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Collana di Scienze dell’Interpretazione diretta da F. Biasutti A. Coppola C. Corti I t h a c a

Aristotele-Democrazia

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Enrico Berti sobre la democracia en Aristoteles

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  • 1Premessa

    Collana di Scienze dellInterpretazione

    diretta da F. Biasutti A. Coppola C. Corti

    I t h a c a

  • 2 Premessa

    Comitato scientifico

    G. BONAMENTE (Perugia), G. BULTRIGHINI (Chieti), G. CANTILLO (Napoli), L. G. CLUBB (Berkeley), M. DOMENICHELLI (Firenze), K. DSING (Kln), K. ELAM (Bologna), G. GIGLIOTTI (Roma), M. LEIGH (Oxford).

  • 3Premessa

    a cura di

    Cristina Rossitto, Alessandra Coppola e Franco Biasutti

    Aristotele e la storia

  • 4 Premessa

    Prima edizione: dicembre 2013

    ISBN 978 88 6787 150 6

    2013 CLEUP scCoop. Libraria Editrice Universit di Padovavia G. Belzoni 118/3 Padova (t. 049 8753496)www.cleup.it - www.facebook.com/cleup

    Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento,totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresele copie fotostatiche e i microfilm) sono riservati.

    Volume realizzato col contributo del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata dellUniversit degli Studi di Padova, pubblicato nellambito del Progetto di Ateneo Filosofia e storia nel pensiero politico di Aristotele (Progetto di ricerca CPDA098899)

  • 31Aristotele e la democrazia

    ENRICO BERTI

    Aristotele e la democrazia

    1. La tradizione dellaristotelismo politico

    Aristotele non stato certamente un pensatore democratico, se con questa espressione si intende un pensatore favorevole alla costituzione, cio al tipo di governo della polis, che i Greci chiamavano democra-zia. Non solo, infatti, egli ha collocato la democrazia tra le costituzioni devianti, o degenerate, ma con la sua presa di posizione ha anche dato origine a una tradizione di pensiero politico che, in nome dellaristote-lismo, non si mai richiamata alla democrazia, bens risultata sempre orientata a favore di costituzioni di tipo monarchico, se non addirittura paternalistico. A conferma di ci basta ricordare la fortuna della sua opera maggiore di filosofia politica, la Politica appunto.

    Come riferisce J. Aubonnet nella sua ampia introduzione alledi-zione francese dellopera, la Politica non influ sul modo di pensare dellellenismo, a causa della struttura imperiale delle istituzioni po-litiche di quellepoca. Essa fu conosciuta dagli immediati discepoli di Aristotele, Teofrasto e Dicearco, ma fu ignorata dagli stoici e dagli epicurei1. Fu conosciuta da Cicerone e dai giuristi romani, tuttavia il grande oratore espresse la sua preferenza per la costituzione mista, teorizzata da Panezio, di cui egli vedeva una realizzazione nella Roma repubblicana2. La Politica fu ignorata dalla tarda antichit, sia pagana

    1 J. AUBONNET, Introduction a ARISTOTE, La Politique, livres 1 et 2, Paris 1960, pp. cxx-cxcvi.2 A questo proposito mi permetto di rinviare al mio libro Il De re publica di Cicerone e il pensiero politico classico, Padova 1963, integrato dallarticolo Sulla costituzione mista in Platone, Aristotele e Cicerone, in Beitrge zur antiken Philosophie. Festschrift fr Wolfgang Kullmann, H.C. Gnther A. Rengakos (Hrsgg.), Stuttgart 1997, pp. 279-285 (ristampato in E. BERTI, Nuovi studi aristotelici, 3, Filosofia pratica, Brescia 2008, pp. 211-218).

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    che cristiana, nonch dal Medioevo latino, che fino al XIII secolo fu dominato sul piano ideologico dallagostinismo politico, cio da una filosofia pessimistica (luomo peccatore, quindi antisociale), autorita-ristica (il potere politico necessario per reprimere il peccato), decisa-mente antiaristotelica. Fu invece conosciuta dagli Arabi, diversamente da quanto afferma Aubonnet, perch Al-Farabi non solo la cita, ma nelle Idee sugli abitanti della citt virtuosa inaugura quello che sar poi chia-mato il modello politico di tipo aristotelico, cio la concezione secondo la quale il nucleo sociale pi piccolo la casa, cio la famiglia, che poi si sviluppa nel villaggio, indi nella citt e aggiunge Al-Farabi nella nazione, per culminare infine nellumanit intera (idea, questultima, di origine stoica)3. La Politica fu invece ignorata da Avicenna e non per-venne nemmeno nella parte occidentale dellimpero musulmano, cio fino ad Averro, il quale per ne conobbe lesistenza (evidentemente perch era presente nella parte orientale dellimpero, cio a Bagdad) e si lament per la sua mancanza, rassegnandosi a introdurre nel suo Commento grande, al posto del commento alla Politica di Aristotele, il commento alla Repubblica di Platone.

    NellEuropa medievale la Politica fu tradotta per la prima volta in latino da Guglielmo di Moerbeke, il collaboratore di Tommaso dAquino, nel 1260, e determin una reazione allagostinismo politico, introducendo una visione pi ottimistica delluomo (il peccato ha solo vulnerato, non distrutto, la natura sociale delluomo) e dellautorit (questa viene da Dio, ma Dio la conferisce al popolo, il quale a sua volta la trasmette al principe). Per Tommaso, che commenta i primi tre libri della Politica (il resto viene commentato dal suo discepolo Pietro dAlvernia), luomo animale politico per natura, la societ politica una societ organica inglobante le societ minori (famiglia, villaggio), lautorit viene dal popolo, che la riceve da Dio (omnis potestas a Deo per populum) e la delega ai governanti. La costituzione ideale la monarchia temperata, dove il re governa per il bene del popolo. Il

    3 Sullaristotelismo politico dei Musulmani ho scritto Lide aristotlicienne de socit politique dans les traditions musulmane et juive, in Individu et socit. Linfluence dA-ristote dans le monde mditerranen, T. Zarcone (ed.), Istanbul-Paris-Rome-Trieste 1988, pp. 99-116 (ora in E. BERTI, Nuovi studi aristotelici, 4/1, Linfluenza di Aristo-tele: Antichit, Medioevo e Rinascimento, Brescia 2009, pp. 107-124). Dello stesso parere di Aubonnet R. BRAGUE, Note sur la traduction arabe de la Politique, derechef, quelle nexiste pas, in Aristote politique. tudes sur la Politique dAristote, P. Auben-que A. Tordesillas (dd.), Paris 1993, pp. 423-433.

  • 33Aristotele e la democrazia

    re, tuttavia, o limperatore, subordinato al papa, come la Luna che riflette la luce del Sole.

    Naturalmente nel medioevo la Politica viene usata a sostegno delle opposte ideologie: Egidio Romano, discepolo di Tommaso, la usa a sostegno del potere papale, Sigieri di Brabante e Giovanni da Parigi a sostegno del gallicanesimo, Dante Alighieri a sostegno della monar-chia universale. noto infatti che Dante, nella Monarchia, considera limperatore e il papa come reciprocamente indipendenti, al pari di due Soli, e afferma che ciascuno di loro persegue un fine ultimo, la felicit terrena il primo, la beatitudine eterna il secondo, per cui ci sono paradossalmente due fini ultimi (estremo tentativo di salvare lidea aristotelica secondo cui il fine della societ politica il vivere bene, cio la felicit dei cittadini). Luso pi radicalmente ideologico della Politica quello fatto da Marsilio da Padova, che se ne serve non solo per giustificare la superiorit dellimperatore, come Defensor pacis, sul papa, ma anche per sostenere che limperatore deriva la sua autorit dal popolo, o meglio dalla pars valentior del popolo (i grandi elettori?)4. Ritorna cos il modello aristotelico secondo cui lunione di pi famiglie forma il villaggio e lunione di pi villaggi forma la citt, con laggiunta che lunione di pi citt forma il regno e lunione di pi regni forma limpero.

