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Settore Alimentare AICQ ATTI DEL CONVEGNO Le spezie nell’alimentazione: piccole dosi grandi responsabilità Lo stato dell’arte dell’ingrediente “spezie” sotto il profilo della sicurezza d’uso Marghera, 6 maggio 2011

Atti del Convegno

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Le spezie nell’alimentazione: piccole dosi grandi responsabilitàLo stato dell’arte dell’ingrediente “spezie” sotto il profilo della sicurezza d’uso

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Settore Alimentare AICQ

ATTI DEL CONVEGNO

Le spezie nell’alimentazione:

piccole dosi grandi responsabilità Lo stato dell’arte dell’ingrediente “spezie”

sotto il profilo della sicurezza d’uso

Marghera, 6 maggio 2011

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Indice

Introduzione pag. 3

Problematiche microbiologiche correlate all’impiego delle spezie come ingredienti nelle pag. 4 preparazioni alimentari Dott. Dario de Medici - Dott. Fabio Zanasi Istituto Superiore di Sanità – Roma Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare Xenobiotici e micotossine nelle spezie: un tema sanitario sempre piu’ attuale (prima parte) pag. 6 Dott. Carlo Brera Istituto Superiore di Sanità – Roma Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare Reparto Ogm e micotossine Xenobiotici e micotossine nelle spezie: un tema sanitario sempre piu’ attuale (seconda parte) pag. 9 Dott. Fabio Zanasi Istituto Superiore di Sanità - Roma Le spezie doni per il corpo e per la mente pag. 15 Prof. Marco Zanasi Neurologo Psichiatra Docente di Psicoterapia Università di Tor Vergata, Roma Accademico della Cucina Italiana Food safety e tracciabilità nella spice industry: case history pag. 19 Dott.ssa Ingrid Fiordaliso Responsabile Qualità Totale Drogheria e Alimentari Spa I reati alimentari: casi pratici pag. 22 Avv. Gabriella Baldi Modello di Risk Assessment and Management delle Filiere di Approvvigionamento spezie pag. 24 Dott.ssa Silvia Casali Purchasing Manager – Raw Material in Barilla G.e.R. Fratelli SpA

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Introduzione

La sicurezza d’uso, sotto il profilo igienico-sanitario, degli alimenti che quotidianamente consumiamo ha richiamato

negli ultimi anni, in misura sempre maggiore, l’attenzione di tutti i soggetti coinvolti nel “Pianeta Cibo”, a partire dalla

produzione primaria passando per le varie fasi tecnologiche fino ad arrivare alla griglia dei controlli microbiologici,

chimici, fisici e merceologici.

Particolare importanza, in considerazione, sia delle provenienze che delle caratteristiche intrinseche, riveste tutto

quanto è correlato alla sicurezza d’impiego delle spezie e nell’ambito domestico e nell’ambito produttivo. Le spezie

risultano, infatti, presenti sia nell’ingredientistica di quasi tutte le preparazioni alimentari sia nell’uso domestico e ne

possono condizionare pesantemente la salubrità, se non adeguatamente tracciate e bonificate (laddove possibile) e

comunque sempre controllate sotto ogni profilo.

Questo incontro è nato con l’esigenza di valutare sotto il profilo della sicurezza d’uso lo stato dell’arte dell’ingrediente

“spezie” e di discutere le azioni necessarie da mettere in campo per garantire tale sicurezza; tenendo sempre presente

quanto sia importante sotto ogni aspetto il consumo delle spezie che potrebbero essere definite come doni della

natura, appartenendo, tra l’altro, alla categoria degli alimenti cosiddetti nervini, che hanno una notevole ricaduta sulle

componenti psicologiche dell’alimentazione, notoriamente parte importantissima del benessere psicofisico dell’uomo.

Il presente opuscolo vuole raccogliere sinteticamente i contribuiti degli illustri relatori che sono intervenuti

all’incontro, per sottolineare quanto l’argomento “spezie” rimanga un tema aperto ad ulteriori confronti e riflessioni.

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PROBLEMATICHE MICROBIOLOGICHE CORRELATE ALL’ IMPIEGO DELLE SPEZIE

COME INGREDIENTI NELLE PREPARAZIONI ALIMENTARI

Dott. Dario de Medici Dott. Fabio Zanasi Istituto Superiore di Sanità – Roma Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare

Le spezie sono conosciute sin d’antichità e avevano molteplici e importanti funzioni e l'impiego come condimento per alterare il sapore di cibi e bevande non rappresentavano quello più importante. Infatti, le spezie erano utilizzate principalmente come medicinale in campo medico, per preparare cosmetici e nel cerimoniale religioso e ufficiale. Le spezie dirette a Roma provenivano, da cinque grandi regioni dalle quali: la Cina (tramite navigatori indonesiani), l'India, l'Arabia, l'Africa orientale, e alcune aree dello stesso impero romano. La provenienza delle spezie era limitata, poiché le piante da cui esse erano ricavate crescevano in condizioni climatiche ben precise. Le spezie, infatti, crescono e sono raccolte principalmente in Paesi caratterizzati da un clima è caldo-umido, e dove non sempre sono utilizzate corrette pratiche agricole. Le spezie e le erbe essiccate possono quindi contenere alti livelli di contaminazione microbica, salvo che essi abbiano ricevuto una forma di trattamento di riduzione dei patogeni. In Europa al fine di ridurre la contaminazione microbica è permesso il trattamento di irraggiamento per le spezie. Questo trattamento è regolato dalle direttive comunitarie 1999/2/CE e 1999/3/CE riguardanti il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri. Queste direttive sono state entrambe recepite nel nostro Paese con il DL.vo 30 gennaio 2001, n. 94. In accordo a tale regolamento, le “erbe aromatiche essiccate, spezie e condimenti vegetali” possono essere irradiati alla dose massima di 10 kGy. La direttiva comunitaria 1999/2/CE stabilisce, inoltre, che tutti i prodotti trattati con radiazioni ionizzanti debbano riportare in etichetta la dicitura “irradiato”, accompagnata dall’indicazione della denominazione e dell’indirizzo dell’impianto che ha effettuato l’irraggiamento, e che ogni Stato membro debba effettuare controlli sui prodotti in fase di commercializzazione. Il rischio correlato alle spezie è principalmente dovuto al fatto che queste sono aggiunte alla maggior parte delle preparazioni alimentari sia prima sia dopo la cottura, rappresentando così soprattutto nel secondo caso un potenziale fattore di contaminazione. Per ottenere informazioni sulle contaminazioni delle spezie nel 2004 la Commissione Europea (CE) con Raccomandazione 2004/24/CE ha richiesto agli Stati membri di eseguire un programma coordinato di campionamento e analisi sia sul prodotto a livello di produzione che di vendita al dettaglio. In Italia dei 248 campioni analizzati 17 campioni (2%) risultarono contaminati da germi patogeni. Dal 1999 al 2011 le spezie sono state spesso correlate con casi di segnalazione di allerta Comunitarie con un totale di 1561 segnalazioni complessive per tutti i pericoli chimici, biologici e radioattivi. Di queste, 300 segnalazioni riguardavano la presenza di microrganismi patogeni, 53 segnalazioni per presenza di microrganismi non patogeni in quantità non accettabile (muffe e Enterobatteriacee), 23 segnalazioni per irradiazione non autorizzata e 28 segnalazioni per presenza di corpi estranei. Il 74,33% di tutte le allerte e notifiche durante tale periodo era dovuto alla contaminazione di Salmonella. Parecchie epidemie di salmonellosi sono state collegate al consumo di cibi conditi con pepe nero o bianco, peperoncino,e altre spezie quali il cumino in polvere. In Germania nel periodo compreso tra Aprile e Settembre 1993, più di 1.000 casi di salmonellosi, principalmente a carico di bambini sotto i quattro anni di età, furono correlati al consumo di patatine chips alla paprika contaminate con pochissime cellule di salmonella (0,04-0,45 cellule di salmonella/g). Inoltre, fatto molto importante sotto il profilo del rischio, queste Salmonelle dimostrarono una grande resistenza all’essiccamento, tale che la loro concentrazione nell’alimento rimase invariata dopo 3-5 mesi dal momento della loro produzione. Inoltre, le spezie possono contenere anche germi sporigeni, quali per esempio Bacillus cereus che possono anche resistere a temperatura di cottura, e anche se presenti in numero limitato possono nel caso in cui l’alimento cui è stato aggiunto, sia conservato a temperatura impropria, moltiplicarsi provocando casi di tossinfezioni. Va ricordato che gli alimenti dopo la loro cottura devono essere conservati o a temperatura inferiore a 4 °C o superiore a 65°C per limitare l’eventuale proliferazione o di batteri che sopravvivono o di quelli che possono aver ri-contaminato il prodotto principalmente a causa di non corrette pratiche igieniche del personale. Il controllo della contaminazione microbica di questi prodotti sta nell’applicazione delle Buone Pratiche Agricole sui campi e delle Buone Pratiche di Lavorazione durante la loro trasformazione in prodotto finito.

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Tale approccio è inoltre riaffermato anche nel regolamento Europeo 852/2004 nel quale si indica che il controllo della sicurezza degli alimenti deve essere sostenuto dall’applicazione delle Buone Pratiche Agricole, Buone Pratiche di Lavorazione, Buone Pratiche Igieniche e dall’implementazione del sistema HACCP. Non ci sono standard microbiologici per spezie ed erbe aromatiche essiccate nella legislazione Comunitaria. Tuttavia, recentemente alcuni ricercatori dell’Health Protection Agency del Regno Unito hanno proposto dei limiti microbiologici utilizzando quando suggerito dalla già citata Raccomandazione 2004/24/EC e dall’European Spice Association che è stata presentata nel corso dell’incontro cui questi atti fanno riferimento.

