23
1 Aspetti della lingua giuridica. Forme e prassi della scrittura di testi non normativi Maria Vittoria Dell’Anna, Università del Salento Citation: Dell’Anna, M. V. (2015), “Aspetti della lingua giuridica. Forme e prassi della scrittura di testi non normativi”, mediAzioni 18, http://mediazioni.sitlec.unibo.it, ISSN 1974-4382. 1. Linguaggio giuridico e testi giuridici Tra le manifestazioni linguistiche e le modalità espressive adottate da chi, con scopi e con ruoli culturali e professionali differenti, scrive o parla di diritto o sul diritto o è coinvolto in una situazione comunicativa attinente al settore giuridico, mi occuperò di lingua e scrittura giuridica non normativa, in particolare di lingua e scrittura delle sentenze. Sposterò subito l’attenzione dalla riflessione sul concetto e sugli usi del linguaggio giuridico al suo manifestarsi concreto nei testi; meglio, al suo esistere, al suo essere nei testi: normativi, applicativi, interpretativi, secondo l’elementare distinzione dei testi giuridici in base alle attività di creazione di regole o di loro applicazione e interpretazione per cui sono prodotti (mi richiamo alla sistemazione dei testi giuridici italiani proposta da Mortara Garavelli 2001: 19-34). La tripartizione appena detta è il risultato di una sistemazione elaborata secondo un criterio funzionale. Osservando i testi giuridici secondo criteri linguistici e testuali si delinea invece un quadro sostanzialmente bipartito: non appena ci si muove al di là del testo normativo e dei canoni testuali della prescrittività, ci si allontana dall’“uso prototipico della linguae l’aspetto linguistico-testuale dei testi (dunque, non normativi) si apre alle possibilità non irreggimentate del discorso mediamente e poco vincolante (a proposito di “uso

Aspetti della lingua giuridica. Forme e prassi della ...mediazioni.sitlec.unibo.it/images/stories/PDF_folder/document-pdf/... · acquisizioni relative alla comunicazione nei tribunali,

  • Upload
    vudan

  • View
    221

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

1

Aspetti della lingua giuridica. Forme e prassi della scrittura di

testi non normativi

Maria Vittoria Dell’Anna, Università del Salento

Citation: Dell’Anna, M. V. (2015), “Aspetti della lingua giuridica. Forme e prassi della scrittura di testi non normativi”, mediAzioni 18, http://mediazioni.sitlec.unibo.it, ISSN 1974-4382.

1. Linguaggio giuridico e testi giuridici

Tra le manifestazioni linguistiche e le modalità espressive adottate da chi, con

scopi e con ruoli culturali e professionali differenti, scrive o parla di diritto o sul

diritto o è coinvolto in una situazione comunicativa attinente al settore giuridico,

mi occuperò di lingua e scrittura giuridica non normativa, in particolare di lingua

e scrittura delle sentenze. Sposterò subito l’attenzione dalla riflessione sul

concetto e sugli usi del linguaggio giuridico al suo manifestarsi concreto nei

testi; meglio, al suo esistere, al suo essere nei testi: normativi, applicativi,

interpretativi, secondo l’elementare distinzione dei testi giuridici in base alle

attività di creazione di regole o di loro applicazione e interpretazione per cui

sono prodotti (mi richiamo alla sistemazione dei testi giuridici italiani proposta

da Mortara Garavelli 2001: 19-34).

La tripartizione appena detta è il risultato di una sistemazione elaborata

secondo un criterio funzionale. Osservando i testi giuridici secondo criteri

linguistici e testuali si delinea invece un quadro sostanzialmente bipartito: non

appena ci si muove al di là del testo normativo e dei canoni testuali della

prescrittività, ci si allontana dall’“uso prototipico della lingua” e l’aspetto

linguistico-testuale dei testi (dunque, non normativi) si apre alle possibilità non

irreggimentate del discorso mediamente e poco vincolante (a proposito di “uso

2

prototipico” e di “vincolo”, mi richiamo alla nota tipologia testuale elaborata da

Sabatini 1990 e ad altri suoi interventi sul tema ora raccolti in Sabatini 2011).

Dal punto di vista linguistico-testuale i testi giuridici si distinguono tra testi che

normano e testi che non normano; il secondo gruppo si sdoppia secondo criteri

evidentemente anche pragmatici tra testi applicativi (od operativi o altra

denominazione in grado di definirli e raggrupparli) e testi interpretativi.

La suddivisione binaria e la rispondenza del testo giuridico al criterio della

normatività spiegano in definitiva la configurazione linguistica di tutti i testi

giuridici e ne motivano genesi e dinamiche di scrittura (Dell’Anna 2013: 22-29).

1.1. Linguistica dei testi giuridici

Gli interessi disciplinari e i criteri di metodo con cui investigare i testi giuridici

sono vari, e ripropongono i filoni di ricerca che almeno a partire dai primi anni

’90 del ’900 hanno animato, con tempi e approfondimenti diversi, gli studi di

linguistica giuridica in Italia: a) il linguaggio giuridico come varietà dell’italiano,

della sua storia e nella sua storia (per una panoramica anche storica rinvio a

Gualdo 2011); b) il linguaggio dell’amministrazione e della burocrazia; c) la

traduzione giuridica; d) la linguistica giudiziaria; e) il trattamento informatico dei

testi giuridici.

Da ciascuno il genere sentenza ricava proficue indicazioni di studio sia

nell’oggetto, sia nel metodo dell’indagine: a) il filone del linguaggio giuridico

come varietà dell’italiano – studio di tipo prevalentemente descrittivo – illustra il

complessivo assetto linguistico della sentenza, i tratti lessicali, morfosintattici e

sintattici più caratteristici (benché non esclusivi del genere sentenza né del

testo giuridico), le tendenze argomentative e la struttura testuale diffusa,

individuando elementi di condivisione o di variazione interni alla scrittura

giuridica (ossia elementi comuni o non comuni agli altri testi giuridici; si badi: si

tratta in definitiva di aspetti sia linguistico-testuali, sia redazionali); b) il filone del

linguaggio dell’amministrazione e della burocrazia, insieme alle applicazioni

pratiche aperte dal filone descrittivo appena detto, indirizza ora verso i testi

3

giurisprudenziali gli strumenti di miglioramento e semplificazione linguistica dei

testi giuridici in vista di una loro più larga accessibilità al cittadino comune, cui

principalmente sono diretti: operazioni che hanno interessato sinora soprattutto

i testi normativi e i testi prodotti dalle amministrazioni pubbliche; c) il filone della

traduzione giuridica rielabora le acquisizioni ormai consolidate nel campo dei

testi (ancora) soprattutto normativi e amministrativi (anche sovranazionali,

comunitari) orientandoli verso la specificità di testi – le sentenze italiane – che

presentano aspetti lessicali e sintattici più articolati di quelli dei testi normativi e

che richiedono a chi traduce sia competenze linguistico-giuridiche nelle lingue e

nei sistemi giuridici di partenza e di arrivo, sia conoscenze sui meccanismi

testuali dei singoli tipi di testo giuridico della lingua di partenza; d) il filone della

