolite. Se passerà il referendum - io mi auguro di no, ma sono certo che
sarà approvato - non avremo più l'Ente Provincia e la Regione Molise si troverà nella difficoltà di avere
delle articolazioni istituzionali che comunque garantiscano la permanenza di determinati servizi in alcuni
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territori. Siamo alla vigilia della riforma istituzionale. Ci sono delle leggi già presenti in Consiglio, altre
sono in arrivo, che riguardano la trasformazione istituzionale della Regione.
Credo che la Regione Molise e il Governo regionale, soprattutto (per questo avevo chiesto la presenza del
Presidente, che è comunque autorevolmente sostituto dalla Giunta presente, dal Vicepresidente) debba
avere, consequenzialmente, gli stessi approcci che richiede al Governo nazionale nei confronti delle aree
più interne della nostra Regione. Non solo quelle della Provincia di Isernia, ma proprio una politica delle
aree interne che sia più efficace ai fini del mantenimento di alcune istituzioni, che poi si traducono in
servizi a disposizione di tutti i cittadini. Bene, ritengo che su queste due disposizioni di legge, cioè il
riordino delle funzioni dei Comuni e il riordino delle deleghe alle Province, si giochi molta parte del
nostro futuro e direi pure della nostra coerenza politica per la corrispondenza che deve esserci tra le
affermazioni di principio e, poi, i fatti che, invece, qualche volta, non sono direttamente conseguenti. Per
cui, spero anche che questo dibattito ci consenta di approfondire questi temi in Consiglio regionale e ci
consenta anche di anticipare alcuni temi che riguardano, appunto, la sostituzione delle Province con gli
Enti di area vasta.
La politica nazionale, in questo periodo impegnata sicuramente in problematiche che sono molto diverse,
non affronta questi discorsi con la dovuta attenzione, anche perché le emergenze sono tante. Credo che stia
andando in direzione inversa a quello che noi ci proponiamo di sostenere, e questa è una grande
preoccupazione. Il Governo nazionale sta facendo una politica di Bilancio che ha costretto le Regioni ad
arrivare al pareggio di Bilancio quest'anno, mentre chiede per lo Stato nazionale il rinvio del pareggio di
Bilancio all'anno futuro e, forse, anche a qualche altro anno.
La politica nazionale ci ha in qualche modo detto, con un atto deliberativo, legislativo, che i debiti dello
Stato nei confronti delle Regioni, che ammontavano a 50 miliardi di euro - 50 miliardi di euro - presenti
nei Bilanci delle Regioni come residui attivi, sono stati ridotti a 10 miliardi; cioè sono stati cancellati 40
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miliardi dei 50 miliardi che erano iscritti nei Bilanci delle Regioni come somme da riscuotere da parte
dello Stato. Per questo si è chiesto alle Regioni di fare una revisione straordinaria dei residui attivi e noi ci
troveremo a discutere, tra non molto, di un programma trentennale di accantonamento di fondi che
sostanzialmente sterilizzerà, io credo, il nostro Bilancio, cioè la possibilità di svolgere politiche di
sviluppo con i fondi propri, quelli assegnati dalla Regione.
Questo è un primo segnale che è stato colto anche dalle altre Regioni a livello nazionale e che poi ha
portato il Presidente Chiamparino a dimettersi da Presidente della Conferenza delle Regioni anche per
motivazioni collaterali a questo aspetto, ma comunque la dice lunga su una impostazione politica che si
sta facendo a danno dei territori più periferici.
Si eliminano le Province e si introducono le città metropolitane, che sono nate in tre o quattro rispetto
all'originario progetto delle città metropolitane, poi si sono moltiplicate e adesso non so qual è il numero
finale, ma comunque sono numerosissime e hanno assunto altri ruoli e altre competenze e, quindi,
riceveranno altri finanziamenti.
Questo a danno di chi? A danno di molti territori periferici come quello del Molise, che non ha città
metropolitane, anzi ha paesi piccolissimi, e che deve seguire una politica del tutto diversa da quella delle
grandi Regioni o delle grandi aree metropolitane del Paese.
Per cui, assistiamo ad un depauperamento sempre più evidente dei finanziamenti dedicati allo sviluppo
delle piccole realtà nel nostro Paese, a favore delle grandi realtà, cioè a favore di quei territori che sono
più fortunati, tanto che si parla all'interno del fondo sanitario nazionale, dell'istituzione di un fondino
speciale per le Regioni virtuose.
Le Regioni virtuose, manco a farlo apposta, sono le grandi Regioni del nord, con esclusione forse solo del
Piemonte.
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E quindi, siamo arrivati all'assurdo: noi abituati ad assistere ad una politica che sosteneva le Regioni in
difficoltà fino ad avere i fondi di solidarietà per il Mezzogiorno, adesso paghiamo il fondo speciale per il
sostegno delle Regioni più forti in un servizio essenziale come quello della Sanità.
Ma se questo discorso lo si ripete sull'utilizzo dei fondi ordinari dello Stato, ci accorgeremo che questi
arrivano al Mezzogiorno in percentuali ridottissime e sono sostituite, ma non riescono ad essere pareggiati,
dai fondi straordinari per il Mezzogiorno, vedi i FAS e vedi alcuni fondi europei, soprattutto per le
Regioni dell'Obiettivo 1.
Sono tutte queste considerazioni che ci danno chiara l'idea di dove si sta andando e di dove vuole arrivare
la politica di questo momento.
Io credo che il Molise abbia bisogno di altro. Abbia bisogno di riscoprire invece i suoi valori, le sue
capacità, i suoi diritti e deve imparare a difenderli fino in fondo, perché questo e non altro è il nostro
ruolo. Guai ad assecondare i progetti di altri.