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XENOBIOTICI E MICOTOSSINE NELLE SPEZIE: UN TEMA SANITARIO SEMPRE PIU’ ATTUALE (prima parte)

Dott. Carlo Brera Istituto Superiore di Sanità – Roma Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare – Reparto OGM e Micotossine INTRODUZIONE Le micotossine sono sostanze tossiche (composti chimici) prodotte dal metabolismo secondario di alcuni generi di funghi filamentosi o muffe (Aspergillus, Penicillium, Fusarium, Stachybotrys, Cephalosporium, ecc.). Sono tossine naturali e non antropogeniche, nel senso che la loro presenza nell’ambiente e negli alimenti non è una conseguenza dell’attività diretta dell’uomo, ma delle condizioni ambientali che si vengono a creare sul campo. La crescita fungina e la formazione di micotossine avviene principalmente su numerose specie vegetali e può causare seri rischi per la salute dell’uomo e degli animali. FATTORI RESPONSABILI DELLA PRODUZIONE DI MICOTOSSINE I principali fattori responsabili della produzione di micotossine sono essenzialmente riconducibili alle condizioni pedoclimatiche che si vengono a creare in particolari areali geografici dove condizioni favorevoli di umidità e temperature possono portare all’attacco fungino delle piante ed alla possibile produzione di micotossine. In particolare, i seguenti elementi sono da considerare critici per la produzione delle micotossine: fattori climatici (T°C, Aw, Umidità) stress della pianta dovuta a carenze minerali, aumento della salinità del suolo, attacco da insetti, stress idrico

della pianta scarsa applicazione delle Buone Pratiche Agricole, di Stoccaggio e dei principi HACCP (precessione colturale,

umidità alla raccolta, tempi di essiccazione, condizioni di stoccaggio, ecc.) Le specie fungine micotossigeniche sono in grado di svilupparsi in svariate condizioni climatiche, con gli Aspergilli ed in parte i Penicilli che preferiscono climi caldo-umidi mentre i Fusarium prediligono maggiormente ambienti caratterizzati da temperature fresche con piovosità ricorrenti. Generalmente l’intervallo di acqua disponibile per la crescita delle muffe (water activity, Aw) è compreso tra 0.75 –0.99, mentre a seconda delle specie fungine, la temperatura ottimale di produzione è compresa tra i 20°C ed i 35°C. Le micotossine sono dotate delle seguenti caratteristiche:

Elevato potere genotossico e cancerogeno

Tossicità croniche e raramente acute

Termostabilità

Natura fortemente elettrostatica

Specie fungine micotossigeniche ubiquitariamente presenti sul territorio

Incidenza di contaminazione “stagionale”, fortemente condizionata dal clima

Distribuzione di contaminazione eterogenea (a macchia di leopardo)

Determinazione analitica non particolarmente problematica

Basso peso molecolare

Le micotossine possono raggiungere l’uomo o attraverso una contaminazione diretta degli alimenti o tramite una contaminazione di tipo indiretto, cioè tramite il carry over dai mangimi ai prodotti edibili di origine animali. Le micotossine sono in grado di attraversare la barriera placentare e sono escrete nel latte materno. CONTAMINAZIONE DIRETTA Le derrate alimentari possono risultare contaminate da micotossine a seguito dello sviluppo fungino e della formazione di micotossine direttamente sul substrato. Gli alimenti più esposti alla contaminazione diretta sono i prodotti vegetali, soprattutto cereali (mais, frumento, ,orzo, avena, segale, ecc.), semi oleaginosi (arachidi, girasole, semi di cotone, ecc.), frutta fresca e prodotti derivati (uva, mele, pere), frutta secca ed essiccata, legumi, caffè e cacao e spezie. Tuttavia anche altri tipi di prodotti quali insaccati e formaggi durante le fasi di maturazione e di conservazione, ed alcuni tipi di bevande, come la birra e il vino, possono essere soggetti alla contaminazione da micotossine a causa della contaminazione della materia prima. L’attacco delle

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muffe sulle derrate vegetali, con il successivo sviluppo dei loro metaboliti tossici, può avvenire in vari momenti della produzione. La contaminazione può verificarsi a) prima del raccolto (contaminazione da campo) a seguito di condizioni ambientali sfavorevoli (terreni troppo aridi o inadatti alle coltivazioni, climi caldo-umidi, ecc.), di infestazione da insetti, pratiche colturali non adeguate (monocoltura, semina su sodo); b) nella fase di post-raccolta (contaminazione da immagazzinamento) come ad es. nei centri di stoccaggio, nei magazzini, nei silos o durante il trasporto come conseguenza di condizioni di temperatura ed umidità di stoccaggio non appropriate . Pertanto quando le derrate alimentari vengono conservate, trasportate o lavorate in condizioni di aerazione, umidità e temperatura compatibili con lo sviluppo fungino, le condizioni di crescita fungina sono significativamente favorite con un aumento della probabilità di produzione di micotossine. Va rilevato che la natura di questo tipo di contaminazione è estremamente eterogenea e si manifesta con la formazione di “sacche” di contaminazione, ad altissima concentrazione di micotossine, capaci di contaminare a livelli rilevanti l’intera partita nelle successive fasi di miscelazione, di macinazione e/o di lavorazione.

CONTAMINAZIONE INDIRETTA

Questo tipo di contaminazione è riscontrabile in alimenti di origine animale quali il latte, le uova e le parti edibili derivanti da animali da reddito, nel caso in cui gli animali stessi siano stati alimentati con mangimi contaminati da micotossine. Anche nel caso di inalazione di polveri contaminate da parte dell’animale è verosimile, come dimostrano recenti studi, la presenza di residui in alcuni alimenti derivati quali il latte. Nei prodotti di origine animale potranno pertanto essere presenti sia le micotossine inalterate originariamente presenti nel mangime, sia micotossine prodotte dal metabolismo dell'animale. L’esempio più rilevante per la salute umana è la possibilità di residui di aflatossina M1 nel latte, a causa della contaminazione da aflatossina B1 nei mangimi. MICOTOSSINE NELLE SPEZIE Le micotossine maggiormente presenti nelle spezie sono essenzialmente le Aflatossine e l’Ocratossina A. A livello del Sistema Rapido di Allerta Comunitario (RASFF), complessivamente si sono avute 234 segnalazioni di irregolarità per erbe e spezie, in notevole aumento rispetto alle 128 del 2009, che hanno coinvolto diverse tipologie di rischio sanitario, con prevalenza di contaminazioni da micotossine (125, 120 per Aflatossine e 5 per l’Ocratossina A) seguite da contaminazioni microbiologiche (38, delle quali 27 per Salmonella), residui di pesticidi (38) e coloranti (17). L’origine dei prodotti è varia, ma il Paese col maggior numero di notifiche è risultato l’India (122), seguito dalla Tailandia con 32 segnalazioni. NORMATIVA VIGENTE A livello normativo, recentemente la Commissione Europea ha fissato con il regolamento CE/165/2010 i livelli massimi tollerabili per la Aflatossina B1 e le Aflatossine totali a 5 ug/kg e 10 ug/kg rispettivamente per cinque specie di spezie (Capsicum, Piper, Myristica fragrans, Zingiber officinale e Curcuma longa) mentre con il Regolamento 105/2010 è stato fissato per la Ocratossina A un livello provvisorio di 30 ug/kg per le stesse cinque specie che sarà ridotto a 15 ug/kg a partire dal luglio 2012. Inoltre, relativamente alle modalità di campionamento, la Commissione Europea ha stabilito procedure da adottare in seno al controllo ufficiale con il Regolamento CE/401/2006. Inoltre, al fine di assicurare un rigoroso controllo delle partite di importazione la Commissione Europea ha fissato livelli accresciuti di controllo per quelle spezie prodotte da Paesi terzi dove sussistono condizioni di rischio valutate critiche o comunque considerate degne di maggiore attenzione. Il Regolamento di base è il CE/669/2009 a cui si sono succedute nel tempo svariate modifiche. CONTROLLO DELLE MICOTOSSINE NELLE SPEZIE Al fine di minimizzare la presenza di questi xenobiotici sui frutti è necessario praticare un approccio olistico “dal campo alla tavola” interessando tutti gli stadi della filiera produttiva e di trasformazione. A livello delle buone pratiche agricole le misure preventive per il controllo della Ocratossina A sono le seguenti: Pre-raccolto Diserbo, miglioramento della composizione del terreno, aratura, fertilizzazione, ed irrigazione appropriata

(non durante il periodo di fioritura) Utilizzo di semi conciati per prevenire l’infezione e appropriate densità di semina Scelta appropriata della stagione di semina in modo da raccogliere nella stagione più secca Uso di pesticidi per prevenire l’azione distruttiva degli infestanti Rotazioni colturali Pulizia e disinfezione delle attrezzature utilizzate durante la coltivazione

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Raccolto Raccogliere nel momento di massima maturazione del baccello (massima intensità del colore e Aw più bassa) Selezione manuale dei baccelli infestati (personale formato) Rimozione dei baccelli infestati o danneggiati dall’area di piantagione per evitare la contaminazione del

terreno per contatto Post-raccolto Movimentare il raccolto dalla azienda agli essiccatoi il prima possibile ed essiccare i frutti entro 48 h. In

questo caso, i contenitori, i mezzi di trasporto devono essere puliti e disinfettati prima dell’uso. I frutti devono essere sempre protetti da pioggia o umidità.

Nel caso di periodi più lunghi prima dell’essiccazione mantenere i frutti ad una umidità relativa inferiore all’80% ed ad una T di 7-12°C (prevenzione della proliferazione delle muffe micotossigeniche

In particolare la fase maggiormente critica risiede nella essiccazione. L’essiccazione ha lo scopo di ridurre l’umidità dei frutti fino ad un valore inferiore o uguale all’11%. Un

prodotto secco è composto dal 33% di semi, dall’8% del gambo e dal 59% del frutto L’essiccazione può avvenire alla luce diretta del sole (dai 3 ai 20 giorni a seconda del clima) o utilizzando

essiccatori meccanici ad aria calda a basse URH e Temperature di 45-65°C (10-12 h). Nelle aree molto umide e temperature miti è preferibile utilizzare gli essiccatori meccanici. Il periodo di stoccaggio nelle aree di essiccazione alle Aw tipiche della produzione di OTA (0.80 - 0.95) deve

essere massimo di 5 gg. NON ESSICCARE IL PRODOTTO A DIRETTO CONTATTO DEL SUOLO

Per quanto riguarda la presenza di Aflatossine nelle spezie valgono generalmente le stesse considerazioni e più specificatamente è necessario: raggiungere in tempi rapidi tramite l’essiccazione un livello “sicuro” di umidità. *8% in 48h+ L’essiccazione al sole può comportare lunghi tempi di processo, pertanto è consigliabile il ricorso ad

essiccatori meccanici Il confezionamento dei frutti deve essere effettuato in tempi rapidi utilizzando materiali di imballaggio idonei

(evitare la plastica) Lo stoccaggio a T inferiori ai 13°C previene la formazione delle aflatossine Varietà di paprika e peperoncino con polpa fine comportano minori rischi L’essiccazione deve assolutamente avvenire non in contatto con il suolo. E’ opportuno pertanto o rialzare

l’area di essiccazione o inserire un telo di polietilene tra frutti e suolo In caso di estrema siccità prima del raccolto, è opportuno irrigare correttamente senza lasciare ristagni di

acqua In alcuni casi si possono tagliare i frutti in piccoli pezzi (2,5 cm x 2,5 cm) per favorire il processo di

essiccamento. Questo processo riduce i tempi di essiccazione dal 50% all’80%. Il taglio deve essere però effettuato in tempi rapidi

Per quanto esposto si raccomanda di: Ricorrere quanto più possibile alla selezione varietale Evitare stress idrici prima del raccolto Assicurare tempi rapidi tra raccolto ed essiccazione Rimuovere i frutti infestati o danneggiati Tagliare i frutti prima dell’essiccamento in piccoli pezzi ma in tempi brevi Essiccare a T di 60°C per le prime 6 ore (artificialmente) Essiccare ad umidità pari all’8%-11% Imballare in tempi rapidi in contenitori di carta e a tenuta Stoccare i frutti in condizioni ambientali fresche, areate e non umide Macinare i frutti poco prima della spedizione

Conclusioni Sebbene il consumo delle spezie con l’alimentazione è da ritenersi sicuramente contenuto, alla luce della rilevante tossicità intrinseca delle micotossine, il fenomeno relativo alla loro presenza nelle spezie è sempre più attuale ed è assolutamente prioritario attivare lungo tutta la filiera a partire dal campo fino al consumatore finale, azioni preventive mirate alla minimizzazione della contaminazione dei prodotti da parte di questi “hazards”.