linguistica giudiziaria consegna agli studi sulla sentenza l’insieme delle

acquisizioni relative alla comunicazione nei tribunali, alla realtà sociolinguistica

che fa da sfondo ai processi, alla sovrapposizione di testi e scriventi che

formano un fascicolo, ossia il “contenitore” dei documenti scritti e trascritti (nel

caso di verbalizzazioni di fasi processuali orali) prodotti durante l’intero

processo: consegna allo studio della sentenza gli strumenti per riflettere sulla

sua configurazione linguistica come risultato anche delle dinamiche di

intertestualità che agiscono nella scrittura del testo da parte del giudice (dalla

sintesi alla riformulazione, dalla citazione alla parafrasi, ecc.) e dei meccanismi

di reciproco scambio di prassi scrittorie tra il giudice e gli altri operatori del diritto

coinvolti nel processo (avvocati, ma anche cancellieri, operatori di polizia

giudiziaria, ecc.); e) il filone del trattamento informatico dei testi giuridici (per il

quale un ruolo preminente è svolto dai giuristi e dagli istituti di ricerca giuridica,

più che linguistica), infine, mettendo a disposizione degli studi linguistici

repertori di testi giuridici molto estesi per affondo diacronico e tipologia testuale,

consente ricerche lessicali mirate (il lessico è il campo che trova applicazioni

maggiori) nei singoli gruppi di testo e al tempo stesso comparazioni

automatiche e semiautomatiche tra generi e tipi di testo di una medesima

tradizione linguistico-culturale e giuridica: si tratta di un aspetto di metodo

rilevante, ad esempio, proprio nel lavoro di chi traduce, che può ricostruire

meglio la vicenda storica, semantica e pragmatica di una forma lessicale in un

dato periodo e in un dato genere di testi della lingua di partenza e giungere alla

4

soluzione traduttiva più efficace (singolo traducente o locuzione e perifrasi

traduttive) nella lingua di arrivo.

Nei paragrafi che seguono illustrerò alcuni aspetti linguistico-testuali della

sentenza. Mi occuperò in particolare di lessico (§ 2, 3 e 4) e di sintassi (§ 5) per

il loro collegamento con alcune questioni di metodo e per i riflessi nell’attività di

traduzione: l’ausilio degli strumenti lessicografici e di archivi e banche dati nella

ricerca lessicale di ambito giuridico; la semplificazione come buona pratica

anche linguistica del processo.

2. Sentenze, lessico, fatti distribuzione testuale

Le sentenze accolgono un ventaglio lessicale così ampio da renderne

complessa un’esatta descrizione entro i confini dello stesso genere. Si tratterà,

piuttosto, di individuare modalità caratterizzanti con cui il lessico giuridico e non

giuridico ricorre nelle sentenze ed è modulato dalla penna dello scrivente

giudice (alludo non a scelte occasionali del singolo, pure rintracciabili qua e là

nei testi, ma ad abitudini portate dalla tradizione di appartenenza). Che cosa è,

intanto, “lessico giuridico”? Un tentativo di definizione incrocia criteri di natura

semantica e pragmatica: dal punto di vista semantico, è lessico giuridico

l’insieme dei significanti che hanno come significato nozioni e concetti di tipo

giuridico; dal punto vista pragmatico, dell’uso, è lessico giuridico l’insieme delle

parole e dei sintagmi che, anche prescindendo da una definita semantica

giuridica, ricorrono in testi giuridici poiché appartengono a vario titolo al

repertorio di usi e di abitudini lessicali degli operatori del diritto nella concreta

produzione di diversi tipi di testo del settore.

Le sentenze, insieme ai testi dottrinali, più di altri testi esibiscono la

stratificazione del lessico giuridico, immaginabile come una serie di tre cerchi

concentrici, nel più esterno dei quali i confini sfumano progressivamente verso

quelli del lessico comune. Per questo motivo, da una parte l’ampiezza del

ventaglio lessicale non permette di parlare di lessico delle sentenze, dall’altra

proprio l’ampia articolazione lessicale fa di sentenze e testi giurisprudenziali i

5

contesti che meglio permettono di approdare a una descrizione esaustiva in

sincronia del lessico giuridico.

Nella sentenza il lessico giuridico ricorre accanto a una pluralità di altri lessici:

dal lessico comune al lessico tecnico degli ambiti disciplinari e professionali di

pertinenza della causa; al lessico tecnico dei testi secondari (le perizie, ad

esempio) che confluiscono nel fascicolo, istaurando rapporti intertestuali con la

sentenza; al lessico dell’argomentazione e della dottrina giuridica, diffusi

soprattutto nella Motivazione; alle forme colte, ai sinonimi vezzosi, ai connettivi

desueti, agli arcaismi, alle formule di rito, ai suffissati di matrice burocratica e in

definitiva al lessico non giuridico, non comune e non altrimenti tecnico, ma pure

attribuito allo stereotipo della tradizione giuridica e forense. Nella sentenza il

lessico giuridico è inoltre agito come prodotto di esigenze concettuali e tecniche

e come esito di costruzioni sintattiche che concorrono a produrre serialità e

tendenze derivative (pensiamo agli aggettivi con valore verbale in -ivo e -orio;

agli aggettivi e ai sostantivi rispettivamente in -bile e -bilità, che esprimono le

categorie della possibilità e della potenzialità e quelle, prettamente giuridiche,

del permesso e del divieto; alla sequenza di nomi di beneficiario in -ario, di

agente in -nte e -(t)ore e di paziente nelle forme participiali, al participio

passato, e gerundive).

La sentenza è dunque un contenitore capace di accogliere un universo

lessicale aperto a più vocabolari, a più forme e a più registri: a più vocabolari,

per fatti di semantica giuridica, di divisione disciplinare interna al diritto, di

specializzazione settoriale giuridica e non giuridica; a più forme e a più registri,

per fatti di sintassi, di retorica, di pragmatica testuale.

Ricordo che le componenti del lessico giuridico sono state descritte secondo

gruppi o categorie individuati in base a criteri di esclusività specialistica, di

contatto e interferenza con la lingua comune e con altri lessici settoriali, di livello

stilistico, di registro (Cortelazzo 2008; Dell’Anna 2008; Serianni 2012 [già

2003]): dai tecnicismi specifici (enfiteusi, fidefaciente, litisconsorzio, peculato,

promissario, promittente, usucapione, usufruttuario) ai tecnicismi collaterali di

uso stabile (azionabilità, caducare, cassazione, ordinatorio, pertinenziale,

procedibilità, riconvenzionale, ricorribile), dalle riformulazioni giuridiche

6

(ablazione, occupazione, possesso) all’amplissimo insieme di collocazioni e

voci che individuano la categoria dei “prassismi”, etichetta con cui intendo i

diversi fatti di lessico che hanno origine nelle abitudini espressive orali e scritte

della comunicazione giuridica in un dato spaccato temporale (Dell’Anna 2008:

102-103). A mo’ d’esempio, attribuisco a quest’ultima categoria: 1) termini

diffusi nell’uso giuridico per tradizione di scrittura o di composizione (sono ben

impiegati anche nella comunicazione orale del settore), il più delle volte

sinonimi colti dettati da esigenze di innalzamento del registro (acclaramento,

adduzione, assumere, reiettivo); 2) la stereotipia in locuzioni e in perifrasi

utilizzate come formule di repertorio, spiegate dal facile adeguamento a modelli

cristallizzati nella tradizione del settore, senza che intervengano preferenze di

registro (il progetto di compiere una serie di reati o di atti illeciti è sempre un

disegno criminoso, mai un progetto o intento criminoso); 3) la ricorrenza

sistematica di parole comuni in determinati sintagmi, cui sono pertanto

semanticamente associate (contrasto ‘contrapposizione, conflitto’ in contrasto di

giurisprudenza); 4) la riformulazione semantica (con grado variabile di tecnicità)

conseguente a processi di lessicalizzazione, per cui la voce testa di un

sintagma può assumerne, per forza d’uso, il valore semantico anche in assenza

delle altre voci cui è legata (un’espressione come in sede di componimento

sottintende che si tratti del componimento del contrasto, che a sua volta

richiama il contrasto di giurisprudenza).

