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GIORNALE SICILIANO DI POLITICA, CULTURA, ECONOMIA, TURISMO, SPETTACOLO ANNO SECONDO Nº 8 • 14 ~ 27 APRILE 2007 • b 1,50 DIRETTORE RESPONSABILE SALVO BARBAGALLO In tutte le edicole e anche via internet www.lavocedellisola.it Informazioni: [email protected] Lettere: [email protected] Con il patrocinio Regione Siciliana Assessorato Turismo, Comunicazioni e Trasporti Dipartimento Turismo, Sport e Spettacolo La sinistra e la destra unite per cancellare lo Statuto autonomistico Vogliono affondare la Sicilia Ma perchè tanta fretta senatore Enzo Bianco? L’ex ministro invita l’Ars ad accelerare la “riforma” della Magna Charta scritta dai Padri Siciliani nel 1945 di SERURIER N elle scorse settimane, in occa- sione del congresso regionale siciliano della Margherita che ha visto l'elezione dell'onorevole Gal- vagno a segretario regionale, il presi- dente della Commissione Affari Costi- tuzionali del Senato, senatore Enzo Bianco, ha duramente stigmatizzato il ritardo dell'Assemblea Regionale Sici- liana nel sottoporre alle Camere “roma- ne” il nuovo progetto di Statuto Sicilia- no. Il senatore Bianco però ha forse dimenticato che una delle possibili cause di questo “ritardo”, che gli provo- ca così grande preoccupazione, è dovu- ta alla circostanza che alla Commissio- ne Affari Istituzionali dell'Ars giaccio- no due bozze di modifica di Statuto che in realtà sono una sola e, forse, questo riformismo bipartisan costringe la commissione a non sapere che fare. Infatti, vi è una proposta del centro- destra intitolata “Schema di progetto costituzionale da proporre ai sensi del- l'articolo 18 dello Statuto al Parlamento nazionale recante Modifiche allo Statu- to della Regione“ a firma dell'onorevo- le Salvo Fleres; mentre un'altra propo- sta (successiva di tre mesi) presentata dal centro-sinistra si annuncia come “Schema di progetto di legge costitu- zionale da proporre al Parlamento nazionale ai sensi dell'articolo 18 dello Statuto recante Modifiche dello Statuto della Regione siciliana“ che porta la firma dell'onorevole Speziale. Oltre alla tragicomica scelta dei titoli dei due disegni di legge (per non pre- sentarli identici hanno “spostato” il Par- lamento nazionale) se si va ad analizza- re il contenuto degli articolati si scopre che essi sono, praticamente, identici. A questo punto ci viene naturale pen- sare che il centro-sinistra abbia fatto il “copia ed incolla” della proposta del centro-destra e questo significa solo una cosa: che maggioranza ed opposi- zione sono, di fatto, allineate e coperte sul medesimo progetto e non si sono preoccupate nemmeno di darsi un mini- mo di differenza sulla loro “visione” istituzionale della nostra autonomia, forse per il semplice fatto che non ne hanno una e ciò che scrivono viene pedissequamente dettato da Roma. In questo senso proprio Roma, tramite il senatore Bianco, tira le orecchie ai biricchini di Palermo e li sollecita al proprio dovere: quello di ubbidire e mandare la bozza “maledetta” affinché i nemici della Sicilia possano fare pol- pette della nostra autonomia. Il senatore Bianco è ormai uno degli uomini in prima linea di questa batta- glia che lui definisce per il cambiamen- to e che noi definiamo del definitivo tradimento delle lotte autonomiste. Ma almeno per una cosa possiamo ringra- ziarlo: quella di avere, definitivamente, messo le carte in tavola. Il mistero è l’identità degli altri giocatori. Un obiettivo comune per un sodalizio apparentemente anomalo Strettamente avvinti come l’edera di SALVO BARBAGALLO C i sarebbe da pensare a un sodalizio nuovo, dell’ultima ora, se non si sapesse che il senatore Enzo Bianco e il deputato regiona- le Salvo Fleres all’epoca della Prima Repubblica militassero nello stesso partito, quello che aveva come emblema l’edera, cioè il PRI, ovvero il Par- tito Repubblicano Italiano. Cosa sta accomunando questi due personaggi della politica siciliana che, dopo il crollo della Prima Repubblica, hanno seguito strade diverse, il primo svoltando a sinistra, l’altro a destra? Non essendo a conoscenza di sodalizi, di più o meno recente appartenenza comune (che non rientrereb- bero, in ogni caso, nella sfera di nostro interesse), possiamo registrare una “comunanza” di obiettivi politici, anche se anomala in quanto proveniente da posizioni diametralmente opposte. Un’anoma- lia che si riscontra in maniera eclatante, che riguarda, guarda caso, la riforma dello Statuto Speciale Autonomistico Siciliano. La questione sta in questi termini. Nella prece- dente legislatura regionale all’Ars venne approva- to il disegno di legge della riforma dello Statuto, disegno di legge che portava la firma di Salvo Fle- res. Questo “nuovo” Statuto venne inviato per l’approvazione alle Camere nazionali, ma a causa delle elezioni anticipate non poté essere esamina- to. Appena insediatosi il Governo Prodi e, subito dopo, il Governo regionale presieduto da Totò Cuffaro, riecco Fleres ripresentare la proposta di riforma dello Statuto e quasi contemporaneamen- te analoga proposta viene avanzata da parte del diessino Speziale. Come potete leggere nell’artico- lo di apertura di questa pagina, i due disegni di legge non differiscono in nulla. Ma tanto non basta. Come abbiamo avuto modo di scrivere sulle pagine di questo giornale, sin dalla presentazione del disegno di legge Gianfranco Miccichè è anda- to a bussare alla porta di Bertinotti per accelera- re l’iter della riforma, con la benedizione del sena- tore Enzo Bianco, eletto nel contempo presidente della Commissione Affari Costituzionali del Sena- to. Il tutto nel più assoluto silenzio, senza che i Siciliani ne venissero a conoscenza Il senatore Enzo Bianco ha tanta fretta (forse troppa) che questa riforma giunga a Roma per essere deliberata dalle camere, Fleres altrettanto: ci si chiede il “perché” di tanta premura, conside- rata la circostanza che la collettività isolana è rimasta e rimane all’oscuro di questa “manovra” (che gode di una trasversalità non comprensibile) volta ad archiviare per sempre uno Statuto (fra l’altro mai applicato e menomato in norme impor- tanti) che alla Sicilia poteva dare la possibilità di un reale sviluppo economico. Se l’obiettivo fra i due ex militanti del PRI è noto, sconosciute resta- no le “vere” motivazioni di questa azione che tende a portare la Sicilia al ruolo di regione senza prerogative “speciali”, così come l’originario Sta- tuto contemplava. È “offensivo” chiedere cosa possa esserci sotto sotto questa anomalia? È “offensivo” chiedere perché i Siciliani sono stati tenuto all’oscuro da coloro che sono stati eletti con i loro voti? O la risposta è che la Prima Repubblica (con tutto ciò che ha contenuto) non è mai stata cancellata? Occorre andare via da questa falsa autonomia di Francesco Dato in seconda pagina Salvo Fleres Enzo Bianco

b D S B Vog liono affondare la Siciliabero, in ogni caso, nella sfera di nostro interesse), possiamo registrare una “comunanza” di obiettivi politici, anche se anomala in quanto

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GIORNALE SICILIANO DI POLITICA, CULTURA, ECONOMIA, TURISMO, SPETTACOLO

ANNO SECONDO Nº 8 • 14 ~ 27 APRILE 2007 • b 1,50

DIRETTORE RESPONSABILE SALVO BARBAGALLO

In tutte le edicolee anche via internet

www.lavocedellisola.itInformazioni:[email protected]

Lettere: [email protected]

Con il patrocinio

Regione SicilianaAssessorato Turismo, Comunicazioni e TrasportiDipartimento Turismo, Sport e Spettacolo

La sinistra e la destra unite per cancellare lo Statuto autonomistico

Voglionoaffondarela SiciliaMa perchè tanta frettasenatore Enzo Bianco?L’ex ministro invita l’Ars ad accelerare la “riforma”della Magna Charta scrittadai Padri Siciliani nel 1945

di SERURIER

Nelle scorse settimane, in occa-sione del congresso regionalesiciliano della Margherita che

ha visto l'elezione dell'onorevole Gal-vagno a segretario regionale, il presi-dente della Commissione Affari Costi-tuzionali del Senato, senatore EnzoBianco, ha duramente stigmatizzato ilritardo dell'Assemblea Regionale Sici-liana nel sottoporre alle Camere “roma-ne” il nuovo progetto di Statuto Sicilia-no. Il senatore Bianco però ha forsedimenticato che una delle possibilicause di questo “ritardo”, che gli provo-ca così grande preoccupazione, è dovu-ta alla circostanza che alla Commissio-ne Affari Istituzionali dell'Ars giaccio-no due bozze di modifica di Statuto chein realtà sono una sola e, forse, questoriformismo bipartisan costringe lacommissione a non sapere che fare.Infatti, vi è una proposta del centro-destra intitolata “Schema di progettocostituzionale da proporre ai sensi del-l'articolo 18 dello Statuto al Parlamentonazionale recante Modifiche allo Statu-to della Regione“ a firma dell'onorevo-le Salvo Fleres; mentre un'altra propo-sta (successiva di tre mesi) presentatadal centro-sinistra si annuncia come“Schema di progetto di legge costitu-zionale da proporre al Parlamentonazionale ai sensi dell'articolo 18 delloStatuto recante Modifiche dello Statutodella Regione siciliana“ che porta lafirma dell'onorevole Speziale.

Oltre alla tragicomica scelta dei titolidei due disegni di legge (per non pre-sentarli identici hanno “spostato” il Par-

lamento nazionale) se si va ad analizza-re il contenuto degli articolati si scopreche essi sono, praticamente, identici.

A questo punto ci viene naturale pen-sare che il centro-sinistra abbia fatto il“copia ed incolla” della proposta delcentro-destra e questo significa solouna cosa: che maggioranza ed opposi-

zione sono, di fatto, allineate e copertesul medesimo progetto e non si sonopreoccupate nemmeno di darsi un mini-mo di differenza sulla loro “visione”istituzionale della nostra autonomia,forse per il semplice fatto che non nehanno una e ciò che scrivono vienepedissequamente dettato da Roma. In

questo senso proprio Roma, tramite ilsenatore Bianco, tira le orecchie aibiricchini di Palermo e li sollecita alproprio dovere: quello di ubbidire emandare la bozza “maledetta” affinchéi nemici della Sicilia possano fare pol-pette della nostra autonomia.

Il senatore Bianco è ormai uno degli

uomini in prima linea di questa batta-glia che lui definisce per il cambiamen-to e che noi definiamo del definitivotradimento delle lotte autonomiste. Maalmeno per una cosa possiamo ringra-ziarlo: quella di avere, definitivamente,messo le carte in tavola. Il mistero èl’identità degli altri giocatori.

Un obiettivo comune per un sodalizio apparentemente anomalo

Strettamente avvinti come l’ederadi SALVO BARBAGALLO

Ci sarebbe da pensare a un sodalizio nuovo,dell’ultima ora, se non si sapesse che ilsenatore Enzo Bianco e il deputato regiona-

le Salvo Fleres all’epoca della Prima Repubblicamilitassero nello stesso partito, quello che avevacome emblema l’edera, cioè il PRI, ovvero il Par-tito Repubblicano Italiano.

Cosa sta accomunando questi due personaggidella politica siciliana che, dopo il crollo dellaPrima Repubblica, hanno seguito strade diverse, ilprimo svoltando a sinistra, l’altro a destra? Non

essendo a conoscenza di sodalizi, di più o menorecente appartenenza comune (che non rientrereb-bero, in ogni caso, nella sfera di nostro interesse),possiamo registrare una “comunanza” di obiettivipolitici, anche se anomala in quanto provenienteda posizioni diametralmente opposte. Un’anoma-lia che si riscontra in maniera eclatante, cheriguarda, guarda caso, la riforma dello StatutoSpeciale Autonomistico Siciliano.

La questione sta in questi termini. Nella prece-dente legislatura regionale all’Ars venne approva-to il disegno di legge della riforma dello Statuto,disegno di legge che portava la firma di Salvo Fle-res. Questo “nuovo” Statuto venne inviato perl’approvazione alle Camere nazionali, ma a causadelle elezioni anticipate non poté essere esamina-to. Appena insediatosi il Governo Prodi e, subitodopo, il Governo regionale presieduto da TotòCuffaro, riecco Fleres ripresentare la proposta diriforma dello Statuto e quasi contemporaneamen-te analoga proposta viene avanzata da parte deldiessino Speziale. Come potete leggere nell’artico-lo di apertura di questa pagina, i due disegni dilegge non differiscono in nulla. Ma tanto nonbasta. Come abbiamo avuto modo di scrivere sullepagine di questo giornale, sin dalla presentazionedel disegno di legge Gianfranco Miccichè è anda-to a bussare alla porta di Bertinotti per accelera-re l’iter della riforma, con la benedizione del sena-tore Enzo Bianco, eletto nel contempo presidentedella Commissione Affari Costituzionali del Sena-to. Il tutto nel più assoluto silenzio, senza che iSiciliani ne venissero a conoscenza

Il senatore Enzo Bianco ha tanta fretta (forsetroppa) che questa riforma giunga a Roma peressere deliberata dalle camere, Fleres altrettanto:ci si chiede il “perché” di tanta premura, conside-rata la circostanza che la collettività isolana èrimasta e rimane all’oscuro di questa “manovra”(che gode di una trasversalità non comprensibile)volta ad archiviare per sempre uno Statuto (fral’altro mai applicato e menomato in norme impor-

tanti) che alla Sicilia poteva dare la possibilità diun reale sviluppo economico. Se l’obiettivo fra idue ex militanti del PRI è noto, sconosciute resta-no le “vere” motivazioni di questa azione chetende a portare la Sicilia al ruolo di regione senzaprerogative “speciali”, così come l’originario Sta-tuto contemplava.

È “offensivo” chiedere cosa possa esserci sottosotto questa anomalia? È “offensivo” chiedereperché i Siciliani sono stati tenuto all’oscuro dacoloro che sono stati eletti con i loro voti? O larisposta è che la Prima Repubblica (con tutto ciòche ha contenuto) non è mai stata cancellata?

Occorreandare via da questa

falsaautonomia

diFrancesco Dato

in seconda pagina

Salvo FleresEnzo Bianco

Page 2: b D S B Vog liono affondare la Siciliabero, in ogni caso, nella sfera di nostro interesse), possiamo registrare una “comunanza” di obiettivi politici, anche se anomala in quanto

di FRANCESCO DATO

Ci sono momenti nella vita di tuttii giorni che trovi il tempo dipensare, accorgendoti di avere

un cervello che ancora funziona non-ostante tutto, e pensando e riflettendosu quanto accade, e quanto è accaduto,ti si aprono improvvisamente gli occhiper vedere quello che non ti è statoconsentito di vedere fino ad ora.Abbiamo già abusato della pazienzadei nostri amici lettori varie volte scri-vendo del teatrino della politica, nazio-nale e regionale, e ci rendiamo contoche attendere due settimane per poterleggere il nostro giornale e ritrovaregli stessi argomenti, magari aggiornatie con nuove denunce, può essere noio-so nonostante il motto latino “repetitaiuvant”. Il fatto è che, purtroppo, lanostra condizione socio-economica disiciliani è rimasta quella di sessant’an-ni fa, nonostante una autonomia regio-nale per Statuto concessaci proprio perrecuperare quel divario con l’altra Ita-lia, che nel contempo è progredita alpari di altri Paesi europei, col risulta-to che adesso la Sicilia non è ultimasoltanto in Italia, ma anche nel restodell’Europa. A chi vada ascritto questodisastro non è e non può essere compi-to nostro, anche se qualche idea inmerito la teniamo, ma degli storici chedalla lontananza dei tempi e dallapacatezza degli animi sapranno dare legiuste risposte a questi interrogativi,sempre sperando in una loro integritàmorale scevra da passioni e coinvolgi-menti politici o di interessi personali.Visarete accorti, leggendo, di quali equante qualità dovranno possedere glistorici per poter spiegare ai nostri pro-nipoti il perché di un fallimento, i moti-vi e gli attori di una truffa ai dannidella Sicilia intera? E quale giudiziodaranno sugli uomini politici attualiche per interessi di bottega stanno con-

tinuando a scavare quel solco che cidivide dal resto del Paese? E come neusciranno i nostri uomini di puntavotati all’autonomia di facciata chetanto successo in termini di consensoelettorale hanno avuto, ma di qualirisultati pratici e visibili siano statiartefici ancora non si è visto? Sonotutti interrogativi che lasciamo volen-tieri agli storici di domani, in quantoadesso che, come dicevamo prima,improvvisamente abbiamo aperto gliocchi, quello chepiù ci interessa ècosa fare per dareuna svolta inpositivo a questasituazione di stal-lo istituzionaliz-zata. Ed allora,considerato chela politica partiti-ca e non, quellatrasversale equella della tran-sumanza non èstata e non èattendibile, edancor meno atten-dibile è quella dicolorazione auto-nomista, che sasolamente autoce-lebrarsi per potergalleggiare inquesto mare dimelma, facciamola finita una buonavolta con questa storia dell’autonomiache non è servita e non serve a niente,e, se siete d’accordo, appoggiamo inostri rappresentanti a Sala d’Ercoleche ci stanno pensando loro a farcidiventare meno autonomisti di prima,equiparandoci alle altre regioni d’Ita-lia che l’autonomia neanche se lasognavano, eppure sono progreditecento volte più di noi che l’abbiamo,sulla carta, avuta.

Rinunciamo ufficialmente all’auto-nomia, falsa e bugiarda, all’autonomiamai applicata, calpestata, ignorata,tradita, vilipesa dagli ascari nostrani eda quelli di elezione, dai potenti di ierie di oggi con sedi diversificate in Italiae in Europa, rinunciamo ad una prero-gativa che doveva essere un vantaggioe che invece si è rivelata una bufala,una truffa ben organizzata dai solitinoti; forse che rinunciando a questovantaggio, saremo considerati al pari

dei veneti, dei lombardi, degli emilianie via dicendo, così che anche noi sici-liani potremo finalmente vivere ed ope-rare nella nostra terra senza più l’in-cubo della mafia e dell’antimafia,senza più dover pietire posti di lavoroin cambio della distruzione dei nostrilitorali, senza dover chiedere conto ditanti perché ma, come le altre regioni,con gli stessi diritti e doveri imposticidalla legge e dal civile consesso.Rinunciamo all’autonomia per la

nostra sopravvivenza, e rimettiamocialla clemenza dei nostri rappresentan-ti regionali che non saranno più “ono-revoli” ma saranno meno stressatinella loro quotidiana battaglia per ladifesa della nostra autonomia, e rimet-tiamoci nelle sapienti mani del Gover-no Nazionale che, certamente, avrà unocchio di riguardo per il figliol prodi-go, e magari qualche concessione chefino ad ora ci ha negato, vedrete,potrebbe pure farcela; certo non sarà il

Ponte, che isolasiamo e tale dob-biamo rimanere,ma forse qualchevettura ferrovia-ria dismessa dalletratte ad altavelocità del nord,p robab i lmen teanche qualchelocomotore postbellico, potremmopure averlo.

E così, tutto diun colpo, ci ritro-veremmo ad esse-re Italiani a tuttigli effetti, comegli altri, e non piùdi serie B come èstato ed è ancoraoggi.

L i b e r i a m o c ipertanto di questo

orpello inutile e dannoso, diamo uncalcio alla nostra storia e a quanti sisono immolati per essa, facciamocifurbi e zittiamo le nostre coscienze,oggi il mondo è cambiato, è di chi saapprofittarsi del momento, ed oggi è ilmomento dell’ipocrisia, della truffa,dell’amoralità diffusa, oggi è l’epocadel trasformismo, del salto della qua-glia, del travestitismo e della transizio-ne, quella dei trans e quella politica.

La proposta che lancio attraverso le

pagine di questo giornale, ha, però, unvulnus, ovvero un punto debole, cherisiede nella consapevolezza di poten-ziale scontro con le forze politichelegate all’autonomia, che certamentenon se ne staranno a guardare, consi-derando che se la proposta avesse unseguito, questi autonomisti non avreb-bero più motivo di esistere.

Ora è chiaro come il giorno che se laproposta andasse avanti, molti di lorosi riciclerebbero altrove, esercizio cheperaltro hanno già effettuato in passa-to, e che non gli sarà difficile ripetere,e perciò sostanzialmente non dovrebbeessere difficile spuntarla politicamen-te.

Quello che ritengo difficoltoso,improbabile ed inverosimile è riuscirea spuntarla nei confronti dei tanti Sici-liani che ancora credono e combattonoper questi ideali, che si chiamano auto-nomisti o indipendentisti, che si richia-mano a valori e concetti mai sopiti, chehanno la cultura siciliana ben radicatanella propria mente, che sono nati ecresciuti con una dotazione naturale disangue siciliano nelle vene, con lorono, è proprio impossibile spuntarla.

Ed allora, visto che ancora siamo intempo, perché non fare un altro tentati-vo per portare avanti un progetto tantocaro ai nostri Padri, che nell’autono-mia cercarono il riscatto di questaterra, il lavoro per i loro figli, ed unavita migliore per tutti, perché non pro-vare ancora ad utilizzare il consensodemocratico per fornire a questa terranuovi Uomini che sappiano difenderlae migliorarla?

Potrà sembrare una operazioneidealista, potrà apparire donchisciotte-sca e forse un po’ nostalgica, mamagari pian piano potrà invece daredei buoni risultati, e, comunque, primadella resa incondizionata, ci correl’obbligo di tentare qualcosa. Sempredemocraticamente, s’intende…

2 LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

Alla Sicilia è severamente vietato recuperare il divario con l’altra Italia che continua a progredire

Andare via da questa falsa Autonomia!Probabilmente è giunta l’ora di farla finita

Forse è meglio liberarsi di un “orpello” inutile e anche dannoso…

Giornale Sicilianodi politica, cultura,

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Anno II, nº 814 ~ 27 Aprile 2007

Gli articoli rispecchianol’esclusivo pensiero

dei loro autori

A oltre sette anni dalla barbara uccisione del reporter Antonio Russo

Si dimenticano i morti non iscritti all’Ordinedi ENZO LOMBARDO

Da qualche giorno è stato liberato DanieleMastrogiacomo, inviato di “Repubblica” in Afgha-nistan rapito dai taleban, dopo lunghe e complessetrattative su cui vige, e siamo anche d’accordo, lamassima riservatezza. Siamo felici per il reporteritaliano che ha passato questa terribile esperienzaquanto lo siamo per i due tecnici Eni liberatianch’essi negli scorsi giorni dopo una lunga prigio-nia nelle mani di una fazione ribelle nigeriana. Ilrapimento a scopo politico, ed il rapimento in gene-rale, è uno dei crimini più vergognosi e vigliacchiche l’uomo possa commettere a discapito dei suoisimili. Oltretutto chi va nell’infer-no del mondo, lontano dagli agi edalla sicurezza delle nostre città,per raccontarci quello che succe-de, dovrebbe essere sempre consi-derato una persona da premiare, aldi la delle sue idee politiche edelle sue convinzioni.