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XENOBIOTICI E MICOTOSSINE NELLE SPEZIE: UN TEMA SANITARIO SEMPRE PIU’ ATTUALE (seconda parte)

Dott. Fabio Zanasi Istituto Superiore di Sanità - Roma

La sicurezza d’usa degli alimenti, obiettivo a cui tutti i soggetti protagonisti della produzione alimentare devono tendere, si realizza mediante la messa in essere di diverse azioni, tutte queste finalizzate ad eliminare o minimizzare il più possibile errori ed omissioni che possono accadere durante la produzione di alimento. Negli ultimi decenni è stato un susseguirsi sia a livello nazionale che comunitario di norme intese a garantire la salubrità della produzione alimentare, intervenendo su tutte le fasi e le strutture con sui si realizzano gli alimenti. L’evolversi delle norme evidenzia come il compito di assicurare un consumo alimentare sicura, sia via via stato sempre più affidato ai produttori in termini di controllo e responsabilità fino ad arrivare alla legge che istituisce l’autocontrollo. Il produttore finale, quello per intenderci, che si mette in commercio e quindi avvia al consumo un alimento con il “proprio nome diventa responsabile di fronte all’autorità sanitaria prima e giudiziaria dopo tutti gli ingredienti, le tecnologie e d i processi che hanno contribuito alla realizzazione di un alimento. Al produttore finale la norma sull’autocontrollo impone, infatti la selezione del fornitore che non è poca cosa sotto il profilo della responsabilità, in quanto di fatto è il titolare dell’azienda trasformatrice che garantisce la sicurezza d0uso degli ingredienti che acquista ed impiega per la realizzazione del prodotto che vende. Spesso a cade che le aziende trasformatrici sottovalutino questo fondamentale aspetto assumendo come unico indicatore valido soltanto il prezzo d’acquisto senza verificare la rispondenza ai requisiti di qualità e a volte di legge degli ingredienti acquistati. Ciò accade in modo particolare quando si ha a che fare con ingredienti che entrano in piccole quantità nella composizione del prodotto finale come appunto nel caso delle spezie. A questo proposito è bene fare un distinguo tra spezie ed aromi intesti come previsto ai sensi del Decreto legislativo 1992 n° 107 AROMI NATURALI ED ARTIFICIALI: NUOVA REGOLAMENTAZIONE Decreto Legislativo 25 gennaio 1992, n° 107 – attuazione delle direttive 88/388/CEE e 91/71/CEE relative agli aromi destinati ad essere impiegati nei prodotti alimentari ed ai materiali di base per la loro preparazione. Pubblicato nel s.o. Gazzetta Ufficiale n° 39 del 17 febbraio 1992. Campo di applicazione art.1, - 1. Il presente decreto disciplina la produzione, il commercio e la vendita degli “aromi” impiegati o destinati ad essere impiegati nei o sui prodotti alimentari per conferire loro odore, gusto o entrambi e dei materiali di base utilizzati per la produzione degli aromi. Le norme del presente decreto non si applicano:

a) Alle sostanze ed ai prodotti commestibili destinati ad essere consumati come tali, con o senza ricostituzione; b) Alle sostanze che hanno esclusivamente gusto dolce, acido o salato; c) Alle materie di origine vegetale o animale aventi proprietà aromatizzanti intrinseche, purchè non impiegate

come fonti di aromi. Art. 2 – Definizioni – 1 Ai fini del presente decreto si intende per:

a) Aromi: le sostanze aromatizzanti, le preparazioni aromatiche, gli aromatizzanti di affumicatura e loro miscele; b) Sostanza aromatizzante: una determinata sostanza chimica dotata di proprietà aromatizzanti e ottenuta:

1) Con procedimenti fisici, comprese la distillazione e la estrazione con solventi oppure con procedimenti enzimatici o microbiologici a partire da una materia di origine vegetale o animale allo stato naturale o previa trasformazione per il consumo umano con procedimenti tradizionali di preparazione di prodotti alimentari, comprese l’essicazione, la torrefazione e la fermentazione;

2) Per sintesi chimica o isolata a mezzo di procedimenti chimici e chimicamente identica ad una sostanza naturalmente presente in un prodotto di origine vegetale o animale descritto al numero 1);

3) Per sintesi chimica ma non identica chimicamente ad una sostanza naturalmente presente in una materia di origine vegetale o animale descritta al numero 1).

c) Preparazione aromatica: un prodotto diverso dalle sostanze definite alla lettera b) numero 1), concentrato o meno, avente proprietà aromatizzanti ed ottenuto con opportuni procedimenti fisici, comprese la distillazione r l’estrazione con solventi, oppure con p4ocedimenti enzimatici o microbiologici a partire da materie di origine vegetale o animale allo strato naturale o previa trasformazione per il consumo umano con

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procedimenti tradizionali di preparazione di prodotti alimentari, comprese l’essicazione, la torrefazione e la fermentazione;

d) Aromatizzante di trasformazione: un prodotto ottenuto rispettando le prassi corrette di fabbricazione mediante riscaldamento per non più di 15 minuti a temperatura non superiore a 180° di una miscela di ingredienti che non hanno necessariamente di per sé proprietà aromatizzanti e di cui almeno uno contiene azoto amminico ed un altro è uno zucchero riduttore;

e) Aromatizzante di affumicatura: un estratto di fumi impiegato nei procedimenti tradizionali di affumicatura degli alimenti.

Nei primi ci si può trovare di tutto, tenuto conto della loro filiera di produzione primaria , i secondi sono al contrario normati in maniera molto rigorosa e subiscono processi chimico-fisici che di fatto ne garantiscono una notevole sicurezza d’uso.

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TENORI TOLLERABILI DI TALUNI METALLI PRESENTI NEGLI AROMI Arsenico: non più di 3 mg/Kg Piombo: non più di 10 mg/kg Mercurio: non più di 1 mg/Kg Cadmio: non più di 1 mg/Kg

Le spezie,alcune di larghissimo impiego possono, inoltre, essere adulterate mediante l’impiego di sostanze vietate

spesso dotate di notevole tossicità. Il caso più eclatante dell’ultimo decennio e forse in assoluto è l’episodio SUDAN.

SUDAN

Colorante utilizzato nelle industrie che lavorano materiale tessile, plastico , cere, olii e d altri materiali sintetici

(1Phenylazo-2naphthalenol CAS 842-07-9)

Il colorante rosso Sudan impiegato per incrementare il colore del peperoncino di provenienza asiatica (India) da parte di uno sconsiderato produttore e esportatore ha dato origine ad una delle più grandi contaminazioni trasversali subite dall’industria alimentare. Il peperoncino, infatti, entra come ingrediente (il più delle volte a dosi di grammo/chilo) in una enorme varietà d prodotti alimentari molti dei quali di larghissimo consumo come salumi, formaggi, sughi e paste.

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PROBLEMA DEL SUDAN NEL 2003 Il 9 maggio 2003 la Francia ha notificato attraverso il sistema di Allarme Rapido (RASFF) per gli alimenti ed i mangimi l’individuazione del colorante rosso Sudan I in peperoncini rossi originari dell’India. Il 5 giugno 2003 la Francia adotta una serie di provvedimenti cautelativi a carattere nazionale. Il 20 giugno 2003 la CE per la sicurezza alimentare decide che tali provvedimenti vengano adottati da tutti i paesi della Comunità (Decisione 2003/460/CE: divieto e distruzione di peperoncino e prodotti derivati pimenti del genere capsicum essiccati e tritati o polverizzati, di cui al codice NC0904 2090, salvo comprovazione di totale assenza di colorante Sudan I (CAS n° 842-07-09 mediante certificazione ufficiale). IL CASO SUDAN I IN ITALIA Di conseguenza gli stati membri hanno l’obbligo di controllare tutte le partite di peperoncino rosso e prodotti derivati destinati all’importazione e tali partite devono essere accompagnate da una relazione analitica dimostrante l’assenza di Sudan I; inoltre devono effettuare campionamenti ed analisi su base casuale di tali prodotti in corrispondenza dei punti di importazione nonché dei prodotti che si trovano già sul mercato. Nel mese di luglio 2003 il Ministero della Salute invia una comunicazione alle Regioni, allegando la Decisione (20043/460/CE) con lo scopo di attuare quanto suddetto. Contaminazione delle varie Filiere produttive in seguito all’impiego degli ingredienti di largo utilizzo (Sudan I nel peperoncino). I dati del Piemonte aggiornati al 27 ottobre 2003 confermano l’elevata diffusione del colorante vietato sia nella materia prima che nei derivati; su 313 campioni, 99 sono risultati positivi al Sudan I come si evince dalla tabella seguente:

GRUPPO DI ALIMENTI CAMPIONI POSITIVI

Formaggi 13%

Paste alimentari 22%

Salse con peperoncino 13%

Salumi 19%

Spezie, aromi e derivati 33%

DATI ANALISI ISS CNQARA (Reparto additivi, coloranti aromi e qualità degli alimenti) Nel periodo 2003-2004 sono stati analizzati 231 campioni di cui 229 campioni sono risultati positivi come si evince dalla seguente tabella:

tot. Campioni positivi

Peperoncino in polvere

formaggi salsicce Sughi e salse Pasta e snack olio

229 81 6 91 37 12 2

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ESITO DEL MONITORAGGIO Risultati del primo trimestre 2004

Tot. Campioni analizzati

regolari irregolari regolari irregolari

329 237 92 72% 28%

Risultati del secondo semestre 2004

Tot. Campioni analizzati

regolari irregolari regolari irregolari

370 283 87 76% 24%

Tra i meccanismi da mettere in atto per difendersi da ogni tipo di contaminazione sia volontaria che involontaria particolare importanza ( tale da costituire l’impianto di una serie di norme) riveste la rintracciabilità.

