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Meritocrazia Impresa, occorre valorizzare il talento “K-idea” Il concorso sull’Innovazione promosso da Kilometro Rosso Alto di gamma Il settore torna a crescere puntando su Made in Italy qualità ed eccellenza anno III - numero 16 | dicembre 2010 - febbraio 2011 | € 5,00 Nasce “Chronosphere”, uno spazio unico nel suo genere che stravolge il mondo dell’alta orologeria e dell’alta gioielleria Serafino Consoli dà Forma al Tempo Protagonisti Alberto Bombassei Marina Bonomi Piercarlo Ceccarelli Massimo Cuccovillo Luciano Magni Claudio Lamperti Alberto Piantoni Antonio Pozzi Roberto Saccone Aldo e Carlo Vimercati Un particolare del cilindro sospeso pensato da Serafino Consoli per “Chronosphere”

B&G N°16

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Business&Gentlemen è una rivista bimestrale dedicata al mondo delle imprese protagoniste della storia economica lombarda. I principali temi trattati sono cultura d’impresa, innovazione, formazione, internazionalizzazione, qualità, energie alternative. Tutto questo a cominciare dai volti, storie e personaggi che fanno grande questo straordinario tessuto imprenditoriale.

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MeritocraziaImpresa, occorre valorizzare il talento

“K-idea”Il concorso sull’Innovazionepromosso da Kilometro Rosso

Alto di gammaIl settore torna a crescerepuntando su Made in Italyqualità ed eccellenza

anno

III

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mer

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2010

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| € 5

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Nasce “Chronosphere”, uno spazio uniconel suo genere che stravolge il mondo dell’alta orologeria e dell’alta gioielleria

Serafi no Consolidà Forma al Tempo

ProtagonistiAlberto Bombassei Marina BonomiPiercarlo CeccarelliMassimo CuccovilloLuciano MagniClaudio LampertiAlberto PiantoniAntonio PozziRoberto SacconeAldo e Carlo Vimercati

Un particolaredel cilindrosospeso pensatoda Serafino Consoliper “Chronosphere”

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E’ passato un altro anno, ma la doman-da fondamentale per l’economia e le im-prese italiane resta la stessa. A distanza di dodici mesi le previsioni più rosee sul-la fi ne della crisi sono state smentite dai fatti e ci ritroviamo ancora oggi a vivere all’interno di una piattaforma econo-mico-sociale fortemente intaccata dalla recessione. Inutile negarlo, anche noi di B&G l’abbiamo presa un po’ troppo sotto gamba, trascinati dall’entusiasmo e dal-la voglia di guardare il bicchiere mezzo pieno. Questo è un momento diffi cile per il Paese perché la politica registra l’enne-sima profonda spaccatura, le polemiche sterili si avvitano su se stesse, le rifor-me strutturali non decollano, famiglie e imprese continuano la loro guerra di sopravvivenza. Siamo continuamente costretti a sentir parlare di scandali, an-ziché di progetti per il futuro e il rilancio dell’Italia. E anche l’Europa vacilla dopo il ko di Grecia e Irlanda a cui si aggiunge il pericolo di crollo di Spagna e Portogal-lo. L’euro soff re e c’è chi prevede persi-no una lenta morte della moneta unica se la Germania smetterà di sostenere il carrozzone. Insomma, rispetto a un anno fa, il cielo sopra le nostre teste ci sembra tutt’altro che in schiarita, ma c’è chi ci chiede di continuare a spera-re in un futuro migliore. Tuttavia a noi il concetto di speranza piace davvero poco. Perché la speranza ci chiede di fare

un’opera di fede verso l’ ignoto, ci chiede di chiudere gli occhi, di avanzare a testa bassa e aspettare di capire come andrà. “Io speriamo che me la cavo”: vi ricorda-te? Noi la pensiamo come il compianto Mario Monicelli che diceva che “La spe-ranza è una trappola. Una brutta paro-la, non si deve usare”. Viviamo nel Paese che sa fare una cosa meglio di ogni altro posto al mondo. Sappiamo arrangiarci, sappiamo sgomi-tare, sappiamo cavarcela senza l’aiuto di nessuno. La speranza ce la costruia-mo da soli ogni giorno. La speranza va bene per quella politica del non fare, dell’illusione, del ponte sullo Stretto di Messina, perché “tanto gli italiani si ar-rangiano da soli”. Manca un piano per il rilancio e per il sostegno delle imprese?E le aziende italiane se la sono ca-vata da sole come se la cavano da sole le famiglie di questo Paese. E allora tanto vale lasciar perdere la speranza per concentrarci sulla con-sapevolezza di noi stessi. Sì, noi prefe-riamo “credere”, “ritenere”, “provare”, “sbagliare”, piuttosto che starcene qui a sperare. Certo, a volte fi niamo per di-ventare più furbi che bravi, fi niamo per essere sopraff atti dalla cultura dell’or-ticello o del “quartierino”. E, a volte, nonostante tutto non ce la facciamo. Perché, purtroppo, anche l’arte di arran-giarsi ha i suoi difetti. |

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Con la crisi “Io speriamo che me la cavo”?

B&G è anche online!Non una semplice vetrina della rivista, ma un magazine vero e proprio dedicato al mondo delle imprese, del business e del lifestyle. Servizi quotidiani e approfondi-menti suddivisi in canali tematici: dall’economia ai personaggi, dall’internazio-nalizzazione ai giri di poltrona, dalle fi ere all’Ict. E poi, i canali dedicati all’intrat-tenimento e al lusso: yacht, motori, gioielli, orologi, viaggi e molto altro.

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Innanzitutto ogni articolo presenta un’icona che ne identifica la tipologia di contenuto:

Giornalistico: servizi, approfondimenti, interviste realizzate dai nostri giornali-sti e dai collaboratori B&G.

Tecnico-scientifico: studi e ricerche che hanno una connotazione tecnico-scientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi.

Divulgativo: notizie, curiosità, antepri-me, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design.

Inoltre la lettura può riservare infor-mazioni aggiuntive con le seguenti icone

Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico

Url: la segnalazione di siti e portali sul tema trattato

Argomenti correlati: segnalazione di servizi B&G che trattano argomenti simili

Citazione: un ipse dixit che impreziosisce il discorso trattato

Bibliografia: la segnalazione biblio-grafica collegata all’argomento

Editoriale di Mauro Milesi

B&G è anche onliNon una semplice vetrimondo delle imprese, dmenti suddivisi in cananalizzazione ai giri di ptenimento e al lusso: ya

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Sommario numero 16 | dicembre 2010 - febbraio 2011

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6. Editoriale Il 2011: io speriamo che me la cavo?

12. Abstract Pillole di B&G dedicate al pubblico estero

14. Meritocrazia La valorizzazione del talento per il successo d’impresa

20. “K-Idea” Le idee vincitrici del concorso organizzato da Kilometro Rosso 26. In ripresa Segnali positivi per il segmento dell’Alto di gamma

30. Vimercati Accelera sulla qualità nel settore automotive

34. Olimpia Splendid Investimenti e sviluppo nell’area bresciana

38. Recodi Pavimenti industriali: alla base di ogni progetto 42. Roncoroni Accoppiata vincente di innovazione e ricerca

46. Campionmax L’azienda brianzola punto di riferimento per tessile e legno

50. Claudio Lamperti Intervista all’ad di Panasonic Italia Una storia di successo

54. Made in Italy Per Alberto Piantoni “Serve un marchio unico” 56. Lady Web Marina Bonomi racconta il suo slancio per internet

62. Serafi no Consoli Festeggia la nascita di “Chronosphere”

68. Internazionalizzazione Ancora troppo poco

spazio alle donne

72. Prodotti innovativi Strategie di sviluppo nel processo d’innovazione 76. Energia in Italia Qual è il percorso compiuto nel nostro Paese 78. La crisi? Uno stimolo Accelera il cambiamento anche a nuovi metodi di consulenza

82. Vendite Aumentare l’effi cienza attraverso l’evoluzione della fi gura di venditore

86. Reputazione B2B Come costruire e preservare il buon nome d’impresa88. Questioni di etica

La diff erenza tra buonismo e giustizia nella gestione dei collaboratori

90. Degustazione Gesti, dettagli e stile per apprezzare un sigaro 94. Nautica La straordinaria storia del fenomeno fi sherman

98. Sri Lanka e Maldive Tra storia e relax per un viaggio da favola

104. Fiere Tutti gli appuntamenti più importanti

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Business&Gentlemen dicembre 2010 - febbraio 2011

Nuggets of B&G

We dedicate the English abstracts of some of the most interesting articles published on this issue to the foreign business public happening to leaf through B&G

Eng

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Chronosphere lands in the territory of Fine Jewellery“Chronosphere” is here, a free-standing concept that has revolutionised the fi ne je-wellery and watches industry worldwide and that has elevated the Italian-Made style to new heights in the temple of high-range products. Th is innovative architecture laun-ches a completely new concept in the luxury sector dedicated to connoisseurs of jewelle-ry and watches all over the world. “Chrono-sphere” opened its doors in late November from the insight and desire of Serafi no Con-soli, the 50-year-old company based in Ber-gamo that today has become one of the best solutions providers in the fi eld of fi ne jewel-lery and watches, also thanks to its strong commitment to recognising and satisfying the special requirements of partners, com-panies and institutions.

“We know that the economy is so complex and diffi cult, increasingly more unpredictable and dangerous, where the survival of a company depends on the art of mobili-zing every ounce of intelligence in the organisation. Only by drawing on the combined brainpower of all its colla-borators can a company face up to the turbulence and constraints of today’s environment”. Th ese are the words of Konosuke Matsushita, founder of Panasonic, one of the biggest consumer electronics companies in the world, which today can rely on the brainpower and work of 25 thousand engineers worldwide, capable of patenting an average of 7-8 thousand components and products. Th ese numbers tell the history of an innovation inside the con-sumer electronics sector, reported by the new CEO for Italy, Claudio Lamperti.

Panasonic’s success story

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Abstracts

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A trip in discovery of Sri Lanka. Th e itinerary starts from the country’s capital, Colombo, an important ancient tra-de junction. Day three will be spent visiting Pinnawela, a real elephant “orphanage” and then Kandy, Matale, Sigi-riya, Anuradhapura, Aukana, Polonnaruwa and Cangehi Island, staying in a completely renovated resort nestled in one of the most beautiful islands of the Ari atoll. Sri Lanka off ers beaches and ancient monuments of worship, magnifi cent displays of a colonial past, natural parks, tea plantations and cities famous for their precious stones and tranquillity in the heavenly paradise of the Maldives on the island of Gangehi.

Sri Lanka and Maldives, amid plantations, temples and heavenly islands

Riding the internet and multichannel wave to in-crease a company’s potential. Th is is the approach entrepreneurs and managers must take if they don’t want to miss the train of innovation and opportu-nities off ered by the internet. All this without sacri-fi cing the crucial role played by the consumer, who has now become an expert, active key and critical player in the choice of products. Marina Bonomi, a successful manager with extensive experience in web and marketing solutions, advocate of multichannel services and new technologies, talks to us about the main possibilities off ered by the new business devi-ces. Aft er gaining experience at Lexicon Digital Me-dia, Omnitel, Vodafone and Olivetti, Bonomi is now manager of Mimesi, a media monitoring service of Reed Business Information, a content-company spe-cialising in business-to-business information.

Innovation moves from the web

Promising results for the 2010 personal luxury goods industry. Despite being hea-vily infl uenced by the sharp economic decline in 2009, resulting in a total decrease of 8%, the fi rst conclusions were drawn and the fi rst as-sumptions on the outlook for 2011 were formulated during the Osservatorio Altagamme. In fact, the luxury goods sector is ex-pected to grow by 10% this year, with sales likely to re-ach 167-170 billion euros. Th is sector consists mainly of clothing, accessories, co-smetics, furniture, jewellery and watches. According to a study conducted by Bain

& Co. in collaboration with Fondazione Altagamma, all the global markets are growing, although some are still lagging behind (e.g. Japan). Aft er being infl uen-ced by the 2009 recession (-9%), Europe is preparing to close 2010 with a incre-ase of 6%, while Japan, af-ter a 12% decrease in 2009, confi rms the negative trend with an expected decrease of around 8%. Sales in the Asia-Pacifi c region, who-se positive trend in 2009 (+10%) continues this year, are expected to grow by 22%. China also continues to grow this year (+20% in 2009 and +30% in 2010).

High-range on the path to recovery

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Il valorevalorein aziendaaziendadel meritomerito

Progetti avvincenti, incentivi al merito, formazione continua: queste le possibili risposte per gettare solide basi meritocratiche e infondere un sano spirito di squadra tra i dipendenti, i manager e gli stessi imprenditori. Intervista con Piercarlo Ceccarelli, fondatore della Ceccarelli SpA che ha realizzato una ricerca sulla meritocrazia nelle impresetesti di Laura Di Teodoro

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Meritocrazia in azienda

valoreaziendamerito

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Massimo Matteucci, CmcPer fare carriera servono da una parte la giusta apertura dei verti-ci aziendali e dall’altra una buona dose di volontà e disponibilità a fare qualche sacrifi cio. È quanto aff ermano Massimo Matteucci, e Manlio Malatesta, rispettivamente presidente e responsabile del per-sonale di CMC, azienda leader nel settore delle costruzioni; forte di un fatturato di circa 800 milioni di euro, equamente diviso tra Italia ed estero, l’impresa è attiva soprattutto sul fronte delle grandi infra-strutture, autostrade, gallerie e edilizia complessa.

Come si inserisce il discorso della meritocrazia nella sua azienda? Da sempre siamo attenti alla valutazione professionale e al tema del lavoro sia sul fronte sociale che sindacale. Nella nostra azienda il me-rito viene misurato con grande attenzione sia per quanto riguarda il top management sia per il personale dipendente. Contiamo un or-ganico composto da 560 unità di cui 45 sono dirigenti e 80 quadri. Siamo attenti a tutti, dal vertice agli impiegati e operai.

Prima o dopo, “chi merita riesce sempre ad emergere”. Parola di Massimo Pizzocri, AD di Epson Italia, storica azienda all’avan-guardia nella tecnologia dell’imaging digitale. L’azienda è presen-te in Italia con una fi liale dal 1987; impiega 150 persone e ha sede a Cinisello Balsamo (MI). Il fatturato dell’anno fi scale 2009/2010 (dal primo aprile 2009 al 31 marzo 2010) è stato di 216,480 milioni di Euro.

