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1 LITURGIA CULMEN ET FONSI ministeri liturgici nel Vaticano II 2015 numero 2- anno 8 - www.liturgiaculmenetfons.it Associazione Culturale “Amici della Liturgia”

Associazione Culturale “Amici della Liturgia” LITURGIA€¦ · liturgia e alla liturgia conducono come a loro fine in vista dell’eterna dossologia nella visione beatifica. La

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LITURGIA“CULMEN ET FONS”

I ministeri liturgici nel Vaticano II2015 numero 2- anno 8 - www.liturgiaculmenetfons.it

Associazione Culturale “Amici della Liturgia”

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n.2 - 2015 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

IN QUESTO NUMERO

3 I MINISTERI LITURGICI NEL VATICANO II

don Enrico Finotti

11 LE DOMANDE DEI LETTORI

a cura della Redazione

17 CORO LITURGICO “BEATO A.ROSMINI” :

TEORIA E PRATICA DI UN’ESPERIENZA

CELEBRATIVA (II PARTE) di Giuliano Gardumi

IMMAGINI

in copertina e in penultima pagina: Giovanni Bellini,

Vergine con Santi;

pag. 4: accolito benedettino;

pag. 5: mons. Angelo Bagnasco - ordinazione

episcopale

pag. 6: patriarca Francesco Moraglia a S. Maria della

Salute - Venezia;

pag. 8: celebrazione eucaristica presso monastero

benedettino - Francia;

pag. 14: beato Antonio Rosmini;

pag. 17: Coro Liturgico “Beato A. Rosmini”;

in ultima: M. Franceschini, S. Maria egiziaca, 1680.

_______________________

LITURGIA “CULMEN ET FONS”

Rivista trimestrale di cultura religiosa a cura della Associazione

Culturale Amici della Liturgia via Stoppani n. 3 - Rovereto.

Registraz. Tribunale di Trento n. 1372 del 13/10/2008

Direttore Responsabile: Massimo Dalledonne.

Tipografia “Centro Stampa Gaiardo” Borgo Valsugana (TN)

Redazione: Liturgia ‘culmen et fons’ - Editrice FEDE & CULTURA

viale della Repubblica n. 15, 37126 - VR

REDAZIONE

d. Enrico Finotti, Sergio Oss, Marco Bonifazi, Ajit Arman, Paolo

Pezzano, Mattia Rossi, Giuliano Gardumi, Fabio Bertamini.

CONTATTI

Liturgia ‘culmen et fons’ - via Stoppani, 3 - 38068 Rovereto

(TN) - Posta elettronica: [email protected]

Telefono: 389 8066053 (telefonare dopo le ore 15.00)

RIVISTA ON-LINE: www.liturgiaculmenetfons.it

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Nel 50° anniversario

della chiusura del

Concilio Ecumenico Vaticano II

L’anno 2015 costituisce l’anno cinquantenario dellachiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Infattiil grande evento fu solennemente concluso l’8dicembre 1965, solennità dell’Immacolata, con unasolenne celebrazione presieduta dal papa Paolo VIin piazza san Pietro a Roma.

Già nel 2012 la nostra rivista volle ricordare icinquant’anni dall’apertura del Concilio (11 ottobre1962 - 2012) con 2 numeri usciti nel contestodell’Anno della fede (11 ottobre 2012 - 24 novembre2013): Riforma nella continuità (settembre-ottobre2012 – Anno 5 – n. 3) e Il Concilio Vaticano II “novellaPentecoste” (settembre 2013 – Anno 6 n. 3).

In modo analogo vorremmo impostare i quattronumeri del 2015 sul tema Concilio e Liturgia, perricordare anche il cinquantesimo anno dallaconclusione dalla grande Assise (8 dicembre 1965– 2015): La “Missa universalis” (primo numero 2015)- I ministeri liturgici del Vaticano II (secondonumero 2015)...

Le tematiche scelte, quindi, metteranno in luceaspetti importanti della riforma liturgica delVaticano II, cercando di ricondurre al necessarioequilibrio in ambiti nei quali l’interpretazione el’applicazione pastorale non hanno sempredimostrato fedeltà e coerenza col dettato conciliaree la tradizione liturgica perenne.

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I ministeri liturgicinel Vaticano IIdon Enrico Finotti

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Una delle decisioni più importanti - teologiche epastorali - del Concilio Ecumenico Vaticano IIriguarda il Ministero nella Chiesa e la riformaliturgica è interiormente e strutturalmentecondizionata dalla dottrina sul Ministero, che ilConcilio ha esposto e proposto alla Chiesauniversale.

L’immutabile dottrina, contenuta nel depositumf idei, riceve nei documenti conciliari unaesposizione più vasta e profonda condeterminazioni teologiche più precise, cheimplicano una conseguente applicazione nelleleggi liturgiche e nella disciplina pastorale.

Se da un lato negli insegnamenti del Conciliorisplende la coerenza e la continuità della dottrinaperenne, dall’altro emergono aspetti diapprofondimento importanti e si manifestano letappe di uno sviluppo dottrinale ormaiimprescindibile.

E’ opportuno mettere in evidenza i principaliaspetti della dottrina sul Ministero in modo dapoter comprendere il ruolo del medesimo nellaliturgia rinnovata.

1. I tre gradi del Ministero ordinato

Nella Costituzione dogmatica Lumen gentium siafferma:

Il ministero divinamente istituito viene esercitatoin ordini diversi da coloro che già in antico vengonochiamati vescovi, presbiteri, diaconi (LG 28).

In tal modo viene precisato il canone tridentino,nel quale con l’impiego del termine ministris sivolle tenere aperta la discussione teologica suigradi dell’Ordine sacro:

Se qualcuno dirà che nella Chiesa Cattolica non viè una gerarchia istituita per una divinadisposizione, che si compone di vescovi, dipresbiteri e di ministri, s. a. (Conc. Trid., SessioneXXIII, Can. 6).

Col Vaticano II viene riproposta con chiarezza lavisione ternaria del ministero di istituzione divina:Vescovo, Presbiteri e Diaconi, testimoniata f in

dall’epoca sub-apostolica, in particolare da S.Ignazio d’Antiochia.

L’ecclesiologia conciliare quindi distingue conchiarezza i tre gradi dell’Ordine sacro di istituzionedivina con i quali si costituisce lo stato clericale,dagli altri Ministeri (detti in precedenza Ordiniminori), che attingono la grazia non propriamentedal sacramento dell’Ordine, ma dal Battesimo esono esercitati dai fedeli laici.

2. Il ruolo liturgico del Vescovo

La teologia dell’ Episcopato riceve un incrementoimportante sotto due aspetti:

- Si afferma la sacramentalità dell’Episcopato:

Insegna pertanto il santo sinodo che con laconsacrazione episcopale viene conferita la pienezzadel sacramento dell’ordine, quella cioè che l’usoliturgico della Chiesa e la voce dei santi padrichiama il sommo sacerdozio, la totalità del sacroministero (LG21).

Si supera in tal modo la visione che riteneva ilPresbiterato quale vertice del sacramentodell’Ordine e considerava l’Episcopato un gradosuperiore soltanto di natura giuridica, ma nonsacramentale. Inoltre la grazia sacramentale chef luisce dal carattere episcopale, conferito nellaconsacrazione, riguarda non solo il munussantif icandi del Vescovo, ma anche i due altrimunus: docendi et regendi. L’intero triplice munus,quindi, è donato e continuamente alimentato dalflusso della grazia, che scaturisce dall’ordinazioneepiscopale.

Oltre alla funzione di santif icare, la consacrazioneepiscopale conferisce anche le funzioni di insegnaree governare, le quali però per loro natura nonpossono essere esercitate se non nella comunionegerarchica col capo e con le membra del collegio(LG 21).

- Si evidenzia il primato e la centralità del munussantif icandi nel Vescovo:

Insignito della pienezza del sacramento dell’ordine,il vescovo è ‘il dispensatore della grazia delsacerdozio supremo’ , specialmente nell’eucaristiache lui stesso offre, o che fa offrire, e con lui lachiesa vive e cresce senza sosta. … Ogni legittimacelebrazione dell’eucaristia viene diretta dalvescovo, cui è aff idato l’uff icio di presentare allamaestà divina il culto religioso cristiano, e diregolarlo secondo i precetti del Signore e le leggidella Chiesa, determinate ulteriormente per la suadiocesi dal suo particolare giudizio (LG 26).

Nella precedente visione giuridica si tendeva aconsiderare prevalentemente l’esercizio del

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Magistero e del Governo del Vescovo conferiti dalDiritto mediante la Suprema Autorità dellaChiesa, mentre l’esercizio liturgico-sacramentalesembrava potesse essere aff idato quasi totalmenteai Presbiteri rivestiti della grazia sacramentaledell’Ordine in primo luogo per l’esercizio di taleaspetto del ministero. Questa ‘delega’, però, potevaoscurare il Sommo Sacerdozio del Vescovo, ilruolo eminente della liturgia episcopale e lacentralità e il primato della Cattedrale e dellaChiesa locale. Ecco perché la Costituzioneliturgica Sacrosanctum Concilium afferma epromuove l’esercizio del Sommo Sacerdozio delVescovo con queste mirabili parole:

Il vescovo deve essere considerato come il grandesacerdote del suo gregge, dal quale deriva e dipendein certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Perciòbisogna che tutti diano la più grande importanzaalla vita liturgica della diocesi intorno al vescovo,principalmente nella chiesa cattedrale: convintiche la principale manifestazione della Chiesa si hanella partecipazione piena e attiva di tutto il popolosanto di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche,soprattutto alla medesima eucaristia, allamedesima preghiera, al medesimo altare cuipresiede il vescovo circondato dal suo presbiterioe dai ministri (SC 41).