Tracciabilità e Rintracciabilità Reg. CE 178/2002/art.18

Tracciabilità Rintracciabilità Nel caso delle spezie tenuto conto che le stesso sono fondamentalmente di produzione primaria è essenziale che i produttori ed importatori garantiscano i controlli già dal campo e dall’albero sulla base dei loro capitolati e per il rispetto delle norme sanitarie. Sulla base di tutto questo è evidente che gli utilizzatori finali dovrebbero approvvigionarsi dell’ingrediente spezia dai fornitori che garantiscono documentalmente il percorso della tracciabilità oltreché naturalmente tutta la serie di controlli analitici previsti dalle norme vigenti. I risultati più immediati e tangibili dal processo di tracciabilità si possno riassumere in:

- Sicurezza dei prodotti alimentari - Rintracciabilità del prodotto per la conoscenza delle origini e dei procedimenti di produzione e conservazione - Qualificazione del prodotto stesso - Benefici aziendali per la razionalizzazione dei processi produttivi e la gestione dei dati produttivi per il

supporto decisionale.

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GAZZETTA UFFICIALE DELL’UNIONE EUROPEA L 548 1° MARZO 2008 Regolamento CE n° 149/2008 della Commissione del 29 gennaio 2008 che modifica il Reg. CE n° 396/2005 del parlamento Europeo e del Consiglio e definisce gli allegati II, II e IV che fissano i livelli massimi di residui per i prodotti compresi nell’allegato I del suddetto Regolamento.

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LE SPEZIE DONI PER IL CORPO E PER LA MENTE

Prof. Marco Zanasi Neurologo Psichiatra Docente di Psicoterapia Università di Tor Vergata, Roma Accademico della Cucina Italiana

Le Spezie sono presenti nella storia dell’uomo, come elementi che si prestano a mille usi, da alimentare, a stimolante, a profumo, già molti secoli prima di Cristo, gli uomini conoscevano le spezie e ne facevano largo uso nel condimento dei cibi e nella preparazione di unguenti profumati. Esse tuttavia non erano destinate solo ad usi profani: la vita religiosa di quei tempi comprendeva infatti forme di culto in cui le spezie avevano una parte importante. Nei templi, in onore alle divinità venivano fatti sacrifici in cui le vittime bruciavano su roghi profumati, così pure le statue e le cose sacre venivano cosparse di sostanze odorose. Anticamente erano considerate portafortuna, ornavano le case ai tempi dei romani e nel Medio Evo costituivano moneta di scambio e simbolo di ricchezza. Per il possesso delle Spezie si sono battuti regni e governi, da Marco Polo a Cristoforo Colombo, la storia è ricca di scoperte, oltre che di luoghi, di Spezie. Oggi le Spezie sono alla portata di tutti, ma un secolo fa un pugno di Cardamomo era l’equivalente del guadagno annuo di un operaio, gli schiavi erano venduti per un sacchetto di grani di Pepe, una libbra di zenzero valeva quanto una capra. Perché questa straordinaria importanza delle spezie? Mentre la cucina odierna tende a distinguere analiticamente i sapori nelle loro articolazioni principali (agro, dolce, salato, amaro, piccante …) assegnando loro un ruolo ed un ordine preciso e rispettando il più possibile il naturale sapore di ciascun alimento, tenendo in qualche misura distinto ciascun ingrediente principale, ben differenti erano invece i modelli della cucina antica, nella quale riscontriamo una notevole continuità dalla cucina romana alla gastronomia rinascimentale. Il modello gastronomico imperante era basato soprattutto sull'idea di "artificio" e di mescolanza dei sapori. Secondo la scienza medica del tempo era sano ed equilibrato il cibo che contenesse in sé tutte le qualità nutrizionali ed in cui tutti i sapori fossero presenti; compito del cuoco era quello di combinare e modificare il gusto naturale dei cibi in qualcosa di inedito, diverso, "artificiale", che doveva stupire il commensale. Questo risultato si otteneva con la mescolanza dei sapori, con l'uso di coloranti, con sapienti metodi di cottura, e soprattutto con il frequente e massiccio ricorso a salse e spezie. La cucina romana di età imperiale era caratterizzata soprattutto dal gusto agrodolce e da una spiccata predilezione per i cibi piccanti; costante era l'utilizzo di aceto e miele, di salse agre o piccanti ottenute con l'uso di erbe, bacche, radici e, già a partire dal primo secolo d.C., del pepe, importato dal vicino Oriente e che ottenne subito un travolgente successo. Nell'alto Medioevo l'incontro con la cultura alimentare araba contribuì al delinearsi di un gusto nuovo, seppure saldamente ancorato ai caratteri di fondo della cucina romana. Con gli arabi giunsero in Europa, oltre a due prodotti chiave per la trasformazione del gusto: gli agrumi e lo zucchero di canna, che, progressivamente, sostituirono l'aceto ed il miele rendendo più morbido il contrasto agro-dolce, soprattutto le spezie. Solo intorno all'anno Mille i mercanti italiani apriranno varchi e scali di approdo in quella direzione, soppiantando i mercanti arabi ed orientali nella fornitura di spezie. L'apporto della cucina araba all'uso delle spezie nella cucina europea è oggi assai controverso; in ogni caso, durante l'alto Medioevo il gusto delle spezie assunse caratteristiche sempre più diversificate rispetto alla cucina romana. La scienza medica medievale attribuiva alle spezie un ruolo importante nel processo di digestione: si riteneva infatti che il "calore" generato dalle spezie aiutasse la "cottura" dei cibi nello stomaco favorendone una più rapida e efficace assimilazione. Questa opinione, che trova pochi riscontri scientifici nella dietologia moderna, è ancora assai diffusa, si pensi al valore digestivo che viene attribuito al peperoncino… È credenza diffusa che le spezie fossero usate per nascondere l’odore e il sapore degli alimenti che, a causa delle scarse tecnologie di conservazione alimentare, stavano andando a male. Si tratta di una credenza erronea, in quanto una cultura che avesse mascherato i segni del deterioramento e si fosse nutrita di cibi avariati, non sarebbe certo sopravvissuta. È accertato, invece, che le spezie hanno una potente azione antimicrobica e quindi hanno una funzione conservante, ma non è questo l’aspetto che mi preme approfondire in questa sede. Io ritengo che la straordinaria importanza delle spezie nel corso della storia, sia legata soprattutto agli aspetti di natura psichica che ora andremo a trattare. Come dicevamo, quel mondo gastronomico basava sulle spezie la sua ragion d’essere:le spezie giocavano un ruolo importante nell'immaginario collettivo, circonfuse com'erano dal magico alone dell'Oriente; si suggeriva addirittura che crescessero sugli alberi del Paradiso terrestre, richiamando così l'idea della felicità dell'Eden…le spezie, con i loro colori, sapori, estraneità culturale, andavano a colpire soprattutto gli aspetti simbolici della cultura

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gastronomica,rappresentando non solo un condimento culinario, ma un vero e proprio condimento psichico. Questi richiami al valore psichico delle spezie richiedono un approfondimento. L’alimentazione, infatti è ‘intrisa’ di caratteri psicologici: ogni volta che compiamo un atto legato all'alimentazione, dalla scelta dei cibi e delle bevande, alla preparazione e al consumo, dietro queste attività apparentemente automatiche, è in gioco una complessa, e in larghissima parte inconscia, rete di processi psicologici che determinano le nostre scelte e le nostre risposte, facendoci entrare in una dimensione rituale Ciò che rende il cibo non un semplice oggetto di consumo, ma protagonista del nostro mondo interno, è la sua essenza simbolica, e qui occorre fare una digressione sul significato del simbolo. Noi siamo diversi dagli animali, non per la maggiore intelligenza o per l’abilità tecnica, ma perché noi siamo animali simbolici. Le nostre menti sono popolate di oggetti immateriali, i simboli appunto, che però sono altrettanto se non più reali degli oggetti del mondo fisico. Pensiamo, per esempio, ai numeri, questi sono simboli, non esistono nel mondo fisico, eppure la straordinaria potenza della matematica, che è alla base della nostra scienza e della nostra tecnologia è una riprova della loro presa e azione sul mondo. Noi esseri umani, non siamo confinati al mondo reale, delle cose concrete, ma manipoliamo nelle nostre teste degli ‘oggetti’ mentali, i simboli, a cui attribuiamo significati sempre diversi, ed è per questo che possiamo parlare e progettare. Per un cane un osso è un osso, per un uomo è una mazza, un bastone, uno scettro di comando, un’unità di misura, un messaggio, un’immagine del divino (pensiamo alle reliquie). È stata ad esempio la possibilità di rappresentarsi nella mente una cosa ancora non esistente, che ha permesso all’uomo primitivo di trasformare un semplice osso in un oggetto nuovo, raffinato e letale come una punta di freccia, e per fare ciò devo rappresentarmi nella mente il simbolo della punta di freccia per poter procedere all’operazione, gli animali non lo sanno fare, alcuni usano strumenti, ma non li creano, noi possiamo farlo. E da lì è iniziato il cammino del meraviglioso processo di sviluppo che ci ha portati al mondo odierno. Questo è il mondo simbolico, le cose oltre al significato concreto, indicale, confinato al qui e ora, come nel mondo degli animali, ne hanno altri, nuovi, multipli, che si stratificano, spesso senza che noi ce ne rendiamo conto, ‘costruendo’ letteralmente un mondo interno fatto di concetti astratti; noi viviamo immersi in un mondo simbolico in cui ogni oggetto, ogni pensiero, ogni fantasia, rimandano ad altri concetti, altre fantasie, altri mondi, da qui nascono l’arte, la poesia, il linguaggio, la scienza, la cucina, intesa come arte sopraffina della preparazione del cibo. Noi, letteralmente, abitiamo universi simbolici e li “arrediamo” con le costruzioni della nostra mente, in analogia a come arrediamo le nostre case e le nostre città. Gli animali non arredano, il Neanderthal non arredava, (il passaggio dal Neanderthal all’homo sapiens, noi, sta proprio nella comparsa del pensiero simbolico per arredare è necessario abitare un universo sopranaturale, simbolico. Tutto questo cosa ci dice? Che le spezie sono un particolare tipo di alimento, un alimento che attinge ad un livello diverso da quello delle cose materiali. Spesso le spezie vengono annoverato tra gli alimenti nervini. L'aggettivo "nervini" vuole sottolineare le proprietà toniche di questi alimenti, capaci di agire soprattutto a livello centrale migliorando l'efficienza fisica e psichica e rilasciando allo stesso tempo i freni inibitori. Io proporrei per le spezie, un’altra categoria alimentare, quella degli alimenti psicologici. Cos’è un alimento psicologico? Un alimento che nutre la componente più importante di noi esseri umani, la nostra mente. La nostra mente si nutre di cose che, pur senza essere materiali, hanno un peso e un’importanza maggiore delle cose del mondo naturale, quelle che si toccano, hanno un peso, ecc. queste sono immateriali, ma molto più importanti, e sono i simboli,. Così come l’universo fisico richiede la nutrizione per poter continuare a funzionare, l’universo simbolico, mentale richiede i suoi peculiari alimenti, gli alimenti psichici. Poiché percepiamo il mondo attraverso i 5 sensi, l’arredamento del nostro mondo interiore rimanda ai canali sensoriali di ricezione del mondo. L’arte è il principale risultato di questo processo. L’uomo è riuscito a trasformare in opere d’arte le normali interazioni dei nostri organismi con l’ambiente. Laddove il mondo degli animali è il semplice mondo degli stimoli naturali, odori, sapori, rumori, non mediati, il nostro mondo ha un livello sovrapposto, sublimato, trasformato dalla azione dell’uomo. Un quadro di Raffaello per un cane non ha nulla di diverso da una tela macchiata, una sinfonia per un gatto è solo rumore, per noi è l’espressione di qualcosa che va al di là di una semplice esperienza sensoriale, fisica, ma perviene ad un mondo sovraordinato, quello simbolico, appunto. Vorrei qui introdurre un neologismo che è quello di gastronomia psichica, L’arte è la nostra gastronomia psichica, è il menù delle nostre menti. Noi ci nutriamo di relazioni, di bellezze, di arte, e il vino trova il suo giusto posto in questa collezione.