Aperti ad ogni tipo di collaborazione, ma dobbiamo essere sempre pronti a difendere le nostre ragioni in
ogni sede, senza se e senza ma, perché questa è l'unica strada che abbiamo per impedire l'irreparabile. E
per me l'irreparabile è che arrivi un momento in cui qualcuno si svegli la mattina e, tra uno slogan e l'altro,
dica che non è più ora delle piccole Regioni, magari con il plauso di tanti cittadini con la possibilità di
avere un consenso straordinario a livello nazionale, ma con un effetto dirompente sulle realtà più piccole
del paese, che sono sempre state comunque l'ossatura del Paese stesso.
Noi abbiamo - e chiudo subito - una realtà del tutto particolare: non siamo Regione speciale perché non
siamo nati nel momento delle Regioni speciali, ma vorrei dire che non siamo solo una piccola Regione,
noi siamo una piccolissima Regione. Abbiamo la metà degli abitanti della Basilicata, ma abbiamo più
Comuni della Basilicata. La Basilicata ha 120 Comuni, noi ne abbiamo qualcuno in più, pur avendo la
metà degli abitanti.
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Quindi, siamo davvero una Regione peculiare, sotto questo aspetto, che ha bisogno di un'attenzione
particolare e credo che non si debba scandalizzare nessuno quando chiediamo comprensione anche per
l'organizzazione dei nostri servizi.
Vedete Presidente, è un discorso che faccio tra me e me. Sicuramente non è fondato su idee molto alla
moda, però una ragione ci deve essere perché tutto si svolge in altre parti del nostro Paese, soprattutto al
nord.
Anche il successo di Expo, che sicuramente ci riempie di orgoglio, è un successo ottenuto anche grazie al
Mezzogiorno d'Italia, grazie anche al contributo di questa parte del Paese.
Le ferrovie, le alte velocità, le autostrade, per l’80 percento attraversano i territori del centro-nord, ma
direi del nord più che del centro-nord. Noi siamo assolutamente periferici.
E tutte quelle infrastrutture sono sostenute dai fondi ordinari dello Stato, c'è poca parte di privato in quella
direzione.
Per cui, credo che o il Mezzogiorno si sveglierà e all'interno di questo risveglio introdurrà anche il tema
della solidarietà rispetto alle nostre condizioni di Regione autonoma, o se no veramente non ce ne sarà più
per nessuno.
Con questo chiudo il mio intervento, e spero che ci sia la condivisione dei documenti presentati a
proposito della Prefettura di Isernia o a proposito della Corte di Appello, all'interno di una idea più
complessiva che difenda strenuamente i valori della nostra autonomia. Grazie.
PRESIDENTE
Grazie, Presidente Iorio. La parola al Presidente Di Nunzio.
CONSIGLIERE DI NUNZIO
Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, gentili colleghe e colleghi, una premessa: fermo
restando che sono d'accordo su quanto è stato detto da chi mi ha preceduto, perché il tema credo che ci
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riguardi da vicino un po' tutti, riguarda appunto tutta la comunità molisana, e quindi non posso che
associarmi su quello che è stato detto, cercherò di essere più breve di quello che era l'intervento previsto,
rinunciando ad alcune affermazioni anche di chi magari ha conquistato l'autonomia regionale impegnato
nei banchi in Parlamento.
Correva l'anno '63 quando la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica si apprestavano a votare
favorevolmente il disegno di legge costituzionale del Senatore Magliano, con cui si sanciva
definitivamente, e dopo un iter difficile e prolungato, la nascita della Regione Molise.
Il 17 dicembre di quell'anno l'onorevole Sedati così si esprimeva intervenendo alla Camera, ed è un passo
che ha letto anche il Presidente Niro, ma che io avevo già predisposto e lo voglio rileggere proprio perché
mi è rimasto impresso già dai primi anni in cui la formazione politica mi ha impegnato.
Questo intervento dell'onorevole Sedati me lo avevano consegnato già dal 1978 e me lo ero custodito
gelosamente perché lo ritenevo un intervento propizio e molto appropriato a quelle che sono le
caratteristiche della nostra Regione e soprattutto per la volontà politica espressa e il risultato raggiunto.
Diceva così: "Il riconoscimento del Molise in Regione a sé stante appaga antiche e sentite aspirazioni ed è
premessa perché si determinino condizioni più favorevoli per il progresso della nostra terra. Sarà
possibile eliminare intralci e remore nell'attività della Pubblica Amministrazione, in particolare di quella
degli Enti locali che fanno capo ad uffici situati nei cinque diversi Capoluoghi di Provincia delle Regioni
limitrofe con inconvenienti gravissimi nei rapporti fra lo Stato, gli Enti e i cittadini".