Del resto è nella stessa celebrazione liturgica che,sia il Magistero, sia il Governo pastoraleraggiungono l’espressione più alta e la ragionepiù profonda. Infatti, Colui che pronunziandoall’altare le parole di Cristo realizza nellapotenza dello Spirito il Corpo sacramentale delSignore opera al contempo l’ edif icazione delSuo Corpo Mistico con la predicazione, isacramenti e le leggi disciplinari. Questi atti,attuati con diversi gradi di autorità, sonocompiuti con l’autorità stessa del Signore,Vescovo delle nostre anime, scaturiscono dallaliturgia e alla liturgia conducono come a lorof ine in vista dell’eterna dossologia nella visionebeatif ica.

La Chiesa, quindi, riprende dalla sua perenneTradizione e applica al Vescovo con novellovigore teologico il concetto e il termine diSacerdos, secondo l’uso antico. In lui, infatti,il sacerdozio raggiunge il suo apice e dalla suapienezza f luisce quello subordinato delPresbitero e il ministero del Diacono.

Il primato del munus santif icandi del Vescovoesige poi una disciplina conseguente che ilCodice di Diritto Canonico determina:

Presieda f requentemente nella chiesacattedrale o in un’altra chiesa della sua diocesialla celebrazione della santissima Eucaristia,soprattutto nelle feste di precetto e nelle altresolennità (Can. 389).

Non sia assente dalla diocesi nei giorni di Natale,della Settimana Santa e della Risurrezione delSignore, della Pentecoste e del Corpo e del Sanguedi Cristo, se non per una causa grave e urgente (Can.395 - § 3).

Questo era pure l’intento del Concilio Tridentinoche decretava l’obbligo della presenza dei Vescovinelle loro Cattedrali per una celebrazione regolaree degna dell’Anno liturgico:

Il Concilio, frattanto, li ammonisce e li esorta nelSignore a non assentarsi in nessun caso dalla lorochiesa cattedrale, salvo che il ministero episcopalenella loro diocesi li chiami altrove, nel tempodell’Avvento del Signore, della Quaresima, del Natale,della Risurrezione del Signore, nel giorno diPentecoste e nella festività del Corpo di Cristo, tempiin cui le pecorelle devono soprattutto essererinvigorite e godere nel Signore della presenza delpastore (CONCILIO ECUMENICO TRIDENTINO, Sessione 13a,Decreto di riforma, Canone I, in COD, p. 745).

3. Il triplice munus nel Presbitero

La teologia del Presbiterato, alla luce di quelladell’Episcopato, riceve un’identità più def inita e unincremento dottrinale più vasto e profondo rispettoalla precedente impostazione. Infatti, il triplice

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munus, proprio del Vescovo, viene conferitoin un grado inferiore (secundi meritimunus), mediante l’ordinazione, anche alPresbitero.

I presbiteri, pur non possedendo il vertice delsacerdozio,ma dipendendo dai vescovinell’esercizio della loro potestà, sono tuttaviacongiunti a loro nell’onore sacerdotale. Invirtù del sacramento dell’ordine e adimmagine di Cristo sommo ed eternosacerdote, sono consacrati per predicare ilvangelo, pascere i fedeli e celebrare il cultodivino, quali veri sacerdoti della nuovaalleanza (LG 28).

La predicazione e il governo pastorale deiPresbiteri assumono in tal modo un valoresacramentale in quanto scaturiscono e sonocontinuamente alimentati dalla grazia chefluisce dal carattere dell’unico sacramentodell’Ordine che hanno ricevuto: anch’essipredicano e governano con l’autorità delSignore nella communio ierarchica conl’Ordine Episcopale.

Inoltre, come il loro munus docendi etregendi, anche il loro munus santif icandi,non è assoluto, ma in costante, interiore eindissolubile comunione gerarchica conquello del Vescovo, che rimane sempre ilcanale necessario da cui ricevono ilsacerdozio di Cristo e il fondamentopermanente per la legittimità del loroesercizio sacerdotale in Cristo.

Nessuno senza il vescovo faccia qualche cosache concerne la Chiesa. Si ritenga validaquella Eucarestia che è presieduta dal Vescovoo da chi egli delega (Smirnesi 8,1).

L’antico assioma nihil sine episcopo (S.Ignazio d’Antiochia) riceve nuova luce eforza dagli insegnamenti dottrinali delConcilio Vaticano II.

In coerente analogia con la dottrinasull’Episcopato, con la liturgia pontif icale e col ruolodella Cattedrale, il Concilio delinea anche ladottrina sul Presbiterato, sulla liturgia presbiteralee sul ruolo della chiesa parrocchiale:

Poiché nella sua chiesa il vescovo non può presiederepersonalmente sempre e ovunque l’intero gregge,deve necessariamente costituire delle assemblee difedeli, tra cui hanno un posto preminente leparrocchie organizzate localmente sotto la guida diun pastore che fa le veci del vescovo: esse infattirappresentano in certo modo la Chiesa visibilestabilita su tutta la terra. Perciò la vita liturgica dellaparrocchia e il suo legame con il vescovo devonoessere coltivati nell’animo e nell’azione dei fedeli edel clero; e bisogna fare in modo che il senso della

comunità parrocchiale f iorisca soprattutto nellacelebrazione comunitaria della messa domenicale(SC 42).

4. Il diacono come primo grado dell’Ordine e ministero permanente

Il Concilio stabilisce con una ulteriore precisionela dottrina sul Diaconato, ne conferma l’ istituzionedivina e lo riconosce come il primo grado delsacramento dell’Ordine sacro.

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In un grado inferiore della gerarchia stanno idiaconi, ai quali vengono imposte le mani, ‘non peril sacerdozio, ma per il servizio’(LG 29).

Il termine ampio di ministris, usato dal Tridentinoper indicare tutti gli ordini inferiori al Presbiteratoviene, nel Vaticano II, sostituito dal termineunivoco diaconis. In tal modo la descrizione dellagerarchia di istituzione divina non è più quella divescovi, presbiteri e ministri (Conc. Trid., SessioneXXIII, Can. 6), ma di vescovi, presbiteri e diaconi(LG 28). Col Diaconato quindi si entra nel clero didiritto divino, mentre gli ordini ad esso inferioririsultano chiaramente di istituzione ecclesiastica.Tale decisione toglie ogni dubbio in tale materia econsente una ricerca teologica più illuminata edef inita riguardo al ministero.

Anche la disciplina del Diaconato riceve notevoleincremento con la possibilità del diaconatopermanente:

…il diaconato potrà in futuro essererestaurato come grado proprio e permanente dellagerarchia (LG 29).

Il Diaconato, quindi, non deve essere consideratounicamente come un grado di passaggio nellainiziazione all’Ordine sacro, ma un ministeropermanente nella Chiesa, con un’identità propriae una grazia specif ica. Il Diaconato permanente

restaura nella Chiesa la completezza dellaGerarchia di diritto divino nei suoi tre gradi erichiama le antiche espressioni di S. Ignaziod’Antiochia:

Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti ilvescovo e i presbiteri come gli apostoli; venerate idiaconi come la legge di Dio (Smirnesi 8, 1).

Inoltre:

Col consenso del romano pontef ice questodiaconato potrà essere conferito a uomini di etàmatura, anche sposati, così pure a giovani idonei,per i quali però deve rimanere in vigore la leggedel celibato (LG 29).

Il tenore di questa disposizione è moltoimportante in quanto prevede l’accesso alDiaconato permanente di uomini e giovani, checome norma accettino la legge del celibato. Ilconferimento del Diaconato a uomini, che giàvivono nel matrimonio, è una possibilità ulteriore,che tuttavia ha un carattere eccezionale nonprimario. In realtà la Chiesa contempla in primoluogo diaconi celibi, giovani o uomini maturi, matotalmente consacrati al ministero sacro nelcelibato per il Regno dei cieli.

A tal proposito occorre notare che nella prassi siè verif icato un legame quasi esclusivo tra

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Diaconato permanente e uomini sposati. Si ha lasensazione in tal modo che il Diaconatopermanente sia pensato unicamente per uominigià sposati. Di fatto i celibi non accedono conaltrettanta disponibilità al Diaconato permanente.Si verif ica una singolare situazione: il diaconatotranseunte è quello dei candidati al Presbiteratoche vivono nel celibato, mentre quello permanenteè quello di uomini maturi che vivono nelmatrimonio. Una simile prassi potrebbe nel temposnaturare l’istituzione del Diaconato permanentevoluto dal Concilio in quanto non realizza in primoluogo lo stato ordinario e privilegiato di unDiaconato permanente vissuto nel celibatosecondo l’antica e costante tradizione della Chiesa.