Come valuta il livello di meritocrazia oggi?Sono convinto che chi merita riesce sempre ad emergere ma a volte può accadere con tempi diversi da quelli da lui preventivati. Ovviamente le opportunità di carriera che una società off re, so-prattutto nel caso di piccole e medie aziende, è strettamente con-nessa alle esigenze aziendali. Oggi molte aziende operano in un

mercato maturo o che comunque non ha i tassi di crescita degli anni scorsi. Questo signifi ca che le opportunità di carriera nasco-no a volte, non solo sulla spinta di crescite organiche ma anche sulla base di ottimizzazioni organizzative. Esistono due modi di gestire la carriera da parte dei manager: chi pianifi ca la propria carriera attraverso un percorso fra più aziende e chi invece sceglie di fare carriera all’interno della stessa azienda. Nel primo caso si ottengono risultati più remunerativi; nel secondo, soprattutto per il middle management, i manager sono spesso quelli che più contribuiscono al successo aziendale anche se non sempre la re-munerazione è in linea col mercato

Come viene trasferito questo concetto di meritocrazie sul fron-te dei giovani?

Massimo Pizzocri, Epson Italia

Valorizzare il talento, premiare l’eccellenza, in poche parole dare concretezza ai valori della meritocrazia, in tutti i settori, dal pubblico al privato. Come? Attraverso una serie di incen-tivi, progetti avvincenti e momenti formativi che sappiano dare ai dipendenti e ai manager nuovi e continui stimoli. Le proposte e le idee sono arrivate direttamente per voce degli im-prenditori stessi e sono state raccolte da una ricerca dal titolo “C’è reale meritocrazia nella sua azienda?”, lanciato dal Gruppo Ceccarelli Spa, nell’ambito del Club Impronte, l’appun-tamento virtuale che periodicamente mette in contatto oltre 2.500 professionisti di varie aziende, Pmi e non, che si confrontano di vol-ta in volta su questioni che prendono spunto

dalla realtà e che di fatto accendono il dibatti-to socio – politico ed economico.Club Impronte ha provato a dare una risposta, sottoponendo ai vari manager e capi azienda che ne fanno parte un questionario, anche provocatorio, che facesse emergere il sento-re di chi le aziende le vive, le dirige, le crea. Il 52% degli intervistati alla domanda: “Oggi, nella sua azienda, chi merita riesce sempre ad emergere?” dichiara che quasi sempre questo avviene mentre solo il 4% lo dà per certo. Al-tro spunto è dato dalla domanda dedicata ai metodi utilizzati in azienda per garantire o per misurare la meritocrazia: il 52% predilige gli incontri one to one e il 17% quelli di gruppo. Si sa - però - che il momento della valutazione

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Piercarlo Ceccarelli

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Secondo lei, quali sono i fattori che mag-giormente infl uiscono sulla carriera? Essendo un’azienda dislocata tra territorio nazionale e internazionale, nella maggior parte dei casi la carriera di un dipendente è legata alla sua disponibilità nel crescere sul fronte delle competenze, alla capacità di cogliere gli obiettivi e le sfi de che ogni lavoro mette sul campo. Nello specifi co, ci deve essere la volontà e la disponibilità a viaggiare e a lavorare in Paesi lontani. Si fa carriera quando c’è una forte motiva-zione personale e quando ci si identifi ca fortemente con la realtà aziendale. Stiamo facendo molti lavori nell’Africa australe, in Egitto e in Cina. Si tratta di lavori in posti lontani e a elevata complessità tecnologica che richiedono da una parte forti sacrifi ci e

dall’altra un’ottima preparazione. Insom-ma, per noi il talento è alla base ed è un fattore da cui non si può prescindere .

Quali sono gli strumenti incentivanti che utilizzate come azienda?Partiamo prima di tutto dalla defi nizione di obiettivi concordati. Il loro raggiungimento è commisurato a bonus in funzione al peso degli obiettivi stessi e alla loro complessità. Stiamo puntando molto sulle risorse giova-ni che ad oggi rappresentano il 20% circa del nostro organico (130 dipendenti con meno di 35 anni); abbiamo individuato gio-vani talenti e per accelerare la loro crescita professionale abbiamo creato una scuola di formazione ad hoc così da poter trasferire loro le conoscenze specifi che legate al no-

stro settore. Questo rappresenta un forte punto di motivazione per loro.

I giovani di oggi hanno le caratteristiche giuste per diventare leader di domani? Certamente. Il fatto di esistere da 110 anni ci dimostra, come azienda, di aver punta-to sempre su giovani talenti in gamba. La continuità è un obiettivo che da sempre ci poniamo e questo è direttamente collega-to alla fi ducia verso i giovani e alla nostra stessa disponibilità nel cercarli per for-mare un vivaio di talenti da far crescere. Siamo ottimisti anche per questa attuale generazione. |

Meritocrazia in azienda

Per quanto riguarda i giovani, al di là di analisi di tipo generazionale che più hanno a che fare con le indagini sociologiche, ritengo non sia corretto in azienda parlare della “categoria giovani” ma piuttosto della “categoria dei talenti”. A questo proposito ogni anno Epson ha l’obiettivo di inserire in azienda una fi gura di talento, a prescindere dall’età e dal sesso.

Nella vostra azienda come si misura il merito? Epson da diversi anni ha adottato una politica di incentivi e bonus che si articolano in due parti: una parte legata agli obiettivi aziendali (e che quindi lavora sul breve termine) e una parte legata invece ad obiettivi personali che mira a premiare la crescita delle persone e l’apporto che esse off rono all’azienda. |

insinua spesso nel dipendente un atteggiamento di diffi denza o addirittura di chiusura, quindi per rendere più agevole l’incontro: per il 39% degli intervistati bisogna attenersi ai dati oggettivi sulle prestazioni del dipendente e il 39% aff erma che bisogna basare l’incontro sulla lealtà e sulla trasparenza; infi ne il 13% sottoli-nea l’importanza di parlare più di ciò che ci si aspetta in futuro piuttosto che del passato. Non poteva certo mancare la doman-da dedicata ai bonus dei manager, i cosiddetti “profi li alti” delle aziende, che spesso sono di entità così signifi cative da sembrare addirittura eccessivi e quindi è stato chiesto se sia il caso di lascia-re libero questo “mercato”. E le risposte non sono certo mancate, per coloro che ritengono che bisogna lasciarlo libero: il 17% dice che ciò è indispensabile per favorire la competizioni tra le risorse migliori, mentre un altro 17% aff erma che i bonus servono per correlare il costo complessivo alla produttività. Ben il 26% però ritiene che sia necessaria una regolamentazione più stringente e

soprattutto il 35% degli intervistati aff erma che il pacchetto bonus debba avere un tetto cui rifarsi. Dai commenti e dalle risposte sottolinea Piercarlo Ceccarel-li – fondatore della Ceccarelli SpA - si evince come “L’incentivo principe è dato dalla motivazione che ogni azienda dovrebbe in-fondere a ciascun dipendente, attraverso la formazione continua e l’aggiornamento, in modo da assicurare una crescita professio-nale costante che va ad alimentare la motivazione individuale e di squadra, entrambe indispensabili per il successo dei progetti e per lo sviluppo di nuove opportunità dell’azienda stessa”. Di fatto il bonus è una conseguenza e quindi il risultato di un percorso.

In base ai dati della vostra ricerca e alla sua esperienza persona-le come giudica il livello di meritocrazia in Italia?Secondo il mio personale osservatorio ritengo il livello buono so-prattutto nelle aziende manageriali, dove troviamo professionisti

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seri e preparati, e in alcune aziende familiari. Meno positiva è la situazione in certe aziende e soprattutto nell’ambiente pubblico.

Quanto e come la carenza di meritocrazia e incentivi a chi la-vora bene può incidere negativamente nell’economia?La mia idea generale è estrema: per me l’impatto è grandissimo. Condivido infatti una visione sostenuta prima da Adam Smith e poi da Friedman secondo cui l’egoismo dell’individuo coincide con il bene collettivo. La meritocrazia quindi incide notevolmen-te sul benessere di tutti i membri della società. Mancando questo presupposto necessario si perdono energie vitali e l’impresa non riesce ad esprimere ciò che il proprio vertice chiede. A questo si aggiunge l’aspetto più individuale per cui, venendo a mancare l’autorealizzazione si crea una certa infelicità nei singoli, l’insod-disfazione, l’incertezza, la poca voglia di vivere e quindi la poca volontà di investire sulla propria vita creandosi una famiglia ecc.. Puntando al contrario sulla meritocrazia invece si va a investire sul progresso e si crea un valore per l’impresa.

Come incide invece sulla singola azienda? Si perdono le opportunità. Se infatti le azioni dell’elite che guida, non vengono alimentate dalle idee dei collaboratori, le possibili-tà che si possono creare sono inferiori. Promuovendo le persone sbagliate si creano errori di gestione, andando verso l’asfi ssia e la morte dell’impresa stessa.

Quali sono i principali incentivi che ciascuna azienda dovreb-be mettere in atto?Sono principalmente di tre tipi: di natura economica, di status e di natura psicologica. Sicuramente il più effi cace nell’imme-diato è il bonus economico; nel medio termine risulta invece più effi cace l’incentivo legato allo status, quindi la possibilità di fare carriera e crescere in azienda; nel lungo termine abbiamo l’auto-realizzazione di sé e quindi il fattore più psicologico.

Francesco Rangoni, Util IndustriesLa meritocrazia, un valore aggiunto necessario per far crescere l’azienda sotto i migliori venti. Parola di Francesco Rangoni, presidente e amministratore delegato di Util Industries. L’azienda, fondata nel 1959, è ormai da molti anni una tra le più grandi realtà mondiali nella produzione di supporti metallici per freni a disco e a tamburo. Durante questo lungo periodo l’obiettivo è ri-masto sempre lo stesso: la massima qualità del prodotto.

Cosa si intende oggi con meritocrazia?È la capacità di dare e riconoscere un valore aggiunto alle proprie risorse umane, con continuità e coerenza rispetto alla mission aziendale. Nella mia personale attività e nelle società in cui ho lavorato ho sempre cercato di met-terla in pratica e fare in modo che i meritevoli venissero e vengano premiati e incentivati.

Nella sua azienda come si misura il merito?Con l’analisi dell’effi cacia dei risultati. Ci sono obiettivi, tempi, costi che fan-

no riferimento a specifi ci patti aziendali approvati e in base a questi valutiamo il lavoro del manage-ment.

Come viene motivato il personale?Declinando una serie di iniziative che coinvolgo-no da una parte il management, il middle man-gement e tutte le persone che lavorano per noi, senza distinzioni di ruoli e mansioni. Il successo dell’azienda è frutto del lavoro di tutti, dell’abilità e della bravura di chi lavora per l’azienda.

La meritocrazia resta quindi un’indispensabile valore aggiunto?Esatto. È un grande valore aggiunto e un passag-gio fondamentale perchè è una leva per la crescita

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razione con gli altri. Alla base della leader-ship servono quindi grandi doti relazionali. È necessario inoltre abituarsi rapidamente alla delega e al controllo, ergo i due stru-menti reali con cui la leadership può con-cretizzarsi. Noi proponiamo alle imprese di lanciare sfi de ambiziose e analizzare quanto la squadra sia stata coinvolta nel raggiungi-mento degli obiettivi. Il buon tecnico prende il lavoro ma è il buon leader che deve essere capace di coinvolgere e di spiegare. Un secondo punto importante è la capacità di sapere aiutare gli altri a comprendere le proprie motivazioni. Questo lavoro di con-ciliazione e di compatibilità tra il perché dell’individuo e quello dell’azienda com-porta un notevole lavoro. Il leader deve essere capace di mostrare come ciascuno di noi sia una pedina indi-spensabile nel cammino verso il progresso.

In cosa dovrebbero principalmente cam-biare le aziende, e quindi gli imprendito-ri, per uscire da certi modelli gerarchici e chiusi? Molti di questi ragionamenti, purtroppo, non sono ancora passati in determinate aziende. Altri fortunatamente hanno capito che il vero vantaggio competitivo di ciascu-na impresa è il proprio capitale umano. Al contrario pensare solo al mercato e ai pro-dotti porta a sminuire il lavoro e il contribu-to dei propri lavoratori. La resistenza da vincere su questo tema è tutta di carattere psicologico. Dietro c’è cer-tamente una certa arroganza.

Nel corso della sua esperienza professio-nale e della sua carriera quanto ha inciso la meritocrazia?Ho sbagliato spesso e ho imparato dai miei errori. Quando mi trovo a dover mettere in pratica questi principi divento anch’io mio-pe e ho bisogno del consulente capace di prospettarmi una via fresca e nuova. |

Cosa deve dimostrare un giovane talentuoso oggi per riuscire ad emergere? I giovani sono troppo impegnati a mostrare il loro lato più tecnico. Dovrebbero invece matura-re sul fronte umano: se un giovane vuole essere apprezzato in azienda deve portare da una parte le proprie competenze e parallelamente anche la sua personalità, il suo carattere perché la vita in azienda necessità di una base armonica e di una certa empatia tra i suoi dipendenti. Il mio consi-glio: ragazzi datevi da fare per portare fuori la vo-stra personalità e la vostra capacità di costruire.

Come si formano le eccellenze oggi, o comun-que come dovrebbero essere generate le nuove leadership, sia a livello pubblico che privato? Prima di tutto bisogna essere consapevoli del fatto che non esiste eccellenza senza la collabo-

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www.ceccarelli.itwww.clubimpronte.it

Meritocrazia in azienda

L’uniforme, costante e continuo sforzo di ogni uomo di migliorare la propria condizione, principio da cui la prosperità pubblica e nazionale, così come quella privata, è originariamente derivata, è di solito abbastanza forte da mantenere il naturale progresso delle cose verso il meglio, a dispetto sia della prodigalità dei governi, sia dei peggiori errori dei pubblici amministratori.Adam Smith

Alla base della leadership servono quindi grandi doti relazionali. È necessario inoltre abituarsi rapidamente alla delega e al controllo, ergo i due strumenti reali con cui la leadership può concretizzarsi. Il buon tecnico prende il lavoro ma è il buon leader che deve essere capace di coinvolgere e di spiegare

www.util.it

dell’azienda ma non solo. Riconoscendo le capacità e il lavoro delle persone cresce l’autostima e la coscienza della bravura del singolo.

