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Resta con noi Signore, perché si fa sera, e facci testimoni della tua Pasqua WWW.TESTIMONIDELRISORTO.ORG PERIODICO DI INFORMAZIONE DEL MOVIMENTO TESTIMONI DEL RISORTO > > I GIOVANI CI INVITANO A RIFLETTERE SULLA FAMIGLIA ALBERTO PELLÈ LA VIA LUCIS NELLA FESTA DELL’ASCENSIONE DI NOSTRO SIGNORE MARCO E VLADIA CABRERA > 11 FORMAZIONE LA CRISI DELLA FAMIGLIA E LA PASTORALE FAMILIARE ARTURO SARTORI N. 2 2017 ACCOMPAGNARE DISCERNERE INTEGRARE (Amoris Laetitiae, cap. 8) 22 GIOVANI 23 CENACOLI

ARTURO SARTORI DISCERNERE INTEGRARE ALBERTO PELLÈ E …testimonidelrisorto.it/files/admin/TRNews/2017/TRNews... · 2017. 9. 2. · sti incontri annuali ma anche dalla presentazione

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  • Resta con noi Signore, perché si fa sera, e facci testimoni della tua Pasqua

    WWW.TESTIMONIDELRISORTO.ORG

    PERIODICO DI INFORMAZIONE DEL MOVIMENTO TESTIMONI DEL RISORTO

    >

    >

    I GIOVANI CI INVITANOA RIFLETTERESULLA FAMIGLIAALBERTO PELLÈ

    LA VIA LUCIS NELLA FESTA DELL’ASCENSIONE DI NOSTRO SIGNOREMARCO E VLADIA CABRERA

    > 11FORMAZIONE

    LA CRISI DELLA FAMIGLIA E LA PASTORALE FAMILIAREARTURO SARTORI

    N. 22017

    ACCOMPAGNARE DISCERNERE INTEGRARE

    (Amoris Laetitiae, cap. 8)

    22GIOVANI

    23CENACOLI

  • Periodico quadrimestrale. Registrazione Tribunale diRoma n. 579 del 28/12/2001

    � Direttore responsabile:Massimo Tarantino - [email protected]

    � Consiglio di redazione:Agostino Aversa, Concetta Boccia, Paolo Cicchitto,Anna Massa, Silvana Mora, Dina Moscioni, SabinoPalumbieri, Maurizio Parotto, Luis Rosón Galache

    � Segreteria di redazione:Maurizio Parotto, Silvana Mora

    [email protected]

    � Hanno collaborato a questo numero: Agostino Aversa, Armando Balestrazzi, Vladia eMarcos Cabrera, Roberta Calbi, Paolo Cicchitto,Francesca Cocomero, Francesca Del Sette, Da-nilo Favia, Marialuisa Michienzi, Alma Miolla, DinaMoscioni, Sabino Palumbieri, Alberto Pellè, LuisRosόn Galache, Arturo Sartori

    � Segreteria amministrativa:Dina Moscioni - [email protected] Cicchitto - [email protected]

    � Sede: 00136 Roma - Via Matteo Babini, 11

    L’invio di articoli e fotografie include il consenso per l’eventuale pubblica-zione, pertanto, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Gli articolifirmati impegnano esclusivamente gli autori. Tutti i diritti riservati.

    Tipolitografia: Istituto Salesiano Pio XI - [email protected] Umbertide, 11 - 00181 Romatel. 06.7827819 - 06.7848123

    Finito di stampare: luglio 2017

    Testimoni del RisortoE-mail: [email protected]

    www.testimonidelrisorto.org

    Volontari per il Mondo -Onlus00139 Roma, Via Matteo Babini, 11tel. 081 8711297 - fax 081 3944177E-mail: [email protected]

    In copertina: Papa Francesco ci invita a parlaredelle nostre famiglie così come sono.

    3 In questo numero…a cura della Redazione

    4 Finestra della CoordinatriceIl TR con il suo carisma di don Boscoin cammino con la Famiglia SalesianaDina Moscioni

    6 Alla ricerca del centroSabino PalumbieriFondatore del Movimento TR

    9 Vocazione dell’uomo alla comunioneLuis Rosón Galache,Guida Spirituale Movimento TR

    11 La crisi della famigliae la pastorale familiareArturo Sartori

    13 MONSIGNOR JAN OZGAPaolo Cicchitto

    14 Intervista a Mons. Jan Ozgaa cura di Roberta Calbi

    16 Scheda biografica di Mons. Jan OzgaRoberta Calbi

    17 …oltre la maturità…Arturo Sartori

    18 Il Papa della pacenell’Egitto della paceAgostino Aversa

    20 L’apertura come chiave di voltaFrancesca Cocomero

    21 Profumare di famigliaMarialuisa Michienzi

    22 I Giovani ci aiutano a riflettere sulla FamigliaAlberto Pellè

    23 La Via Lucis nella festa dell’Ascensione di Nostro SignoreVladia eMarcos Cabrera

    24 La Via Lucis alle Catacombedi San Callisto a Romaa cura della Redazione

    25 Con la Via Lucisil cuore trabocca di gioiaAlma eDanilo Favia

    Una famiglia che cammina nella fedeAlma Miolla

    26 Incontro zonale dei Cenacoli in PugliaArmando Balestrazzi

    27 MAGDALA: una donna,il coraggio, l’annuncioFrancesca del Sette

    Notizie di famiglia

    sommarioN. 2 - 2017PERIODICO DI INFORMAZIONE DEL MOVIMENTO TESTIMONI DEL RISORTO

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    14

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  • � La Formazione è dedicata specificamentealla Famiglia nella pastorale, seconda parte deltema di fondo scelto per quest’anno: La Fami-glia, comunità d’amore. Don Sabino ricordache “il centro della vita pastorale è il centrodella vita e dell’attività della Chiesa”, ed è inquesta luce che ci offre un’articolata analisisulla famiglia come comunità che promana da una comunione profonda. E la “vocazione dell’uomo alla comunione” è alcentro della riflessione di Don Luis. La presen-tazione della pastorale dedicata alla famiglia sicompleta con il serrato ma chiaro confronto,presentato da Arturo Sartori, tra le propostedella pastorale familiare e la realtà attuale dellafamiglia, attraversata da una profonda crisi. E in questa prospettiva, che affronta il senso di “famiglia oggi”, particolarmente significa-tive ci sembrano le riflessioni nelle pagine dei Giovani. Infine, anche questa volta lo spazio dedicato alla formazio-ne si completa con l’appassionato“racconto” della nuova tappa delcammino ecumenico e di pace diPapa Francesco, nell’inquieta terrad’Egitto.

    � La sezione dei Volontari per ilmondo è dedicata per intero aMonsignor Jan Ozga, che da 25anni svolge il suo compito pasto-rale nel Camerun, dove ora è vescovo della diocesi di DouméAbong-Mbang, un luogo a noi tuttiormai familiare. In quella diocesi,

    In questo numero…

    2-2017 3Editoriale

    a cura della Redazione

    infatti, è in atto da molti anni una concreta col-laborazione, che ha portato a realizzare diver-si progetti proposti dalla nostra Associazione.Un’intervista ricca di spunti ci fa conoscere davicino un vero testimone, un prezioso compa-gno di viaggio.

    � Le pagine dedicate ai Cenacoli ci offronouna toccante testimonianza, quasi un bilanciomaturato in una lunga vita di fede, che puòsuggerire analoghe riflessioni a tanti di noi.Inoltre ci presentano, tra l’altro, la cronaca diun interessante incontro zonale di cenacoli sultema del Perdono, in Puglia; ma soprattutto, daquelle pagine esce una splendida fioritura diViae Lucis: dalla Puglia, a Roma, alla lontanaSanta Fe, in Argentina, si dipana un tenace filo che, speriamo, finirà per illuminare la “viadella Pace”!

    Il TR con il suo carisma di Don Bosco in cammino con la Famiglia Salesiana è la sintesi che ci propone la Coordinatrice Generale del nostro Movimento, dopo aver rappresentato ilTR nelle giornate della Consulta mondiale della Famiglia Salesiana (FS), tenute presso Torinonel maggio scorso. Nel loro incontro i rappresentanti dei numerosi gruppi della FS hannomesso in luce la specificità del carisma che ognuno offre, per “promuovere il cammino di fede autentico in profonda comunione, pur nell’autonomia di tutti”.

    La Via Lucis a Roma, presso le Catacombe di San Callisto

  • icordo chiaramente, tra le tante emozionan-ti parole ricevute dopo l’elezione a Coordi-natrice del Movimento, la frase: «mi racco-

    mando, meno salesianità». Era il 19 aprile 2015, altermine della Giornata di Richiamo che aveva ac-colto le testimonianze di alcuni gruppi della Fami-glia Salesiana, alla presenza del Rettor MaggioreEmerito don Pascual Chávez, sul tema Guardandodon Bosco, qualifichiamo il nostro impegno comeTestimoni del Risorto. La spiritualità salesiana se-condo la specifica vocazione.Questa frase mi fu detta da un tierrino che stimoenormemente e, credo anche per questo, mi hafatto riflettere molto… Tant’è che ne parlai conCesira. Lei mi spiegò come la consapevolezza diincarnare il carisma di don Bosco nella specificitàdella gioia pasquale e nell’attenzione ai giovanifosse maturata a posteriori. Come gruppo delleorigini, avevano seguito la ricerca del proprio ani-mo che li aveva condotti ad approfondire la spi -ritualità pasquale con il salesiano don Sabino Pa-lumbieri e con lui venne spontaneo l’inserimentonella Famiglia Salesiana(FS): inizialmente, però,registrato più “sulla carta”. Con don Luis Rosón

    Galache guida spirituale e Lello Nicastro Coordi-natore generale, approfondendo la conoscenza didon Bosco, è cresciuto anche il senso di apparte-nenza alla FS.Oggi posso affermare che il TR ha forza e valoreproprio perché è il ventesimo gruppo della FS.Alcuni cenacoli hanno dei sacerdoti salesiani co-me guide spirituali locali e molti svolgono gli in-contri di cenacolo in strutture salesiane, condivi-dendo spazi e progetti. La presenza del TR è signi-ficativa nelle Consulte locali della FS del Lazio e

    Dina MoscioniCoordinatrice Generale del Movimento

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    4 La finestra della Coordinatrice2-2017

    Il TR con il suo carisma di don Boscoin cammino

    con la Famiglia Salesiana

    Consulta Mondiale della Famiglia Salesiana: maggio 2017, foto di gruppo

    Il Rettor Maggiore, Ángel Fernández Artime, e don Eusebio Muñoz Ruiz,

    responsabile del Segretariato della Famiglia Salesiana

    R

  • missione, anche sulla conoscenza e l’apprezzamen-to dei diversi Gruppi che la compongono. L’uni-tà, infatti, non è mai uniformità ma pluralità diespressioni convergenti verso un unico centro”.Ogni Gruppo ha scelto un aspetto della pedagogiae della spiritualità di don Bosco, ma ciascun grup-po si occupa della realtà giovanile nell’arco interodel suo sviluppo e lavora nelle periferie esisten -ziali e del mondo, e nell’anno ha due momenti importanti da vivere insieme come FS: le Giornatedi Spiritualità a gennaio e la Consulta mondialea maggio. La Consulta ha un forte valore simboli-co, espressione dell’appartenenza che sentiamo,dei tanti rami dell’unico albero di don Bosco. Poiognuno di noi torna nel proprio gruppo ed è lì chebisogna mettere a frutto l’esperienza e le riflessio-ni della Consulta.Le Giornate di Spiritualità della FS sono un ap-puntamento fondamentale dei gruppi che s’in-contrano per ricevere la Strenna con la quale il RMnon vuole tracciare le linee programmatiche, ben-sì offrire il riferimento spirituale che garantiscel’unità dei singoli gruppi, secondo la loro specifi-cità carismatica. L’unità e la comunione nasconodalla conoscenza reciproca che si realizza in que-sti incontri annuali ma anche dalla presentazionedi ogni Gruppo. Per questo si sta aggiornando il Li-bro della FS e sta nascendo il Sito Web della FS acura di Pedro Vilas Boas della Comunità di CançãoNova, estensione del dominio sdb.org. Ogni Grup-po potrà inserire il proprio contributo per far co-noscere le proprie iniziative e condividere espe-rienze significative e buone pratiche.Non è facile mantenere unità spirituale in una Isti-tuzione religiosa tanto grande come la FamigliaSalesiana, è una grande responsabilità vissuta co-me servizio, è una sfida alla quale non possiamorinunciare per promuovere il cammino di fede au-tentico in profonda comunione, pur nell’autono-mia di tutti e di ciascuno.