5. I Ministeri istituiti

Fin dai tempi più antichi furono istituiti dalla Chiesaalcuni ministeri al f ine di prestare debitamente aDio il culto sacro e di offrire, secondo le necessità,un servizio al popolo di Dio. Con essi erano aff idatiai fedeli, perché li esercitassero, degli uff ici dicarattere liturgico e caritativo a seconda delle variecircostanze. Il conferimento di tali uff ici spessoavveniva mediante un particolare rito, col quale ilfedele, ottenuta la benedizione di Dio, era costituitoin una speciale classe o grado per adempiere unadeterminata funzione ecclesiastica (Ministeriaquaedam, 15 agosto 1972).

Quelli che nella secolare tradizione della Chiesalatina erano chiamati Ordini minori sono orariveduti e chiamati Ministeri.

Corrisponde inoltre alla realtà stessa e allamentalità odierna che i menzionati uff ici non sianopiù chiamati ordini minori e che il loroconferimento sia denominato non «ordinazione»ma «istituzione», ed ancora che siano e venganoritenuti propriamente chierici soltanto coloro chehanno ricevuto il Diaconato. In tal modo risalteràanche meglio la distinzione fra chierici e laici, fraciò che è proprio e riservato ai chierici e ciò chepuò essere aff idato ai fedeli laici; così apparirà piùchiaramente il loro vicendevole rapporto, in quantoil sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozioministeriale o gerarchico, quantunque differiscanoessenzialmente e non solo di grado, sono tuttaviaordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognunoa suo propri modo, partecipano dell’unicosacerdozio di Cristo [LG10] (Ministeria quaedam,15 agosto 1972).

Il loro riordino riguarda diversi aspetti:

- Sul piano teologico è chiarita la loro naturalaicale. Non sono una emanazione della grazia delsacramento dell’Ordine, ma sono conferitiattingendo alla grazia battesimale in quanto forme

dell’esercizio del sacerdozio regale e quindiesercitati dai fedeli laici. Certo questi servizi sonoin stretta relazione col Ministero ordinato, ma nonfanno parte neppure parzialmente dell’Ordinesacro. Essi occupano nelle azioni liturgiche ruolipienamente laicali, possibili ad ogni battezzato, chene abbia capacità e carisma riconosciuti dallaChiesa.

La Prima Tonsura non viene più conferita; l’ingressonello stato clericale è annesso al diaconato(Ministeria quaedam, I)

I ministeri possono essere aff idati anche ai laici, dimodo che non siano più considerati come riservatiai candidati al sacramento dell’Ordine (Ministeriaquaedam, III).

I laici di sesso maschile, che abbiano l’età e le dotideterminate con decreto dalla ConferenzaEpiscopale, possono essere assunti stabilmente,mediante il rito liturgico stabilito,ai ministeri dilettori e di accoliti… (CDC, Can. 230 - § 1).

- Quanto al numero si passa dal Suddiaconato edai quattro Ordini minori (ostiario, esorcista,lettore, accolito), ai due unici attuali Ministeri(lettore e accolito). Il Suddiaconato è abolito e lesue funzioni vengono assegnate all’Accolitato. E’tuttavia possibile alle Conferenze Episcopaliaggiungere altri ministeri.

I ministeri che devono essere mantenuti in tutta laChiesa Latina, adattati alle odierne necessità, sonodue, quello cioé del Lettore e quello dell’Accolito.Le funzioni, che f inora erano aff idate alSuddiacono, sono demandate al Lettore eall’Accolito, e pertanto, nella Chiesa Latina, non siha più l’ordine maggiore del Suddiaconato. Nullatuttavia impedisce che, a giudizio della ConferenzaEpiscopale, l’Accolito, in qualche luogo, possachiamarsi anche Suddiacono (Ministeria quaedam,IV).

- L’istituzione dei Ministeri esige un esercizio realedi ogni Ministero, suff icientemente esteso neltempo, in modo da evitare che si riduca unaformalità canonica senza alcuna esperienzacelebrativa.

I candidati al Diaconato e al Sacerdozio debbonoricevere i ministeri del Lettore e dell’Accolito, se nonl’hanno già fatto, ed esercitarli per un convenienteperiodo di tempo, aff inché meglio si disponganoai futuri servizi della Parola e dell’Altare (Ministeriaquaedam, XI).

Se la loro natura teologica fu materia alquantodiscussa nei secoli f ino al Vaticano II, tuttavia giànel Concilio Tridentino veniva suggerita, anche senon del tutto esplicitata, la loro origine ec-clesiastica:

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n. 2 - 2015 - LITURGIA CULMEN ET FONSwww.liturgiaculmenetfons.it

Il suddiaconato è collocato tra gli ordini maggioridai padri e dai sacri concili, nei quali spessissimoleggiamo anche quanto riguarda gli altri ordiniminori (Conc. Trid., Sessione XXIII, Decretosull’Ordine, cap.II).

Il Tridentino ci è maestro anche riguardoall’esercizio permanente ed effettivo degli Ordiniminori (oggi Ministeri) ed è aperto ad ammettere,in caso di bisogno, la loro compatibilità con lo statomatrimoniale:

Per riportare in uso, nel rispetto dei sacri canoni, lefunzioni dei santi ordini, dal diaconato all’ostiariato,lodevolmente accolto nella Chiesa f in dai tempiapostolici, ma in molti luoghi interrotte per lungotempo, e per evitare che siano considerate inutilidagli eretici, il santo sinodo, desiderando vivamentedi ristabilire quell’antico costume, decreta che infuturo tali ministeri siano esercitati soltanto da quelliche sono costituiti in tali ordini. Il concilio esortaquindi, nel Signore, tutti e singoli i prelati delle chiesee comanda loro di fare in modo, nei limiti delpossibile, che queste funzioni vengano ripristinatenelle chiese cattedrali, collegiate e parrocchiali dellaloro diocesi, dove un popolo numeroso e i proventidella chiesa lo permettono…

Nel caso non vi fossero chierici celibatari peresercitare il ministero dei quattro ordini minori,potranno essere sostituiti anche con chierici sposatidi vita illibata, a condizione che non si siano sposatidue volte, siano adatti a queste funzioni e in chiesa

portino la tonsura e l’abito clericale (Conc. Trid.,Sessione XXIII, Decreto di riforma, cap.XVII).

Il riordino degli Ordini minori implica anche unadisciplina applicativa coerente con i principidottrinali affermati. Per questo il termine Ministeriè più conforme alla loro natura teologica, rispettoal termine Ordini minori, che poteva esprimere unapartecipazione impropria all’Ordine sacro. Anchel’abito liturgico deve essere conforme alla naturalaicale di tali ministri: la tunica bianca, rimandandoalla grazia battesimale, è più idonea dell’abito talare,che è proprio del ministero ordinato. Nome e abitomanifestano opportunamente in modo visibile ladottrina specif ica dei Ministeri istituiti. Lo statoclericale che per secoli accomunava gli Ordinimaggiori e minori, ritenuti anche questi parzialipartecipazioni al sacerdozio ordinato, deve oraessere contenuto nei limiti reali dei tre gradidell’Ordine sacro e anche i segni esteriori lo devonoesprimere con chiarezza.

6. Le tre scholae: accoliti, lettori, cantori

Tutti ministri di ogni ordine e grado hanno unintrinseco legame di comunione che li conf iguracome dei corpi coesi per l’esercizio di un ministeroliturgico pubblico e comunitario. In tal senso si parladi ordini, nel senso di un insieme ordinato diministri che operano in sintonia, secondo il compitodi ciascuno, nell’azione rituale. In tal senso si può

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RADIO MARIA

GLI INSEGNAMENTI DEL

CONCILIO VATICANO II

secondo lunedì del mese

ore 21,00

a cura di don Enrico Finotti

parlare di: ordo Episcoporum, ordo Presbyterorum,ordo Diaconorum, ma anche di ordo lectorum, ordoaccolitorum et ordo cantorum.

Se la testimonianza individuale mantiene uninderogabile valore non è secondaria quella coraleesercitata dai vari ordini in servizio nel culto santo.La liturgia solenne della Cattedrale si caratterizzaappunto per lo splendore, la compattezza e la dignitàdi questo insieme di ordini relativi ai diversiministeri: il Vescovo circondato dai Presbiteri, daiDiaconi, dagli accoliti, dai lettori e dalla scholacantorum.

E’ questa composizione ordinata e plurale dellaChiesa che manifesta la communio ierarchicaricordata dal Concilio.

Le azioni liturgiche non sono azioni private, macelebrazioni della Chiesa, che è ‘sacramento di unità’,cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guidadei vescovi. Perciò appartengono all’unico corpodella Chiesa, lo manifestano e lo implicano; i singolimembri poi vi sono interessati in diverso modo,secondo la diversità degli stati, degli uff ici edell’attuale partecipazione (SC 26).

La concelebrazione eucaristica e la centralità dellaliturgia della Cattedrale mettono in luce conun’eff icacia del tutto speciale il senso corale dellaliturgia e l’atto pubblico e comune di tutto il popolodi Dio nell’accedere alla Divina Maestà.

In particolare si deve ricordare il ruolo delle trescholae – degli accoliti, dei lettori e dei cantori –nella celebrazione liturgica festiva e solenne. Senzail loro apporto i sacri ministri si trovano privi diquella ricchezza rituale e solennità che sonoindispensabili nella celebrazione dei santi misteri.