La sentenza consente di osservare meglio che in altri testi del dominio giuridico

le collocazioni e i prassismi appena visti: al momento essi non ricorrono nei testi

normativi e sono poco o per nulla registrati dalla lessicografia dell’uso e storica

(che utilizza perlopiù proprio i testi normativi come fonti di reperimento ed

esemplificazione di lessico giuridico).

In un’ottica sia descrittiva, sia didattica, sia traduttiva, l’indagine sul lessico del

diritto è in generale tanto più efficace quanto più è basata sulla ricerca

sistematica e comparata in/tra testi giuridici di diverso tipo e sulla convergenza

di più strumenti di ricerca (dizionari, archivi di testi, banche dati) che

consentano di risalire alle concrete ambientazioni testuali di una voce e di

inquadrarne usi e accezioni reali.

7

La distribuzione testuale del lessico giuridico è un aspetto della variazione della

lingua giuridica cruciale in molti contesti applicativi. La variazione è ben

rappresentata nei dizionari dell’uso e storici per il lessico giuridico tecnico o

radicato nella tradizione lessicografica (e testuale: almeno, dei testi normativi),

mentre è scarsamente rappresentata per le zone più dinamiche appena viste:

prassismi, stereotipi lessicali e formule di repertorio, riformulazioni semantiche

in seguito a processi di lessicalizzazione.

Soltanto la pratica di testi giuridici distinti per periodo storico e tipo testuale

permette di individuare alcune voci come voci giuridiche, di rilevare voci

altrimenti assenti o non trattate dai dizionari, di valutarne la ricorrenza e il valore

semantico nei testi anche al di là delle indicazioni offerte dai dizionari stessi.

Banche dati e corpora di testi giuridici possono fornire aiuti preziosi in tutti i

contesti didattici e applicativi. L’indagine nei repertori e l’osservazione

comparata tra testi normativi e non normativi migliora la selezione di voci,

esempi e fraseologia, recupera accezioni e voci ignorate o poco note e

contestualizza gli usi reali, perfeziona la marcatura diafasica e consente utili

retrodatazioni, favorendo un approccio proficuo anche in ambito interlinguistico.

È utile segnalare che proprio su questi presupposti di metodo si basa il lavoro

del gruppo di ricerca sui testi giuridici nell’ambito del Progetto PRIN 2012

Corpus di riferimento per un Nuovo Vocabolario dell’Italiano moderno e

contemporaneo. Fonti documentarie, retrodatazioni, innovazione (Coordinatore

Scientifico il Prof. Claudio Marazzini [Università del Piemonte Orientale]), che

ha l’obiettivo di fondare una lessicografia italiana di nuovo impianto basata su

spogli di corpora di testi bilanciati, con larga presenza di lingua non letteraria.

Per l’ambito giuridico (a cui fanno capo chi scrive, Jacqueline Visconti

[Università di Genova] e Francesco Romano ed Elisabetta Marinai [entrambi

dell’Istituto di Teoria e Tecnica dell’Informazione Giuridica di Firenze]), il corpus

comprenderà un campione di testi rappresentativi nel periodo di riferimento del

progetto – dall’Unità di Italia ad oggi – a copertura dei tre ambiti di attività in cui

suole suddividersi l’uso giuridico della lingua: la legislazione, la giurisprudenza,

la dottrina.

8

3. Gli strumenti per lo studio del lessico giuridico

Quali strumenti soccorrono in particolare nello studio del lessico giuridico

italiano (contemporaneo, e no)?

Non mi soffermerò sulla lessicografia, per la quale è sufficiente ricordare i

vantaggi portati da una ricerca trasversale e concomitante nei dizionari dell’uso,

storici ed etimologici, ricca di spunti soprattutto per via dell’odierna disponibilità

di versioni informatizzate (on line o su supporto elettronico fisso): si pensi alle

ricerche avanzate consentite dai CdRom dei dizionari dell’uso e dalle versioni

on line – originarie o successive a processi di digitalizzazione di opere a stampa

– di dizionari storici come il Vocabolario della Crusca, il Tommaseo-Bellini e il

TLIO, dispensatori di accezioni semantiche, fonti e dati comunque utili anche

all’indagine sul contemporaneo (le cinque impressioni del Vocabolario della

Crusca e il Tommaseo-Bellini sono consultabili in versione digitalizzata a partire

dal sito Internet www.accademiadellacrusca.it; il TLIO è consultabile al sito

dell’Istituto Opera del Vocabolario Italiano www.vocabolario.org).

Conviene di più segnalare banche dati e corpora di testi già da tempo disponibili

(soprattutto, come accennavo, per iniziativa dei giuristi), ma forse non ancora

sufficientemente valorizzati dalla linguistica giuridica nell’impiego didattico e

applicativo.

Si tratta innanzitutto degli archivi Vocanet Lessico Giuridico Italiano-LGI e

Lingua Legislativa Italiana-LLI dell’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione

Giuridica del CNR (ITTIG), consultabili in una maschera di ricerca unificata

all’indirizzo Internet http://www.ittig.cnr.it/Banche

DatiGuide/vocabolario (d’ora in poi, il riferimento alla versione unificata è

indicato con “Vocanet LGI-LLI”). Gli archivi restituiscono dati lessicali con

contesti e immagini di schede cartacee tratti da documenti di legislazione,

dottrina e prassi dal 960 al 1980, per i testi dell’archivio LGI, e da Codici,

Costituzioni e leggi fondamentali in lingua italiana dal 1539 al 2007, per i testi

dell’archivio LLI. I risultati consistono non in dati lessicali già sistemati, ma in

attestazioni nei testi – appositamente schedati e indicizzati per ricerche lessicali

semplici o avanzate, con e senza operatori logici – che l’utente interpreterà

9

caso per caso. La ricerca può essere effettuata nell’intero corpus o per singole

sezioni dei due archivi. È degna di nota, ad esempio, la ricerca entro singoli

gruppi di testi (solo di prassi, di dottrina o di legislazione), che per molte voci

restituisce anche in diacronia il quadro di una perfetta bipartizione tra testi

normativi e testi non normativi, così confermando analoghe dinamiche d’uso

riscontrabili nei testi contemporanei di cui ci occupiamo (cfr. ess. in § 4.).

