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Artil, Signore delle stelle Artil, Signore delle stelle Annibale Vitiello francesca laccetti

Artil, signore delle stelle

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Libro avventuroso e rocambolesco, che narra il viaggio di due ragazzi trà fantasia e realtà.

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Artil,Signore delle stelle

Artil,Signore delle stelle

Annibale Vitiellofrancesca laccetti

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ANNIBALE Vitiellofrancesca laccetti

Artil,Signore delle stelle

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Copertina ed impaginazione: Renato Grauso

Prologo: Marco Zurzolo

Editing : Maria Massa

La quercia editore di Michele Grauso

Via F. Palizzi, 82/A - 80127 Napoli

e-mail: [email protected]

Stampato per conto della Quercia Editore

presso la Tipografia Armano S.r.l.

NAPOLI

Stampato a Ottobre 2012

® COPYRIGHT OTTObRE 2012 LA QuERCIA EdITORE

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PROLOGO

un excursus immaginifico che affonda le

radici nella natura.

una natura spiraglio di mistiche visioni

che individuano attraverso il viaggio

connotati interiori, quasi a oggettivare un

archetipico interno umano.

I colori accesi, il grigio, gli uccelli, tutto

suggerisce passaggi sognati dalla cima del

Tibet. Il manifestarsi del mistero non è

altro che una spinta verso una gioiosa,

melodica esplorazione.

Se dovessi trasporre musicalmente que-

sto racconto, comporrei senza dubbio una

suite, nel rincorrersi di melodie uguali e

fraseggi,che nella continua ridefinizione

di arrangiamenti diversi ritrova una

possibilità di infinito.

Marco Zurzolo

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Francesca Laccetti

“A Gabriele”

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Annibale Vitiello

“A Gabriella, Cristiana, Davide e Giulia

che tengono in vita la magia”

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INDICE

Artil, signore delle stelle Pag. 13

Il viaggio Pag. 16

L’Aranciopianeta Pag. 23

Nello spazio Pag. 36

La Statuastella Pag. 43

Il Picòcoio Viaggiante Pag. 65

La Terra Pag. 69

Città nella Roccia Pag. 88

Il Tibet Pag. 112

La strada dei sogni Pag. 130

La Madre Quercia Pag. 163

di nuovo tra i nani Pag. 181

Ritorno a casa Pag. 185

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Artil, signore delle stelle

Steso a pancia in giù, con un braccio ed una gamba penzo-

loni, guardava la danza sulla Terra: minuscoli esseri che si

muovevano fra macchie colorate.

L'aria era fresca, ma dal pianeta saliva la corrente grigiastra e

maleodorante che altre volte gli aveva procurato mal di testa,

nausea e tristezza.

Illuminò gli occhi, focalizzando la foresta amazzonica, e vide che

un altro albero veniva abbattuto.

un moto di rabbia partì dallo stomaco fino a raggiungere la mano

sinistra, che si serrò a pugno, e colpì un incolpevole pezzo di me-

teorite. Si portò le dita doloranti alla bocca e, dopo un attimo, av-

vertì dei colpi di tosse ed un respiro affannoso provenire da un

altro punto della Terra. Rivolse il suo sguardo nella direzione

dalla quale veniva il suono e si accorse che un bimbo stava

avendo un attacco di asma. Quell'albero era nato e cresciuto per

dare aria e respiro alla vita del piccolo ed ora, che non c'era più,

quel bambino avrebbe avuto per sempre problemi nel respirare.

Spense gli occhi, non voleva vedere più nulla per quella sera. da

un po’ di tempo il pianeta Terra gli procurava molto dolore.

Il desiderio di compagnia e conforto si fece lentamente spazio

tra i sentimenti negativi che provava in quel momento e pensò

intensamente a Isil’ore. La dolcezza, che da quel pensiero derivò,

si trasformò in un vento leggero e fosforescente che lo sollevò

piano e lo condusse da lei.

Su di un pianetino immerso tra nuvole rosa, in una galassia lon-

tanissima, viveva la sua amica: piccola, diafana, con lunghe

trecce bionde, quasi bianche, orecchie allungate e occhi color

ametista. Lei gli sorrise nel vederlo. Isil’ore non parlava, ma il

suo cuore luminoso emetteva musiche che Artil sapeva tradurre

in parole e frasi.

"Salve signore delle stelle, come stai?"

Il soprannome che usava l’amica gli strappava sempre un sorriso.

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Alzò le spalle, scrollò la testa e la sua cascata di capelli neri on-

deggiò al vento della notte. Era poco più alto di lei, fragile al-

l'apparenza, ma dotato di una forza insospettabile.