Anche i ministranti, i lettori … e tutti i membri delcoro svolgono un vero ministero liturgico. Essi perciòesercitano il proprio uff icio con la sincera pietà el’ordine che convengono ad un così grande ministeroe che il popolo di Dio esige giustamente da essi.Bisogna dunque che essi siano permeati con cura,ognuno secondo la propria condizione, di spiritoliturgico, e siano formati a svolgere la propria partesecondo le norme stabilite e con ordine (SC 29).

Entrare in queste tre scholae implica dellecondizioni importanti sia per coloro che esercitanoil ministero, sia per la Chiesa che può contare suservizi liturgici veramente qualif icati.

Il lettorato abilita il ministro con una adeguataformazione permanente liturgica e spirituale,conferisce una grazia specif ica secondo il modo deisacramentali e riveste il lettore con il suo abitoproprio che conferisce alla sua funzione lanecessaria dignità e sacralità di chi nell’assembleadella Chiesa proclama la Parola di Dio.

L’accolitato abilita il ministro con una formazionee una grazia specif ica, ad accedere e stare all’altarenel modo conveniente, recando con nobile umiltàgli arredi sacri (croce, ceri, turibolo, ecc.), lo educaa portare con dignità le oblate (calice, patena, ecc.)e a preparare la mensa in aiuto al diacono, lo associaai ministri ordinati (in caso di necessità) nell’attosublime di distribuire la santa Comunione durantela celebrazione e portandola anche agli assenti.L’abito liturgico assume nell’accolito un valore deltutto speciale per la prossimità al santo altare e aimisteri che su di esso si celebrano. La sua tunicacandida richiama a tutti i fedeli quell’abitobattesimale che tutti hanno ricevuto e che devonorivestire sempre per partecipare degnamente allasacra Mensa.

La schola cantorum educa i fedeli ad un veroministero liturgico, l’esecuzione del canto sacroparte necessaria nella liturgia solenne.L’indispensabile formazione liturgico-musicaleguida i cantores ad elevare il canto secondo i testie le musiche stabilite dalla Chiesa conforme allemodalità esecutive della tradizione liturgica. Imembri della schola, come tutti i ministri dellaliturgia, obbediscono con convinzione alle leggiproprie del canto sacro e si impegnano con umiltàe fervore a dar voce al gaudio della Chiesa a serviziodel culto pubblico del popolo di Dio.

Da queste riflessioni si comprende bene perché laChiesa abbia voluto istituire i vari Ministeri e nonlimitarsi a servizi liturgici improvvisati. Nonraccogliere con serietà l’opportunità dei ministeriistituiti, rassegnandosi permanentemente a serviziliturgici di fatto, signif ica depotenziare la qualitàdella liturgia, la sua eff icacia simbolica e la suaforza interiore di grazia.

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Conclusione

Alla luce di queste sintetiche considerazioni sulMinistero negli insegnamenti conciliari sicomprende quanto sia ancora mancante unaadeguata preparazione dottrinale sull’ecclesio-logia del Vaticano II e quindi sia ancora debolela sua attuazione nella impostazione dellacelebrazione secondo lo statuto dei vigenti libriliturgici.

Il Concilio Vaticano II dunque ci insegna:

1. Che il Vescovo, segnato dal caratteresacramentale del Sommo Sacerdozio,predica il Vangelo e governa la Chiesaparticolare a lui aff idata con l’autorità diCristo, ricevuta con l’Ordinazione episco-pale, unita alla Comunione gerarchica.Soprattutto egli è in primo luogo il grandeSacerdote del suo popolo e a lui incombe ildovere di presiedere con regolarità esolennità la liturgia nella sua Cattedrale eformare il suo gregge a celebrare in ognicomunità, soprattutto parrocchiale, la sacraliturgia, quale momento necessario e centralenell’intero complesso delle attività pastorali(LG 26).

2. Che il Presbitero, partecipe in un gradosubordinato del triplice munus del Vescovo,agisce con la grazia di Cristo-Capo non solonel sacrif icio e nei sacramenti, ma anchenegli atti fondamentali della sua predicazione(in particolare l’omelia) e della sua azionepastorale. Come nel Vescovo anche nelPresbitero incombe il dovere primario dicelebrare con regolarità la santa liturgia,soprattutto nel giorno del Signore, edu-cando il popolo cristiano a cogliere il valoreprimaziale e culminante dei sacri riti, chenell’Eucaristia hanno il loro vertice (LG 28).

3. Che il Diacono partecipa al primo gradodel sacramento dell’Ordine di istituzionedivina e la Chiesa locale trova la suacompletezza ministeriale nella presenza diun Ordo di Diaconi permanenti (celibi econiugati) in comunione col Vescovo e il suoPresbiterio (LG 29).

4. Che alcuni fedeli, laici e religiosi, sonochiamati a determinati Ministeri per unservizio più ricco e qualif icato alla liturgia.Istituiti con i rispettivi riti liturgici, assicu-rano, con la loro preparazione e la specif icagrazia invocata su di loro, l’eff icaceproclamazione della Parola di Dio (Lettori)e il degno servizio rituale connessoall’Eucaristia e agli altri atti del culto

liturgico (Accoliti). La costituzione di unaschola cantorum, secondo le disposizioni dellaChiesa, garantisce la qualità e sacralità delcanto sacro (SC 114).

In particolare i Ministeri istituiti sembrano essereancora unicamente riservati all’iniziazioneclericale (seminaristi) in vista dei Ministeriordinati e quasi ovunque sostituiti nelle concretecelebrazioni con servizi liturgici di fatto, nonsempre compiuti da persone qualif icate e svoltiin conformità con le leggi liturgiche stabilite dallaChiesa.

In tal modo la liturgia scade in una facilesecolarizzazione. Infatti, senza l’abito liturgicoesteriore e senza la preparazione interiore i serviziliturgici sono travolti dalla superf icialità el’eff icacia stessa della grazia viene alquanto com-promessa da uno stile privo di qualità spirituale eunzione sacra.

Si assiste ad una generale opzione per i ministeridi fatto che f inisce per paralizzare un progettoserio di formazione e di istituzione stabile deiMinisteri previsti attualmente dalla Chiesa: siaff idano le letture a chiunque senza adeguatodiscernimento; si delega il servizio all’altare aipiccoli ministranti (da non escludere) e ladistribuzione della Comunione ai ministristraordinari, che pur legittimi sembrano, tuttavia,essere ritenuta una scelta permanente esuff iciente in luogo degli Accoliti; inf ine, siconcede l’animazione del canto a qualsiasi gruppocon proposte libere e del tutto soggettive. In questomodo però il Ministero istituito del Lettorato edell’Accolitato e il ruolo della schola cantorumsono permanentemente sostituiti dall’interventospontaneo di persone a cui manca spesso lanecessaria formazione, abbassando inevitabil-mente la qualità celebrativa dei sacri riti.

Se si continua a percorrere questa strada facile eapparentemente giustif icabile, col tempo avremoper i Ministeri istituiti il medesimo esito fal-limentare che ebbero le raccomandazioni delConcilio Tridentino riguardo agli Ordini minori.

Urge allora una seria valutazione del problema perscongiurare che la dottrina sul Ministero ordinatoe istituito, insegnata con tanto impegnomagisteriale dal Concilio Vaticano II (Lumengentium, III), non venga snaturata da una‘pastorale’ riduttiva e minimale, che contraddicenella prassi i principi dogmatico-dottrinali.

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Le domande del lettorea cura della Redazione

1. Ho ricevuto il lettorato ed esercitando taleministero normalmente nelle celebrazioni inCattedrale, mi trovo invece a disagio nellosvolgere tale servizio in parrocchia in quantotemo di sostituirmi arbitrariamente ai lettorie lettrici già incaricati. La medesima difficoltàla provano i miei amici accoliti che prestanoservizio in Cattedrale ma non in parrocchia...

Premesso che i due Ministeri istituiti (Lettorato eAccolitato) abilitano ad un servizio ad ampio raggio,che va oltre quello proprio di proclamare la Parolae servire all’altare, e che si può esplicare anche neldedicarsi alla formazione impartita a lettori,ministranti e sacristi di fatto, oltre che nellaconduzione di riti liturgici e pii esercizi in assenzadel ministro ordinato, secondo le indicazioni deidocumenti del Magistero (Ministeria quaedam),tuttavia l’esercizio effettivo del servizio proprio delLettore e dell’Accolito rimane comunque primarioe tipico ed è la f inalità specif ica dei due Ministeriistituiti.

Il Lettore è istituito per l’uff icio, a lui proprio, dileggere la parola di Dio nell’assemblea liturgica. …Egli potrà anche - se sarà necessario - curare lapreparazione degli altri fedeli, quali, per incaricotemporaneo, devono leggere la Sacra Scrittura nelleazioni liturgiche (Ministeria quaedam, V).

L’Accolito è istituito per aiutare il Diacono e per fareda ministro al Sacerdote. … Potrà anche - in quantosia necessario - curare l’istruzione degli altri fedeli, iquali, per incarico temporaneo, aiutano il Diaconoe il sacerdote nelle azioni liturgiche portando ilmessale, la croce, i ceri ecc., o compiendo altri similiuff ici (Ministeria quaedam, VI).