Purtroppo, però, ci duole notareche i crimini contro i cronisti nonsono considerati con lo stessopeso dal mondo dell’informazio-ne e dei media che essi stessi, conil loro quotidiano lavoro ed impe-gno, contribuiscono ad alimenta-re. Ci riferiamo al barbaro omici-dio di Antonio Russo, inviatointernazionale di Radio Radicale,perpetratosi a Tblisi (la capitaledella Georgia, una ex repubblicasovietica) si presume il 16 ottobredel 2000. Diciamo si presume perché ancora, dopooltre sette lunghissimi anni, si sa solo che quelgiorno Antonio venne trovato sul ciglio di una stra-da fuori Tblisi con il petto completamente fracassa-to. Ma chi era Antonio Russo? Era nato a Franca-villa al Mare, in provincia di Chieti, il 3 giugno del1960 ed era un reporter internazionale free lance,come si definiscono quei giornalisti indipendentiche lavorano per conto proprio, che da anni colla-borava come inviato di guerra e di fronti caldi con

Radio Radicale. Prima di occuparsi della guerrarusso-cecena e del Caucaso, Antonio Russo avevadato notizie dall’Algeria, dal Rwanda, dallo Zaire,dalla Bosnia e dal Kossovo; da tutte quelle guerresporche e lunghe di cui spesso l’opinione pubblicasi è dimenticata anche grazie ai media che puntanosu massacri più “gettonati” e con “audience”. Giànel 1999 si temette per la sua vita quando vollerestare, unico reporter al mondo, a Pristina (capita-le del Kossovo) quando l’esercito serbo che stavaper invaderla aveva chiaramente minacciato tutti igiornalisti dicendo loro di lasciare la città. Per tregiorni non si ebbero notizie, ma il due aprile del1999 riuscì a mettersi in contatto con Radio Radi-

cale da Skopje, capitale della Macedonia, dove erariuscito a scappare non senza aver prima documen-tato per il mondo intero le atrocità commesse dal-l’esercito serbo. Negli ultimi anni della sua vitaegli si era dedicato con passione al conflitto russo-ceceno rivelando verità molto scomode alle parti incausa e soprattutto alla Russia di Putin. Il governolocale temeva tanto le rivelazioni di Russo che ini-ziò una battaglia contro il Partito Radicale Transna-zionale per farlo espellere dalla lista delle Ong

(Organizzazioni Non Governative) tutelate dall’O-nu (Organizzazione delle Nazioni Unite). Quandofu ucciso, Antonio Russo stava per tornare a Romadove aveva annunciato una conferenza stampa perrivelare notizie clamorose. Il suo appartamento futrovato scassinato dalla polizia georgiana ed i suoidocumenti con il suo personal computer portatile,sono, a tutt’oggi, spariti ed introvabili.

Da sette anni le indagini si trascinano stanca-mente e tutte le istituzioni, mediatiche e civili,fanno finta di niente. Ma forse esiste un perché atutto questo. Antonio Russo era un uomo libero eper scelta non aveva voluto iscriversi all’OrdineNazionale dei Giornalisti, in pratica egli non aveva

la tessera di giornalista pur facen-do questo mestiere molto meglio emolto più liberamente di altri chepasciono nel guano delle marchet-te; per questo motivo a lui, corag-gioso testimone della verità cheaveva sfidato uno dei governi piùpotenti del mondo, nessuno devepensare più. Anche il più ferocedissenso, ammesso che non siaammaestrato, deve comunquepassare dalla forche della “corpo-razione” giornalistica, altrimentila voce diventa sbiadita, non pro-fessionale, atona. Non una via,non una piazza, non uno speciale,non una lacrima di circostanza èstata dedicata ad Antonio mentreDaniele e Giuliana sono tornati inpatria a qualsiasi costo ed a qual-siasi prezzo, accolti meglio dei

capi di stato. Invece Enzo (Baldoni) non può tor-narci nemmeno da morto (guarda caso era un freelance pure lui).

Bentornato Daniele, la colpa di tutto ciò non ècerto tua, ma se mai ti capitasse di leggere questerighe pensa un pochino anche ad Antonio e ad Enzoe a tutti quelli che vengono lasciati soli ad urlarenel deserto, nel deserto dell’indifferenza in cui sirelega chi ha scelto la libertà anche al prezzo dellavita.

Antonio Russo

La sede della Regione Siciliana a Palermo

Page 3: b D S B Vog liono affondare la Siciliabero, in ogni caso, nella sfera di nostro interesse), possiamo registrare una “comunanza” di obiettivi politici, anche se anomala in quanto

di ERNESTO GIRLANDO

L’azione devastatrice delle multi-nazionali del petrolio, interessa-te solo al profitto e pronte a cal-

pestare la storia, la natura, la dignitàdella Sicilia con la loro anacronisticalogica neo-coloniale, sta per abbattersisul Val di Noto, interessando un terri-torio comprendente parte delle provin-ce di Ragusa e Siracusa. Sono, infatti,segnalate, da qualche settimana, attivi-tà di movimento terra sulle particelleinteressate alle operazioni di ricerca etrivellazione gas-petrolifere da partedella Panther Oil, una compagniapetrolifera texana, in una zona chedista appena 2 chilometri dal centrostorico della città di Noto, cuore delbarocco siciliano.

La storia ebbe inizio nel 2000, quan-do una legge regionale recepì unadirettiva comunitaria del Parlamentoeuropeo “relativa alle condizioni dirilascio e di esercizio delle autorizza-zioni alla prospezione, ricerca e colti-vazione di idrocarburi”. In seguito atale legge, nel marzo del 2004, l’alloraassessore all’industria, Marina Noè,firma 4 decreti che danno il via liberaalla ricerca e all’estrazione di idrocar-buri gassosi e liquidi in tutta la Siciliaorientale da parte di 4 compagniepetrolifere: Eni, Sarcis, Edison e Pan-ther Resources. L’area interessatacomprende le province di Ragusa,

Siracusa, Catania ed Enna per un tota-le di 1603 kmq, vale a dire il 6,2% delterritorio dell’isola, e include l’Oasi diVendicari e le città di Noto, Modica,Ragusa, Caltagirone, Palazzolo Acrei-de, famose nel mondo per i loro capo-lavori barocchi e inserite nel 2002nella prestigiosa World Heritage List,tra i beni tutelati dall’Unesco in quan-to patrimonio dell’umanità.

A seguito delle energiche reazionidelle popolazioni e degli Enti localiinteressati, la Giunta regionale nel2005 si accorge, o fa finta di accorger-si, dell’abbaglio e cerca di correre airipari. Inizialmente, tra il maggio e illuglio, con delle sospensive dei per-messi, poi, ricorrendo a un espedientelegislativo, attraverso l’approvazionedi un emendamento alla legge regiona-le sul turismo, tenta di vietare le perfo-razioni nelle aree tutelate dall’Unesco.

Esemplare del modo stravagante conil quale la politica opera in Siciliarisulterà la votazione: da un latoambientalisti e AN, con in testa l’as-sessore Granata, che pagherà con lamancata rielezione la sua generosaesposizione, dall’altra la sinistra, con ildeputato diessino Crisafulli, e ForzaItalia.

L’emendamento viene respinto. Cuf-faro giurerà dalle pagine del settima-nale Panorama di essere pronto ariportarlo a breve in aula. Nel frattem-po il sindaco di Ragusa, Solarino della

Margherita, concede, unico tra i 16sindaci dei Comuni interessati, le auto-rizzazioni per le ricerche petroliferenel territorio di sua competenza e sischiera contro il parco eolico nell’alti-piano ragusano. Pochi mesi dopo saràcostretto, per dissidi interni alla coali-zione, a dimettersi onde evitare il votodi sfiducia.

Nell’agosto del 2005 Lega Ambien-te presenta ricorso presso il Tar Siciliaper vizi procedurali nell’iter che avevaautorizzato i permessi. Bocciato ilricorso, nel dicembre dello stessoanno, con un’ordinanza del Tar cheannulla anche le sospensioni dei per-messi da parte della Giunta regionale,

la Panther riprende le attività e conesse si intensificano le iniziative dilotta da parte dei cittadini e dei Comu-ni interessati. La Regione, da partesua, non dà più segni di vita e il patri-monio dell’umanità rischia di esseretrasformato in un unico enorme com-plesso estrattivo gas-petrolifero.

Eppure l’attività esplorativa aveva,negli ultimi trent’anni, registrato inSicilia un forte rallentamento dopo ilgrande attivismo e le grandi speranzedi crescita e sviluppo che suscitò neglianni Cinquanta con la scoperta dei gia-cimenti di petrolio a Ragusa e Gela edi gas a Gagliano Castelferrato in queldi Enna, luogo in cui tenne il suo ulti-mo discorso Enrico Mattei prima delviaggio fatale.

Da allora tante cose sono cambiatein Sicilia. Non sempre in bene, inten-diamoci. Ma qualcosa di buono si èfatto negli ultimi lustri: la valorizza-zione delle risorse paesaggistiche, arti-stiche e agricole di quel territorio tute-lato dall’Unesco, terra del barocco, delciliegino, dell’olio dop, delle colturepregiate e di oasi naturalistiche cheattirano una gran quantità di turisti daogni parte del mondo. Perle che tutti ciinvidiano.

Incomprensibile l’inversione di ten-denza e il tentativo di contraccambiareun tale patrimonio per 100 mila eurol’anno a pozzo più il 7% di royalty dadividere tra Comune e Regione, piùqualche rischioso posto di lavoro etanti investimenti di denaro, tempo edenergie in una risorsa sporca e soprat-tutto in esaurimento come il petrolio.Un immane scempio, all’ombra diinteressi “poco chiari”, come ebbe asostenere Fabio Granata, che il gover-no di Cuffaro, con la complicità e ilsostegno di parte dell’opposizione, statentando di perpetrare a spese di unterritorio che punta su un modello disviluppo incompatibile con l’industria-lizzazione estrattiva.

Il petrolio, nelle politiche energeti-

che di quasi tutti i Paesi industrializza-ti del mondo, rappresenta ormai il pas-sato.

In tempi più o meno brevi se nedovrà fare a meno e la trasformazionedell’economia si reggerà sulle fontirinnovabili: sole, vento, biomasse,fonti pulite e compatibili con l’am-biente e con le politiche avviate datempo sul territorio del Val di Noto.

Ha senso investire oggi su unmodello che non avrà futuro?

O è meglio tutelare il territorio e lesue ricchezze, sviluppare e investiresulle fonti pulite e a basso impattoambientale per produrre ricchezzapulita attraverso strategie e investi-menti indirizzati verso il turismo, lestrutture ricettive, la realizzazione diquell’agognato

Parco del carrubo sugli Iblei, la cuiistituzione, prevista oltre 25 anni fa dauna legge regionale, la n. 98 del 1981(modificata dalla n. 14 del 1988), rap-presenterebbe una grande sorgente disalute, un dinamico incentivo turistico,uno straordinario miglioramento pae-saggistico, una grande occasione occu-pazionale e di sviluppo dell’intero ter-ritorio.

Ray Bondin, presidente del Comita-to città storiche dell’Unesco, non credeai suoi occhi e alla minaccia di cui èoggetto quel barocco che lui stesso hafatto includere nella esclusiva WorldHeritage List. Lui non è siciliano e noncomprende a fondo le logiche che dasempre dominano la nostra martoriataterra.

Una terra che ha già sacrificato sull’altare del profitto - altrui - e del degra-do e della devastazione - nostra - Gela,Milazzo, Priolo, Augusta.

Sul Val di Noto è in atto uno scontroche riguarda il futuro complessivodella nostra isola, sullo sfondo dei soli-ti interessi economici forti.

Interessi di quei pochi che voglionoricominciare a bucare la terra dellaSicilia e l’anima del suo popolo.

3LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

Sono già iniziate le operazioni di ricerca e di trivellazione della Compagnia “Panther Oil”

A Noto devastante assalto dei petrolieriSi calpesta la storia e la dignità del territorioA poco sono valse le proteste della popolazione e degli Enti locali

Nelle foto, la manifestazione di protesta della popolazione di Noto

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di FRANCO ALTAMORE

Se la decisione del centrosinistra dicandidare a sindaco di Caltagironel’uscente Francesco Pignataro era

prevedibile, del tutto inattesa per i più èstata la candidatura contrapposta di Gia-como Scalzo, congedatosi da poco dallamagistratura.

Pignataro ha governato per cinque annicon una giunta di centrosinistra e un con-siglio a maggioranza di centrodestra;proposto nel 2002 dall’Ulivo, uscì vitto-rioso dal ballottaggio con l’ex Dc on.Antonio Carullo, presentato dal centro-destra. Fu una sfida fra due candidati sin-daci entrambi cattolici, con comprensibi-le imbarazzo della Curia Vescovile, il cuiorientamento per tradizione è determi-nante nelle elezioni locali. Quella voltainvece ad essere davvero determinante sidice sia stata la decisione dei dirigentilocali di Alleanza Nazionale, che pensan-do di scegliere il male minore avrebberoindicato ai propri elettori di votare perPignataro, anziché per Carullo, candidatodi riferimento del centrodestra. L’asim-metria di sindaco e giunta di un colorepolitico e di consiglieri a maggioranza diun altro colore sarebbe quindi conse-guenza di questo “machiavello”.

Le difficoltà di amministrare in questecondizioni un centro importante comeCaltagirone erano prevedibili e si sonomanifestate tutte. La Città è rimasta bloc-cata e la penuria di risorse si è rivelatadrammatica. Solo la moderazione e lacapacità di mediazione del sindaco hannoconsentito che la giunta rimanesse inpiedi per cinque anni. Francesco Pignata-ro è persona molto autorevole a Caltagi-rone. Docente scolastico e cattolico prati-cante, non è un politico di razza, ma damolti anni è stato impegnato, prima come

vice sindaco, poi come sindaco, nellegiunte di centro sinistra. È certamenteuna risorsa per l’area progressista di Cal-tagirone. I Ds lo hanno sostenuto conmolta abilità e sono riusciti, pur essendoin netta minoranza, a determinare il per-corso politico cittadino e comprensorialedegli ultimi anni, culminato nel 2006 conl’elezione della concittadina MarilenaSaperi alla Camera dei deputati. Nellacattolicissima e moderata Caltagirone diSturzo e Scelba, dunque, Comune e rap-presentanza in Parlamento oggi sonoappannaggio della sinistra

Il problema dell’asimmetria fra giuntae consiglio comunale si è riproposto allavigilia delle elezioni per il rinnovo del-l’amministrazione. I partiti tradizionali

del centrodestra hanno dato l’impressio-ne di non riuscire a trovare la soluzione,sino a che non è venuta fuori la propostadi candidare Giacomo Scalzo, personali-tà di indiscusso prestigio, che ha da pocoriposto la toga di procuratore generaledella Corte di Appello di Catania. Sem-bra che l’iniziativa sia partita dall’arealaica, che a Caltagirone si è ripropostaattivamente, per impulso soprattutto del-l’ex parlamentare repubblicano SalvatoreGrillo. Alla proposta avrebbe dato subitol’assenso l’on. Raffaele Lombardo, sem-pre pronto a sparigliare; il leader delmovimento autonomista non ha volutofarsi sfuggire l’occasione per fare anchenel Calatino, come nei mari fece sirDrake per la Regina d’Inghilterra, la sua

guerra corsara per le fortune sue e perquelle del Cavaliere.

A questo punto anche gli altri partnerdel centrodestra non hanno potuto farealtro che aggiungere il proprio assenso.Quella di Scalzo, partita come candidatu-ra laica ed autonomista, è diventata can-didatura anche del centro destra.

Se la competizione fra FrancescoPignataro e Giacomo Scalzo farà evitareil ripetersi dell’asimmetria fra giunta emaggioranza politica del consiglio, ècerto però che ora è fonte di un’altracuriosa asimmetria. L’appartenenza natu-rale del cattolico Pignataro infatti è nel-l’area moderata, ma egli è candidato diuna coalizione che a Caltagirone èsostanzialmente di sinistra radicale; il

progressista Scalzo, proposto dall’arealaica, è diventato candidato di un rag-gruppamento prevalentemente cattolico emoderato. Non abbiamo notizia di presedi posizione di Pignataro sulle unioniconiugali di fatto, ma dobbiamo ritenereche il candidato cattolico del centro sini-stra sia allineato con le indicazioni con-trarie della Conferenza episcopale italia-na. Sulla stessa questione vi è da scom-mettere che il candidato della coalizionea prevalente connotazione moderata ecattolica invece non dirà nulla contro idi.co.! “Giacomino è stato sempre di ideesocialiste e tuttora gli piace citare Turati”dicono quelli che lo conoscono; un suovecchio amico confida che “quando feceil concorso di magistratura era giovane distudio dell’avvocato penalista RaffaeleFailla, un vecchio socialista; non disseniente a nessuno e non cercò raccoman-dazioni… ne parlò soltanto quando gliarrivò la notizia che il concorso lo avevavinto”.

Che farà a questo punto la Curia?Appoggerà il cattolico Pignataro, pagan-do però il prezzo del consolidamento aCaltagirone dell’egemonia della sinistraradicale, ovvero pur di aiutare la riscossadel ceto cattolico e moderato della tradi-zione calatina farà votare il laico Scalzo?Sembra un pasticcio, ma alla fine questoduello dei due aspiranti sindaci, il cattoli-co candidato dei “comunisti” e il sociali-sta candidato dei cattolici, questo para-dosso calatino si trasformerà in uno diquei colpi di genio ed originalità perquali Caltagirone, patria di grandi demo-cratici come Sturzo, Vella, Scelba, Milaz-zo, Fanales, ma anche di aristocraticiqualche volta “dettisi giacobini” e qual-che altra nei fatti dimostratisi veri filan-tropi, deve la sua reputazione di incuba-trice di democrazia.

Tutto tace a tre mesi di distanza dall’elezione del presidente Pietro Agen

Cosa accade alla Camera di Commercio di Catania? di MARCO DI SALVO

Ma che succede in Camera di Commerciodi Catania? A più di due mesi dall’ele-zione all’unanimità (sofferta) del nuovo

presidente sembra tutto tacere e le tanto favoleg-giate novità (come l’elezione dei vicepresidentio il rinnovo delle cariche alla Sac) sembranostentare a prendere quota. Tant’è che da più partisi è cominciato a malignare su presunte nuoveincomprensioni sorte tra i partner del sodalizio,soprattutto tra i leader delle due cordate che sisono scontrate solo fino a pochi mesi fa. “Ridi-colo” commenta Fabio Scaccia, presidente del-l’Associazione Industriali di Catania e tra gliultimi a cedere all’idea di vedere Agen comepresidente della CCIAA. “Tra di noi va tuttobenissimo.

Il neo presidente ha chiesto cento giorni perprendere contatto, poter dare un’impronta preci-sa alla sua gestione della CCIAA e verificare lecondizioni dell’ente. Poi prenderemo insieme,come in parte stiamo già facendo, le nostre deci-sioni, anche quelle più spinose.”

Nessun problema, quindi? Neanche perquanto riguarda la questione Sac?

Lì stiamo attendendo che l’attuale Consigliodi amministrazione sforni il bilancio per poi difatto decadere. Mi auguro che tutto questoavvenga entro fine mese.

Meno speranzoso da questo punto di vista pro-prio il presidente della Camera di CommercioAgen che anzi sottolinea, non senza ironia“Avevo chiesto alcuni dati economici alla Sacche mi servivano anche per capire le condizionigenerali della società. Sono passati solo venti-cinque giorni di silenzio dalla richiesta. Tuttosommato un tempo accettabile…” Ma per nonsembrare troppo demolitorio subito dopo tiene aprecisare “Mi auguro che si giunga al più prestoalla consegna, da parte dell’attuale cda, delbilancio della società in modo da poter consen-tire la composizione del nuovo organo direttivo.Anche se a tutt’oggi non so quando sarà…”

Per il resto, com’è stato il primo impattocon la Camera di Commercio da presidente?

Dal punto di vista del consiglio direi moltobene. Si sta lavorando insieme, quasi tutte le

decisioni sono state prese all’unanimità. Adesempio, è stato scelto il segretario generale conquesto metodo in tempi molto più ristretti rispet-to a quanto avvenisse prima.

Nessun residuo dei precedenti contrasti?Assolutamente nessuno, anzi non sembra

neanche più ci siano una maggioranza e unaminoranza all’interno del consiglio per come silavora d’amore e d’accordo.

E per quanto riguarda uno dei nodi da leisegnalati al momento del discorso di insedia-mento e cioè la questione relativa alla qualitàdel lavoro espresso dal personale e tuttoquanto riguarda la rimotivazione della “mac-china” della CCIAA?

Dopo qualche piccola incomprensione possodire che la macchina, come la chiama lei, è par-tita a pieno regime.Un segnale positivo da partedel personale c’è stato ad esempio nella vicendadei distretti produttivi (vedi scheda). Se pensia-mo che il 27 per cento dei progetti approvatidalla Regione sono di provenienza catanese, sitratta di un bel successo.

L’unico rammarico che ho è che questi proget-ti rappresentino settori, come dire, classici dello

sviluppo etneo. Ma mi auguro che in futuro cisiano le condizioni ideali per dare un supportoance a scelte produttive più innovative.

Per tornare ancora alla squadra di governodella Camera di Commercio, a che punto sietecon l’ipotesi, da lei caldeggiata, di elezione deivicepresidenti?

La mia idea aveva ed ha una motivazioneessenzialmente pratica, ovvero consentire unamaggiore redistribuzione delle responsabilità edegli oneri, anche rappresentativi, che compor-ta la Camera di Commercio. Per far questo,visto che queste figure non sono previste a livel-lo organizzativo esistente, abbiamo messo inmoto un meccanismo di modifica dello statutoche dovrebbe essere portato a compimento entrofine aprile, in modo da consentire l’elezione deivicepresidente con deleghe settoriali.

E i rapporti con gli altri centri di poterelocali com’è? Ad esempio con la Provincia,visto che sembra che da lì partano tutte leindicazioni per la politica locale di questitempi…

Mi pare ottimo, visto che ho pure un assesso-re (il presidente della CCIAA si riferisce ironica-

mente, ma non troppo…, alla nomina dell’asses-sore Orazio Quattrocchi, quattordicesimo com-ponente della giunta Lombardo, esponente diAlleanza Siciliana, dal 1980 delegato della sedeConfcommercio di Acicatena, ex componentedella Giunta della Camera di Commercio diCatania e ex rappresentante della CCIAA diCatania nel consiglio di amministrazione dell’ASAC. Ndr) Scherzi a parte, i rapporti sono atutt’oggi buoni anche se attendo sempre i fatti sucui riscontrare le buone intenzioni espresse aparole.

Quindi proprio nessun problema?Per carità, quelli non mancano. Come già

rilevavo nel mio intervento il giorno in cui sonostato eletto la CCIAA catanese ha dei seri pro-blemi di comunicazione, nei confronti dei qualistiamo cercando di mettere riparo. Ma il proble-ma più grosso che resta è quello delle pensionidegli ex dipendenti dell’ente camerale.

In questo momento si spende in pensioni seivolte quanto si spende in sviluppo ed aumentanoi pensionati. Dobbiamo cercare al più presto unasoluzione anche se non è una cosa che potremofare da soli.

4 LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

Il centrosinistra vuole il cattolico Pignataro, il centrodestra sceglie invece il laico Giacomo Scalzo

Caltagirone, le elezioni del paradossoUn anomalo duello fra due aspiranti sindaciIl capoluogo del comprensorio è vera incubatrice di democrazia

Una veduta di Caltagirone

Pietro Agen

I DISTRETTILa Camera di Commercio ha esercitato un ruolo importante nella valutazione dei Patti per loSviluppo dei Distretti Produttivi, ai sensi della normativa regionale siciliana, (art. 56 L.R.28.12.2004 n. 17 e Decreto Assessore alla Cooperazione n. 152 dell' 1.12.2005) fornendoall'Assessorato alla Cooperazione le informazioni statistiche e di contesto necessarie ai fini del-l'istruttoria per il riconoscimento dei quindici Patti per lo Sviluppo, presentati in provincia diCatania:Etna Valley Catania nel settore Hi-tech;Olio e Conserve di eccellenza dei Monti Iblei, dell'Etna, dei Nebrodi e dei Peloritani; Taormi-na Etna - Filiera dell'Arte Pasticcera; Bronte Filiera del Tessile; Taormina Etna - Filiera deiMetalli; Belpasso Pietra Lavica; Uva da Tavola Siciliana IGP Mazzarrone; Ceramica di Calta-girone; Distretto Agro Alimentare Calatino Sud Simeto; Basalto Etneo Provincia Regionale diCatania; Arancia Rossa; Pesca Sicilia Orientale Acireale; Il Vino e le sue strade; PoliticheSociali; Mobile e arredo Con Decreto n. 546 del 16.3.2007 dell'Assessore Regionale alla Cooperazione On. Nino Beni-nati sono stati ammessi, alla procedura di riconoscimento, 23 Patti di Sviluppo Distrettuali nel-l'intera regione siciliana Nella provincia di Catania sono stati ammessi i seguenti: Etna ValleyCatania; Arancia Rossa; Ceramica di Caltagirone; Pietra Lavica Belpasso; Uva da Tavola Sici-liana IGP Mazzarrone; Filiera del Tessile Bronte

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5LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

di GIOVANNI G.A. DATO

Il 1° luglio 2006 è entrato in vigore(salvo alcune disposizioni) il decre-to legislativo 12 aprile 2006, n. 163

recante il Codice dei contratti pubblicirelativi a lavori, servizi e forniture, inattuazione delle direttive comunitarienn. 2004/17/CE e 2004/18/CE.