    Di modello aristotelico ha parlato esplicitamente Norberto Bob-bio in Societ e Stato nella filosofia politica moderna, contrapponendolo come modello politico tradizionale a quelli pi moderni, cio il modello giusnaturalistico (da Hobbes a Kant) e quello hegelo-marxiano5. Con questa espressione Bobbio intende la presentazione dello sviluppo umano come passaggio graduale da una societ pi piccola a una so-ciet pi vasta, risultante dallunione di molte societ immediatamente inferiori, cio come passaggio dalla famiglia alla citt, dalla citt alla provincia, dalla provincia al regno, dal regno allimpero. Egli non lo attribuisce direttamente ad Aristotele, ma lo riprende da autori che lo attribuiscono ad Aristotele, come Tommaso Campanella negli Aforismi politici, Jean Bodin nel trattato De la Rpublique e Johannes Althusius nella Politica. Caratteristica del modello aristotelico quindi il conce-pire anche lo Stato come societ naturale, in quanto risultante dallu-nione di precedenti societ naturali, quali la famiglia, e pertanto come

    4 Per la documentazione di queste affermazioni rinvio al mio scritto Il regnum di Marsilio tra la polis aristotelica e lo Stato moderno, Medioevo, 5, 1979, pp. 165-181 (ora in Nuovi studi aristotelici, 4, cit., pp. 193-207).5 N. BOBBIO M. BOVERO, Societ e Stato nella filosofia politica moderna, Milano 1979.

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    espressione della natura sociale delluomo. Lo Stato viene raffigurato come una famiglia in grande, conservando i rapporti di disuguaglianza caratteristici di questa, cio il rapporto tra marito e moglie, padre e figli, padrone e servi. Pertanto il modello aristotelico viene a giustificare la concezione paternalistica del potere politico, propria di scrittori reazionari, cio ostili ai grandi rivolgimenti economici e politici di cui stata protagonista la borghesia, quali Robert Filmer, autore del Patriarcha or the Natural Power of Kings (1680), in cui si difende la restaurazione monarchica dopo la rivoluzione inglese, e Carl Ludwig von Haller, autore della Restauration der Staats-Wissenschaft (1816-1820), in cui si difende la Restaurazione dopo la rivoluzione francese6.

    Anche Hegel in fondo non fa che confermare questa interpreta-zione della Politica di Aristotele, quando vede nella polis, dichiarata da Aristotele anteriore (come valore, non come origine) allindividuo, quello che egli chiama lo Stato politico, sintesi di famiglia e societ civile (concetto, questultimo, estraneo ad Aristotele), massima espres-sione delleticit7. Fu Hegel, del resto, a consacrare definitivamente nel mondo di lingua tedesca (ma non solo) lidentificazione della polis con lo Stato, inaugurata dalla prima traduzione della Politica in lingua tede-sca, eseguita da Johann Georg Schlosser nel 17988. Tale identificazione rimasta anche nella letteratura non strettamente filosofica ed stata estesa a tutte le concezioni greche della polis, come attesta il noto libro di Viktor Ehrenberg, Der Staat der Griechen9. Ebbene, lo Stato politico di Hegel, se non pi una societ di tipo paternalistico come quelle vagheggiate da Filmer e da von Haller, non certamente una societ di tipo democratico, per cui la ripresa hegeliana del modello politico aristotelico contribuisce a confermare limpressione di un Aristotele critico e, tutto sommato, nemico della democrazia.

    Questa impressione stata infine confermata dalla cosiddetta ria-bilitazione della filosofia pratica di Aristotele verificatasi nella seconda met del Novecento, prima in Germania e poi anche in America. Gli iniziatori di tale fenomeno, cio Hans-Georg Gadamer e Joachim Rit-

    6 Ivi, pp. 41-48.7 Cf. K.H. ILTING, Hegels Auseinandersetzung mit der aristotelischen Politik, Philoso-phisches Jahrbuch, 71, 1963, pp. 38-58.8 Cf. M. RIEDEL, Metaphysik und Metapolitik. Studien zu Aristoteles und zur politischen Sprache der neuzeitlichen Philosophie, Frankfurt a. M. 1975, pp. 129-169 (capitolo omesso nella traduzione italiana dellopera, Metafisica e metapolitica, Bologna 1990, a cura di F. Longato, con introduzione di F. Volpi).9 V. EHRENBERG, Der Staat der Griechen, Zrich 1965 (trad. it. Lo Stato dei Greci, trad. di E. Pocar, Firenze 1965).

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    ter, hanno valorizzato infatti di Aristotele rispettivamente la frovnhsi" come sapere pratico e lh\qo" come costume realizzato nelle istituzio-ni, due valori di tipo certamente tradizionale e non democratico, che hanno attirato sul neoaristotelismo della Rehabilitierung laccusa di conservatorismo da parte di Habermas e Schndelbach10. Ma non diversamente le cose sono andate in America, dove si appropriato di Aristotele il movimento dei communitarians (Alasdair McIntyre, Michael Sandel, Charles Taylor, Michael Walzer), suscitando le prote-ste della aristotelica liberal, cio democratica, Martha C. Nussbaum, che ha ricondotto ad Aristotele le teorie economiche pi avanzate di Amartya K. Sen11.

    Le sole eccezioni alla tendenza tradizionale a fare di Aristotele un pensatore politico sostanzialmente di destra sono state quelle del filosofo liberale inglese sir Ernest Barker, autore di una traduzione con commento della Politica12, e del tomista, e democratico, Jacques Mari-tain. Questultimo, in Luomo e lo Stato, pur recuperando la concezione aristotelica attraverso Tommaso dAquino, ha presentato la polis come linsieme dei cittadini che cooperano alla realizzazione del bene comune, cio come una societ politica alternativa allo Stato nazionale moderno, il quale invece assume secondo la nota definizione di Max Weber il monopolio delluso legittimo della forza, privandone i cittadini (cio

    10 Mi riferisco, ovviamente a H.G. GADAMER, Wahrheit und Methode, Tbingen 1960 (trad. it. di G. Vattimo, Milano 1972) e J. RITTER, Metaphysik und Politik. Studien zu Aristoteles und Hegel, Frankfurt a. M. 1969 (trad. it. di R. Garaventa e G. Cuni-co, Casale Monferrato 1983), nonch a J. HABERMAS, Uber Moralitt und Sittlichkeit, in Rationalitt, H. Schndelbach (Hrsg.), Frankfurt a. M. 1984, pp. 218-233; H. SCHNDELBACH, Was ist Neuaristotelismus, Information Philosophie, 1, 1986, pp. 6-25.11 Si vedano, per esempio, A. MACINTYRE, After Virtue. A Study in Moral Theory, Notre Dame (Indiana) 1981 (trad. it. di P. Capriolo, Milano 1988); e M.C. NUSSBAUM, Nature, Function and Capability: Aristotle and Political Distribution, in Aristoteles Politik. Akten des XI. Symposium Aristotelicum, G. Patzig (Hrsg.), Gttingen 1990, pp. 152-186; EAD., Virtue Revived. Habit, Passion, Reflection in the Aristotelian Tradi-tion, The Times Literary Supplement, July, 3, 1992. Il collegamento tra il pensiero politico di Aristotele e il comunitarismo stato criticato anche da P. AUBENQUE, Ari-stote tait-il communautariste?, in En torno a Aristteles: homenaje al profesor Pierre Aubenque, A.A Gmez R. M. Castro (eds.), Santiago de Compostela 1998, pp. 31-43 (ristampato in ID., Problmes aristotliciens, 2, Philosophie pratique, Paris 2011, pp. 169-182).12 The Politics of Aristotle, translated with an introduction, notes and appendixes by E. Barker, Oxford 1952, revised ed. by R. F. Stalley, 1995.