    2-2017 5La finestra della Coordinatrice

    dell’Italia Meridionale, e la nostra presenza nel Se-gretariato della FS e nel Gruppo di Lavoro per lapreparazione delle Giornate di Spiritualità di gen-naio, ci fa vivere la dimensione della salesianitàcon maggiore cognizione portando l’apporto cari-smatico della nostra spiritualità pasquale; dun-que, la nostra salesianità non è più avvertita solocome un riconoscimento esterno, ma comincia ad essere vissuta. A maggio, insieme con Alberto,abbiamo rappresentato il TR nella Consulta mon-diale, ospiti del Rettor Maggiore (RM) don ÀngelFernández Artime a Valdocco, avendo la grazia divivere lì anche la Festa per Maria Ausiliatrice.Abbiamo partecipato insieme ad altri 22 respon-sabili dei 31 gruppi della FS, coordinati dal delega-to del RM per la FS, don Eusebio Muñoz Ruiz.Don Eusebio ci invita a prestare la massima at -tenzione e ad attualizzare nei nostri gruppi quan-to viene espresso negli articoli 2, 13, 46 e 48 dellaCarta d’Identità della FS. Sono articoli che pongo-no l’attenzione allo sviluppo della FS verso la sem-pre maggiore consapevolezza di appartenere aun’unica Famiglia spirituale e apostolica, che cre-sce in comunione fraterna intorno all’imprescin-dibile riferimento del RM in quanto successore didon Bosco, Padre comune e centro di unità del-l’intera FS. Anche il RM ribadisce con forza che l’identità del-la FS va individuata nella Carta d’Identità della FSche non è un semplice “bel documento” ma è ilfrutto di un cammino svolto, è l’espressione delnostro senso di appartenenza chiaro, specifico,che cresce sempre di più e che bisogna far cresce-re sempre meglio in tutto il mondo.“La comunione della Famiglia salesiana si fonda,oltre che sul comune carisma e sulla medesima

    La Messa celebrata nelle camerette di don Bosco a Valdocco

    Dina Moscioni con il marito Alberto Pellè a Valdocco

  • 6 La famiglia, comunità d’amore. La famiglia nella pastorale

    centro della vita pastoraleè il centro della vita e del-l’attività della Chiesa.

    È l’evento misterioso della mor-te-risurrezione del Signore. Chesi attiva in pienezza nel momen-to sacramentale. Non stiamo parlando di realtàevanescente ma reale e concreta,di quella concretezza che si rife-risce a cose vere.La famiglia è una comunità chepromana da una comunioneprofonda, spesso anche di ordi-ne sacramentale. Questa realtà siincastona come una gemma neltessuto di una realtà più familia-re. E crea un timbro pasquale,ben sapendo che la pasqua èpercezione del Risorto ogni gior-no. E si rivive in ciascuno di noicome passaggio dal meno al più.Questo dinamismo dà slancio al-la vita. E la Pasqua le imprime ilsuo carattere. Più di uno viene

    segnato con questa qualifica in-teressante. È una persona pa-squale.Diffondiamo questo aroma cri-stiano. Lo si può, lo si deve irra-diare. “Tornare in avanti”, agli al-bori della Chiesa. Il Cristianesi-mo così si diffuse, così cominciòa coinvolgere e a contagiare. C’èanche un contagio nel bene…Nella pastorale c’è un centro ra-dioattivo. Che è impegno. Che ègioia. Che è dinamismo di fede.È – come dice Paolo – «fede chesi energizza attraverso l’amore»(Gal 5, 6).Nel tempo del presente neo-pa-ganesimo è necessario il rilanciodella nuova testimonianza perun impianto cristiano rinnovato,per incarnare la verità che nonmente con i nuovi linguaggi emodelli espressivi.La legge dell’incarnazione è per-manente. Ed esige intelligenza in

    ordine alla prassi e senso di no-tevole adattamento.Che fattore provvidenziale costi-tuisce in una società neo-paganatale presenza…Ed esso è un elemento non soloquantitativo bensì qualitativo. Èuna comunità preparata. È lievi-to nella pasta che la fermenta ene prepara al meglio il futuro,con il contributo di tutti, o deipiù che si fanno coinvolgere.La pastorale è l’arte della Chiesache si espande a beneficio di tut-to il corpo. E anche quando unmembro soffre non solo non hadifficoltà, ma ne gode il corpo in-tero.È necessario pertanto uno sguar-do in estensione e in intensità,per la fede e l’applicazione dellafede all’amore di ogni giorno.Pastorale è vita della Chiesa e ta-le vita è dinamismo della stessae di colui che con la forza dello

    2-2017

    Alla ricercadel centro

    Sabino PalumbieriFondatore del Movimento TR

    La famiglia è una comunità che promana da una comunione profonda. È una comunità preparata. È lievito nella pasta che la fermenta e ne prepara al meglio il futuro, con il contributo di tutti.

    Il

    Alla ricercadel centro

  • 7La famiglia, comunità d’amore. La famiglia nella pastorale

    Spirito l’attualizza. Siamo in ma-re aperto ma mai ad esso abban-donati.La guida è sempre lo Spirito delSignore. Siamo al sicuro. Mai come mas-sa, va tenuto presente. Semprecome una comunità radicata inuna realtà di comunione.Ecco, la comunione è spesso diordine sacramentale.E questa è sfida e lotta contro ildisumano che c’è nel cuore diognuno. E che non è noto nep-pure a ciascuno di noi.La pastorale come vita e attivitàdella Chiesa è impostata per pu-rificare e santificare ogni cuoreche lo desidera. E chi non de -sidera quanto il Signore ha di-sposto per il bene di coloro cheEgli ama?La famiglia – come comunitàfondata sulla comunione – cre-sce così. Mai autarchicamente. Sempre in Cristo, per Cristo, conCristo.È l’unica crescita possibile perun credente. E lo stesso per ilnon credente in buona fede.Così la vita pastorale si snoda tra dolore di perdite e gioia di ri torni.È questo lo sviluppo a cui siamodestinati nel Risorto Signore. Oc-corre prestare attenzione e dedi-zione.Lo Spirito Santo ci faccia cresce-re in questa dimensione.Il Signore ci renda uomini e don-ne attenti per questo sviluppospirituale.E così la pastorale diventa dina-mica in intensità e vastità.L’importante è prestare attenzio-ne in un mondo complesso e di-stratto.È troppo facile oggi distrarsi oanche solo de-concentrarsi.La stessa etimologia ci persuadea con-centrarsi. Fare centro in . Equesto non può essere che Gesù

    Cristo nella forza misteriosa del-lo Spirito.Fare centro nell’Unico che il Pa-dre ci ha consegnato. E poichésiamo facilmente deconcentra-bili occorre tornare all’unicocentro, Gesù Signore.Lo Spirito è forza personale diamore per questo incentramentopermanente. E l’amore – ci sug-gerisce l’esperienza – tutto può.L’amore come de-centramentoassoluto. Si tratta, indica Telhardde Chardin, di de-centrarsi, sur-centrarsi, in-centrarsi. E il centronon l’ha creato l’uomo ma l’haindicato il Padre nel Figlio suoeterno, incarnato, morto-risorto,asceso al cielo alla destra del Pa-dre ed effusore del suo SantoSpirito.È tutta la vicenda del Figlio chela Sacra Scrittura ci offre. E che loSpirito Santo ci fa afferrare. Co-gliere tutto questo è grazia ed ègioia.Si è immersi in questa correntedi gaudio, si gusta la vita eterna,quella stessa di Dio.Lo scoraggiamento permanentenon ha ragione di essere in que-ste condizioni, cioè si resta fede-li a Dio che è «il fedele» (Ap 1, 4).La pastorale come vita e azione

    della Chiesa e di ogni singolo fe-dele nella Chiesa è clima giustoper la perseveranza dinamica inquesta fedeltà.E questo è motivato dallo Spiritoin collaborazione con un’operaintelligente umana che si avvaledell’esperienza. C’è sinergia dunque tra ener-gia divina e umana. Riconosce-re questo significa respirare, inquanto occorre compiere e pro-cedere nel cammino della vita.Con impegno ma senza affanno.La pastorale della Chiesa e, in essa, di ogni suo membro cam-mina nella pace e nella serenitàradioattiva.In tempo di grande efficientismoche è l’antidinamismo, c’è biso-gno di tutto questo. Per creare unpo’ di pace dentro di noi e attor-no a noi stessi, che è la condizio-ne di quella più ampia.Il credente ben sa che il fonda-mento della pace si radica nelcuore del Signore Gesù. PerchéCristo è la nostra pace.Rumori di guerra dovunque oggi. Paura che scoppi la terzaguerra mondiale “a pezzi”, comedice Papa Francesco. Urge avvi-cinare la fonte della pace per sé,per tutti.

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    Il Papa ai giovani: «Non fatevi rubare la speranza, ma fidatevi di Gesù», che significa mettere Gesù al centro, “perché Cristo è la nostra pace”

  • 8 La famiglia, comunità d’amore. La famiglia nella pastorale

    Pace è vita in sé. Pace è condizio-ne di convivenza. Pace è prosie-guo di esperienza umana. Ci so-no popoli in cui non si è mai co-nosciuto un solo giorno di pace.Si vive? Si continua, per non di-sperarsi. Solo i bambini si stanno assuefa-cendo e, negli intervalli, giocanocon qualsiasi strumento. È unaconvivenza insicura e sempre in-sidiata.La pastorale – come vita e attivi-tà della Chiesa e nella Chiesa di ciascuno di noi – aiuta a vivere amisura d’uomo.In un momento così insidiatooccorre che tutti i credenti dianouna mano alla pacifica convi-venza. Papa Francesco è il con-dottiero di questa immane im-presa di ordine mondiale.La convivenza planetaria all’in-segna della pace è l’unica oggi apresentarsi come possibile. Ognialtra forma ne risulta al di fuori.La chiesa promuove la Dottrinasociale della Chiesa ove si affer-ma il primato della persona, lasua dignità intangibile, il pro-prio impegno creativo e respon-sabile nella grande ispirazionecristiana e nella libertà, giustiziae carità.Per ottenere questo, quanta re-sponsabilità occorre per evitare

    tentazioni di laicismo e clerica -lismo.Si tratta della realizzazione di uncristianesimo incarnato nel no-stro tempo. Ancora una volta ri-badiamo che la legge dell’incar-nazione è fondamentale nell’ap-plicazione della pastorale.Come il «Verbo eterno si è fattocarne» (Gv 1, 44),così le paroleparimenti chiedono di farsi car-ne, farsi storia, di farsi vita checammina e contagia.Questa è la mens della pastorale.E la famiglia in essa visibilizzataè comunità fondata sulla comu-nione. Le presenti considerazio-ni conducono a questa conclu-sione che dona grande pace. Lavita qui mostra il suo respiro. Edà energetico a tutto l’essere an-che se il corpo è immobilizzato eapparentemente senza pace.Guardiamo al di là delle appa-renze per cogliere la realtà. Ci av-vicineremo allo sguardo di Diodavanti al quale la realtà è quellache è. Ci avviciniamo cioè allaVerità.Il nostro anelito – quello che go-diamo solo al pensiero di aver-lo, quello che non scherziamoquando ce lo abbiamo – è que-sto. E la pastorale della Chiesa e,nella Chiesa, di ciascuno di noiaspira a questo.