Il cd. Codice dei contratti - concepi-to dal legislatore nazionale come vei-colo normativo unitario per ridiscipli-nare l’intera materia delle commessepubbliche - riunisce e coordina in ununico testo le disposizioni relative agliappalti pubblici nei settori cd. ordinari(disciplinati dalla direttiva n.2004/18/CE) e quelli relativi ai settoricd. speciali (disciplinati dalla direttivan. 2004/17/CE), e disciplina in manie-ra organica gli appalti cd. “sopra” e“sotto soglia comunitaria”, abrogando,contestualmente, la previgente legisla-zione interna.

L’entrata in vigore del Codice deicontratti fornisce lo spunto per verifi-care la “perdurante vitalità” dell’auto-nomia normativa isolana (pur progres-sivamente “erosa” e ridimensionatanel corso dei decenni repubblicani), edin particolare per verificare il meccani-smo di funzionamento della “specialis-sima” potestà legislativa “esclusiva”(così testualmente definita dallo Statu-to del ‘46) del conditor iuris siciliano;si tratta, invero, di una delle particola-rità dello Statuto autonomistico, che sisostanzia nella idoneità della leggeregionale (in relazione a certe materie)a rimodellare l’efficacia della leggestatale (escludendo la capacità regola-tiva di quest’ultima dal territorio isola-no) e nella ulteriore idoneità dellafonte regionale a porsi come fonte

esclusiva della materia. In particolare,lo Statuto della Regione Siciliana,approvato con R.D.lgs. 15 maggio1946, n. 455, e poi adottato con leggecostituzionale 26 febbraio 1948 n. 2,stabilisce che la materia dei “lavoripubblici, eccettuate le grandi operepubbliche di interesse prevalentementenazionale” costituisce oggetto dilegislazione regionale esclusi-va (cfr. art. 14, lett. g),dello Statuto). Orbene,a seguito dell’entratain vigore del Codi-ce dei contratti èsorto l’interro-gativo dellasua immedia-ta efficaciaed applicabi-lità nell’or-d inamen toisolano.

L’Ufficiolegislativo elegale dellaRegione Sici-liana con parere4 agosto 2006, n.13583.198.11.06 haformulato gli opportu-ni chiarimenti, poi ripresidalla circolare della RegioneSiciliana - Assessorato deiLavori Pubblici del 18 settembre2006. Secondo l’interpretazione buro-cratica, occorre effettuare una distin-zione tra la disciplina concernente (1)gli appalti di forniture, (2) gli appaltidi servizi, (3) gli appalti inerenti aicosiddetti. settori esclusi e (4) la disci-plina relativa agli appalti di lavori.

Per le prime tre tipologie di appalti illegislatore regionale ha operato un rin-

vio dinamico alla disciplina statale(con l’espressione “rinvio dinamico”si suole indicare il richiamo effettuatoda un ordinamento alle norme di unaltro ordinamento allorché la volontàdel legislatore che effettua il rinvio èquella di

inserire la normativa richiamata nel-l’ordinamento richiamante non solonella testuale configurazione sussi-stente al momento storico del richiamostesso ma anche nel testo risultantedalla sua successiva evoluzione). Nediscende che, in parte qua, il decretolegislativo n. 163/2006 risulta imme-

diatamente applicabile in quanto ilpredetto rinvio “dinamico” alle normestatali consente l’adeguamento dellanormativa regionale alle modificheintervenute nell’ordinamento statale(salvo nell’ipotesi in cui vi sia unadiversa regolamentazione della stessamateria ad opera di una disposizione

regionale ad hoc).Diversa soluzione merita la

problematica riguardantela materia dei lavori

pubblici. Sul puntomerita di essere

premesso chel’art. 1 dellalegge reg. sic.2 agosto2002, n. 7, hastatuito chela legge 11f e b b r a i o1994, n. 109,(“Legge qua-dro in mate-

ria di lavoripubblici”), si

applica nel terri-torio della Regio-

ne Siciliana neltesto vigente alla data

di approvazione dellamedesima legge n. 7/2002.

Orbene, il rinvio alla norma sta-tale contenuto nella legge regionale

n. 7/2002, è un rinvio cd. statico oricettizio (come recentemente confer-mato dalla deliberazione17/2006/S.R./cons. in data 24 ottobre2006 della Corte dei Conti, sez. riun.per la Regione Siciliana), nel sensoche la legge statale richiamata è appli-cata nel territorio regionale secondo laformulazione vigente al momento del-

l’entrata in vigore di quella regionaledi recepimento: le modifiche o le abro-gazioni apportate dal legislatore stata-le alla normativa nazionale recepita(successivamente al richiamo), nonhanno effetto sull’ordinamento dellaRegione se non a seguito di un’ulterio-re interpositio legislatoris regionale(ad eccezione di quelle norme concer-nenti materie che sono riservate all’e-sclusiva competenza dello Stato e adeccezione delle norme del codice deicontratti che recepiscano norme comu-nitarie immediatamente precettive).

Pertanto, al di fuori delle ricordateipotesi, le citate interpretazioni buro-cratiche ritengono che, anche dopol’entrata in vigore sul piano nazionaledel decreto legislativo n. 163/2006 esino all’emanazione di una normativasiciliana di adeguamento, trovi appli-cazione nel territorio isolano la legisla-zione regionale in materia di lavoripubblici, fermo restando l’obbligodella Regione di adeguarsi ai principifondamentali del Codice dei contrattiche costituiscono norme di granderiforma economico-sociale.

Quanto evidenziato non significache la potestà legislativa esclusivadella Regione Siciliana non trovi deilimiti; al contrario, questi sono costi-tuiti dal rispetto della Costituzione,dello Statuto autonomistico e dellerelative norme di attuazione (questeultime chiamate a fissare i contenutistorico-concreti dell’autonomia regio-nale: cfr. Corte costituzionale, 19 giu-gno 1998 n. 213 e 4 novembre 2004, n.316), nonché dai vincoli derivanti dal-l’ordinamento comunitario, degliobblighi internazionali e dei richiama-ti principi delle grandi riforme econo-mico-sociali.

Una questione affrontata negli anni a spizzichi e bocconi senza mai una sostanziale riforma

La revisione delle pensioni ancora in alto maredi GIACOMO NICOTRA*

Ad inizio di ogni legislatura, quella che sia la coloritura deigoverni, torna alla ribalta il problema della revisione delsistema pensionistico italiano.

Indubbiamente il problema è stato affrontato nel corso deglianni a spizzichi e bocconi, senza una sostanziale riforma di tuttoil sistema previdenziale vigente nel Paese.

Il primo aspetto da sempre dibattuto e mai risolto è la separa-zione dell’assistenza dalla previdenzapoiché è assurdo far pesare sulla con-tribuzione oneri che dovrebbero grava-re sul sistema fiscale complessivo.

Ma quando si pensa alle grandi eco-nomie di scala, al taglio della spesapubblica, gli approcci più facili diven-tano previdenza e sanità.

Non nego, anzi sono fortemente con-vinto, che il problema vada affrontatoma con un dibattito vero, serio, nonstrumentale, per fini di ricadute eletto-rali. Ritengo sia indispensabile l’ap-porto delle parti sociali e dissento for-temente dalla senatrice Emma Boninoche in un’intervista al TG1 ha dichiara-to che le stesse non hanno diritto dimonopolio, come se fossero residuali.

Si tratta dal mio punto di vista di tro-vare un corretto equilibrio tra contribu-zione e prestazioni nell’ambito di unquadro di solidarietà che si faccia cari-co delle categorie più deboli.

Oggi le pensioni al minimo, che inprospettiva con la flessibilità nel mer-cato del lavoro andranno ad aumentare,non consentono condizioni di soprav-vivenza.

La recente legge finanziaria sottoquesto profilo è stata avara con questicittadini che sono allocati prevalente-mente nelle aree del Mezzogiorno.

E se è scarsamente credibile un aumento generalizzato sulpiano nazionale, è anche vero che una difesa del potere d’acqui-sto può essere fatta a livello territoriale con interventi della Pro-vincia Regionale e degli Enti Locali.

Sul cittadino pensionato al minimo gravano spesso tasse comu-nali pesanti.

Il principio dell’equità “reddito – tassazione” è solo virtuale.

Si potrebbe e dovrebbe intervenire sulle fasce di reddito menoabbienti con abbattimenti ed esenzioni sui servizi e sulle presta-zioni.

Offrire al pensionato servizi sociali a costi ragionevoli è uncompito a cui la società civile non deve sottrarsi.

È il problema delle risorse necessarie va ricercato nelle notevo-li aree di evasione ed elusione presenti nel sistema.

Sul piano nazionale occorre una diversa e radicale politica perl’emersione del lavoro nero e sommerso.

Il gettito INPS e IRPEF potrebbe aumentare notevolmente:come dire pagare tutti per pagare di meno. Ma questa rimane soloutopia basti vedere lo scarto tra evasione accertata e quella riscos-sa.

Lo stesso ragionamento vale per gli Enti Locali dove il paga-mento dei tributi lascia sacche dei “soliti ignoti” ovvero dei tantifurbi che nemmeno esistono nell’anagrafe tributaria.

In questo quadro parlare di riforma delle pensioni diventaarduo, tranne che per riforma non si intenda quella di stringereulteriormente la spesa sociale nei confronti di chi non ha più stru-menti per difendersi.

Lo stesso dibattito sull’età pensionabile rischia di diventarestrumentale.

È innegabile che la vita media si è allungata ma è anche veroche l’ingresso nel mondo del lavoro per i giovani si è dilatato enon di poco.

Più di una generazione dei nostritempi fino a 40 anni e spesso oltre, nonha un solo contributo ai fini INPS e neoccorrono almeno venti per una pen-sione al minimo.

Ma per i più sfortunati, quelli chehanno trovato un lavoro in settoripesanti e disagiati, possiamo pensareche possono lavorare per più di 35anni?

Penso al comparto agricolo, all’edi-lizia, alle miniere, a tanti altri processiproduttivi che vedono impegnatidonne e uomini in condizioni di gran-de difficoltà.

Si parla spesso di qualità della vita enon ci si rende conto che se non la sisostanzia con atti consequenzialidiventa solo uno slogan per pochi elet-ti.

Diverso è il ragionamento di quantiper propria scelta decidono di restareal lavoro anche dopo i 35 anni di con-tribuzione. È una scelta di vita chedeve essere comunque premiata conidonei incentivi.

Certo è che se si seguirà a fare delterrorismo sul versante dell’età a pre-scindere dalla contribuzione, l’effettoindotto è la fuga dal mondo del lavoro;in proposito basta vedere l’esodo chesi è manifestato nel 2006 e quello in

atto. Rispetto a queste problematiche occorre una grande mobili-tazione di attivi e pensionati per riportare il dibattito politico nelladimensione reale e non virtuale.

Su questo versante il sindacato, la FNP CISL, si sentono prota-gonisti per invertire una linea di tendenza e dare un contributo allasocietà italiana.

* Segretario Reg. Organizzativo FNP Sicilia

Le leggi regionali rimodellano l’efficacia della legge statale impedendone l’applicazione in Sicilia

La peculiarità dell’autonomia legislativaè una “esclusiva” della Regione SicilianaCostituisce un vero unicum nell’ordinamento costituzionale italiano

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di GIUSEPPE PARISI

Èdi questi giorni il dibattito parla-mentare, a volte serrato e nonprivo di toni polemici, a cui

“inermi” stiamo assistendo, dove forzenotoriamente “pacifiste”, prevalente-mente della sinistra più radicale, pur ditenere in piedi questa legislatura che haampiamente mostrato i suoi limiti,hanno dato il loro assenso al Senatomentre si giocava oltre il finanziamen-to della missione fuori area svolta deinostri militari, l’esistenza stessa delrinato governo Prodi. Non c’è dubbioche ha prevalso più la seconda ipotesiche la prima. Ricordiamo bene comecostoro si espressero quando compattivotarono contro. Questi abili manipola-tori della parola non convincono piùnessuno con le loro elaborate dichiara-zioni a giustificazione di un voto che laloro stessa base (riformisti e radicali)non condivide. Se la memoria non citradisce, proprio costoro sono statiquelli che nella trascorsa legislatura dicentro destra hanno armato cortei,comizi e ogni quant’altro spacciandoleper azioni pacifiste, di cui avevano benpoco di pacifismo, sull’argomento del-l’impiego delle forze armate all’estero,giudicati atti di aggressione e di guerra.Tante volte hanno citato l’articolo 11della Costituzione che oramai cono-sciamo a memoria. Giorni fa, li abbia-mo visti e sentiti, a conferma di que-st’asseto, gli studenti della Sapienza diRoma, accogliere il “leader” Bertinotti,il più noto dei pacifisti, con espressionidel tipo di “buffone…guerrafondaio” ealtre amenità scritte sui cartelli di cuinon vale la pena parlare, considerando-le solo volgari parolacce. Eppure erauno di loro. Immaginate se al posto diBertinotti si fosse presentato, ed è soloun esempio, La Russa o altri di AN,cosa sarebbe successo? Non si vengaora a dire agli italiani che era una spa-ruta minoranza quella che protestavacontro il nostro Fausto perché afferma-re questo, o tentare di farlo, sarebbe edè offensivo per tutti, visto che sull’ar-gomento la quasi totalità dell’elettoratodi questa frangia della sinistra nonaccetta mezzi termini.

È veramente ammirevole quindivedere come questi “politici” sannoben imbrogliare il loro stesso elettora-to, dicendogli una cosa e votandoneun’altra. Che dire…ottimi maghi! Èpur vero che dall’altra parte le cose nonvanno meglio. Il centro destra, con ladefaillance di Casini, si è lacerato. Perl’UDC, che ha dichiarato di voler resta-re sempre nell’orbita dell’opposizione,votare sì al decreto è stata una questio-ne di coerenza politica, mentre per Ber-lusconi & C. si è trattato di un volerpuntare il dito su alcune questioni divitale importanza ben sapendo chedecreto o no, come è anche emerso inuna trasmissione di Porta a Porta dellascorsa settimana, il Governo disponen-do di altre risorse economiche di pron-to impiego nei casi di emergenza,anche nell’ipotesi di una sconfitta sulvoto di rifinanziamento della missione,i fondi comunque li aveva a disposizio-ne, e certo i nostri militari indietro nonsarebbero tornati. Cosa quindi ha dacontestare al governo la Casa dellelibertà? È presto detto. In primis, un

potenziamento delle armi in mano ainostri soldati, e in secundis la libera-zione da qualsiasi “cavoit” d’impiegoimposto dal Governo Prodi che, pena-lizza i militari italiani considerati conquesto vincolo inaffidabili dagli alleati.È indubbio infatti che le direttiveromane sono un’abile ingerenza “poli-tica” del Governo Prodi sulla linea dicomando militare delle forze NATO(relativamente all’impiego delle nostretruppe). Il Governo infatti si riservaentro 72 ore di dare o meno il “placet”su disposizioni ricevute sul campo e\osul tamburo, dai comandanti il contin-gente internazionale alle nostre truppe,che potrebbero essere in contrasto conle direttive d’impiego avute dal gover-no italiano. Questa situazione di “pru-denza”, pur comprensibile, non è affat-to giustificabile militarmente parlando,perché impedisce quella rapidità d’a-zione tipica e risolvente tanto più èimmediata, di tutti gli atti tattici edoperativi che puntino in tempi brevi adottenere risultati efficaci sul terreno insituazioni di “pericolo”, dove la guerri-glia talebana, giocando in casa, non

teme rivali. Potreste voi concepire uncontingente di soldati “alleati” sottotiro talebano, che potrebbe essere risol-to da un pronto intervento italiano, ildover attendere “ordini” dal Governoche sta a Roma se è possibile o noeffettuarlo? Autorizzazione che, se tar-diva o negata, potrebbe comprometterela vita di altri militari “amici”? Nelfrattempo, cosa succede alle truppe

accerchiate? Con quale faccia i soldatiitaliani si potrebbero presentare in uncontesto di pari, senza essere sbeffeg-giati? È chiaro che i reparti delle Forzearmate che il Governo ha mandatofuori area a svolgere un compito deli-cato, non sono compagnie di Gesù o diCrocerossine, ma militari. Significaquesto che i militari adottano sempre,per loro stessa natura, procedimentioperativi dove l’uso della forza è unascienza.

Anche se la missione è di pace, ciònon significa che i soldati debbanomuoversi, agire ed operare come senon fossero in guerra, cioè adottaretutte quelle “misure di sicurezza” pre-viste e prevedibili, qualunque questesiano sia le zone d’impiego che il com-pito assegnato. Tutto questo, ancheandando a consegnare aiuti umanitari e…strette di mano. Abbassare la guardiaè un errore fatale che si paga a caroprezzo, come abbiamo ben visto. Il“deterrente” che tiene lontani i guerri-glieri dalla vigilanza armata attuatadalle truppe NATO è il sapere che aduna loro azione di offesa che utilizzi learmi, corrisponderà “sempre” una rea-zione “difensiva” di fuoco più potenteed efficace (commisurata al tipo dioffesa). Ora, se i talebani, da notizie

fornite dai vari servizi, stanno ripiegan-do e dovranno attraversare come parela nostra zona, i nostri sono pronti areagire adeguatamente ad azioni diattacco al mutare della situazione d’im-piego? Questo è il problema postodalla Casa delle libertà.

Quando parlano di potenziamentodelle armi, non alludono ai “moschetti”ma a ben altro come vedremo. Lungida noi, pur potendolo fare, per il ruoloricoperto per tanto tempo nell’ EsercitoItaliano, spiegare in questa sede deter-minate dinamiche legate al combatti-mento. Ma è essenziale dire in strettasintesi che sono fattori rilevanti di dife-sa attiva, il fuoco e il movimento.

Il volume di fuoco, adeguato,accompagnato da un’azione di disim-pegno, con il movimento dei mezziblindati o corazzati che siano, costitui-scono quel “contrasto dinamico” utileper potersi sganciare dall’aggressorecon il minor numero possibile di perdi-te. Per far questo, ogni Comandantedeve sapere cosa e chi ha di fronte,cosa e chi lo ha colpito. I talebani nonavanzano con ”bandiere e tamburi” perfar vedere quanto sono forti allo scopodi intimorirci per metterci in fuga. Nonfunziona così la cosa. I guerriglieri, ingenere, colpiscono e fuggono. E quan-do hanno colpito, il danno è fatto. Se ilreparto sottoposto all’attacco è deboleper carenza di fuoco o scarsa azione dicoordinamento e comando, allora ten-

tano il tutto per tutto per accerchiarlo edistruggerlo… sono le regole dellaguerriglia vigenti da secula seculorum.Per “loro”, per quanto bravi e buoni sipossa essere, rappresentiamo il “nemi-co” invasore.

Ora, se il leader dell’opposizione Sil-vio Berlusconi chiede al GovernoProdi di dotare i nostri soldati di mezziadeguati al nuovo compito che si pre-vede debbano assumere a breve, è chia-ro che questi mezzi sono elicotteri dacombattimento, aerei da bombarda-mento, mezzi blindati, corazzati e altroancora. Insomma, “occhi” per vedere e“mezzi” per difendersi efficacemente.Tutto questo, certamente non è graditoall’on. Giordano e al suo elettorato chevedono atteggiamenti “troppo” guerre-schi nei militari.

E allora? L’unica soluzione possibilee percorribile è che il Governo Prodi,che vede in Arturo Parisi un Ministrodella Difesa capace, deve dare alloStato Maggiore della Difesa tutto ciòche gli viene chiesto, senza alcunaremora o riserva. La fiducia alle pro-prie Forze Armate e ai suoi Comandan-ti che hanno da sempre ben dimostratofedeltà alle Istituzioni, è fattore indi-spensabile e “conditio sine qua non”per avere la certezza, certo non assolu-ta, del buon esito delle missioni chesono stati chiamati ad assolvere i nostriragazzi migliori… altro che “no glo-bal”.

6 LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

C’è troppa confusione nel definire i confini del “pacifismo” nelle situazioni di aperta conflittualità

Abbassare la guardia è un errore fataleAfghanistan: dove portano i compromessi?

Contro il terrorismo funziona poco il gioco delle colombe e dei falchi

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8 LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

di MARCO MARTURANO*

Se il primo obiettivo della fiaccola-ta per la sicurezza voluta dal sin-daco Moratti era quello di risolle-

vare la sua immagine di sindaco vicinoai cittadini, su cui aveva tanto investitodurante la sua campagna elettorale eche poi ha perso nei primi nove mesi digoverno della città, allora l’obiettivo èstato centrato. Con tutte le rinunce alsuo ruolo istituzionale, ma è stato cen-trato.

È questa la prima delle cinque conse-guenze comunicative che la manifesta-zione milanese di lunedì ha avuto. Cin-que conseguenze, di cui due a favore diLetizia Moratti e tre contro, con unjolly incarnato da Silvio Berlusconi,che alleva un’erede alla sua leadershipma allo stesso tempo la spinge a com-piere tre grandi autogol.

Tra le reti segnate da Letizia, infatti,la seconda riguarda proprio la staffettacon il Cavaliere per la leadership nelcentrodestra. Il secondo effetto proMoratti di questa manifestazione è ilconsolidamento della sua corsa versouna possibile candidatura alla Presi-denza del Consiglio per il centrodestra.Una corsa già certificata dalla suagestione tutta politica-nazionale emolto poco amministrativa-locale diuna manifestazione che ne fa sempre dipiù una leader populista e antiprodiana,ovvero un possibile competitor per laguida della sua coalizione al Governo.

Ma questo corteo ha condotto LetiziaMoratti, con lo zampino di Silvio,anche a tre grandi autogol.

Il primo: il sindaco Moratti, che finoad oggi si era distinta come sindaco deldialogo nella città e tra le istituzioni,diventa il sindaco della divisione, chedivide la città in due manifestazioni,una contro il Governo (la sua) e unacontro il Comune, e che divide Milanodal Governo.

Il secondo autogol: il sindaco Morat-ti, che aveva lavorato per dare la sensa-zione di poter rilanciare Milano grazieal suo valore aggiunto, sceglie con que-sta operazione di diventare il primosindaco che ammette di non poter risol-vere i problemi della città, diventa cioèil primo sindaco di opposizione gover-no-dipendente, che amministra solo seè il Governo nazionale ad intervenire ededica il suo tempo a denunciare ilGoverno quando non lo fa abbastanza.

Terzo autogol: il sindaco Morattidiventa il primo sindaco che organizzamanifestazioni per testimoniare la suavicinanza ai problemi dei cittadini, perchiedere soluzioni e non per proporle odifenderle. La conseguenza, a questopunto, è che, per coerenza, dovrà occu-parsi di manifestare come minimo sultraffico, sull'inquinamento, sull'occu-pazione, sulla sanità, sullo sviluppo,sui giovani, sugli anziani, e sulla casa.