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    rendendoli appunto privati)13. Ma linterpretazione di Maritain passata pressoch inosservata tra gli studiosi di Aristotele, forse perch filtrata attraverso Tommaso dAquino (interpretato, peraltro, come pensatore democratico, forse al di l delle sue stesse intenzioni), bench la figura del filosofo francese abbia assunto fuori dItalia dimensioni politiche internazionali grazie alla sua partecipazione al dibattito che port alla Dichiarazione universale dei diritti delluomo dellONU (1948) e al cosiddetto Gruppo di Chicago, incaricato di preparare un progetto di costituzione mondiale. In Italia lopera di Maritain stata oggetto di attenzione soltanto da parte dei cosiddetti cattolici democratici.

    Negli ultimi decenni tuttavia alcuni studiosi hanno considerato con maggiore attenzione il giudizio di Aristotele sulla democrazia, giungendo a risultati alquanto diversi da quelli dellaristotelismo tradi-zionale e degli stessi riabilitatori della filosofia pratica di Aristotele. Mi riferisco agli studi di M. Bastit, F. Wolff, P. Aubenque e M. Narcy nellarea francofona14, di R. Mulgan nellarea anglofona15 e di C. Eucken in quella di lingua tedesca16. Il fatto che Aubenque abbia ristampato i suoi contributi due volte, lultima delle quali recentissima, fa s che questi concorrano ancora a determinare lattuale status quaestionis17. Si impone pertanto un riesame del giudizio di Aristotele sulla democra-zia, che tenter di compiere esponendo prima la sua concezione della democrazia, poi la sua concezione della polita e infine quella della costituzione media, allo scopo di mostrare che queste tre costituzioni sostanzialmente coincidono.

    13 J. MARITAIN, Man and the State, Chicago 1951 (trad. it. di L. Frattini, introduzione di V. Possenti, Genova-Milano 20033).14 M. BASTIT, Aristote et la dmocratie, Cahiers de philosophie politique et juridique de lUniversit de Caen, 1/2, 1982, pp. 9-19; F. WOLFF, Aristote dmocrate, Philo-sophie, 18, 1988, pp. 53-87; P. AUBENQUE, Aristote et la dmocratie, in Individu et socit cit., pp. 31-38; ID., Aristote et la conception dlibrative de la dmocratie, in The Concept of Democracy and its Problems, Ankara 1998 (ristampato in ID., Problmes aristotliciens, 2, cit., pp. 195-200); M. NARCY, Aristote devant les objections de Socrate la dmocratie, in Aristote politique cit., pp. 265-288.15 R. MULGAN, Aristotles analysis of Oligarchy and Democracy, in A Companion to Ari-stotles Politics, D. Keyt F. D. Miller, jr. (eds.),Oxford-Cambridge 1990, pp. 307-322.16 C. EUCKEN, Die aristotelische Demokratiebegriff und sein historisches Umfeld, in Aristoteles Politik. Akten des XI. Symposium Aristotelicum, G. Patizg (Hrsg.), Gttingen 1990, pp. 278-292.17 Il saggio Aristote et la dmocratie infatti stato incluso in Aristote politique cit., pp. 255-264, e in P. AUBENQUE, Problmes aristotliciens, 2, cit., pp. 159-168; altrettanto dicasi di Aristote et la conception dlibrative de la dmocratie, in ID., Problmes ari-stotliciens, 2, cit., pp. 195-200.

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    2. La democrazia

    Le democrazia collocata da Aristotele nella nota classificazione delle costituzioni, divise in costituzioni rette, quando hanno di mira linteresse di tutti, cio quello che oggi chiameremmo il bene comune, e costituzioni degeneri, quando hanno di mira linteresse dei soli gover-nanti18. Le costituzioni rette sono distinte tra di loro in base al numero dei governanti, e sono il regno (basileiva) quando il governo di uno, laristocrazia, quando il governo di pochi, la polita (politeiva), quando il governo di molti. Aristotele stesso confessa di non avere un nome da dare a questultimo tipo di costituzione e di chiamarlo perci col nome comune a tutte le costituzioni, cio appunto politeiva19. Nella terminologia politica del suo tempo il governo di molti era chiamato senzaltro democrazia, cio governo del dh'mo", e a proposito di esso non si distingueva una forma retta da una forma degenere. Evidente-mente Aristotele non si sentiva di usare questo termine per indicare una costituzione buona, probabilmente in seguito alla valutazione negativa che della democrazia avevano dato quasi tutti i filosofi greci a lui precedenti (con leccezione del solo Protagora), primo fra tutti il suo maestro Platone, anche a causa del fatto che un regime democra-tico, con metodi democratici, aveva condannato a morte Socrate. Le costituzioni degeneri, infatti, anche per Aristotele sono la tirannide, degenerazione del regno, loligarchia, degenerazione dellaristocrazia, e la democrazia, degenerazione della polita.

    Ben presto per Aristotele sostituisce al criterio tradizionale di di-stinguere il tipo di costituzione in base al numero dei governanti, quello nuovo e pi concreto di distinguere loligarchia e la democrazia che erano le costituzioni pi diffuse tra le poleis greche in base al fatto che la prima il governo dei ricchi, rivolto allinteresse dei soli ricchi, mentre la democrazia il governo dei poveri, rivolto allinteresse dei soli poveri. Di fatto osserva realisticamente Aristotele i ricchi sono in genere pochi, mentre i poveri sono in genere molti, ma ci che li caratterizza non il fatto di essere pochi o molti, bens il fatto di essere appunto ricchi o poveri20. Il carattere degenere delloligarchia e della democrazia consiste nel fatto che ciascuna di esse si fonda su unidea

    18 Aristot. Pol. 3, 6, 1279 a 17-21 (mi servo delledizione ARISTOTELE, Politica, intro-duzione, traduzione e note di C. A. Viano, Milano 2002). La classificazione risale a Hdt. 3, 80-82.19 Ivi, 7, 1279 a 37-39.20 Ivi, 8, 1279 b 38-1280 a 4.

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    parziale di giustizia: loligarchia si fonda sulla concezione della giustizia come uguaglianza nella ricchezza, per cui in essa governano coloro che sono uguali appunto nella ricchezza, mentre la democrazia si fonda sulla concezione della giustizia come uguaglianza nella libert (intesa come condizione sociale opposta alla schiavit), per cui in essa governano coloro che sono uguali nella libert, cio tutti i liberi, vale a dire tutti coloro che non sono schiavi. Entrambe queste costituzioni, secondo Aristotele, suppongono che il fine della polis sia semplicemente il vivere, dimenticando che invece la polis ha come fine il vivere bene, cio una vita autosufficiente e perfetta, la quale richiede non solo ricchezza e libert, ma anche e soprattutto virt21.

    Entrambe inoltre, oligarchia e democrazia, si fondano sullingiu-stizia, cio sulla violenza, perch affidano il governo a chi pi forte: loligarchia lo affida infatti ai ricchi, che sono pi forti in forza della loro ricchezza e pertanto fanno violenza ai poveri, mentre la democrazia lo affida ai poveri, che sono pi forti in forza del loro numero e pertanto fanno violenza ai ricchi. Ma il criterio secondo cui deve governare il pi forte la base anche della tirannide, da cui dunque oligarchia e demo-crazia in linea di principio non differiscono, cio sono rispettivamente la tirannide dei ricchi e la tirannide dei poveri22.