La documentazione storico-giuridica fruibile attraverso Vocanet LGI-LLI è

completata da IsLeGI, l’Indice Semantico del Lessico Giuridico Italiano

(consultabile all’http://www.ittig.cnr.it/progetti/is-legi/), in grado di individuare e

sistemare le relazioni semantico-concettuali tra le voci giuridiche estratte dagli

archivi digitali di documenti giuridici antichi e di facilitare lo studio di una data

parola grazie alla loro consultazione mirata. I risultati delle ricerche offrono un

prospetto sintetico, ulteriormente interrogabile, delle attestazioni complessive di

una voce nell’archivio oppure nei singoli gruppi di testi di dottrina, prassi e

legislazione, segnalando la data del più antico e del più recente documento in

cui la voce è registrata, così fornendo immediate informazioni sul ciclo di vita di

una data parola nei vari testi e momenti della storia del diritto e della nostra

lingua.

Ancora per iniziativa dell’ITTIG nascono l’Archivio DoGi e l’Archivio DoGi

Collettanee (consultabili agli indirizzi http://nir.ittig.cnr.it/dogiswish e

http://nir.ittig.cnr.it/dogiswish/dogiMono), che accolgono e offrono abstract e

sommari di articoli, note a sentenza, commenti a legislazione, rassegne

giurisprudenziali e normative, relazioni a convegni, recensioni critiche pubblicati

su supporto cartaceo ed elettronico in circa 250 riviste giuridiche italiane dal

1970 a oggi (per il primo archivio) e in opere collettanee non seriali dal 2009 a

oggi (per il secondo). L’ottica di studio e ricerca è dunque sincronica.

L’accoglienza di una data forma lessicale entro abstract e titoli di lavori tutto

sommato recenti se da una parte limita l’osservazione del lessico a segmenti

testuali molto brevi, peraltro sganciati dall’anima discorsiva e argomentativa dei

temi discussi, dall’altra è spia di un certo prevedibile acclimamento di quel

lessico (soprattutto per voci o locuzioni recenti o meno consuete nella tradizione

del settore) nella comunicazione e nella intercomprensione degli addetti ai

lavori prima ancora che nei testi (scritti): il titolo di un’opera è il biglietto da visita

10

che di essa si offre all’utente, luogo di sintesi dei contenuti, momento di visibilità

di eventuali locuzioni e voci nuove lì adottate per nuovi istituti o concetti

giuridici. Un esempio è offerto da occupazione appropriativa, la cui datazione

più antica, al momento il 1982, è ottenuta proprio grazie alla ricerca nell’Archivio

DoGi. Questo esempio apre la riflessione sulle potenzialità offerte dalle banche

dati nella ricerca di locuzioni, unità polirematiche, collocazioni e unità

complesse che individuano la fraseologia specializzata del linguaggio giuridico

(esse spingono verso la settorialità). Si tratta di un capitolo ancora tutto da

esplorare nello studio del lessico specialistico e nella lessicografia specializzata

e no, fertilissimo di ricadute sulla conoscenza di questo lessico e sulle

conseguenti applicazioni pratiche (a partire dalla traduttologia e dalla linguistica

contrastiva).

Per l’indagine sincronica si segnalano le banche dati collegate ai siti Internet

“istituzionali” di legislazione e giurisprudenza: nate evidentemente con obiettivi

di informazione normativa e giurisprudenziale pubblica e al di fuori di specifici

interessi disciplinari di ambito linguistico, esse sono strumenti di prima mano

notevoli per l’indagine linguistica per mole di documenti archiviati, ampiezza

cronologica sul contemporaneo, versatilità d’uso e aggiornamento costante e

continuativo.

Per la legislazione si segnala il sito www.normattiva.it, che accoglie l’intero

corpus normativo statale (Codici e Costituzioni, leggi nazionali e regionali,

decreti legge, decreti legislativi e altri provvedimenti numerati) dalla nascita

dello Stato unitario a oggi. La banca dati rende i suoi servizi al linguista poiché

permette la consultazione a partire da ricerche testuali, con possibilità di ricerca

lessicale semplice e avanzata in uno o più testi, in singole loro sezioni (corpo

degli articoli, rubriche, ecc.), nell’intero archivio, in determinate fasce temporali.

L’accessibilità del corpus è attualmente in multivigenza: ogni documento può

essere consultato nel testo originario (ossia quello pubblicato in Gazzetta

Ufficiale), nel testo vigente e di fatto applicabile alla data di consultazione della

banca dati oppure nel testo vigente a qualunque data anteriore a quella indicata

dall’utente, che può così ricostruire eventuali variazioni nell’assetto complessivo

del testo (modifiche, integrazioni, sostituzioni, aggiunte) e, per il lessico,

eventuali variazioni microsincroniche (osservabili specie nei tempi “lunghi” dei

11

vari codici succedutisi a partire dalla formazione dello Stato unitario: e tale

veste linguistica contemporanea è a sua volta termine di confronto con quella

dei codici preunitari messi a disposizione dagli archivi storici dell’ITTIG).

Per la giurisprudenza il quadro degli strumenti, ugualmente ampio, è più

articolato. Ricordo, intanto, che i maggiori archivi elettronici di testi giuridici

specificamente orientati alla ricerca e allo studio del lessico (gli archivi ITTIG)

non accolgono testi di giurisprudenza. Le numerose raccolte elettroniche di

giurisprudenza edite da case editrici giuridiche non sono liberamente fruibili (di

solito prevedono un abbonamento e una registrazione) e sono utilizzate

perlopiù per scopi professionali da magistrati, avvocati, notai e altri operatori del

diritto. Meglio fruibili (sia pure con variabile grado di accesso pubblico) da parte

dei non operatori del diritto sono le banche dati dei siti istituzionali della Corte di

Cassazione, della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato (rispettivamente

ai siti Internet www.cortedicassazione.it, www.cortecostituzionale.it,

www.giustizia.amministrativa.it). Le sentenze e le pronunce dei tre organi sono

rappresentative dell’amplissimo insieme di giurisprudenza nazionale (dai singoli

tribunali distrettuali alle alte corti) perché più hanno inciso nel tempo sulla

formazione di una fisionomia della sentenza in Italia, agendo da modello

linguistico per gli altri organi e gradi di giudizio, e perché il “dialogo delle Corti” è

ormai considerato tra i temi notevoli del diritto contemporaneo. Si aggiunge un

altro aspetto caro ai più recenti sviluppi della riflessione giuridica, notevole

anche sull’evoluzione del lessico giuridico: il dialogo delle alte Corti nazionali

con le corti sovranazionali (Corte di giustizia del Lussemburgo e Corte europea

dei diritti dell’uomo), nel cui scambio si definiscono e ri-definiscono concetti,

istituti, regole e categorie, che sono – in definitiva – parole, termini. Su questo

punto sono utili le osservazioni di Jacqueline Visconti e l’esempio significativo,

da lei commentato, di pena, “che nell’ottica della Corte europea dei diritti

dell’uomo azzera le distinzioni elaborate dal diritto interno tra pena e misura di

sicurezza, d’un canto, e pena e misura di prevenzione, dall’altro” (in Dell’Anna

et al. 2014: 186).