    Questo ci rende autentici con ilnostro profondo, quello che sichiama il cuore. Che è l’io chepensa, vuole e soprattutto cheama. Salvo poi a vedere cosa amie come ami. Anche chi ama solose stesso ama…Alla fine della nostra vita sare-mo giudicati in base al quid e al quomodo dell’amore. La pasto-rale aiuta moltissimo a rettificarel’amore quotidiano. E la vita è unpassaggio dal meno al più, inces-santemente.L’importante è non stancarsimai. Mettere la vita al compara-tivo di maggioranza: dal sempremeno al sempre di più, di giornoin giorno. Allora noi stessi guar-dando all’indietro ci vedremoleggermente in regime di pro-gresso. Che è sinergia di forza di-vina e di quella umana. È siner-gia di Spirito Santo e di impegnoumano.Come dice Sant’Agostino: «Chi tiha creato senza di te non ti sal-verà senza di te». La creazione èun dono gratuito e radicale. Lasalvezza è un dono di collabora-zione di vita. Dono che restituia-mo a Dio in ringraziamento e anoi stessi e al mondo perché loabbiamo colto. E così il mondostesso diventa più bello,perchépiù abitabile e umano.

    2-2017

  • ean Lacroix, in un breve e famoso trattato diparecchi anni fa dal titolo Persona e amore1

    stabiliva una dialettica della persona. Nelsuo scritto distingueva tre figure: l’uomo dellaforza, l’uomo del diritto e l’uomo dell’amore. Il primo, affermava, è il tipo “vitale, realista,preferibilmente cinico (…) pronto a mettere arepentaglio la propria vita per espanderla e svi-lupparla”. Il secondo è il “tipo intellettuale”, ha un idealedi organizzazione quasi di razionalizzazione. È l’uomo della rassicurazione: il contratto ha loscopo di stabilizzare per un certo tempo i rapportiumani attraverso lo scorrere del tempo. Infine, il terzo, è un uomo dell’amore, è il “tipo spirituale”. Egli crede alla reciprocità del dono. Lacroix lo descrive come l’uomo del rischio pereccellenza:

    Mentre l’uomo della forza rischia continua-mente la propria vita per esaltarla, l’uomodell’amore cerca nel sacrificio il trionfo dellospirito: il primo vive nell’istante, il secondonell’eternità…

    L’intuizione di questo filosofo è penetrante perchévede nell’amore “il supremo intelligibile (che) solorende conto sia della diversità che dell’unione”.La visione cristiana dell’amore assume volentieril’analisi del filosofo personalista, ma essa identifi-ca la sorgente eterna dell’amore: se l’amore è il su-premo intelligibile, Dio l’ha rivelato rivelando Sestesso: “Dio è amore”. Tale rivelazione è fatta a tut-to il genere umano: è universale ma è anche rivol-ta alla persona in tutte le sue dimensioni. La rive-lazione dell’Amore divino è allo stesso tempo unacomunicazione personale di questo amore. Certa-mente l’Amore di Dio è il fondamento di ogni vo-cazione all’amore, qualunque sia la forma chepossa assumere.

    1. Dimensione umana della comunione

    Il filosofo Martin Buber faceva notare che l’alter-nativa nella quale si chiudeva il mondo moderno,individualismoo collettivismo, era un falso proble-ma. Secondo lui, il fatto fondamentale dell’esisten-za umana è l’uomo con l’uomo. “Ciò che caratte-rizza singolarmente il mondo degli uomini è, pri-ma di tutto, che da essere a essere avviene una cosache non ha uguali nella natura”2. Appartiene al-l’uomo lo scoprirsi membro di una società, di unacomunità. L’essere membri di una comunità nonè che un primo stadio della relazione. Il passaggioa un momento più profondo è quello che permettedi riconoscere nell’altro il proprio prossimo.Il problema della reciprocità è sovente misco -nosciuto a causa di una visione individualistadell’amore, secondo la quale l’esistenza di un sen timento personale sarebbe la sola garanzia diun’autenticità. Appartiene all’essenza stessa del -l’amore essere una relazione personale, non uni-laterale. L’amore non nega l’esistenza di due sen-timenti, ma la suppone, unisce le persone. La re -ciprocità e la gratuità del doppio dono che vienefatto ne sono il segno distintivo. Una tale comu-nione è detta “amore d’amicizia”. Aristotele aveva

    Vocazione dell’uomoalla comunione

    2-2017 9La famiglia, comunità d’amore. La famiglia nella pastorale

    1 J. LACROIX, Personne et amour, Seuil, Paris, 1955, 146 p.2 M. BUBER, Il problema dell’uomo, Patron, Bologna, 1972, 199 ss.

    Luis Rosón GalacheGuida spirituale del Movimento TR

    «Nessuno ha un amore più grande di questo:dare la vita per i propri amici»

    J

  • 2

    già sottolineato che l’amicizia è una benevolenzache va al di là della giustizia, completandola3. Sel’amicizia è essenzialmente morale, essa è primadi tutto un impegno di libertà, una scelta delibe -rata dell’amore dell’altro.L’amore di amicizia suppone l’alterità, che, lungida essere un ostacolo all’amore, ne è sovente ilmotore: “Non c’è amore vero se non là dove, inve-ce di soffrire per la differenza tra l’altro e me, èquesta differenza stessa a donarmi gioia”4. Perl’unione che ricerca e per la gioia della scopertadella differenza, l’amore resta paradossale. Lacroixosserva che amare significa considerare sé stessinon come centro, ma come termine di un rappor-to che poggia nell’essere. In questo decentramen-to di sé va vista la ragione per la quale l’amore nonè disgiunto da una certa sofferenza, un sacrificiosempre legato all’essenza oblativa dell’amore.Gratuità, reciprocità, alterità, impegno della vo-lontà sono aspetti che caratterizzano ogni formadi amore. Li si potrebbe attribuire a una comunio-ne fraterna, o filiale, o semplicemente amicale. Es-si appartengono anche a quella forma particolaredi amore tra un uomo e una donna che è l’amoreconiugale.L’amore umano, come ogni altra realtà umana,cozza contro i limiti del creato. Esso è vulnerabile:nella sua stessa struttura, incomincia con una af-fezione che non è ancora l’esercizio della volontà;è fallibile per chi lo espone ai fallimenti e alle offe-se. Il linguaggio dell’amore può risultare quellodell’asservimento. L’esperienza dell’alterità, ac-compagnata da fatiche, stanchezza, ferite ed erro-ri, porta a smussare il desiderio di comunione vi-cendevole e anche quello della comunione conDio. La comunione, nella sua dimensione umana,ha bisogno di essere salvata. Ed è a una comunio-ne santificata da Cristo che sono dunque chiamatitutti gli uomini.

    2. Vocazione alla santità come vocazione alla comunione

    La chiamata universale alla santità nella Chiesa(Lumen Gentium V) è uno dei testi più profeticidel Concilio Vaticano II. La santità della Chiesanon può venire che dalla chiamata e dall’azione diDio, il Santo per natura. Chiamata, comunione eazione in Dio sono necessariamente legate.Il Regno di Dio, realizzazione della volontà divina,consiste in questa comunione di amore. La Chiesaanticipa e inaugura la presenza del Regno: essanon ha altra ragione di esistere se non quella disalvaguardare la realtà di questo legame vitale tra

    Dio e l’umanità. Per questa ragione, la Chiesa èdetta il sacramento, ovvero il segno e lo strumen-to dell’unione intima con Dio e dell’unità di tuttoil genere umano. All’esistenza della Chiesa sono legate le due dimensioni della comunione: la co-munione tra Dio e l’uomo e la comunione degli uomini tra loro.Il Vangelo di San Giovanni assegna alla comunio-ne fraterna la portata di un vero testamento di Gesù ai suoi. «Vi do un comandamento nuovo:che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi»(Gv 15,12). L’amore di Cristo, come dono di sé perla salvezza del mondo, è la forma dell’amore diogni autentico discepolo. Donare la propria vita èl’oblazione che rende il discepolo simile al Mae-stro: «Nessuno ha un amore più grande di questo:dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).Il discepolo di Cristo si riconosce dal fatto che amaalla maniera di Cristo, ama dell’amore stesso diCristo: due sfumature tradotte dal comparativocome. La carità fraterna è una presenza di Dio inmezzo agli uomini: essa non segna solo l’identi-tà del discepolo, ma è, secondo l’espressione diSpicq, “una manifestazione visibile della carità divina stessa”5.Così l’amore di carità è per i credenti l’unica viaper entrare nella conoscenza di ciò che Dio è in séstesso. Aderire a Cristo significa certamente prati-care i suoi comandamenti, e innanzi tutto amareil proprio fratello, condizione per “essere in lui”,“rimanere nella” sua luce, espressioni frequentinel quarto vangelo; ma è soprattutto avere in sél’amore di Dio, prospettiva ripresa nella primaLettera di Giovanni: «Chi osserva la sua Parola, inlui l’amore di Dio è veramente perfetto» (1 Gv 2,5).

    10 La famiglia, comunità d’amore. La famiglia nella pastorale2-2017

    3 ARISTOTELE, Etica Nicomachea, libri VIII-IX.4 L. LAVELLE, De l’Acte, Aubier, Paris, 1937, 520.5 C. SPICQ, L’amour de Dieu révélé aux hommes dans les écrits desaint Jean, Feu Nouveau, Paris, 1978, 190.

  • famiglia, quale sede di affetti e insiemedi conflitti, versa in una situazione dicriticità, che ha radici anche di natura

    politica ed economica (carenza e precarietà dellavoro), ma che appare soprattutto culturale edetica e che ne compromette la principale fun-zione di trasmissione di valori e principi idoneia supportare adeguatamente la crescita dell’in-dividuo ed il sano sviluppo della comunità.In realtà molto è cambiato sia nella famiglia chenella società. Sotto il profilo più prettamente so-ciologico e senza pretese di esaustività, ChiaraSaraceno1 evidenzia che la longevità procura lapresenza di più generazioni in uno stesso nu-cleo, ma meno bambini e tale mutazione demo-grafica determina un cambiamento di relazionie di bisogni; in particolare la generazione deisessantenni si ritrova sempre più stretta tra le ri-chieste di sostegno provenienti dai figli – che la-sciano la casa d’origine solo quando e se si spo-sano – e quelle pressanti che vengono dalla ge-nerazioni più anziane.La sociologa invita a prendere atto che il mododi fare famiglia è cambiato anche tra coloro che

    mantengono un certo legame con la tradizione eanche a prescindere dall’appartenenza religiosa:è ormai radicata nel senso comune l’idea dellareversibilità del matrimonio, che significa ancheche una forte quota di divorziati si risposa, il cheaumenta la complessità, con più genitori per glistessi bambini, con l’appartenenza a più fami-glie: ne deriva un allargamento del numero di relazioni e di case in cui si abita e quindi unanuova – e spesso stressante – organizzazionedella vita quotidiana. Tali aspetti sono dai più ri-tenuti “evolutivi”, ma comunque è innegabileche siano caratterizzati da grande e gravosa in-cidenza sui bambini.

    Lo sforzo pastorale è quello di “non astrarre le famiglie dal contesto in cui vivono”: è necessario tenere presenti gli aspetti sociali e le esigenze dell’amore

    come processo di crescita continua.