    Detto questo, che una condanna radicale della democrazia, per cui non si pu assolutamente dire che Aristotele sia stato un filosofo democratico ma non si pu nemmeno dire che sia stato un filosofo simpatizzante per loligarchia , Aristotele inizia tutta una serie di altre considerazioni, che formano il capitolo 11 del terzo libro della Politica e che nella tradizione dellaristotelismo non sempre sono state tenute presenti.

    Laffidare il governo alla maggioranza pi che a una minoranza di citta-dini dabbene (ajrivstou" me;n ojlivgou" dev), pur portando con s alcune difficolt, ha forse qualche sostanziale verit. I pi, ciascuno dei quali non un uomo buono, possono tuttavia, se presi tutti insieme, essere migliori di pochi, non di ciascuno ma della loro totalit, come i banchetti organizzati con la contribuzione di pi persone sono migliori di quelli organizzati da una sola persona. Infatti, essendo in molti, ciascuno ha una sua parte di virt e di saggezza (ajreth'" kai; fronhvsew"), sicch dalla loro unione si ottiene una specie di uomo solo dotato di molti piedi, di molte mani e capace di ricevere molte sensazioni; che da ci avrebbe

    21 Ivi, 9.22 Ivi, 10.

  • 39Aristotele e la democrazia

    innegabili vantaggi anche nel comportamento e nellintelligenza (peri; ta; h[qh kai; th;n diavnoian). Perci anche sulle opere di musica e di poesia migliore il giudizio dei pi, perch ognuno separatamente preso ha la sua particolare competenza, mentre tutti insieme sono in grado di giudicare della totalit dellopera23.

    Questa sembra essere una giustificazione, anche se molto discuti-bile, della democrazia, che in base ad essa sarebbe preferibile non solo alloligarchia, ma addirittura allaristocrazia, infatti i pochi considerati in questo passo sono detti anche cittadini dabbene (a[ristoi). Tut-tavia Aristotele cauto, perch aggiunge subito che non ben chiaro se questa differenza tra i pochi dabbene e la moltitudine possa valere per ogni popolo e per ogni maggioranza, ed chiaro che in alcuni casi essa non pu essere valida, cio nei casi in cui gli uomini si comporta-no come bestie. Nulla vieta, per, che in alcuni casi (per i Greci?) ci che si detto sia vero. In questi casi, egli si chiede, quali poteri bene affidare alla maggioranza? Non laccesso alle cariche pi alte, perch per mancanza di giustizia e di saggezza la maggioranza pu commettere ingiustizie e pu sbagliare, ma almeno laccesso agli organi deliberativi (assemblee) e giudiziari (tribunali), perch il non dare alla maggioranza nessun diritto pericoloso, in quanto fa s che la citt si riempia di nemici24. Ci corrisponde esattamente alla democrazia, almeno a una democrazia moderata come quella introdotta da Solone, infatti a queste considerazioni Aristotele fa seguire immediatamente lelogio di Solone.

    Ma subito dopo egli prospetta unobiezione a questo tipo di costi-tuzione, cio che il giudicare se una cura medica ben eseguita spetta al medico, e altrettanto vale in ogni arte, per esempio in arte nautica e in geometria, per cui nellelezione dei magistrati si dovrebbe procedere allo stesso modo, perch solo i competenti sono in grado di scegliere rettamente, e quindi alla maggioranza non dovrebbe esser concesso nessun potere, n nella nomina dei magistrati n nella sorveglianza sul loro operato25. questa la famosa critica di Socrate alla democrazia, riportata da Platone26, secondo la quale il governo deve essere affidato ai competenti, perch solo questi sanno che cosa bene e che cosa male, che cosa si deve fare e che cosa evitare, mentre la maggioranza non lo sa. largomento che sta alla base di ogni forma di tecnocra-

    23 Ivi, 11, 1281 a 40-b 10.24 Ivi, 1281 b 15-31.25 Ivi, 1281 b 38-1282 a 14.26 Per esempio Plat. Prot. 319 b-c, ma anche altrove.

  • 40 Enrico Berti

    zia o governo di tecnici, anche se Platone non pensava a competenze particolari, come quelle dei tecnici, ma alla conoscenza generale del bene, che appartiene al filosofo. Al che Aristotele risponde:

    Ma forse in ci che si test detto non tutto fila, se si tiene presente il nostro anteriore discorso sulla superiorit della moltitudine, qualora questa non sia di livello troppo basso (ch allora ognuno sar giudice peggiore dei competenti ma, nella sua totalit, la massa migliore o non peggiore dei tecnici). Inoltre in alcuni casi lautore (oJ poihvsa") non il solo o il miglior giudice, e precisamente in quei casi in cui hanno cono-scenza dellopera anche quelli che non posseggono una tecnica specifica: per esempio la conoscenza della casa non spetta solo a chi lha costruita, ch di essa giudica meglio colui che ne fa uso (oJ crwvmeno") si tratta del capo della famiglia , il pilota giudicher del timone meglio di chi lha fabbricato e il commensale giudicher il convito meglio del cuoco27.

    Anche questa risposta un argomento usato pi volte da Plato-ne28, perci Aristotele critica Platone con Platone, secondo il tipico modello di confutazione praticato da Socrate nei dialoghi socratici di Platone e teorizzato dallo stesso Aristotele nei Topici. Se si applica questo ragionamento al governo, se ne pu ricavare largomento pi forte che mai sia stato usato a favore della democrazia, cio che pochi sanno come si governa bene, ma tutti sono in grado di dire se sono governati bene o male.

    C infine unaltra obiezione che Aristotele si prospetta, cio che sembra assurdo che i peggiori esercitino il loro dominio sui migliori nelle questioni di maggior peso, come la sorveglianza e lelezione dei magistrati, che sono le cose pi importanti e che in alcune costituzioni sono assegnate al popolo (toi'" dhvmoi"), dal momento che lassemblea popolare (hJ ejkklhsiva) arbitra nella decisione in queste materie e per accedere allassemblea popolare sufficiente un basso censo29. Qui il riferimento alla democrazia esplicito, e non si tratta nemmeno di una democrazia moderata come quella introdotta da Solone. Ma la risposta di Aristotele allobiezione riprende la prima giustificazione della democrazia:

    E qualcuno potrebbe risolvere questa difficolt allo stesso modo della precedente; e forse questi ordinamenti in fondo vanno bene. Infatti il titolo

    27 Aristot. Pol. 3, 11, 1282 a 14-23.28 Plat. Crat. 388 a ss.; Resp. 10, 601 d.29 Aristot. Pol. 3, 11, 1282 a 23-32.

  • 41Aristotele e la democrazia

    di magistrato (a[rcwn) non spetta al giudice o al membro dellassemblea, bens al tribunale, al consiglio (hJ boulhv) e al popolo (oJ dh'mo"), e ciascuno di quelli che ricoprono la carica (cio il consigliere, il membro dellas-semblea e il giudice) membro di questi organi: perci anche in questo caso si pu ben dire che la sovranit (kuvrion) nelle cose pi importanti spetta alla moltitudine, perch il popolo, il consiglio e il tribunale sono costituiti da pi persone. E il censo complessivo di quelli che occupano tutte queste magistrature, presi insieme, maggiore del censo di quanti hanno magistrature importanti individuali o costituite da pochi membri30.