Le banche dati accessibili ai siti di Corte di Cassazione, Corte Costituzionale e

Consiglio di Stato coprono periodi temporali differenti. Le più ampie sono la

raccolta di pronunce della Corte Costituzionale, che copre l’intero periodo che

12

va dalla nascita della Corte nel 1956 ad oggi, e quella del Consiglio di Stato,

che archivia decisioni e pareri emessi a partire dal 1988. Al di là dell’elemento

cronologico, pure rilevante in sede di ricerca e valutazione dei dati, mette conto

sottolineare l’importanza di disporre di archivi di sentenze, un genere giuridico

finora poco o per nulla frequentato dalla pratica lessicografica e dalla linguistica

giuridica orientata allo studio del lessico. Oltre agli aspetti discussi sopra, rileva

il fatto che la sentenza funga al tempo stesso da luogo di creazione e luogo di

amplificazione lessicale. Molte parole e locuzioni nuove o nuove accezioni di

ambito giuridico si formano infatti per via dottrinale e giurisprudenziale; a partire

dalla sentenza, esse vengono poi accolte in testi normativi in seguito alla

progressiva stabilizzazione nel lessico del settore e a normali procedimenti

intertestuali; da qui, ancora, il lessico così “legittimato” dal testo normativo

ritorna nella sentenza circolandovi più diffusamente per numero di documenti e

contesti argomentativi. Di questa circolazione altrimenti opaca per l’osservatore

non giurista le banche dati di giurisprudenza sono finalmente un’occasione di

studio, confronto, indagine quantitativa e qualitativa (intra- e intertestuale, intra-

e interlinguistica).

Per il collegamento col dialogo nazionale e sovranazionale di corti e tribunali

italiani con gli organi di giustizia unionali e per la ricerca comparata in sede di

traduzione giuridica, uno strumento di indagine lessicale ricco di spunti operativi

e tuttavia ancora poco battuto è rappresentato dalle raccolte di giurisprudenza

messe a disposizione dai siti delle istituzioni europee. Mi riferisco in primo luogo

al sito della Corte di giustizia dell’Unione Europea www.curia.europa.eu (la

raccolta si raggiunge attraverso il percorso ‘Giurisprudenza → Raccolta

generale → Corte di Giustizia’). L’indagine sul lessico si pregia in questo caso

non solo del riscontro entro una banca dati sovranazionale, ma – aspetto

caratterizzante – dell’immediata possibilità di comparazione tra le soluzioni

traduttive adottate dalle varie versioni nelle lingue ufficiali dell’UE in cui ogni

decisione della Corte è tradotta: più di una banca dati multilingue (di cui a breve

pure apprezzeremo le qualità), uno strumento del genere suggerisce al linguista

e al traduttore soluzioni traduttive già contestualizzate nell’esposizione

argomentata del testo.

13

Banca dati lessicale multilingue, infine, è IATE, InterActive Terminology for

Europe (accessibile al sito www.iate.europa.eu), che riunisce le banche dati di

istituzioni e organismi dell’Unione Europea con l’obiettivo di facilitare l’accesso

e armonizzare la terminologia comunitaria. Attiva nelle 24 lingue ufficiali

dell’Unione, IATE restituisce gli equivalenti nelle lingue di arrivo (tutte le lingue

ufficiali o le lingue selezionate durante la ricerca) a partire dall’immissione di

una voce o di una locuzione della lingua di partenza ed eventualmente di un

dato dominio d’uso (filtro di ricerca utile quando si voglia limitare l’osservazione

a un preciso ramo del diritto UE o di intervento politico, economico, legislativo)

e offre agli utenti, per ciascun equivalente, la definizione, un minimo contesto di

attestazione, il riferimento relativo al termine.

4. Il lessico giuridico tra pratica nei testi e ricerca in corpora e banche dati

Illustro ora alcune voci giuridiche in grado di spiegare i vantaggi di lavoro portati

dalla pratica degli strumenti nella ricerca lessicale e di suggerire al tempo

stesso miglioramenti operativi al lessicografo, allo storico della lingua, al

traduttore e al giurilinguista.

attoreo

La voce (di solito nelle locuzioni domanda attorea e pretesa attorea) ricorre in

sentenze di ambito soprattutto civile come aggettivo di relazione di attore ‘nel

processo civile, chi promuove l’azione legale’:

(1) In ordine alla rilevanza si osserva che la declaratoria di incostituzionalità

della legge denunciata priverebbe di base normativa la pretesa attorea,

influendo altresì sulla decisione dell’eccezione di incompetenza sollevata

dal Consorzio convenuto. [Corte Cost., sent. n. 78 del 26-03-1984]

(2) Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto che negava

la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda, il giudice adito, espletata

istruttoria, respingeva la domanda attorea. [Corte Cass., sez. II civ., sent. n.

3224 del 21-10-2014]

S.v. attoreo i dizionari dell’uso e storici rinviano concordemente ad attorio (però

riferito anche al senso giuridico del sostantivo di base solo dal Devoto-Oli, dal

14

Sabatini-Coletti e dal Vocabolario Treccani). Una rapida verifica nei repertori

giuridici mostra tuttavia che la forma maggioritaria è attoreo, la quale

esemplifica anche un caso di netta distribuzione testuale tra testi normativi e

testi non normativi. Nelle due varianti la voce è assente nell’archivio Vocanet

LGI-LLI; la voce ricorre invece, soltanto nella forma attoreo, nella scrittura

giurisprudenziale e dottrinale contemporanea: nel Foro Italiano (storica rivista

italiana di giurisprudenza e dottrina per l’occasione consultata nella versione in

DVD) si registrano 0 occorrenze di attorio e 290 di attoreo (241 [83%] sono al

femminile, di cui 143 nella locuzione domanda attorea).

cognitivo/cognitorio

L’aggettivo cognitivo è trattato dai dizionari nell’accezione di ambito scientifico e

psicologico (basti vedere il trattamento del GRADIT: cognitivo ‘TS 1 TS psic. →

conoscitivo; 2 TS filos. → gnoseologico’; s.v. conoscitivo è assente ogni

riferimento al dominio giuridico). Lo spoglio di sentenze e testi di dottrina

suggerisce anche un diffuso valore giuridico (‘relativo a un procedimento di

cognizione; di competenza a giudicare’), analogo a quello registrato dai

dizionari per cognitorio (GRADIT: cognitorio ‘TS dir. che si riferisce al processo

civile di cognizione’). La pratica testuale rimodula le informazioni

lessicografiche, attribuendo alle due voci un’equivalenza semantica, accertata

nelle locuzioni fase cognitiva/cognitoria e potere cognitivo/cognitorio (e

sottolinea l’interesse di locuzioni e unità polirematiche anche per l’indagine

lessicale sui singoli componenti):

(3) Sulla tutela cognitiva dell’espropriato contro i risultati dell’assegnazione

e della distribuzione forzata. [L. Montesano, in «Rivista trimestrale di diritto

e procedura civile», 1970, in Archivio DoGi]

(4) E a detta individuazione […] queste sezioni unite devono provvedere

indipendentemente dalle argomentazioni prospettate dai ricorrenti,

avvalendosi della latitudine dei poteri cognitivi che le competono nella

materia. [Cass., sez. un. civ., sent. n. 7291 del 09-12-1986, in Foro Italiano]

(5) È, infatti, affermazione ricorrente in giurisprudenza quella per cui, ove

venga riconosciuta - in fase cognitiva o esecutiva - la continuazione tra più

reati, alcuni dei quali oggetto di condanna all’esito di giudizio abbreviato, e

altri di condanna all’esito di giudizio ordinario, la riduzione ex art. 442 cod.