Bisogna ammettere, per concludere,che l’acceleratore delle tre conseguen-ze negative della manifestazione per ilsindaco Moratti è stato indubbiamenteil Cavaliere. Quel Cavaliere che daospite muto si è trasformato nel prota-gonista del comizio che della manife-stazione è diventato il clou. Quel Cava-liere che prima ha fatto distribuire10000 sciarpe della libertà, giusto pernon connotare troppo politicamente lamanifestazione, e poi ha trasformatouna teorica manifestazione sulla sicu-rezza nell'occasione per annunciare l'a-stensione al voto sull'Afghanistan.Quel Cavaliere che ha chiuso unamanifestazione definita dalla Moratti"non anti-Governo Prodi" in unasequela accattivante di motivi per cuil'unico impegno del centrodestra daMilano a Palermo deve essere esclusi-vamente quello di mandare a casaProdi. Questa volta, comunque, chenon si venga ad accusare ancora ilpovero Berlusconi di aver esagerato.Non ha fatto altro che valorizzare comesolo lui sa fare pregi e difetti di un'ideadi comunicazione, quella della manife-stazione lanciata dalla Moratti, che haavuto in lui il miglior testimonial.

*Consulente politico, presidente di GM&P, docente

di Giornalismo Politico IULM

Il sindaco Moratti voleva usare la manifestazione sulla sicurezza di Milano come vetrina personale

Il leader della Cdl non concede spazioOstacola anche quando l’erede è donna

Berlusconi si avventura nella “campagna per le amministrative”

Ponte sullo Stretto: e adesso l'Impregilo richiede un maxi-risarcimento

Miliardi di euro per non costruire nulladi GUGLIELMO ALTAVILLA

Lo avevamo ampiamente previsto e scritto:alla fine l’affaire Ponte sullo Stretto si chiu-derà con il pagamento di una maxi-penale

senza che un solo mattone o una sola trave possarespirare l’aria di Sicilia. Infatti, nei giorni scorsi,la Impregilo, l’impresa a capo del consorzio vinci-tore dell’appalto per la realizzazione della mega-opera pubblica, ha fatto sapere per bocca del pro-prio amministratore delegato Alberto Lima che:“Entro un mese attendiamo una risposta definitivadel governo, non si può tenere il discorso indefini-to. Anche i nostri soci stranieri della cordata cistanno richiamando ai nostri obblighi e doveri neiloro confronti”. Continuando, Lima ha anche affer-mato: “Chiediamo al governo di dirci se questo

contratto lo confermano o lo onorano. Le alterna-tive sono tre: o ci danno l’inizio dei lavori, o can-cellano il contratto o ci chiamano ad una trattati-va per fare qualcosa di diverso.”. La vicenda èormai ad un passo dalla farsa; in pratica il contrat-to esecutivo (55.000 pagine e quasi trenta ore perfirmarle tutte) fu firmato il 27 marzo 2006, a pochigiorni dalle elezioni politiche, e prevedeva unapenale del 10% circa se si fosse deciso di non farepiù il ponte. Essendo l’importo del contratto pari a3,88 miliardi di Euro, la penale per la non realizza-zione sarebbe dunque pari a circa 388 milioni diEuro (oltre 700 miliardi delle vecchie lire perintenderci). Ma all’Impregilo non la pensano pro-prio così, infatti sempre Armando Lima sostieneche, per la sua impresa, il contratto vale 1,7 miliar-di ed essendo firmato ed esecutivo, l’azienda ne

avrebbe un danno di pari valore. Sembra cheImpregilo sostenga che il danno che avrebbe dallanon realizzazione dell’opera sarebbe pari a quasiquattro volte e mezzo l’importo della penale.Ricordiamo, insieme ai nostri lettori, che già l’im-porto stesso della penale suscitò diverse perplessi-tà e mugugni; in effetti se il costo della progettazio-ne veniva computato tra i 60 ed i 70 milioni di euroappariva troppo grande la cifra di 388 milioni (oltrecinque volte le spese in questione appunto). Giustoper fugare il campo da ogni dubbio riteniamo per-fettamente naturale che l’Impregilo tenda a tutela-re i propri interessi e magari a “massimizzare” ilsuo guadagno anche senza costruire nulla; c’è uncontratto firmato ed andrebbe onorato. Quello checi fa sicuramente storcere il naso è il totale disprez-zo da parte della politica (di destra, di sinistra o“autonoma”) del pubblico danaro. Siamo certi che,anche in caso di denunce, cause ventennali e tribu-nali pieni di tonnellate di carte, l’Impregilo recupe-rerà una bella somma di denaro di molto superiorealle spese di progettazione ed in questo avrà giàfatto una magnifica, nonché del tutto legittima,operazione finanziaria. Con altrettanta certezzasiamo anche ragionevolmente sicuri che tutti que-sti milioni di euro buttati nel nulla non verrannorisarciti al pubblico erario dai fautori di questascelta suicida. Ci ostiniamo a non capire una cosache ci sembra semplice: se il governo di centro-sinistra ha deciso di non onorare un contratto per-ché non si accolla le spese delle sue scelte? Perchédebbono essere i cittadini italiani (e sicuramentequelli siciliani e calabresi) a pagare di tasca lepenali alle aziende private? In ogni caso una solu-zione al problema l’ha già trovata l’Impregilo stes-sa la quale si accontenta di farsi assegnare (comerisarcimento) i lavori di base propedeutici al ponte(sistemazione dei porti e di tutte le infrastrutture diservizio a terra) la cui sorte potrà essere decisa infuturo. In pratica questo significherebbe compiere,e pagare, opere funzionali ad un’altra che non si sase verrà mai realizzata, non ci pare un buon inve-stimento per le casse pubbliche. In conclusionepossiamo presentare, per evidenza e consecutiostessa dei fatti, una sola conclusione: è cioè che dal2001 ad oggi tutti i convegni, le battaglie, le pro-messe, i decreti e quant’altro sono soltanto servitial probabile pagamento di milioni di euro per nulla:complimenti a tutti, i siciliani ringraziano.

Letizia Moratti e a destra Silvio Berlusconi

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9LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

Tregua basata su un equilibrio troppo fragile per essere duratura

_______di Enzo Lombardo

Con il trattato del 31 agosto del 1302 la Sicilia riuscì a garantire la propria sopravvivenza nel contesto socio-politico europeo del XIV secolo

dopo un’incredibile serie di peripezie

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Il 31agosto del 1302, con la pace di Caltabellotta, il Regnodi Sicilia riuscì a garantire la propria sopravvivenza nelcontesto geo-politico europeo del XIV secolo dopo un’in-

credibile serie di peripezie. Infatti grazie all’accordo del papa-to con la corona di Francia, la corona di Sicilia, che spettavaagli Hoenstaufen eredi del grande Federico II, fu promessa aCarlo d’Angiò il quale venne in Italia con esercito per prender-si quanto gli spettava. Manfredi di Hoenstaufen, figlio natura-le di Federico II, amministrava il regno in nome del fratelloCorrado IV, imperatore e Re di Sicilia. Ma Corrado IV morìnel 1254 ed a quell’epoca il figlio, Corrado V di Hoenstaufendetto “Corradino di Svevia”, non aveva che due anni. Manfre-di di Hoenstaufen tenne la Sicilia come reggente fino al 1258,poi si fece incoronare Re credendo che il piccolo Corrado Vfosse morto. Manfredi I riuscì a rintuzzare gli attacchi del papae degli angioini fino al 1266 anno in cui venne ucciso durantela battaglia campale di Benevento. A quel punto il legittimoerede del trono di Sicilia, che si ricorda arrivava perestensione fino all’attuale Abruzzo, era il quattordi-cenne Corrado V che, coraggiosamente, volleaffrontare Carlo d’Angiò in battaglia perdendo aTagliacozzo nel 1268. Lo stesso anno, con atto diimmensa crudeltà, Carlo d’Angiò fece giustiziare ilgiovane decapitandolo pubblicamente sulla piazzadel mercato di Napoli. Da quel momento il Regnodi Sicilia come lo aveva progettato il Gran ConteRuggero d’Altavilla e realizzato il Grande ReRuggero II nel 1130 veniva, drasticamente, acambiare. Tutto il potere passò da Palermo aNapoli e la Sicilia divenne provincia lonta-na e terra da spremere e saccheggiare.

Venne il momento in cui i Siciliani siribellarono a tale stato di cose e, nellaPasqua del 1282, si sollevarono controCarlo d’Angiò cacciandolo per sem-pre dall’isola. Il parlamento sicilianoriuscì ad organizzare una resistenzadi circa sei mesi fino a quando PietroIII d’Aragona, nemico giurato diCarlo d’Angiò e marito di Costanza diHoenstaufen figlia di Manfredi I diSicilia, decise di accettare la coronadi Sicilia offertagli. Alla morte diPietro III gli succedette, come Redi Sicilia e non d’Aragona, ilsecondogenito Giacomo II il qualeportò avanti con ardore ed energiala guerra contro Carlo d’Angiòinfliggendogli sonore batoste; maquando il fratello maggiore, Alfonso III,morì Giacomo venne chiamato a regna-re in Aragona non lasciando però lacorona al fratello più giovane Federicocome sarebbe stato desiderio delpadre. Giacomo II si rese conto chela guerra contro il papa ed i france-si stava portando l’Aragona inrovina solo per difendere gli inte-ressi siciliani ed allora, mentendospudoratamente ai siciliani che lo

avevano sin li “adorato”, intavolòtrattative di pace per cedere la coronadi Sicilia all’Angiò. Federico d’Ara-gona si adirò immensamente con ilfratello fino a prendersi, con la forza,ciò che doveva essere suo sin datempo; nel 1296 si fece incoronare Redi Sicilia dal Parlamento Siciliano egiurò sulla costituzione, una delle piùantiche e lungimiranti d’Europa, chemai avrebbe regnato se non per gliinteressi della sua amata Sicilia. Finoal 1302 Federico III dovette lottare dasolo contro tutta Europa e persinocontro il fratello Giacomo che si erapersino alleato con i nemici di untempo. L’eroica resistenza siciliana si

concretizzò, appunto, nell’estatedel 1302 quando si firmò la pacedi Caltabellotta con la qualeFederico III manteneva il con-trollo del Regno e sposava lafiglia di Carlo II d’Angiò,Eleonora, salvo dovere resti-tuire il Regno a Napoli alla suamorte. Naturalmente Federi-

co III non aveva nessu-na intenzione di tene-

re fede a quel pattoscellerato e frutto

più di stanchezzache di opportu-

nità. Infatti,ufficialmente, la pace di Caltabellot-ta non fu mai ratificata dal Parlamen-

to Siciliano, cosa che invece eraespressamente prevista dallaCostituzione Siciliana emanataproprio da Federico, né mai nes-

suno si curò di ricordarsi di questa“dimenticanza”. Dopo l’agosto del1302 Federico III continuò a definir-si Re di Sicilia, ed avrebbe dovutodire di Trinacria, ed addiritturaDuca di Puglia e Principe di Capua(titoli che spettavano al Re di Sicilia

“vecchia versione”). Bonifacio VIII,che di Federico III e della Sicilia era

uno dei più fieri avversari, fece buonviso a cattivo gioco perché i suoi rappor-ti con i francesi, ed in specie con l’arro-gante Re Filippo “il Bello”, stavano pre-cipitando di giorno in giorno e non eratroppo prudente avere troppi nemici.Nel maggio del 1303 si celebrò, aMessina, il matrimonio tra FedericoIII di Sicilia ed Eleonora d’Angiòche si annunciava foriero di unanuova era di pace e prosperità. Manon vi furono né l’una, né l’altra; la

pace di Caltabellotta si reggeva su un equilibrio troppo fragileper potere essere duratura e, sulla base degli sviluppi che siebbero in seguito, essa fu più una tregua che una pace vera.

Tuttavia, smobilitati i soldati e riprese le quotidiane attività,Federico cercò di portare in Sicilia un minimo di ripresa eco-nomica e di rinascita culturale. In un primo momento vi riuscìbene tanto che nel giro di un paio di anni l’Isola tornò ad espor-tare merce verso l’estero ed essere il grande crocevia commer-ciale che era sempre stata sin dall’avvento degli arabi. L’espan-sione economica e sociale fu assolutamente favorita da unafiscalità bassissima e dalle illuminate leggi e consuetudini dicui, unici insieme agli inglesi in tutta Europa, godevano i sici-liani. Il matrimonio di Federico ed Eleonora portò presto i suoifrutti. Nel 1304 nacque Costanza, nel 1305 Pietro (che sarà ilsuccessore di Federico) e poi, via via, Manfredi, Guglielmo,Giovanni e Ruggero più altre figlie. I rapporti con il papato econ i successori di Bonifacio VIII, Benedetto XI e Clemente V,furono caratterizzati da alti e bassi ma non furono mai eccessi-vamente a rischio. Anche i rapporti con il fratello Giacomo II,re d’Aragona, erano condizionati dallo scontro fratricida a cuiquest’ultimo era voluto arrivare per eccessiva smania di pote-re. I due fratelli, memori dei bei tempi in cui andavano “d’a-more e d’accordo”, cercavano di riconciliarsi ed arrivare adun’alleanza, ma anche in questo caso la questione procedeva astrappi e non arrivava mai ad un punto risolutivo. Ovviamentela situazione non era migliore se si vuole guardare il rapportocon il vicino Regno di Napoli e gli Angiò. Seppure legati adoppio filo da vincoli di parentela matrimoniale (Iolanda d’A-ragona, sorella di Federico, era sposata a Roberto d’Angiòerede al trono di Napoli, mentre Eleonora d’Angiò, sorella diRoberto e figlia di Carlo II, era sposata con Federico) tra Paler-mo e Napoli i sospetti, le ripicche e le accuse reciproche eranoall’ordine del giorno. Il 3 maggio del 1309 Carlo II d’Angiòmorì lasciando il figlio Roberto successore del Regno di Napo-li; fu in quell’anno che Giacomo II d’Aragona tentò unamediazione risolutiva tra la Sicilia e Napoli proponendo aFederico il titolo di Re di Gerusalemme mentre Roberto d’An-giò avrebbe dovuto finanziare la spedizione per la guerra santaed il trono da assegnare al cognato. Ovviamente non se ne fecenulla. Nel 1311 Federico III divenne Duca di Atene senza com-battere. Questo evento fu possibile grazie ad una compagnia dimercenari che lo aveva servito durante la guerra contro gli

Angiò e che dopo lapace di Caltabellottase ne era andata inoriente a combattere;questa compagnia eraconosciuta come latemibile CompagniaCatalana. Essa scon-fisse in battaglia ilDuca di Atene Gual-tiero V di Brienne efece dono del grandeed importante feudo aFederico a condizioneche nominasse Ducaun suo figlio.

Questa carica furicoperta prima daManfredi e, alla suaprematura morte, daGuglielmo che espan-se il dominio finoall’attuale Patrasso efacendolo divenireDucato di Atene eNeopatria; nello stes-so anno furono ricon-quistate le importan-tissime isole tunisinedi Gerba e Kerkenah.La pace di Caltabel-lotta subì un colpodurissimo con ladiscesa in Italia del-l’imperatore EnricoVII che, venuto perportare la pace traguelfi e ghibellini,finì con lo scatenarela guerra. Nemmeno adirlo Federico III si

schierò immediatamente con l’impero e con i ghibellini, men-tre Roberto d’Angiò divenne il capo dei guelfi in Italia e sipensi che ai tempi di Federico III la parola guelfo in Sicilia erasinonimo di grave offesa personale. Il 4 luglio del 1312, aquasi dieci anni dalla pace di Caltabellotta, Enrico VII e Fede-rico III firmarono un trattato di alleanza difensiva ed offensivacontro il Regno di Napoli del quale un terzo sarebbe toccato aFederico III ed al Regno di Sicilia, mentre Pietro, l’erede diFederico avrebbe sposato Beatrice, la figlia dell’imperatore. Il23 aprile del 1313 un tribunale imperiale decretò che Robertod’Angiò si era reso colpevole di lesa maestà per avere ostaco-lato l’incoronazione imperiale a Roma e, di conseguenza, egliveniva privato del titolo regale, messo al bando dell’impero econdannato a morte. Questa sentenza ebbe come corollario chetutti gli impegni da lui presi erano nulli ab origine, pertanto traessi rientrava anche la pace di Caltabellotta. Un messo impe-riale venne a consegnare la sentenza a Federico III, il qualeconvocò un Parlamento ad Enna che ratificò il sostegno mili-tare ad Enrico VII. Nel giugno del 1313 sia Federico III cheEnrico VII furono scomunicati dal papa Clemente V. Ad ago-sto si passò dalle parole ai fatti ed il primo del mese FedericoIII, senza nemmeno comunicare la dichiarazione di guerra alcognato Roberto d’Angiò, invase la Calabria occupando diver-si centri; ma a quel punto le operazioni militari furono blocca-te perchè Federico III doveva allestire una flotta per congiu-gersi ad Enrico VII a Gaeta che partì il 30 agosto da Milazzo.Durante la navigazione, all’altezza di Stromboli, la flotta sici-

10 LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

Due sovrani: Carlo II e Roberto V D’Angiò

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liana, rafforzata da navi pisane, ricevette la notizia che l’impe-ratore era improvvisamente morto il 24 agosto a Buonconven-to, oggi in provincia di Siena. Per qualche istante non si seppeche fare, poi si prese la decisione di procedere comunque vistoche nel messaggio si diceva anche che il figlio di Enrico VII,Giovanni di Boemia, stava comunque allestendo un esercitoper scendere in Italia. Lo scalo, però, venne spostato a Pisa,città ghibellina amica, e non più a Gaeta. Federico III venneaccolto in Toscana con grande festa e giubilo ma si accorsepresto di essere rimasto solo contro tutti i guelfi italiani. Infat-ti di Giovanni di Boemia non vi era traccia ed il marescialloimperiale Enrico di Fiandra era scappato da Pisa lasciando lepoche truppe imperiali nel pieno della confusione e dello sban-damento.

Tutti i ghibellini italiani chiedevano aiuto al Re di Sicilia manon potevano offrirne. Federico, da uomo intelligente qualeera, capì che la Sicilia era rimasta sola contro tutti e che a sten-to poteva difendere se stessa e quindi, fece un bel discorso aiPisani e se tornò nella sua isola. Dante Alighieri così stigma-tizzò, non senza ingiustizia, il comportamento di Federico nelcanto XIX del Paradiso della Divina Commedia: “Vedrassi l’a-varizia e la viltate/ di quei che guarda l’isola del foco”. Duran-te il viaggio di ritorno una violentissima tempesta costrinse laflotta siciliana ed il Re a sostare per un mese a Cagliari, in Sar-degna, e da li Federico scrisse la celebre lettera al fratello Gia-como II dove diceva che avrebbe difeso la libertà della Siciliaanche a costo della sua stessa vita. Il sovrano riuscì ad attrac-care a Trapani l’11 novembre del 1313. Federico cominciò aprepararsi per ricevere la controffensiva angioina che nonsarebbe certo tardata ad arrivare e nel frattempo, gennaio del1314, cercava di giustificarsi con Clemente V dicendo di avereubbidito agli ordini del legittimo imperatore, ovviamente que-sto non basto a fare tornare il papa dalla sua perte e nemmenoa togliergli la scomunica. Alla fine del maggio del 1314 Giaco-mo II propose l’ennesima mediazione proponendo di tornarealle condizioni della pace di Caltabellotta, ma il Parlamentosiciliano rifiutò questa proposta mentre era riunito a Messina.Il 9 agosto del 1314 Federico III, da Enna, comunicò ufficial-mente, urbi et orbi, di lasciare il titolo di Re di Trinacria (comedai patti di Caltabellotta, ma non che non aveva mai veramen-te utilizzato) e di intitolarsi nuovamente Re di Sicilia, propriomentre, quello stesso giorno, l’armata angioina sbarcava sullacosta nord-occidentale fra Carini e Castellammare del Golfo.Come suo nonno Carlo I nel 1282, Roberto I d’Angiò speravadi invadere la Sicilia con una grossa armata concentrata in unsingolo sbarco per sbaragliare il nemico e metterlo in ginoc-chio. Il giorno successivo cadde nelle mani degli angioiniCastellammare del Golfo ed il 16 agosto Trapani fu isolata viaterra e via mare in un mortale assedio. Come Messina tantianni prima, anche Trapani si difese eroicamente con alla guidal’eroico Simone Valguarnera. Stavolta però la Sicilia non erapiù un insieme disorganizzato di comuni insorti ma uno statoefficiente guidato da un sovrano risoluto. Federico non si feceprendere dal panico e mobilitò la flotta e l’esercito e tutti icomuni, senza lamentela alcuna, profusero denaro ed uominiper difendere la libertà della patria siciliana. Il 30 ottobre, men-tre a Trapani si era sotto assedio da oltre due mesi, l’interoesercito siciliano e flotta furono passati in rassegna da Federi-co III a Palermo, nel piano di S.Giorgio (alla fine dell’attualevia Cavour verso il mare). Tuttavia la flotta non riuscì mai araggiungere Trapani per attaccare gli assedianti a causa di mal-tempo e tempeste.

Si giunse a dicembre con gli angioini che ancora non aveva-no concluso nulla dopo quattro mesi di assedio alla città delsale ed allora la moglie di Roberto I, sorella di Federico, cercòuna mediazione. La tregua fu firmata il 17 dicembre del 1314e sarebbe stata valida fino al primo marzo del 1316. In basealla tregua l’assedio di Trapani veniva tolto e le parti avrebbe-ro occupato le posizioni sin li raggiunte. Il 30 dicembre Rober-to d’Angiò lasciò la Sicilia per fare ritorno a Napoli. Il 1315trascorse senza particolari avvenimenti e fu caratterizzato dal-l’estrema povertà personale del sovrano che aveva investitoquasi tutte le sue ricchezze per la guerra e potè aiutare econo-

micamente il fratello Giacomo che chiedevadei prestiti. Scaduta la tregua, Federico IIIdiede ordine di riconquistare Castellammaredel Golfo che tornò in mani siciliane il 14aprile del 1316. Nel frattempo Roberto d’An-giò si era convinto, visti i propri insuccessi equelli del nonno, che la strategia migliore eraquella di logorare i siciliani con piccoli attac-chi improvvisi, incursioni piratesche e deva-stazioni delle campagne illustrando la suastrategia di “logoramento” con la metaforadella goccia che scavava la pietra. L’otto diagosto del 1316, 70 galee angioine si presen-tarono davanti al porto di Marsala tentanto diprenderla senza riuscirvi. Frustrati, i millecin-quecento militi si abbandonarono alla deva-stazione delle campagne intorno a Salemi,importante centro agricolo e strategico dellazona. Finito il saccheggio le truppe si reim-barcarono e sbarcarono a Palermo continuan-do le azioni piratesche per poi reimbarcarsiancora ed usare lo stesso metodo a Messina.Il due dicembre, nel Duomo di Palermo, siriunì un Parlamento per valutare lo stato diavanzamento della guerra. L’assise confermòpiena fiducia a Federico e si propose di arma-re altre navi che, tuttavia, non furono neces-sarie per l’intero 1317. Nel frattempo il pri-mogenito di Federico, Pietro, veniva lasciatoa Palermo alle cure ed all’educazione diSimone Valguarnera e fu nominato VicarioGenerale del Regno. Anche in questo atto tra-spariva in Federico la voglia di continuitàdinastica in aperta violazione dei patti di Cal-tabellotta. Nel maggio del 1317 la flotta

angioina compì un altra serie di azioni di “guerra lampo” fattedi sbarchi e devastazioni distruggendo molte tonnare e campa-gne sulla costa tirrenica. Da circa una anno, tuttavia, regnavaun nuovo papa, Giovanni XXII, che cercò di mediare la pacefra gli Angiò e Federico III che ricevette un’imponente delega-zione papale a Messina mentre stava armando la flotta. Il papaproponeva lo Stretto di Messina come naturale confine tra idue regni (ammettendo così implicitamente che il Regno diSicilia fosse ormai un’entità indipendente ed a sé stante rispet-to a Napoli).