    In precedenza Aristotele aveva osservato che i molti, mettendo insieme la saggezza di ciascuno, possiedono complessivamente pi saggezza dei pochi, ancorch saggi; ora osserva che i molti, in quanto membri di organi collegiali, possiedono complessivamente anche pi censo dei pochi, ancorch ricchi. Insomma, anche in base ad un ragio-namento puramente economico, il quale tiene conto non del contributo di saggezza, ma del contributo di ricchezza che i cittadini possono dare alla citt, pi giusto che governino i molti, anche se poveri, perch la ricchezza complessiva che questi offrono maggiore di quella dei pochi ricchi. In termini moderni, le tasse pagate dai poveri, anche se con aliquote molto pi basse, complessivamente assicurano allo Stato una quantit di risorse maggiore delle tasse pagate dai ricchi, anche nel caso in cui questi le paghino tutte, con aliquote molto superiori.

    La conclusione dellintera discussione tuttavia che al di sopra di tutti devono stare le leggi, quando sono buone, e che i governanti, siano uno, pochi o molti, devono fare valere la loro autorit solo nei casi in cui le leggi non possono essere formulate con precisione, per cui la vera differenza tra le costituzioni buone e quelle degeneri che le prime hanno leggi giuste, mentre le altre non le hanno31.

    Anche il governo delle leggi, tuttavia, secondo Aristotele pu ammettere uneccezione, quella esposta nel famoso passo seguente:

    Se poi c una persona o un gruppo, tuttavia non tanto numeroso da costituire una citt, che eccellano tanto in virt, che la loro virt e la loro importanza politica non siano paragonabili con quelle degli altri, allora non bisogna dire che costoro costituiscono una parte della citt, perch riceverebbero un torto se fossero uguagliati, mentre eccellono tanto per capacit e per peso politico. Un tale soggetto (to;n toiou'ton) sarebbe come un dio tra gli uomini. Donde chiaro che la legislazione

    30 Ivi, 1282 a 32-b 1.31 Ivi, 1282 a 1-13.

  • 42 Enrico Berti

    deve riferirsi a quelli che sono uguali per stirpe e per capacit, mentre non possibile imporre leggi a chi superiore alla norma, in quanto esso stesso una legge32.

    Da questo passo potrebbe essere nata la leggenda, che sta alla base della tradizione dellaristotelismo politico medievale e moderno, secondo la quale Aristotele sarebbe stato un fautore del regno. In realt la tradizione, specialmente medievale prima della traduzione latina della Politica, ha ignorato questo passo e si basata piuttosto sul celebre finale del dodicesimo libro della Metafisica, dove Aristotele, criticando Speusippo che ammetteva princpi diversi per i diversi piani di realt, cita il verso dellIliade secondo cui non buono il governo di molti, uno solo sia il comandante33. Cos commenta infatti lo pseudo-Alessandro, che in realt il bizantino Michele di Efeso (XI-XII secolo): Un solo capo, un solo principe, un solo Dio!34. Ma nella Metafisica Aristotele parla del governo delluniverso, di cui vede il principio nel primo Motore immobile, che per lui appunto un Dio. Nella Politica invece parla della polis ed strano che alcuni storici abbiano visto nel passo sopra citato unallusione ad Alessandro il macedone35, e un filosofo della politica e del diritto della statura di Hans Kelsen abbia interpretato la Politica come una specie di esaltazione ideologica della politica macedone36.

    Nel seguito della Politica infatti Aristotele pone esplicitamente la questione se le materie che le leggi non possono regolare devono cadere sotto lautorit di una sola persona, la migliore (a[risto"), o di tutta la cittadinanza. E cos risponde:

    Oggi (nu'n) questa [cio la cittadinanza, nel testo tutti] che giudica, consiglia e delibera e sempre i suoi giudizi vertono su casi particolari. Presi uno per uno, i membri di questi organi sono certamente peggiori dellunico perfetto, ma la citt costituita di molti cittadini, come un ban-chetto preparato da una sola persona riesce meno bene di uno preparato

    32 Ivi, 13, 1284 a 3-14, trad. di Viano leggermente modificata.33 Aristot. Metaph. 12, 10, 1076 a 4, cf. Hom. Il. 2, 204.34 Alex. In Metaph. 712, 31 (CAG, 1).35 Cf. R. WEIL, Aristote et lhistoire, Paris, Klincksieck, 1960, pp. 184-185, che cita T. A. Sinclair e W. W. Tarn, esprimendo da parte sua qualche dubbio.36 H. KELSEN, The Philosophy of Aristotle and the Hellenic-Macedonian Policy, The International Journal of Ethics, 48, 1937, pp. 1-64 (trad. it. Studi Urbinati, 43, 1969, pp. 59-134).

  • 43Aristotele e la democrazia

    da pi persone: per questo una moltitudine numerosa giudica meglio che uno solo preso da s37.

    Si tratta di una ripresa dellargomento gi avanzato nel cap. 11, con in pi il riferimento alloggi (lAtene del IV secolo? certamente la democrazia), ma sufficiente a sgombrare il campo da ogni dubbio circa la preferenza di Aristotele, giusta o sbagliata che sia. Ad essa tuttavia Aristotele aggiunge due argomenti nuovi:

    Inoltre la moltitudine pi incorruttibile, come lacqua in gran copia, cos la massa pi incorruttibile dei pochi. Il giudizio di uno solo, colto dallira o da qualche altra emozione, necessariamente sar traviato, mentre difficile che tutti si adirino o errino38.

    Il riferimento alla corruzione non pu non far pensare alla demo-crazia, mentre la menzione dellira o di qualche altra emozione potrebbe essere, questa s, unallusione ad Alessandro, la cui ira fece vittime tra i suoi stessi amici, tra i quali lo storico Callistene, nipote di Aristotele39.

    Un ulteriore argomento a favore del governo dei molti il seguente:

    La monarchia detta assoluta quella in cui il sovrano esercita il suo potere su tutte le cose secondo la propria volont. Ma ad alcuni sembra che questa forma di autorit di una sola persona su tutti i cittadini non sia naturale, dal momento che la citt costituita di simili. E a coloro che per natura sono simili spettano per necessit lo stesso diritto e la stessa dignit proprio per la loro natura. Come per il corpo dannoso dare cibi o indumenti disuguali a persone uguali, cos, anche per gli onori, dan-noso attribuirne in misura diversa a cittadini uguali. Perci giusto che nessuno comandi pi di quel che obbedisca e che corrispondentemente si eserciti il potere alternandosi nelle cariche (ajna; mevro"). Ma proprio in questo consiste la legge, perch la legge ordine40.

    Anche se Aristotele presenta questo argomento con un certo di-stacco (ad alcuni sembra), non c dubbio che esso rispecchia il suo stesso modo di pensare, come provato dal riferimento alluguaglianza dei cittadini, che costituisce uno degli elementi della sua definizione di

    37 Aristot. Pol. 3, 15, 1286 a 26-31.38 Ivi, 1286 a 31-35.39 Cf. LUISA PRANDI, Callistene: uno storico tra Aristotele e i re macedoni, Milano 1985.40 Aristot. Pol. 3, 16, 1287 a 8-18.

  • 44 Enrico Berti

    polis, e dallaccenno allalternanza delle cariche, che come vedremo sar uno degli elementi tipici della costituzione migliore.

    Il fatto che Aristotele concluda il terzo libro della Politica con un elogio del regno (Quando tutta una stirpe o un solo individuo si distinguono tanto nella pratica della virt da superare tutti gli altri, allora giusto che questa stirpe o questo individuo abbiano il titolo regio e diventino signori di tutti41) significa solo che egli considera il regno come la migliore tra le costituzioni rette, la cui realizzabilit storica tuttavia pressoch nulla. Ci provato dal fatto che nel se-guito dellopera, cio nel libro quarto, egli pone il problema di quale sia non tanto la costituzione migliore in assoluto (aJplw'"), la quale da lui dichiarata pressoch irrealizzabile, quanto la costituzione migliore entro certe condizioni date, e poi quella che si adatta meglio a tutte le citt, ed infine la pi facile da realizzarsi e la pi comune42. A questa ricerca Aristotele si accinge non senza avere osservato che, se il regno la migliore delle costituzioni rette, seguto in ordine di valore decre-scente dallaristocrazia e dalla polita, la tirannide degenerazione del regno la peggiore delle costituzioni degeneri, seguta in ordine di valore, questa volta crescente, dalloligarchia e dalla democrazia, defi-nita questultima come la pi moderata (metriwtavth)43.