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La capacità delle spezie di attivare e soddisfare le necessità della sfera emozionale dell’uomo è strettamente legata al loro potere di stimolare i sensi: colore, (si pensi allo zafferano), sapore, persistenza, ma in primo luogo odore e aroma. Le emozioni sono legate alle nostre percezioni sensoriali e ciò è particolarmente vero per il più misterioso dei nostri sensi: l’olfatto. Le spezie sono, per l’olfatto e il gusto (che dovremmo abituarci a considerare come un senso doppio ed integrato), ciò che la pittura è per l’occhio e la musica per l’udito. L’alimentazione non è il semplice nutrirsi, questo lo fanno gli animali, noi esseri umani abbiamo fatto del mangiare, e del bere, un’arte. . E qui è utile fare una breve riflessione sul senso gusto/olfatto (abituiamoci a considerarli in doppio, in quanto ciò che noi definiamo sapore, gusto è il frutto della stimolazione combinata dei recettori del gusto propriamente detti, che però hanno la capacità di discriminare solo quattro sapori, dolce, amaro, acido, salato, e, soprattutto all’olfatto. Contrariamente alla vista, che è da sempre il senso primario, l’olfatto è stato lungamente considerato il senso meno indispensabile e relegato all’ultimo posto nella gerarchia dei sensi poiché ‘come senso della lussuria, del desiderio e dell’istinto porta il marchio dell’animalità’ (Platone). Noi, infatti siamo animali essenzialmente visivi, questo è probabilmente è legata alla nostra eredità arboricola: noi uomini discendiamo, infatti, da antenati che trascorrevano la loro vita sugli alberi e si cibavano prevalentemente di frutta (stile di vita di molte scimmie odierne). Vivere tra le foglie degli alberi vuol dire essere immersi in un ambiente monocromatico, verde; è necessario quindi sviluppare una buona capacità di distinguere i colori per poter vedere i frutti tra le foglie e seguirne la maturazione (i frutti maturi sono di solito ben colorati), inoltre, vivere sospesi a molti metri da terra, richiede la capacità di valutare e calcolare esattamente le distanze tra un ramo e l'altro, pena la caduta al suolo. Anche successivamente le capacità di sopravvivenza, quando gli antenati dell'uomo scesero dagli alberi e si avventurarono nella savana, furono soprattutto affidate alla vista, pensiamo a quanto era importante disporre di una visione binoculare che consentiva di abbracciare un grande campo visivo e poter avvistare da lontano eventuali animali predatori. Tutto ciò ha fatto sì che noi sviluppassimo un orientamento prevalentemente visivo (gran parte della nostra esperienza del mondo si affida soprattutto alla vista) e questo è confermato dalla raffinatezza della nostra vista e dall’ampiezza delle parti del cervello dedicate alla visione. L'altra modalità sensoriale dominante dell’uomo è quella uditiva anche qui naturalmente si riflette la nostra peculiare organizzazione anatomofunzionale; il linguaggio è un carattere unico e specifico dell’uomo che lo differenzia dal resto del mondo animale. Il possesso di un linguaggio articolato ha dato all’uomo un codice semantico enormemente più ricco, flessibile e complesso di quello che hanno gli animali e un mezzo per trasferire agli altri pensieri ed esperienze. Gli altri sensi sono certamente meno rappresentati; noi siamo animali cosiddetti microsmatici (da micron=piccolo e osmé=olfatto), in contrapposizione agli animali macrosmatici, quali ad esempio il cane, il gatto e molti predatori, che hanno sviluppato enormemente la parte del cervello che governa l'olfatto e “vedono” letteralmente il mondo attraverso gli odori. Un cane vive totalmente immerso in un mondo di odori e “vede” mappe odorifere così come noi vediamo colori e forme (si pensi che la mucosa recettoriale nasale nell’uomo - attraverso vari ripiegamenti - è di appena 1 centimetro quadrato contro il metro e mezzo quadrato circa dei cani). Non c’è da stupirsi quindi se l’olfatto è stato considerato un senso “minore” di scarsa utilità, rispetto a vista ed udito, Riconoscere l’odore di un fungo velenoso o di un cibo avariato può essere importantissimo per la sopravvivenza, ma gusto e olfatto sono comunque poco idonei a canalizzare informazioni complesse come sa fare la vista, pensiamo per esempio alla enorme quantità di informazioni che traiamo dall’osservazione delle espressioni facciali (la nostra faccia è organizzata per segnalare numerosi indizi sulle nostre emozioni, sulle nostri intenzioni, ecc.) rispetto a quelle che ci fornisce l’odore di una data persona. Eppure, oggi questa concezione si sta ribaltando, una messe crescente di studi scientifici mostra che l’olfatto è un senso di estrema importanza. in particolare si stanno approfondendo gli studi tra emozioni ed olfatto.. L’olfatto è collegato al mondo emozionale per la sua stretta correlazione anatomofunzionale con il sistema limbico, questa è la ragione per la quale spesso odori gradevoli o sgradevoli possono scatenare emozioni, ricordi. L'industria dei profumi vive letteralmente da migliaia di anni sul fatto che un profumo più gradevole di un altro renda più attraenti. Sono di grandissimo interesse studi recenti che mostrano come l’anosmia sia spesso il primo segno di esordi di malattie degenerative gravi quali il morbo di Parkinson e il Morbo di Alzeheimer. L’espansione delle conoscenze nel campo delle basi molecolari e fisiologiche dell’olfatto ha infatti meritato il Premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 2004, di cui sono stati insigniti i ricercatori R. Axel e L. Buck. I segnali olfattivi sono in contatto con il sistema limbico, la zona del cervello legata al senso di rilassamento e alla capacità di relazionarsi emotivamente con gli altri. Oggi l’importanza dell’olfatto, quindi, è stata ben rivalutata in tutta la sua ‘potenza’, basta pensare alle cifre d’affari dell’industria cosmetica e al largo impiego di aromi in campo alimentare. L’espansione delle conoscenze nel campo delle basi molecolari e fisiologiche dell’olfatto ha infatti meritato il Premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 2004, di cui sono stati insigniti i ricercatori R. Axel e L. Buck. Nel 1991

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essi identificarono e descrissero una vasta famiglia di geni (circa 1000) implicati nel controllo dei recettori dell’olfatto, il più enigmatico dei nostri sensi, gettando così le basi per la comprensione dei meccanismi fisiologici della percezione degli odori. Gli odori sono molecole che essendo volatili riescono attraverso l’aria a raggiungere e stimolare i nostri recettori olfattivi. Alcune centinaia di queste molecole volatili sono naturalmente presenti nellespezie. Esse appartengono a diverse classi chimiche e sono responsabili delle sensazioni olfattive che le spezie genera. Le concentrazioni dei composti volatili possono variare da frazioni di ng/L fino a diversi mg/L. La conseguenza di tale variabilità di natura chimica e di concentrazione si traduce in un contributo sensoriale molto diverso sia per la qualità che per l’intensità odorosa. Le soglie olfattive di tali composti possono infatti differire notevolmente, pertanto alcuni composti presenti in tracce possono svolgere un ruolo chiave nell’espressione dell’aroma di una specifica spezia, mentre altri, seppure più abbondanti, possono intervenire in misura minore. Il contributo di ogni molecola volatile all’aroma delle singole spezie dipende, inoltre, dalla sua struttura e quindi dalla sua natura chimica e proprietà chimico-fisiche. La complessità dell’aroma delle spezie e le difficoltà riscontrabili nel loro studio sono una conseguenza della grande variabilità molecolare descritta ma anche delle numerose trasformazioni biologiche, biochimiche e tecnologiche che intervengono nella loro genesi. Noi viviamo di emozioni e l’olfatto è il tramite e l’attivatore di questa parte delle nostre menti con le sue ricadute sul mondo delle relazioni. Tornando ora al mondo dell’alimentazione, capiamo bene come la preparazione e la consumazione del cibo, sono attività governate, intrise di simbolismi e di ritualità. Ad esempio, il mangiare, nelle sue varie fasi, appare legato, e in certo modo, determinato, da dinamiche aggressive, fantasie magiche di incorporazione-fusione, attribuzioni simboliche di valore legate a meccanismi di analogia e contiguità, ritualità magiche a tipo "simpatico" o "antipatico". Per esempio, la carne rossa suggerisce idee di forza, il latte, riporta ad un mondo infantile, Nel pensiero di certe culture antiche, mangiare una parte del nemico vinto, il cuore o il fegato, permetteva di fare proprie la forza e le energie del defunto, così quando beviamo del vino ci appropriamo delle virtù sottili dello spirito contenuto nella bevanda. Anche il linguaggio corrente, sia colloquiale confidenziale, che tecnico scientifico, fa largo uso di metafore derivate dall'alimentazione: " amiamo tanto una persona che la mangeremmo di baci, ingoiamo una sconfitta, ci nutriamo delle parole di un brillante oratore, beviamo alla fonte della conoscenza, mastichiamo amaro, etc.", il tutto conferma come il cibo sia un referente immaginale carico di senso, e in quanto tale capace di "dare senso " anche alle cose apparentemente non collegate al cibo. In questa chiave di lettura, le spezie, che appartengono alla classe dei cosiddetti “alimenti nervini”, (dotati cioè non tanto di qualità nutritive, ma piuttosto di caratteri stimolanti per il sistema nervoso) esprimono aspetti simbolici legati alla bellezza, alla raffinatezza, alla grazia. Non a caso sono state il motore propulsore dei commerci e dei viaggi per secoli. Se teniamo presente queste componenti psicologiche e simboliche dell’alimentazione possiamo capire perché per l’uomo mangiare non è semplicemente un mezzo per sopravvivere, un semplice nutrirsi, ma uno dei piaceri più raffinati che ci è dato di sperimentare. In questo contesto, le spezie sono, per l’olfatto e il gusto (che dovremmo abituarci a considerare come un senso doppio ed integrato, ciò che la pittura è per l’occhio, e la musica per l’orecchio, espressioni di un universo simbolico che attiva e nutre il nostro mondo emotivo. Noi esseri umani siamo governati, strutturati, intrisi di emozioni, il cibo per noi non è solo vile nutrimento, ma alimento, qualcosa che va ben al di là di una semplice accozzaglia di ingredienti. Le spezie sono la musica dell’olfatto, sono sonate e sinfonie che esaltano e strutturano il nostro assetto emozionale, procurandoci non solo godimento estetico, ma pienezza e modulazione dei sentimenti e delle emozioni. I grandi cuochi sono i Michelangelo e i Beethoven di questo mondo e le spezie ne rappresentano gli strumenti orchestrali che compongono quelle, che con una forse ardita, analogia, potremmo definire le sinfonie alimentari. Oggi le spezie sono alla portata di tutti e ognuno, nella sua personale orchestra, può comporre sinfonie Oggi il mondo è povero di riti, e quelli che sopravvivono sono simulacri che riguardano culture ridotte a poche centinaia di individui. La perdita della dimensione rituale è una perdita per l'umanità perché rende più difficile il contatto con i simboli che sono veri e propri trasformatori di energia libidica, e in quanto tali indispensabili al lavoro psichico. Le spezie, alimenti disincarnati, vero e proprio cibo iniziatico della mente, contribuiscono a rendere ancora vivo questo mondo.