In questo contesto come si inseriscono i giovani?Sono fondamentali per le loro abilità, la loro voglia di imparare. Sono sorgente di energie culturali e intellettuali che vanno coltivate e sui cui dobbiamo investire se vogliamo guardare al futuro con ottimi-smo. |

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“K-Idea”,quando

Kilometro Rossoha premiato le idee vincitrici della terza edizione di “K-Idea”. Da Alberto Bombassei, presidente di Bremboe promotore del Parco Scientifi co, il monito a ripartire dall’innovazione per fare impresa

di Desirèe Cividinifotografi e di Vincenzo Lombardi

l’innovazioneopportunità

diventa

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Innovazione

La piazza delle ideenel Centro delle Professionial Kilometro rosso

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E’ l’innovazione il punto da cui ripartire per fare impresa. Ne è convinto il presi-dente di Brembo e promotore del Parco Scientifi co Tecnologico Kilometro Rosso Alberto Bombassei, intervenuto in occa-sione di “K-Idea”, manifestazione giunta quest’anno alla terza edizione. Scopo dell’iniziativa è quello di promuovere e divulgare idee, intuizioni ed invenzioni innovative. Proposte che rappresentano delle vere e proprie opportunità per esse-re competitivi, ma che spesso faticano ad emergere per via di atteggiamenti con-servativi che prevalgono in ambienti non solo economici, sociali e industriali, ma anche in quelli scientifi ci. Eppure, in un contesto come quello attuale, c’è bisogno di idee nuove: “La globalizzazione di cui tanto abbiamo parlato in passato - ha di-chiarato Bombassei - oggi è qualcosa di reale, che necessita di risposte. Se guardiamo indietro ci rendiamo conto che gli strumenti che abbiamo a disposizione sono inadeguati e che urge la necessità di ripensare a come fare impresa. L’innovazione, in questo contesto, diventa quindi fondamentale per creare nuovi posti di lavoro. Ma non parlo solo di innovazione di prodotto e di processo, ma di un nuovo modo di approcciare: questa è la vera sfi da e la si può vincere solo investendo in formazione”. “K-Idea”, anche quest’anno, ha voluto dare un esempio dell’importanza di sostenere idee innovative, come spiegato da Roberto Vacca, presidente del Comitato di selezione di “K-Idea”: “Le invenzioni servono al mondo industriale - ha dichiarato -, ma in Italia, da oltre trent’anni, gli investimenti per l’innovazione e la ricerca sono rimasti fermi all’1 per cento del Pil, mentre in altri Paesi, specialmente del Nord Europa, questo investimento è quattro volte il nostro”. Il dato indica una certa chiusura verso quelle che sono le idee che

“In Italia, da oltre trent’anni, gli investimenti per l’innovazione e la ricerca sono rimasti fermi all’1 per cento del Pil, mentre in altri Paesi, specialmente del Nord Europa, questo investimento è quattro volte il nostro”

nascono fuori dagli ambiti preposti alla ricer-ca e industriali: lo ha ribadito anche Mirano Sancin, direttore generale del Kilometro Ros-so, il quale ha ricordato la fi nalità principale di “K-Idea” e cioè quella di “intercettare queste idee e di farle conoscere al mondo scientifi co e tecnologico”. Quest’anno sono state 3 le idee premiate e 13 quelle segnalate come “merite-voli d’attenzione”, selezionate da un comitato competente tra le 123 presentate: per l’ambito “K-Impresa”, è stato premiato “Laserway- Au-tomated 3D laser service”, presentato da An-drea Guerra. Si tratta di un centro di taglio automatizzato per off rire servizi a chi progetta e realizza tubi e profi li strutturali, che si svilup-perà all’interno del nuovo polo tecnologico del gruppo bresciano Castellini Offi cine Mecca-niche. Nella categoria “K-Design” sono due le idee vincitrici: “Heels for fun”, che altro non è che un sistema di chiusura e di ancoraggio per calzature da donna con suola e tacco intercam-biabile, ideato da Cinzia Emili e “Idestruttura”, un mobile caratterizzato da un sistema modu-lare a scatole compenetrate e a scomparsa, nato dalla creatività di Mario Mazzocchi. Ricordia-mo, infatti, che quest’anno, accanto alla sele-zione già sperimentata nelle edizioni preceden-ti, e cioè un numero ristretto di proposte per ambiti applicativi anche molto diversi fra loro, sono state introdotte due novità: la sezione “K-Design”, un riconoscimento speciale per il De-sign (frutto della collaborazione con Jacobacci

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Jacobacci & PartnersInnovatori per natura.

econdo Charles Darwin, in natura “non sono le specie più forti a sopravvivere, ma quelle più reattive ai cambiamenti”. Analogamente, nel sistema economico attuale,

sempre più esigente e accelerato, la relazione tra innovazione e competitività è quanto mai stretta.Jacobacci & Partners, da oltre 135 anni, assiste i propri clienti nel settore della proprietà intellettuale per

proteggere, valorizzare e sviluppare gli asset immateriali. Un impegno che dà vita a vere e proprie partnership strategiche, basate su un ampio patrimonio

di conoscenze e su una rete operativa estesa in tutto il mondo. Per questo affidarsi a Jacobacci & Partners significa evolvere ed evolversi potenziando al massimo

un patrimonio inestimabile: quello delle idee.

www. j a co b a c c i . c om

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& Partners), dedicato alle idee più meritevoli in un settore che in Italia è tradizionalmente sinonimo di inventiva e creatività; la sezione “K-Impresa”, altro riconoscimento speciale rivolto a imprenditori, inventori, ricercato-ri interessati a creare un’attività imprendi-toriale ad alta intensità di conoscenza sulla base di un’idea creativa, per lo sviluppo della quale viene off erto un servizio di supporto sulla fattibilità e sostenibilità dell’idea im-prenditoriale dal punto di vista tecnico – economico - fi nanziario ed organizzativo (in collaborazione con UBI-Banca Popolare di Bergamo e CentroBanca, Università di Bergamo e Warrant Group). Le statisticheL’edizione di quest’anno si è segnalata per un consistente numero di proposte e per alcune curiosità statistiche: il settore interessato dal maggior numero di proposte è stato quello dell’Ambiente (23% delle idee presentate; lo scorso anno era stato il settore ICT col 16%), seguito a ruota dal settore Energia (18%): un segno dei tempi, ovvero di una diff usa sensibilità verso problematiche decisamen-te attuali. Per quanto riguarda l’estrazione professionale degli ideatori, interessante annotare come il 29% sia un libero profes-sionista, seguito a ruota da impiegati (25%) e ricercatori (17%), mentre i pensionati, in leggera fl essione, rappresentano l’11%. Da evidenziare inoltre l’estrazione geografi ca, laddove l’11% delle idee provenivano dal

Centro Italia, il 13% dal Sud e la stragrande maggioranza da NordOvest (54%) e NordEst (22%). Per quanto riguarda le fasce d’età, fa piacere costatare un deciso aumento delle idee da parte di under 35 (il 26%), così come un confermato dato per la fascia 60-65 (ben 34% del totale). Infi ne, di rilievo l’aumento della partecipazione di idee al femminile, l’8% (contro il 5% della scorsa edizione).

Kilometro Rosso è il primo parco scientifi co a siglare un accordo con l’Agenzia per la Dif-fusione delle Tecnologie.L’edizione del 2010 ha assunto un’ulterio-re rilevanza in quanto patrocinata anche dall’Agenzia per la Diff usione delle Tecno-logie per l’Innovazione, aff erente al Mini-stero per l’Innovazione, che ha uffi cializzato la sigla di un accordo di collaborazione con Kilometro Rosso. Un vero e proprio primato per il parco, il primo a fi rmare un accordo di questo tipo. Ad annunciare l’intesa è in-tervenuto Mario Dal Co, Direttore generale dell’Agenzia per l’Innovazione, il quale ha parlato della volontà di “mettere in rete le istituzioni locali, eccellenti e non, per pro-muovere lo sviluppo e la capacità d’innova-zione italiana. Il Kilometro Rosso è una di queste eccellenze che noi vorremmo mettere in rete, per trasferire le conoscenze verso chi non le ha, ma anche per valorizzare a livello internazionale quello che abbiamo”. L’obiet-tivo dell’accordo è la cooperazione per la diff usione dell’innovazione tecnologica,

attraverso effi caci processi di trasferimento dei risultati della ricerca, verso il complesso sistema delle imprese italiane, favorendo il collegamento con specifi ci aggregati di im-prese, tramite l’integrazione diretta tra il mondo delle imprese e quello della ricerca fi -nalizzata allo sviluppo della competività del sistema industriale, ottenuto incentivando la fruibilità dei risultati della ricerca e l’ac-cessibilità delle aziende alle innovazioni. |

www.kilometrorosso.com

Il valore di un’idea sta nel metterla in pratica. Thomas Alva Edison

“L’innovazione diventa fondamentale per creare nuovi posti di lavoro. Ma non parlo solo di innovazione di prodotto e di processo, ma di un nuovo modo di approcciare: questa è la vera sfi da e la si può vincere solo investendo in formazione”

I vincitori del concorso “k-idea”. Da sinistra: Andrea Guerra, Cinzia Emili, Mario Mazzocchi

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DON’TSTOP

WINNING.

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CAMPIONI DEL MONDO 2010MOTO GP

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CAMPIONI DEL MONDO 2010FORMULA 1

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BREMBO, FIERA DI AVER CONTRIBUITO CON I PROPRI SISTEMI FRENANTI,SI UNISCE AI FESTEGGIAMENTI PER QUESTE DUE GRANDI VITTORIE.

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imbocca la via della ripresa

L’alto di gamma, Altagamma ha presentato una serie di studi che analizzano situazione e prospettive del mercato mondiale dell’alto di gamma. Imboccata la via della ripresa. Segnali positivi per tutti i settori e in tutti i mercati

in collaborazione con Promos

L’osservatorio mondiale Altagamma sui mer-cati del lusso 2010, condotto da Bain & Com-pany, analizza tre diversi settori: arredamento di alta gamma; beni di lusso personali; yacht di lusso. ARREDAMENTOL’arredamento di alta gamma prevede una crescita nel 2010 del 9%, dopo il -12% dello scorso anno. Il 2009 è stato quindi un anno diffi cile, con consumi in riduzione e cambia-menti sostanziali nei gusti e nelle abitudini di acquisto dei consumatori. Il 2010 è un anno di ripartenza, con un mercato stabile o in lieve crescita. In termini di categorie di prodotto, trend diff erenti popolano i diversi segmen-ti. Imbottito e mobile (-14% nel 2009, +11% previsto nel 2010) nella categoria regina del settore, alcuni player particolarmente reattivi hanno parzialmente controbilanciato la cadu-ta del fatturato entrando in segmenti adiacenti (sempre meno confi ni tra indoor e outdoor). Arredo bagno (-7% nel 2009, +8% previsto nel 2010): segmento meno colpito dalla crisi grazie al trend di consumo che vede il bagno divenire sempre più centrale nell’organizzazione delle case. Cucine (-12% nel 2009, +5% previsto nel 2010): gli incentivi statali non sono riusciti ad invertire il trend in atto. Nel 2010 riprende la crescita dei consumi di lusso (non ancora quelli mass). Outdoor (-9% nel 2009, +6% pre-visto nel 2010): da qualche anno in forte cre-scita il comparto ha visto l’ingresso di nuovi player che hanno determinato nel periodo di crisi la perdita di quote di mercato da parte degli specialisti a favore di nuovi brand prove-nienti dagli altri segmenti. Illuminazione (-9% nel 2009, +7% previsto nel 2010): i consumi sono ora più consapevoli e premiano il retail monomarca e l’attività d’intermediazione dei professionisti (architetti).

Santo Versace,uno dei fondatori di Altagamma (Associazione delle Imprese Italiane di alta gamma), di cui è tuttora presidente

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Internazionalizzazione

BENI DI LUSSO PERSONALI Il mercato globale dei beni di lusso personali nel 2009 è dimi-nuito dell’8% rispetto al 2008 e si stima che nel 2010 crescerà del 10% rispetto allo scorso anno. Il 2009 ha confermato che le aziende più grandi reagiscono meglio a momenti di crisi del mercato. Sono aziende fortemente managerializzate, spesso le-ader di categoria con una esposizione e visibilità globale che le rende più fl essibili in termini di ridirezionamento delle risorse verso mercati in crescita. Le fl uttuazioni delle valute (rivalu-tazione di Dollaro Americano e Yen Giapponese) infl uenzano positivamente sia il 2009 (-11% a tassi costanti rispetto al -8% a tassi correnti) e soprattutto il 2010 (+6% a tassi costanti rispet-to al +10% a tassi correnti). Il 40% della crescita del mercato nel 2010 è dovuta, quindi, alla rivalutazione delle due valute. Per quanto riguarda i canali distributivi, il retail monomarca è il canale che si sta dimostrando più resistente alla crisi.

L’wholesale è il canale che soff re maggiormente nel 2009, • principalmente colpiti i department store americani, con una ripresa nel 2010 (+6% rispetto al 2009) dovuta ad un fenomeno di re-stocking.Il retail resiste alla crisi nel 2009 (+2% rispetto al 2008), • interamente grazie alle nuove aperture in corso d’anno, e trascina la ripresa nel 2010 (+20% nel 2010), trainato dall’andata a regime delle aperture dell’anno precedente (circa 400) e da un’ottima crescita organica (+12%). Shopping online in grande crescita (+20% nel 2009 e nel • 2010), con un sostanziale incremento dei siti di vendite off -price. Il segmento full price rappresenta, comunque, il 70% del mercato.

Il business travel retail (negozi in aeroporti, vendite su linee aeree e navi da crociere) rappresenta circa il 10% del totale mercato ed è stato meno impattato dalla crisi del 2009 (-1% rispetto al 2008) grazie all’infl uenza positiva di nuovi fl ussi tu-ristici “di qualità” soprattutto dalla Cina.