Ebbene, a 52 anni di distanza - colpevole forse anche qualche disattenzione politica degli ultimi anni,
perché oggi la sentiamo tutti a cuore questa problematica, ma forse 10-15 anni fa non tanto era avvertita,
anche perché, magari, il disegno strategico di rivoluzione voluta dal Governo allora era impensabile - la
semplificazione istituzionale nel rapporto politica-cittadino che quest'ultima apportò ha spinto la classe
dirigente molisana ad appesantire la macchina amministrativa (io aggiungerei anche per ragioni
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clientelari) e a costruire un sistema politico a discapito dello sviluppo e della produttività della nostra
terra, soprattutto negli ultimi vent'anni. È più che giusto, dunque, fare oggi un'attenta autocritica,
soprattutto in quest'Aula, massimo Organo democratico della Regione. Detto questo, però, non possiamo
tacere dinnanzi all'ennesimo tentativo di mettere mano alla nostra autonomia. Non possiamo farlo per
almeno due ragioni: per quello che il Molise è oggi e per ciò che il regionalismo rappresenta in Italia. La
nostra Regione, attanagliata dalla crisi, che non ha risparmiato nessuna parte dell'Italia, ha visto mezzo
secolo di innegabile prosperità da tutti i punti di vista. Sono stati ricordati, negli interventi precedenti, la
costruzione di strade, ponti, edifici, lavori pubblici, occupazione, l'università, il nucleo industriale di
Termoli, l'acqua, l'irrigazione. Tutti settori che non avrebbero potuto conoscere un tale sviluppo se fossero
stati ancora inghiottiti da poteri e capitali delle Regioni limitrofe. E questo benessere - è bene ricordarlo -
non ha giovato soltanto ai cittadini molisani, ma è stato di ausilio allo Stato intero. È in quest'ottica che si
inquadra l'idea di Regione autonoma: un Ente territoriale che possa assolvere più agevolmente ai compiti
dello Stato centrale, consentendo a quest'ultimo di snellire il proprio operato. Lo stesso Alcide De Gasperi
affermava: "La Regione non è contro lo Stato, ma lavora per lo stato come un articolazione di esso".
Poi salto un pezzo, così divento più breve.
In secondo luogo, non possiamo accettare lo scioglimento della nostra Regione per ciò che la nostra
Amministrazione sta mettendo in campo per eliminare una volta per tutte l'idea di un regionalismo
sprecone, clientelare e delle caste. A metà mandato, posso dire con serenità, a nome del Partito
Democratico, che l'azione della Giunta Frattura ha portato all'eliminazione di tanti sprechi, alla
soppressione di innumerevoli privilegi, in un contesto generale di spending review (che pure il Governo ci
ha chiesto e che abbiamo fatto) che purtroppo ci costa anche sacrifici in termini sanitari e in generale di
servizi. Ma oggi il Molise deve dire con forza, a coloro che vogliono mettervi su le mani, che il suo
potenziale e le sue energie, che hanno caratteristiche uniche, non paragonabili alle Regioni nelle quali si
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vorrebbe forzatamente farci entrare. La nostra Regione non ha ottenuto la sua autonomia per un semplice
sentimentalismo identitario, ma per le sue caratteristiche che la differenziano dalle altre Regioni, e la
rendono omogenea per storia, cultura ed economia. Ma difendere l'autonomia del Molise significa anche
difendere le nostre montagne, i nostri fiumi, i nostri mari, la nostra storia, le nostre tradizioni, la nostra
enogastronomia. Quale sarebbe la sorte di questo inestimabile patrimonio nelle mani di Regioni che hanno
tutt'altro a cui pensare? Il Molise ha creato nell'immaginario nazionale l'idea di un'isola felice, tranquilla e
priva di criminalità, quanto meno di quella organizzata. È un'idea che si fonda sulla realtà quotidiana della
nostra Regione, che nei fatti può vantare una pace sociale che altre Regioni non conoscono. Tutto ciò si
traduce, per i cittadini, con il termine “sicurezza”. Siamo sicuri che la provincia di Campobasso annessa a
quella di Foggia, ad esempio, potrà godere della stessa pace sociale che per cinquant'anni l'ha
contraddistinta? E così dicasi per altre province, a cui spesso veniamo associati come parte o territorio per
intero. L'autonomia regionale - dobbiamo dirlo con coraggio e convinzione - non è un tema che oggi va
abbandonato, né va affrontato con paura e timore. Necessita piuttosto di riforme e di aggiornamenti,
questo sì. Penso, a tal proposito, che si debbano instaurare nuovi rapporti organizzativi tra le Regioni, con
l'obbiettivo di snellire l'eccessiva farraginosità burocratica delle singole Amministrazioni regionali, e per
dare la possibilità di riassettare in modo semplificato alcuni servizi a livello sovraregionale (penso ai
trasporti, alla sanità, all'ambiente). In quest'ottica sono convinto che la riforma delle Regioni possa
avvenire a partire dalle Regioni stesse, con una proposta che parta dal confronto delle autonomie
territoriali, e senza che queste ultime vengano messe in discussione prima ancora di riformarle.
Per queste ragioni, a nome mio e del Partito Democratico, esprimo una chiara e netta contrarietà ad ogni
forma di smembramento della Regione Molise.
Oggi la battaglia per la difesa della nostra identità equivale ad una battaglia per l'integrità della propria
famiglia, della propria comunità: questo è infatti il Molise, una grande famiglia. Ed è più che mai
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necessario che questa famiglia sia unita in nome di un obiettivo comune, che va al di là degli steccati
partitici e delle beghe politiche.
Oggi tocca anche a quest'Aula guidare le sorti della nostra comunità, e come Partito Democratico, insieme
a voi, perché, ripeto, ho condiviso gli interventi di chi mi ha preceduto, sono convinto che dobbiamo
lottare tutti assieme, come diceva il Consigliere Ciocca, 'senza se e senza ma', affinché il nome del Molise
non venga cancellato dalla carta geografica. Grazie.
PRESIDENTE
Grazie, Presidente Di Nunzio. La parola al collega Veneziale e poi chiude il Vicepresidente della Giunta
regionale, per conto del Governo.