    La ricerca ha inizio dallosservazione che le forme fondamentali di costituzione, cio le pi diffuse nella realt, sono loligarchia e la democrazia, consistenti rispettivamente nel governo dei ricchi e nel governo dei poveri. Aristotele quindi passa ad analizzare la democrazia, distinguendone varie forme, a seconda che i poveri siano i contadini, gli operai, i commercianti, i salariati e i soldati. Indi egli ricorda i pericoli della democrazia eccessiva, che si ha quando il dmos, cio la parte povera e maggioritaria della citt, cerca di esercitare il suo dominio da solo, rifiutando lautorit delle leggi e dei magistrati, col pretesto che deve governare solo il popolo. La conseguenza di ci, come aveva osservato gi Platone, la tirannide e la distruzione di tutte le istituzioni44.

    41 Ivi, 17, 1288 a 15-19.42 Ivi, 4, 1, 1288 b 21-39.43 Ivi, 2, 1289 a 38-b 5.44 Ivi, 4, 1292 a 15-30.

  • 45Aristotele e la democrazia

    3. La polita e la costituzione media

    Prima di proseguire la ricerca della costituzione migliore tra quelle realizzabili, Aristotele indugia ancora un po a parlare delle costituzioni gi menzionate ed offre una breve descrizione della polita, cio della costituzione retta di cui la democrazia la degenerazione. Questa for-ma di costituzione, per la quale non esiste un nome pi appropriato essa infatti non fu riconosciuta da Platone , viene definita da Ari-stotele come una mescolanza di democrazia e di oligarchia, inclinante piuttosto verso la democrazia, mentre laristocrazia inclina piuttosto verso loligarchia (essendo anchessa una forma di mescolanza tra le due costituzioni pi diffuse)45. Anche nel caso della polita lelemento democratico costituito dai poveri e quello oligarchico dai ricchi, per cui la polita pu essere definita anche come mescolanza, nel governo, tra ricchi e poveri46.

    Aristotele indica anche i criteri con cui deve essere fatta la me-scolanza tra democrazia e oligarchia, affinch si possa parlare di vera polita. Questi sono tre: 1) mescolanza tra le leggi di entrambi i regimi, che prende per esempio dalloligarchia il punire i ricchi che non par-tecipano ai tribunali e dalla democrazia il dare una mercede ai poveri che vi partecipano; 2) prendere il medio (to; mevson) tra gli ordinamenti di entrambe le costituzioni, per esempio stabilendo che il censo per partecipare allassemblea non sia n troppo alto, come nelloligarchia, n troppo basso, come nella democrazia; 3) prendere alcune cose dalloligarchia e altre dalla democrazia, per esempio lelezione alle cariche politiche, che si pratica nelle oligarchie (in luogo del sorteggio, proprio delle democrazie), ma ammettendo ad essa anche i senza censo (mentre nelle oligarchie necessario il censo). Il criterio generale per effettuare una buona mescolanza che la risultante deve poter essere detta tanto unoligarchia quanto una democrazia47.

    Descritta in tal modo la polita, Aristotele passa a determinare anzitutto la costituzione migliore non in assoluto, cio basata su una virt superiore al comune, su una disposizione naturale particolarmente buona e su beni di fortuna, bens la migliore che pu essere realizzata nella maggior parte delle citt. Per fare questo, egli richiama la defini-zione della virt data nellEtica, cio la mediet (mesovth"), il giusto

    45 Ivi, 8, 1293 b 33-37.46 Ivi, 1294 a 15-17.47 Ivi, 9.

  • 46 Enrico Berti

    mezzo tra due estremi, cio vizi, opposti. Poich la vera opposizione, come abbiamo visto, non tanto quella tra governo di pochi e governo di molti, ma quella tra governo di ricchi e governo di poveri, la mediet che si deve ricercare quella tra leccesso di ricchezza e leccesso di povert, per cui la costituzione media sar quella in cui governano coloro che hanno un possesso medio di ricchezze, cio non sono n troppo ricchi n troppo poveri, il cosiddetto ceto medio (oiJ mevsoi)48. Questa costituzione realizza meglio di ogni altra il concetto stesso di citt come comunit di cittadini liberi ed uguali, perch il possesso medio di ricchezze quello che rende tutti uguali.

    Una citt vuol essere costituita, per quanto possibile, da cittadini uguali e simili tra loro, e ci accade soprattutto con cittadini che appartengano alle classi medie: perci la citt meglio governata sar quella in cui si realizzano queste condizioni da cui diciamo che la citt costituita per natura (ejx w|n famen fuvsei th;n suvstasin ei\nai th'" povlew")49.

    Con queste parole Aristotele indica nella costituzione media la costituzione pi conforme al suo concetto di polis come societ natu-rale, naturale non nel senso di societ istintiva, ma nel senso di societ perfetta (tevleio"), perch la vera natura delluomo, come egli stesso ha detto allinizio della Politica, non listinto, ma il fine, il tevlo", ossia ci in cui consiste la perfezione50. Si noti, a questo punto, la somiglianza tra la costituzione media e quella che in precedenza era stata chiamata la polita. Uno dei criteri, infatti, su cui questultima si fondava era la partecipazione alle assemblee di coloro che possiedono un censo n troppo alto n tropo basso, cio appunto dei medii.

    Ma c anche unaltra ragione per cui la costituzione media mi-gliore delle altre, cio la sua maggiore stabilit. Dove, infatti, la maggior parte dei cittadini possiedono una ricchezza media, i cittadini non invidiano i ricchi, come avviene ai troppo poveri, n sono invidiati da altri, e quindi non tramano rivolte. In tal modo la citt lontana dal pericolo delle rivolte. interessante, a questo proposito, la precisazione, fatta da Aristotele, secondo cui:

    Le democrazie sono pi sicure e pi durature delle oligarchie per la posizione che vi hanno gli appartenenti al ceto medio, che sono nume-

    48 Ivi, 11, 1295 a 25-b 5.49 Ivi, 1295 b 25-28, trad. Viano modificata.50 Cf. Pol. 1, 2, 1252 b 31-32.

  • 47Aristotele e la democrazia

    rosi e partecipano agli onori pi nelle democrazie che nelle oligarchie; perch quando viene a mancare il ceto medio e i poveri prevalgono per la loro consistenza numerica, la vita politica si corrompe e le citt cadono rapidamente in rovina. A segno di ci valga anche il fatto che i migliori legislatori appartennero alla classe media: ad essa appartenevano Solone (come provano le sue poesie), Licurgo (che non era re), Caronda e si pu dire la maggior parte degli altri51.

    Qui la democrazia considerata pi vicina alla costituzione media, e quindi pi stabile, di quanto lo sia loligarchia, anche se i legislatori menzionati fanno pensare a una democrazia alquanto moderata, come quella inaugurata da Solone ad Atene, o a unoligarchia anchessa mo-derata, come quella introdotta a Sparta da Licurgo.