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FOOD SAFETY E TRACCIABILITÀ NELLA SPICE INDUSTRY: CASE HISTORY

Dott.ssa Ingrid Fiordaliso Responsabile Qualità Totale Drogheria e Alimentari Spa

Il sistema di gestione del rischio messo in atto all’interno dell’azienda è volto ad assicurare la sicurezza alimentare (food safety) del prodotto finale, la conformità alle caratteristiche attese dal cliente (anche edonistiche), la tracciabilità completa delle produzioni effettuate. Per raggiungere tale obiettivo è stata eseguita l’analisi del rischio, partendo e valutando i rischi reali legati alla filiera nella sua interezza. Ciò che deve dimostrare e mettere in atto un azienda food è di conoscere le tipologie di rischio legate al prodotto maneggiato ed al suo processo, minimizzandone l’impatto e gestendolo con la massima due diligence: usando parole conosciute un azienda deve effettuare un’ ANALISI DEL RISCHIO. Quest’ultima deve essere effettuata sullo scenario aziendale reale e non applicando piani di autocontrollo generici e non disegnati sui flussi reali aziendali e di filiera. I 7 principi del Codex Alimentarius devono essere utilizzati per la definizione del piano di autocontrollo e del suo mantenimento. Principio 1 Codex: valutazione dei rischi associati alla produzione: Team Aziendale supportato dalla Direzione Principio 2 Codex: determinazione dei punti critici di controllo (CCP) relativi ai rischi individuati Principio 3 Codex: stabilire i limiti critici per ogni CCP Principio 4 Codex: stabilire un sistema di monitoraggio per ogni CCP Principio 5 Codex: stabilire un piano di azioni correttive Principio 6 Codex: stabilire procedure di verifica Principio 7 Codex: sistema di verifica del corretto funzionamento del piano allestito e delle sue registrazioni La determinazione dei punti critici di controllo o dei soli punti di controllo può essere definita utilizzando la formula:

R=PxG Dove sono identificati con R= il rischio associato a quella attività, flusso, ecc; con P= la probabilità che tale rischio avvenga, e con G= la gravità associata al pericolo/ rischio stesso. Per il Regolamento Europeo 178/2001 la definizione di Rischio è: funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute, conseguente alla presenza di un pericolo. La definizione del rischio può essere effettuata pertanto solo conoscendo bene la filiera del prodotto trattato, quella che viene definita di solito la filiera From farm to fork (dal campo alla tavola), in modo da mettere in atto delle procedure di controllo o di miglioramento veramente efficaci. Negli ultimi anni gravi allerte internazionali hanno attirato l’attenzione sui rischi della filiera delle spezie ed erbe, un esempio è riportato nel rapporto realizzato dalla Direzione Generale della Sicurezza degli Alimenti e della Nutrizione, basato sul sistema di allerta internazionale per l’anno 2010. “Complessivamente si sono avute 234 segnalazioni di irregolarità per erbe e spezie, in notevole aumento rispetto alle 128 del 2009, che hanno coinvolto diverse tipologie di rischio sanitario, con prevalenza di contaminazioni da micotossine (125, 120 per aflatossine e 5 per ocratossina “A”) seguite da contaminazioni microbiologiche (38, delle quali 27 per Salmonella), residui di pesticidi (38) e coloranti (17). L’origine dei prodotti è varia, ma il Paese col maggior numero di notifiche è l’India (122), seguita dalla Tailandia con 32 segnalazioni.” Questi dati evidenziano sia un maggior controllo sulle matrici erbe e spezie da parte delle autorità doganali sia un crescente aumento delle criticità e problematiche ad esse legate. I primi pilastri per una analisi del rischio volta ad identificare i punti critici della filiera sono: • Verifica della filiera delle coltivazioni • Verifica dei fornitori • Verifica della tracciabilità della totalità dei flussi Partendo da questi punti si possono identificare almeno 6 steps che sono spesso trascurati e/o non approfonditi adeguatamente, ai quali sono associati rischi reali del prodotto e per la salute stessa dei consumatori finali: 1. Rischi collegati alle coltivazioni: contaminazioni ambientali causate da utilizzo di acqua inquinata per l’irrigazione, trattamenti chimici non eseguiti a regola d’arte, crosscontamination fra i raccolti, contaminazione di trattamenti effettuati su raccolti attigui al raccolto di interesse.

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2. Rischi collegati ai trattamenti post raccolta eseguiti direttamente dai farmers: essicazione a cielo aperto senza adeguate protezioni per volatili (reti) o striscianti e roditori (luoghi rialzati dal terreno), utilizzo di strumenti non adeguati per la prima fase di ripulitura, riutilizzo di materiali da confezionamento non idonei (es:sacchi di mangime o diserbanti per la raccolta della materia prima). 3. Rischi legati al primo stoccaggio: ambienti con uso promiscuo o accessibili a volatili ed altri animali. 4. Rischi legati al trasporto dal farmers al luogo di raccolta della materia prima (mercati, trasformatori, ecc), spesso effettuati con mezzi non coperti (inquinamenti ambientali come escrementi di uccelli ed altro) 5. Rischi legati alla Processing Factory: linee non adeguate, sistema di pulizia non atto ad eliminare possibili cross-contamination, ambienti altamente polverosi, materie prime non identificate stoccate in magazzini aperti e non protetti dagli agenti ed inquinamenti esterni, pest control inesistente (zanzariere assenti, nessun sistema di trappolaggio per roditori o volatili, etc), utilizzo di materiali da confezionamento marchiati con inchiostro/vernici non controllati e non permessi. 6. Rischi legati alla fase di trasposto dalla Processing Factory alla Final Production Factory: fase di carico del container, container non pulito o promiscuo, ecc. Quali sono i tipi di rischio legati a questi primi steps spesso non presi in considerazione dagli operatori del mondo delle spezie? Tutti: dal microbiologico, al fisico (corpi estranei), alla cross contamination, ecc.. CONCLUSIONI I rischi esistono e sono presenti in qualsiasi punto della filiera, con criticità diverse: dai farmers fino alla consegna del prodotto finito, passando anche dalle aziende produttrici ed importatrici. La conoscenza e gestione degli stessi è l’unica prevenzione. Quale sistema deve essere implementato per conoscere e gestire tali rischi? • STABILIRE UN PIANO DI VERIFICA DEI FORNITORI CHIAVE: La verifica dei fornitori deve essere effettuata in base all’analisi del rischio e pertanto delle criticità della materia prima stessa. Una conoscenza specifica del settore (anche dei macchinari utilizzati per la prima lavorazione delle materie prime) è fondamentale per la determinazione dei reali punti critici. • VERIFICARE LE FILIERE DAL CAMPO ALLA LAVORAZIONE PRIMARIA E SECONDARIA: Le matrici erbe e spezie in alcuni casi sono ancora coltivazioni spontanee, in altri legate ai nuclei familiari (es: Piper Nigrum) e non massive; pertanto i rischi correlati ad una tale ampia situazione agricola/culturale devono essere verificati attraverso visite su campo. La conoscenza delle basi delle GAP (Good Agricultural Practices) è sostanziale per una corretta valutazione e validazione della prima parte della filiera delle coltivazioni. • SVILUPPARE UN SISTEMA FOOD SAFETY ROBUSTO E VERIFICATO: La stesura di un sistema basato su un reale risk assessment è basilare per assicurare la conformità/sicurezza dei flussi, prodotti, coltivazioni; come è altrettanto necessaria la verifica ciclica e puntuale del sistema stesso e dell’analisi del rischio. La tipologia delle materie prime e tecnologie interessate è in continuo cambiamento, pertanto il sistema implementato per la gestione dei rischi ad essi collegati deve essere un sistema “vivo” e non rigido, capace di seguire e rispondere ai cambiamenti/criticità/nuovi pericoli legati allo sviluppo stesso del settore. • INSTAURARE UN SISTEMA DI CONTROLLO SUI PRODOTTI IN ARRIVO REALISTICO: Il Piano Analitico di controllo deve essere redatto correlandolo direttamente ai rischi emersi durante l’analisi della filiera; le determinazioni analitiche devono essere mirate ad una reale identificazione dei pericoli, e non determinazione generiche applicate indistintamente su tutte le materie prime. Il know-how specifico e la continua crescita dello stesso internamente alla propria struttura sia tramite audit eseguiti direttamente, o tramite la messa a punto di metodologie chimico-fisiche-microbiologiche adeguate a matrici difficili ed ancora poco conosciute come le spezie ed erbe, contribuiscono ad accrescere la conoscenza del settore ed a definire le reali necessità analitiche per la determinazione della conformità/salubrità/sicurezza del prodotto e dei flussi. • DEFINIRE DELLE PROCEDURE DI GESTIONE DEI RISCHI DERIVANTI DAL PROPRIO PROCESSO: Anche la manipolazione interna alle aziende Europee ed Internazionali deve essere considerata nell’analisi del rischio. Una corretta procedura di pulizia degli ambienti, macchinari, igiene personale, sistema pest control, ecc contribuisce a tenere sotto controllo la parte finale della filiera. • COSTRUIRE CON I FORNITORI UNA PARTNERSHIP CHE PERMETTA LA CRESCITA DI ENTRAMBE LE PARTI: Gli audit devono diventare DA AUDIT DI VERIFICA A AUDIT DI MIGLIORAMENTO E SVILUPPO. Solo in questo modo la crescita del fornitore può divenire parte attiva nella gestione dei rischi legati alla filiera.