    2-2017 11Formazione/Riflessioni

    Arturo SartoriCenacolo di Lecce

    La crisidella famiglia

    ela pastorale familiare

    1 Docente di Sociologia e giornalista.

    La

  • 2

    Matteo Lancini2 rimarca – da un lato – il venirmeno dell’obbligo morale di onorare valori so-ciali condivisi e – dall’altro – definisce l’attualecome la società del narcisismo e dell’io ipertro-fico, che cancella i doveri morali quando nonvanno nella direzione della propria felicità: ciòrende necessaria una ridefinizione dei ruoli, evi-tando che la relazione affettiva genitori-figli siaprevalentemente emotiva, troppo interventista(nell’infanzia) o troppo assenteista (nell’adole-scenza): i giovani vivono il disagio della crescitacon la paura del fallimento, di deludere aspetta-tive e investimenti ideali costituitisi spesso nel-l’età infantile. Vi è poi la mancanza di una modalità affettiva erelazionale per gli adolescenti, stimolati all’ec-cesso da piccoli, ma incompresi nel viaggio perdiventare adulti: gli adolescenti non hanno inmente la contestazione sessantottina, “non miribello, ma vi deludo”, “deludere il padre e la ma-dre rappresenta la modalità elettiva del processoseparativo adolescenziale oggi” (M.L., cit.), contutta le intuibili fragilità e confusioni che vi sonosottese.La pastorale familiare dal canto suo ha cercato dimonitorare tali cambiamenti dal punto di vistasociologico (due Sinodi sulla famiglia, ottobre2014 e ottobre 2015, e poi la splendida esorta-zione apostolica “Amoris laetitia”) e di adeguareconseguentemente i propri progetti, cercando diformare operatori che abbiano una mentalitàflessibile, capaci di adeguare gli orientamenti ge-nerali alle svariate situazioni concrete (cfr. donSergio Nicolli3), non è una resa allo spirito deitempi, ma “la pazienza del vignaiolo che nonabbandona il fico sterile al proprio destino, né

    pretende che cominci da solo a portare frutto, ma accetta di continuare a prendersene cura(Luca 13, 6-9)” (Giacomo Costa4); è la relazionecon il Padre che esige e incoraggia a una co -munione capace di guarire, promuovendo e rafforzando i legami interpersonali (Evangeligaudium, n. 67).È significativo rilevare come i due approcci – so-ciologico e pastorale – sostanzialmente finiscanocol concordare sulle principali esigenze di fondoche si impongono con impellenza; quello socio-logico: “ascolto, dialogo ed esempi”; quello pa-storale: “cura e accompagnamento, integrare enon abbandonare, non escludere o lasciare soli”,dando spazio a tutte le situazioni familiari, felicie di difficoltà, di successo e di fallimento, matri-moniali e di convivenza (spesso indotta e condi-zionata), di dolore e di lutto e quant’altro.Lo sforzo pastorale è quello di “non astrarre le famiglie dal contesto in cui vivono” (G.C., cit.),nella consapevolezza – da un lato – dei precisi risvolti politici e sociali che ha la cura delle fa -miglie e – dall’altro – dell’amore come processodi crescita continua.Di qui l’individuazione del discernimento qualestrumento precipuo di tale cammino, nel pre-supposto che la libertà si esercita in circostanzeconcrete, con la consapevolezza dei vincoli e deicondizionamenti che esse pongono.È così che gli operatori pastorali sono chiamati aintessere relazioni personali significative conspirito di amicizia che consenta alle coppie disostenersi a vicenda anche nei momenti di diffi-coltà, realizzando un’inversione di tendenza poi-ché di solito dai gruppi-famiglia ci si allontanaproprio quando si avrebbe più bisogno di condi-videre delusioni e crisi: spesso si sperimentaproprio la difficoltà di percepire l’accoglienza da parte della parrocchia e di sentirla come unarisorsa in più, cui attingere nel momento del bisogno (cfr. Annachiara Valle5).“I coniugi dovrebbero essere aiutati a fare il passoda coppia a famiglia, da famiglia a comunità eda comunità cristiana a comunità universale”(don Nicolli, cit).

    12 Formazione/Riflessioni2-2017

    «ascolto, dialogo ed esempi» (una scena dal film “L’attimo fuggente”)

    2 Matteo Lancini, Abbiamo bisogno di voi genitori. Aiutare gli adolescenti a diventare adulti.3 Direttore del relativo Ufficio CEI.4 Sociologo gesuita.5 Giornalista vaticanista.

  • onsignor Jan Ozga, polacco, è il ve-scovo della diocesi di Doumé Abong-Mbang nel Camerun. “Questo è il ve-

    scovo giusto per i nostri progetti in Africa”, misono detto quando l’ho conosciuto. Così è iniziata una collaborazione concreta trala sua diocesi e la nostra associazione. È unPastore autentico, sincero come uomo, sem-plice come persona, capace di stare tra la gen-te con la gente. È un uomo che non si rispar-mia, sempre con le maniche rimboccate, pro-teso a far fruttare talenti e risorse per la mis-sione che gli è stata affidata dalla Santa Sede. Ne ho avuto conferma durante i miei continuiviaggi in Camerun. L’ho visto insieme al popo-lo camerunense, ho notato il modo in cui tuttilo guardavano, l’ho visto nel rapporto con isuoi sacerdoti – cosa molto complessa in unaChiesa giovane come quella africana – gestitocon intelligenza, con amore, con sensibilità,con la giusta fermezza quando necessario. Ne sono stati prova i progetti ideati e attuatinella sua diocesi, tutti ben realizzati e tuttisempre orientati al bene della comunità.

    Tutto mi ha messo subito in vera sintonia conlui, sin dal nostro primo incontro a Yaoundé.Sapendo che sarebbe venuto in Italia, mi èsembrato naturale incontrarlo a Roma per ap-profondire la nostra conoscenza. Era molto stanco e, intuendo un suo desiderio,l’ho portato a Fiumicino, vicino al mare. Si èseduto sugli scogli e si è levato le scarpe, io l’hoimitato. Siamo rimasti a lungo in silenzio a guardarel’orizzonte, dove nell’azzurro del cielo e delmare si profilavano le vele bianche gonfie divento. Van Gogh avrebbe sicuramente saputo trarneun vero capolavoro. Noi quel capolavoro lo stavamo contemplan-do e intanto mi chiedevo cosa passava per latesta a un vescovo polacco, che stava spen-dendo la sua vita per i poveri dell’Africa e oracondivideva con me un momento di comu-nione, a piedi nudi, seduto sugli scogli vicinoal mare di Fiumicino.Il Signore mi ha fatto molti doni, l’amicizia dimonsignor Ozga è tra quelli più cari.

    MONSIGNOR JAN OZGAPastore autentico, capace di stare tra la gente con la gente

    2-2017 13Volontari per il mondo

    Paolo Cicchitto,Presidente Associazione “Volontari per il mondo” - ONLUS

    M

  • Intervista a Mons. JAN OZGA

    14 Volontari per il mondo2-2017

    a cura diRoberta Calbi

    � Qual è la prima impressione che ricorda del suo arrivo in terra d’Africa, un continente così diversodalla sua terra d’origine?

    � Quali sono le difficoltà più grandi che ha incontrato per diffondere il messaggio evangelico in Camerun?

    � Quali i campi, i settori, in cui esercita la sua pastorale sociale, oltre che religiosa?

    � E quale il ricordo più vivo che porta con sé dellasua Polonia?

    Era molto caldo, umido, scuro, malgrado non fossetardi (erano le 18 circa). Ma non ero ancora arrivato egià amavo questa terra rossa! La mia seconda patria,la patria che avevo scelto.

    La Polonia è un paese bello, forte nella sua fede cat -tolica. Le persone con cui ho lavorato erano aperte, accoglienti, comprensive. Nella pastorale mi trovavobenissimo. Ho visitato le famiglie cristiane, i malati.Sono stato responsabile delle coppie sposate e insiemeabbiamo fatto dei formidabili incontri, condividendoricordi e amicizia.

    All’inizio la prima difficoltà è stata la lingua. No-nostante l’avessi già studiata in Polonia, mi rende-vo conto che non bastava. Nel contatto quotidia-no era necessario comprendere bene le persone edare dei consigli adeguati, ma tutto ciò richiedevauna buona conoscenza del francese e anche dellalingua locale. L’altro problema era la mancanza di

    un’approfondita conoscenza dei costumi e tradi-zioni locali, che sono essenziali per una buonacomprensione dei comportamenti. I camerunensi non danno facilmente la loro fidu-cia, devono sapere, sentire che tu sei con loro peril loro bene, sia spirituale che materiale, nelle dif-ficoltà e nella gioia.

    Come ho già detto, dall’inizio ho cercato di compren-dere la maniera d’essere dei camerunensi, delle per-sone anziane come dei giovani, dei bambini, delle cop-pie, ecc. Per questa ragione studio, analizzo, mi sforzodi comprendere le loro difficoltà, i loro problemi, perpoter andare in loro aiuto. Ecco perché mi sono occu-pato della sistemazione della sorgente dalla quale ri-cavano l’acqua ogni giorno; di far costruire i tre pontiche consentono facilmente di oltrepassare senza ba-gnarsi il fiume e le paludi e portare il ricavato del lavo-ro in campagna a casa. Aiuto i cristiani a costruire le cappelle, le chiesette. Or-ganizzo e sono presente ai pellegrinaggi dei bambinie dei giovani, per trasmettere loro la Buona Novella diGesù. Nella diocesi cerco di favorire l’organizzazionedi incontri con i differenti Gruppi apostolici, con i coriben impegnati, ecc. Metto l’accento sulla pastorale esull’educazione nelle nostre scuole cattoliche e neiCollegi. Mi piacerebbe molto essere d’aiuto in ognicampo della vita quotidiana.

    Mons. Jan Ozga con Claudio De Polo

    presso l’opera di cattura della sorgente

    che dà acqua a Doumé

    Mons. Jan Ozga visita una delle opere da lui seguite, un ponte

    che fa risparmiare ai contadini 15 km di cammino al giorno

    Mons. Jan Ozga visita una delle opere da lui seguite, un ponte

    che fa risparmiare ai contadini 15 km di cammino al giorno

    Mons. Jan Ozga con Claudio De Polo

    presso l’opera di cattura della sorgente

    che dà acqua a Doumé

  • 2-2017 15Volontari per il mondo

    � Vi è stata un’eco del viaggio di papa Francesco in Africa l’anno scorso, in occasione dell’anno giu bilare? La sensibilità del papa verso gli “ultimi” aiuta la comunità cattolica nella sua missione?

    � Si verifica anche in Camerun un’espansione dell’Islam? Con caratteristiche politiche, oltre che religiose?

    � In generale qual è la sensibilità religiosa della popolazione camerunense? E che posto occupa la religione nella vita quotidiana?

    � È stato possibile stabilire un dialogo con esponenti di altre religioni? Oltre l’islamismo vi sono altre chiese o comunità religiose in espansione?

    Tutte le visite dei vari Papi (Giovanni Paolo II, Be-nedetto XVI, Francesco) sono state ben accoltedalla popolazione camerunense. I cristiani atten-devano i loro messaggi con grande entusiasmo egioia, per poi poterli meditare e mettere in pratica

    nella propria vita privata. Ogni visita di questo ge-nere è stata per noi tutti un nuovo soffio dello Spi-rito Santo che apporta e rafforza una nuova visio-ne evangelica.

    Sicuramente sì. L’Islam è molto presente, soprat-tutto in questi ultimi anni. Prima era presente so-prattutto nella zona del Nord. Ora ne vediamo l’espansione dappertutto. Gliaderenti a questa religione si occupano di com-

    mercio, di trasporto e di molti altri campi. Alle 4del mattino la loro campana suona già in tutte lecittà di questo paese. Riusciamo, beninteso, a convivere in pace, ma…chi può prevedere il futuro?