    Un riferimento ad una realt storica pi vicina a quella di Aristotele stato visto dai commentatori in un passo che riguarda anchesso la costituzione media. La classe media, rileva Aristotele, spesso pur-troppo scarsa, cio nella maggior parte delle citt non molto estesa. Ci spiega perch la maggior parte delle costituzioni sono oligarchiche o democratiche, cio perch nella maggior parte delle citt prevale sempre uno dei due opposti, linteresse dei troppo ricchi o quello dei troppo poveri. Ci spiega anche perch le citt che hanno esercitato legemonia in Grecia sono state delle democrazie o delle oligarchie, che hanno badato esclusivamente al proprio interesse e non a quello delle citt sottomesse52. Sembra evidente in queste parole lallusione rispettivamente alla democrazia ateniese e alloligarchia spartana. Ma a questo punto Aristotele aggiunge:

    Per queste ragioni la costituzione media o non sorge mai o sorge raramente e presso pochi: infatti un uomo e uno solo tra tutti quelli che ebbero un tempo legemonia nella citt si convinse a elargire questa costituzione. Ma ormai nelle citt si stabilita labitudine a non perseguire luguaglianza, e si preferisce la ricerca di dominio o la rassegnazione nelloppressione53.

    I commentatori vedono in questo passo unallusione a Teramene, che nel 411 a. C. estese il potere detenuto da unoligarchia di 400 cittadini a unassemblea di 5000 cittadini di media ricchezza, presi in

    51 Pol. 4, 11, 1296 a 13-21.52 Ivi, 1296 a 22-36.53 Ivi, 1296 a 36-b 1.

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    gran parte tra gli opliti54. Lo stesso Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi elogia Teramene per questa sua azione e dichiara che in tal modo gli Ateniesi furono governati bene, perch erano in guerra e il potere apparteneva agli opliti55.

    Unulteriore giustificazione del primato della costituzione media menzionata da Aristotele il fatto che, dove il ceto medio ha la su-premazia su entrambi gli estremi, non c alcun pericolo che i ricchi si accordino con i poveri contro la classe media, perch entrambi gli estremi non accetterebbero mai di esercitare a turno (ejn mevrei) il potere, ma entrambi nutrono maggior fiducia nellarbitro e in questo caso larbitro proprio il ceto medio56. Qui interessante lallusione al governare a turno, che abbiamo gi visto indicato come criterio di giustizia nella critica alla monarchia e che incontreremo ancora a pro-posito della costituzione migliore in senso assoluto.

    Infine Aristotele cerca di precisare la misura del censo di coloro che formano il ceto medio e, pur con qualche incertezza, sembra in-dicarla nella condizione degli opliti, ossia dei cittadini che possiedono abbastanza ricchezza per provvedere da soli al proprio equipaggiamento militare. Egli dichiara infatti:

    La costituzione deve reggersi soltanto su quelli che hanno il possesso delle armi; quanto al censo, non pu essere fissato con assoluta precisione in astratto, ma deve essere il massimo che tuttavia permetta ancora che il numero di coloro che partecipano ai diritti politici sia superiore a quello di coloro che non vi partecipano. Infatti i poveri, anche se non partecipano ai poteri politici, si mantengono quieti, se nessuno esercita su di loro la violenza, n strappa loro una parte dei loro beni57.

    Da questa descrizione risulta una notevole somiglianza tra la polita e la costituzione media, dovuta al fatto che la polita concepita da Aristotele come una mescolanza di oligarchia e democrazia condotta secondo il criterio del medio, cio ponendo come condizione per partecipare alle assemblee deliberative il possesso di un censo n troppo alto n troppo basso, il che corrisponde esattamente alla caratteristica della costituzione media. Ma notevole anche la somiglianza tra la po-

    54 ARISTOTLE, The Politics, introd., pref., essays and notes by W. L. Newman, 4 voll., Oxford 1887-1902, 1, pp. 470-471.55 Aristot. Ath. pol. 33. Anche in Ath. pol. 28 Aristotele elogia Teramene come buon cittadino, che govern secondo le leggi e non accett compromessi.56 Aristot. Pol. 4, 12, 1296 b 34-1297 a 6.57 Ivi, 1297 b 1-8.

  • 49Aristotele e la democrazia

    lita e la democrazia intesa nel senso moderno, cio come costituzione fondata sul suffragio. Nella mescolanza tra le leggi delloligarchia e quelle della democrazia, su cui si fonda la polita, deve essere infatti assunta, secondo Aristotele, la legge che prescrive laccesso alle cariche mediante elezione, il che per i Greci era tipico delloligarchia (mentre in democrazia si accedeva alle cariche per sorteggio), ma lelezione viene estesa a tutti i cittadini, anche a quelli senza censo. Per questo sembra avere almeno in parte ragione Aubenque, quando osserva che Aristotele attribuisce alla polita la maggior parte dei caratteri che noi oggi attribuiamo, e che gi i Greci attribuivano, alla democrazia58.

    4. Altri argomenti a favore alla democrazia

    Oltre agli argomenti favorevoli alla democrazia, desumibili dalle critiche di Aristotele alla monarchia, nonch dalle sue descrizioni della polita e della costituzione media, nella Politica esistono altri argomenti, collegati alle nozioni fondamentali discusse nel trattato, cio la nozione di citt, di autorit, di uomo, di cittadino, di costituzione ottimale, che rivelano un atteggiamento sostanzialmente favorevole alla democrazia e comunque smentiscono lattribuzione ad Aristotele di quello che tradizionalmente stato considerato il modello aristotelico di pen-siero politico. Il primo tra questi la stessa definizione di polis come la societ che tende al bene pi importante e che pertanto la societ pi importante (kuriwtavth). Subito dopo avere dato questa definizione, infatti, Aristotele aggiunge:

    Non dicono bene quanti pensano che il governante di citt (politikov"), il re (basilikov"), il capofamiglia (oijkonomikov") e il padrone (despotikov") siano lo stesso. Essi ritengono infatti che ciascuno di questi differisca solo per moltitudine e pochezza, e non per specie: per esempio, se di pochi, sia padrone, se di pi, capofamiglia, se di ancor pi, governante di citt o re, come se non ci fosse differenza tra una grande famiglia e una piccola citt []. Ma ci non vero, come risulter chiaro a quanti indagheranno col metodo qui proposto59.

    58 AUBENQUE, Aristote et la dmocratie, in Aristote politique cit., p. 257.59 Aristot. Pol. 1, 1, 1252 a 7-18 (seguo in parte la traduzione di Viano, che rende troppo debolmente, come uso linguistico non appropriato, ci che il testo dichiara invece pi nettamente come non vero).

  • 50 Enrico Berti

    La differenza tra famiglia e citt che la famiglia una societ di disuguali, che sono non tanto il marito e la moglie, quanto i genitori e i figli e soprattutto il padrone e gli schiavi, mentre la citt, come Aristotele dice sovente, una societ di uguali, di liberi ed uguali, anche se tale condizione, come noto, vale solo per i cittadini pleno iure, cio in pratica per i capifamiglia. Si legga infatti il seguente brano:

    Anche da queste considerazioni risulta chiaro che il governo del padrone (despoteiva) e quello del governante di citt (politikh; ajrchv) non sono la stessa cosa, e che non tutte le forme di governo sono identiche le une alle altre, come alcuni dicono. Luna infatti si esercita su uomini liberi per natura e laltra su schiavi, e il governo della famiglia (oijkonomikhv) monarchico (ogni famiglia infatti retta monarchicamente), mentre il governo della citt si esercita su liberi ed uguali60.

    Tutti i commentatori concordano nel ritenere che il bersaglio di questa critica (alcuni) sia Platone, che secondo Aristotele nella Re-pubblica, proponendo labolizione della famiglia, avrebbe trasformato la citt in una grande famiglia, cio in una societ di disuguali. Il cosid-detto modello aristotelico dunque, in realt, un modello platonico, esplicitamente rifiutato e criticato da Aristotele. Inoltre la concezione del governo politico, cio caratteristico della polis, come governo che si esercita su liberi ed uguali, trova indubbiamente una realizzazione pi fedele nella democrazia, o nella polita, piuttosto che nelle altre costituzioni61.