"Ci sono sempre più buchi sulla Terra" dissero i suoi pensieri e

Isil’ore li lesse come in un libro "il verde scompare, il blu diventa

nero, il grigio avanza..."

dopo una pausa riprese "ieri hanno tagliato un intero bosco in

un paese a forma di stivale..." Isil’ore chiuse gli occhi per il do-

lore. Se vogliono distruggersi, lo facessero pure, ma almeno la-

sciassero in pace il resto dell' universo!"

La ragazza gli accarezzò il viso che assomigliava a quello di un

bambino arrabbiato.

"Quella colonna di fumo c'è sempre?"

"Si, ed ogni giorno diventa più grande. Finiranno per far scomparire

anche le stelle. Mi chiedo come ne riescano a produrre così tanto!”

"Canta, Artil, canta con me!".

un sorriso malinconico affiorò, in bilico tra la disperazione e la

gioia, mentre Artil ascoltava la musica che il cuore della sua

amica gli proponeva. Poi cominciò a cantare anche lui e la sua

voce si udì in tutto il cosmo, oltre le nuvole, oltre tutte le galas-

sie, le stelle, i pianeti, oltre ogni cosa, laggiù dove non arriva nep-

pure l'immaginazione.

Il canto era l'unica cosa che Isil’ore sentiva e quello di Artil, in

particolare, le era di grande conforto.

Quando Artil cantava, sembrava che tutto il cosmo percepisse una

profonda emozione ed ogni cosa vibrasse. dalla Terra a volte si

vedono le stelle nel cielo che sembrano tremolare: c'è di sicuro

Artil, da qualche parte, che sta cantando. Sugli altri pianeti e stelle

abitate, gli esseri viventi e non si fermavano ad ascoltare la voce

del signore delle stelle senza sapere nemmeno da dove provenisse.

"Vorrei che le cose fossero diverse... a volte penso seriamente di

dover fare qualcosa per modificare la situazione".

"E come?" chiese la ragazza.

"Non lo so... So solo che stanotte mi piacerebbe sognare una

Terra di pace, e che gli umani scoprissero da soli il modo per

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realizzare questo sogno!".

"Se è questo che desideri ti aiuterò io: chiudi gli occhi, stenditi su

questo letto di polvere di luna, ed io suonerò per te la musica del-

l'incantatrice di sogni".

Isil’ore cominciò a cantare ed Artil si sentì cullare. Il movimento,

lento e ritmico, risvegliò antiche, piacevoli sensazioni, senza pa-

tria e senza tempo. I battiti del suo cuore si armonizzarono con il

ritmo percepito dal corpo e un'immagine iniziò a prendere forma

nella mente.

Avvolto da una luce soffusa, un immenso albero secolare lo don-

dolava reggendolo tra i suoi possenti rami. Essi erano protesi

tanto da esporlo al delicato calore del sole mattutino. Inondato

dal tepore, ebbe la sensazione che le sue membra crescessero e si

tendessero all'infinito.

All'improvviso la scena cambiò. Sospeso nell'aria, con le gambe in-

crociate, ora era Artil a stringere tra le sue braccia l'albero ed il sole.

La notte trascorse tenera e serena.

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Il viaggio

La mattina seguente Isil’ore volle andare a vedere l'alba

galattica e questo significava volare sul punto più alto

di tutto l'universo, lassù dove nessuno poteva arrivare,

nessuno, tranne Artil. Il signore delle stelle si concentrò sul de-

siderio dell'amica e in pochi attimi furono sulla stella più a nord

che esisteva, proprio mentre il chiarore del sole di alcune ga-

lassie sostituiva il buio della notte. Era uno spettacolo mozza-

fiato e davvero unico, avere tutto l'universo davanti: di qua,

un'infinità di pianeti e stelle e galassie avvolte dalla luce dorata

del giorno nascente, di là, un'altrettanta infinità coperta da un

crepuscolo d'argento.

Ma all'improvviso, la colonnina di fumo proveniente dalla Terra

iniziò ad annebbiare i confini delle cose. Artil e Isil’ore si guar-

darono senza parlare; dunque il pericolo terrestre stava arrivando

fin lassù .Come poteva un pianeta così piccolo a riuscire a pro-

vocare un danno così grande?

Era urgentissimo fare qualcosa, altrimenti il veleno si sarebbe

diffuso dappertutto.

"devo muovermi ora, Isil, non posso più perdere tempo". La voce

del signore delle stelle era decisa e malinconica allo stesso tempo.