CONSIGLIERE VENEZIALE
Grazie, Presidente. Care colleghe e cari colleghi, pochissimi anni dopo lo scadere del primo
cinquantenario della nostra autonomia, l'esistenza stessa della Regione appare essere messa seriamente in
discussione, e ancora una volta siamo chiamati a dire le nostre ragioni e a difendere la nostra molisanità. Il
motivo principale di questa irrequietezza innovativa, si dice, sta tutto nella esigenza di ridurre la spesa
pubblica, di semplificare il sistema e di recuperare alle piccole Regioni quel peso specifico in Europa che
oggi rischierebbero di perdere. Sembrerebbe, dunque, che i temuti quanto irreparabili provvedimenti ai
danni della nostra Regione stiano per segnare la nostra definitiva sconfitta di fronte ai nostri padri e alla
storia di questa terra. Ringrazio la Consigliera Fusco per il richiamo che ha voluto fare ai diversi uomini
politici che, nel tempo, hanno contribuito ad ottenere questo risultato. Il Molise, però, ha conquistato la
sua autonomia senza strumentali esaltazioni di virtù locali o rivendicazioni, per la speciale originalità del
luogo. Se il Molise è diventato Regione autonoma ed altre unità territoriali no, è perché presenta
caratteristiche fisiche ed antropiche che la resero meritevole di tale riconoscimento. Sia pure,
naturalmente, con le inevitabili differenze interne, presenti del resto in tutte le altre realtà d'Italia. Oggi il
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ritaglio politico - amministrativo coincide con la Regione naturale. Se si spezzasse questa relazione l'intero
territorio verrebbe inevitabilmente marginalizzato. Non si tratta semplicemente della soppressione
dell'Ente Regione, con i suoi dipendenti o con il suo indotto. I centri decisionali, legislativi ed
amministrativi verrebbero spostati altrove, in Abruzzo o in Puglia, e importanti strutture verrebbero
soppresse. Vero è che viviamo una stagione di grandi riforme; sono convinto, però, che l'accavallarsi di
troppe innovazioni, tutte profonde e incisive, possa innescare un processo che rischia a sua volta di
produrre danni, soprattutto se non guidato da un disegno istituzionale unitario e coerente, che non può e
non deve concretizzarsi in una generica esigenza di modernizzazione e di risparmio contabile. La via della
salvezza, tuttavia, non risiede nella pura e semplice difesa dell'esistente. Non basta arroccarsi dietro alla
difesa dell'identità, se poi il rischio diventa quello del fallimento o della cancellazione di servizi essenziali
per i cittadini. L'idea dell'autonomia territoriale non va di certo abbandonata, ma va a mio avviso riformata
ed aggiornata. Penso, anzitutto, alle autonomie speciali, alle Regioni statuto speciale, a mio avviso ormai
anacronistiche e prive di giustificazione storica o politica. E penso ancora che, invece di procedere alla
revisione dei confini, si debba percorrere la via dell'intensificazione dei rapporti interregionali,
individuando insieme comuni campi di cooperazione, anche con l'obiettivo del superamento dei limiti
dell'attuale regionalismo.
La promozione turistica, la mobilità sanitaria e i trasporti, solo per fare qualche esempio, rappresentano
terreni ideali dove sperimentare intese interregionali, analogamente a quanto già fatto in altre Regioni, con
il duplice fine di migliorare i servizi e di produrre economie di spesa.
In ogni caso qualsiasi iniziativa che preveda di ridisegnare il sistema delle Regioni non può che avvenire
con il concorso delle Regioni stesse, con una proposta, cioè, condivisa il più largamente possibile.
Facciamo sentire la nostra voce prima che altri decidano per noi.
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Concludo questo intervento riaffermando qui, con forza, quelle considerazioni che già ho avuto modo di
esprimere in merito alla paventata soppressione della Provincia di Isernia.
Le esigenze di spending review non possono e non devono coincidere con un arretramento della presenza
del Governo e dello Stato sui territori, creando o rischiando di creare, quella sì, una zona franca rispetto a
intromissioni o a introduzioni di fenomeni criminosi che, purtroppo, parte dei territori con noi confinanti
vedono verificarsi sul territorio.
Non vi è dubbio che dobbiamo, in ogni caso, prevedere una razionalizzazione della spesa. Ma se è quello
il punto da cui si parte, bene ha fatto l'onorevole Ministro Alfano a ripensare questo disegno, a ridefinire la
possibilità di attuazione di questo disegno.
A Isernia è nato un movimento popolare che ha inviato una missiva al Ministro Alfano chiedendogli di
tener conto di queste specificità, ed è a quel documento che in quest'Aula intendo riportarmi. Grazie.
PRESIDENTE
Grazie, collega Veneziale. La parola al Vicepresidente Petraroia per conto del Governo regionale.
ASSESSORE PETRAROIA
Grazie, Presidente. Ringrazio anche i colleghi che sono intervenuti su questi tre argomenti estremamente
importanti.
Io sono convinto che l'approccio, sia di merito che di metodo, che abbiamo dato nell'avvio della
discussione in questa seduta consiliare, possa trovare un'ulteriore evoluzione anche organizzativa per
quanto riguarda la rilevanza dei temi che stiamo affrontando, con questo spirito di unità, di concretezza. E
quindi, potrebbe essere anche utile che l'Aula si possa riservare di decidere anche di costituire un nucleo
tecnico che, in maniera operativa e unitaria, predisponga un testo su cui l'intero Consiglio possa essere
chiamato a convergere, alla presenza anche del Presidente della Giunta. E ciò proprio perché noi abbiamo
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tutti la consapevolezza della delicatezza della fase e della necessità di tenere assieme le energie e le forze a
livello regionale per tutelare quelli che sono i diritti fondamentali della nostra comunità.
Io voglio soltanto ricordare il periodo storico quale è quello dal 1946. Dall'azione che nell'Assemblea
costituente hanno promosso - a suo tempo, l'onorevole Camposarcuno e altri - ci furono una serie di
iniziative di attività che portarono a quella disposizione transitoria che, negli anni successivi, grazie anche
alla mobilitazione non soltanto della delegazione parlamentare, ma dell'intera Comunità regionale, si
concluse positivamente con la legge sulla istituzione della ventesima Regione nel 1963.