Le trattative con Federico portarono ad un tregua che sareb-be dovuta durare fino al Natale del 1320, nel frattempo si

sarebbe lavorato alla pace definitiva.Come pegno di buona volontà, Federi-co avrebbe dovuto consegnare al papatutte le terre conquistate in Calabriache li avrebbe amministrati tempora-neamente per poi consegnarli a chi neavrebbe avuto diritto in base al tratta-to di pace che sarebbe stato partoritodalle trattative. Federico, anche se amalincuore, accettò. Gli accordi però,dovevano essere ratificati dal Parla-mento come previsto dalle Costituzio-ni concesse da Federico nel 1296. IlParlamento si riunì a Mazara del Valloil 24 marzo del 1318; oltre alla ratifi-ca degli accordi dell’anno precedentebisognava anche decidersi su comeimpostare le trattative di pace chesarebbero iniziate ad Avignone (inquel tempo residenza del papa duranteil periodo della cosiddetta “cattivitàfrancese”) il primo di maggio di quel-lo stesso anno. Il Parlamento chiese alsovrano di non partire per Avignonememore della lunga e tormentataassenza di Federico in occasione dellasfortunata spedizione dei tempi diEnrico VII. Federico rispose che eralusingato dall’affetto che gli venivamostrato ma la sua presenza alle trat-tative avrebbe sicuramente miglioratole cose; il Parlamento non volle sentir-ne e Federico decise di accontentarlomandando alle trattative Francesco diAntiochia e Francesco Ventimiglia. Idue ambasciatori dimorarono ad Avi-gnone fino ad agosto inoltrato nell’at-

tesa che si presentasse Roberto d’Angiò con la sua delegazio-ne per iniziare i lavori. In realtà gli angioini non si presentaro-no perchè a Roberto, una volta che i siciliani se ne erano anda-ti dalla Calabria, non importava molto di concludere una pace.Con il permesso del papa i due rientrarono in Sicilia nel set-tembre del 1318. Fu certamente singolare il richiamo che Gio-vanni XXII, nel suo perfetto stile, fece a Roberto d’Angiò chie-dendogli se egli avesse accumulato tanti meriti presso il PadreEterno da pensare che quest’ultimo sbrigasse i suoi affari insua assenza. Ma fu solo un’amorevole tirata di orecchie; ilpapa, che sarà ricordato come uno dei peggiori che l’umanitàabbia conosciuto, era di fatto un sostenitore degli Angiò e deifrancesi in generale e per dimostrarlo aveva prontamentelasciato nelle mani di Roberto I i domini calabresi consegnati-gli come pegno di pace dai siciliani, violando apertamente lecondizioni della tregua in atto. A questo punto della vicenda,Federico III informò il papa che se Roberto non voleva la paceavrebbe avuto la guerra e, contestualmente, gli chiese la resti-tuzione dei domini calabresi.

Nel luglio del 1320 la flotta siciliana ruppe la tregua, chescadeva a Natale di quell’anno, e partì per aiutare i ghibellinigenovesi ad occupare la loro città dalla quale erano stati espul-si dai guelfi. La flotta siciliana e quella napoletana non venne-ro mai a contatto vantandosi però l’una di avere sbaragliatol’altra; di fatto i siciliani non riuscirono ad espugnare Genovaed i napoletani non riuscirono a battere i siciliani. La spedizio-ne, e la guerra in generale, costavano una cifra esagerata al Reed al Regno ed allora si decise, con il consenso del Parlamen-to, di istituire un’imposta di guerra del 3% su tutto ciò cheveniva importato nel Regno e che da esso veniva esportato.Nessun comune o categoria ebbe a protestare e fu solidale conla guerra. La tassazione riguardò anche i beni ecclesiastici mail clero siciliano non si lamentò per nulla cosa che invece, nonsi quale con quale dose di faccia tosta, fece Giovanni XXII cheper reazione confermò la scomunica a Federico III e lanciòl’interdetto sulla Sicilia. Quest’ultimo provvedimento, a cuil’isola non era comunque estranea per l’eterno conflitto che isuoi regnanti avevano con i papi, consisteva nel totale divietodi esercitare l’attività e le funzioni religiose nell’isola, compre-sa l’unzione dei defunti. L’interdetto durò per quattordici lun-ghissimi anni, fino al 16 gennaio del 1335. Federico III però sicomportò diversamente dal suo antenato Federico II di Sveviache aveva subito lo stesso provedimento. Mentre infatti l’im-peratore e stupor mundi, in forza dell’apostolica legatia che lorendeva capo della Chiesa Siciliana, aveva imposto al clerolocale di ignorare l’interdetto, Federico III volle che venisserispettato il volere del papa e, dunque, per quattordici anni lecampane delle chiese e dei monasteri siciliani non batterono unsolo colpo. Il 19 aprile del 1321 venne compiuto da Federicoun ulteriore atto di sfida al papa ed al mondo intero. In apertaviolazione dei patti di Caltabellotta, che ormai per i sicilianinon valevano più nulla, egli fece incoronare suo figlio Pietrocome Re di Sicilia con il nome di Pietro II. Il nuovo Re, cheavrebbe regnato in associazione al padre (cosa già successadue secoli prima con Ruggero II ed il figlio Guglielmo I d’Al-tavilla) come suo luogotenente e la notizia fu fatta diffondereprontamente in tutta l’isola dai banditori pubblici che cosìprincipiavano il loro “urlo”: “Per multi anni la vita di l’altusignuri re Fredricu e di l’altu signuri re Petru, nostri signurier regi di Sicilia, chi Deu li salvi et mantegna. Amen”.

Il 24 aprile del 1323 il giovane Pietro II, alla soglia deidiciotto anni, convolò a giuste nozze con la figlia del Duca diCarinzia, Elisabetta. Sul fronte militare il Re d’Aragona, Gia-como II fratello di Federico III, tentava sempre di mediare e farcessare il conflitta ma, con il tempo, egli tornava sempre di più

11LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

La Torre di Federico III ad Enna

L’incoronazione di Ruggero II primo re di Sicilia

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12 LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

verso le posizioni del fratello che aveva abbandonato, per vileinteresse, tanti anni prima. Nello stesso 1321, Giacomo IIinformò chiaramente il papa che egli si auspicava una risolu-zione pacifica del conflitto ma che in caso di guerra l’Aragonasarebbe stata al fianco della Sicilia. Come spiegarsi questorigurgito di amore fraterno dopo il clamoroso voltafaccia di piùvent’anni prima è molto semplice.Il sovrano aragonese volevaa tutti i costi la Sardegna che era controllata dai pisani (che oraerano diventati guelfi e, quindi, amici di Roberto d’Angiònemico giurato del fratello).

Pertanto egli, nel 1321 appunto, prese le parti del fratellosperando che egli lo aiutasse economicamente nella guerracontro i pisani. Federico III nel suo intimo non era mai riusci-to ad odiare il fratello per quello che gli aveva fatto ed i rap-porti, come ampiamente visto, non si eramo mai definitiva-mente guastati; tuttavia egli capì perfettamente la manovra e,nel 1322, scrisse dispiaciuto a Giacomo di non poterlo aiutare.Tra il 1322 ed il 1325 vi furono mediazioni, proposte e contro-proposte di pace ma non si arrivò mai ad un negoziato serio. Il1325 vide una ripresa delle ostilità con l’allestimento di unaspedizione angioina contro la Sicilia che fece mettere in allar-me difensivo tutte le città isolane; in questo frangente Federi-co III preferì restare a Messina da dove poteva, in ognimomento, prendere la flotta per compiere azioni di difesa e dicontro-offensiva. Il 25 maggio del 1325 centoquattoridicigalee angioine al comando del Duca di Calabria Carlo, figliodi Roberto I, assaltarono Palermo ponendola sotto assediostrettissimo per venticinque giorni.

La strategia di assedio fu terribile e concentrica perchè lacittà venne accerchiata in più punti con attacchi contempora-nei, costringendo i difensori a spostarsi da un punto all’altrodelle mura. Il 16 giugno gli assedianti angioini, con supportodi truppe genovesi, lanciarono un’offensiva in grande stilecontro la capitale e dopo tre giorni di scontri feroci e sangui-nosi abbandonarono il tentativo anche perché era giunta loronotizia che Federico III era in viaggio con la flotta siciliana etemevano di restare incastrati tra le mura della città ed il mare.Ancora una volta gli angioini non erano riusciti a prendere unacittà importante nonostante l’enorme impiego di truppe, navi emezzi bellici.

Il mese di ottobre dello stesso anno, da Enna, alcune riformefurono sancite da Federico e Pietro per restringere il potere deinobili che, comunque, non si ribellarono contro i loro sovraniche godevano di un prestigio e di un carisma ormai immensoed ai limiti della leggenda. In particolare Pietro II si dedicò conun certo fervore, e non senza risultati, alla ricostruzione, civi-le ed economica, dei luoghi e dei borghi toccati dalla devasta-zione della guerra.

La prima parte del 1326 fu caratterizzata dalle solite, sterili

ed infinite trattative di pace che sisvolgevano ad Avignone e chevedevano protagonista il solito Gia-como II che inventava le formulepiù assurde pur di fare raggiungerela pace alle parti. Ma Roberto eFederico non volevano saperne,mentre i loro ambasciatori guerreg-giavano a colpi di proposte e perga-mene loro si preparavano all’enne-simo scontro che non tardò ad arri-vare. Infatti, il quattro giugno del1326, ottanta navi angioine assalta-rono le coste palermitane senzaperò assaltare direttamente la città edevastando le campagne attorno aTermini Imerese.

Questa spedizione ricominciò adutilizzare la vecchia tecnica dellosbarco lampo, con relativi distru-zione e saccheggio, spostandosivelocemente sulle coste siciliane.Fino al 1327 questi assalti si ripete-rono con esiti altalenanti da unaparte e dell’altra.

Questa situazione di stallo era destinata a durare all’infinitose nessuna forza nuova interveniva nel conflitto. Per parte sici-liana l’unico alleato erano i ghibellini italiani, ma essi portava-no più nemici che aiuti e l’unico modo per sconfiggere defini-tivamente i napoletani era quello di un aiuto esterno che nonsarebbe mai arrivato dall’intrigante Giacomo II che agitava lospecchio della parentela solo per un suo esclusivo tornaconto esenza mettere mai veramente aiuti concreti in campo a favoredel fratello in guerra con il mondo intero. L’unico, naturale,alleato di Federico III poteva solo essere l’impero.

L’alleanza del 1313 era stata fallimentare, ma le condizioniper un nuovo sodalizio vennero a crearsi tra il 1326 ed il 1328,quando l’imperatore Ludovico IV, detto “il Bavaro”, avevaconsolidato il suo potere in Germania e voleva venire in Italiaa cingere la corona imperiale ed aiutare i ghibellini. Nel feb-braio del 1327 vi fu l’inizio delle trattative tra l’imperatore edi sovrani di Sicilia e l’alleanza fu siglata a Milano il 25 lugliodel 1327.

L’imperatore, seppur lentamente procedeva e mieteva suc-cessi e, alla fine del 1327, aveva conquistato Pisa. Il 7 gennaiodel 1328, Ludovico IV entrò a Roma (dove i ghibellini aveva-no preso il potere) e cinse la corona imperiale, facendo mette-re sotto processo Giovanni XXII e facendo eleggere l’antipapaNicolò V; nel frattempo, il 2 novembre del 1327, era morto

Giacomo II. Suo figlio Alfonso IV,successogli al trono, continuòcomunque la politica paternafacendo pressioni sullo zio per nonallearsi con l’imperatore e pergiungere ad una pace.

Naturalmente Federico III nontenne conto delle pressioni delnipote ma, ancora una volta, ebbeuno strano atteggiamento nei con-fronti di Giovanni XXII, nonvolendo riconoscere come papaNicolò V che pure molto era dispo-sto a concedergli. Questo atto,almeno fino ad oggi, dimostra chementre il papa definiva Federico untizzone d’inferno ed una sciaguraper l’umanità, il Re siciliano maifece atto di offesa personale al pon-tefice e, nei limiti del possibile,cercò anche di rispettarne il volere.Nell’agosto del 1328 Federicotenne fede alla parola data e mandòtruppe e navi a Ludovico IV perdifendere la sua posizione romanache veniva insidiata dai guelfi edalle truppe napoletane di Roberto

d’Angiò; la spedizione siciliana partì da Milazzo al comandodi Pietro II. La spedizione siciliana non trovò l’imperatore aRoma, come da accordi, perché egli era retrocesso in Toscana,dove Pietro II decise di raggiungerlo, a Corneto.

I due sovrani assediarono Grosseto ma la presa della cittànon riuscì perché Ludovico IV dovette ripiegare su Pisa minac-ciata dai guelfi. Pietro II, a questo punto, riprese le sue navi ese ne tornò in Sicilia. Ancora una volta la situazione era inpieno stallo e così rimase per alcuni anni. Nel 1332 scoppiò aPalermo la guerra tra le due potentissime casate dei Ventimi-glia e dei Chiaramonte. Il conte Giovanni Chiaramonte, cheera stato anche ambasciatore di Federico presso l’imperatore,non solo rifiutò la mediazione di Federico in persona nellacontesa ma uccise, con atto di giustiza privata e sommaria ilconte Francesco Ventimiglia.

Questo fu un atto di estrema sfida e gravità nei confronti delsovrano che si trovò costretto ad espellere il Chiaramente dalRegno. Ludovico IV, legato da profonda amicizia al conte sici-liano, intervenne presso il Re di Sicilia sostenendo la causa delnobile ma il Re da questo orecchio non volle sentire ed anzidisse chiaro e tondo all’imperatore che il conte non era perso-na gradita in Sicilia e che, se lo voleva, poteva restare al suoservizio in Germania.

Nel marzo del 1333, gli angioini ripresero le ostilità ed occu-parono il castello al Mare di Palermo che i siciliani riconqui-starono il 12 aprile dello stesso anno. Sul finire del 1334, ilbuon Dio decise di liberare l’umanità da quella piega che era

stato Giovanni XXII chiamando-lo al suo cospetto, ad egli succes-se Benedetto XII.

Federico fu talmente contentodi questa nomina (il nuovo papaquando era cardinale non si eramia mostrato ostile alla Sicilia)che ordinò al clero di riprenderel’attività religiosa il 17 gennaiodel 1335. Ma il nuovo papa nonfu tenero verso la Sicilia, quanto-meno non più del suo predecesso-re, e dopo vari tentativi di pacifi-cazione proposti da Federico egliconfermò scomunica sul sovranoed interdetto sull’isola.

Ma il nuovo anno non avevasolo portato un nuovo papa, maanche nuovi grattacapi militariperché Roberto d’Angiò volevariprendere le attività militari edaveva organizzato una nuova spe-dizione contro la Sicilia, anche sedi dimensioni minori rispetto aquelle del passato.

Ma dalla sua Roberto I avevaun’arma ben più pericolosa dellenavi e dei soldati: il conte Gio-vanni Chiaramonte.

Quest’ultimo vista l’impossibi-lità di tornare in Sicilia con mezzileciti, si era deciso a tradire il suo

Re ed il suo popolo passando agli ordini del nemico. Ma quan-do Giovanni Chiaramonte arrivò in Sicilia con la spedizioneangioina, tutti i sostenitori che aveva millantato di poter porta-re dalla sua parte lo lasciarono completamente solo. GiovanniChiaramonte non aveva considerato che il suo grande seguitopersonale era dovuto alla sua posizione nel Regno, una voltatradito il Re egli era soltanto un nemico da combattere.

La spedizione sbarcò a Termini Imerese e non riuscì a con-cludere nulla di buono tanto che dovette tornarsene a Napolicon la coda fra le gambe e lo stesso conte preferì tornarsene inGermania per il grave imbarazzo in cui si venne a trovare neiconfronti del sovrano di Napoli. Nel maggio del 1337, il Re diSicilia lasciò Palermo per recarsi ad Enna e durante il viaggiosi ammalò gravemente.

Il corteo reale dovette fermarsi a Resuttano dove il Re dettòdelle ultime disposizioni avendo egli già fatto testamento aCatania nel 1334.

Egli voleva essere sepolto a Barcellona, in Aragona, doveriposava sua madre Costanza (ultima degli Hoenstaufen-Alta-villa), ma in quegli ultimi giorni di agonia egli cambiò questasua decisione, perché prima di essere il figlio di Costanza erail Re di Sicilia ed in Sicilia dovevano restare le sue spogliemortali. Chiese dunque di essere seppellito nella cattedrale diPalermo (vicino a Ruggero II e Federico II) ma chiese anche dipoter morire a Catania vicino alle spoglie di S.Agata di cui eraun fedele devoto. Il prode Re stava morendo e tutto il Regnoera avvolto nello sconforto più totale. Per accontentare ilsovrano vi uno dei cortei funebri più incredibili che la storiaabbia mai conosciuto. A Resuttano venne costruita una lettigadove il morente Federico venne adagiato e messo in viaggioper Catania.

Durante tutto il percorso il Re fu portato a spalla d’uomo daisiciliani che accorrevano al passaggio della lettiga e quasi liti-gavano per potere portare il loro liberatore durante quest’ulti-mo viaggio.

La commozione pervase tutta l’isola e quanto la lettiga pas-sava tutto si fermava in onore e contemplazione del vecchioeroe che stava per lasciare i suoi amati figli. Ma il Re non potèpiù vedere Catania né Agata perché il 25 luglio, a Paternò,cessò le sue terrene tribolazioni morendo con indosso un saiobianco ed abbracciando la croce di Cristo; aveva sessantaquat-tro anni, di cui quarantuno trascorsi al timone dell’isola.

Il corteo di agonia verso Catania si trasformò, dunque, incorteo funebre ed arrivata la salma presso il Castello Ursinotutta la città andò a salutare per l’ultima volta il suo Re, non erail popolo che piangeva ma il Regno intero come se terra edesseri umani si fossero uniti nel pianto di colui che li avevainscindibilmente guidati verso la libertà.

Da allora Federico III riposa a Catania, nel Duomo dellacittà, ma lasciò al figlio Pietro una pesantissima eredità dagestire.

Qui sopra e in basso: pitture raffiguranti scene del “Vespro”a destra il “conte traditore” Giovanni Chiaramonte

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di VALENTINA CARLINO

Renato Sgroi Santagati

Innanzitutto, mi dispiace perché,in effetti, molte cose di quelle chesono state dette io non le ho del tuttocondivise. A cominciare dalla primarelazione e vi erano parecchie coseche andavano, a mio avviso, corret-te. Corrette alla luce di una miglioreinformazione perché, essenzialmen-te, alla base di tutto dobbiamo cerca-re il più possibile di abbattere ilvero, grande inganno, la vera grandetruffa che ha colpito non soltanto l’I-talia, ma, in particolare, anche laSicilia. La vera, grande truffa è lasuddivisione ideologica, che non èveramente ideologica, perché l’ideo-logia è una cosa bellissima, la parti-tocrazia è una cosa ben diversa. Noiabbiamo avuto una suddivisione par-titocratrica spaventosa. Tutto quelloche si è fatto in Italia e in Sicilia intutti questi anni si è fatto alla lucedella partitocrazia. La suddivisionedestra, sinistra e centro è spavento-samente e, purtroppo, impunementefalsa. È servita soltanto a creare inogni famiglia una vera e propria sud-divisione. Il divide et impera partedalle famiglie per arrivare ai vertici.

Quando noi diciamo che sono isiciliani i veri nemici della Siciliaforse non sbagliamo, nella misura incui ci riferiamo ai politici siciliani,non al popolo siciliano (applauso).Attenzione, non criminalizziamo inostri conterranei, non auto-flagel-liamoci, noi siamo specialisti perauto-flagellarci. Non lo facciamoanche in questa sede, anche tra pochiintimi, anche tra coloro che sonoaddetti ai lavori. Cerchiamo la veritàe diamo la verità ai siciliani. Venga-no… sono senz’altro lodevoli,apprezzabili tutti i tentativi chemirano a contrastare il monopoliodella informazione in questa terra.Quindi, ben venga La Voce dell’Iso-la, come ben vengano altre iniziativedel genere. Qui abbiamo una infor-mazione monopolizzata, lo sappia-mo, è inutile, è ipocrita dire che nonlo sappiamo, lo sappiamo perfetta-mente. Ogni tentativo di abbatterequesto monopolio mi sta bene, aduna condizione: che lo si faccia inmaniera obiettiva, intellettualmenteonesta, serena, trasparente e senzaguardare e senza guardare alla sud-divisione tra destra, sinistra e centro.Perché la verità sull’immobilismodella Regione Siciliana non è né l’at-tentato allo Statuto, né lo Statuto

come qualcuno, molto noto peraltro,vorrebbe sostenere, qualcuno che èespressione di certi partiti e io nonvoglio entrare qui di nuovo nel meri-to della sinistra, centro, destra, sononulla.

Chi mi conosce sa che sono unsicilianista da sempre e che non stoda nessuna parte perché non mi inte-ressa stare da nessuna parte se l’ap-partenenza a questo, quello o quel-l’altra di questi tre schieramentisignifica andare contro gli interessidella Sicilia e dei siciliani. (applau-si) Questa è la verità. E allora, dicia-molo francamente: noi vorremmoaffidare una serie di informazioni aisiciliani per che cosa? Per formare iveri siciliani. Guardate, il grandeBufalino, alla fine di una conferen-za, ero io presente peraltro, a queltempo rispose ad un giornalista chegli chiese “Ma professore, ma allafine come dobbiamo battere questabenedetta Mafia? Lei cosa farebbe?Quale strumento utilizzerebbe?”.Rispose: “I maestri elementari”. Imaestri elementari. Perché qui cidobbiamo preoccupare con l’infor-mazione, con la formazione, con labuona volontà, con la lontananzadalle ideologie, dobbiamo prendereveramente le distanze dalle singoleideologie. I nostri signori parlamen-tari, e non sono colpevoli, mi perdo-ni chi l’ha detto poco fa, solo quelliche siedono a Roma, sono colpevoliquelli che siedono a Roma, sono col-pevoli quelli che siedono a Palermo,prima di tutto quelli che siedono aPalermo. E lo sono non nell’ultimalegislatura, non nella penultimalegislatura, non nella terzultimalegislatura, in tutte le legislature dasessant’anni a questa parte.

Ho sentito all’inizio dire che lavolontà di non applicare lo Statuto,di modificare lo Statuto appartiene acoloro che siedono ora a Palermo.Non è vero, è falso. È falso.

Renato Perna

Ringrazio gli organizzatori di que-sto splendido momento di incontro.Ce ne dovrebbero essere tanti, pro-prio allo scopo di assicurare chemolti siciliani si possano svegliare,cominciando a conoscere pratica-mente quello che è stato il nostropassato e quello che potrebbe essereil nostro futuro se effettivamente laprogettualità di quella che è la con-dizione sociale, economica delnostro popolo venisse impostata supresupposti diversi da quelli che

sono stati utilizzati sino ad oggi.Devo dire che ho ascoltato conattenzione tutti gli interventi, in par-ticolare anche l’ultimo del senatoreBenito Paolone e ho sottolineato unacosa che credo sia veramente impor-tante: il senatore Paolone ha confer-mato un dato gravissimo, che forsenoi tutti percepiamo quotidianamen-te in tutti quelli che sono i nostri, lenostre azioni, le nostre condotte, inostri impegni quotidiani, nelmondo del sociale, del politico, dellavoro. Ha confermato che in Italianon esiste la democrazia, l’aveva giàdetto poc’anzi l’altro senatore, ilsenatore Firrarello, che c’è una fallanella democrazia dietro la quale ipoteri forti evidentemente prendonoin giro il popolo, giusto, la gente ingenere e, evidentemente, che succe-de, questo comporta e dà la giustifi-cazione chiara ed evidente del per-ché noi oggi stiamo trattando questoargomento e tema importantissimo.Devo dire che, forse, il tema sarebbestato più azzeccato se, anziché parla-re di attentato all’autonomia, alloStatuto Autonomistico Regionale, sifosse scelto il diverso tema di unvero e proprio resoconto su quelloche è stato un atto criminale nei con-fronti, non solo dello Statuto, perchélo Statuto è una cosa che appartieneal popolo, al popolo siciliano che,come diceva il direttore Barbagallo,è stato conquistato con il sangue ditanti siciliani. Vero è, ma è stato ilprimo grosso inganno, la primagrossa truffa quella di concedere loStatuto, perché non dobbiamo scor-dare un fatto importante: il nostrofratello Finocchiaro Aprile sostene-va praticamente l’indipendenza dellaSicilia, se noi andiamo a vedere, adare uno sguardo storico retrospetti-vo a quei tempi, a prima che venisse,che nascesse lo Statuto autonomisti-co. Ebbene, il 1° di ottobre del ’45,mentre costui passeggiava sul molodi Palermo, venne sequestrato non sisa da chi, non si sa per quale ragionee, come per incanto, apparve solo l’1di marzo del ’46. Mentre prima par-lava di indipendenza, poi parla solodi autonomia. Questo per dire,voglio ricordare solo un passaggio,ma mi accingo a concludere. Iocredo che noi dobbiamo fare un’ana-lisi diversa rispetto a quella che è laproblematica posta dal tema odier-no. La verità è una sola: è stato com-messo un crimine nei confronti delloStatuto, non si può parlare di attenta-to. L’attentato è stato fatto con que-ste sentenze della Corte Costituzio-nale e con la complicità delle altre

istituzioni e vi dirò di più e mi accin-go a concludere: è scandaloso cheancora oggi si possa sostenere cheeffettivamente noi dobbiamo andarea batterci per tutelare lo Statuto chenon è stato attuato.