    Sì, la Chiesa Cattolica è sempre aperta a tutti i rap -presentanti di altre religioni. Ma, bisogna porsi la do-manda: perché, durante un breve lasso di tempo, lesette, le altre “piccole chiese”, trovano tanto spazio diespansione? ... E noi cattolici, come riusciamo a trasmettere, comeviviamo la nostra fede? Quale testimonianza presen-tiamo agli altri, che scelgono altre sette? Siamo noi presenti nelle loro case, nei loro luoghi dilavoro? Ognuno di noi dovrebbe porsi questo tipo didomande e cercare di rispondere nel proprio cuore a “come e in che maniera io trasmetto e vivo la mia fede?”.

    La popolazione camerunense è molto pia. Ama pregare, cantare e danzare in onore di Dio. Spesso i camerunensi gridano di gioia per il Signo-re con la musica dei tamburi, con i balafons, unasorta i xilofoni, e con altri strumenti tradizionali.Spesso inventano dei propri canti religiosi in tuttele lingue locali (sono 125!). Per loro natura, sono molto aperti e sensibili allaDIVINITÀ. Nella loro tradizione, parlano con gli

    antenati, con i morti che sono sempre presenti, equesto li avvicina alla nostra fede cattolica. A loro piace portare il Rosario al collo, e altri segnidella presenza di Dio e della Vergine Maria. Hanno una grande devozione verso la Vergine Maria. In ogni paese, nelle parrocchie, vi sono le grottemariane dove vanno a parlare con la propria Ma-dre, a confessarsi davanti alla Mamma.

    � Quali sono i suoi prossimi progetti e impegni pastorali? … e i sogni che vorrebbe realizzare?

    La mia testa è piena di progetti pastorali, sociali, di tanti tipi. Vedo dappertutto molteplici neces -sità, urgenze, miserie: morali, etiche, materiali, finanziarie, spirituali… Cerco di parlare di ciò ai preti e religiosi che operano nella Diocesi di

    Doumé Abong-Mbang. Vorrei trasmettere loroquesta urgenza di avere il cuore aperto e di viverecon uno zelo apostolico pieno di sacrificio, diapertura verso gli altri che hanno bisogno, che sono accanto a noi.

    Festeggiamenti dopo l’inaugurazione dell’Oratorium Saint Michelle Archange

    Festeggiamenti dopo l’inaugurazione dell’Oratorium Saint Michelle Archange

  • Il mio sogno… è avere degli operai apostolici pienidi amore di Dio per portare la Buona Novella aogni persona che ci aspetta. Il mio progetto, inquanto Pastore di questa Diocesi, è formare ed es-

    sere presente, con i miei collaboratori più stretti,accanto ai preti, anzitutto, ai catechisti, ai cristia-ni. Soltanto con l’aiuto di tutti loro noi possiamotrasformare questa bella terra in un Paradiso!

    16 Volontari per il mondo2-2017

    SCHEDA BIOGRAFICA su Mons. Jan OzgaJan Ozga è di origini polacche. È nato il 17 Aprile 1956 a Will Raniżowska, da Antonio e Sofia Dul.Dopo il diploma di maturità, conseguito nel 1975, ha studiato filosofia e teologia presso il Seminario maggiore di Przemysl ed è stato ordinato sacerdote il 7 giugno 1981.Dopo aver esercitato il suo apostolato in varie parrocchie, dedicandosi in particolare a bambinie giovani, nel 1986, leggendo dall’altare la lettera dell’Episcopato Polacco che chiedeva Centomissionari polacchi come un dono per la Chiesa universale, sentì la grazia della vocazione specifi-ca, quella di dedicarsi alla missione. Decisione che fu rafforzata dalle parole di Giovanni Paolo IIin occasione del Congresso Eucaristico Nazionale del 1987: «Li amò sino alla fine» (Gv 13, 1) fu lo

    slogan memorabile di quel discorso, in seguito al quale 160 persone (suore, preti e laici) decisero di partire per le missioni.Nel giugno del 1987 il giovanissimo don Ozga ebbe il permesso dal vescovo Tokarczuk di andare in missione in Camerun;dopo un corso di preparazione al Centro di Formazione Missionaria di Varsavia, nell’ottobre 1988 partì per il Camerun, perintraprendere il lavoro pastorale nella diocesi Doumé-Abong’Mbang.10 anni dopo, il 24 gennaio 1997, il papa lo ha nominato vescovo di quella stessa diocesi. La consacrazione è avvenuta il 20 aprile 1997 presso la Cattedrale di Doumé, alla presenza, oltre che di molti fedeli e vescovi, dei rappresentanti delle più alte autorità del Camerun, di un centinaio di missionari polacchi e anche di alcuni familiari venuti dalla Polonia. Il mottodel ministero scelto dal Vescovo è stato “Ut unum sint”.Nel 2013, dopo 25 anni passati da quando aveva messo piede per la prima volta sul suolo africano, mons. Ozga ha festeggia-to, secondo le usanze del luogo, il giubileo d’argento, invitando amici e parenti, ma rifiutando ogni dono e privilegio.Continua a dedicare la sua vita, le sue energie, la forza della sua fede alla missione in Camerun, paese che considera la suaseconda patria, la patria che ha scelto.

    � Come possiamo collaborare, di più e meglio, per il futuro dei bambini e giovani del Camerun, noi“Testimoni del Risorto” e “Volontari per il mondo”?

    Grazie di questa bella domanda! Perché, se la ponete,vuol dire che noi potremo contare su voi TUTTI! LaChiesa Universale ha bisogno di ognuno e ognuna dinoi. Ognuno ha il suo ruolo da compiere su questa ter-ra. L’importante è non incrociare le braccia! Tutto ciòche potrete fare, FATELO! La vostra preghiera, i vostrisacrifici, le vostre sofferenze quotidiane, le vostre gioiee le vostre pene ci aiutano! In più, noi abbiamo biso-gno del vostro sostegno personale e comunitario! Sa-pere che c’è qualcuno che prega per me quando sonoin difficoltà, in solitudine, nell’incomprensione, dà laforza spirituale ma anche fisica. Collaborare è ancheapportare un aiuto anche finanziario attraverso“l’adozione a distanza”, cosa che voi già fate, organiz-zare per i più miseri un sostegno materiale, ai giovanioffrire anche solo un pallone (i camerunensi sono for-ti nel calcio). Aprite gli occhi e voi stessi, vedrete che ilsoffio dello Spirito Santo vi ispirerà.Infine vorrei ringraziare voi tutti, Testimoni del Risortoe Volontari per il Mondo, soprattutto il ResponsabilePaolo Cicchitto, per i vostri gesti di generosità e di so-lidarietà verso le missioni in Camerun, che aiutate dadiversi anni. Che Dio vi benedica TUTTI, che vi donigrazie abbondanti e prosperità perché possiate sem-pre meglio essere testimoni del suo Amore.

    Monsignor Ozga, ogni giorno al lavoro insieme alla sua gente

    Monsignor Ozga, ogni giorno al lavoro insieme alla sua gente

  • omincia a venirmi una voglia di sintesi,di unità tra principi e concetti chiavedella mia vita.

    Con l’età si è fatta più impellente in me l’esi-genza di non lasciarmi sovrastare dalla quoti-dianità e a riguardo ho capito che ciò significacrescere – da un lato – nella certezza che il Si-gnore non mi abbandona alle mie piccolecose e – dall’altro – nel sentimento di non darenulla per scontato, compresa la mia espe-rienza di fede in cui Egli mi chiede di pren-dermi sempre più approfondita cura della miaumanità, secondo la Sua scommessa del “Dio-con-noi”, che si fa compagno di vita e che nonsmette di procurarmi stupore e inquietudinedi cuore.Intuisco che il percorso è quello di radicare il mio modo d’essere e la mia attività nellapreghiera per trovarLo in ciò che Egli mi dà,anche nei tempi non particolarmente limpidie sereni, in cui, con la fatica degli anni, Glichiedo di darmi la capacità di resistenza ne-cessaria (“è assolutamente evidente che Cristonon aiuta in forza della sua onnipotenza, main forza della sua debolezza, della sua soffe-renza” [Bonhoeffer]).Mi sento in tutta coscienza di poter dire chenon è vero che Dio è invisibile, irraggiungibile,intoccabile: perché ancora oggi si lascia ve-dere, ascoltare e in qualche modo toccarenella sua Parola quando riesco a percepire che

    parla proprio a me, che parla proprio di me,anche nel cenacolo con cui condivido la fedein Lui: fin da ora in certo qual modo lo cono-sco e lo vedo!Attraverso gli eventi quotidiani della mia esi-stenza il Signore mi accompagna nel mettereordine nel mio cuore, aiutandomi a ristabiliree a tenerne ferme le priorità.Lo ringrazio in particolare per avermi inse-gnato nel corso degli anni che si è veramenteliberi quando si hanno dei punti di riferi-mento che possono aiutare a discernere e chela Sua pace non è la garanzia di una vita paci-fica, ma il prodotto di un impegno che esigesacrificio e porta talvolta incomprensione enon annulla le conflittualità.Spesso la fatica di conciliare esigenze sogget-tive, familiari e professionali e gli impegni vari– di cui avverto ormai più la stanchezza che laresponsabilità – mi induce a chiedermi chefrutti possano nascere dalla stanchezza e dalledifficoltà: ho compreso che il dare senso allamia vita sta nell’essere legato a Lui mediantela fede, solo così posso tentare di portare ve-ramente frutto e di rendere quindi feconda lamia vita.Traggo giovamento dal percepire fortementel’invito del Signore a riposare con Lui, a ritor-nare ogni giorno alla fonte della mia scelta difondo, riconducendo a Lui tutto quello chefaccio, che sento e che penso.

    Solo legati a Lui mediante la fedesi può portare veramente fruttoe rendere feconda la propria vita

    2-2017 17Cenacoli /Testimonianze

    Arturo SartoriCenacolo di Lecce

    ...oltre la maturità...

    C

  • PAPA DELLA PACENELL’EGITTO DELLA PACE

    2

    siste, ha affermato Francesco, un altro modo divivere: vivere in pace.

    I tre punti essenziali del viaggio sono stati:• Ecumenismo tra le numerose confessioni cristia-ne esistenti, non facile perseveranza: la chiesa or-todossa copta – 10% della popolazione di 91 mi-lioni sono copti; i copti cattolici sono lo 0,1% –, icopti di Etiopia e di Eritrea, la chiesa ortodossagreca, cinque chiese ortodosse orientali: la chiesaortodossa siriaca fondata da S. Pietro, la chiesa ar-mena fondata dagli apostoli Bartolomeo e Tad-deo, le chiese indiane siro-malankaresi fondateda S.Tommaso, la chiesa apostolica assira d’orien-te-nestoriana, che accetta i primi due concili.

    • Dialogo con il mondo islamico egiziano (90%sunnita, minoranza sciita).

    • Lotta al terrorismo.Inoltre esistono in Egitto piccolissime minoranze diebrei (resto di una antichissima comunità fiorentefino alla metà del XX secolo), di bahá’í e di atei oagnostici.