Sorprendenti le performance degli outlet, guidate da nuove aperture in Europa e Asia e dall’aumento di traffi co e di scon-trino medio. Il mercato degli outlet di lusso vale più di 8 B€ nel 2010. Per quanto riguarda le aree geografi che i mercati maturi sono danneggiati dalla crisi mentre i mercati emergenti resi-stono.

Europa colpita dalla recessione nel 2009 (-9%), mostra se-• gnali di crescita nel 2010 (+6%) anche trainata da aumento del traffi co turistico (in particolare dalla Cina) e dal peso crescente dell’Europa dell’Est.Stati Uniti in recessione nel 2009 (-15%), fortemente colpiti • dai forti sconti dei department store, mostrano forti segnali di ripresa nel 2010 (+7% a tassi costanti, +12 a valori nomi-nali).Il Giappone dopo la forte crisi del 2009 (-12%), non mo-• stra segnali di ripresa neppure nel 2010 (-8% in Yen, -1% se convertito in Euro rispetto al 2009). I player più piccoli hanno abbandonato il mercato a causa di una riduzione della spesa nei beni di lusso.L’Asia Pacifi c presenta crescite sostanziali sia nel 2009 • (+10%) che nel 2010 (+22%), che confermano l’espansione di lungo periodo dell’area. La Cina (Mainland) rimane il

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mercato principale, con una crescita del 20% nel 2009 e del 30% nel 2010. L’Area Greater China (se aggiungiamo Hong Kong, Taiwan e Macao) è il terzo mercato del lusso dopo gli Stati Uniti e il Giappone.

Per quanto riguarda le categorie di prodotto, diversi trend carat-terizzano i diversi segmenti.

Abbigliamento: colpito dalla crisi nel 2009 (-10%) riparte nel • 2010 (+8%), trascinata da una forte crescita dell’uomo so-prattutto dei brand casual e delle seconde e terze linee.Calzature: colpito in maniera inferiore dalla crisi nel 2009 • (-4%), specialmente per quanto riguarda il segmento ma-schile, con un ritardo degli acquisti, mostra forti segnali di crescita nel 2010 (+16%) in tutte le aree geografi che.Accessori in pelle: il vero segmento che resiste alla crisi, in • crescita sia nel 2009 (+2%) sia nel 2010 (+20%), trascinati da una forte ripresa degli acquisti delle donne negli Stati Uniti dopo gli scarsi acquisti del 2009.Orologi e Gioielli: dopo una forte crisi nel 2009 (-14%), prin-• cipalmente legata al de-stocking del canale soprattutto per il segmento degli orologi, si assiste a una forte ripresa nel 2010

(+13%), trascinata dai paesi emergenti.Profumi e cosmetici: riduzione•

del consumo maggiore

delle aspettative nel 2009 (-6%) fortemente impattata dalla crisi dei profumi negli Stati Uniti; in ripresa nel 2010 (+4%) ma in maniera inferiore rispetto al resto del mercato.

YACHT DI LUSSO Il mercato degli yacht di lusso ha vissuto una forte decresci-ta del 22% rispetto all’anno precedente. Per il 2010 è previ-sta un’ulteriore diminuzione del 16%. La crisi strutturale sta modifi cando pesantemente l’assetto competitivo del settore. Il mercato degli yacht di lusso è visto in ripresa del 6% nel 2011 (l’unico segmento ancora previsto in decrescita sono gli yacht “Over 15M€”).

Il segmento di yacht “Over 15M€”, nonostante avesse mag-• giormente resistito nel 2009 (-3%), è stato il più impattato nel 2010 (-30%). Si tratta di grandi progetti che hanno un time to market di 12-18 mesi. Ordini decrescenti nel 2009 e diffi coltà di fi nanziamento dei progetti hanno, quindi, un impatto sui risultati del 2010. Il segmento di yacht da 7M€ a 15M€ dopo una decrescita del • 10% nel 2010 continua il suo trend negativo con un -25% nel 2010.Il segmento di yacht da 3,5M€ a 7M€ rallenta il trend di de-• crescita nel 2010 (-5% rispetto al 2009) dopo una forte crisi nel 2009 (-30% rispetto 2008).Il segmento di yacht entry-level, 750k€ - 3,5M€ è quello mag-• giormente in crisi nel 2009 con un -40%, e il primo a reagire nel 2010 con una crescita del +6% nel 2010, diventando il seg-

mento principale. Questo segmento ha guidato la grande crescita del segmento negli ultimi 5 anni e sarà an-

cora centrale nel futuro.

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FASHION & LUXURY INSIGHT Il rapporto annuale di SDA Bocconi e Fondazione Altagamma analizza l’andamento delle imprese moda e alto di gamma quota-te nelle borse internazionali.

Le performance delle imprese del segmento più alto del mercato confermano il 2009 come il peggiore anno da decenni a questa parte. Questa tendenza è tuttavia associata a un miglior controllo dei costi operativi e a una riduzione signifi cativa del capitale cir-colante rispetto alle vendite. Ciò suggerisce che le imprese sono state capaci di trovare in fretta le contromisure per reagire alla contrazione dei consumi con un più forte focus sull’effi cienza.

PREVISIONI DI CRESCITA PER L’ALTO DI GAMMA NEL 2011Nel 2011 crescita in tutti i settori del comparto alto di gamma, con margini in aumento nonostante la forte competizione. Buone previsioni per tutti i mercati, compreso il Giappone. Queste le evidenze emerse dall’Altagamma Consensus 2011, ricerca realiz-zata da Fondazione Altagamma con la collaborazione dei mag-giori analisti internazionali specializzati.

Segni positivi per tutte le categorie di prodotto nel 2011, con pel-letteria e gioielleria/orologeria che mostrano il più alto tasso di crescita. Forte ripresa per l’abbigliamento. Riguardo ai mercati, sono previste crescite signifi cative anche per Europa e USA, par-ticolarmente nel primo semestre 2011 e forte ulteriore crescita per Asia, Medio Oriente e Resto del Mondo. Il Giappone - che al settimo anno consecutivo di calo dei consumi - è ancora il mer-cato relativamente peggiore, registra però un lieve segno positi-vo. Infi ne, l’Altagamma Consensus prevede che l’EBITDA medio delle imprese nel 2011 possa crescere di 15 punti percentuali ri-spetto al 2010. |

Internazionalizzazione

www.altagamma.it

Il mercato dell’arredamento di alta gamma prevede una crescita nel 2010 del 9%, dopo il -12% dello scorso anno, mentre quello degli Yacht di lusso continua a soff rire, facendo seguire al -22% del 2009 un ulteriore diminuzione del 16% nel 2010

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Da oltre sessant’anni l’azienda milanese, dedicata alla progettazione, industrializzazione e produzione di componenti e dispositivi per il mercato dell’auto, punta sull’eccellenza nella qualità e sull’affi dabilità. Tra i suoi clienti vanta nomi come Bmw, Rolls Royce, Pininfarina e Ferraritesto di Desirée Cividini

Vimercati,accelera

sulla qualità

La capacità di innovare è sempre stata la chiave. Fin da quando il timoniere Carlo Vimercati, da sbarre e tondini di ferro con soli tre torni, decise di produrre le viti fi lettate utili alle centraline e ai teleruttori della Telemeccanica Elettrica di Ama-ti e Gregorini, partner della Telemecanique di Parigi. Era il 1947 e la piccola so-cietà O.M.V. Srl (Offi cine Meccaniche Vimercati), trasferitasi da Torre de’ Busi, in provincia di Lecco, a Milano - prima nel pittoresco quartiere milanese dell’Isola e poi nel 1950 nell’odierna “chinatown” - inizia a viaggiare veloce lungo il binario dell’innovazione: grani, bulloni e viti, non a caso, fi n dai primi anni Cinquanta, invece di essere torniti da lunghe sbarre di ferro, iniziano a essere stampati con un processo più rapido ed economico. Sono passati oltre sessant’anni da allora ma, no-nostante l’evoluzione del mercato, la Vimercati Spa - azienda interamente dedicata alla progettazione, industrializzazione e produzione di componenti elettromecca-nici ed elettronici, di interruttori, moduli, complessivi meccatronici e dispositivi integrati per il mercato dell’auto – continua a puntare sull’eccellenza nella qualità, sull’affi dabilità e sul servizio off erto alla clientela. Tre punti fermi per una realtà che oggi produce componenti destinati al primo equipaggiamento, che vengono forni-ti direttamente a clienti fi nali come Bmw, Rolls Royce, Volkswagen, Psa, Renault, Fiat, Alfa Romeo, Iveco, Pininfarina, Ferrari. Passata dal tessile al meccanico e poi all’elettromeccanico e all’elettronico, la Vimercati oggi ha anche avviato un proget-to di delocalizzazione. Ma il percorso per arrivare qui è stato lungo e non sempre semplice, come ci racconta Aldo Bianchi Vimercati: il giovane timoniere, che già nel 1997 aveva affi ancato due nuovi partners fi nanziari, la statunitense General Electric e l’anglosassone 3i, nel maggio del 2005 trova come socio di maggioranza relativa la storica e italiana Mittel, al posto di GE e 3i. Nel marzo del 2008, infi ne, recupera

la maggioranza, lasciando a Mittel il 10% del pacchetto azionario. Una “rivoluzio-ne” che ha permesso una crescita costan-te di fatturato, salito da 59.719.000.000 lire (pari ad oltre 30 milioni di euro) nel 1998 a oltre 40 milioni di euro oggi. Ma i venti della crisi hanno soffi ato forte anche sulla Vimercati: “Non dimenti-chiamo – ricorda Aldo Vimercati – che il mercato dell’auto è stato uno dei pri-mi a risentire degli eff etti negativi della crisi. È un miracolo se oggi siamo ancora in piedi e siamo rimasti a galla con un volume di aff ari di 40 milioni di euro. Sopravvivere, però, è stato rocambolesco, con la cassa integrazione straordinaria e con l’elaborazione di piani ben specifi ci per rispondere ad un mercato profonda-mente cambiato”. E l’elemento da cui ri-partire è stato il prezzo del prodotto: “La nostra priorità è stata ricercare soluzioni tecniche alternative per generare rispar-mio. Per questo siamo ricorsi al design to cost, che considera il costo di un prodotto

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Business&Gentlemen dicembre 2010 - febbraio 2011

L’azienda Vimercati, passata dal tessile al meccanico e poi all’elettromeccanico e all’elettronico, produce componenti destinati al primo equipaggiamento, che vengono forniti direttamente a clienti fi nali come Bmw, Rolls Royce, Volkswagen, Psa, Renault, Fiat, Alfa Romeo, Iveco, Pininfarina, Ferrari

www.meccanicavimercati.com

L’innovazione consiste nel vedere ciò che hanno visto tutti pensando ciò che non ha pensato nessuno. Albert Szent-Gyorgyi

Ritratto d’aziendaLa Officine Meccaniche Vimercati viene fondata nel 1948 da Carlo, Franca e Alessandro Vimercati. Negli anni Cinquanta la commessa ricevuta dalla Veglia Borletti di portalampade corpo in ottone per i cru-scotti automobilistici delle Fiat e quella di rinvii per i contachilometri della Vespa, spingono Vimercati a in-vestire in nuovi spazi, materiali e macchinari. Il 5 set-tembre del 1957 il consiglio di amministrazione delle OMV Srl, presieduto da Carlo Vimercati e dalla sorel-la Franca Bianchi Vimercati in funzione di consigliere e responsabile amministrativa, decide di acquistare un terreno edificabile di 3500 metri quadrati nel comune di Pero per trasferire l’officina sita in via Niccolini. Così nel 1958 viene inaugurato a Pero lo stabilimento di via Vincenzo Monti 38. Nel 1962 lo stabilimento è ampliato con un secondo capannone di 400 metri qua-drati dedicato per lo più alla capabilities di alberi per le lavatrici Indesit, San Giorgio, Zoppas e Ariston. In breve tempo si sviluppano i reparti di stampaggio, di trattamenti galvanici e di finitura. E’ l’epoca, dal 1963 al 1967, delle prime macchine Chappuis utilizzate per la lavorazione dei bossoli portalampade, delle mac-chine Davenport monomandrino o plurimandrini per la capabilities di alberi contagiri, che nel 1967 verran-no sostituite dalle più audaci e precise Gieldemeister a 6 mandrini, delle Bihler RM25 tranciapiegatrici. Nel dicembre del 1989, adeguandola ai cambiamenti pro-duttivi l’azienda cambia ragione sociale: le Officine Meccaniche Vimercati diventano la Vimercati SpA. Nel 1993-94 la produzione raddoppia e negli anni 1991-94 la Vimercati SpA produce 8 milioni di portalampade per i mercati francese e italiano. Intanto, accanto al mercato domestico dominato dal gruppo Fiat, la spinta all’esportazione avviata fin dai primi anni ’80 e conso-lidatasi negli anni ‘90, diviene evidente soprattutto in Germania e in Francia: la Vimercati ha così saldamen-te acquisito il ruolo di fornitore privilegiati, clienti del calibro di BMW, Rolls Royce, Volkswagen, Renault, PSA, Volvo, Fiat e Alfa Romeo. Aldo Bianchi Vimercati, che già nel 1997 aveva affiancato due nuovi partners finanziari, la statunitense General Electric e l’an-glosassone 3i, nel maggio del 2005 trova come socio di maggioranza relativa la storica e italiana Mittel al posto di GE e 3i. Nel marzo del 2008 infine il giovane ti-moniere recupera la maggioranza lasciando a Mittel il 10% del pacchetto azionario. Una “rivoluzione” che ha permesso una crescita costante di fatturato, sali-to da 59.719.000.000 lire nel 1998 a 41,7 milioni di euro nel 2007. Nel 2006, infine, si definisce la collaborazione con il Politecnico di Milano per lo sviluppo di nuovi dispositivi innovativi che saranno in futuro installati negli autoveicoli.

come elemento determinante nella progettazione. Questo ci ha permesso di risparmiare circa 1 milione di euro”. E nel futuro secondo Carlo Vimercati bisognerà sempre più guardare oltre i confi ni nazionali: “Occorre partire con un presupposto chiaro e cioè che il mercato non tornerà più indietro ai livelli del 2007. Molto probabilmente nel 2013 assisteremo ad una ripresa, ma la crescita futura sarà concentrata essenzialmente nei Paesi del Bric, Brasile, Russia, India e Cina, dove occorrerà investire par-te delle nostre risorse”. |