Guardate, in quel periodo storico - lo dico anche per marcare una sorta di collegamento con le vicende di
queste settimane, di questi mesi - noi avevamo la guerra fredda. Nel '63 scoppiò il conflitto a Cuba, Stalin
aveva lasciato il passo ad altri, ma c'era una rigidità ideologica che portava ad una contrapposizione
frontale anche sul territorio nazionale e in Molise tra le forze politiche.
Ricordo nel '63 il primo Governo di Centrosinistra, Nenni che abbandonò il fronte per allearsi con la
Democrazia Cristiana insieme a Moro.
Cioè, c’era una violenta contrapposizione ideologica tra le forze politiche del Molise; e lo dico perché,
come è giusto, è stata ricordata l'azione dei parlamentari.
Ricordo sempre la testimonianza di Alfredo Marrafini che mi disse che prima dell'approvazione di questa
legge, fu necessario girare tutti i Comuni dell'Abruzzo. E lui partiva a volte anche con una motoretta,
perché una delegazione del Partito Comunista del Molise, esattamente come quella degli altri schieramenti
politici, andava a presenziare a tutti i Consigli comunali dell'Abruzzo, che dovettero adottare la delibera
per dire che erano d'accordo alla istituzione della Regione Molise. L'ultimo fu in Provincia dell'Aquila, e
andò lui insieme ad altre persone.
Ebbene in quel periodo, nonostante le spaccature nazionali fortissime col Partito Socialista, nonostante
una contrapposizione che, a rileggere le cose di questi giorni, evidentemente sono altra cosa - pensate alla
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crisi di Cuba: l'intervento di Papa Giovanni, John Kennedy, la Baia dei Porci… c'era proprio una fase in
cui abbiamo sfiorato, se volete, anche la terza Guerra Mondiale - le forze politiche del Molise, le forze
sociali della Regione Molise, il tessuto economico della Regione Molise, si prodigarono in maniera
unitaria per spingere sul Parlamento e ottenere l’istituzione della Regione Molise.
O oggi noi riusciamo a recuperare, almeno in parte, questo spirito, che deve vedere le classi dirigenti del
nostro territorio saggiamente mettersi assieme per far sì che ci sia una tutela dei diritti della nostra
comunità, o altrimenti noi siamo in qualche modo condannati ad essere vittima delle nostre divisioni.
Lo dico a chi in questo stesso periodo, per interessi anche di parte, che sono sempre legittimi (io non li
voglio demonizzare) pensa di trarre un utile politico cavalcando, anche a livello nazionale, la denigrazione
del Molise.
Guardate, se qualcuno pensa che in questo momento dobbiamo aiutare il Molise facendolo arrivare, con
cadenza quotidiana o settimanale, in pagina nazionale sempre e solo per vicissitudini che sono negative,
sappia che in tal modo non facciamo altro che alimentare un convincimento già sufficientemente radicato
all'interno degli opinionisti nazionali, quelli che si fregiano di rappresentare una capacità di visione del
futuro e che già, ogni volta che sono chiamati a fare un esempio in termini negativi su tutto quello che non
funziona o che viene addebitato ai ritardi e ai disservizi del nostro Paese - vedi l'aumento esponenziale del
debito pubblico, l'aumento del debito nel settore sanitario - fanno riferimento alle Regioni del
Mezzogiorno, alle piccole Regioni e, quindi, al Molise.
Cioè, si va a cadere sempre lì. E mi riferisco al politologo americano Luttwak, sempre in collegamento da
qualche parte del Mondo, dice: "Ma se voi ancora avete una Regione che si chiama Molise", fino agli
opinionisti che scrivono sul Corriere della Sera e a tutti coloro che si fregiano di queste competenze, di
queste abilità straordinarie.
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Ma badate che questo elemento è sostenuto da un vento che è un vento locale, perché non è che queste
vicende si alimentano da sole fuori dal Molise: sono in qualche modo spinte - sono più 'spintanee' che
spontanee - da elementi di lotta politica che, smarriti i tratti dei grandi schieramenti culturali, valoriali,
ideali che potevano esserci in altra fase, oggi si giocano sugli elementi della personalizzazione, in una
chiave meramente di contrapposizione e di denigrazione. Soltanto che questa denigrazione, oggi, non aiuta
il nostro territorio a recuperare quelle credenziali necessarie per contrastare questa vulgata, e quindi, ci
mette oggettivamente in difficoltà.
Eppure, come ci diceva poco fa il collega Ciocca, se hanno ripristinato, secondo questa intesa - ho visto un
lancio dell'agenzia dell'Ansa - la fermata del Freccia Rossa a Termoli, è perché c'è stato un Presidente
della Giunta regionale che si è incontrato con il Ministro dei Lavori Pubblici e delle Infrastrutture e
Trasporti, Del Rio, e ha concordato questa esigenza. Quindi, c'è stato un ruolo della politica. Benché ci
siano tutte quelle criticità dimensionali, di difficoltà di Bilancio e quant'altro, la politica è riuscita a
cogliere un risultato.
Magari sarà un risultato parziale rispetto all'insieme dei temi che qui sono stati portati e anche alla gravità
delle vicende che stanno davanti a noi. E dico questo perché abbiamo delle questioni che possono
determinare degli sconvolgimenti in termini di penalizzazioni che mettono in discussione la prospettiva
della comunità in generale al di là della sovrastruttura della Regione.