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Queste semplici conclusioni valgono per qualsiasi filiera alimentare, ma in particolar modo per la filiera delle erbe e spezie, ancora poco conosciuta, variegata e legata ad un concetto “misterioso” di materia prima. Si tratta di punti e spunti fondamentali per la redazione di una efficace ed efficiente analisi del rischio e gestione dello stesso.

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I REATI ALIMENTARI: CASI PRATICI

Avv. Gabriella Baldi I reati alimentari previsti nel Codice Penale sono di natura dolosa, volontaria, richiedono la volontà della condotta e dell’evento, quando previsto. Sono reati di pericolo in cui il bene tutelato è l’incolumità pubblica o la correttezza del commercio e dell’industria. L’accertamento del pericolo deve essere effettuato in concreto, cosa che avviene per il tramite dell’effettuazione di analisi di laboratorio. Fra i reati contro l’incolumità pubblica abbiamo il reato previsto dall’art. 440 c.p. che punisce con la reclusione da tre a dieci anni l’adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, l’art. 442 c.p. che punisce con la stessa pena chi detiene per il commercio, pone in commercio, ovvero distribuisce sostanze adulterate o contraffatte da altri, l’art. 444 c.p. che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 51 chi detiene per il commercio, pone in commercio, ovvero distribuisce per il consumo sostanze destinate all’alimentazione, non contraffatte né adulterate, ma pericolose alla salute pubblica. Pena accessoria molto importante prevista dall’art. 448 c.p., è la pubblicazione della sentenza di condanna. Altra importante pena accessoria (questa prevista per i reati di cui all’art. 440 e 442), è la interdizione da 5 a 10 anni dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese. Oltre a questi reati, sono previsti nel codice penale, quelli contro l’industria e il commercio e sono l’art. 515 c.p. che punisce con la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a euro 103 chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita. Alcuni casi classici di frode in commercio sono:

- Vendita del formaggio Emmenthal bavarese al posto del concordato Emmenthal svizzero; - Vendita di formaggio “tipo” Fontina al posti della Fontina valdostana; - Vendita di bevande contenenti saccarina invece di zucchero; - Vendita di prodotto congelato al posto di quello fresco.

Su quest’ultimo caso si è formata numerosa giurisprudenza, essendo reato abbastanza frequente nei pubblici esercizi di ristorazione e, soprattutto, perché il tentativo è stato ravvisato in numerosi casi: infatti, per la giurisprudenza, integra il tentativo di frode alimentare la detenzione di alimenti congelati o surgelati all’interno di un esercizio commerciale senza che nella lista delle vivande sia indicata tale qualità (Cass. n. 23099 del 13.4.2007). Vi è poi l’art. 516 c.p. che punisce con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 1.032 chi pone in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine. Sono casi ravvisati in giurisprudenza:

- Vendita di carne fresca di puro suino quando in realtà l’alimento conteneva anche carne bovina (Cass. 38671/04);

- Vendita di grana padano preparato con latte termizzato – procedura non consentita per detto prodotto (Cass. 23276/04);

- Vendita di prodotti scaduti di validità a condizione che il superamento della data di scadenza abbia comportato la perdita di genuinità del prodotto (Cass. Sez. Unite 28 del 25.10.2000);

- Vendita come olio d’oliva composto con miscele di oli diversi (Cass. n. 7318/00), di vino annacquato o caffè contenente surrogati.

Ma è con la L. 283/62 che entra in vigore, per la prima volta, una specifica normativa in tema di alimenti e bevande. Si tratta di una vera e propria rivoluzione in cui il bene tutelato è la salute del consumatore e per la consumazione dei reati non è più necessaria né la volontarietà, essendo sufficiente la colpa, né tantomeno la dimostrazione della pericolosità concreta per la salute pubblica. L’art. 5 della L. 283/1962, invece, nell’ottica di tutela di un pericolo astratto alla salute del consumatore, e non già concreto, introduce una serie di reati, di natura contravvenzionale, che spaziano in tutti i settori dell’igiene e della sicurezza alimentare tra cui spicca quello previsto alla lett. b) cioè la vendita o somministrazione di alimenti in cattivo stato di conservazione: questa previsione normativa, le cui ipotesi concrete sono le più numerose, rappresenta la tutela anticipata del consumatore, non ci sono analisi da fare, basta la mera apparenza per far scattare il reato, ed è su questa previsione normativa che si è sviluppato il nuovo sistema alimentare dell’autocontrollo all’audit. Il nuovo sistema alimentare che si basa su due principi: a) PREVENZIONE; b) CENTRALITA’ DEL CONSUMATORE E DELLA SUA SALUTE. Vengono previste distinte fattispecie che sanzionano ad ampio spettro ogni possibile condotta illecita che attenga alla:

1) Genuinità; 2) Conservazione;

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3) Insudiciamento; 4) Illecito trattamento di sostanze alimentari.

In realtà, con la depenalizzazione, operata dal D.lgs. n. 507/1999, il settore alimentare è stato “sfoltito” di molti reati, ma inasprito dal punto di vista sanzionatorio amministrativo e aumentati i poteri sia preventivi che repressivi dell’autorità sanitaria (si pensi alla possibilità di imporre misure gravissime, quali anche la chiusura dello stabilimento). Tra i casi più comunemente riscontrati per la violazione dell’art. 5 L. 283/1962 sono quelli previsti dalla lett. b) secondo la quale è vietato impiegare, vendere, detenere per vendere, somministrare o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione. Mentre tutti i casi previsti dall’art. 5 hanno attinenza con l’alimento in sé in quanto non genuino, invaso da parassiti, insudiciato o comunque contaminati da additivi chimici o fitofarmaci, il caso previsto dalla lett. b) dell’art. 5 è quello che attiene all’habitat della sostanza alimentare, all’ambiente nel quale l’alimento viene detenuto o comunque conservato. Non importa se la sostanza sia o meno contaminata, ad integrare il reato basta la sua cattiva conservazione che si manifesta soprattutto: nel mancato rispetto delle temperature prescritte normativamente; nelle oggettive situazioni di sporcizia o carenza di igiene come nel caso di locali sporchi, frigoriferi sporchi, cantine umide o malsane, recipienti sporchi o arrugginiti; nell’esposizione delle sostanze ad agenti atmosferici tali da comprometterne la genuinità o le caratteristiche organolettiche, quali ad esempio, l’esposizione ai raggi solari. Vi è stato il caso di detenzione di acque minerali e bibite esposte all’aperto all’aria e agli agenti atmosferici (Cass. n. 28355 del 4.7.2006); Nell’utilizzo di apparati refrigeranti non idonei quali ad esempio i frigoriferi “a pozzetto”; nel trasporto in condizioni non adeguate. Non è compreso il caso degli alimenti scaduti per i quali scatta il reato solo in caso in cui la scadenza abbia compromesso il prodotto. La lett. d) dell’art. 5 è fra quelli che presenta numerosi casi in giurisprudenza perché prevede la detenzione per la vendita di sostanze alimentari insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o, comunque, nocive ovvero sottoposte a lavorazioni o a trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione. Parassiti sono stati individuati nella salmonella con casi di carne contaminata, mentre per quanto concerne le alterazioni, queste non necessitano dell’opera dell’uomo e quindi sono state ravvisate, ad esempio, nelle muffe, batteri e funghi. Importante, per quanto riguarda la prevenzione è il piano di autocontrollo che, comunque, non è stato ritenuto sufficiente dalla giurisprudenza per l’assoluzione dell’imputato. “In tema di vendita di sostanze alimentari all'interno di un ipermercato, destinatario delle disposizioni impartite dal piano di autocontrollo relative alle attività di controllo e vigilanza preliminari alla messa in vendita del prodotto è il responsabile del relativo reparto, soggetto su cui grava anche l'obbligo di sorvegliare i sottoposti circa l'osservanza delle disposizioni medesime”. (Fattispecie di vendita di testine di agnello invase da parassiti all'interno di un reparto macelleria, il cui responsabile è stato individuato nel soggetto preposto al predetto reparto). (Annulla con rinvio, Trib. Chieti, 15 Ottobre 2007) L’art. 6, infine, stabilisce le pene principali (ammenda da Euro 309 a Euro 30.987 per la violazione di tutte le disposizioni dell’art. 5, tranne quelle della lettere d e h per le quali l’ammenda è da Euro 2.582 a Euro 46.481), e quelle accessorie prevedendo che in caso di condanna per frode tossica non si fa luogo alla sospensione condizionale della pena, con la conseguenza che si può giungere fino alla detenzione. Non sono, infine, da sottovalutare, le sanzioni amministrative relative ai reati alimentari. Nel diritto penale italiano vale il principio romano “societas delinquere non potest”, ma questo principio è stato ormai vulnerato dal D.Lgs. 231/01che ha introdotto a carico degli enti una responsabilità amministrativa, parapenale nel caso di condanna per determinati reati a carico del legale rappresentante. Accanto a reati quali l’associazione per delinquere, la falsificazione di monete e il riciclaggio, l’omicidio colposo o le lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi con violazione della normativa antinfortunistica, il nuovo art. 25 bis 1, introdotto con la L. 99 del 23.7.2009, ha sancito la responsabilità amministrativa, ovvero pecuniaria dell’ente, in caso di reati contro l’industria e il commercio, fra i quali anche quelli di frode alimentare da parte dei responsabili della società. La sanzione è fino a 500 quote laddove ogni quota varia da Euro 258,23 ( in origine lire 500.000) a Euro 1549,37 (tre milioni di lire in origine). Ma, in materia alimentare, la legge 231/01 non è l’unica a prevedere sanzioni amministrative a carico della società. Infatti già il D.Lgs. 507/99 che ha operato la depenalizzazione in materia ha grandemente inasprito le sanzioni amministrative. E infatti contestualmente alla depenalizzazione tale normativa ha introdotto sanzioni molto incisive sempre partendo dalle condotte di reato individuali prevedendo in particolare la chiusura dello stabilimento e la revoca della licenza sia da parte dell’autorità amministrativa in via preventiva che del giudice penale in caso di condanna sia per i reati previsti dal codice penale che per quelli previsti dalla legge speciale 283 del 1962 se il fatto è particolarmente grave e vi è stato pericolo per la salute pubblica.