Salvatore Musumeci

Aggiungo solo qualche riflessioneal tema di oggi. Chiaramente, con-sentitemi di ringraziare una persona,una persona che è qui e che è il diret-tore de La voce dell’Isola, SalvoBarbagallo. Perché dico questo?Dico questo perché, come scrivevaGesualdo Bufalino, “un popolosenza memoria è destinato a nonaver futuro”.

Ed io ringrazio Salvo Barbagalloperché agli inizi degli anni ’90 micapitò fra le mani un libro, compratoin una bancarella: Una RivoluzioneMancata. Lessi quel libro e fu folgo-rante. Fu un continuo, poi, ricercarequanti non appartenenti alla storio-grafia ufficiale hanno scritto di Sici-lia e anch’io ho coronato un sogno discrivere di Sicilia, attraverso ricer-che e documenti inediti che sonostati desegregati nel Settembre del2002.

Ma, evidentemente, parlare di Sta-tuto significa parlare anche dellanostra incapacità. Perché l’incapaci-tà non è solo dei politici che dal1947 ad oggi ci hanno rappresentato,ma è anche quella di un popolo checontinua a disconoscere la propriastoria, continua a disconoscere i pro-pri diritti.

Quindi, occorre sicuramente unarivoluzione, in questo senso cultura-le, ma occorre veramente batterciperché lo Statuto venga interamente

applicato, applicato nella sua inte-rezza. D’altra parte, nasce da unarivendicazione molto forte: l’indi-pendenza della Sicilia. Noi oggi nonl’abbiamo sottolineato questo inmaniera molto chiara, quasi quasicome se ce ne dovessimo vergogna-re e sicuramente no.

Perché nella sua millenaria storiala Sicilia è stata nazione. E di nazio-ne abrogata si parla. E di popoloabrogato si parla. E quando nelprimo governo regionale, in unintervento Attilio Castrogiovanni,perché non l’abbiamo nemmenocitato, quelli che sono stati gli attori,quasi quasi per non dire non voglia-mo essere omologati come indipen-dentisti, sicuramente nasce da unaltro sentimento questo convegno dioggi.

Però, c’è una storia dietro, unastoria che va sottolineata, che dob-biamo orgogliosamente condividere.D’altra parte, diceva Attilio Castro-giovanni, la Sicilia è un quasi-stato,vero è. Perché basta leggero l’artico-lo 31 per rendersi conto che noisiamo paritetici con lo Stato Italiano.

“Al mantenimento dell’ordinepubblico provvede il Presidentedella Regione a mezzo della Poliziadello Stato, la quale nella regionedipende disciplinarmente, per l’im-piego e l’utilizzazione dal governoregionale”.

Quindi, ditemi signori, se nonsiamo già in una conditio proprio dipariteticità con lo Stato Italiano. Masiamo stati tutti ascari.

Ascarismo che va sicuramentedecurtato, depennato, tolto dalnostro essere Siciliani del terzo mil-lennio e da questa coscienza di averavuto nelle mani uno strumento fortee che bisogna utilizzarlo tutto potràsicuramente evolversi in positivo.

In un articolo, apparso su La Vocedella Sicilia, in cui sono stato ospite,proprio parlavamo di questo, a pro-posito di autonomia. Da più parti sivuole cambiare lo Statuto, senza chequesti sia stato mai applicato appun-to nella sua interezza.

Allora, che senso ha cambiare unostrumento quando non si ha lacoscienza di quello che avrebbepotuto produrre, che potrebbe pro-durre se applicato nella sua interez-za. Ci auguriamo, noi che siamo lafamiglia del MIS qui presente - viringraziamo per averci invitato, c’èanche il presidente nazionale, il dot-tor Mariano Caltabiano - ci auguria-mo che possa continuare questa fortebattaglia ideale perché si possa riva-lutare questo strumento, ma nellostesso tempo si possa rivalutare l’or-goglio del Siciliano, dell’apparte-nenza proprio storica a questa terra ealla sua storia millenaria, indipen-dentemente poi da quelle che posso-no essere le visioni ideologiche o,come vogliamo dire, politiche e discelta di campo di ognuno di noi.

L’importante è, ecco, ritornare aquell’orgoglio dell’essere Siciliano,di sentirci popolo e di chiamare ereclamare a voce alta i nostri dirittiche sono stati sanciti proprio con ilsangue dei nostri martiri.

Bisogna avere questo coraggio,perché fin quando non avremo que-sto coraggio parlare di Statuto saràtipo sempre, sempre sarà considera-to come un’appartenenza o schiera-mento e, invece, lo Statuto appartie-ne a tutti i Siciliani.

13LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

Proponiamo ai nostri elettori, a conclusione dellatrattazione, la sintesi degli interventi di “sala” del con-vegno che si è tenuto sabato 25 febbraio scorso al Tea-tro Ambasciatori a Catania, sul tema “I diritti dei Sici-liani. L’attentato allo Statuto regionale”.

Il convegno è stato organizzato dal nostro giornale edalla Mare Nostrum Edizioni sotto l’egida dell’Istitu-to per la Cultura Siciliana.

Sala piuttosto affollata: centinaia di persone hannosacrificato diverse ore del fine settimana per seguire ilavori del convegno.

Al tavolo dei relatori, i giuristi Franco Altamore eGiovanni G. A. Dato, l’imprenditore Franco Carlino, ilpresidente della Cibjo (Confederazione mondiale dei

gioiellieri), Gaetano Cavalieri, il manager Enzo Lom-bardo e il direttore del nostro giornale, Salvo Barba-gallo.

Molti gli interventi da parte del pubblico presenteche, per esigenze di spazio, non abbiamo potuto ripor-tare tutti insieme ma, per rispetto sia verso coloro chesono intervenuti, sia per i nostri lettori, sia perchécostituiscono una testimonianza di opinioni diversesull’argomento trattato, li abbiamo proposti nei nume-ri scorsi del nostro giornale.

Ricordiamo che il convegno è stato introdotto dalpresidente dell’Istituto per la Cultura Siciliana, Fran-co Lombardo, e moderato dall’amministratore delega-to della Mare Nostrum Edizioni, Francesco Dato.

SPE

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NOL’ATTENTATO ALLO STATUTO AUTONOMISTICO

Sono i politici i “nemici” della Sicilia?Abbiamo un’informazione monopolizzata

Le opinioni di Renato Sgroi Santagati, Renato Perna e Salvatore Musumeci

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14 LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

di ALFREDO LIETO

Ci fanno risparmiare non solodenaro, ma anche tempo, preno-tando biglietti aerei comoda-

mente da casa seduti di fronte al nostroPC, promettono di farci raggiungereuna qualsiasi capitale europea al costodi un biglietto dell’autobus, oppurefacendoci andare in vacanza in localitàe paesi che non avremmo mai presoseriamente in considerazione comemeta preferenziale per una validaoccasione di svago.

Il fenomeno delle compagnie aeree abasso costo è sulla bocca di tutti inquanto ci bombardano con enormipubblicità eppure sono ancora troppopochi gli utenti del trasporto aereo chehanno una pur vaga cognizione dicome possa un vettore offrire serviziaerei a prezzi tanto ridicoli, mentre letradizionali compagnie di bandierastentano, per così dire, ad arrivare allafine del mese continuando a sostenerecosti impressionanti e chiedono quindiai passeggeri uno sforzo economicodecisamente impegnativo.

La nostra compagnia di bandiera,l’Alitalia, ne è un esempio tanto checorre il serio rischio di essere acquisi-ta da altre compagnie d’oltralpe, met-tendo a rischio il buon nome guada-gnato in tanti anni essendo la flotta trale più sicure al mondo e facendorischiare il posto di lavoro a tantissimopersonale. Ma la gestione dell’Alitaliaè stata sempre corretta?

Com’è nato il questo nuovo modo diviaggiare?

Tutto è cominciato negli anni settan-ta negli Stati Uniti. Southwest Airlineha di fatto aperto la strada al segmentodei vettori low cost – low fare – no frillinsegnando che vi sono servizi ritenutisuperflui da molti potenziali clienticon esigenze specifiche e che, se taliservizi vengono eliminati, è possibileridurre sensibilmente i costi operativi edi conseguenza le tariffe, ottenendocomunque ottimi risultati sul pianodella competitività.

Da questo elementare insegnamentoqualcuno ha ben pensato di trarrespunto per formulare un principioormai noto come Southwest Effect ilquale sostiene che, se in un mercatoentra un vettore a basso costo, quellostesso mercato tenderà a mutare esoprattutto ad espandersi.

Da qui bisogna partire per compren-dere la nascita e il successo di compa-gnie europee ormai note come Ryanaire EasyJet, leader indiscussi oggi nel-l’Unione Europea e rivali d’eccezione,ma anche per intendere il perché delcontinuo proliferare di vettori consimi-li.

Ma vediamo nel dettaglio qualicaratteristiche deve avere un vettoreper definirsi come appartenente allacategoria low cost.

1 - flotta monotipo per razionalizza-re i costi di addestramento del perso-nale di gestione e manutenzione degliaerei (dominano il mercato il Boing737 e l’Airbus A 320), 2 - prenotazio-ne diretta per telefono o tramite inter-net, il cosiddetto e-ticketing, per aggi-rare i costi legati al tour operators, 3 –classe unica a bordo, 4 – servizi cate-ring solo su richiesta ed a pagamento,5 - personale flessibile e multiruolo(assistenti di volo che svolgono allostesso tempo la funzione di agented’imbarco e addetto alle pulizie) percontenere il costo del lavoro, 6 – rottecontinentali/internazionali (servizi dicorto/medio raggio), 7 – aeroportisecondari (meno congestionati e contasse più accessibili) naturalmenteogni compagnia effettua scelte strate-giche che possono parzialmente modi-ficare i punti sopra rappresentati.

Quali sono le critiche e come la pen-sano le compagnie aeree che non adot-tano tale sistema?

Queste sono costrette a correre airipari non reggendo la concorrenza delvolo a basso costo su alcune tratte,affrontano crisi interne che, provocan-do scioperi, recano ulteriori danni allasalute aziendale e soffrono a causa del-l’incessante aumento del prezzo del

carburante che incide per ben 25% suicosti. La prima contromisura adottata èla presa di coscienza che il modellolow cost ha dei limiti.

I servizi vengono considerati sca-denti così come l’assistenza ai passeg-geri in caso di imprevisti. I vettori abasso costo vengono accusati, inoltre,di concorrenza sleale e pubblicitàingannevole con offerte limitate ebenefici solo con prenotazioni specifi-che, senza contare che in alcuni casi siè parlato di discriminazioni da partedelle società di gestione aeroportuali avantaggio delle compagnie low cost.

Critiche sono state avanzate anchein riferimento alla sicurezza, ritenendoche il costo di un volo non possa esse-re adeguatamente coperto da bigliettivenduti a prezzi stracciati. In questadisputa per l’accaparramento dei clien-ti tra le compagnie di bandiera e le low

cost ci siamo noi, fruitori del servizio. Con tutta probabilità, sopravviverà

chi riuscirà a combinare in manieraconvincente e duratura sicurezza, curadel cliente e reale utilità dei serviziofferti.

Visto che la bella stagione è alleporte e che presto i vacanzieri inizie-ranno a programmare le proprie ferie,riteniamo di fare cosa gradita ai nostrilettori dando alcuni suggerimenti sullenuove regole, emanate dall’UnioneEuropea il 6 novembre 2006, piùrestrittive, per i liquidi da portare conil bagaglio a mano per chi salirà abordo degli aerei, ed a quanti partiran-no dagli aeroporti della comunità euro-pea, oltre che dalla Norvegia, dall’Islanda e dalla Svizzera, compresi ivoli nazionali qualunque sia la lorodestinazione sia con i voli low cost checon le varie compagnie aeree.

Con la stagione delle vacanze alle porte è bene conoscere le possibilità che offre oggi il mercato

Con “low cost” si viaggia risparmiandoSi sta frenando l’aumento delle tariffe aeree

Sta cambiando rapidamente il trasporto veloce a breve e lungo raggio

Applicate dal 2006 per proteggere i passeggeri dalla minaccia terroristica

Nuove regole di sicurezza negli aeroporti dell’UEAl fine di proteggere i passeggeri dalla

nuova minaccia terroristica costituita dagliesplosivi in forma liquida, l’Unione Euro-

pea ha adottato nuove regole di sicurezza che limi-tano la quantità di sostanze liquide che è possibileportare attraverso ed oltre i punti di controllo disicurezza aeroportuale.

Alle nuove regole sono soggetti tutti i passegge-ri in partenza dagli Aeroporti dell’Unione Euro-pea, compresi i voli nazionali, qualunque sia laloro destinazione.

Ciò significa che ai punti di controllo di sicurez-za aeroportuale ciascun passeggero ed il relativobagaglio a mano saranno controllati per individua-

re, oltre agli altri articoli già proibiti dalla norma-tiva vigente, anche eventuali sostanze liquide.

Le nuove regole non pongono alcun limite allesostanze liquide che si possono acquistare presso inegozi situati nelle aree poste oltre i punti di con-trollo o a bordo degli aeromobili utilizzati dacompagnie aeree appartenenti all’Unione Euro-pea.

Le nuove misure vengono applicate dal 6novembre dello scorso anno in tutti gli aeroportidell’Unione Europea, nonché in Norvegia, Islandae Svizzera.

Il bagaglioMentre non vi sono limitazioni per i liquidi

inseriti nel bagaglio da stiva (quello consegnato al

check-in per essereritirato nell’aeroportodi destinazione), nelbagaglio a mano,ossia quello che vienepresentato ai punti dicontrolli di sicurezzaaeroportuale, i liquidiconsentiti sono inve-ce in piccola quantità.

Essi dovrannoinfatti essere contenu-ti in recipienti aventiciascuno la capacità

massima di 100 millilitri (1/10 di litro) od equiva-lenti (es: 100 grammi) ed i recipienti in questionedovranno poi essere inseriti in un sacchetto di pla-stica trasparente e richiudibile, di capacità nonsuperiore ad 1 litro (ovvero con dimensioni pari adesempio a circa cm 18 x 20).

Dovrà essere possibile chiudere il sacchetto conil rispettivo contenuto (cioè i recipienti dovrannopoter entrare comodamente in esso).

Per ogni passeggero (infanti compresi) sarà per-messo il trasporto di uno ed un solo sacchetto diplastica delle dimensioni suddette.

Possono essere trasportati al di fuori del sac-chetto, e non sono soggetti a limitazione di volu-me, le medicine ed i liquidi prescritti a fini diete-tici, come gli alimenti per bambini.

In aeroportoAl fine di agevolare i controlli è obbligatorio:

presentare agli addetti ai controlli di sicurezzatutti i liquidi trasportati come bagaglio a mano,affinché siano esaminati; togliersi giacca e sopra-bito: essi verranno sottoposti separatamente adispezione; estrarre dal bagaglio a mano i computerportatili e gli altri dispositivi elettrici ed elettroni-ci di grande dimensione. Essi verranno ispeziona-ti separatamente rispetto al bagaglio a mano.

È ancora possibile: trasportare liquidi all’interno del bagaglio da

stiva (come già accennato, le nuove regole riguar-dano solo il bagaglio a mano);

trasportare, all’interno del bagaglio a mano,possibilmente limitandoli a quanto necessario peril viaggio aereo, medicinali e prodotti dietetici,come gli alimenti per bambini. Potrebbe esserenecessario fornire prova dell’effettiva necessità edautenticità di tali articoli;

comprare liquidi come bevande e profumi, con-servandone la prova d’acquisto, nei negozi, neiDuty Free situati oltre i punti di controllo di sicu-rezza, ed a bordo degli aeromobili utilizzati dallecompagnie aeree dell’Unione Europea.

I prodotti acquistati presso i Duty Free ed abordo dei suddetti aeromobili saranno consegnatiin sacchetti sigillati che si consiglia di non aprireprima di essere arrivati alla destinazione finale. Incaso contrario, transitando presso gli eventualiaeroporti intermedi, i liquidi acquistati potrebberoessere sequestrati ai controlli di sicurezza.

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15LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

di LUCIA BRISCHETTO

Si è svolto nell’Aula Magna del Rettoratodell’ateneo di Catania il convegno, patroci-nato dall’Università etnea, sulle esperienze,

attraverso il lavoro, di reinserimento sociale dellepersone svantaggiate che scontano un pena inmisura alternativa alla detenzione, fuori dal carce-re, affidati in Prova al Servizio Sociale. Presentile massime autorità locali, i direttori degli Istitutipenitenziari, i direttori e gli assistenti sociali degliUffici di Esecuzione Penale Esterna della Sicilia iresponsabili e gli operatori dei Servizi territorialie del Terzo Settore, professori e studenti universi-tari. L’occasione ha consentito la “visibilità” delcarcere invisibile.

A fare gli onori di casa il rettore dell’Universi-tà Antonino Recca. Il provveditore regionale del-l’Amministrazione Penitenziaria per la Sicilia,Orazio Faramo, nel porgere il suo autorevole salu-to ai presenti ha manifestato il suo apprezzamen-to per l’iniziativa che permette di cogliere gliaspetti propositivi di un’Amministrazione Peni-tenziaria la cui immagine il più delle volte è col-legata esclusivamente ad isolati ed episodici fattidi cronaca nera. Il provveditore ha ringraziato ilconsorzio il Sol.Co e l’agenzia “Idea Lavoro” perla fattiva collaborazione e per i risultati raggiuntiassieme all’Uffico Esecuzione Penale Esterna diCatania.

Come è noto lo spirito che sottende ad ogni ini-ziativa di inclusione sociale rivolta a soggetti inesecuzione penale trova le sue radici nell’art.27della Costituzione che così recita “ le pene nonpossono consistere in trattamenti contrari al sensodi umanità e devono tendere alla rieducazione delcondannato“. Pertanto il ministero della Giustiziadal 1975, con il Nuovo Ordinamento Penitenzia-rio, ha segnato il passaggio epocale dalla meraafflittività della pena ad una dimensione di“rieducazione organizzata” attraverso l’inseri-mento nel sistema penitenziario di nuove figureprofessionali e alla istituzione di un Servizio(allora Centro di Servizio Sociale per adulti oggirinominato Ufficio di Esecuzione Penale Ester-na). L’Ufficio preposto alla gestione delle misurealternative alla detenzione, si è sempre posto ilproblema di come rendere concreto il dettatocostituzionale, garantendo insieme alla certezzadella pena, anche la sua funzione rieducativa. Inomaggio a questo dettato costituzionale, sonostati presentati dall’Ufficio Esecuzione PenaleEsterna di Catania (UEPE), dal consorzio Sol.CoCatania e dall’agenzia di mediazione al lavoro“Idea Lavoro”, i risultati dell’attività svolta nel-l’ultimo quinquennio a favore di persone che puravendo infranto il “patto sociale” e trovandosi instato di esecuzione penale esterna, hanno manife-stato sufficienti elementi di affidabilità rispettoall’impegno di volere imprimere un radicale cam-biamento nelle loro scelte di vita orientate versola legalità e la dignità del vivere civile. Ben novepersone all’anno sono state così avviate dall’UE-PE di Catania verso un percorso di tirocino for-mativo in borsa lavoro, con l’utilizzo di fondi cheannualmente il Ministero della Giustizia destina atale finalità e con la compartecipazione da partedelle Aziende presso cui si svolge il tirocinio. Ilmodello di inserimento socio lavorativo speri-mentato ed implementato nel tempo, all’interno diun protocollo d’Intesa condiviso con il consorzioSol.Co e “Idea Lavoro”, attraverso azioni dimiglioramento continuo, prevede un progettoindividualizzato e percorsi di gruppo che tengonoconto non solo dell’apprendimento del mestiere edella possibilità di acquisire abilità tecnico opera-tive da sfruttare anche per proprio conto, dopo laparentesi “rieducativa”, ma anche delle dimensio-ni motivazionali, relazionali ed affettive, con par-ticolare attenzione ai vissuti collegati alla genito-rialità e al processo di significazione della propriavita. Tale impegno costituisce un atto di coerenzasia da parte del Servizio Sociale Penitenziario,nonostante le non sufficienti risorse finanziarie edumane, che del mondo del cooperativismo socia-le, entrambi portatori di un sistema valoriale cen-trato sulla persona all’interno di un contesto d’a-zione radicato sul rispetto delle regole e sulladignità della sopravvivenza.

Il Modello in progress di aiuto alla personadescritto nel corso del Convegno ha sino ad oggidato dei soddisfacenti e significativi risultatianche sul versante, non trascurabile in una realtàcome la Sicilia, della graduale sensibilizzazionedel mondo imprenditoriale profit alle difficili pro-blematiche che investono il momento dell’esecu-zione della pena sul territorio e che richiedono lapartecipazione attiva da parte della società nellesue diverse articolazioni. Tanto affinché attraver-so il sostegno alla persona si possa ridurre ilrischio di recidivare comportamenti penalmentesanzionabili a discapito delle condizioni di sicu-rezza sociale. In questa difficile azione di sensibi-lizzazione ha profuso il suo impegno professiona-

le l’agenzia “Idea Lavoro”, il cui ruolo all’internodel processo assume una posizione strategica nel-l’azione di mediazione tra domanda e offerta. IlConvegno ha costituito quindi una occasione perringraziare tutte le imprese Profit che hanno con-diviso con gli attori del Modello in progress lascommessa di puntare sulla persona.

Nel coordinare e presentare i lavori della gior-nata il presidente del consozio Sol.Co, EdoardoBarbarossa, ha sottolineato l’importanza dellacollaborazione da parte degli Enti locali al fine dicreare condizioni di sempre maggiore occupazio-ne per le persone che a vario titolo si trovano avivere una situazione di disagio.

Rifacendosi al modello in progress lo stesso hasottolineato l’importanza di definire buone prassiche possano costituire una risorsa anche per altri,così come è accaduto nell’ambito degli UEPEdella Sicilia con l’adozione graduale del Modelloda parte degli UEPE di Messina, Siracusa e Ragu-sa.

La dottoressa Patrizia Garofalo Rubbino haricondotto l’iniziativa alla specifica natura delServizio da lei diretto che nell’architettura orga-

nizzativa del ministero della Giustizia assume lavalenza di Front-Office (Ufficio di Frontiera), conla responsabilità di tradurre in azioni concrete evisibili la Mission del Dipartimento dell’Ammini-strazione Penitenziaria a diretto contatto con l’u-tenza e con le parti interessate a che la politicapenitenziaria si esprima in termini di efficienza edi efficacia.

La dottoressa Concetta Vaccaro ha fornito all’u-ditorio una descrizione del metodo di inserimentolavorativo adottato sottolineandone il valore inno-vativo rispetto ad una presa in carico globale dellapersona. La stessa, ha supportato la validità del-l’esperienza con dati esplicativi sui risultati rag-giunti rispetto agli obiettivi della continuità lavo-rativa e dell’aumento del numero di inserimentilavorativi in imprese profit che nel 2006 ha rag-giunto la totalità dei tirocini formativi.