Ebbene, allora, si deve recuperare questo clima, nel senso che deve esserci una giusta e legittima battaglia
politica tra forze, tra schieramenti. Dobbiamo agire con intelligenza e lungimiranza, come hanno fatto i
nostri predecessori negli anni. E questo perché è chiaro che negli anni ‘50 c’era qualche Comune
dell'Abruzzo dove la maggioranza del Consiglio Comunale era governato dai comunisti; saranno stati i
comunisti di qua a convincerli che dovevano votare. E se oggi noi abbiamo un Ministro degli Interni che
sta col Nuovo Centrodestra, e ci sta magari qualcun altro che sta in altri schieramenti, o comunque in
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Parlamento ci sono tutte le formazioni presenti, è giusto che da qui parta un messaggio dove, su alcuni
temi, non ce ne dev'essere per nessuno.
Dopo il superamento delle Province, fatto in maniera così sconclusionata, non si può immaginare che un
singolo Comune, piccolo o piccolissimo, come sono il 90 per cento dei Comuni del Molise, si trovi
costretto a non avere nessun Ente sovracomunale che possa esser raggiunto. Altrimenti si immaginerebbe
di porre una questione come quella per esempio di questi giorni a Sesto Campano, dove praticamente è
bloccato il transito per Vairano. Ebbene, quella è una strada di viabilità nazionale. Io ho sollecitato più
volte anche la Prefettura di Isernia, perché comunque è interessata anche l'ANAS. Non è soltanto una
questione di un Comune di montagna dove c'è una viabilità, al massimo, provinciale, e tuttavia abbiamo
difficoltà.
Figurarsi che cosa potrà accadere nel momento in cui, soppressa la Provincia, aggregate in macroaree le
Regioni, il Sindaco, metti di San Marco la Catola, dovrà parlare con il Presidente della Regione Puglia. In
questi giorni sto aiutando il Sindaco di Santa Croce del Sannio a parlare con il Governo della Regione
Campania. Perché è ovvio il peso che può avere un Comune di mille abitanti, di 2 mila abitanti in una
Regione di 5-6 milioni di persone, dove ci sono aree metropolitane che hanno dei forti poteri economici,
ma soprattutto una forte rappresentanza istituzionale. Perché il grosso della rappresentanza è ovviamente
concentrata lì dove ci sono più cittadini.
Quindi, è evidente che le aree marginali scontino una doppia debolezza: quella dell'area svantaggiata e
quella di non avere la possibilità di incidere sui numeri. Tutta la provincia di Benevento ha due Consiglieri
regionali. Quindi, è chiaro che se tutta la provincia di Benevento si mette a far rumore - uno di uno
schieramento e uno dell'altro - nel Consiglio regionale della Campania non spaventa assolutamente
nessuno, perché che i due Consiglieri ci vadano o no, per gli equilibri del Consiglio regionale della
Maggioranza della Campania, non cambia nulla.
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Dobbiamo recuperare questa impostazione, cominciare ad affermare anche nel merito. Perciò può essere
utile un affinamento, un approfondimento da sviluppare. Perché leggendo il documento dell'Associazione
nazionale dei Magistrati loro dicono: noi possiamo fare un'altra operazione. C'è stato un pronunciamento a
suo tempo della Procura di Benevento, ma anche di Lucera, che proponeva di aggregarsi loro alla Corte
d'Appello del Molise.
Allora, se c'è esigenza di un ridisegno delle circoscrizioni giudiziarie per macroaggregati, Campobasso
potrebbe diventare il luogo dove vi sono, a quel punto, 700-800 mila abitanti, preservando comunque
l'autonomia della nostra Corte d'Appello. Come diceva benissimo Vincenzo Niro - che in queste cose è
sempre stato puntuale nonché attento conoscitore - dalla Corte d'Appello dipende tutta un'altra serie di
presenze istituzionali. Significa che, sostanzialmente, si va alla decapitazione della presenza dello Stato
sul territorio.
Allora, se entriamo nel merito e proviamo a comprendere anche se, ad esempio, quella ipotesi di merito
può essere oggetto anche di un nostro documento più articolato, per far sì che, discutendo anche con un
Ministero di Grazia e Giustizia, con le Commissioni parlamentari che seguono questa tematica, si possa
sostanzialmente lavorare per andare in quella direzione, io dico: facciamolo. Non facciamo soltanto una
battaglia per dire: siamo d'accordo con l'Associazione nazionale Magistrati, raccogliamo il loro appello, e
ci mobilitiamo con il livello nazionale.
Proviamo a capire, anche nel merito, se alcune intuizioni o proposte che sono riportate nel loro
documento, le possiamo assumere e possiamo, su quello, costruire una nostra interlocuzione, anche di
merito, con le Commissioni parlamentari e con il Ministero o il Governo, per cercare di fare una battaglia
insieme a loro che vada nella stessa direzione.
Ovviamente, per quello che attiene la vicenda della spoliazione degli Uffici a partire dalla Prefettura su
Isernia, vale lo stesso ragionamento. Cioè non vorrei che alla fine le altre Regioni che hanno due Province
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siano state salvaguardate, mentre il Molise non viene salvaguardato, benché sia terra di confine con l'agro
casertano, che è tra i più pericolosi in termini di presenza della criminalità organizzata. Quindi, il presidio
a Isernia della Prefettura, dove c'è un Prefetto che presiede il comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica.