    Francesco ha partecipato alla Conferenza interna-zionale per la Pace, convocata presso la MoscheaAl-Azhar dal grande Imam Ahmad Al-Tayeb. La mo-schea, fondata nel 970, è sede della prestigiosa uni-versità Al-Azhar. Nel suo intervento il papa ha salu-tato in arabo: «Al Salamò Alaikum – la pace sia convoi», e ha ribadito l’avversione per ogni forma diviolenza, quale negazione di ogni autentica religio-sità. Non basta condannare il male, bisogna anchepromuovere il bene. Guardarsi dai populismi dema-gogici. Con il dialogo interreligioso siamo semprechiamati a camminare insieme, l’avvenire dipendedall’incontro tra religioni e culture. Il lavoro del Co-mitato misto per il dialogo tra il Pontificio Consiglioe il Comitato di Al-Azhar offre esempi concreti e incoraggianti.È noto che in Egitto sono permesse le tre religioniabramitiche. L’islam riconosce l’Antico e il NuovoTestamento della Bibbia come testi religiosi sacri,secondi per importanza al Corano, che chiarisce ecompleta la Rivelazione di Allah ai profeti. Le fontinormative del Corano prevalgono pertanto su tutta

    18 Formazione/Ecumenismo2-2017

    Agostino AversaCenacolo della Penisola Sorrentina

    Papa Francesco è instancabile! 80 anni, 266° Papa (da 4 anni), è al suo 18° viaggio apostolico,quale successore di Pietro apostolo: 28-29 aprile 2017, viaggio storico di testimonianza

    in Egitto, vista la grave situazione socio-politica di quel Paese.

    PAPA DELLA PACENELL’EGITTO DELLA PACE

    E

  • la tradizione biblica precedente. Nel caso dell’adul-terio, il Corano non prevede testualmente la penadella lapidazione, prevista invece nella Torah (Deu-teronomio).

    La Chiesa cattolica è presente in Egitto soprattuttocon le Chiese cattoliche orientali, chiese sui iuris,nate in genere dalle precedenti con l’accettazionedel primato del papa di Roma. Ad esempio, una mi-noranza della Chiesa Copta ha formato la Chiesacattolica copta.L’incontro con la Chiesa Copta Ortodossa (diffusa inEgitto, Etiopia ed Eritrea), non calcidonese (non haaccettato il Concilio ecumenico di Calcedonia del451), miafisita (Gesù ha un’unica natura formatadall’unione dell’umanità e della divinità) è avvenu-to con il papa copto, il 118° successore di S. Marcoevangelista, Teodoro (Tawadros) II e anche patriarcadi Alessandria d’Egitto. I copti recitano la stessa no-stra professione di fede niceno-costantinopolitana.I due papi hanno sottoscritto una dichiarazione co-mune. Educare all’apertura rispettosa e al dialogosincero con l’altro, riconoscendone i diritti e le li-bertà fondamentali, specialmente quella religiosa,costituisce la via migliore per edificare insieme il fu-turo. La religione non è certo chiamata solo a sma-scherare il male; ha in sé la vocazione a promuoverela pace.Sia il papa di Roma che il papa copto-ortodossohanno dimostrato di attendere con trepidazione «ilgiorno in cui spezzeranno il pane insieme al sacro al-tare». E Bergoglio ha dettodi con tinuare nella ricer-ca «perché non siamo soli,ci accompagna un’enormeschiera di martiri e di san-ti che già sono uniti nellaCeleste Gerusalemme». Bellissima questa dichia-razione! Dopo 1566 annidi separazione da Calce-donia del 451! E la dichia-razione congiunta, firma-

    ta il 28 aprile 2017: «Il nostro profondo legame diamicizia e fraternità rinviene le proprie origini nellapiena comunione che esisteva tra le nostre chiese neiprimi secoli (…). Quando i cristiani pregano insie-me, giungono a comprendere che ciò che li unisce èmolto più grande di ciò che li divide (…). Oggi noi,papa Francesco e papa Tawadros II, dichiariamo re-ciprocamente che cercheremo di non ripe tere il bat-tesimo amministrato in una delle nostre chiese adalcuno che desideri ascriversi all’altra (…). In obbe-dienza alle Sacre Scritture e alla fede nei tre ConciliEcumenici celebrati a Nicea nel 325, a Costantino -poli nel 381 e a Efeso nel 431».«Dio gradisce solo la fede professata con la vita, per-ché l’unico estremismo ammesso per i credenti èquello della carità. Qualsiasi altro estremismo nonviene da Dio e non piace a Lui. Per Dio è meglio noncredere che essere un falso credente, un ipocrita. Nonserve curare l’apparenza, perché Dio guarda l’animae il cuore e detesta l’ipocrisia».Nell’incontro presso il seminario copto-cattolicopapa Francesco ricorda ai seminaristi copti: «noncedete a logiche mondane, tenete fede alla vostraidentità (…). Voi siete una forza positiva (…) siete luce e sale di questa società, siete seminatori di spe-ranza». E durante l’omelia cita 7 tentazioni a cui lapersona consacrata non deve cedere.Possiamo concludere che ancora una volta la paroladialogo è la sintesi di questo viaggio apostolico,svoltosi in quell’Egitto, che ha arricchito la chiesacon il tesoro inestimabile della vita mona stica.

    2-2017 19Formazione/Ecumenismo

    Stadio dell’aeronautica del Cairo. Messa papale dell’ultimo giorno di visita, con 30.000 partecipanti,tra i quali diversi musulmani e copti-ortodossi. Vicino a papa Francesco il Patriarca cattolico

    Abramo Isacco Sidrak (dal 15 gennaio 2013 patriarca di Alessandria dei copti)

    Il Papa con il Grande Imam della Moschea di Al-Azhar, Al-Tayeb Firma della Dichiarazione congiunta con Teodoro II

  • hi ti viene in mente, quando pensi alla fa-miglia? Nel corso degli ultimi anni, le mierisposte si sono evolute e ampliate: i miei

    genitori e i miei fratelli, i miei amici, la mia co-munità cristiana.E gli estranei? Ma, direte voi, non puoi micapensare che un estraneo faccia parte della tuafamiglia. La logica vi darebbe ragione, da unpunto di vista prettamente linguistico. La parola “estraneo” deriva dal latino extraneus,ed è formato dalla radice extra, fuori. Estraneoè chi è al di fuori del nostro ambiente, logicheed equazioni. Tuttavia, il vocabolario va oltre il mero concettoastratto, calando la definizione in un contestopratico, tangibile: estraneo, o straniero, è coluiil quale proviene da un paese diverso dal tuo. Linearmente semplice, diretto e inequivocabi-le. La diretta correlazione tra famiglia e stranie-ro, a livello concettuale, non è mai avvenuta automaticamente dentro la mia testa, ma, neiprimi mesi di quest’anno, ho potuto farne espe-rienza diretta. Un’esperienza lavorativa di tre mesi in un’altracittà, situata in un altro Paese, sul mare di un altro continente, non è certo quello che si defi-nirebbe “un tranquillo viaggio di piacere”.Al contrario, sfida il tuo coraggio, la tua resi-stenza e la tua adattabilità. Quando sei solo in un posto in cui non conoscinessuno, puoi, potenzialmente, compiere duescelte: chiusura o apertura. Non prendiamociin giro, la prima è e sarà sempre l’opzione più

    attraente: la possibilità di sistemarsi in unanuova comfort zone ovattata e impermeabiliz-zata, perfettamente tarata sui tuoi personalis -simi bisogni. La seconda, invece, è una opzione rognosa,scomoda, che impegna un sacco di energie.Ma, alla fine dei conti, è quella che fa la diffe-renza, sia al di fuori che dentro di te. È stato condividere, prima la stanza e poi la vi-ta, con quattro ragazze sudcoreane a farmi sulserio, per la prima volta, relativizzare le diffe-renze culturali. La differenza è negli occhi di chi guarda, direb-be un luogo comune leggermente riadattato.Ognuna di loro, nella sua personalissima pecu-liarità, mi ha insegnato ad aprimi, ed è diventa-ta la mia famiglia. Perché è questo che, secondo me, fa una fami-glia e, ancor meglio, una comunità di famiglie:ti svela al mondo, costringendoti a prendereposizione: o te, o l’altro. La scelta non è per forza univoca. Scegli te quando, come la freccia dall’arco, partiscoccato verso un orizzonte ignoto, in cerca dichi sarai. Scegli l’altro, quando comprendi che questoviaggio non puoi farlo da solo. Il viaggio è condiviso, è arricchimento, è adat-tarsi e continuamente ri-tararsi su nuovi com-promessi. Ma, infine, è così che comprendi chisei, cosa vuoi, chi vuoi, e capisci che, anche lon-tana dalla tua “famiglia”, potrai sempre sentirtia casa.

    Famiglia “estranea”:

    L’APERTURA COME CHIAVE DI VOLTA

    20 Giovani2-2017

    Francesca CocomeroComunità TR-UPS, Roma

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  • matrimonio è uno dei più grandi doni che ilSignore ha fatto all’essere umano. Non è beneche egli sia solo, ha bisogno di un aiuto, di una

    compagnia, di qualcuno con cui crescere e cammi-nare. È un incontro che guarisce la solitudine e cheporta vita. Per questo diventa fondamentale il discer-nimento che lo precede e il cammino che lo segue, èun dono troppo prezioso per non prendersene cura.La dimensione dell’accoglienza spiega bene come lacoppia, che nel sacramento diventa famiglia, si fac-cia compartecipe della creazione divina. L’uomo e ladonna si accolgono reciprocamente, con tutta la lorostoria e, insieme, scelgono di affidarsi ai disegnid’amore che il Signore ha in mente per loro. Uno diquesti è la genitorialità, biologica e non, una grazia eun’importante responsabilità: un esercizio di dono eamore costante che supera costantemente se stessi,per il quale è importante acquisire la consapevolezzadi crescere ed educare i giovani di domani. La fami-glia è infatti il primo luogo dove si apprende il benecomune, lo spazio dell’altro, l’accoglienza del prossi-mo, il perdono del torto subito.La famiglia non finisce però sull’uscio di casa. Essa èchiamata ad aprire le porte a chi ha bisogno e a usci-re dal suo privato, dal suo piccolo nido per una fe-

    condità che si allarga e che si può manifestare in mil-le modi, anche quando i figli non arrivano. Come hadetto Papa Francesco, la fede non ci toglie dal mon-do, ma ci inserisce più profondamente in esso. Il Si-gnore dona allora lo Spirito per testimoniare la bel-lezza del matrimonio cristiano, e ogni famiglia èchiamata a custodire non solo se stessa (cosa impor-tante e sacrosanta), ma anche a guardare per esem-pio le altre famiglie (il Papa invita a creare famiglie difamiglie, prendendosi cura reciprocamente, non re-stando soli ma sostenendosi a vicenda, mettendosempre al centro la Parola e la preghiera), le coppieche stanno facendo un discernimento, i giovani, glianziani. Più di molte parole solo i fatti possono par-lare. La famiglia va raccontata, mostrata, offerta: idoni che ognuno riceve non sono solo per sé, ma cisono perché la gloria di Dio possa manifestarsi. Legioie, le sofferenze, possono essere utili a qualcun al-tro. Per questo ogni famiglia diventa un bene per laChiesa e può rendere presente l’amore di Dio nellasocietà. Non occorre dimostrarlo, basta mostrarlo,profumare di famiglia, così come è forte e inebrianteil profumo del pane appena sfornato.