Toccante e particolarmente “reale” è stato l’in-tervento della dottoressa Rosaria Pulvirenti assi-stente sociale dell’UEPE e responsabile del pro-getto “Tirocini formativi in borse lavoro” che hafatto vibrare le corde del cuore ponendo l’accentooltre che sull’intero percorso metodologico attra-

verso il quale il modello si realizza, sulla soffe-renza personale e familiare di chi si trova a scon-tare una pena, aprendo una finestra su quelli checostituiscono canali empatici da utilizzare perfacilitare il cambiamento della persona giungen-do, attraverso l’ascolto attivo, ad una consapevo-le assunzione di responsabilità.

Autorevole e pregnante di significato tecnico-giuridico la relazione del presidente del Tribunaledi Sorveglianza di Catania, Umberto Puglisi, sul“ruolo della magistratura di Sorveglianza nei pro-cessi di inclusione-socio-lavorativa”.

Il dottor Puglisi ha sottolineato il ruolo digarante e di facilitatore insieme svolto dalla magi-stratura di sorveglianza che dal 1975 presiede almomento della esecuzione della pena dentro efuori l’istituto penitenziario. Magistratura cheesercita una delicata ed importante funzione deci-sionale.

È stato il dottor Gianfranco De Gesu, dirigentedell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna del Prov-veditorato Regionale dell’Amministrazione Peni-tenziaria per la Sicilia del ministero della Giusti-zia, nell’illustrare il panorama regionale delle ini-ziative promosse rispetto al l’inserimento sociolavorativo di soggetti in esecuzione penale ester-na, a ribadire che l’Amministrazione Penitenzia-ria è chiamata a garantire la sicurezza sociale maanche e soprattutto a promuovere il cambiamentoattraverso il recupero della persona a se stesso,alla sua famiglia e alla società e che il ServizioSociale Penitenziario ha, pertanto, il compito digarantire il percorso pedagogico di rielaborazionedel vissuto della persona, attivando tutte le risor-se disponibili sul territorio.

L’Ufficio Esecuzione Penale Esterna si confi-gura, infatti, come un sistema aperto che radica isuoi interventi nella famiglia e sul territorio.

Il convegno si è concluso con la testimonianzadi uno dei beneficiari del tirocinio formativo.Testimonianza che ha permesso di rendere visibi-le la trasposizione di un modello in una espressio-ne di concreta partecipazione.

Significativo convegno all’Università di Catania dei responsabili degli Istituti penitenziari

Lavoro, vera alternativa alla detenzioneReinserimento sociale, esperienze positive Sicilia, iniziative propositive dell’Amministrazione delle carceri

Per fare fronte al costante dissesto idrogeologico del costone roccioso

Si consolida la Timpa di Acirealedi MARIO FIORITO

Hanno avuto inizio sulla Timpa i lavori di consolidamento delcostone roccioso, nel tratto interessato il 22 e 23 dicembre 2006da fenomeni di dissesto idrogeologico. Un masso dal peso di

circa 30 tonnellate, si ricorderà, si staccò dal costone, finendo la peri-colosa corsa verso il basso sul terrazzo di una abitazione di Santa MariaLa Scala. Altri pericolosi distacchi vennero notati lungo il percorsodelle chiazzette e nelle immediate vicinanze.

I lavori, predisposti dall’Ufficio del Genio civile di Catania, unitàoperativa diretta dall’ing. Salvatore Minaldi, consistono nella messa insicurezza di due porzioni di costone lavico “in frana” e il ripristino deiterrazzamenti. Nell’intervento che è in esecuzione nella zona a montedi via Tocco, tratto via Lungomare, è prevista l’installazione di reti adalta resistenza e barriere paramassi, oltre al ripristino del muro in pie-tra lavica franato in via Tocco e dei terrazzamenti, oltre ancora allechiodature dei sistemi di ritenzione. Nel caso della zona a monte di viaTocco, all’altezza del civico 15, verranno demoliti ed eliminati i massicrollati, ripristinatala funzionalità dellereti paramassi, rico-struiti i terrazza-menti e consolidatele pareti con reti adalta resistenza. I dueinterventi dispostidal DipartimentoLavori pubblicidella Regione Sici-liana, servizio asset-to del Territorio,hanno un costocomplessivo dicirca 520 mila euro(260 e 260 milaeuro).

I lavori sarannocompletati entro ilmese di luglio esaranno eseguiti dapersonale altamentespecializzato (è pre-visto l’utilizzo sul posto di rocciatori e geologi), in considerazionedella notevole acclività delle pareti rocciose.

Precedentemente, è stato eseguito un sopralluogo tecnico operativocon le due imprese appaltatrici. “Attendevamo con ansia l’avvio deilavori e dobbiamo ancora una volta dare atto alla Regione Siciliana eall’Ufficio del Genio civile di avere dato immediata risposta alle nostresollecitazioni – afferma il sindaco Nino Garozzo -. I due finanziamen-ti, peraltro di importo consistente, consentiranno la eliminazione di

emergenze sul tratto di Santa Maria La Scalae ricomporre la frattura che s’era creataattorno alle chiazzette. Con l’arrivo dell’e-state e l’aumento dell’afflusso di visitatoridaremo in qualche settimana un percorso

nuovamente agibile e privo di pericoli”. L’assessore alla Protezione Civile, Antonino Garozzo, che in questi

mesi ha monitorato assieme agli uffici l’evolversi della situazione sullaTimpa, esprime soddisfazione: “Ringraziamo La Regione, l’Ufficio delGenio civile e il Dipartimento regionale di protezione civile per l’atten-zione che riservano verso il territorio acese – dice -. Quello della Timpaè sicuramente patrimonio d’inestimabile valore e di ricchezza ambien-tale, ma va tutelato e salvaguardato”.

Un momento del convegno

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16 LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

di GIOVANNI PELLIZZERI

Trachinie di Sofocle ed Eracle di Euripidesaranno rappresentate quest'anno nel teatroGreco di Siracusa, per il 43° ciclo di spetta-

coli classici promossi dalla Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico. Il debutto

è previsto per il 10 maggio e poi, a giorni alterni, lerappresentazioni proseguiranno fino al 24 giugno.

Trachinie di Sofocle è affidata alla regia di Wal-ter Pagliaro. Nel cast figurano Micaela Esdra(Deianira), Paolo Graziosi (Eracle), Diego Florio(Illo), Luca Lazzareschi (Lica), Massimo Reale(messaggero), Deli De Maio (nutrice), FrancescoAlderuccio (Vecchio) e Lucina Campisi (Iole). Inscena ci sarà spazio anche per un coro di quindiciragazze (tredici delle quali siciliane). Scene ecostumi sono di Giovanni Carluccio, musiche diArturo Annecchino.

Trachinie narra di Deianira, donna della Tessa-glia, del suo amore per il marito Eracle, invaghito-si di un'altra donna. La conclusione porterà allamorte di entrambi nella sofferenza.

"Una tragedia folgorante, di una bellezza vertigi-nosa e di una contemporaneità straordinaria sottoli-

nea Walter Pagliaro -. Lavo-reremo nel rispetto del

testo e senza modernizzazioni. Abbiamo temi giàattuali come il ricorso alle arti magiche e la richie-sta di morte di Eracle che, forse, è il primo caso dieutanasia".

Novità nella scenografia, che s'inserisce negliallestimenti firmati da Duilio Cambellotti del 1933:il palazzo rappresenta la razionalità del mondo chesi affaccia su una zona coperta di scavi, di memo-rie, dove i reperti del passato lentamente affiorano.

La protagonista femminile è Micaela Esdra, attri-ce e doppiatrice di attrici come Kim Basinger eJuliette Binoche.

"Nutro per la Sicilia un amore particolare - dice -ritengo che recitare nel teatro greco sia l'esperienzapiù emozionante per un attore.

Sento su di me il peso di una grande attrice comeValeria Moricone, che ha interpretato prima di mequesto personaggio: una donna che inizia un viaggiodi conoscenza verso la propria irrazionalità, forseverso i propri desideri".

Eracle è stato rappresentato solo una volta nellastoria dell’INDA, nel 1964; la traduzione è di Salva-tore Quasimodo, la regia di Giuseppe Di Martino, lemusiche di Bruno Nicolai, scene e costumi di MischaScandella. Il volto di Eracle è quello diSergio Fantoni, Lico èArnoldo Foà.

Quarantatreesima edizione delle rappresentazioni classiche al teatro Greco, dal 10 maggio al 24 giugno

Euripide e Sofocle protagonisti a SiracusaPassione e morte nel solco della memoria

Spettacoli con la regia di Walter Pagliari e scene di Giovanni Carlucci

Continua ad imporsi all’attenzione dei critici l’Arte moderna dei giovani siciliani

Le mille articolate sfaccettature della TribùDopo il primo e seguitissimo evento musi-

cale, con il concerto jazz del GiuseppeFinocchiaro Trio, prosegue la program-

mazione de "itremisterilab", il progetto artisti-co/culturale realizzato da Tribe Società Coopera-tiva all'interno de "I Tre Misteri", nuovo risto-rante/wine bar di Tremestieri Etneo.

Il 23 marzo scorso è stata inaugurata la collet-tiva "TribeGallery: la Tribù si mostra". L'eventocoinvolge alcuni degli artisti che, in questi anni,hanno contributo alla crescita della TribeGallery,doppio spazio virtuale e cartaceo, rispettivamen-te presente sul portale Tribenet - La Tribù italia-na dell'arte e su Tribe Art - La Guida / Il Mensi-le degli Eventi d'Arte in Sicilia, un preziosodatabase in continua evoluzione, una sorta di"enciclopedia" gratuita le cui pagine sono arric-chite dal contributo degli utenti (studenti, appas-sionati ma anche operatori del settore), che nelcorso degli anni hanno cooperato alla crescitadella "tribù italiana dell'arte". E proprio nel 2003un "pezzo" di questa tribù ha lasciato la dimen-sione virtuale dando vita a Tribe Art - La Guida,free press dedicato agli eventi artistici della Sici-lia e che si è caratterizzato per aver lanciato laprima galleria cartacea. Dalla nascita del perio-dico, oltre 100 artisti hanno scelto di promuove-re le proprio opere attraverso questa originaleiniziativa.

La TribeGallery, come del resto gli eventi pro-dotti da Tribe hanno uno scopo specifico: valo-rizzare e promuovere gli artisti lontani dai cir-cuiti ufficiali della grande arte. Una sensazionediffusa è che l'arte sia un prodotto d'elite: perquesto motivo TRIBE cerca di "portala" fuoridai contesti tradizionali, organizzando mostre inspazi atipici.

La serata inaugurale è stata anche una piace-vole occasione per festeggiare i quattro anni diattività di Tribe Società Cooperativa.

Gli artisti in mostra sono: Gaetano D'Alessan-dro, Elio Gervasi, Daniel Sebastian, VeneraGiuffrida, Santo Mangiameli, Elisa Marletta,Giuseppe Russo, Seba, Alfio Sorbello, Luca

Prete, Angelo Trico-li, Antonio Triolo.

Gaetano D'Ales-sandro è nato a Cata-nia il 19 ottobre del1952, vive e lavoranella città etnea."Artista autodidatta,ha approfonditonotevolmente laconoscenza dellastoria dell'arte edelle tecniche arti-stiche grazie anumerosi viaggi inItalia e all'estero, eimportanti letture.Ciò gli ha permessodi elaborare uno stileassolutamente per-sonale, ma in sinto-nia con le miglioriricerche artistichecontemporanee.

Elio Gervasi ènato a Messina, vivee opera a Roma dal1967. Ha studiatopresso l'istituto sta-tale d'arte di Roma.Sono stati suoi pro-fessori artisti come Fabrizio Moschetti, EliseoMattiacci, Mario Lucerna ed altri. Ha comincia-to a dipingere giovanissimo: nel 1965 ha espostoi suoi primi dipinti coloratissimi dovuti al parti-colare amore per l'arte popolare siciliana in spe-cial modo quella espressa nei carretti e nelle pit-ture votive.

Daniel Sebastian è nato a Giessen Fk (Germa-nia), da genitori Siciliani. La sua vita fatta daviaggi e soggiorni nelle svariate capitali d'Euro-pa, tra cui Parigi, in modo particolare. Oggi vivee ritorna in Sicilia dopo un lungo soggiorno aVenezia. Dove nascono le sue fatiche, "Paesag-

gio interiore, e "Prò-rea del soggetto". Unacollezione di fotogra-fia su tela che include,immagini fluttuanti trapaesaggi esterni, sog-getti, oggetti edimpressioni di un arti-sta stregato da Vene-zia.

Venera Giuffrida ènata ad Acireale. Pit-trice e scultrice vive elavora ad Acicatena.Dopo gli studi, giova-nissima scopre la suanaturale vocazione perla pittura e la scultura,che ben presto diven-tano parte integrantedei suoi interessi.Autodidatta, operaun'attenta ricerca chela conduce verso unavisione matura basatasu una cultura delmoderno perfettamen-te assimilata., puntan-do a interiorizzarel'immagine e svelandocon il segno e il colore

il significato più recondito. Santo Mangiameli, classe 1978, cresciuto a

Carlentini, nel siracusano, da anni vive e lavoraa Catania. Laureato in Lettere Moderne, Man-giameli è dottorando in "Teoria e storia dellarappresentazione" presso la Facoltà di Architet-tura di Siracusa. La sua grande passione per lafotografia lo ha portato a farne una professione.

Elisa Marletta, nata nel 1979 a Catania, dovevive e lavora, da anni accompagna gli studi uma-nistici alla sua passione per la fotografia.

Giuseppe Russo è nato ad Augusta nel 1972,comincia ad interessarsi alla fotografia nel 1995.

Durante questi anni le sue fotografie sono stateusate per iniziative pubblicitarie, editoriali emusicali. Dal Febbraio del 2007 lavora per contodell'Agenzia fotografica Getty.

Sebastiano Parasiliti in arte Seba è nato aMisterbianco (CT) nel 1958, vive e lavora aPiano Tavola - Belpasso. Autodidatta, inizia adipingere nei primi anni ottanta. Sue opere si tro-vano in diverse collezioni private e in galleried'arte italiane. "Dall'Espressionismo degli esordiall'astratto-informale. Dalle periferie urbane ai"bitumi". Servendosi di colori, tele emulsionate,fotografie, computer e nuove tecniche.

Alfio Corbello vive e opera a Santa Venerina.Ha scritto di lui Aurelio Pes "Dopo un intensostudio dal vero della natura, Alfio Sorbello sce-glie la strada, già indicata dalla fisica moderna,dalla riscoperta dei suoi ritmi segreti, doveforme consuete si rinnovano e additano meteincognite alla nostra percezione. Nascono cosìolii di straordinaria intensità, in cui uomini edonne, luci e ombre, esalazioni e miserie s'in-contrano e si fondono, come accade talvoltanelle grandi musiche sinfoniche..

Luca Prete nato a Cittània il 6 agosto 1978, perlui il modello standard della fisica è il pensiero,cioè l'imbuto delle gerarchie di caos e continui-tà, alla mostra l'opera "E-pollution of the spe-cies", in pratica "il trono inquina le prove".

Angelo Tricoli artista nisseno ha esordito conla produzione di opere geometriche. Dopo unavvicinamento al figurativo, Tricoli ha recupera-to lo stile geometrico con la realizzazione dei"Totem luminosi".

Antonio Triolo nasce artisticamente nell'au-tunno del 1993, all'età di 27 anni, scoprendo congrande piacere e sorpresa il proprio talento nel-l'incidere e modellare il legno, riuscendo ad ani-mare la materia secondo le proprie emozioni perdare vita ai suoi enigmatici personaggi. Triolo,autodidatta, si è affidato per i soggetti delle pro-prie opere alla personale capacità di trarre dal-l'ambito storico e geografico le fonti tematichepiù esplicative.

Sofocle ed Euripide

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17LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

di FRANCO LOMBARDO

Affinché si possa argomentare meglio sullaquestione europea,è strettamente necessa-rio citare i dati storici che hanno portato

alla realtà attuale.Il 25 Marzo dell’anno 1957 pervolontà di alcuni governi europei si sottoscrisse lostorico trattato di Roma il cui impegnoprimario era quello di agevolare loscambio economico, facilitare il pas-saggio delle frontiere, creare un gover-no europeo, unire i popoli di diverserazze, religioni ed etnie. Negli anni dal-l’Euratom, alla CEE, all’odierna UE dapochi stati membri si è arrivati alla sot-toscrizione di ben 27 Paesi; indubbia-mente un grande successo, direbbero ifondatori come De Gasperi, Segni oGaetano Martino (e ne avrebbero titolovisto che fra l’altro l’Europa usciva conle ossa rotte dalla seconda guerra mon-diale e con la vergognosa realtà delmuro di Berlino), ma forse si rivolte-rebbero nella tomba nel constatare chequella di oggi non è l’Europa cheavrebbero voluto! Il percorso seguitonegli anni successivi al trattato haavuto, ed ha ancora oggi, un indirizzosolo politico (verticistico) senza mai unvero coinvolgimento popolare (soloalcuni Paesi di recente hanno coinvoltoil popolo in un referendum sia per l’a-desione all’Unione che alla creazionedi una Costituzione Europea) e da ciò sievince sempre più come la politica siallontana dal popolo. Ancora oggiabbiamo un Europa disomogenea, poli-ticamente lontana da una vera aggrega-zione socio-economica-culturare, lon-tana da una vera alleanza necessaria adaffrontare le realtà che stanno costrin-gendo sempre più questo vecchio continente fra iblocchi internazionali. Aveva ragione GaetanoMartino, e lo conferma ancora oggi il figlio Anto-nio, nel sostenere che i popoli si formano prima ditutto culturalmente, attraverso la partecipazione, laformazione e l’informazione e non a caso già daallora era stata prevista all’interno del trattato lanascita di una Università Europea. Il nostro non è

scetticismo, ma semplice constatazione quandopensiamo che c’è ancora molto da lavorare; ècome se si fosse costruita una cattedrale nel deser-to! A che serve continuare ad aggregare nuovimembri quando mancano ancora le vere basi?

L’aggregazione dell’Europa è storia di sempre:ci provarono i Greci, ma dovevano difendersi dai

paesi emergenti dell’odierno Medio Oriente; ciriuscirono parzialmente i Romani, ma dopo l’av-vento del Cristianesimo hanno dovuto condividereil controllo con la Chiesa e con gli Imperi emer-genti;e che dire di Carlo Magno e più di recente diNapoleone(non vogliamo neanche parlare di Hit-ler: forse la parte più nera della nostra storia)?Tutti tentativi encomiabili anche se spinti da vari

fattori fra i quali il potere, l’oppressione ma anchela vera volontà di parlare una sola lingua, profes-sare una sola religione, applicare una sola legge edavere un solo riferimento legislativo(la Costituzio-ne).

Ma torniamo brevemente alla cultura ed alla for-mazione sociale, cioè la base di una convivenza

civile, e ci soffermiamo alla nostra Italia, Paeseproduttore di grandi Uomini e di grandi idee, chetutto ha fatto meno che educare un popolo conti-nuando invece a sfasciare quanto di buono lanostra storia e le nostre tradizioni ci avevano inse-gnato. Se vogliamo ancor di più affondare il coltel-lo nella ferita, basta fermarci alla nostra

realtà regionale, allo scempio politico e cultura-

le che ormai dura da sempre, alla scarsa partecipa-zione di un popolo ormai assuefatto a qualunquetipo di vergogna! Ma come si costruisce l’Europain queste condizioni? Quando il Governo tenta diallontanarci sempre più con un programmato iso-lamento dal Mediterraneo e dal resto del mondo?Sta diventando retorica scrivere e parlare di queste

cose, ma noi non ccci stancheremo maitentando di svegliare il dormiente orgo-glio dei Siciliani e la voglia di riscattodi un Popolo ormai ridotto a subire levoglie dei poteri forti.

Lo stesso Montezemolo, sicuramentegrande manager, ci viene a prendereper i fondelli, dicendo, fra l’altro in unaconferenza a Messina, che è meglionon parlare del Ponte, ”ci sono proble-mi più urgenti da affrontare”! La traco-tanza di venircelo a dire a casa nostra,ma giustamente in una città dove ilcentro-sinistra non vuole questa inutileinfrastruttura.

È vero: tutti sono autorizzati a dire efare di tutto, mentre (lo diciamo senzapolemica e fiduciosi) stanno nascendocome funghi movimenti autonomisticied associazioni autonomistiche. Spe-riamo che almeno ciò possa produrredel buono, ma attenzione a non riper-correre gli errori del passato; l’autono-mia la vogliamo solo nell’interessedella Sicilia e non di pochi Siciliani!

E per finire l’ultima chicca che ciriguarda molto da vicino: a Catania unimprenditore siciliano trapiantato aMilano, decide tempo fa di intrapren-dere attività nel settore dei trasportinell’interland della provincia, ma gior-ni fa con una lettera aperta ad un gior-nale denuncia lo stato di inefficienzadella burocrazia locale e decide di

ritornare definitivamente a Milano a dare lavoro inquella terra anziché nella nostra!

Ed ancora: la AUSL di Ragusa bandisce dei con-corsi per assumere personale socio sanitario: iltitolo richiesto, fra gli altri, è obbligatorio che ipartecipanti siano residenti della provincia diRagusa, pena l’esclusione.

I commenti li lasciamo al lettore!

I popoli si evolvono culturalmente con la partecipazione, la formazione e l’informazione

Europa: ricominciare da dove si è partitiFatta per l’economia oggi è soltanto politica

C’è ancora molto da fare per amalgamare i 27 Paesi dell’Unione

Dalla Facoltà di Scienze politiche dell’ateneo di Catania il “segnale” Euromed sui diritti Umani

Jean Monnet, anticipatore dei tempi della storiadi DARIO LIETO

Decidendo di proclamare il 1988 "Annoeuropeo Jean Monnet", il Consiglioeuropeo, costituito dai Capi di Stato e

di governo della Comunità europea, ha volutorendere un omaggio solenne a Jean Monnet.

Perché Jean Monnet può essere consideratoil padre fondatore dell'Europa comunitaria,quella Europa che dal 1950 si sviluppa quoti-dianamente sulla base dei principi d'azione edegli obiettivi da lui ideati e concretamentepromossi.

La sua opera è duratura: ha modificato pro-fondamente i rapporti tra gli stati europei,ponendo fine a secoli di conflitti e influiscesulla vita d'ogni giorno di tutti i loro cittadini,preparando l'avvenire dei nostri popoli benoltre la nostra generazione.

"Quando un'idea corrisponde alle necessitàdell'epoca, essa cessa di appartenere agli uomi-

ni che l'hanno inventata ed è più forte di colo-ro che la gestiscono", ha scritto Jean Monnet.

Oggi, la validità di questa formula è provataal di là di ogni dubbio. Siamo tutti gli eredi diJean Monnet l'Europeo, ed è nostro compitofar progredire l'immenso cantiere aperto nellastoria del nostro continente.. Jean Monnet nonè mai stato il capo né di un governo, né di unpartito, né di una amministrazione, né di unaforza organizzata; e quando si è trovato allatesta di una organizzazione si trattava di orga-nizzazioni che egli stesso aveva creato, e di cuisi occupò finché erano nello "stato nascente".

Proprio per questo il suo caso è degno dimeditazione. Senza l'azione di Jean Monnetnon ci sarebbe la Comunità. Negli anni, mesi egiorni che ne precedono l'avvento, non esistené traccia né segno di un progetto di questogenere per il problema che si trattava di risol-vere il posto da assegnare alla Germania occi-dentale nel mondo atlantico.

Jean Monnet ha creato la comunità, e laComunità ha condizionato la politica europea emondiale. Ciò significa che da allora sino adoggi le grandi forze storiche hanno seguito ofronteggiato un corso di cose in parte stabilitoda un uomo solo, Jean Monnet

In questi termini, l'Azione Jean Monnet èun'iniziativa della Commissione Europea chesi pone l'obiettivo di promuovere lo studio del-l'integrazione europea, la costruzione dell'Eu-ropa comunitaria ed i suoi sviluppi istituziona-li, giuridici, politici, economici e sociali.