15

proc. pen. opera solo sui reati giudicati con rito abbreviato. [Corte Cass.,

sez. V pen., sent. n. 47073 del 20-06-2014]

Assente nell’archivio Vocanet LGI-LLI e in repertori di testi normativi, cognitivo

ricorre prevalentemente in testi giuridici contemporanei di tipo giurisprudenziale

e dottrinale, dove anzi è più attestato di cognitorio (pure assente nell’archivio

Vocanet LGI-LLI e in repertori normativi). Una rapida verifica in IATE esclude

l’uso del valore giuridico della voce nelle banche dati delle istituzioni europee.

delibativo/delibatorio

Delibativo e delibatorio, almeno a prima vista, giacché ricorrono in testi giuridici,

richiamano il giudizio di delibazione, ‘quello che dà efficacia sul territorio

nazionale a una sentenza emessa in altro stato’. I due aggettivi non sono

registrati dai dizionari; nei testi giuridici ricorrono anche con un valore sganciato

da quello tecnico del sostantivo, riferendosi alla particolare attività cognitiva del

giudice che, senza entrare nel merito delle questioni, si limiti a una valutazione

dall’esterno della legittimità formale di norme e atti. Questo valore si individua

spogliando soprattutto testi di dottrina e giurisprudenza, dove i due aggettivi

sono attestati rispettivamente almeno dal 1960 e dal 1965 (ess. 6 e 8); più

recente, e quantitativamente minoritaria, è l’attestazione in testi normativi, dove

le due voci ricorrono dai primi anni ’90 del ’900 (es. 10).

(6) Nella memoria a stampa del 24 novembre 1960, la difesa del Ricci

insiste nelle precedenti tesi. Combattendo l’eccezione sollevata dalle

controparti in ordine all’insufficienza del giudizio di rilevanza della questione

di legittimità costituzionale formulato dalla Corte di appello, richiama le

sentenze della Corte costituzionale n. 60 del 25 maggio 1957 e n. 4 del 27

gennaio 1959, sostenendo che è inammissibile il sindacato della Corte

costituzionale sul merito del giudizio di rilevanza. Il carattere meramente

delibativo dell’atto del giudice che prospetta la questione di legittimità

costituzionale permetterebbe che, una volta affermata la identità della

questione stessa con altra già decisa alla Corte (sent. n. 70 del 15

novembre 1958), l’ordinanza sia sufficientemente motivata, anche se

soltanto per relationem. [Corte Cost., sent. n. 75 del 22-12-1960]

(7) L’a. esamina i due aspetti della omologazione di società di capitali:

l’aspetto delibativo (sindacato di legalità giudiziale) e l’aspetto processuale

(procedimento giurisdizionale di omologazione). Nell’ambito del primo

profilo l’a. illustra i rapporti tra omologazione ed iscrizione della società nel

registro. [P.V. Luchena, Omologazione di società di capitali: aspetto

16

delibativo ed aspetto processuale, in «Vita notarile», 1980, in Archivio

DoGi]

(8) Va anche qui ricordato che la giurisprudenza ha attenuato la portata

della norma in esame, interpretandola nel senso di ammettere

l'impugnativa quando il decreto sia incorso in violazione di diritto o sia

andato oltre l'esame preliminare della richiesta; ma, mentre questo

atteggiamento della giurisprudenza è esso stesso un indizio della

particolare gravità della norma, resta il fatto che è proprio l'insindacabilità

del provvedimento emesso in base ad una valutazione puramente

delibatoria degli indizi che contrasta con le garanzie che la Costituzione ha

voluto assicurare al diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento

giudiziario. [Corte Cost., sent. n. 70 del 23-06-1965]

(9) […] il temperamento suggerito dalla difesa dei sig. (…) ha il difetto di

rendere incerti ed aleatori – in quanto affidati alla correttezza di una

cognizione meramente delibatoria – i limiti della competenza arbitrale.

[App. Roma., sent. del 24-01-1991, in Foro Italiano]

(10) Copia dell’atto delibativo emanato ai sensi dei commi 4 e 5 del citato

art. 7 della legge n. 302/1990, divenuto efficace, è subito trasmessa

d’ufficio dal ministero dell’interno al prefetto cui sia stata già inviata copia

del provvedimento sottoposto a delibazione. [art. 3, c. 2, D.M. 29-08-1991,

n. 319, in www.normattiva.it]

Se riflettiamo sulle implicazioni nel lavoro sui testi e nel lavoro di traduzione,

esempi del genere mostrano come in un’ottica traduttiva lo studio comparato

del lessico non riguardi soltanto la raffrontabilità dei testi di partenza e arrivo,

l’esistenza nelle due lingue di uno stesso riferimento concettuale o comunque di

equivalenti che al concetto rimandino in modo univoco. Senz’altro il cardine di

ogni riflessione sulla traduzione dei testi giuridici è rappresentato dalla

terminologia specialistica; e senz’altro i criteri della raffrontabilità e

dell’equivalenza semantica sono prioritari nel caso dei tecnicismi e di quella

quota del lessico giuridico, fatta perlopiù di sostantivi e locuzioni sostantivali,

che veicola concetti e istituti giuridici. In altri casi la pregnanza semantica può

risultare meno netta. Abbiamo visto come cognitivo – disponibile al repertorio

linguistico dello scrivente italiano nella principale accezione di ambito

psicologico – copra evidentemente anche l’accezione giuridica di cognizione,

affiancandosi a cognitorio e offrendosi rispetto a questo come forma principale

in termini di attestazioni complessive nei testi: è un dettaglio, ma pure

significativo, che riguarda dall’interno l’uso del lessico nel testo italiano, prima

17

ancora che i fatti o i problemi connessi alla traduzione. Una ricostruzione del

genere è stata consentita soltanto a partire dallo spoglio di testi non normativi,

che consegnano all’utente (giurista e non giurista, traduttore e non traduttore)

un quadro lessicale più variegato e al tempo stesso più completo di valori,

ambiti e contesti d’uso rispetto a quello dei testi normativi e in generale rispetto

ai dati lessicografici.