    Don Sabino ai Giovani per la Pasqua giovane

    Ragazzi e ragazze carissimi del TR, beati voi che vi go-dete questo ridente specchio del Golfo in questa prima-vera pasquale. Volevo immergermi anch’io nelle cosebelle che fate e nelle esortazioni pasquali che l’amatis-sima guida spirituale, il nostro don Luis, vi offre. Tut-tavia anche quest’anno non mi è stato possibile. Mipermetto di offrirvi qualche parola che il nostro Papae “papà” Francesco ha offerto: «Se Cristo è risorto allora

    possiamo guardare con occhi nuovi e cuori nuovi adogni evento della nostra vita, fossero pure i più nega-tivi. I momenti di buio, di fallimento possono trasfor-marsi in un cammino nuovo». Ricordate che special-mente oggi, quando si constata un mondo senza valo-ri, voi come giovani dovete essere come l’etimologiadella parola dice, “iuvenes” da “iuvare”: Giovate almondo. «Voi siete il sale della terra. Voi siete la luce delmondo», ammonisce Gesù nel discorso della monta-gna. Amate quello che Gesù predilige: i poveri, i dispe-rati, gli abbandonati, i giovani senza più fede e speran-za. Donate speranza. Seminate fiducia. Irradiate amo-re. Testimoniate il Risorto. Frequentate i sacramenti co-me don Bosco raccomanda. Sono l’energetico della no-stra vita. Siate più gioiosi. Siamo troppo tristi. Siate piùcoraggiosi. Siamo troppo vili. Siate più operosi. Siamotroppo parolai.Cristo è risorto! sia la base del vostro ottimismo anchein un momento storico che spinge a scoraggiarvi. Vi abbraccio col dilettissimo don Luis. E vi benedico nelnome del Risorto. Affettuosamente

    Don Sabino Roma, 15 Aprile 2017

    La famiglia non finisce sull’uscio di casa…

    2-2017 21Giovani

    PROFUMAREDI FAMIGLIA

    Marialuisa MichienziComunità TR-UPS, Roma

    Il “Non è bene che egli sia solo”(Bassorilievo nel Duomo di Orvieto)

  • prendere cosa i giovani provanonella relazione in famiglia. Testiintervallati da video e canzoniche aiutano a leggere con un al-tro linguaggio lo stesso argo-mento, come Non insegnate aibambini, di Giorgio Gaber.La prima scena richiama alla responsabilità e alla capacità discegliere tra “il piacere e il dove-re”, al ruolo fondamentale che inquesto hanno i genitori nell’edu-care i figli.Un altro “quadro” ci fa rifletteresulla scelta che i nostri ragazzisono chiamati, e quasi costretti,a fare per realizzare le proprieambizioni: la scelta di andareall’estero per studiare e lavorare.Questo porta ad abbandonare latranquillità del luogo d’origineper mettersi in discussione e im-parare velocemente a essere au-tonomi.«L’allontanamento, il dover cre-scere, ha fatto maturare il rap -porto con i miei genitori econ i miei amici. Condivi -dere una casa con personeestranee mi ha fatto riflette-re sull’accezione di fami-glia… Famiglia è sinonimodel sentirsi accettati mo-strando all’altro le proprie“normalità” e “anormalità”,senza aver paura di essererifiu tato o escluso».Ci sono poi le famiglie“strabordanti”, con nonni,zii, nipoti, cugini, fratelli e

    omenica 7 maggio 2017,la Festa della Famiglia Sa-lesianadel Lazio, tra i tan-

    ti sopraggiunti, ha visto la parte-cipazione dei giovani del Cena-colo in formazione di Genzano

    Dal Settore Giovani alCenacolo in formazione di Genzano

    22 Giovani/Famiglia Salesiana2-2017

    Dialogo in famiglia…

    Alberto PellèCenacolo di Roma

    I Giovani ci invitano

    a riflettere sulla Famiglia

    Il Cenacolo in formazione di Genzano alla festa della Famiglia Salesiana del Lazio

    …prove tecniche

    per animare un momento di ri-flessione sul tema della Famiglia.Il Gruppo di Genzano ha propo-sto i testi elaborati dal SettoreGiovani del TR in occasione della2a giornata di richiamo di Paco-gnano, monologhi e dialoghi checompongono quadri di vita quo-tidiana, che ci aiutano a com-

    genitori “chiassosi”, e quelle dovedevi imparare a essere da solo latua stessa famiglia.La scena finale vede il dialogomoglie-marito del «tanto, or-mai…». Uno spaccato tantosconcertante quanto realistico divita familiare.È stato bello vedere la collabora-zione tra il Settore e il GruppoGiovani di Genzano, è quantodon Sabino, Cesira e Agostinohanno sempre cercato di stimo-lare e in questa occasione si è rea-lizzato con grande naturalezza.Questa Festa, inoltre, è stata l’oc-casione per confermare l’impor-tanza di dare voce ai giovani. Co-me Famiglia salesiana abbiamol’onore e l’onere di lavorare coni giovani, per i giovani… È im-portante renderci disponibili adascoltare le loro opinioni, esserepronti a comprendere il loro lin-guaggio per sognare insieme ilFuturo.

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  • ari fratelli, vogliamo condividere con gioiala nostra esperienza di questo 2017 della ViaLucis della famiglia vissuta nella casa sa -

    lesiana di Santa Fe, attraverso la quale abbiamoricevuto grazia su grazia dell’amore di Dio.L’obiettivo di quest’anno è stato quello di seguireil Rettor Maggiore, che a sua volta ha obbedito Pa-pa Francesco, accogliendo la sollecitazione versola promozione della famiglia. E vedendo i segnidei tempi che stiamo vivendo, abbiamo volutoche questa “via della Luce” con Gesù Risorto, fos-se lampada di speranza nella notte di questi tem-pi. In un cortile della scuola don Bosco, abbiamopreparato le 14 stazioni con piccole candele ac -cese, con le immagini che ora abbiamo della Via Lucis e con le riflessioni che Vladia, e in parte assaipiù piccola il sottoscritto, abbiamo messo insie-me da varie fonti. Accanto a questi semplici det-tagli, abbiamo preparato il “commento sonoro”, lachitarra, un paio di canti che facevano riferimen-to a quanto avremmo vissuto e mezz’ora primatutto era pronto.Come abbiamo detto prima, la Grazia di Dio nonsi è fatta attendere e cominciarono a unirsi per -sone direttamente o indirettamente invitate. Ilnostro amico sacerdote e guida attuale del TR inArgentina, padre Adrián Botta, ci ha accompa-gnato e anche lui ha vissuto con gioia questoevento. Mentre iniziavamo e progredivano le ri-

    flessioni da stazione a stazione, il clima di pre-ghiera e di contemplazione andava in crescendo,e alcune persone, anche se partecipavano per laprima volta, vollero portare la croce, con la suastola bianca.Abbiamo notato che la gente partecipava con gioia ai canti, e ascoltava in silenzio le parole chediverse persone si avvicendavano a leggere per ilresto dei fratelli. Dio ci ha donato che il segno pereccellenza di Cristo Risorto, il Cero Pasquale, ri-manesse sempre acceso durante questo percorsoe che da quella luce accendessimo le altre piccoleluci che ciascuno portava.Questa partecipazione attiva e, anche se piccola,non meno importante, è stato un segno di Dio.Hanno partecipato famiglie intere o parti di fa -miglie. E anche se la giornata era un po’ fredda, rimasero fino alla fine. La celebrazione è durata,senza rendersene conto, un’ora.Ci ha invaso una gioia serena. E nei volti si vedevache quelle profonde esperienze erano anche neiloro cuori: è quello che poi hanno detto, per lagloria di Dio.E poiché il nostro Gesù Risorto non si lascia vin-cere in generosità, dopo aver completato questomomento, partecipiamo all’Eucaristia, ancoracon la gioia di camminare con il Signore, per ren-dere concreto un rinnovamento dei voti matri-moniali di molte coppie della nostra parrocchia.

    La Via Lucis nella Festa dell’Ascensione di Nostro Signore

    2-2017 23Cenacoli /Via Lucis

    Marco e Vladia CabreraCenacolo di Santa Fe, Argentina

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  • 2

    La partecipazione di tante famiglie riempì la chie-sa di gioia. Noi del TR abbiamo preparato il ricor-dino di questo momento. C’erano giovani, conancora poca strada alle spalle, come persone chevivono da 40, 50 o più anni questo cammino ma-trimoniale insieme. Una benedizione di Dio.Dopo queste benedizioni, un’altra grazia che civeniva data, era di sentire la necessità di stabilireuna missione all’interno delle famiglie. Quale fa-miglia? Ebbene, le nostre! Sì, per quanto compli-cato possa essere. Ma il progetto a cui Dio ci ha in-vitati, è quello di proporre ai nostri parenti piùstretti, ma anche agli amici che sono famiglia inquesta vita, momenti di preghiera, a partire dal-l’esperienza della Lectio Divina. Potremmo met-tere come motto della missione, per seguire il Ret-tor Maggiore, qualcosa come: “Se non vieni allaLectio, sarà la Lectio a venire da te”. Come afferma

    il nostro amato Pontefice, raggiungere le periferieesistenziali, che sicuramente esistono, prima ditutto nelle nostre famiglie.Così come si stanno realizzando, in questi dettaglidi amore che condividiamo con voi, Dio ha fattograndi cose per noi. Con grande gioia condividia-mo anche che stiamo ottenendo due visite moltoamate dal nostro Movimento. Sapete chi sono? Lereliquie dei nostri amici Luigi e Maria BeltrameQuattrocchi!!! Sì, presto saranno in visita al donBosco, ma abbiamo già partecipato a una Messain cui li abbiamo ricevuti come sposi del TR. Vera-mente Dio continua a essere grande con noi. Inquesto nuovo anno dedicato a promuovere ilcammino della Via Lucis, e dopo “aver arato” perdiversi anni la dura terra, vediamo piccoli segni dinuove foglie. Dio fa tutto. Questo è sicuro. Noi,semplicemente, siamo suoi testimoni.

    24 Cenacoli /Via Lucis2-2017

    È il 27 maggio: appunta-mento del Cenacolo diRoma presso le Catacombedi San Callisto, sull’AppiaAntica, che accolsero i pri-mi cristiani, un appunta-mento ormai consueto percelebrare la Via Lucis co-me Testimoni del Risorto:quest’anno la partecipa-zione era stata aperta aigruppi della Famiglia Sa-lesiana del Lazio.La celebrazione ha avutola ricchezza dell’anima-

    zione dei giovani, che con strumenti ecanti hanno accompagnato il cammino da stazio-ne a stazione, lungo un’alta fila di cipressi e uncampo di ulivi, tra letture e preghiere.

    Come sempre, dopo il rinnovamento delle pro-messe battesimali e una breve riflessione di donLuis, la Via Lucis si è conclusa con la visita alla grot-ta che accoglie l’immagine della Madonna Matermisericordiae, ai cui piedi il Cenacolo ha lasciato ifiori che avevano accompagnato il cammino.

    La VIA LUCIS alle Catacombe di San Callisto a Roma

  • Guidati dalla forza straordinaria del Sacro Cuore diGesù, Venerdì 23 Giugno, con Rosalba, Armandoe un meraviglioso cenacolo rinnovato nei cuori, ab-biamo co-animato la prima Via Lucis itinerante me-ditata con don Biagio. Silenti, attenti e orgogliosi di essere protagonisti dellacoreografia, gli ulivi e i carrubi secolari macchiati dirosso carminio dell’ultimo respiro del sole, la terrabattuta, polverosa e arsa, e i cori di uccelli festantihanno contribuito a rendere unico quel tempo cre-puscolare che ci ha accompagnato durante tutto ilcammino.«Resta con noi Signore, che si fa sera…». Per noi, discepoli sulla via della moderna Emmaus, è stato emozionante immergerci nelle quattordicistazioni della santa Via Lucis e, sostenuti da que-sta grande energia spirituale dell’universo, abbiamocompreso ancora più in profondità, il messaggio del-la Pasqua di Cristo che, con la Sua morte e risurrezio-ne, ci ha fatto conoscere l’agàpe, riversando nei no-stri cuori quell’amore immenso, smisurato e forte,

    grazie al quale abbiamo compreso la salvezza!Don Sabino ci ha insegnato che «se con la Via Cru-cis ci si gonfia il cuore di Amore, con la Via Lucis il cuo-re trabocca di Gioia», perché, come ci spiega anchepapa Francesco, «se Cristo è risuscitato, possiamoguardare con occhi e cuore nuovi a ogni evento dellanostra vita, anche a quelli più negativi. I momenti dibuio, di fallimento e anche di peccato possono trasfor-marsi e annunciare un cammino nuovo!».Al termine del percorso, interamente rinnovata dopol’alluvione dello scorso Settembre che ha trascinatovia le antiche icone della Via Crucis, prontamente so-stituite dalle immagini della Via Lucis, illuminata afesta e candida di calce che ancora profuma di fresco,ci ha accolto la cappellina della masseria dedicata alla Madonna del Rosario.Così, con i cuori in festa, dopo aver rinnovato le pro-messe battesimali e ricevuto la solenne benedizioneda don Biagio, ognuno di noi è tornato a casa, prontoad annunciare a tutti che Cristo è Risorto, è vera -mente risorto! Alleluja!