La Facoltà di Scienze Politiche di Catania haaderito a queste iniziative, con la creazione delcentro Euromed come Polo europeo Jean Mon-net e il 5 marzo scorso è iniziato uno dei quat-tro Moduli europei.

Il corso “Diritti Umani e Identità Europea. APhilosophical Approach to Human Rights” hacome responsabile scientifico Fabrizio Sciac-ca, professore straordinario di Filosofia politi-ca nella Facoltà.

Il prestigioso corso al quale interverrannonomi illustri del segmento, ha una tematica dirilievo, l’analisi del problema dei diritti umaniin rapporto alla questione dell’identità euro-pea, e verrà affrontata nel quadro metodologi-co della teoria e della filosofia politica contem-poranea, nel rispetto di una tradizione di studigià da tempo affermata in Italia.

In particolare, l’oggetto dell’analisi si rivol-ge agli aspetti della fondazione e della giustifi-cazione dei diritti umani: in tali aspetti la que-stione verrà trattata anche con riguardo allagenesi filosofica dell’idea dei diritti umani;alla storia dell’affermazione di questo concettonella “morale giuridica europea”; a come i pro-blemi di fondazione di diritti umani come“diritti morali” possono concretamente essereil punto di riferimento nel campo dell’applica-zione dei diritti stessi, ovvero sotto il profilodella tutela giurisdizionale dei diritti umani neldiritto comunitario.

Jean Monnet, a sinistra con Robert Schuman

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18 LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

Da questa edizione del nostro giornaleverrà pubblicata la “Voce Rosa dell’Isola”.

In questa pagina troverete servizi sulla moda,sulla gastronomia, sulla salute, sul benessere, sul turismo

con suggerimenti sui viaggi, interviste a personaggi e altri argomenti di sicuro interesse.Vi auguro una ottima lettura e seguitemi nella scoperta del fantastico mondo delle donne della nostra Isola.

Debora Santos

Abbiamo parlato di questo delicato argomento con la dottoressaSara Pettinato, dirigente U. O. di Senologia dell’Ospedale Gari-baldi di Catania. Ecco le domande poste e le risposte che sono

state date.Lei è una delle "figlie" del professore Veronesi: come è nato

come questo rapporto e il suo interesse per questo settore?Ormai da quattro anni periodicamente mi aggiorno sulle tecniche e

sulle innovazioni in tema di tumore al seno con il professore PaoloVeronesi, condirettore della Divisione di Senologia dell’Istituto Euro-peo di Oncologia. abbiamo istituito un masterin Senologia presso l'associazione “Agatadonna per le donne Onlus”

Come mai tante donne ancora non prov-vedono annualmente ad un contro mam-mografico?

Per disinformazione, assenza di interesseper ragioni scaramantiche o per paura, persenso del pudore, poco tempo da dedicare a sestessi, sono alcuni dei tanti motivi per cui laprevenzione è ancora oggi scarsa.

Il cancro coinvolge oltre cinque milioni dipersone in tutta Italia: malati, ex-malati efamiliari. Incide pesantemente sulla vita deisingoli individui e sul tessuto sociale, assorbegrandi risorse da parte del Servizio SanitarioNazionale. Per le donne il tumore al seno rap-presenta la prima causa di morte nella fasciadi età tra i 30 e i 44 anni, da qui l'esigenza dipromuovere la cultura della prevenzione che,attraverso i programmi di screening istituzionali e non è uno strumen-to molto importante per la diagnosi precoce della malattia.

Attraverso la diagnosi precoce, infatti, si aumentano notevolmente lepossibilità di guarigione sino al 99% e si garantiscono cure tempestive,meno invasive e più efficaci. Tuttavia, molte donne, per quanto consa-pevoli dell'importanza di fare prevenzione intesa come diagnosi preco-ce, non partecipano ai programmi di screening e si sottopongono a con-trolli episodici, non programmati e/o addirittura inesistenti, quandomagari notano un nodulo o un arrossamento o addirittura sangue dalcapezzolo ed a quel punto potrebbe essere tardi.

Quanto è importante per le giovani donne l’informazione?Per le giovani donne la diagnosi precoce salva la vita. Diagnosticare

un tumore al seno in fase iniziale, cioè quando ancora è di piccoledimensioni e si presenta come un carcinoma intraduttale che per defi-nizione è incapace di dare metastasi, significa conservare il seno,i lin-fonodi ascellari e soprattutto preservare la vita. Infatti da circa 4 anni èpossibile eseguire, presso la nostra struttura Ospedaliera, tecniche dichirurgia radioimmunoguidata cioè mininvasiva della mammella,peresempio la R.O.L.L.(Radioguided Occult Lesion Localization) Loca-lizzazione Radioguidata delle Lesioni Occulte; la S.N.O.L.L. (SentinelNode Occulte Lesion Localization) linfonodo Sentinella e Localizza-zione delle Lesioni Occulte della Mammella

La discriminazione nei confronti di chi ha subito un intervento alseno è ancora molto forte?

La discriminazione è forte non tanto in ambito sociale ma quantorispetto alla tutela dei diritti della donna operata e dei diritti in tema diinvalidità civile e legge 104/92 e le problematiche legate al pregiudizioe discriminazione sul lavoro.

Un appello alle nostre autorità: cosa direbbe loro?Alle autorità non posso che dire che si

rende necessario sia intervenire affinché ledonne colpite dal tumore al seno abbianoriconosciuti i loro diritti in modo coerenteed uguale in ogni parte di Italia, sia avvia-re delle procedure di risoluzione dei limitiposti dallo screening istituzionale chespesso penalizza la diagnosi precoce e atti-vare presso gli ospedali e nei comuni ita-liani una campagna i informazione allaprevenzione e che coinvolga e informi ledonne alla diagnosi precoce.

Un messaggio ai nostri lettori: sapere intempo ti salva la vita.

***L'Associazione Agata Donna per le

Donne Onlus, nasce il 16 Gennaio 2006per volontà della dotoressa Sara Pettinato,chirurgo senologo c/o U.O. di Senologia

Osp. Garibaldi "Nesima", insieme ai soci fondatori dott.ssa TizianaLauricella e prof.ssa Ilaria Artimagnella, con l'obiettivo di aprire undialogo con le istituzioni per affrontare i problemi relativi al tumore alseno: dalla prevenzione alle terapie, dalla riabilitazione al reinserimen-to affettivo e sociale, dalla formazione del personale medico alla ricer-ca scientifica, dalle informazioni alle donne alla sensibilizzazione del-l'opinione pubblica.

Ogni anno l’Associazione Agata Donna per le Donne Onlus organiz-za nel mese di marzo un incontro rivolto alla prevenzione.

Per informazioni:tel. 095387177- Fax 095310240 – cell. 3405567865 - e-mail:[email protected] - www.agatadonnaperledonne.com

BENESSERECosa deve fare una donnaper essere in perfette condizionifisiche, psichiche e serena?

Questo argomento lo abbiamo trattato con la dottoressaManuela Chiarenza, PR di Profumia spa, alla quale abbiamoposto alcuni interrogativi. Ecco le domande e le risposte:

Cosa si intende quando si parla di benessere?Il benessere è la sensazione di essere in perfette condizioni sia

fisiche che psichiche: sentirsi in salute, in serenità, e vivere congioia. La bellezza esteriore come specchio di un ritrovato equilibriointeriore.

Cosa deve fare una donna per sentirsi bene con se stessa? Avere un corretto rapporto con il proprio corpo. Gli attuali ritmi

di vita contrastano con i ritmi biologici: compressi dalle preoccupa-zioni, ansie e frustrazioni, dimentichiamo di dedicare un po’ ditempo a noi stessi.

Quali sono le cause più frequenti che generano disagio in unadonna?

L’aspetto fisico, la capacità di relazionarsi con gli altri nell’am-biente nel quale si vive e si lavora, lo stress che genera ansia, inson-nia, mal di testa, dolori muscolari ed eruzioni cutanee.

Il vostro centro benessere è nato esclusivamente per le donne?Assolutamente no, circa il 40 per cento della nostra clientela è

rappresentata da uomini.Gli uomini oggi dedicano parecchio tempoalla cura del proprio corpo. La maggior parte di loro sceglie, cosìcome le donne, oltre all’estetica di base, trattamenti dimagranti etonificanti.

Come è nato il centro SPA di Profumia? PROFUMIA SPA nasce dall’esigenza di comunicare eccellenza,

esclusività e benessere. La mission di Profumia Spa è educare le per-sone ad un corretto rapporto con la propria pelle. Infatti, oggi pervivere bene è indispensabile migliorare il proprio aspetto sia per esi-genze professionali che di tipo personale ed emozionale. SPA dallatino “ SALUS PER AQUAM” significa salute per mezzo dell’ac-qua, dei suoi vapori e dei suoi benefici. Infatti, i nostri trattamenti sibasano sull’ elemento acqua che riporta a quei magnifici nove mesiche ognuno di noi ha trascorso immerso nel caloroso grembo mater-no. Proprio perché la vita di tutti noi nasce dall’acqua.

Una regola per stare bene.Affrontare la vita con un sorriso e dedicare del tempo a se stessi.

Dove possiamo trovare i centri Profumia SPA?I due centri si trovano a San Giovanni la Punta presso il parco com-merciale Le Zagare – 095.7410348 – 3291134643, ed a Misterbian-co in Corso Carlo Marx, 24 – 095484081 – 3297784136.

Paese ricco di storia, unisce ai bellissimimonumenti, presenti nelle stupende città,paesaggi suggestivi.

L’alta stagione turistica va da metà giugno ametà settembre. Luglio e agosto sono mesi moltocaldi ovunque e nell’Algarve e nell’Alentejo letemperature possono anche superare i 45 gradi.Un ottimo periodo per visitare il Portogallo è laprimavera quando il paesaggio si ricopre di colo-ri e profumi ed è piacevole camminare nelle cit-tadine o passeggiare sulla spiaggia. Nelle regioninord-occidentali, a differenza del resto del paese,il clima è piuttosto umido e piovoso. In Portogal-lo, all’estremità sud occidentale dell’Europa, unPaese che offre 830 km di spiagge, città raffina-te ricche di storia e angoli remoti dove il temposembra essersi fermato.

A sud le scogliere, le lunghe spiagge e le isolesabbiose. A nord le imponenti montagne e le vallilussureggianti che offrono la possibilità di fanta-stiche camminate immersi nella natura. Al centroLisbona, punto di partenza obbligatorio di unviaggio in Portogallo, la capitale multiculturale,città adagiata sui sette colli (Estrela, Santa Cata-rina, Sao Pedro de Alcantara, Sao Jorge, Graça,Senhora do Monte e Penha de França). Alcunipunti da visitare sono, la Praça do Comercio,Avenida da Liberdade, Chiado, elegante quartie-re dove potrete trovare raffinate boutique e deco-razioni in stile Art Nouveau. Da qui si raggiungeil Barrio Alto, quartiere affollato di strette vie epiccoli vicoli dove si concentra buona parte dellavita notturna. La Cattedrale Sé Patriarcal è la piùantica chiesa di Lisbona.. In direzione ovest siarriva a Belém, uno dei principali punti di par-tenza delle caravelle portoghesi all’epoca dellegrandi scoperte. La splendida e medievale Alfa-ma, con le sue viuzze, si trova invece ad est, sor-montata dal magnifico Castelo de Sao Jorge. Ilcuore di Lisbona è costituito da ampi viali albe-rati, impreziositi da palazzi in stile Liberty, mar-ciapiedi a mosaico, muri abbelliti dagli azulejos,caratteristiche mattonelle di ceramica e caffè.Lisbona è una città molto pittoresca dove colori,odori e sapori si fondono insieme in un meravi-

glioso e suggestivo scenario. E poi Coimbra cittàuniversitaria con le celebri rovine romane, Portocon il centro storico dichiarato Patrimonio del-l’Umanità dall’UNESCO, Braga la città con 35chiese fra cui la splendida cattedrale. All’estremosud vi aspettano le famose spiagge dell’Algarveintercalate da baie naturali con scogliere a piccosul mare, incastonate in uno scenario spettacola-re. Fermatevi a Lagos, cittadina romantica equasi fuori dal tempo, oppure proseguite fino aFaro.

I parchi nazionaliPer gli appassionati di camminate e trekking in

Portogallo trovate molti parchi nazionali conzone montuose, foreste e lagune. I portoghesinon sono grandi camminatori e quindi spessoi viritroverete soli di fronte a magnifici paesaggi.Fra i tanti parchi nazionali e riserve non perdete-vi: Parque Nacional de Peneda-Gerés, con mon-tagne ricoperte da foreste rigogliose, altipianirocciosi, e sorgenti termali. Qui potrete avvistarecervi, lupi e bovini dalle lunghe corna e potretepraticare mountan bike, canoa ed escursionismo.Parque Natural da Serra de Sao Mamede, conmontagne ricoperte da prati e foreste dove potre-te avvistare avvoltoi, aquile, nibbi e la cicognanera, e dove potrete divertirvi in straordinariepasseggiate.

Parque Natural de Serra da Estrema, con mon-tagne selvagge, fra cui la vetta più alta del Porto-gallo, dove fare eccezionali escursioni a piedi,sci, paracadutismo e mountan bike. Parque Natu-ral do Dauro International, con canyon, laghi,moltissime specie rapaci in pericolo di estinzio-ne e bellissimi sentieri naturalistici da percorre-re. Parque Natural do Alvao, con formazioni gra-nitiche, pinete e cascate, tantissimi uccelli, cervie cinghiali. È la zona ideale per delle escursionia piedi e in bicicletta.

Parque Natural do Vale do Guardiana, con col-line ondulate, pianure, fiumi e rare specie dirapaci, serpenti e anfibi.

Qui potrete effettuare belle camminate, osser-vare gli animali preistorici e visitare i siti storici.

Gastronomia La cucina portoghese è ricca di colori e aromi,

le porzioni sono generose e rispecchiano la ric-chezza delle sue terre.

Il pesceIl piatto di pesce nazionale del Portogallo è il

bacalhau con cui i portoghesi hanno avuto peranni un rapporto quasi mistico tanto che si diceche una casalinga lusitana conosca 365 ricettediverse di bacalhau, e che se le prepara tutte nelcorso di un anno la sua famiglia non avrà di chelamentarsi. Altre specialità di pesce sono le sar-dine alla griglia cotte direttamente sulla brace,l’espada, pesce spatola, calamari, seppie, polpo eprovatelli fritti da sgranocchiare mentre si pas-seggia.

Da bere Da bere sopra tutto un bel bicchiere di Porto di

cui potete gustare diverse varietà tra cui le piùconosciute sono: Ruby, chiamato così per il suocolore, giovane e molto fruttato. Tawny, chiama-to così per il suo color mogano, è una miscela divini di diverse annate. Vintage, è il migliore eviene prodotto con uve di un’unica vendemmiadi qualità eccelente, prima di essere messo intavola viene invecchiato per decenni. Un altrovino molto famoso è il Mateus, un rosè dolce,che però è prodotto soprattutto per il mercatostraniero. Buonissimo poi anche il Madeira, unvino liquoroso cugino del Porto e prodotto sul-l’ominima isola. Fra i vini da tavola ci sono ilvinho verde, giovane e leggermente frizzantequasi sempre bianco, la Malvasia, ed il Rapiscorosso. Se preferite la birra, che qua è popolarequanto il vino, alla spina potete scegliere fra laum imperial, um principe, um canea, e um gira-fe. La marca principale è la Sagres dal gustomolto deciso. Tipica è anche l’aguardente,acquavite, che si ottiene quasi con qualsiasi cosasi abbia a portata di mano e che quando è di qua-lità è davvero buona.

La musica portogheseIl genere musicale che distingue il Portogallo

in tutto il mondo è il fado, canzoni piene dimalinconia che risalgono dai canti africani unitialla tradizione dei trovatori.

Di solito vengono interpretate a gruppi di treed accompagnate da una guitarra portoghese a 12corde.

Per maggiori informazioni vi consigliamo:Holiday Portugal - Corso Martiri della Libertà n° 188

Catania - Tel. 095 [email protected]

TURISMOPortogallo: questo Paese è tutto da scoprire Spiagge incontaminate, un ambiente da mozzafiato

SALUTEIl controllo mammograficoandrebbe fatto ogni annoma tante donne lo dimenticano

Sara Pettinato

LA VOCE ROSA

Page 19: b D S B Vog liono affondare la Siciliabero, in ogni caso, nella sfera di nostro interesse), possiamo registrare una “comunanza” di obiettivi politici, anche se anomala in quanto

di MAURIZIO ZINI

La nuova BMW X5 innalza l’e-sperienza di guida vissuta in unoSports Activity Vehicle (SAV) a

un livello superiore. Dei potenti motoria sei e otto cilindri, un’architetturacompletamente nuova dell’autotelaio ela trazione integrale BMW xDrive otti-mizzata offrono la massima dinamicadi guida e agilità. Il nuovo motore V8eroga 261 kW/355 CV, il nuovo seicilindri in linea con basamento inmagnesio/alluminio mette a disposizio-ne una potenza di 200 kW/272 CV; ilnuovo sei cilindri in linea diesel conbasamento costruito interamente inalluminio e iniezione Common-raildella terza generazione eroga 173kW/235 CV. L’abitacolo spazioso eversatile della nuova BMW X5 offrenumerose possibilità di utilizzo e postoper sette occupanti. a una serie di equi-paggiamenti innovativi e una lavora-zione di alta qualità, la nuova BMWX5 offre all’interno un’esclusività allivello di un’ammiraglia di lusso. Lanuova BMW X5 è il primo SAV equi-paggiabile con Active Steering, Adapti-veDrive (stabilizzazione del corica-mento laterale e ammortizzatori attivi),Head-Up-Display e monta di seriepneumatici di sicurezza del tipo run-flat. Grazie alla sua dinamica potenzia-ta e alle prestazioni eccellenti, la nuovaBMW X5 segue la scia di successo diun concetto automobi-listico innovativo.Con il modello prece-dente BMW avevacreato un segmentocompletamente nuovo– quello dei SAV.Come veicolo pre-mium spazioso, lus-suoso, versatile e, alcontempo, robusto, laBMW X5 non offresolo delle ottime pre-stazioni dinamiche,ma con la trazioneintegrale a comandoelettronico anche lepremesse ideali peruna gita sullo sterrato.Questa universalitàaveva procurato allaBMW X5 un successo strepitoso, con-fermato da oltre 580.000 esemplarivenduti in tutto il mondo. Come primoveicolo della categoria di appartenen-za,la nuova BMW X5 è ordinabile arichiesta con Servotronic; la demolti-plicazione viene adattata alla velocità,così da aumentare ulteriormente l’agi-lità. A velocità elevate l’Active Stee-ring assicura invece una guida in retti-lineo più sicura. Nelle manovre di par-cheggio sono sufficienti due giri divolante per realizzare un giro completodelle ruote. Inoltre, l’Active Stee-ring della nuova BMW X5contribuisce attiva-mente a stabiliz-zare il veicolo:ad esempio,quando sifrena con

le ruote su terreni differenziati (m-split), un impulso di controsterzo mira-to previene lo sbandamento del veico-lo. La nuova BMW X5 è il primo SAVdel mondo che offre come optional ilsistema di controllo di stabilizzatori eammortizzatori AdaptiveDrive. Attra-verso una serie di sensori, Adaptive-Drive rileva permanentemente i datisulla velocità, l’angolo di sterzata, l’ac-celerazione longitudinale e trasversale,l’accelerazione della sovrastruttura edelle

ruote e le altezze. Un SAV del segmen-to premium necessita motori adatti alleprestazioni, in grado di scaricare a terrala potenza in maniera ottimale e, alcontempo, deve convincere per la mas-sima rotondità di funzionamento. Per lanuova BMW X5 due motori a benzinae un motore a gasolio soddisfano que-sta richiesta. Soprattutto il motore abenzina a otto cilindri della BMW X54.8i la eleva a un nuovo livello dipotenza. Il propulsore top di gamma

ampliamente rivisitato eroga da unacilindrata di 4.799

ccm una

potenza di 261 kW/355 CV e una cop-pia massima di 475 newtonmetri,disponibile tra i 3.400 e i 3.800giri/min., e diviene così un simboloperfetto di dinamica efficiente al mas-simo livello.

La BMW X5 4.8i dotata di questomotore accelera da 0 a 100 km/h in 6,5secondi – un nuovo primato – e la velo-cità massima viene bloccata elettroni-camente a 240 km/h. Nonostante l’au-mento di potenza dell’11 percento, ilconsumo di carburante è stato ridottodel 5 percento. Nel ciclo di prova UE ilvalore per 100 chilometri è di 12,5 litri.Il nuovo motore V8 della BMW X54.8i soddisfa inoltre le norme antinqui-namento Euro4 e la classifica USAULEV II. Anche l’erogazione esempla-re di potenza della variante diesel dellanuova BMW X5 accentua il caratteredel SAV premium. Il sei cilindri inlinea, con basamento realizzato intera-mente in alluminio che ha consentito dialleggerirlo di 25 chilogrammi rispettoal motore precedente eroga da unacilindrata di 3,0 litri una potenza di 173kW/235 CV. La coppia massima di 520Nm è disponibile tra i 2.000 e i 2.750giri/min. La spinta disponibile già a

bassi regimi viene generata dal tur-bocompressore a gas di scarico.

La nuova BMW X5 3.0d acce-lera da 0 a 100 km/h in 8,3

secondi, la velocità mas-sima è di 216 km/h

(210 con

pneumatici H). Nel ciclo UE il consu-mo di carburante è di solo 8,7 litri digasolio per 100 chilometri: un calo del7 percento rispetto al motore preceden-te – nonostante l’aumento della poten-za del 8 percento. Nella nuova BMWX5 la trasmissione di potenza vienerealizzata attraverso una trasmissioneautomatica rivisitata a sei rapporti. Ilnuovo cambio automatico a sei rappor-ti esegue le cambiate in tempi estrema-mente brevi, con la massima precisioneed efficienza. Attraverso un convertito-re di coppia nuovo e un software parti-colarmente potente i tempi di reazionee di passaggio di marcia sono statiridotti – rispetto ai cambi automaticitradizionali – fino al 50 percento.

Grazie a un inserimento più direttodella marcia finale, le scalate di piùmarce non richiedono dei tempi sup-plementari. La straordinaria velocità dicambiata e il nuovo convertitore garan-tiscono nella nuova trasmissione auto-matica a sei rapporti una guida attiva esportiva della nuova BMW X5 per tuttiI VERI EASY-RIDER ON THEROAD. Inoltre, consente di viaggiarein modo confortevole e rilassato a bassiregimi, limitando il consumo di carbu-rante. La nuova BMW X5 misura4.854 millimetri in lunghezza e 1.933millimetri in larghezza.

La crescita delle dimensioni rispettoal modello precedente ha determinatoun notevole guadagno di spazio e diversatilità all’interno.

Un’ulteriore conferma dell’elevataflessibilità è costituita dall’opzione diintegrare una terza fila di sedili, dispo-nibile ex fabbrica. I due posti supple-mentari possono accogliere comoda-mente due persone fino a un’altezza di1,70 metri. I due sedili sono equipag-giati di cinture automatiche a tre puntie di poggiatesta regolabili in altezza.Per accedere comodamente alla terzafila, la seconda fila viene ribaltata com-pletamente in avanti – senza inclinaregli schienali.

Delle maniglie di appiglio nel pan-nello interno del terzo montante facili-tano l’accesso. Quando i posti supple-mentari non sono necessari, i sedilipossono scomparire – singolarmente oinsieme – nel piano del vano di carico.In più, i passeggeri della seconda filadella nuova BMW X5 hanno 40 milli-metri di spazio in più per le gamberispetto al modello precedente.

19LA VOCE DELL’ISOLA14 aprile 2007

Guida sportiva con la velocità di cambio e la trasmissione automatica a sei marce

Forza senza limiti nella BMW X5per viaggiare in modo confortevole

Rilassati e massima agilità con i potenti motori a sei e otto cilindri

LE PROVE EASY RIDER

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