Il problema esposto dal lettore è, quindi, reale edaffonda le sue radici in una relazione equivoca traMinisteri istituiti e servizi di fatto. In realtà, se siconsidera il senso dei documenti della Chiesa, lapresenza di un numero suff iciente di Lettori edAccoliti istituiti dovrebbe essere la norma per unadiocesi e almeno anche per le parrocchie più grandi,pur accogliendo il supporto di altri ministri di fatto,che pur straordinari sono di fatto necessari per ilservizio liturgico capillare e quotidiano. - Il Codicedi Diritto Canonico, infatti, tratta in primo luogodei Ministeri istituiti (Can. 230 - § 1) e in relazionead essi ammette anche quelli di fatto (Can. 230 - § 2- § 3) -. Si è, invece, diffusa in vari ambiti della vitaconcreta delle nostre comunità cristiane unaconfusione permanente tra regola ed eccezione.Dall’eccezione conferma la regola si è a poco a poco

passati nella prassi all’eccezione come regola.Infatti, quando l’eccezione è tale e rimane neisuoi limiti, appunto ‘eccezionali’, la regola vieneintegralmente rispettata, anzi confermata comeprassi ordinaria e regolare, ma quando l’eccezionediventasse regola la norma verrebbe svuotata dauna prassi ‘eccezionale’ diventata permanente,che f inisce per oscurare non solo il contenutodella legge, ma anche il senso del fare delle leggi,dal momento che la prassi è legge a se stessa.Questo modo di procedere si esprimefrequentemente nell’attrito tra ‘dottrina epastorale’, in modo che le leggi stabilite suiprincipi dottrinali non raramente subiscono unaindebita riduzione nella prassi pastorale al puntoche le previste opzioni eccezionali diventanoapplicazioni permanenti. Questa sembra essereuna strada più facile e pratica, apparentementepiù opportuna, ma col tempo f inisce perabbassare la qualità della vita cristiana e perassopire ogni stimolo ideale che dovrebbe elevarei fedeli alle prospettive alte dei grandi principidottrinali riflessi nella saggezza e precisione delleleggi canoniche, formulate per la gloria di Dio ela santif icazione delle anime. Inoltre l’odiernoculto della prassi unito al sospetto sulla dottrinaproviene da un pensiero ideologico malsano checontrasta col primato cattolico della dottrina inquanto espressione stringente e fedele deicontenuti soprannaturali della Parola di Dio.Giustif icare intellettualmente e applicare nellaprassi il contrasto dottrina-pastorale potrebbefacilmente portare a non obbedire piùintegralmente alle parole inequivocabili delSignore: Chi accoglie i miei comandamenti e liosserva, questi mi ama (Gv 14, 21) e Non chiunquemi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno deicieli, ma colui che fa la volontà del Padre mioche è nei cieli (Mt 7, 21).

Questa sfasatura si nota in molteplicicomportamenti, che da eccezioni per alcuni inprecise situazioni sono diventati costume abitualenella vita delle comunità cristiane. Alcuni esempi:

- la Messa del sabato e delle vigilie, dettainizialmente ‘prefestiva’, da concessione pergli impossibilitati è diventata norma, al puntoche per molti fedeli la domenica non ha piùun carattere religioso, ma soltantoumanitario secondo il costume secolarizzatocorrente;

- la concessione di poter ricevere laComunione nella mano, pur rimanendo unindulto, è diventata di fatto prassi ordinariaper tutti con qualche disagio per coloro cheancora desiderassero riceverla in bocca;

- la concessione di poter sostituire l’astinenzadalle carni del venerdì con un’altra opera

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alternativa ha portato il popolo cristiano, privodi un costante richiamo, a svuotare totalmentela pratica del giorno penitenziale;

- le possibilità opzionali di forme rituali piùsemplici, previste nei libri liturgici per situazionieccezionali, e la facoltatività di alcuni elementirituali, tendono di fatto a diventare scelteordinarie, spogliando abitualmente, senza unmotivo conveniente, la simbologia, la sacralitàe la solennità dei riti;

- le concessioni sull’anticipazione di orario dellaVeglia pasquale e della Messa natalizia dimezzanotte, tendono ad alterare il caratteretipico e corale di questi solenni riti, molti-plicando celebrazioni, che si susseguono ad ogniora, motivate unicamente dal criterio della facilepartecipazione dei fedeli, senza più alcunriguardo al valore simbolico e mistico, secondol’antica tradizione liturgica; ecc.

Bastino questi pochi esempi tra i tanti chepotrebbero essere considerati, per osservare comela ‘pastorale’ appaia essere sempre più come l’ancelladella comodità, acquiescente ai ritmi frenetici, alcostume e alle opinioni correnti, senza più alcunintento di promozione verso la meta ideale, indicatadai principi dottrinali e dalle conseguenti normedisciplinari coerenti con essi.

Inoltre vi sono alcuni che ritengono erroneamenteche stravolgere con insistenza e in nome della‘pastorale’ le norme disciplinari della Chiesa sial’unica via per forzare il braccio al Magistero versoconcessioni sempre più larghe, ma in realtà difformidai principi dottrinali della fede.

Con questa procedura si rischia di svuotare anchei Ministeri istituiti del Lettorato e dell’Accolitato,che potrebbero rimanere esclusivamente nell’ambitodell’iniziazione agli Ordini sacri nei seminari. Gliaccoliti in particolare vengono sostituiti gene-ralmente con la modalità più immediata e menoimpegnativa dei ministri straordinari dellaComunione, che invece dovrebbero essere fattisoltanto successivamente e in eventuale aiuto adun ordine di Accoliti già stabile e ben formato.

Un diffuso atteggiamento ‘praticone’ potrebbe nonvalutare queste osservazioni e ritenerle unapignoleria, tuttavia, l’alternativa è quella dirassegnarsi alla totale assenza nella vita dellacomunità cristiana proprio di quei Ministeri chevalorizzerebbero con una singolare eff icacia digrazia (i Ministeri istituiti fanno parte deisacramentali) i laici, potenziando con la massimaintensità possibile l’esercizio del loro sacerdoziobattesimale nelle celebrazioni liturgiche.

Per completare possiamo ricordare che il presuntoattrito dottrina-pastorale produce effetti ancor più

deleteri quando venisse applicato nel campo dellafede e della morale. Infatti, sembra sempre più vastoil numero di fedeli che continuano a professare conla voce il Credo, ma che nella loro mentalità realesono ormai allineati col pensiero corrente, che nonaccetta più fondamentali verità quali: la risurrezionedella carne, la vita eterna, l’inferno, il purgatorio, lapresenza reale nell’Eucaristia, la perpetua verginitàdi Maria, l’unicità della Chiesa Cattolica, ecc. Nelculto si continua a proclamare formalmente e senzaapparente disagio le verità della nostra fede, manella mentalità e nel linguaggio ci si allinea senzatraumi con le opinioni del mondo. Con ovviaconseguenza dall’attrito fede-pastorale si passaall’altro morale-pastorale. Se a livello di principionon si contesta la norma morale, nella prassi sigiustif ica una vita impostata in modo abituale fuoridei Comandamenti divini, con il silenzio el’indifferenza di tutti. E’ questo il dramma che segnaalcuni contesti ecclesiali odierni, dopo aver corrosoil concetto autentico della pastorale, quello per cuiil Concilio Vaticano II fu un Concilio pastoraleautentico: chinarsi certamente sull’uomo, ma perilluminarlo con la luce dell’unica fede che salva eper elevarlo, mediante la conversione, dallo stato dipeccato alla vita della grazia.

2. Siamo ministri straordinari dellaComunione già da qualche anno e l’abitudineci logora. Vorremmo avere uno stimolo perrinnovare la qualità del nostro servizio erecuperare l’entusiasmo dei primi tempi.

E’ lodevole questa richiesta perché manifestasensibilità spirituale e responsabilità pastorale erisponde al dettato del Can. 231 - § 1 del CDC: I laicidesignati in modo permanente o temporaneo ad unparticolare servizio della Chiesa, sono tenutiall’obbligo di acquisire un’adeguata formazione,richiesta per adempiere nel modo dovuto il proprioincarico e per esercitarlo consapevolmente,assiduamente e diligentemente.

La Chiesa ha istituito il servizio di ministrostraordinario della santa Comunione in vista dellasalvezza delle anime mediante la recezione piùfrequente ed estesa del santissimo Sacramento.Questi ministri, infatti, allungano la manosacerdotale per comunicare con regolarità gli assentie consentire una più agile distribuzione delsacramento nelle grandi assemblee liturgiche.Inoltre le celebrazioni in assenza del ministroordinato sono sempre più urgenti e i ministri laicisono sempre più richiesti.

Ecco alcune indicazioni per verif icare e migliorarel’esercizio di questo ministero:

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1. Si tratta di un ministero straordinario in sensoteologico, in quanto il ministro ordinario della santaComunione resta unicamente il ministro ordinato.Il carattere straordinario perciò non deve esserevalutato sulla prassi, che potrebbe richiedere unservizio anche quotidiano e quasi permanente, bensìsulla natura teologica, che non consente di ritenereordinario a livello di principio un ministero che è inintima relazione col sacramento dell’Ordine dal qualedeve sempre dipendere e riceverne il mandato. E’necessario perciò che tali ministri sappiano astenersidi buon grado dal loro servizio qualora fosserosuff icienti i ministri ordinati.