"Ma non so come", continuò, "la Terra è molto lontana e, per certi

versi, a me sconosciuta. Non conosco come funzionano le sue re-

gole , e le persone che la abitano mi sembrano misteriose. Mia

madre talvolta mi nominava quel pianeta, ma non ricordo più

cosa diceva. Che possiamo fare a riguardo?"

Era davvero strano sentire Artil fare riferimento al passato e so-

prattutto alla sua famiglia, tanto che l’amica preferì sorvolare

l’argomento e cantare, con rassegnazione "non lo so neppure io".

dopo una breve pausa gli occhi ametista di Isil’ore si illumina-

rono e la musica riprese, "forse c'è chi può aiutarci. Il Saggio

della Luce. Egli è uno degli esseri più antichi dell’universo e pos-

siede grandi conoscenze e saggezza. Credo che lui possa darci

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delle risposte. Chiunque riesca a trovarlo, può consultarlo tre volte

nella vita. C'è solo un caso in cui l'Antico non risponde alle do-

mande ed è quando egli avverte nel cuore del richiedente qualche

buco nero. Ma puoi stare tranquillo, non è il caso tuo".

Artil, con una nuova speranza nel cuore, si domandò come mai la

sua amica conoscesse tante cose sul Saggio della Luce. Ipotizzò

che, forse, l'avesse già incontrato e consultato. Si sorprese così ad

immaginare quale potesse essere un motivo valido da spingere Isi-

l’ore a cercare il Saggio. Gli era sempre apparsa estremamente se-

rena, priva di dubbi, ansie o problemi. Cosa poteva turbarla da

indurla a richiedere un aiuto del genere?

Stava sul punto di domandarglielo, ma qualcosa di sconosciuto lo

trattenne. disse solo "mi sembra un'eccellente idea! Concentrati

sul luogo dove possiamo cercare il Saggio della Luce, desidera for-

temente arrivarci ed io farò in modo che il tuo desiderio si avveri".

Isil’ore si concentrò. Artil fissò intensamente l'amica e si sinto-

nizzò sulla lunghezza d’onda dei suoi desideri. Lasciò che la

magia crescesse dentro di lui ed eseguì una precisa sequenza con

le mani. Piccoli lampi luminosi, come piccole stelle di una costel-

lazione che cominciarono a turbinare intorno ai due corpi immo-

bili e, un attimo dopo, al posto dei due amici rimase solo il silenzio.

Si ritrovarono di fronte una costellazione a forma di drago. La

luce dell'insieme di stelle pulsava come un cuore, si udiva un re-

spiro calmo, profondo e antico, ed entrambi percepirono una vita.

Ad Artil non era concesso di conoscere nè tantomeno di fare do-

mande su ciò che i suoi desideri evocavano e, così, senza chiedere

nulla, allungò una mano verso la costellazione e questa gli si fece

più vicina, accogliendo i due amici nel suo spazio, sostenendoli

come su un cuscino d'acqua e trasportandoli, per poi scomparire,

nel Regno della Luce.

Questo mondo era abbastanza vasto, ma i suoi confini scintillanti

si riuscivano a distinguere ad occhio nudo.

Artil fu divertito da quell' insolito ambiente, dove si udivano so-

spiri e mormorii senza che si vedesse nessuno. Almeno, nessun

essere di quelli che era abituato a vedere: in realtà c'erano molte

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più anime di quante potesse immaginare, ognuna contraddistinta

da una piccola luce. A guardar bene, sembrava una festa di luc-

ciole, ciascuna di un colore diverso.

Artil schiarì la voce e, con un tono alto, disse "Sono venuto fin

qui per incontrare il Saggio della Luce. dove posso trovarlo?"

una specie di lampadina, di un rosso intenso, si avvicinò fino a

raggiungere lo stesso livello degli occhi dei due ospiti. In quella po-

sizione si fermò, cominciò a tremolare e, in un attimo, si sdoppiò,

trasformandosi in due punti fissi e vicini. Ci volle un poco per com-

prendere che in realtà erano due pupille di uno straordinario e in-

tenso rosso che studiavano attentamente i due convenuti. Poi,

lentamente, apparve una forma più distinta e riconoscibile.

Artil si trovò a fissare il corpo di un uomo molto anziano, semi

trasparente, avvolto da un alone ambrato e con due occhi di ru-

bino puntati su di lui. Ma la cosa che lo meravigliò di più, cre-

andogli una serie di dubbi, fantasie e teorie, fu il notare che

l'ombra, proveniente dal padrone di casa, non era umana, bensì

quella di un drago con le ali spiegate.

L'essere che aveva di fronte, senza muovere le labbra, disse

"parla ragazzo, ti ascolto". La sua voce era simile ad un ruggito.