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L’incontro di conoscenze ed esperienze diverse

genera sviluppo. Warrant Group

è il catalizzatore di sinergie che crea

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Business&Gentlemen dicembre 2010 - febbraio 2011

L’azienda di Reggio Emilia, leader nel mercato dei climatizzatori, sta ampliando il polo di Cellatica, nel bresciano, dove verrà concentrata e sviluppata la tecnologia relativa alle energie rinnovabili e alle pompe di calore

testo di Laura Di Teodoro

Olimpia Splendid,

Uniciil bello di essere

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Azienda di successo

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Un nuovo polo tutto bresciano per il Gruppo Olim-pia Splendid, leader nel mercato del condiziona-mento, del riscaldamento e della deumidifi cazio-ne. Il Gruppo, con sede a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, ha infatti ampliato la struttura pro-duttiva di Cellatica, nel bresciano, con l’obiettivo di creare un vero e proprio “polo idronico” dove sarà concentrata e sviluppata tutta l’area legata alle ener-gie rinnovabili e alle pompe di calore. Un’operazio-ne fortemente voluta dall’amministratore delegato, bresciano, Roberto Saccone. “Brescia è sempre stata la sede della ricerca e dello sviluppo per i nostri prodotti di alta gamma – spie-ga l’ingegner Saccone -. Già da due anni abbiamo avviato una strategia di sviluppo dell’area impianti-stica a Cellatica e oggi arriviamo ad aprire il nuovo polo, potenziato dell’area idronica, nel quale con-centreremo l’intera produzione”. Fondato nel 1956 e diventato nel corso degli anni leader nel mondo della Climatizzazione, il Gruppo Olimpia Splendid opera attraverso tre stabilimen-ti: l’headquarter a Gualtieri (RE) fondato nel 1956; l’unità di Cellatica (BS) che risale al 1962 e da poco oggetto di un forte ampliamento; lo stabilimento di Shanghai attivo dal 2005Tra i punti di forza che hanno guidato l’azienda verso alti livelli, Saccone sottolinea: l’attenzione ai bisogni del consumatore, l’innovazione e il design. “Grazie a una struttura di marketing attenta al mondo della climatizzazione e alle sue esigenze – spiega Saccone – abbiamo messo in atto un forte processo di innovazione, creando prodotti nuovi e unici sul mercato. Siamo gli inventori e produttori di Unico, il primo climatizzatore fi sso senza unità esterna e di Issimo, il condizionatore portatile più piccolo e trasportabile esistente sul mercato. Il no-stro processo centrale di innovazione è quello di trovare le soluzioni più all’avanguardia rispetto alle nuove esigenze del mercato”. Gli strumenti utilizzati dal Gruppo sono in pri-mis la ricerca e la creatività, ergo il design. “Nel nostro team di lavoro sono entrati designer come King&Miranda e Dario Tanfoglio, chiamati a dare un’espressione estetica alla funzionalità del prodot-to. I nostri prodotti devono essere riconoscibili – prosegue l’amministratore delegato -. Non ci basta distinguere il bello dal brutto, noi cerchiamo un de-sign originale, frutto di una strategia ben chiara”. Come racconta lo stesso amministratore delegato, l’azienda si diff erenzia dai concorrenti per la sua capacità di innovazione che crea prodotti unici e caratterizzati. Fondamentale è l’utilizzo di una tec-nologia sofi sticata, unita all’attenta selezione dei materiali, a fi niture e design unici e al fattore in-novazione, il cui processo è concentrato nella sede bresciana. “Qui vengono distinte due grandi aree: la progettazione, dove sono impiegate 10 persone e il laboratorio con un nucleo di 5 persone”.Il resto dell’organico del settore ricerca e sviluppo – complessivamente composto da 25 persone – è di-stribuito presso le altre sedi del Gruppo. L’attenzione al mercato e la ricerca continua del

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“nuovo” portano l’azienda ad inserire annualmente in catalogo un importante numero di nuovi prodotti dimostrando un dina-mismo “che il mercato, soprattutto estero, continua ad apprezza-re”. “Quest’anno – spiega Saccone - abbiamo lanciato produzioni nuove in tutti gli ambiti della nostra specializzazione, in partico-lare nell’ambito della climatizzazione è nato l’Unico con tecno-logia inverter; siamo stati i primi ad applicare la tecnologia degli inverter a questa tipologia di climatizzatore. Per l’anno prossimo stiamo lavorando per completare la gamma Unico arricchendola con altri 4 modelli, confermando la nostra leadership come qua-lità di off erta. Sarà inoltre rinnovata tutta la gamma del condi-zionamento Split nel settore consumer; lavoreremo inoltre sulle pompe di calore e sul geotermico”. Ed è proprio sul tema dell’ecosostenibilità e della geotermia che l’azienda sta puntando. “Grazie alla competenza tecnica e ad un chiaro indirizzo strategico, da sempre lavoriamo sui fattori che permettono di ridurre i consumi – spiega l’amministratore dele-

gato -. Nella progettazione e produzione di tutti i nostri prodotti seguiamo una logica basata su componenti e materiali che pre-mino i concetti di ecodesign e riciclabilità”. Sul fronte commerciale si annunciano novità per l’apertura di una fi liale in Francia, “un mercato su cui vogliamo puntare so-prattutto sul fronte delle energie rinnovabili e da cui contiamo di imparare molto ”. E proprio il fattore “estero” ha permesso a Olimpia Splendid di superare il momento negativo legato alla crisi. L’azienda infatti ha registrato una crescita signifi cativa di fatturato, grazie a mercati nuovi quali Brasile, Australia e Paesi est-asiatici e alla ripresa in alcuni Paesi europei. |

Olimpia SplendidFondata nel 1956, Olimpia Splendid è azienda le-ader nel mondo della Climatizzazione, grazie all’ampia gamma di prodotti con i quali è presen-te nei mercati del Condizionamento, del Riscal-damento, del Trattamento dell’aria e dei Sistemi idronici. Il Gruppo, guidato dall’Amministratore Delegato Roberto Saccone, ha sede a Gualtieri (Reggio Emilia) e consta di due stabilimenti pro-duttivi In Italia e di uno in Cina. Olimpia Splendid è presente su circa 45 mercati mondiali ed opera attraverso due filiali, oltre alla casa madre, quella commerciale di Madrid (Spagna) e quella commerciale e produttiva di Shanghai (Cina). A questa si aggiungerà, a gennaio del 2011, la nuova filiale francese. La sede di Gualtieri, attiva dal 1956, rappresenta l’headquarter ed il polo logisti-co del Gruppo Olimpia Splendid, con la presenza centralizzata degli uffici direzionali, commer-ciali e amministrativi.

Se si vuole avere successo bisogna pensare; bisogna pensare fino a starne male. Si deve rivoltare il problema nella propria testa fintantoché si sospetta l’esistenza di un aspetto che non sia stato considerato.Toy Herbert Lord Thomson of Fleet

www.olimpiasplendid.it

Innovazione e funzionalità: sono questi i concetti chiave attorno ai quali si sviluppa lagamma Olimpia Splendid. Grazie a una struttura di marketing attenta al mondo della climatizzazione l’azienda ha messo in atto un forte processo di innovazione, creando prodotti nuovi e unici sul mercato, tra cui il primo climatizzatore fi sso, senza unità esterna

Roberto Saccone, amministratore delegato, di Olimpia Splendid

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Bride & PrincessVHERA

Sposa e Principessa... Due anime di un’unica “fede”. Scegli come vuoi essere oggi...

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Pavimentazioni industriali. Alla scoperta di Recodi, realtà leader in Italia che ha fatto della qualità, dell’innovazione e della tecnologia gli elementi cardine per conquistare il mercato

Per vincere la sfi da competitiva, bisogna saper fare la diff erenza. E in un settore par-ticolarmente complesso come quello delle pavimentazioni industriali, la strada da percorrere è quella della progettazione avanzata, della tecnologia, dell’esperienza con-solidata sul campo. E’ questa la convinzione di Recodi, realtà con sede a Palosco in provincia di Bergamo e conosciuta in tutta Italia anche grazie agli oltre quarant’anni di esperienza nella realizzazione di pavimentazioni industriali ad elevato coeffi ciente di tecnologia. L’azienda ha una forte vocazione innovativa e off re soluzioni specializ-zate in calcestruzzo e in resina, che permettono di soddisfare esigenze specifi che in svariati settori: dall’alimentare al farmaceutico, dal logistico/GDO al manifatturiero, dalla chimica all’automotive, dall’elettronica alle aree commerciali. “Recodi conosce davvero la tecnologia delle pavimentazioni – ci racconta il fondatore e direttore gene-rale dell’azienda, Luciano Magni - sa determinare, per esempio quale spessore e quale armatura sono necessari per realizzare un pavimento soggetto a carichi specifi ci. Se rispondessimo solo a richieste di preventivo su pavimenti progettati da terzi, saremmo un semplice fornitore o posatore. Invece noi non ci fermiamo a questo. Verifi chiamo

Alla “base”di ogni progetto

il dimensionamento delle pavimentazioni progettato da terzi affi nché sia corretto e soddisfi davvero le esigenze di carico e di lavorazione necessarie al cliente”.Ma Recodi è strutturata non solo per in-tervenire su progetti altrui, bensì off re un effi ciente servizio di progettazione interna: “Siamo in grado di progettare – sottolinea Magni - soluzioni specifi che e scegliamo sempre di proporre al cliente quella col migliore rapporto qualità prezzo. Quin-di off riamo, per così dire, un pacchetto completo: siamo un referente unico per le pavimentazioni industriali”. La qualità del risultato di una superfi cie industriale è col-

Luciano Magni,fondatore e direttore generale dell’azienda Recodi

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“Siamo in grado di progettare soluzioni specifi che e scegliamo sempre di proporre al cliente quella col migliore rapporto qualità prezzo. Quindi off riamo, per così dire, un pacchetto completo: siamo un referente unico per le pavimentazioni industriali”

Focus azienda

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www.recodi.it

Vocazione EcosostenibileRecodi ha rivoluzionato completamente il proprio sistema di approvvigionamento ener-getico, investendo in un impianto a energia fotovoltaica che permette all’azienda di avere corrente elettrica attraverso questa fonte rinnovabile e pulita. “Abbiamo fatto questa scelta – dice Luciano Magni - perché si è dimo-strata economicamente vantaggiosa e perché ci permette di ridurre concretamente l’inqui-namento. E’ una scelta che fa parte della no-stra sensibilità. Installeremo una potenza di 129 KW che servirà a coprire tutto il nostro fabbisogno e ci consentirà di vendere l’even-tuale eccedenza”.

legata anche alle materie prime impiegate, un altro elemento decisivo in questo settore: “A diff erenza di molti competitor – continua Luciano Magni – Recodi è in grado di garantire la qualità dei materiali impiegati. Ad esempio nei pavimenti in calcestruzzo, noi non ci limitiamo ad acquisire una miscela realizzata da altri, ma mettiamo a punto noi la formulazione della miscela e la realizziamo sulla base delle caratteristiche particolari del pavimento che andremo a costruire”.Quindi, il valore aggiunto sembra essere un elemento chiave per una realtà come Recodi che è anche in grado di pro-gettare pavimentazioni particolari, come, ad esempio, quelle cosiddette “senza giunti”, grazie a metodi innovativi e sem-pre con un rapporto qualità prezzo vantaggioso. Tutto que-sto studiando anche soluzioni mirate per ridurre ai minimi termini i rischi di non conformità e di difetto delle pavi-mentazioni.

Recodi è conosciuta anche per le sue soluzioni di rivesti-mento in resina e anche su questo fronte sta mettendo a punto una serie di novità. “Usiamo prodotti e formulati che altri non usano – racconta Magni - come le malte epossidi-che “chiuse”, cioè malte che hanno la stessa densità in ogni punto dello spessore. Inoltre adesso stiamo lavorando per produrre queste malte con prezzo ancora più conveniente, puntando sull’innovazione di prodotto e studiando anche nuovi formulati per garantire un’off erta ancor più vantag-giosa ai clienti. In generale, la sfi da è quella di fare pavi-menti industriali in calcestruzzo e rivestimenti in resina di alta qualità a un prezzo sempre più conveniente. Quindi la capacità di unire eccellenza e convenienza per vincere la sfi -da competitiva”. |

di lato: esempi di pavimentazioni per il settore (dall’alto al basso) farmaceutico, alimentare e industriale in alto: la sede di Recodi a Bergamo

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... flessibili,

personalizzati

e interdisciplinari

per sostenere

la competitività

delle imprese.

La casa degli imprenditori dà più spazio alle imprese e ai servizi...