5. Sintassi. Semplificazione e leggibilità dei testi

La sintassi della sentenza italiana rappresenta un momento centrale per gli

interventi di linguistica giuridica orientati alla semplificazione; attività che,

inizialmente incentrata quasi soltanto sui testi prodotti dalle pubbliche

amministrazioni, da qualche anno ha allargato lo sguardo al funzionamento

della comunicazione nelle aule dei tribunali, anche per merito di una coscienza

progressivamente aumentata all’interno dello stesso mondo forense e

giudiziario e di un mutato concetto del buon funzionamento del processo inteso

pure nel senso delle buone prassi linguistiche. Soprattutto la sezione della

sentenza che espone i motivi della decisione è fatta di periodi molto lunghi, con

una subordinazione ricca e fenomeni di sintesi sintattica e di inversione

dell’ordine normale degli elementi frasali che complicano la lettura e la

comprensione del testo: in una parola, la sua leggibilità. È stato anzi da più parti

rilevato che la tradizionale oscurità del linguaggio giuridico interessa soprattutto

i testi della giurisprudenza, per gli aspetti sintattici più che per quelli lessicali:

una quota del lessico giuridico pure oscura e incomprensibile per il profano,

quella dei tecnicismi (mono- e polirematici), è d’altro canto ineliminabile,

contribuendo alla tecnicità della comunicazione del settore e al carattere della

lingua giuridica come lingua di specialità o, meglio, come lingua settoriale.

Eliminate o ridotte le zone lessicali più impervie e non necessarie al tecnicismo,

gli interventi di semplificazione riguardano in particolare alcuni tratti sintattici.

Vale la pena richiamare brevemente i fenomeni più diffusi e attestati in modo

significativo (si escludono dunque soluzioni individuali), che derivano da una

“selezione, significativa da un punto di vista quantitativo, di alcune tra le

possibilità offerte dal sistema della lingua comune” (Rovere 2005: 242), come

18

avviene in generale per la morfosintassi dei linguaggi specialistici: fenomeni di

inversione (anticipazione dell’aggettivo al sostantivo, dell’avverbio al verbo, del

complemento oggetto al predicato verbale, del complemento d’agente al

participio passato nelle forme passive, del predicato al soggetto); omissione

dell’articolo e conseguente tendenza a impiegare le preposizioni semplici in

luogo delle articolate; tendenza alla nominalizzazione; uso del passivo;

costruzioni sintetiche e subordinazione implicita (enclisi del -si con l’infinito retto

da verbo modale, frasi ridotte, uso del participio presente con valore verbale,

uso con valore verbale di aggettivi in -ivo e -orio, proposizioni causali implicite,

sovraestensioni dell’infinito in causali implicite o in proposizioni completive,

costrutti dipendenti participiali). Alcuni fenomeni attengono piuttosto a fatti di

stile, di registro, e non appesantiscono la lettura del testo (inversione,

omissione dell’articolo); altri intervengono nell’organizzazione complessiva della

frase e del periodo, complicandone la struttura e la comprensibilità (costruzioni

sintetiche, subordinate implicite, alcuni casi di nominalizzazione).

Gli esempi che seguono riportano stralci di sentenze (passi tratti da Motivazioni)

in cui si annidano alcuni dei fenomeni di complicazione sintattica appena visti;

per ciascun esempio propongo una riscrittura semplificata: si ottengono talvolta

periodi più lunghi, i quali risultano tuttavia più fluidi e richiedono al lettore uno

sforzo minore per ricomporre la struttura profonda della frase e, in definitiva, per

comprendere il messaggio.

(11) Del pari irrilevante deve ritenersi, secondo il ricorrente, la mancata

approvazione, in sede di discussione parlamentare sulla legge di delega

del 5 marzo 1985 n. 74, di un emendamento volto ad abolire l’inciso

«carattere di impresa […]. [Corte Cass., sez. un. pen., sent. del 28-02-

1989]

Secondo il ricorrente si deve ritenere che la mancata approvazione […] è/

sia ugualmente irrilevante. […]

(12) Il collegio ritiene sostanzialmente fondate le considerazioni svolte nel

ricorso della s.p.a. […] parcheggi e ne condivide le conclusioni. [Corte

Cass., sez. un. civ., sent. n. 4989 del 6-05-1995]

Il collegio ritiene che le considerazioni svolte nel ricorso della s.p.a. […]

siano sostanzialmente fondate […].

19

(13) Nel ricorso per cassazione il procuratore generale ha articolato motivi

in tutto corrispondenti a quelli dedotti in sede di appello […] non di rado

proponendo […] un assetto motivazionale coinvolgente profili di censura

non direttamente dedotti nell’atto di impugnazione. [Corte Cass., sez. VI

pen., sent. del 17-02-1998].

[…] il procuratore generale ha articolato motivi in tutto corrispondenti a

quelli […] non di rado proponendo […] un assetto motivazionale che

coinvolge profili di censura […].

(14) Il nesso causale può essere ravvisato quando […] si accerti che,

ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva

dell’evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato […]. [Corte Cass.,

sez. un. pen., sent. del 10-07-2002]

[…] poiché si era ipotizzato/nel momento in cui si ipotizzasse che la

condotta doverosa che aveva impedito l’evento fosse stata realizzata dal

medico, questo […]

(15) A sostegno della pronuncia il giudice del gravame ha osservato: - che

sussiste la giurisdizione del giudice ordinario e la competenza del giudice

del lavoro ex art. 409 c.p.c., perché l’oggetto della pretesa è ricollegabile ad

una prospettata posizione di diritto soggettivo del presunto avente diritto

per radicarsi la stessa direttamente nella legge e non nella discrezionalità

della pubblica amministrazione. [Corte Cass., sez. un. civ., sent. n. 212 del

23-05-2001]

[…] poiché la stessa si radica direttamente nella legge […]

(16) […] la s.r.l. […] chiedeva, inoltre, accertarsi che nulla era dovuto alla

società convenuta la quale aveva rinunciato ad ogni suo credito derivante

dal contratto di appalto stipulato fra le parti, con condanna della medesima

al risarcimento dei danni. [Corte Cass., sez. un. civ., sent. n. 7292 del 17-

05-2002]

[…] la s.r.l. chiedeva, inoltre, che si accertasse che nulla era dovuto alla

società convenuta […].

(17) Con memoria del 14 febbraio 2000 la parte civile […] ha chiesto il

rigetto del ricorso, […], con condanna alle ulteriori spese di giudizio. [Corte

Cass., sez. un. pen., sent. del 5-07-2000]

[…] ha chiesto che il ricorso fosse rigettato […]

(18) La convenuta, nel costituirsi, eccepiva, pregiudizialmente,

l’improponibilità della domanda […]. [Corte Cass., sez. un. civ., sent. n. 226

del 25-05-2001]

20

La convenuta […] eccepiva […] che la domanda fosse improponibile [non

fosse proponibile/ non poteva essere proposta/ non potesse essere

proposta]

Particolarmente ostica è la lettura del passo che segue (colonna di sinistra),

accompagnato da una proposta di semplificazione, tra altre possibili (colonna di

destra). L’intervento comporta aggiustamenti minimi, segnalati dal corsivo:

segmentazione dell’unico lungo periodo in periodi più brevi, aggiunta di

connettivi utili o necessari alla nuova configurazione logico-sintattica,

sostituzione dei costrutti impliciti con le forme esplicite equivalenti, sostituzione

dello stile nominale con quello verbale, riduzione di parentetiche e frasi

incidentali, parziale diverso ordinamento delle sequenze informative.