2. I ministri straordinari, come ogni ministeroliturgico, agiscono in nome della Chiesa che li hacostituiti per servire nelle azioni del Suo cultopubblico ed uff iciale. Per questo essi devonoosservare con serietà le leggi liturgiche in modo chei fedeli notino in loro l’umile sottomissione alla Chiesae non subire l’imposizione dei gusti soggettivi di unaloro pietà, per quanto buona ed edif icante. E’ alloranecessaria la competenza e la celebrazione fedele delrito stabilito nei libri liturgici. Questo vale ancor piùper tutti coloro che guidano atti di culto in assenzadel sacerdote o del diacono.

3. In particolare si richiede un alto senso didevozione verso il SS. Sacramento, soprattutto inconsiderazione degli insuff icienti segni del sacro chenelle odierne circostanze non tutelano più il ministrostraordinario sia nella distribuzione della Comunionedurante la celebrazione, sia soprattutto nel portarlanelle case degli infermi. Le modalità estremamentedimesse negli abiti e nei segni, che in altre epocheerano consentite soltanto in un regime dipersecuzione, oggi sono diventate ordinarie, colpericolo di abituarsi ad una recezione meccanica del

Corpo di Cristo, senza suff iciente stimoloall’adorazione interiore e alla venerazione esteriore.Dipende dalla formazione dei ministri straordinari,dalla fedele osservanza delle norme liturgiche e dalcalore della loro devozione suscitare nei fratelli lanecessaria adesione di fede al mistero nascostosotto i segni sacramentali e offerto con forme cosìdimesse.

In conclusione, la preparazione dottrinale, lacompetenza liturgica e la formazione spiritualesono gli elementi basilari per mantenere alta laqualità del servizio e favorire l’eff icacia della grazianei cuori.

3. Le conquiste dottrinali sull’Ordine espostedal Vaticano II non sembrano incidere moltonella coscienza dei sacerdoti, che nel post-concilio sono stati travolti da un profonda crisidi identità e dalla secolarizzazione, a comin-ciare dall’abito. L’abito sacerdotale è propriocosì marginale come molti vanno dicendo?

La parte più considerevole della dottrinaecclesiologica del Concilio Vaticano II è costituitadal capitolo III della Lumen gentium, che espone ladottrina sull’Ordine sacro a cominciare dalla suapienezza l’episcopato. Una luce fulgida investe ilministero ordinato dei Vescovi, dei Presbiteri e deiDiaconi, che completa con apporti dottrinali di altospessore, attinti dalla perenne Tradizione dellaChiesa, l’identità del sacro ministero e la sua altadignità, spirituale, morale e pastorale. Le cause dellavasta crisi di identità sono molteplici erichiederebbero una analisi ben più vasta ecomplessa, tuttavia, potremmo considerare almeno

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l’aspetto dell’abito ecclesiastico, la sua simbologia ela sua attualità in contrasto con la dirompentesecolarizzazione.

La radice più profonda dell’uso dell’abito è legataall’antropologia naturale dell’uomo che èindissolubilmente anima e corpo. Inoltre è a tuttinoto come il reciproco inf lusso tra spirito ecorporeità sia una esperienza fondamentale eimmediata di ognuno. L’abito e linguaggio gestualee vocale sono riflessi incoercibili dell’anima invisibilee spirituale. La cura dello spirito non puòprescindere da quella simultanea del corpoaltrimenti si crea una schizofrenia perniciosacontraria alle leggi inscritte dal creatore nella suacreatura. Il mistero dell’Incarnazione del Verboapporta nuova luce sulvalore del corpo al puntoche l’antico as-sioma Carosalutis est cardo sta nelcuore stesso dellarif lessione dei Padri e larealtà sacramentale siserve della mediazionedei segni visibili perdonare all’anima la graziasoprannaturale. Tuttoquesto ha ispirato la difesae la legittimità dell’usodelle icone e delle im-magini che ha caratteriz-zato importanti sceltedogmatiche e liturgichenel Concilio Niceno II. Inquesto ricco e vastoorizzonte si iscrive pure ilvalore dell’abito e laChiesa ne ha disciplinatol’uso in modo da evitare daun lato una ricercaeff imera e mondana edall’altro un pauperismosterile e ideologico.

Ogni ostentazione e iraff inati ornamenti delcorpo sono estranei allo stato sacerdotale, perciò ivescovi e i chierici che si ornano con vesti lussuosee appariscenti devono correggersi, altrimenti sianopuniti. Egualmente si dica di quelli che usanoprofumi. Come radice velenosa si è moltiplicatacontagiosamente nella Chiesa cattolica l’eresia diquelli che diffamano i cristiani e i suoi seguaci nonsolo provano orrore di fronte alle immagini dipinte,ma hanno rinunziato ad ogni segno di pietà edetestano quelli che vogliono vivere religiosamentee piamente: si avvera in essi ciò che è scritto: Per ilpeccatore la pietà è un abominio.; dunque, quelliche deridono chi indossa vesti semplici e religiose,siano puniti. Fin dai tempi antichi i preti usaronovesti modeste e umili, perché tutto ciò che si usanon per necessità, ma per eleganza, non sfugge

all’accusa di ‘frivolezza’, come afferma BasilioMagno. … (Concilio Niceno II, can. XVI).

La chiesa insegna ai suoi f igli e in particolare aisuoi ministri la dignità del portamento, la proprietàdel linguaggio e la nobiltà del vestiario. Nel modostesso che la fede ha plasmato la materia creandole mirabili espressioni dell’arte sacra, la Chiesaeduca anche a ben vestire in modo che dalla nobilesemplicità e dalla bellezza dell’abito l’uomo nonperda il senso della sua dignità di f iglio di Dio e ilcristiano, rigenerato dalla grazia, non distolga mailo sguardo dall’eternità, dove spera di rivestire persempre l’abito di luce a immagine del Signorerisorto. La vesta candida del battesimo non è cheun timido richiamo ed un umile stimolo in questa

terra d’esilio. Dio compiesempre ogni sua operacon un signif icatomistico: non a casoquindi nella liturgiacomandata a Mosè ilSignore indugia con unameticolosità sor-prendente nello stabilire,insieme ad altre normerituali, le modalità degliabiti del Sommo sacer-dote Aronne e deisacerdoti dell’anticalegge. La cura che ilSignore ebbe per ilTempio e l’addobbo chevolle per la sala superioredel cenacolo non sono daritenere semplici note dicronaca. Neppure ètrascurabile l’osserva-zione dell’evangelistaGiovanni che annota:quella tunica era tuttad’un pezzo cucita dacima a fondo.

In questo ricco quadrobiblico si inserisce con

coerenza la storia dell’abito nella tradizione dellaChiesa, che da un lato deve tenere a briglial’eff imera ambizione di coloro che desiderano inmodo sconsiderato gli abiti e le insegneecclesiastiche usandole in modo abusivo, senzarispetto, serietà e pertinenza, dall’altro deveammonire quel pauperismo misero ed ideologicoche aborre ogni dignità, degrada ogni sacralità etoglie il giusto rilievo, dovuto ai gradi gerarchicidella Chiesa.

Mentre il Concilio di Vienne (1311-1312 ) colpiscegli eccessi di un indebito uso degli abiti e delleinsegne:

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… colui che, lasciato l’abito proprio dell’ordine,pretende di usarne altri e di portarli in pubblico senzaun motivo ragionevole, si rende indegno di far partedi quell’ordine…qualunque chierico vestito con abitidi seta o di differenti colori, senza una ragionevolecausa…venga sospeso… i sacerdoti o religiosi diqualsiasi ordine, i quali devono con la dignitàdell’abito esteriore mostrare l’interiore onestà deicostumi, se, senza un ragionevole motivo, porterannoin pubblico un abito di tal genere, un copricapo ouna specie di mitria di lino…saranno per ciò stessosospesi… (CONCILIO DI VIENNE, Decreti, n. 9, inCDO, p.365).

il Concilio Tridentino colpisce con equilibratodiscernimento gli eccessi nel senso opposto, ossial’abbandono dell’abito clericale in favore di quellolaicale:

Anche se l’abito non fa il monaco, è necessariotuttavia che i chierici portino sempre un abitoconforme al loro stato, in modo che un abitoesteriormente appropriato mostri l’interiore onestàdei costumi. D’altra parte oggi la presunzione di certepersone e il loro disprezzo della religione è andatatanto oltre che, senza alcun riguardo per la suadignità e per l’onore dello stato clericale, essi portano,anche pubblicamente, abiti laicali, tenendo il piedein due staffe, uno nelle cose divine e uno in quellemondane (CONCILIO ECUMENICO TRIDENTINO, Sessione 14a,Decreto di riforma, Canone VI, in COD, p. 716).