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Business&Gentlemen dicembre 2010 - febbraio 2011

Una costante attenzione all’effi cienza interna e alla fi nanza, investimenti in nuovi macchinari e una continua ricerca di nuovi mercati. Il risultato? Un fatturato cre-sciuto di oltre il 50% nell’ultimo anno. Stiamo parlando dell’azienda Roncoroni Spa con sede a Orsenigo, nel Comasco, che, forte di una storia di oltre 60 anni, è pronta ad aff rontare le sfi de e le opportunità presenti e future. L’impresa, guidata da Antonio Pozzi, Presidente del Gruppo Cartotecnici di Confi ndustria Como, è specializzata nell’accoppiatura e nella spalmatura di una vasta gamma di materiali e nell’utilizzo di diverse tecnologie produttive. Operando nel settore del packaging, l’azienda subisce l’andamento del mercato di comparti diversi, dall’alimentare al farmaceutico, passando per l’editoria e l’automotive. “Il settore del packaging – spiega Pozzi – ha sicuramente soff erto soprattutto nel 2009, mantenendosi comun-que stabile nei comparti alimentare e farmaceutico. In questo momento il settore sta vivendo una leggera ripresa, soprattutto grazie al mercato estero”. Se infatti nel

L’azienda di Orsenigo si appresta a chiudere il 2010 con un aumento di fatturato di oltre il cinquanta per cento grazie a un giusto mix di investimenti in nuovi macchinari, innovazione, ricerca di nuovi mercati e ottimismo. La Roncoroni Spa è un’azienda cartotecnica che da oltre 50 anni produce materiali per l’imballaggio industriale e l’isolamento

testo di Laura Di Teodoro

l’accoppiata vincente diRoncoroni,

innovazione e ricerca

Antonio Pozzi, Presidente del Gruppo Cartotecnici di Confindustria Como

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2009 l’azienda ha fatto registrare un calo del 16% del fatturato, le previsioni per il 2010 parlano di una crescita del 51%, diretta conseguenza di una strategia vincente, un mix di innovazione, attenzione costante alla fi nanza e investimenti in macchina-ri. “Il 12% circa della crescita di fatturato è legato all’acquisto di due nuovi macchinari che ci hanno permesso di ampliare le possibilità e opportunità per l’azienda – prosegue il titolare. Sul fronte dello stampaggio, ad esempio, grazie alla nuova mac-china, se prima esternalizzavo il servizio ora viene fatto tutto internamente con un notevole risparmio”. Una crescita direttamente collegata con l’aumento dell’effi -cienza interna quindi, dove il fattore “ricerca” resta un vettore indispensabile e vincente. “Nonostante la nostra dimensione

medio-piccola – prosegue Pozzi – facciamo molta ricerca anche se spesso non certifi cata o dichiarata. Noi non abbiamo un la-boratorio vero e proprio: facciamo ricerca con l’aiuto dei nostri fornitori, del cliente stesso e con l’appoggio dell’università e dei laboratori esterni”. L’effi cienza aziendale è cresciuta negli anni grazie a un miglioramento sul fronte della produzione e della fi nanza, campo su cui l’azienda ha investito per aumentare le proprie difese interne contro la crisi mondiale, come spiega lo stesso presidente. “Negli ultimi anni abbiamo notato una for-te ignoranza sui nuovi aspetti, spesso complessi, della fi nan-za mondiale. Proprio per fronteggiare questa lacuna la nostra azienda ha introdotto in organico un consulente esperto di fi -nanza per approfondire questi aspetti”.

Azienda di successo

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L’azienda conta un organico complessivo di 50 dipenden-ti. L’intera struttura si concentra nell’unica sede di 8500 metri quadrati di Orsenigo. Dispone di un parco macchi-ne costituito da quattro linee di extrusion coating, una macchina solventless, due bitumatrici, una paraffi natri-ce, una apprettatrice, oltre a un centro di taglio costitui-to da una tagliafogli e sette tra ribobinatrici e taglierine. L’incidenza del mercato estero sul giro d’aff ari della Ron-coroni è passata dal 40% al 55%, e di contro il mercato italiano oggi incide per il 45% a causa “di un netto rallen-tamento della nostra economia”, commenta il presiden-te. L’azienda ha voluto sfruttare le potenzialità di mercati in ripresa investendo proprio sull’estero, soprattutto in Francia e in Germania. Il tutto unito a una serie di inno-vazioni sul fronte delle tecnologie e dei prodotti. Grazie alla sua grande fl essibilità in termini di tecnologia pro-duttiva e alla sua conoscenza dei materiali, l’azienda è in-fatti presente in vari mercati tra cui edilizia, isolamento, imballaggio industriale e di metalli, igienico/medicale, automotive, imballaggio alimentare, trasporti oltremare, legatoria e cartotecnica. “Off riamo diverse tipologie di prodotti: carte e cartoni politenati, carte politenate e rin-

forzate, carte crespate, paraffi nate, bitumate, rafi a polite-nata e accoppiata, fogli di alluminio politenati e rinfor-zati, alluminio accoppiato a velo di vetro, fi lm barriera, intercalari, materiali VCI e molti altri - spiega il titolare della Roncoroni. Questo ci permette di essere presenti in molti settori, anche innovativi”. Tra le ultime novità si trovano ad esempio prodotti per il riscaldamento a pavi-mento e componenti per i pannelli fotovoltaici. Sull’onda di un ottimismo e una forte volontà che hanno fatto da sfondo e traino per questi anni critici, le aspettative per il 2011 restano alte: “Continuiamo ad essere ottimisti – prosegue Pozzi. E per il 2011 sono previsti ancora investi-menti in nuovi macchinari”. |

www.roncoronispa.it

Il segreto degli affari è sapere qualcosa che nessun altro sa. Aristotelis Sokratis Onassis

Roncoroni Roncoroni SpA è un’azienda cartotecnica che da ol-tre 50 anni produce accoppiati speciali per il settore dell’imballaggio e dell’isolamento. Nata a Como nel 1950, l’azienda, per necessità di nuovi spazi, si sposta ne-gli anni ‘70 nel comune di Orsenigo dove ricopre oggi una superficie di circa 8500 mq. L’azienda è stata rileva-ta alla famiglia Roncoroni da Antonio Pozzi dieci anni fa. La Roncoroni è specializzata nell’accoppiatura e nella spalmatura di una vasta gamma di materiali e nell’utilizzo di diverse tecnologie produttive. Carte, cartoni, fogli di alluminio, film plastici (PET, PP, BOPP, LDPE e HDPE), rafia in politene, TNT e tessuti naturali vengono lavorati e accoppiati tramite processi quali l’extrusion-coating (politenatura), la bitumatura, la paraffinatura, la spalmatura con colle viniliche o senza solventi, e con polveri VCI, ottenendo prodot-ti le cui applicazioni spaziano da quelle del settore dell’imballaggio (industriale, dei metalli e alimen-tare) a quelli dell’isolamento, dei trasporti oltre-mare, dell’automotive, ma anche del medicale, della legatoria e del tessile. Il parco macchine dell’azienda dispone anche di un centro di taglio composto da ri-bobinatrici, taglierine e tagliafogli che consentono alla Roncoroni di rispondere alle più diverse esigenze dei suoi clienti. Flessibilità nella produzione, conti-nua ricerca di nuove soluzioni e applicazioni, insieme alla dedizione allo sviluppo tecnologico, fanno di Roncoroni SpA una delle aziende leader di questo set-tore. L’azienda è passata da un fatturato di 11 milioni del 2008 a una previsione per il 2010 di circa 14 milioni, contro i 9,4 milioni del 2009.

L’azienda è passata da un fatturato di 11 milioni del 2008 a una previsione per il 2010 di circa 14 milioni, contro i 9,4 milioni del 2009. Per fronteggiare la crisi la Roncoroni ha messo in atto una politica di investimenti in nuovi macchinari, scoperta di nuovi mercati esteri e una forte attenzione alla fi nanza

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Campionmax,

di qualità “campione”

Da Meda ai mercati del mondo. La storia di un piccola azienda brianzola che, puntando su qualità e innovazione, è diventata un punto di riferimento per le molte imprese del tessile e del legno

testo di Laura Di Teodoro

Una storia nata nel solco dell’eccellenza brianzola del mobile e diventata oggi punto di rife-rimento per molte aziende di quella zona e non solo. Stiamo parlando di Campionmax Srl, piccola impresa di Meda, nel territorio di Monza e Brianza, specializzata nella progettazio-ne e nella realizzazione di campionari per l’industria tessile e del legno. Come ci racconta uno dei suoi fondatori, Massimo Cuccovillo, la storia dell’azienda risale al 1986 prendendo spunto da un bisogno sempre più sentito dagli imprenditori della zona. “Siamo nati nella zona brianzola da sempre considerata eccellente per le aziende che fabbricano mobili. In quegli anni si sentiva la necessità di presentare campionari con supporti di materiali eccel-lenti e adeguati”. Inizia così l’attività imprenditoriale della famiglia Cuccovillo che vede oggi lavorare in azienda, oltre a Massimo responsabile per la parte amministrativa e commerciale, il fratello Nicola, attivo nella produzione e il padre Angelo nella parte commerciale. L’azienda è passa-ta da un organico di 4-5 dipendenti agli attuali 15, per un fatturato complessivo di circa un milione di euro. “Abbiamo 15 dipendenti più una parte esterna di collaboratori che lavorano per noi soprattutto nei periodi più “caldi””. La Campionmax confeziona mazze, tirelle, sciarpe, cartelle colori, schede, cataloghi, coper-tine, raccoglitori e dorsi, forte di 30 anni di esperienza nel settore e della consapevolezza che “la qualità e l’innovazione restano le direttrici da seguire”. Nell’unità produttiva di Meda, grande circa 2mila metri quadrati, si trovano tutti i macchinari necessari alle varie fasi di produzione: taglio, confezionamento e legatoria. “Tutti i campionari sono fatti internamen-te – prosegue Massimo Cuccovillo. I tessuti arrivano dall’Italia, soprattutto dalla nostra

zona, dal Veneto e da Caserta. Una volta qui, i nostri uomini li lavorano nelle singole aree. Al nostro interno abbiamo anche la legatoria e serigrafi a e questo ci permette di snellire tempi e costi, off rendo un servizio in più e di qualità al cliente”. Nell’azienda è pre-sente anche un reparto specializzato per lo studio di soluzioni alternative per prodotti specifi ci (parquets, passa-manerie, tessuti speciali ecc.). Grazie a un’attenzione sempre alta sul fronte della ricerca e dello sviluppo, l’azienda è stata in grado di farsi promotrice di tecnologie avanzate che hanno portato un sicuro valore aggiunto: “Abbiamo aumentato la percentuale delle espor-tazioni grazie alla possibilità di appli-care ai tessuti un determinato termoa-desivo, anziché il bioadesivo, in grado di resistere alle alte temperature. Que-

Massimo Cuccovillo,uno dei fondatori di Campionmax

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Ocean Yachts 48 Hatteras 50 Ocean 37 Billfish

Ocean Yachts 48Anno: 1991Motorizzazione: 2x485 Detroit DieselLunghezza: 14,60 mCabine: 3 cabine, 2 bagniVelocità massima: 29 ktsVelocità crociera: 23 ktsOptionals: Refitting appena completato, interni spaziosi, rifiniture di lussoVisibile a: Loano

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www.marboats.com

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sto garantisce una maggior compattezza”. La Campionmax lavora per conto terzi, in Italia e nel mondo. “Negli ultimi mesi abbiamo raggiunto clienti anche in Brasile ed Esto-nia. Ci premia la nostra velocità nel realizzare i campionari: meno di 20 giorni lavorativi per la consegna del campiona-rio dal ricevimento di tutti i materiali”. L’azienda, seppure piccola, ha tutte le carte in regola per puntare all’eccellenza. “Siamo competitivi grazie al nostro ingegno e alla forte volontà di arrivare comunque primi – prosegue Cuccovillo. Il nostro obiettivo è quello di arrivare a fare un prodotto perfetto e di qualità”. Realizzando cam-pionari per aziende diverse, spesso dello stesso settore, la riservatezza resta una delle regole da rispettare. “Trattiamo tessuti e campionari che fanno parte di colle-zioni inedite. Per questo motivo vige la massima riserva-

tezza sui prodotti da noi lavorati e custoditi”. Gli appunta-menti fi eristici sono al centro dell’agenda di Campionmax. Tra le Fiere “più gettonate” restano: il Salone del Mobile di Milano, il Salone del tessuto di Francoforte, di Parigi e la fi era Mipel di Bologna. Per i prossimi appuntamenti l’azienda ha deciso di puntare sull’estetica e su contenito-ri nuovi, più belli stilisticamente. “Cercheremo di vestire i nostri campionari in modo da renderli più gradevoli”. L’azienda viaggia con il vento in poppa quindi, spinta da un forte ottimismo e dalla speranza di uscire il prima possibile dai problemi. “Siamo consapevoli che si lavorerà di più e si guadagnerà di meno – conclude Cuccovillo. Per i prossimi 3-6 mesi ci sarà ancora un po’ di calma e poi sono convinto che arriverà la ripresa”. La crisi ha toccato solo indirettamente e marginalmen-te l’azienda: “Alcuni nostri clienti si sono ridimensionati come numero di punti vendita. Siamo riusciti a sopperire a questo calo grazie all’acquisizione di nuovi clienti e abbas-sando i prezzi, contenendo i costi e penetrando anche nel ramo delle concerie di pelli”. Obiettivi per il futuro? “Coc-colare i nostri clienti e continuare a garantire un servizio attento e accurato”. |

La qualità va costruita, non controllata. Crosby Philip B.

www.campionmax.it

Campionmax è specializzata nella progettazione e nella realizzazione di campionari per l’industria tessile e del legno. L’azienda è passata da un organico di 4-5 dipendenti agli attuali 15, per un fatturato complessivo di circa un milioni di euro. Nell’unità produttiva di Meda, grande circa 2mila metri quadrati, si trovano tutti i macchinari necessari alle varie fasi di produzione: taglio, confezionamento e legatoria

nelle immagini esempi di campionari di Campionmax

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CONFINDUSTRIA MONZA E BRIANZA

La prima organizzazionefra imprenditori sorta in Italia

RIANZA

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Business&Gentlemen dicembre 2010 - febbraio 2011

“Sappiamo che lo scenario economico è così complesso e diffi cile, sempre più imprevedibile e pericoloso, che la sopravvivenza di un’impresa dipende dalla quotidiana attivazione dell’ultimo grammo di intelligenza. Un’impresa può con-trastare le turbolenze e le forze avverse del mercato e quindi sopravvivere solo attraverso lo sfruttamento della performance mentale di tutti i collaboratori”. Parola di Konosuke Matsushita, fondatore del colosso Panasonic, uno dei più grandi nomi per l’elettronica di consumo al mondo che oggi può contare sull’in-telligenza e sul lavoro di 25mila ingegneri in tutto il mondo, capaci di brevettare ogni anno una media di 7-8 mila pezzi tra componenti e prodotti. Sono numeri che raccontano la storia di un’Innovazione all’interno del settore dell’elettronica di consumo, snocciolati e commentati dal nuovo amministratore delegato per l’Italia, Claudio Lamperti.

Qual è lo stato di salute del settore dell’elettronica di consumo? L’elettronica di consumo sta andando molto bene; è uno dei pochi settori che continua a registrare numeri in crescendo. Da gennaio a oggi gli incrementi sono stati a doppia cifra grazie, soprattutto, a determinati eventi che hanno dato un’ulteriore spinta al settore, vedi i Mondiali di calcio. A livello di dati, fi no a fi ne ottobre la crescita si assestava attorno al 10 per cento circa. Il traino principale è sicuramente il televisore che rappresenta il 22 per cento del mercato.