    Un altro argomento a favore della democrazia la famosa definizio-ne delluomo come animale per natura politico, cio capace di realizzare pienamente la sua natura soltanto nella polis, definizione che si fonda, come lo stesso Aristotele precisa, sul fatto che luomo, a differenza da tutti gli altri animali, lunico che possiede il logos, di cui si serve per indicare lutile e il dannoso, e perci anche il giusto e lingiusto62. Come stato notato gi da Hannah Arendt, ma pi recentemente anche da Barbara Cassin e da Pierre Aubenque, il logos qui menzionato la parola

    60 Ivi, 1, 7, 1255 b 16-20. Anche a questo proposito mi permetto di citare il mio studio su Storicit ed attualit della concezione aristotelica dello Stato, Verifiche, 7, 1978, pp. 305-358 (ristampato in BERTI, Nuovi studi aristotelici, 3, cit., pp. 165-210), nonch il volume antologico da me curato su Il pensiero politico di Aristotele, Roma-Bari, Laterza, 1997.61 Sullautorit politica come autorit che si esercita su liberi ed uguali si veda anche Pol. 3, 4, 1277 b 7-16.62 Aristot. Pol. 1, 2, 1253 a 1-18.

  • 51Aristotele e la democrazia

    in quanto capacit di comunicare e di discutere, e la discussione nella polis ha come fine essenzialmente la deliberazione in assemblea o in consiglio, che il metodo di fare politica proprio della democrazia63. Inoltre degno di nota, in questa definizione, il fatto che essa si applica allanthrpos, cio alluomo inteso come specie, comprendente quindi maschi e femmine, Greci e Barbari, liberi e schiavi, bench poi di fatto lesercizio del logos, nella polis antica, anche democratica, fosse limitato ai cittadini pleno iure, cio maschi, Greci e liberi64.

    La stessa definizione del cittadino come colui che possiede il diritto di partecipare ai tribunali e alle assemblee deliberative, avanzata nel terzo libro della Politica, riconosciuta dallo stesso Aristotele come caratteristica essenzialmente della democrazia65, il che fa di questa costituzione, come stato osservato da M. Narcy, lunica capace di riconoscere il cittadino tout court, e quindi la presenta come la costitu-zione tout court66. E il fatto che la virt, ossia leccellenza, del cittadino sia identificata con la capacit sia di comandare che di obbedire bene, mentre quella del governante identificata essenzialmente nella capacit di governare bene, cio nella saggezza (frovnhsi")67, rinvia alla descri-zione della saggezza contenuta nel sesto libro dellEtica Nicomachea. Qui Aristotele definisce la saggezza come la capacit di deliberare bene, cio di individuare i mezzi pi idonei alla realizzazione di un fine buono, che pu essere il bene proprio, quello della propria famiglia o quello della propria citt, e come modello di uomo saggio, capace di fare questo, egli indica Pericle, il leader della democrazia ateniese68.

    63 H. ARENDT, Vita activa. La condizione umana, trad. di S. Finzi, Milano 1994 (ed. orig. 1958), pp. 18-20; B. CASSIN, Lgos et politique. Politique, rhtorique et sophistique chez Aristote, in Aristote politique cit., pp. 367-398; P. AUBENQUE, Aristote et la conception dlibrative de la dmocratie, in ID., Problmes aristotliciens cit., pp. 195-200.64 Anche a questo proposito mi permetto di rinviare a E. BERTI, La diversit nella-ristotelismo antico, moderno e contemporaneo, in La diversit in et moderna e con-temporanea, L. Cavazzoli (a cura), Genova 2001, pp. 47-60 (rist. in ID., Nuovi studi aristotelici, 4/2, Linfluenza di Aristotele. Et moderna e contemporanea, Brescia 2010, pp. 371-382; ID., I barbari di Platone e di Aristotele, Filosofia politica, 17, 2003, pp. 365-382 (rist. in ID., Nuovi studi aristotelici, 3, cit., pp. 251-268).65 Aristot. Pol. 3, 1, 1275 a 22-b 6.66 M. NARCY, Aristote devant les objections de Socrate la dmocratie, in Aristote poli-tique cit., pp. 265-288.67 Aristot. Pol. 3, 4, 1277 a 25-b 26.68 Aristot. Eth. Nic. 6, 5, 1140 a 24-b 11. Il fatto che in Ath. pol. 28 Pericle non sia citato fra i tre migliori politici ateniesi (Nicia, Tucidide e Teramene) si spiega forse col fatto che egli era stato, a differenza dagli altri tre, il leader di una democrazia considerata da Aristotele come non abbastanza moderata. Del resto nello stesso contesto Aristotele

  • 52 Enrico Berti

    Infine nel libro settimo della Politica, dove Aristotele delinea i caratteri della costituzione ottimale (politeiva ajrivsth) intesa in senso assoluto, soffermandosi a illustrare il numero ideale dei cittadini da cui una citt deve essere formata, la regione ideale in cui deve essere collocata, le qualit ideali che i cittadini devono possedere, e altri par-ticolari di questo tipo, egli torna sul problema di stabilire a chi spetti lesercizio del potere, ed osserva che, essendo ovviamente i cittadini di una simile citt tutti uguali tra loro, tra persone uguali il governo non pu che essere esercitato a turno (ejn mevrei), in modo che tutti, prima o dopo, comandino e tutti, prima o dopo, obbediscano69. Anzi egli si spinge sino a indicare quando gli stessi cittadini devono governare e quando devono invece obbedire, e stabilisce che da giovani, avendo soprattutto la forza, essi devono obbedire, in particolare servire la cit-t con le armi, mentre da vecchi, avendo soprattutto la saggezza, essi devono governare70. Limportante che tutti, essendo tra loro uguali, in un certo periodo della loro vita obbediscano, ad esempio facendo la guerra o occupandosi degli affari, e in altro periodo comandino. Anzi limportante ricordare che, avendo la polis come fine il vivere bene cio la felicit, le attivit strumentali, come la guerra e il disbrigo degli affari (ajscoliva), sono mezzi orientati a delle attivit fini a se stesse come, rispettivamente, la pace e il buon uso del tempo libero (scolhv)71.

    Naturalmente non si pu dire che questa sia, per Aristotele, la democrazia. La costituzione descritta nei libri settimo e ottavo della Politica, come ha rilevato Mulgan, unaristocrazia in cui il corpo dei cittadini ristretto agli uomini virtuosi ed esclude gli artigiani e i la-voratori, che conterebbero invece come cittadini in una democrazia72. Ma ci dipende dal fatto che essa la migliore costituzione in assoluto, cio la costituzione ideale, il che non esclude che il criterio per gover-nare ad essa proprio, cio il governare a turno, in quanto ritenuto il migliore, possa essere applicato nella misura del possibile anche alle costituzioni reali, nel qual caso la costituzione in cui esso trova la pi larga applicazione senza dubbio la polita, o la costituzione media, ovvero ci a cui tende quella che noi chiamiamo una buona democrazia.

    dichiara che, finch Pericle fu a capo del partito democratico, tutto ci che riguardava la vita politica fu migliore, mentre dopo la sua morte le cose andarono molto peggio.69 Aristot. Pol. 7, 3, 1325 b 7-10.70 Ivi, 9, 1329 a 13-17. Cf. anche 14, 1332 b 12-1333 a 16.71 Ivi, 14, 1333 a 16-b 5.72 R. MULGAN, Aristotles Analysis of Oligarchy and Democracy, in A Companion to Aristotles Politics cit., p. 318.