Cass., sez. un. pen., sent. del 20-11-

1996

La corte d’assise – che, peraltro, assolse

l’Osmanovic dall’appena evocato delitto di

sequestro di persona, non ritenendo che

tale accusa avesse un convincente

supporto, essendo a ritenere che la

Kindlova (ospite, nel suo paese, d’un

orfanotrofio) si fosse indotta a seguire

l’Osmanovic in Italia, per la

prospettazione fattale d’una possibilità di

vita migliore – ricostruiva i fatti, ritenuti

producenti del convincimento di reità ex

art. 600 e 602 c.p., opinando –

nell’apprezzamento dell’attendibilità dei

termini di fatto, di rilievo, che si sono

ricordati sopra, quando si è riferito circa il

contesto accusatorio, cui attiene la

regiudicanda – che si fosse trattato d’una

«situazione di concreta riduzione di una

persona umana a livello di cosa, spostata

senza consenso, da un luogo ad un altro,

da Acilia e Tor Vaianica [sic], da un

“padrone” all’altro, valutata nei termini di

rendimento, dunque prezzata e venduta».

Semplificazione

La corte d’assise assolse l’Osmanovic dal

delitto di sequestro di persona appena

evocato, poiché non riteneva che tale

accusa avesse un supporto convincente.

Riteneva invece che la Kindlova (ospite,

nel suo paese, d’un orfanotrofio) fosse

stata indotta a seguire l’Osmanovic in

Italia poiché le era stata prospettata la

possibilità di una vita migliore. La corte

d’assise ricostruiva i fatti, che avevano

prodotto il convincimento di reità/che

avevano convinto sulla reità ex art. 600 e

602 c.p., e apprezzava l’attendibilità dei

termini di fatto, di rilievo, ricordati sopra

circa il contesto accusatorio cui attiene la

regiudicanda. Opinava tuttavia che si

fosse trattato d’una «situazione di

concreta riduzione di una persona umana

a livello di cosa, spostata senza consenso,

da un luogo ad un altro, da Acilia e

Torvaianica, da un “padrone” all’altro,

valutata nei termini di rendimento, dunque

prezzata e venduta».

Non tutti gli interventi hanno lo stesso peso nella semplificazione. Le modalità di

riscrittura dipendono ogni volta da fattori cotestuali che la pratica del testo su

cui si lavora porterà a valutare correttamente per giungere a una soluzione che

21

ne garantisca la buona tenuta. Il concetto di semplificazione va in ogni caso

attualizzato, affinché da attività a posteriori (più che opportuna, in ogni caso, in

sede traduttiva) diventi pratica in fieri di buona scrittura, abitudine a mettere in

forma testi rispettosi a un tempo del genere di appartenenza e della grammatica

di un ricevente potenzialmente universale.

La semplificazione dei testi giuridici e dei testi giurisprudenziali nella specie ha

riflessi anche nel lavoro di chi traduce. Le ragioni non risiedono nella mera

trasferibilità di un costrutto da una lingua all’altra: tanto più per il testo giuridico,

il lavoro di traduzione non comporta (anzi, la esclude) una riproposizione delle

strutture sintattiche, per le quali il testo di partenza e il testo d’arrivo conservano

i tratti caratteristici della lingua e del genere testuale di appartenenza

(eventualmente rispondenti a prassi di redazione portate, dall’interno, dal

sistema giuridico: pensiamo alla prima persona singolare soggetto

regolarmente utilizzata dal giudice delle sentenze di common law e ai riflessi

sintattici di questo tratto morfologico). Per un genere testuale come la sentenza,

conservare i tratti sintattici e i canoni redazionali della lingua di partenza nella

lingua di arrivo oppure intervenire su di essi (per normalizzarli, semplificarli,

sostituirli) dipenderà da un obiettivo: salvaguardare il passaggio logico-

concettuale che ogni costrutto del testo di partenza consegna (e vuole

consegnare) al testo di arrivo e operare scelte linguistiche efficienti e ragionate.

Così, nella traduzione di una sentenza italiana i punti potenzialmente

problematici portati dalla veste sintattica possono essere affrontati a partire da

una preliminare versione interna (“di servizio”) normalizzata, ripulita da inutili

lungaggini periodali, riscritta ad esempio secondo i suggerimenti di

semplificazione proposti sopra. Al di là del termine di confronto, al di là della

lingua e del sistema giuridico e socio-istituzionale di arrivo, al di là di possibili

differenze di natura e funzioni della sentenza nelle lingue e nei sistemi implicati

(fatti su cui al traduttore non è dato intervenire), per il testo italiano

un’operazione del genere rappresenta in primo luogo un fattore di leggibilità e

un elemento per un’interpretazione valida ed efficace: un presupposto

fondamentale, dunque, per ogni buona traduzione.

22

Bibliografia

Cortelazzo, M. (2008) “Fenomenologia dei tecnicismi collaterali. Il settore

giuridico”, in M.E. Cresti (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano.

Atti del IX Congresso SILFI (Firenze 14-17 giugno 2006), Firenze: Firenze

University Press, 137-140.

Dell’Anna, M.V. (2008) “Il lessico giuridico. Proposta di descrizione”, Lingua

nostra, LXIX: 98-110.

------ (2013) In nome del popolo italiano. Linguaggio giuridico e lingua della

sentenza in Italia, Roma: Bonacci.

Dell’Anna, M.V., E. Marinai, F. Romano, J. Visconti (2014) “Un corpus di

documenti giuridici per il Nuovo Vocabolario dell’Italiano moderno e

contemporaneo”, Informatica e diritto, XXIII(1): 181-192.

Gualdo, R. (2011) “Il linguaggio del diritto”, in R. Gualdo e S. Telve, Linguaggi

specialistici dell’italiano, Roma: Carocci, 411-477.

Mortara Garavelli, B. (2001) Le parole e la giustizia. Divagazioni grammaticali e

retoriche su testi giuridici italiani, Torino: Einaudi.

Ondelli, S. (2013) “Un genere testuale attraverso i confini nazionali: la

sentenza”, in S. Ondelli (a cura di), Realizzazioni testuali ibride in contesto

europeo. Lingue dell’UE e lingue nazionali a confronto, Trieste: EUT, 67-92.

------ (2014) “Ordine delle parole nell’italiano delle sentenze: alcune misurazioni

su corpora elettronici”, Informatica e diritto, XXIII(1): 13-39.

Rovere, G. (2005) Capitoli di linguistica giuridica. Ricerche su corpora

elettronici, Alessandria: Edizioni dell’Orso.

Sabatini, F. (1990) “Analisi del linguaggio giuridico. Il testo normativo in una

tipologia generale di testi”, in M. D’Antonio (a cura di), Corso di studi superiori

legislativi 1988-1989, Padova: CEDAM, 675-724.

23

------ (2011) L’italiano nel mondo moderno. Saggi scelti dal 1968 al 2009, a cura

di V. Coletti, R. Coluccia, P. D’Achille, N. De Blasi, D. Proietti, tomi 3, Napoli,

Liguori.

Serianni, L. (2012) “Il linguaggio giuridico”, in Id., Italiani scritti, Bologna: il

Mulino, 121-157 [1a ediz. 2003].