In un contesto comunque favorevole su cosa punta Panasonic? In Italia stiamo puntando sulla tecnologia del tv al plasma; su prodotti eccellenti del ramo LCD; su Lumix, il nostro brand di riferimento per le macchine digitali. Cerchiamo di non tralasciare nessun tipo di prodotto. Ci sono settori quali la cura della persona dove non siamo ancora un player molto grande ma piano piano stiamo entrando nel mercato, rendendoci visibili attraverso nuovi prodotti quali rasoi, regola barba e regola capelli. Insomma cerchiamo di rendere l’off erta più varia, puntando sulla base comune di eccellenza e tecnologia.

L’elettronica di consumo è, più di altri, soggetta a continue innovazioni e a nuove tecnologie che si alternano molto velocemente. Cosa signifi ca per voi innovare?L’innovazione per noi è tutto, è la nostra ragione d’essere. Siamo dei produttori, non degli industriali. L’azienda vive perché ci sono 25mila ingegneri che lavora-no per noi e, grazie alle loro capacità, inventano prodotti e tecnologie nuove tutti i giorni. Spendiamo il 6% circa del nostro fatturato in Ricerca e Sviluppo, una cifra che nel corso degli anni non è mai scesa. Vogliamo creare prodotti sempre nuovi per rispondere nel miglior modo pos-sibile alle esigenze del consumatore, arrivando a soddisfare i loro bisogni e, in

Intervista a Claudio Lamperti, amministratore delegato di Panasonic Italia, sulle nuove tendenze del mercato

dell’elettronica di consumo. La storia di un colosso del settore

testo di Laura Di Teodoro fotografi e di Sara Fratus

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di PanasonicVi racconto

il successo

alcuni casi, a crearne di nuovi. Le tecnologie e i prodotti che vediamo qui in Italia rappresentano solo la punta dell’iceberg dell’intera produzione Panasonic: in Giappone infatti ci sono centinaia di prodotti che qui da noi non ci sono, alcuni penso non arriveranno mai perché restano molto legati alle caratteristi-che tipiche del mercato giapponese.

Qualche esempio?In Giappone produciamo mobili per le cucine: entrando nello showroom Panasonic infatti, è possibile scegliere i pannelli e i colori per crea-re la propria cucina. Oppure si possono trovare prodotti per lo stoccaggio dell’energia: i nostri ingegneri hanno creato una specie di grandi batterie che permettono di raccogliere l’ener-gia prodotta dai propri pannelli fotovoltaici o quella comprata nelle ore in cui l’energia costa meno, così da poterla stoccare nei momenti di bisogno.

Il motto del fondatore di Panasonic, Kono-suke Matsushita era: “Se qualcosa è nuovo e di buona qualità, allora lo si vende bene”. Un motto che diventa quanto mai attuale in un contesto come il vostro dove qualità e innova-zione fanno la vera diff erenza....Come mettete in pratica questi due importanti e fondamen-tali valori?Si tratta della “Parabola dell’acqua”. È sicura-mente in motto quanto mai attuale che l’azien-da ha fatto suo già nel lontano 1918. La nostra realtà vive per fare dei prodotti assolutamente innovativi, sfruttando le tecnologie più avan-zate. È stato così in passato quando fu inventa-to il primo portalampada con presa elettrica e l’adattatore per due luci, conosciuto anche come doppia presa. Molte delle scelte e delle idee del fondatore restano attuali e importanti punti di riferimento per tutti.

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Claudio Lamperti,nuovo amministratore delegato per l’Italia di Panasonic

Personaggio

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Claudio LampertiMilanese, 44 anni, laureato in economia e com-mercio, Claudio Lamperti vanta un significativo background professionale nel settore dell’elet-tronica di consumo: proviene da Philips Italia, azienda in cui è entrato nel 1995 per assumere col tempo l’incarico di Senior Sales Director per il canale consumer, ruolo ricoperto sino a giugno 2009. Panasonic Corporate è uno dei più grandi nomi per l’elettronica di consumo al mondo e comprende oltre 600 società. Produce e commercializza oltre 15.000 apparecchi creati per migliorare e arricchire lo stile di vita dei paesi di tutto il mondo.

Ricopre il ruolo di amministratore delegato da poco meno di sei mesi. Cosa sente di aver imparato e appre-so da una realtà come Panasonic?Panasonic mi ha trasmesso la cultura del “fare il prodot-to” perché qui la cosa essenziale è produrre, costruire, realizzare. Il concetto del “fare” viene vissuto in modo quasi viscerale: si lavora per essere sicuri che tutto ciò che porta il marchio dell’azienda sia realmente la mi-glior espressione del prodotto.

Cosa sente di aver portato invece della sua esperienza?Se devo pensare a un valore aggiunto portato da me pen-so di aver rinsaldato il legame con il mondo dei retai-lers e dei consumatori fi nali che Panasonic prima aveva messo un po’ da parte per privilegiare la fase costruttiva. Diciamo che ho aiutato chi a sua volta può aiutare noi a proporre le eccellenza che produciamo.

Difesa dell’ambiente e green-economy sono altri due fattori da cui non si può più prescindere. Come state lavorando su questi due fronti?Per noi l’energia verde e la gestione dell’ecologia sono temi fondamen-tali tanto è vero che il nostro presidente ha annunciato che entro il 2018 dovremo diventare l’azienda numero uno nella Green Innovation Tech-nology. E ancora prima, entro il 2012, ci siamo posti diversi obiettivi: progettare e lanciare prodotti ad alta effi cienza energetica e a basso con-sumo, segnalandoli con l’etichetta verde “co ideas”; ridurre l’emissione di CO2 in tutte le unità produttive di Panasonic nel mondo; promuove-re impegno e coscienza ecologica tra i dipendenti e i consumatori; istru-ire 100mila bambini attraverso un programma ad hoc sull’importanza ecologia per la sopravvivenza del pianeta.

Cosa ha imparato della mentalità giapponese che permea l’azienda?Sicuramente il concetto della condivisione e del “fare” puntando all’ec-cellenza. Qui in azienda facciamo riunioni lunghe non sottraendo tempo al la-voro perché spesso si svolgono di notte. In questi incontri si discute di tutto per arrivare a decisioni condivise da tutti. È un modo di lavorare a cui non ero abituato e che fa parte della mentalità giapponese. Sul fronte del controllo, quasi maniacale, dei prodotti, ogni elettrodomestico che viene spedito ad esempio via aerea, viene controllato dai giapponesi pri-ma della consegna al cliente.

Quale valore aggiunto può portare invece l’Italia?Sicuramente la creatività. I giapponesi adorano il nostro Paese e la no-stra cultura. Non sono abituati al nostro modo di vivere abbastanza ca-otico e disordinato ma di contro sono aff ascinati dalla creatività e dalla nostra capacità di saperci adattare a qualsiasi situazione.

Il 2010 è stato l’anno del lancio del 3D. Cosa ha portato questa nuova tecnologia? Il 3D è sicuramente una tecnologia trasversale a tanti prodotti e settori. È partito dal canale dell’entertainment legato al televisore per poi svi-lupparsi anche nelle fotocamere e videocamere. Il 3D può essere appli-

nella provincia di Hyogo (Giappone occidentale), è stato inaugurato lo stabilimento Amagasaki di Matsushita Plasma Display Panel Company Ltd. Si tratta della terza fabbrica specializzata nella produzione di schermi al plasma ad aprire in Giappone

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gli amministratori delegati dei diversi Stati oggi sono localizzati. Fino a cinque anni fa non era così. L’obiettivo è quello di potenziare tutti gli altri mercati e passare dall’attuale 50% di fatturato realizzato in Giappone a un 45-40% , senza naturalmente diminuire il fatturato ma aumentando la pro-duzione nei Paesi Emergenti e in Europa.

Che obiettivo di mandato si è dato?Per quest’anno una crescita del 20% e siamo già al 30%. Anche per il 2011 e per il 2012 l’obiettivo è di aumentare del 20% ogni anno. Oggi l’Europa rappresenta l’11,7% del mercato di Panasonic e l’Italia deve recuperare un certo gap.

In che senso?L’Italia storicamente cerca il design e il fattore estetico, a scapito spesso della funzionalità e della tecnologia. Noi produciamo prodotti eccellenti, all’avanguardia nella tecnologia ma non sempre allo stesso livello sul fron-te del design e l’Italia in questo non perdona. Il nostro compito e il nostro obiettivo è quello di convincere il consumatore dell’importanza della qua-lità e della tecnologia che permea ogni prodotto. |

cato anche al mondo dell’educational rendendo, ad esempio, più digeribili argomenti quali la geografi a o la medicina. Le cose che si possono fare sono nume-rose. Il 2011 vedrà il boom della tecnologia 3D e ogni giorno riscontriamo un’accelerazione esponenziale del settore: fi no a fi ne settembre si parlava di Avatar come di una materia che poteva fare vedere un fi lm in 3D. Oggi abbiamo tre televisioni, Sky, Mediaset e La7 che si contendono gli eventi in 3D. Panasonic è sponsor della trasmissione su La7 dei Cariparma Test Match di rugby, di fatto il primo evento in Italia ad essere trasmesso in diretta 3D su un canale free del digitale terrestre. Per la prima volta tre partite del torneo, Italia-Argentina (Verona), Italia-Australia (Firenze) e Italia-Isole Fiji (Modena) sono andate in onda in 3D.

Su quali altre tecnologie punterete per il 2011? Amplieremo la gamma delle macchine fotografi che soprattutto per il segmento delle lenti intercambia-bili; rivitalizzeremo la gamma delle videocamere at-traverso il 3D e introdurremo grandi novità a livello di prodotto consumer. Lanceremo sul mercato nuovi modelli di televisori Led e LCD di qualità alta, a li-vello del plasma.

Quanti brevetti escono dagli stabilimenti Panaso-nic ogni anno?Una media di 7-8mila brevetti all’anno, consideran-do anche la componentistica, i semiconduttori e tut-ti gli apparati per migliorare l’effi cienza energetica. Brevettiamo tutto quello che i 25mila ingegneri re-alizzano.

Da dove provengono tutti questi ingegneri? Sono per lo più giapponesi ma molti provengono da tutto il mondo. L’obiettivo di Panasonic è quello di delocalizzare nei vari Paesi per avere un approccio più globale e meno legato al Giappone. Si pensi che

Il programma “Green” di Panasonic prevedere, entro il 2012, di progettare e lanciare nel mercato prodotti ad alta effi cienza energetica e a basso consumo, segnalandoli con l’etichetta verde “co ideas”; ridurre l’emissione di CO2 in tutte le unità produttive di Panasonic nel mondo; promuovere impegnoe coscienza ecologica tra i dipendenti e i consumatori; istruire 100mila bambini attraverso un programma ad hoc sull’importanza ecologia per la sopravvivenza del pianeta

Personaggio

Un’impresa può contrastare le turbolenze e le forze avverse del mercato e quindi sopravvivere solo attraverso lo sfruttamento della performance mentale di tutti i collaboratori. Noi intendiamo la gestione come l’arte di saper mobilitare il potenziale intellettivo di tutti i collaboratori di un’impresa ed unificarlo.Konosuke Matsushita

www.panasonic.it

PanasonicPanasonic Italia, filiale italiana di Panasonic Corporation, è stata fondata nel 1980 e ha la sua sede principale a Milano in viale dell’In-novazione n. 3. Altri uffici commerciali e di rappresentanza sono stati aperti a Roma. L’azienda commercializza prodotti con il marchio Pana-sonic e fin dalla sua fondazione si ispira alla filosofia della società madre, che pone al primo posto degli obiettivi aziendali l’individuo e il soddisfacimento delle sue esigenze. Panasonic Italia impegna oltre 200 persone tra dipendenti e agenti. Grazie a una distribuzione attenta e capillare, i suoi prodotti sono oggi distribuiti da oltre 1.100 punti vendita tra i più qualificati in Italia. Panasonic Italia si è così dotata di una rete commerciale e di assistenza tecnica, capace di consigliare e assistere i propri clienti tramite un’eccezionale offerta di prodotti e soluzioni integrate per l’ufficio e il tempo libero, supportata da un collaudato ed efficiente servizio post-vendita.

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Il manager di successo Alberto Piantoni delinea luci e ombre del Made in Italy e chiama a raccolta gli imprenditori e l’intero tessuto economico italiano per sviluppare un progetto industriale condiviso

di Laura Di Teodorofotografi e di Sara Fratus

Rilanciare e ripensare il Made in Italy, partendo da un format e da un marchio uni-co capace di esprimere i valori del tessuto imprenditoriale italiano, delle persone e del territorio. In poche parole, fare realmente “rete”, perseguendo la qualità, l’eccel-lenza e la ricerca in un progetto comune e condiviso da tutti. È il sogno che da anni coltiva Alberto Piantoni, ex amministratore delegato di Bialetti e Richard Ginori Spa e oggi amministratore delegato di Gruppi Sistemi 2000. Piantoni fa parte del-la Giunta di Confi ndustria e dal 2006 è membro del Comitato Scientifi co del P.I.Q. (Prodotto Interno Qualità) di Symbola Fondazione per le Qualità Italiane. Il mana-ger bresciano, che ha fatto della qualità il leit motiv della propria carriera, analizza le principali criticità del Made in Italy di oggi e lancia un appello agli imprenditori: “Più comunione di intenti e una maggior condivisione di valori”, con l’obiettivo di costru-ire, insieme, un unico marchio del Made in Italy trasversale a tutti i settori.