Per un attimo Artil ebbe l'impressione che il Saggio della Luce

sorridesse a Isil‘ore, confermando i suoi sospetti in merito al

fatto che i due già si conoscessero. Questa ipotesi fu avvalorata

dalla considerazione che non avevano dovuto cercare il Saggio,

ma semplicemente, erano stati accolti da lui in persona.

Ancora una volta qualcosa lo spinse ad andar oltre i propri di-

lemmi e si limitò a descrivere la situazione che l' aveva motivato

a cercare aiuto.

Il Saggio ascoltò il suo racconto e poi si informò "cosa chiedi?"

"Voglio fare qualcosa per salvare gli umani, per fermare i loro

veleni" rispose Artil deciso.

"Perchè?"

"Perchè?... beh... perchè... perchè... non mi piace che delle per-

sone si distruggano inconsapevolmente e quella nube nera di-

sturbi l’intero universo. Credo che noi, da quassù, possiamo

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fare qualcosa. dobbiamo intervenire!" Artil aggiunse dopo un

momento d'imbarazzo.

Il Saggio lo fissò con maggiore intensità. Fluttuò verso di lui e gli

poggiò la mano sinistra sul cuore. Il tocco era lieve come un ba-

tuffolo di ovatta. Artil avvertì una corrente, calda come un fuoco,

partire dalla mano rugosa del vecchio, entrare dentro di sè, attra-

versarlo dappertutto, come un fiume di lava, per poi tornare dal

padrone, come un cane fedele. La pausa di silenzio, che riempì il

tempo necessario per compiere l'operazione, fu interrotta solo

dalle varie espressioni che il Saggio assunse di volta in volta. In

alcuni momenti sembrò sorridere, altre volte rasserenarsi e, anche

se per un breve attimo, parve persino soffrire fino al punto di

piangere. Quindi ritrasse la mano e parlò: "bene... Artil, sono

d'accordo con te. Credo anche che tu sia adatto per questa mis-

sione. Se avessi risposto con estrema sicurezza mi sarebbe sorto

qualche dubbio perché voleva dire che non prendevi in conside-

razione i tuoi limiti. Ma la tua perplessità nel rispondermi, in-

sieme ad una grande determinazione e alla tua voglia di

combattere, mi hanno bene impressionato. Sì, puoi intervenire,

ma ricorda che scendere sulla Terra può essere pericoloso..."

"Scendere sulla Terra?!" Artil lo interruppe.

Fu immediata la considerazione che un viaggio del genere

l’avrebbe costretto ad incontrare persone con le quali avrebbe

dovuto necessariamente interagire. Il pensiero venne rappresen-

tato con l’immagine di una folla indistinta, senza volti, che lo cir-

condava e l’ansia lo attanagliò. Era ben consapevole di aver

trascorso la sua vita fino ad ora volando di qua e di là, cantando

quando ne aveva voglia, facendosi bastare l’amicizia di Isil’ore

ed impegnandosi ad evitare altri incontri e altre persone. Aveva

paura, per non dire che era convinto, che i legami potessero pro-

curare ferite difficilmente rimarginabili. Così era stato nella sua

vita. d’altronde se Isil’ore non avesse insistito, con tanta deter-

minazione, nel voler la sua amicizia, sarebbe riuscito a sfuggire

anche alla relazione con lei.

Le sue cupe riflessioni furono sbriciolate dalla risposta del Saggio.

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"Certo. L'unico modo che hai per farti ascoltare dagli altri esseri

è avvicinarti a loro. Se utilizzassi altri canali, più comuni tra noi,

loro interpreterebbero le tue modalità di comunicazione come

magia e ne avrebbero paura. Le vivrebbero come una minaccia

alle loro sicurezze. I terrestri sono così, temono tutto ciò che non

comprendono ed è diverso da loro. La sola via che ti rimane da

percorrere è quella di renderti simile a loro e trovare tu il modo

di farti ascoltare".

Il silenzio che seguì era carico di tensione.

“Rammento un’antica storia che alcuni sostenevano fosse una

profezia” riprese il Saggio “che forse può esserti utile. Il tuo re-

soconto l’ha stanata da chissà quale angolo buio dei miei ricordi,

ma se ciò è successo, allora credo che abbia a che fare con la vi-

cenda della Terra”.

Chiuse gli occhi e i rubini sparirono. Rimase solo la luce diffusa

e il silenzio.

Poi parlò come se recitasse dei versi di una poesia ermetica.

“L’ombra scura rompe il cerchio, il seme purosangue nella madre

ripara, i tre custodi proteggono e il meticcio sorveglia dall’alto.