Quando ci dicono nella interlocuzione: "Noi togliamo la Prefettura accorpandola a Campobasso, ma la
polizia rimane a Isernia!" - vivaddio, vorrei vedere che andate a chiudere pure il commissariato di polizia a
Isernia – va sottolineato che non è mica la stessa cosa se c'è un Comitato provinciale per l'ordine e la
sicurezza pubblica coordinato e presieduto da un Prefetto incardinato nella città di Isernia, e che ha come
interlocutore il Comandante provinciale dei Carabinieri, della Finanza, il Questore e, quindi, ha
sostanzialmente un dispiegamento anche di mezzi, di strumenti, di risorse umane per contrastare
l'infiltrazione malavitosa che viene dalla provincia di Caserta e non solo, o se invece rimangono dei
presidi sul territorio semplicemente delle forze dell'ordine, ma manca la cabina di regia per coordinare le
iniziative di contrasto all'infiltrazione della criminalità organizzata. Non è la stessa cosa!
Quindi, non è la questione che lì c'è una provincia di 88 mila abitanti. Lì c'è un presidio che può essere
utile a tentare anche di aiutare, se vogliamo, il processo inverso, che è quello di agevolare la questione
della legalità anche in provincia di Caserta, anziché far fuggire lo Stato o indebolire la presenza dello Stato
nel territorio della Regione Molise.
Anche su questo, con il Ministro degli Interni bisogna intensificare le azioni e sarebbe necessario
riprenderle un po' a tutti i livelli.
Per quello che ci riguarda, quando in passato - lo dico pure per tranquillizzare i colleghi - ho fatto dei
riferimenti all'idea che se ci fosse stata o se ci fosse una riarticolazione dei poteri e degli Organi dello
Stato per macroterritori, questo doveva però presupporre che tu dovevi conservare la Provincia, perché la
Fondazione Agnelli, quando diceva “dodici Regioni, la macroregione Adriatica” non immaginava di
eliminare le Province, ma di potenziarne funzioni e ruoli. Allora, a fronte di un disegno che poteva avere
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una sua armonia e una sua completezza, preservare i diritti dei nostri cittadini e delle nostre comunità,
doveva venire prima dal difendere, in maniera astratta, una sovrastruttura. Ma altra cosa è, invece,
assistere a un approccio che è meramente ragionieristico, di carattere economicista. Cioè, si va per tagli
lineari, e questo poiché l'Unione Europea o la Banca centrale dicono: "Bisogna snellire la linea di
comando dei Paesi membri, bisogna ridurre i luoghi in cui si governa la spesa pubblica".
Questa è la battaglia culturale. Allora, si dice: più luoghi ci sono per gestire poteri sul territorio, più
aumenta la spesa e meno è controllabile questa ipotesi di razionalizzazione della spesa, in linea con le
politiche di austerità che si sono imposte negli ultimi dieci anni. Questo è il ragionamento che sta dietro la
cancellazione del Senato, che sta dietro alla semplificazione di un'unica Camera e che sta dietro anche a
una battaglia che non è sopita per nulla, circa il futuro delle Regioni.
Guardate che se Chiamparino ha rassegnato le dimissioni, non lo ha fatto per una questione di
contrapposizione ideologica, ma perché il Presidente della Conferenza delle Regioni dice: se alle Regioni
nel triennio 2017/2019 non vengono assegnate le risorse che garantiscono la funzionalità minima dei
servizi essenziali di un territorio, non ha senso che le Regioni continuino ad esistere. Che è esattamente la
stessa questione che è stata detta al Governo rispetto al taglio sulla Sanità. Quando anche sulla Sanità noi
ci troviamo di fronte all'imbroglio che i 111 miliardi di euro di oggi sono di più dei 90 miliardi di ieri, non
si fa il conto con quanto è l'incidenza sul prodotto interno lordo (PIL). Perché tu devi calcolare la quantità
di soldi che vai a destinare alla Sanità, non in termini di massa monetaria, ma in termini di incidenza sul
PIL. Noi siamo arrivati al 6 per cento; noi, con il 6 per cento, ci stiamo andando a posizionare nella parte
di coda dei Paesi più sviluppati del mondo, pur avendo ancora il secondo Sistema sanitario del mondo per
qualità, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Allora, non è che prima erano novanta, ora sono
111 e, quindi, c'è stato una esplosione della spesa e una incapacità delle Regioni a saper governare
l'evoluzione della spesa. È che sul prodotto interno lordo non c'è stata una crescita; è un po' come la
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questione dei salari pubblici: se i dipendenti pubblici hanno perso 390 euro è non perché prendono meno
soldi di dieci anni fa, ma perché il costo della vita o l'incidenza ha fatto sì che ci sia stato un calo rispetto a
otto anni fa, da quando non si rinnovano i contratti.
Quindi, anche su questi argomenti può essere utile - e io sono convinto che lo sia, dopo il confronto che si
è sviluppato questo pomeriggio in Consiglio regionale - che se l'insieme delle rappresentanze politiche e
istituzionali riescono a produrre una sintesi, l'altro passaggio è quello di rimettere insieme le altre
rappresentanze del territorio. Cioè, noi dovremmo provare a recuperare quella capacità di coesione... Lo
dico perché sentivo da Carlo Veneziale che a Isernia si è attivato un movimento dal basso: ben venga, ma
il movimento si può mettere insieme anche per linee orizzontali. Nel senso che la rappresentanza dei
Magistrati, anziché la rappresentanza delle forze sindacali, anziché quelle delle associazioni delle imprese,
anziché quelle, evidentemente, di altri mondi, potrebbero ritrovarsi a condividere un documento,
predisposto, magari, da questo nucleo rappresentativo dell'insieme delle forze politiche che siedono in
Consiglio regionale, per far sì che intanto questa Assemblea, che è la massima Assise rappresentativa della
Regione Molise, si dà un orientamento e quello è l'orientamento nei confronti del Governo. Ma per evitare
che pur con questo orientamento, poi, esci fuori di qui e ti ritrovi che l'associazione A, l'associazione
imprenditoriale B o il soggetto C, dicono e fanno tutt'altra cosa, indebolendo, se volete, anche la posizione
da assumere nei confronti del Governo, potrebbe essere utile ricercare questa convergenza in termini più
ampi, in modo tale che l'insieme degli interlocutori si esprima con una voce sola nei confronti del livello
nazionale. Dovremmo attrezzarci in questo modo e dare anche un aiuto.