    CON LAVIA LUCIS IL CUORE TRABOCCA DI GIOIA

    2-2017 25Cenacoli /Via Lucis

    La giornata Mariana della Famiglia Salesiana si èsvolta il 2 giugno 2017 presso il Santuario dell’In-coronata (Foggia): una giornata in cui tutti i gruppimembri della famiglia salesiana della Puglia si sonoritrovati per esprimere la propria devozione Marianacome è stata sempre manifestata e testimoniata dadon Bosco. Questa giornata dal titolo: Una famigliache cammina nella Fede vede nella famiglia di Naza-reth un riferimento per tutte le famiglia cristiane.Dopo l’accoglienza e la preghiera iniziale, siamo statiaffascinati dalla relazione di Suor Herta Cigolla,F.M.A., biblista. La riflessione sulla famiglia è statapresentata attraverso la lettura esegetica e spiritualedel brano di Gesù bambino nel tempio (Lc 2,41 - 52).Maria ha la consapevolezza che nel tempio, a 12 anni,ha perso Gesù, Gesù non le appartiene più. Questosta a dire che i figli prima di essere nostri sono di Dioe che dobbiamo essere disposti al loro distacco per-ché possano adempiere la volontà del Padre su di loro. “Nessuno ci appartiene. Tutti apparteniamo a

    Anna e Danilo FaviaCenacolo di Santo Spirito (Bari)

    Alma MiollaCenacolo di Bari

    Tra silenti ulivi e carrubi secolari, la prima Via Lucis del Cenacolo di Ostuni-Cisterninocon don Biagio, nuova guida spirituale

    UNA FAMIGLIA CHE CAMMINA NELLA FEDEDio”. I genitori devono custodire le scelte dei figli: at-tenzione, presenza, ascolto, guida saggia e distaccatasono necessari.La relazione è stata seguita dalla condivisione ingruppi, dall’agape fraterna e dalla lotteria per un pro-getto riguardante i giovani e il lavoro. Dopo la foto ri-cordo e l’estrazione dei premi, la celebrazione Euca-ristica ha concluso l’interessante, l’entusiasmante ela coinvolgente giornata Mariana.

    Giornata Mariana della Famiglia Salesiana

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    scorso 27 Maggio si sonoincontrati i Cenacoli di Pu-

    glia (con la gradita sorpresa diuna coppia di quello di Potenza)per un incontro “zonale” sul temaIo ti perdono, sia dal punto di vi-sta laico che religioso.Per prima la nostra cara tierrina epsicologa Anna Maria Merola, diSalerno, ha ricordato che nelle

    Sacre Scritture ci sono voci favorevoli (liberare un pri-gioniero che eri tu, donare per…) e contrarie (pietosocon i crudeli, diventa crudele con i pietosi).Contrari anche Nietzsche, Schopenhauer e Freud, in-tendendolo come segno di debolezza e sottomissio-ne. Invece possiamo pensare che le nevrosi nascanoproprio dal mancato perdono, che incancreniscedentro di noi: la rabbia si trasforma in frustrazione.Dopo lo smarrimento iniziale, specie se soffriamo

    per causa di perso-ne amate, occorretrovare pace inte-riore, prima della“correzione frater-na”. Il perdono infi-ne, con il cuore, li-bera energie positi-ve, perché l’odio se-questra le energiementali sino a pro-durre delle malat-tie. Si possono se-guire quattro passi

    per il perdono, impegnandosi ogni giorno, anchescrivendo le varie fasi. Si può chiedere l’aiuto di qual-cuno, un amico, un terapeuta, un sacerdote.La seconda visione, religiosa, è stata illustrata da DonCorrado, guida spirituale del Cenacolo di Bari: l’uo-mo è un essere unico, ma dotato di più dimensioni(spirituale, psichica, razionale…). L’importanza deivalori, il nostro essere contraddittori (perdonare a unfiglio e viceversa a un estraneo); il perdono è l’uni-versità dell’amore, altrimenti siamo ancora alle me-die… L’amore è l’unica cosa che cresce dividendola(c’è più gioia nel dare…); chi è senza peccato… (ilperdono è essenziale al vivere umano, altrimenti c’èla distruzione); ho bisogno di sapere che il mio similemi può perdonare, così farà il Padre dal Cielo (vedi ilPadre Nostro). Ma il perdono ha bisogno di due com-ponenti; non posso perdonare se l’altro non si pente(era morto ed è risorto): relazione biunivoca.

    Molte pagine dei Vangeli contengono quindi l’invitoalla conversione, così come l’implorazione in chiesadella vedova dell’agente Schifani, ucciso dalla ma-fia… Il “padre misericordioso” lo è verso il figlio, il quale però “si era accorto di avere sbagliato”, cosìcome giunge il perdono degli orfani di Calabresi e diTobagi (a patto che diciate la verità…). La carità eccede la giustizia, così come il salario degli ulti-mi uguale a quello dei primi: una volta dato il giusto,saremmo forse invidiosi di quelli che godono di unatto di liberalità?Nel sacramento della riconciliazione (la parola stes-sa...) è necessario il pentimento, e poi la misericordiadistrugge la colpa, come l’amore distrugge il male. In una seconda tornata Anna Maria Merola fa notareche noi, perdonati da Dio, perdoniamo gli altri: così,“liberati dai macigni”, saremo liberi di volare alto. Il padre di una vittima del Bataclan ha scritto: “Nonavrete il mio odio”: a maggior ragione se siamo credenti. Il senso dicolpa è un pessimocompagno, per laqual cosa bisognaliberarsene al piùpresto, chiedendoscusa, ma accertan-dosi che non vi erain noi intenziona -lità. Parlare troppodi attentati, di guer-re, ecc., non fa al-tro che aumentarneil peso nella realtà,anche oltre l’effettiva consistenza, mentre è ne -ces sario sempre enfatizzare il bene (che non fa rumore…). Occorre scambiare i nostri panni con l’altro, non cedergli quello che è il nostro potere di perdo nare e infine “non guardare al passato: ci siamo già stati!”.Grazie a entrambi i relatori per questa splendida oc-casione per una meditazione profonda in noi stessi.

    INCONTRO ZONALE DEI CENACOLI IN PUGLIAIl perdono: l’interpretazione laica, l’insegnamento religioso

    26 Vita dei Cenacoli2-2017

    Armando BalestrazziCenacolo di Ostuni-Cisternino

    Don Corrado mentre presenta gli aspetti religiosi del tema

    Anna Maria Merola durante il suo intervento

    Il gruppo dei partecipantiall’incontro zonale

    Danilo Favia e Armando Balestrazzi accolgono i partecipanti

    Lo

  • NOTIZIE DI FAMIGLIA

    spettacoli al Teatro Viganò ne abbiamo vistitanti ormai, ma nessuno entrato così nelleviscere come il trascinante Magdala, pre-

    sentato il 9 aprile dalla Emotion Dance Company, uncorpo di ballo nato con l’obiettivo di trasmettere alpubblico una danza che emozioni.E ci riesce in pieno la squadra diretta dalla coreografae regista Miriam Baldassarri a scuotere le nostre cordepiù profonde, mettendosi in gioco in prima linea, ma-nipolando i limiti e le regole, in un vortice di sinergie dianime e corpi che catalizza l’attenzione dello spettato-re fino a trascinarlo in una condivisione senza tempoe senza confini alla propria immaginazione emotiva.I bravissimi ballerini interpreti di Magdala (vestiti dallacostumista Roberta Armellini) sono sicuramente dacitare uno per uno: Valeria Paraninfi (Maria Madda -lena), Alessandro Saputo (Gesù), Monica Fiorentino(Maria), Andrea Bellacomo (Ponzio Pilato) e poi anco-ra Maira Adriani, Blandiana Cocomello, Claudia Gran-de, Fabiano Ranieri, Jessica Passerini, Elisabetta Pisto-lesi, Federica Porcari, Francesca Romana Pulvano, Eri-ka Ricci, Giovanbattista Russo (i discepoli). In più an-che la partecipazione di Just Go Family Crew, gli scribi. Tutto lo spettacolo mi ha sconvolto, coinvolto e trasci-nato ma devo dire che la parte più emblematica, sim-bolicamente geniale anche a livello registico, è stata lavia Crucis. Miriam Baldassarri ha lasciato forte il suosegno nella sua personale e indimenticabile interpre-tazione della croce, persone trasportate sulle spalle: ilpeso del dolore del mondo con gambe e braccia. Vol-ti sofferenti accasciati sulla schiena di Gesù che se ne

    fa carico. ecco questa è stata una meravigliosa sequen-za. Culminata poi con degli effetti di luce dietro la cro-ce che ancor di più accentuavano il significato pro-fondo del superamento del dolore attraverso la faticadi entrare nel do lore stesso con la certezza che una Lu-ce, vera, grande, pura alla fine ci sarà.Un plot coreografico eccezionale, di grande impatto,che ha presentato in modo originalissimo e attuale lafigura di Maria Maddalena, non più nel classico clichédella donna controversa ed enigmatica o peggio inquello del mondo arabo, ma in tutta la sua divampanteumanità femminile e spirituale con il coraggioso attofinale che la vede accogliere il messaggio di Gesù eportarlo nel mondo con la propria testimonianza in-dividuale che si diffonde goccia a goccia, persona perpersona. Un coraggio così immenso può nascere soloda un grande faticoso riscatto del sé da un passato pe-sante e greve. E un riscatto così improvvisamente vo-luto e avuto può nascere solo da un Amore infinito,non definibile, non misurabile.“Lui allora mi guardò e il meriggio dei suoi occhi era sudi me e disse «tu hai molti amanti ma io solo ti amo. Glialtri quando ti sono vicini amano se stessi: io amo te inte stessa. Io vedo in te una bellezza che non appassiràmai. Solo io amo in te l’invisibile». Poi se ne andò. Nes-sun altro uomo camminò mai come lui camminava.Era un soffio nato nel mio giardino, che alitava versooriente? O una tempesta che avrebbe squassato sin dal-le fondamenta tutte le cose? Non lo sapevo allora maquel giorno il tramonto dei suoi occhi uccise in me ildrago e divenni una donna, io divenni Maria, Maria diMagdala” (da Gesù figlio dell’uomo, di Kahlil Gibran).

    Il Cenacolo di Roma e l’Emotions Dance Company per la costruzionedi una SCUOLA PRIMARIA a Yaoundé, in Camerun

    2-2017 27Cenacoli

    Francesca Del Settegiornalista

    MAGDALA: una donna, il coraggio, l’annuncioRegia e coreografia di Miriam Baldassari

    HANNO RAGGIUNTO LA CASA DEL PADRE

    Eugenia, sorella carissima di Don Sabino, 3 aprile 2017

    Padre Carlo, Cenacolo di Santo Spirito, 9 maggio 2017

    NATISPOSI

    Di

    Auguri aÁlvaro Herrero Gosíoe Silvia Garcia Alonso,del Cenacolo di Burgos (Spagna),sposi, 15 luglio 2017

    Alma Miolla eVito Carulli, del Cenacolo di Bari, annunciano la nascita della nipotina Nicole, 21 aprile 2017

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