L’attuale secolarizzazione del clero trova un forterichiamo nel papa Paolo VI:

‘Segregato per annunciare il Vangelo di Dio’ (Rm 1,1). Questa segregazione, questa specif icazione, ch’èpoi quella d’un organo distinto e indispensabile peril bene d’un intero corpo vivente (2 Cor 12, 16 ss.), èoggi la prima nota del sacerdozio cattolico a esserediscussa e contestata anche da motivi, spesso per sénobili e sotto certi aspetti ammissibili; ma quandoessi tendono a togliere questa ‘segregazione’, adassimilare lo stato ecclesiastico a quello laico eprofano, e a giustif icare nell’eletto l’esperienza dellavita mondana col pretesto ch’egli non dev’essere dameno d’ogni altro uomo, facilmente spingono l’elettofuori dal suo cammino e fanno facilmente del preteun uomo qualunque, un sale senza sapore, un inabileal sacrif icio interiore, e un destituito dalla potenzadi giudizio, di parola e di esempio, proprio d’un forte,d’un puro, d’un libero seguace di Cristo (PAOLO VI,Omelia per la canonizzazione di san Giovanni d’Avila,31 maggio 1970, in OR, 21 agosto 2011, p. 5).

Con questa luminosa coscienza sul valore dell’abitoil papa Paolo VI volle riformare l’abbigliamentoecclesiastico, applicando con coerenza le indicazionidei decreti del Concilio Vaticano II, in particolare,la verità del segno (SC130) e la nobile semplicità(SC124):

Il recente Concilio Ecumenico Vaticano II ha messobene in luce la dignità e l’uff icio dei Vescovi nellaChiesa, esponendo chiaramente la distinzione cheintercorre tra essi ed i sacerdoti di ordine inferiore.Lo stesso Concilio, inoltre, trattando dellecelebrazioni liturgiche, stabilisce che i ritirisplendano per nobile semplicità … siano adattatialla capacità di comprensione dei fedeli, né abbianobisogno, generalmente, di molte spiegazioni. Glielementi infatti che vengono assunti nelle sacrecelebrazioni, sono segni che manifestano realtàinvisibili, e perciò devono essere facili acomprendersi e, per quanto possibile, di immediataintuizione da parte dei fedeli, perché mezzi checonducono alle realtà superiori. Perciò, tra le normeriguardanti la riforma della sacra Liturgia, si trovapure quella che dichiara essere conveniente che l’usodelle insegne pontif icali sia riservato a quellepersone ecclesiastiche che sono insignite delcarattere episcopale o che hanno una specialegiurisdizione (SC130). Tenute presenti infatti lamentalità e la condizione del nostro tempo, cheattribuisce la massima importanza alla verità deisegni, e considerata la necessità che i riti liturgicisplendano per nobile semplicità, è necessario che siritorni alla verità del segno anche per quantoriguarda l’uso delle insegne pontif icali, per mezzodelle quali vengono manifestate la dignità e lamissione di pascere il popolo di Dio (PAOLO VI,Motu proprio Pontif icalia insignia, 21 giugno 1968).

In tal modo l’uso dell’abito ecclesiastico, lungidall’essere abolito, viene purif icato e reso piùeloquente ed eff icace per l’edif icazione del popolocristiano.

La questione dell’abito interessa fondamentalmentetutti i cristiani. Anche se nella lettera a Diogneto siafferma che - I cristiani non si differenziano daglialtri uomini né per territorio, né per il modo diparlare, né per la foggia dei loro vestiti - è evidenteche la forma dell’abito deve sempre rispettare queicriteri di buon senso e di moralità che sonointrinseci alla testimonianza cristiana in qualsiasiambiente. Non è possibile dar credito ad unapretesa e dichiarata virtù interiore se essa vienevisibilmente e pubblicamente contraddettadall’immoralità dell’abito. Tale fenomeno oggipresenta delle patologie evidenti e crea un costumesociale corrotto, anche a causa di molti fedelicristiani.

L’abito clericale (riservato al clero) si specif ica intre forme, che rispondono a momenti e ruolidiversi dei sacri ministri. La varietàdell’abbigliamento clericale è una ricchezza cheesprime con forme, provate da una secolaretradizione, la nobiltà e la sacralità del sacerdoziocattolico, che con una precisa normativa deveessere continuamente difeso dalle opposte insidiedel pauperismo e della mondanità eff imera.

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1. L’abito ecclesiastico

CDC 1983, can. 284: «I chierici portino un abitoecclesiastico decoroso secondo le norme emanatedalla Conferenza Episcopale e secondo le legittimeconsuetudini locali».

Il vescovo, il presbitero e il diacono celibe vestonoin modo abituale l’abito clericale. Questaquotidianità afferma che il ministro ordinato èrivestito di Cristo in modo permanente perché portaimpresso nella sua anima in modo indelebile ilcarattere sacro. Tutta la sua vita è ‘sacramentale’,ossia presenza viva del Signore Gesù di fronte allasua Chiesa. Non si tratta di una ‘divisa’ assunta neitempi specif ici dell’esercizio di un servizioqualunque come avviene nella società civile, ma delrichiamo costante alla propria identità interiore.Tale abito, se da un lato richiama al sacerdote stessoil suo essere ontologico, dall’altra è un permanenterichiamo alla società dei valori religiosi dellapresenza di Dio e della dimensione soprannaturale.L’abbandono esteso dell’abito ecclesiastico hacontribuito non poco alla secolarizzazione dellasocietà. Come la presenza delle chiese nell’assettourbano delle nostre città afferma la presenza di Dioe della fede cristiana, così l’abito ecclesiasticoavrebbe dovuto testimoniare tale presenza nelconsorzio umano e nella vita sociale. La estesa epervicace disobbedienza in tale materia alle leggidisciplinari della Chiesa carica di notevoleresponsabilità davanti a Dio e alla storia la coscienzadei sacerdoti.

2. L’abito corale

Gli abiti sopra descritti sono usati dal vescovo tuttele volte in cui si reca pubblicamente in una chiesa oda essa se ne parte, quando è presente alla liturgia oad una azione sacra senza presiederla, e negli altricasi previsti in questo Cerimoniale (CE1202).

E’ l’abito nobile dei sacri ministri. Con esso si entraal cospetto della divina Maestà nell’assemblea delpopolo santo, si fanno gli ingressi solenni nellacattedrale o nella parrocchia, si assiste ai riti liturgici,si partecipa all’uff iciatura corale, si presiedono i piiesercizi. Come i monaci entrano in coro indossanosull’abito ordinario la cocolla per distinguere iltempo dell’orazione dall’attività ordinaria (S.Benedetto: Ora et labora), così rivestendo conumiltà e gusto l’abito corale proprio del loro gradoi sacri ministri, affermano l’eminenza della liturgianella vita della Chiesa, entrano con dignità nelsantuario, partecipano con gravità ai sacri riti ededif icano con la loro obbedienza e disciplinal’assemblea del popolo cristiano. L’abito coraledistingue le dignità ecclesiastiche e la Chiesa apparecome un’assemblea gerarchica ben compatta eordinata come l’esercito del Signore pronto ai suoiordini come le milizie angeliche. L’abitualeomissione dell’abito corale provoca anche una

confusione tra sacerdoti concelebrati e assistenti,consentendo ai non concelebranti di rivestirecomunque l’abito liturgico oppure di stare in mezzoai fedeli con il loro abito ordinario.

3. L’abito liturgico

Nella Chiesa, corpo mistico di Cristo, non tutte lemembra svolgono lo stesso compito. Questa diversitàdi compiti nella celebrazione dell’Eucaristia, simanifesta esteriormente con la diversità delle vestisacre, che perciò devono essere segno dell’uff icioproprio di ogni ministro. Conviene però che tali vesticontribuiscano anche al decoro dell’azione sacra(OGMR335).

Riveste i ministri sacri nell’esercizio diretto dellerispettive funzioni liturgiche, distingue i gradidell’Ordine e quelli dei ministeri, richiama le diversefasi e i molteplici aspetti del mistero, delle feste edei tempi sacri, differenzia la tipologia dei riti,ricorda le virtù interiori richieste ai sacri ministri,evidenzia il diverso grado di solennità, il sensodell’austerità e della penitenza, lo splendore e ilgaudio dei grandi eventi sacramentali, con la loropreziosità anticipano la gloria e con la dignitàaffermano la sacralità e la venerazione che devonoregnare nel santuario. Con la loro devotaassunzione, mentre il corpo ne è visibilmenterivestito, l’anima ne riceve un’interiore elevazione.

Conserva allora tutta la sua attualità il monito dellaChiesa:

… forse vi si ritroverebbe il bisogno e il senso diuna ‘veste’ sacerdotale, troppo facilmente perduti,con pregiudizio di una pastorale che si volevapromuovere? Il papa Giovanni Paolo II ha giàrichiamato più volte la necessità che il sacerdoteappaia agli uomini quello che è: uno di loro, certo,ma caratterizzato da un segno chiaro che loqualif ichi e lo abiliti in nome di Dio presso i suoi eil mondo intero. Ora, come negare l’evidenza? Agliocchi dei fedeli e della stessa coscienza del sacerdote,il senso dei ‘sacramenti della fede’ si degrada semprepiù quando un sacerdote, abitualmente negligentenel suo abbigliamento o pienamente secolarizzato,ne diviene il ministro: penitenza, unzione degliinfermi e, soprattutto, eucaristia. Molto spesso ilpassaggio al senso del sacro non si fa più nemmenoper la via degli indumenti liturgici prescritti. Questoslittamento è fatale, nel senso che è ineluttabile, maè soprattutto fatale nel senso che è disastroso. Ilseminario non ha diritto di essere remissivo davantia tali conseguenze. Deve avere il coraggio di parlare,di spiegarsi, di esigere ( CONGREGAZIONE PER

L ’EDUCAZIONE, La formazione spirituale, inEnchiridion Vaticanum VII, n.74).