Il destino è tracciato nel passato, nel presente e nel futuro”.

Il Saggio tacque e i rubini sfavillarono di nuovo puntando il ra-

gazzo. Artil ripassò la profezia nella mente, più volte, per fis-

sarla alla memoria come tratto indelebile, anche se le parole gli

sembravano prive di qualsiasi significato.

"Posso andare anch'io?" chiese Isil‘ore .

“Tu sai quello che devi fare!” rispose laconico il vecchio, senza

possibilità di replica, e continuò “ricordate che i vostri poteri stra-

ordinari sono sensibili alle variazioni del flusso magico e che

tutte le vostre scelte e le vostre azioni avranno conseguenze ben

più ampie di ciò che appare. Il pericolo maggiore è perdersi. Que-

sti sono i miei consigli” concluse. La mente di Artil ribolliva nel

tentativo di elaborare tutte le informazioni ricevute dal Saggio.

"Come faremo a trovare la strada per la Terra?" chiese il ragazzo.

"Non puoi conoscere tutto in anticipo, Artil, saprai ogni cosa al

momento giusto! So solo dirti che non sarà una via diretta.

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Ad ogni tappa d’avvicinamento potresti trovarti di fronte ad un pro-

blema, ad una richiesta d’aiuto. Non ignorarle perché, ricorda, tutto è

collegato. un vecchio detto recita - una soluzione per ogni pianeta-".

Per un momento i due si guardarono dritto negli occhi e, quando

sembrava che il colloquio fosse finito, il vecchio si avvicinò al si-

gnore delle stelle e, sussurrando direttamente dall’interno del suo

cervello, aggiunse "c'è un'altra cosa, ragazzo, nel corso della tua

missione dovrai comprendere qualcosa di ignoto che ti riguarda.

un'ombra che forse contiene un dolore ben nascosto e protetto. Può

essere un ostacolo o una risorsa. Come sempre, dipende solo da te".

Quindi tese l'indice della mano destra verso la testa di Artil e sem-

brò che un'immensa ala nera di drago avvolgesse interamente il

giovane. Il dito si poggiò, con infinita tenerezza e compassione,

sulla fronte dell'immobile ragazzo.

"Mi dispiace, ma è così".

La frase si materializzò nella mente di Artil, accompagnata da

una corrente di aria calda e benefica, mentre il Saggio riprendeva

la sua forma originale di luce rossa e si allontanava.

La separazione fu inaspettatamente dolorosa e i due amici torna-

rono sul pianetino di Isil’ore decisi a preparare un piano.

Ripensarono a tutte le novità apprese.

Artil non poteva fare a meno di ritornare incessantemente alle ul-

time parole dell'arcano. Non ne aveva fatto cenno alla sua amica.

Aveva deciso, un pò per vergogna e un pò per protezione, che ri-

guardassero soltanto lui. Avvertiva chiaramente che, anche non

sapendo di cosa si trattasse, si era verificato un cambiamento ir-

reversibile nel suo equilibrio interiore. Nel tentativo di definire la

sua nuova situazione emotiva pensò, con una nota di ironia -

un'ombra su un'ombra - .

Trascorsero il resto della serata a raccontarsi le storie dell'uni-

verso che conoscevano fin da bambini, poi, finalmente stanchi, si

addormentarono.

Il giorno successivo studiarono la mappa dell’universo recupe-

rata nell’abitazione di Isil’ore dove lei aveva l’abitudine di ac-

cumulare ogni sorta di oggetti raccatati in giro. dopo una lunga

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discussione, decisero che il tragitto migliore, per raggiungere la

Terra, sarebbe stato quello che attraversava due piccoli pianeti di

due diverse costellazioni.

Conoscevano il modo di raggiungere la prima tappa del loro viag-

gio. dovevano aspettare l'arcobaleno-dopopioggia e cavalcarlo

sulla striscia color indaco.

Fu proprio mentre montavano sul lunghissimo scivolo colorato,

apparso tra le ultime gocce di una pioggia galattica, che una pic-

cola stella, nella galassia sud, scomparve dissolta tra le nebbie

che salivano dalla Terra.

Artil e Isil’ore sedevano, a cavalcioni, sulla fascia indaco, scivo-

lando nell'aria, mentre un vento leggero ripuliva i loro pensieri e

la luce di milioni di stelline e di polvere di lune brillava come

un'enorme fiaccolata.

Il viaggio a cavallo dell'arcobaleno fu lungo, ma piacevole, e,

man mano che si avvicinavano alla prima tappa della missione,

l'aria, che si modificava, li costringeva a fare profondi respiri per

abituare i polmoni alla nuova atmosfera.

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