La cosa però è complicatissima; perché il Governo non ha difficoltà, oggi, a passare come un caterpillar
sulle Regioni? Perché ci sono le spinte demagogiche e populiste, da parte di gran parte dell'opinione
pubblica, secondo le quali va cancellata tutta la rappresentanza istituzionale.
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Quindi, il Governo non deve fare niente; deve semplicemente prendere atto che c'è una protesta nei
confronti delle rappresentanze istituzionali così come si dispiegano sui territori, e si ritrova gratis con il
pianto servito nel senso che dice: "va bene, visto che voi contestate le Amministrazioni locali, visto che
voi contestate le Amministrazioni regionali, non vi preoccupate, le togliamo di mezzo".
Guardate che nel 1963, se ci fosse stato un attacco o una parola fuori posto non è che si sarebbero ribellati
soltanto i parlamentari, si sarebbe ribellato il Molise, perché ogni Molisano si sarebbe chiamato in causa in
negativo da una asserzione che poteva essere umiliante per questo territorio.
Oggi, invece, si assiste a troppi silenzi anche di grandi associazioni imprenditoriali o di grandi forze
sociali e, devo dire pure, con un elemento di riflessione che offro all'Aula, che è tra le più grandi
organizzazioni sindacali di questo territorio, il Molise non è più la dimensione di organizzazione interna.
Noi abbiamo la seconda grande organizzazione sindacale del Molise che sono alcuni anni che si è
riunificata con l'Abruzzo. Mi risulta che un'altra grande organizzazione sindacale sta avviando lo stesso
ragionamento. Guardate, vi parlo di organizzazioni che hanno 20 mila iscritti molisani, non vi parlo
dell'associazione, magari, non lo so, che ci sta a Riccia, di qualcuno che gioca a bocce. Sto parlando dei
grandi aggregati della rappresentanza di questo territorio, che già hanno superato l'elemento che, nel
rapporto con Roma, i confini della Regione sono invalicabili. Il Segretario regionale è già espressione di
un altro territorio. Quando dobbiamo fare le trattative o dobbiamo istituire i Tavoli di partenariato, sono
già espressioni di altre aree che vengono in Molise, e qualche volta vengono anche in maniera poco
cortese o poco galante. Io sono andato, ultimamente, a un evento in cui in un Tavolo organizzato da una
rappresentanza ministeriale c'erano quattro Abruzzesi su cinque relatori; tutte persone degnissime e
bravissime, però, in qualche modo, riflettevo tra me e me se fosse proprio vero che a quel Tavolo non ci
potesse essere anche un relatore magari che, per sbaglio, fosse nato in Molise, insomma, tra coloro che
degnamente, legittimamente, autorevolmente, stavano lì quel giorno a parlare. Cioè, sono troppi i momenti
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anche pubblici dove si fanno passare come fossero ineluttabili degli assetti in cui, sostanzialmente, il
superamento della Regione viene già dato come un fatto acclarato, e chi si attarda a difenderlo sta facendo
una battaglia come quello di 'Orlando a Roncisvalle'. Quindi, anche su questo noi dovremmo cercare di
recuperare una sintonia tra quello che si muove nella comunità, nel tessuto della società civile, e quello
che si muove dentro le Istituzioni. Ciò perché le Istituzioni tornino ad essere rappresentative di un sentire
comune che difenda l'autonomia non come vessillo a sé stante, ma come elemento aggregante per tutelare
i diritti fondamentali dei cittadini.
PRESIDENTE
Grazie, Assessore Petraroia. Io direi, per lo svolgimento delle conclusioni dei lavori di questa Assise, vista
l'unanimità degli interventi nel contenuto, la straordinaria passione di ogni collega che è intervenuto sul
problema e con quanta cognizione di causa e puntualità sono stati sciorinati, da tutte le parti, tutti e tre i
punti all'ordine del giorno; considerato che quello che andiamo a decidere e a deliberare, in un modo o in
un altro, trasformando il dibattito di oggi in una sorta di mozione d'ordine all'unanimità del Consiglio
regionale - avrà una valenza storica probabilmente per questa Regione, e quindi un'interfaccia istituzionale
ad altissimo livello - io proporrei, anche accogliendo quella che era l'idea del Vicepresidente Petraroia, di
istituire una mini Commissione tecnica composta, non so, da quattro Consiglieri regionali che magari
hanno partecipato attivamente al dibattito di questo pomeriggio, per stilare una mozione d'ordine che, al
prossimo Consiglio, porteremmo all'approvazione dell'Aula in un modo molto più preciso, puntuale ed
evitando che, data l'ora e data la mancanza del tempo e della serenità per poter esprimere per mettere giù
una mozione molto molto dettagliata e tecnicamente, oltre che giuridicamente e politicamente, valente,
possiamo avere qualche lacuna.
Se voi siete d'accordo, proporrei di indicare già da adesso almeno due Consiglieri della Minoranza e due
della Maggioranza, per mettersi al lavoro e far sì che, al Consiglio di martedì prossimo, al primo punto
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dell'ordine del giorno - ma questo lo stabiliremo domani nella Conferenza dei Capigruppo – si possa
arrivare con un documento ampiamente condiviso, ampiamente dettagliato e ampiamente documentato.
Ci vediamo domani in Conferenza dei Capigruppo. Indicheremo i quattro nominativi che procederanno
immediatamente alla stesura del documento.