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Coro Liturgico “BeatoAntonio Rosmini”

teoria e pratica diun’esperienzacelebrativa

(II parte)

di Giuliano Gardumi

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La promozione di una partecipazione attiva al cantocorale nei riti sacri ripropone questioni radicali discelte e, a onor del vero, la necessità di vedere daaltre prospettive tale concetto. Tali scelte devonoessere frutto di ricerca e valutazioni attente e poiassecondate da capacità decisive di accoglienza,benché costosa e implicante aspetti di rinuncia. Nontutto ciò che piace e che è riconosciuto come buono,può essere adatto e spendibile in una liturgia.

La mobilità delle persone incoraggia una diffusaadozione di linguaggi melodici familiari,riconosciuti e pertanto utilizzabili, praticabili datutti, sia che si canti o che si ascolti. Nel concreto ecome esemplif icazione, la valorizzazione del cantodelle acclamazioni all’interno della Santa Messapermette a chiunque di essere soggetto attivodell’assemblea radunata e ad un costoassolutamente basso: si contano una trentina diacclamazioni spendibili in canto. Ma quantiacclamano? Quanti cori promuovononell’assemblea il loro canto? Eppure leacclamazioni sono la forma più semplice, solenneed immediata di partecipazione.

SC 30. Per promuovere la partecipazione attiva, sicurino le acclamazioni dei fedeli, le risposte, il cantodei salmi, le antifone, i canti, nonché le azioni e igesti e l’atteggiamento del corpo. Si osservi anche,a tempo debito, un sacro silenzio.

La nostra esperienza è attenta a questa specif icaforma di promozione di partecipazione ed attuasempre, lì dove e quando possibile la risposta incanto ad una proposta del celebrante:

- Incipit iniziale: Nel nome del Padre…… Amen

- Pietà di noi, Signore… Contro di te abbiamopeccato

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- Collette dei Riti iniziali, d’Offertorio e del postCommunio cantillate in tono retto dal Celebrante econ la risposta… Amen

- Parola di Dio… Gloria a te, o Cristo

- Il Dialogo al Vangelo

- Acclamazione al Vangelo ( Alleluia…)

- Parola del Signore… Lode a te, o Cristo

- Dialogo al Prefazio

- Santo

- Anamnesi

- Amen dopo la grande dossologia

- Tuo è il regno…

- Benedizione solenne, le tre risposte con l’Amenalle invocazioni

- La Messa è… andate in pace… Rendiamo grazie aDio

Accanto a queste si aff iancano naturalmente altreproposte in canto che agevolano la realepartecipazione dei presenti:

- Antifona al canto di ingresso

- Kyrie ( proposta , risposta e polifonia )

- Gloria ( de Angelis , coro e assemblea )

- Salmo Responsoriale ( proposta Antifona delcantore salmista e risposta dell’Assemblea )

- Agnus Dei

- Antifona Mariana ( es. Regina coeli, SalveRegina, Alma Redemptoris, Ave Reginacoelorum, Sub tuum presidium…)

Ancora, le scelte repertoriali per le nostrecelebrazioni impongono attenzione relativamenteal grado di riconoscibilità e quindi di fruizione dellemedesime dai presenti. Un possibile veicolonormale dell’universalità della musica liturgica delmondo cattolico, così come lo era per la bontà delleforme, è senza dubbio il repertorio gregoriano.Così come, per quanto riguarda le nostre esperienzedi animazione liturgica, vale il recupero di un certorepertorio immediatamente post conciliare deglianni ‘60; i canti di Damilano come “Cristorisorge”, di Stefani “Cristo risusciti”, “NobileSanta Chiesa” ed altri, ripresi e proposti nellenostre realtà, ottengono riscontri positivi, graziead armonizzazioni nuove e spesso in polifonia.

Ancora, si ripropongono, in canto, le Antifone diIntroito e di Comunione nella versione italiana,precedute e seguite da un ritornello riconosciutoe popolare e pertanto cantabile da tutta l’assemblea.Ovvero si eseguono, con vesti musicali nuove epolifoniche, le Antifone così come riportate dai testidel Messale, nonostante, in non pochi casi, necessitiuna riscrittura delle antifone evangeliche diComunione perché i contenuti di questa ricchezzatipica del Messale italiano possano essere piùagevolmente rivestiti di melodia.

( es. “Il Cristo doveva patire e risuscitare daimorti il terzo giorno; sarà predicata nel suonome la conversione e il perdono dei peccati atutte le genti, alleluia”….da Lc 24,46-47 III dom.di Pasqua risulta diff icilmente musicabile cosìcome sta scritta rispetto a …”Una cosa ho chiestoal Signore, questa sola io cerco: abitare nellacasa del Signore tutti i giorni della mia vita”della dom XI ordinario Anno B )

Si diceva che occorre leggere da punti di vistaaltri il concetto di participatio actuosa: ilrichiamo ossessivo alla partecipazione di tutti atutto è ancora oggi sulla bocca di molti pragmaticidella Riforma liturgica. I quali ritengono che sidebba semplicemente eseguire tutto, parola ecanto, ad alta voce ed in modo comunitario peravere automaticamente una liturgia attraente edeff icace, superando di netto i “processi interioriche costituiscono la vera drammaticitàdell’insieme”, così scriveva papa Benedetto XVI.

SC 28. Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno,ministro o semplice fedele, svolgendo il propriouff icio si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che,secondo la natura del rito e le norme liturgiche, èdi sua competenza.

Ma dove manca questa dimensione interiore,emerge ancor di più che la liturgia è ancoracomunque noiosa ed incomprensibile, così che cisi spinge ancor di più in atti di sostituzione, diaggiunta impropria, di manipolazione di testi,preghiere, atti, canti e quant’altro con l’intento diraggiungere l’effetto immediatamente e,specialmente, dall’esterno, cosa ancor più rilevantee grave, perché questa condotta mina alle radici ilcuore della liturgia. La partecipazione silenziosadi un tempo non contrasta con la partecipazioneattiva correttamente intesa, ma soltanto con la sua

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esteriorizzazione. Un ottimismo banale, che vuolenascondere l’ingiustizia e nega la sofferenza nelmondo non ha nulla a che fare con la liturgiacristiana, al centro della quale, infatti, sta la Croce,certo con l’elemento inseparabile cui essa è legata, laRisurrezione. La redenzione è costata la sofferenza ela morte del Figlio di Dio e l’esercizio liturgico che èesercizio della Redenzione non può prescindere dallasequela della croce. La maggior parte deiproblemi, anche pratici concernenti la liturgia,anche le scelte musicali al suo interno, discendeproprio da non avere tenuto presente suf-ficientemente il punto di partenza del dettatoconciliare che è la Pasqua. Tutte le problematicheche hanno attinenza alla liturgia trovanoorigine da una dimenticanza, dalla sottova-lutazione di questo aspetto apparentementelontano e distaccato.

L’esperienza che viene condotta da alcuni anni nellanostra realtà con il Coro Liturgico Beato AntonioRosmini, incoraggiante e dispensatrice di grazie, cidice che una via d’uscita da queste problematiche,sia le meno concrete quanto le più pratiche, è, comegià scritto, non solo possibile, ma auspicabile:coniugare formazione, competenza e sensibilitàliturgiche e musicali, retta intenzione, rispetto delMagistero della Chiesa, amore per i fratelli chepercorrono con te la stessa strada, amore per la lode

massima a quell’unico Dio verso il quale eleviamoil nostro canto solenne.

Il cantare la Liturgia e non solo durante la Liturgia,dovrebbe portarci a rivivere l’esperienza descrittada Sant’Agostino, conquistato alla fede dal cantodei salmi e degli inni che sentiva cantare in chiesaa Milano, al tempo di Sant’Ambrogio : “Quantelacrime versate ascoltando gli accenti dei tuoi innie cantici, che risuonavano nella tua Chiesa! Unacommozione violenta : quegli accenti fluivano nellemie orecchie e distillavano nel mio cuore la verità,eccitandovi un caldo sentimento di pietà. Le lacrimeche scorrevano mi facevano bene...”

E noi ci commoviamo nelle nostre liturgie, nelsenso di destare in noi sentimenti di vivapartecipazione interiore ? O veniamosolamente, in un turbinìo destabilizzante,disturbati dal rumore di tutto quello che di umanoci possa essere, distratti dall’unico vero soggettodella celebrazione che deve rimanere ed è Dio,“portati fuori” insistentemente dal mistero con gliapplausi e le chiacchiere inutili. Sarebbe salutareche quanto è toccato a Sant’Agostino potessimoviverlo anche noi, oggi, e dire anche noi,partecipando alle celebrazioni liturgiche: “…le

lacrime che scorrevano mi facevano bene”.

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