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MODELLO DI RISK ASSESSMENT AND MANAGEMENT DELLE FILIERE DI APPROVVIGIONAMENTO SPEZIE

Dott.ssa Silvia Casali Purchasing Manager – Raw Material in Barilla G.e R. Fratelli SpA Scopo: Il Modello di Risk Assessment and Management Barilla consente l’individuazione e la valutazione di ogni possibile rischio presente lungo le filiere di approvvigionamento delle spezie, definendone, inoltre, le misure di prevenzione e di controllo, al fine di garantire l’approvvigionamento di spezie sicure. E si basa sui principi dell’HACCP.

Filiera Indiana del peperoncino

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FASE DELLA FILIERA A RISCHIO: COLTIVAZIONE E RACCOLTA

Pericolo significativo: residui fitosanitari

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Utilizzo in campo di fitosanitari non permessi

• Possibile cross- contamination da colture adiacenti e trattamenti antimalarici

• Selezione dei coltivatori con stipula di contratti a lungo termine

• Utilizzo di metodi colturali simili alla lotta integrata e/o utilizzo di trattamenti naturali

• Riconoscimento di un premium di prezzo per la riduzione di impiego di fitosanitari

• Controllo analitico in accettazione (prima trasformazione-vedi fase accettazione)

Sistema agronomico di uno dei sub – suppliers visitati

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Fase a rischio: Coltivazione e Raccolta

Quaderno di campagna che gli agricoltori del sub-supplier devono tenere

Lista delle sostanze che gli agricoltori del sub – supplier non possono utilizzare

Posatoio per uccelli: lotta biologica contro i lepidotteri

Lotta biologica contro

insetti: mediante trappole a

feromoni

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FASE DELLA FILIERA A RISCHIO: COLTIVAZIONE E RACCOLTA

Pericolo significativo: Radioattività

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Rischio potenziale in quelle aree in cui sono presenti centrali nucleari e/o si sono verificati incidenti nucleari

• Mappatura delle potenziali aree a rischio

• Monitoraggio notizie eventuali incidenti atomici

• Acquisto da aree potenzialmente a rischio solo previa controllo analitico preventivo

• Analisi di monitoraggio in accettazione del lotto Barilla

FASE DELLA FILIERA A RISCIO: COLTIVAZIONE E RACCOLTA

Pericolo significativo: Batteri Patogeni

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Possibile contaminazione microbica legata all'utilizzo di trattamenti naturali

• GMP (Good Manifacture Practices) Sub – fornitore

• Audit dei sub-fornitori da parte di Barilla

• Analisi di monitoraggio in accettazione del lotto Barilla

FASE DELLA FILIERA A RISCIO: COLTIVAZIONE E RACCOLTA

Pericolo significativo: OGM non autorizzati (cotone)

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Possibile cross contamination da campi adiacenti, prevalentemente di cotone

• Raccolta manuale • Buone pratiche di

coltivazione / Raccolta

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FASE DELLA FILIERA A RISCHIO: ESSICAZIONE All’APERTO (Hu res 11%)

Pericolo significativo: Aflatossine OTA

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Possibile formazione, anche in campo dovuta alla combinazione favorevole umidità-temperatura

• Movimentazione manuale della massa in fase di essiccazione per evitare la formazione di sacche di umidità

• Cernita Manuale durante la fase di depicciolatura

• Controllo analitico in accettazione dei sacchi da parte del sub - fornitore

FASE DELLA FILIERA A RISCHIO: ESSICAZIONE All’APERTO (Hu res 12%)

Pericolo significativo: Uccelli roditori insetti e corpi estranei in genere

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Possibile contaminazione, essendo il prodotto stoccato all'aperto per alcuni giorni

• Cernita manuale prima dell'insaccamento

• Filth - Test sul prodotto macinato, all’imbarco di ogni partita da parte del fornitore

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Fase a rischio: Essicazione all’Aperto (Hu res 12%)

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FASE DELLA FILIERA A RISCHIO: STOCCAGGIO REFRIGERATO E TRASPORTO ALLA TRASFORMAZIONE

Pericolo significativo: Residui Fitosanitari

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Possibili residui per utilizzo di fumiganti come antiparassitari

• Possibile utilizzo di bromuro di metile su partite predestinate agli USA ma erroneamente spedite in EU

• Omologazione dei sub-fornitori da parte di Barilla e del fornitore con focus sulla tracciabilità e sul mantenimento del registro trattamenti

• Analisi all'imbarco di ogni partita da parte del fornitore

Fase a rischio: stoccaggio refrigerato e trasporto alla trasformazione

Ogni sacco stoccato corrisponde ad un lotto in ingresso dal trasformatore

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FASE DELLA FILIERA A RISCHIO:TRASFORMAZIONE, ACCETTAZIONE MP E MACINAZIONE

Pericolo significativo : Residui di fitosanitari, aflatossine, OTA

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• I lotti (sacchi) di peperoncino possono risultare contaminati a causa di una tracciabilità non completa e quindi potrebbero provenire da agricoltori non fidelizzati/non conosciuti

• Audit dei sub-fornitori da parte di Barilla e del fornitore con focus sulla tracciabilità e sul mantenimento del registro trattamenti

• Analisi in accettazione di ogni lotto (sacco) da parte del trasformatore e Analisi di ogni partita all'imbarco da parte del fornitore

FASE DELLA FILIERA A RISCHIO:TRASFORMAZIONE, ACCETTAZIONE MP E MACINAZIONE

Pericolo significativo: patogeni, enterobatteri, muffe e lieviti

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• I lotti (sacchi) di peperoncino possono risultare contaminati in quanto i rischi microbiologici evidenziati nelle fasi precedenti potrebbero non risultare sufficientemente gestiti

• Sanificazione termica a vapore

• Analisi vincolante per l'accettazione del lotto con campionamento ufficiale

FASE DELLA FILIERA A RISCHIO:TRASFORMAZIONE, ACCETTAZIONE MP E MACINAZIONE

Pericolo significativo: corpi estranei e vetro

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Possibile contaminazione da corpi estranei dovuto a processo/impianti

• Audit di Barilla dei sub-fornitori

• Selezionatrice ottica • Metal detector • GMP del sub fornitore e

fornitore

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FASE DELLA FILIERA A RISCHIO:TRASFORMAZIONE, ACCETTAZIONE MP E MACINAZIONE

Pericolo significativo: coloranti non autorizzati

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• L'aggiunta dei coloranti non autorizzanti potrebbe avvenire a scopo fraudolento dopo la fase di macinazione

• Audit e fidelizzazione dei fornitori e dei subfornitori da parte di Barilla

• Specifica tecnica • Capitolato della qualità

della fornitura

• Analisi vincolante per l'accettazione del lotto con campionamento ufficiale

FASE DELLA FILIERA A RISCHIO:TRASFORMAZIONE E CONFEZIONAMENTO

Pericolo significativo: Ossido di etilene e propilene e Bromuro di Metile

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Possibilità che partite trattate destinate in USA vengano erroneamente inviate in EU

• Audit dei sub-fornitori da parte di Barilla e del fornitore con focus sulla tracciabilità e sul mantenimento del registro trattamenti

• Specifica tecnica

• Analisi vincolante per l'accettazione del lotto con campionamento ufficiale

FASE DELLA FILIERA A RISCHIO: TRASPORTO IN CONTAINER

Pericolo significativo: Residui di Fitosanitari

Perché a rischio: Misure Preventive Misure di controllo

• Possibile residui per utilizzo di fumiganti non autorizzati in UE come antiparassitari

• Omologazione e audit di sorveglianza dei fornitori da parte di Barilla, con focus sulla tracciabilità

• Specifica tecnica

• Analisi vincolante per l'accettazione del lotto con campionamento ufficiale

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GR

AV

ITA

RISCHIO

FILERA PEPERONCINO INDIANO Pericoli principali:

- Aflatossine durante la raccolta/essicamento e stoccaggio - Pesticidi durante la coltivazione - Coloranti non autorizzati prima del confezionamento

Azioni intraprese: - Selezione di una filiera (tracciabilità dal campo e sistema agronomico basato sul ridotto impiego di

fitosanitari). - Origine INDIA (elevata qualità, quantità) - Mantenimento di un sistema di controllo Barilla basato sulla verifica del 100% dei lotti acquistati,

tramite un campionamento ufficiale effettuato da un ente terzo certificato e con uno stock dedicato presso il fornitore

- Analisi vincolanti: Aflatossina B1 e Tot. OTA Residui di Fitosanitari Coloranti non autorizzati Ossido di etilene/propilene/Bromuro di Metile Batteri Patogeni, CMA, Muffe Cadmio e Piombo

TERMINI E DEFINIZIONI

- Fase a rischio: fase della filiera di approvvigionamento dove sono presenti uno o più pericoli. - Gravità: stima del danno che un pericolo può provocare. La gravità di un pericolo viene valutata su

tre livelli: molto alta (AA), alta (A), bassa (B).

HH Listeria Salmonella batteri patogeni OGM non autorizzati Vetro Corpi metallici Radioattività

OTA Aflatossine B1 e tot.

H Bacillus cereus E.Coli Corpi non metallici Ossido di etilene/propilene

Roditori Uccelli Insetti

Fitosanitari* Coloranti non autorizzati

L CMA Enterobatteri Metalli pesanti Oli minerali Nitrati

Lieviti e Muffe

1 2 3

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Molto Alta (AA) Quando il pericolo nella materia prima comporta il non rispetto di un limite di legge e trasferisce al corrispondente prodotto finito un non rispetto della legge e/o un potenziale danno sulla salute del consumatore

Alta (A) Quando il pericolo nella materia prima comporta il non rispetto di un limite di legge, ma non trasferisce al corrispondente prodotto finito un non rispetto della legge e/o un potenziale danno sulla salute del consumatore.

Bassa (B) Quando il pericolo è ancora in fase di valutazione oppure non comporta il non rispetto di un limite di legge e non si trasferisce al prodotto finito causando un potenziale danno alla salute del consumatore.

- Pericolo: un agente di natura biologica, chimica o fisica potenzialmente in grado di causare danni

alla salute del consumatore e/o comportare implicazioni aziendali (economici, legali e/o di immagine). I pericoli sono suddivisi in microbiologico, biologici, chimici e particellari.

- Rischio: stima della probabilità che un pericolo si manifesti, superando il limite critico, sulla materia

prima approvvigionata ( e riscontrato in modo oggettivo). Il rischio viene valutato su tre livelli: altro (3), medio (2), basso (1), in base ai seguenti requisiti.

Alto (3) Quando il pericolo si manifesta frequentemente (più di una volta all'anno) o periodicamente (almeno 1 volta tutti gli anni).

Medio (2) Quando il pericolo si manifesta sporadicamente (una volta ogni 2 o più anni).

Basso (1) Quando il pericolo non si è mai manifestato, ma non è escluso che possa manifestarsi.

- Significatività del pericolo: importanza relativa del pericolo, rappresentata dalla combinazione gravità-rischio.