Il concetto di qualità che ritorna spesso nel suo curriculum professionale. Cosa rap-presenta per lei?La qualità per me ha un’accezione più ampia che va al di là del far bene il proprio prodot-to. La qualità, in realtà, è un modello di business che abbraccia l’intera fi liera produttiva. Prendo come esempio il Made in Italy che non sarebbe nulla senza le piccole e medie imprese e i micro artigiani, vero motore dell’innovazione del settore. Le medie imprese eccellenti del nostro territorio sono tali perché alle spalle hanno un artigianato di valore

che spesso, purtroppo, non viene rico-nosciuto. Il territorio italiano ha enormi potenzialità: ogni zona, ogni distretto ha la sua specialità, il proprio prodotto e de-terminate specializzazioni. Il territorio è fondamentale quale elemento dove la cultura si stratifi ca e identifi ca un certo tipo di valori. In questo modello di bu-siness, oltre al territorio, devono essere considerati quali valori imprescindibili, l’ambiente e le persone. Oggi purtroppo l’imprenditore tende a correre da solo e tralascia la coesione che potrebbe rap-presentare il vero punto di forza. Un al-tro valore è sicuramente la tecnologia: la storia della moda, del Made in Italy sono ricchi di esempi eccellenti sul fronte della tecnologia ma se ne parla troppo poco. Missoni e Tod’s ad esempio sono marchi dove la tecnologia ha giocato un ruolo

Serve unmarchio

Made in Italy

per ilunico

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Alberto Piantoni,ex amministratore delegato di Bialetti e Richard Ginori Spa e oggi amministratore delegato di Gruppi Sistemi 2000

GRUPPO SISTEMI 2000Gruppo Sistemi 2000 è un’azienda marchigia-na attiva nella progettazione, produzione e commercializzazione di attrezzature per la Grande Distribuzione Organizzata rea-lizzate a partire da materiale riciclato. Il percorso sostenibile dell’azienda è ini-ziato nel 2006, quando dal posizionamento iniziale, che vedeva la società impegna-ta nella produzione di oggetti d’arredo tradizionali per i supermercati, si decide di creare il marchio Revolution, che rag-gruppa sotto di sé le nuove proposte di Gruppo Sistemi 2000, tutte realizzate in plastica riciclata. La scelta di riposiziona-mento green di Gruppo Sistemi 2000 è stata pienamente ripagata dai risultati: in soli 3 anni il fatturato è più che raddoppiato, passando da circa 6 milioni di Euro ai quasi 15 del 2009, come il numero di dipendenti, che attualmente supera i 70 collabora-tori e, progressivamente col raggiungi-mento di questi risultati, R-Evolution, hapian piano preso sempre più spazio nella produzione aziendale. I prodotti a mar-chio R-Evolution, infatti, sono ora ca-ratterizzati dall’utilizzo di materiali riciclati post - consumo. Le referenze più richieste sono i separatori da scaffale, re-alizzati in pet riciclato, i carrelli per la spesa realizzati ognuno con la plastica di 12 batterie d’auto esauste (adeguatamente pretrattate) e i cestini realizzati con la plastica dei tappi delle bottiglie. L’ultima novità entrata a far parte della filiera produttiva R-Evolution è Ecomat, un rivo-luzionario materiale dalle molteplici ap-plicazioni d’arredo, realizzati per il 40% in plastica ricavata da scarti di produzione e, per il 60%, in fibre vegetali provenienti da sansa esausta. L’Ecomat viene prodotto in pannelli ed è quindi molto adattabile, pre-senta le stesse caratteristiche fisiche del legno ed è totalmente riciclabile dopo il suo utilizzo, azzerando quindi gli scarti.

determinante. L’Italia è un Paese che produce bello attraverso la tecnologia. Questi quattro elementi, se riconosciuti, possono cre-are un modello che può viaggiare verso le nicchie alte del mercato. Ci sono una serie di eccellenze che non riescono a emergere per-ché ognuno ha una visione spesso troppo settaria e particolare che è ben lontana dal modello a cui accennavo prima.

Bisognerebbe quindi imparare a lavorare insieme ad un unico progetto, vedi ad esempio il Made in Italy? Esatto. Oggi come oggi ogni associazione sta lavorando per crea-re un proprio marchio del Made in Italy, un marchio che diventa oggetto di tanti piccoli investimenti e che rischia di morire nell’ar-co di poco tempo. Se invece si imparasse a promuovere un unico marchio su cui far convogliare i vari investimenti i risultati sareb-bero sicuramente diversi. Un altro limite da superare è la man-canza di un unico format distributivo del Made in Italy, sull’esem-pio di Walmart, Lafayette o Carrefour. Oggi l’impresa italiana si presenta sul mercato estero da sola e a forza di colpi di macete trova la sua strada ma in un percorso completamente solitario. Non esiste una sinergia tra chi produce scarpe e chi fabbrica piatti

e questo è un errore clamoroso che rischia di isolarci dal mercato internazionale.

Serve un lavoro di congiunzione quindi. Chi può essere il regi-sta di tutto questo?È un lavoro che possono fare il territorio e l’azienda consapevoli dei loro rispettivi valori. Ci vorrebbe qualcuno che abbia il corag-gio di prendere i vari marchi per metterli insieme e creare una specie di Ikea di livello alto del Made in Italy. Non dimentichia-moci che nel concept della casa veicoliamo circa il 90% dei nostri prodotti.

Quale può essere il punto di partenza?L’input dovrebbe partire dai fondi di fi nanziamento. In Italia la fi nanza non si è mai saldata con l’impresa: se invece i fondi avesse-ro come base di partenza un’idea creativa e un’associazione come Confi ndustria si facesse promotrice del progetto, sono convinto che arriveremmo a qualche risultato concreto. A monte, natural-mente, deve esserci quel modello di business formato da territorio, persone, valori e tecnologia.

Uno sguardo sul Made in Italy

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Al Made in Italy oggi manca questa concretezza e questa “co-munione di intenti”…Al Made in Italy oggi servono un format e un marchio. Le ultime normative vanno a inquinare i concetti e i valori del Made in Italy, bisogna andare oltre e realizzare un vero e proprio asset industria-le. Continuando a far fi nta di niente si rischia di perdere ogni fetta di mercato soprattutto in Italia.

Quali settori possono giocare un ruolo importante?Sicuramente tutto l’agroalimentare e le produzioni autoctone gra-zie ai costi relativamente bassi di penetrazione. È un settore che può rappresentare un veicolo molto forte per il Made in Italy e permette di allargare il raggio oltre il settore della moda. A questo aggiungerei anche il tema dell’ambiente e la nuova idea della soft economy che stiamo portando avanti con la fondazione Symbo-la. Il progetto parte dalla consapevolezza che è possibile esse-re competitivi e guadagnare solo tenendo conto delle persone e dell’ambiente e quindi partendo dallo sviluppo sostenibile. In po-che parole, pensare più al benessere, alla qualità piuttosto che alla quantità. Se avessi un negozio, ad esempio, o un supermercato, penserei prima di tutto a mettere a suo agio il cliente.

Come cerca di applicare questo concetto di qualità e attenzione alle persone, nel suo lavoro quotidiano? Cerco di orientarmi seguendo come bussola il rapporto con le per-sone; cerco di fare sinergia con chi mi accomuna nei valori. Con Richard Ginori ad esempio, abbiamo creato una linea di successo insieme a Missoni, grazie a una condivisione di valori. Tutto passa per le persone e deve tenere in forte considerazione i valori che sono alla base di ogni realtà. In Gruppi Sistemi 2000, di cui sono amministratore delegato, stiamo attuando un passaggio epocale perché da una realtà no brand stiamo costruendo un marchio par-tendo dall’idea di sostenibilità che il suo presidente ha scelto quale strada da percorrere. Abbiamo deciso di farla diventare azienda di marchio per veicolare proprio quei valori della sostenibilità e del rispetto.

Come diceva prima però molti imprenditori si addentrano in percorsi solitari...Dobbiamo uscire da questi schemi per iniziare a fare realmente rete. Dobbiamo convincerci del fatto che alzare l’asticella della mia qualità e della mia azienda possa dare un vantaggio a tutta la fi -

liera e non solo a me, andando oltre a una competitività estrema che spesso può danneggiare l’intero tessuto economico. Bisogna imparare a condividere il sapere, a rispettare le persone e le idee e a lavorare insieme. Nella mia esperienza ho sempre delegato so-prattutto ai giovani che rappresentano un motore di innovazione indispensabile alle nostre aziende.

In Gruppo Sistemi 2000 abbiamo avuto il coraggio di cambiare: siamo usciti dai tradizionali schemi di arredamento dei supermer-cati; abbiamo riconfi gurato gli spazi per mettere le persone a loro agio e per veicolari i valori di cui parlavo prima. Il design e la tecnologia sono fondamentali per noi e devono esserlo per tutti, moda compresa. Dobbiamo avere la capacità di rinnovare i nostri marchi che oggi sono sclerotizzati sui loro standard e per farlo serve sicuramente molto coraggio.

Le sue speranze per il 2011?Sono molto negativo per il 2011: i mercati stanno ripartendo ma la disoccupazione crescerà ancora, i consumi resteranno depressi e non avremo un mercato di sbocco immediato. Questo vuol dire che le imprese faranno ancora più fatica. Molte dovranno concen-trarsi sull’export su cui non esiste ancora nulla di coordinato; le aziende dovranno raddoppiare gli sforzi e si troveranno a compe-tere con economie più organizzate. |

“Dobbiamo convincerci del fatto che alzare l’asticella della mia qualità e della mia azienda possa dare un vantaggio a tutta la fi liera e non solo a me, andando oltre a una competitività estrema che spesso può danneggiare l’intero tessuto economico. Bisogna imparare a condividere il sapere, a rispettare le persone e le idee e a lavorare insieme”

ALBERTO PIANTONINato a Chiari, nel bresciano, il 6 aprile 1956, consegue la laurea in economia presso l’Uni-versità degli Studi di Modena nel 1982 e si spe-cializza negli Stati Uniti (New School for So-cial Research, New York; Berkley University, Berkley). Dopo alcune prime esperienze come analista presso Centro Studi Olivetti S.p.A. e la Databank S.p.A., nel 1986 entra quale direttore amministrazione e finanza nella Rondine Italia S.p.A., dove successivamente riveste la carica di direttore generale. Dal 1994, ha ricoperto la carica di Amministrazione Delegato o Ammi-nistratore Unico di tutte le principali società del gruppo facente capo alla famiglia Ranzoni. Dal 2006 è membro del Comitato Scientifico del P.I.Q. (Prodotto Interno Qualità) di Symbola Fondazione per le Qualità Italiane. Alpinista per passione, interpreta ogni sfida personale

e professionale come una vetta da raggiun-gere. In qualità di Amministratore Delegato del Gruppo Bialetti Industrie contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di eccellenza nei quali l’azienda crede. Da sempre interprete della filosofia aziendale che vede l’impegno so-ciale, il rispetto verso ogni interlocutore, la salvaguardia dell’ambiente e del territorio, gli aspetti fondamentali per la creazione del va-lore. Il 27 giugno 2007 è stato nominato project manager del Terzo Progetto di innovazione industriale sul Made in Italy patrocinato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Ricopre la carica di AD di Richard Ginori Spa dal Mar-zo 2008 al Dicembre 2009. Attualmente fa parte della giunta di Confindustria. Ricopre la cari-ca di Amministratore Delegato di Gruppo Siste-mi 2000 da giugno 2010.

www.grupposistemi2000.it www.symbola.net

Non basta avere grandi qualità: bisogna saperle amministrare. François de la Rochefoucauld

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Intervista con Marina Bonomi, da molti considerata la pioniera di Internet in Italia e responsabile di importanti innovazioni in Olivetti, Omnitel e oggi in Mimesi. La multicanalità e il digital marketing al centro di un cambiamento epocale

di Laura Di Teodorofotografi e di Vincenzo Lombardi

“L’innovazione passa dal WEB”

Cavalcare internet e la multicanalità per aumentare le potenzialità dell’azien-da. Una strada che imprenditori e manager sono obbligati a percorrere per non perdere il treno dell’innovazione e delle possibilità off erte da internet. Il tutto senza dimenticare il ruolo centrale giocato dal consumatore, diven-tato attore esperto, attivo, centrale e critico nella scelta di prodotti. Mari-na Bonomi, manager di successo, con una grande esperienza nel web e nel marketing, appassionata di multicanalità e nuove tecnologie, ci racconta le principali possibilità off erte dai nuovi device per le imprese. Dopo aver ma-turato esperienze in Lexicon Digital Media, Omnitel, Vodafone e Olivetti oggi Bonomi è responsabile di Mimesi, realtà del mercato del media mo-nitoring di Reed Business Information, content-company di informazione business to business.

Marina Bonomi, lei può essere considerata la pioniera di internet in Ita-lia grazie a una solida preparazione e all’esperienza prima in Olivetti e poi in Omnitel. Da dove nasce questa sua passione? È iniziata negli anni dell’Università quando decisi di iscrivermi a informatica perchè la consideravo la scienza del futuro. Il tema che maggiormente mi ap-passionò in quegli anni fu sicuramente quella degli ipertesti, il linguaggio a icone e quel modo di programmare più vicino al modo di pensare dell’uomo. Feci la mia tesi proprio sugli ipertesti costruendo una mappatura “interatti-va” di Milano in cui era possibile navigare da un contesto all’altro della città. Da allora è stato un crescendo di scoperte ed esperienze sempre nel campo della tecnologia. Dopo un Master alla Bocconi che mi ha permesso di col-mare le competenze di business administration, ho lavorato in Olivetti, in Italia Online, l’internet service provider del Gruppo Olivetti, con l’obiettivo di creare nuovi modelli di business. Ai tempi internet era agli albori, c’erano 700mila utenti collegate in rete e sulla nostra piattaforma si registrarono più di 10mila persone.

Poi è arrivata l’esperienza in Omnitel dove si è fatta portatrice di un’inno-vazione importante...Esatto. Sono entrata in Omnitel come direttore innovazione, con l’obiettivo di creare lo “start up” dei servizi innovativi del Gruppo. Questo signifi ca-va andare aldilà del “core business” rappresentato dal traffi co telefonico per creare nuovi servizi a valore aggiunto. Abbiamo fondato la società Omnitel 2000 nata per gestire l’accesso ad una off erta di oltre 150 diversi servizi al pubblico, fruibili da qualsiasi tipo di telefono dispositivo mobile, attraverso una piattaforma tecnologica che per la prima volta integrò riconoscimento vocale e ipertesto, così da rendere reale la convergenza tra telecomunica-zioni, Internet e mondo dei media. Quel tipo di processo di innovazione ha rappresentato anche una grande soddisfazione personale oltre che profes-sionale.

Il suo primo amore è stato quindi la multicanalità. Cosa si intende oggi per multicanalità?Molto spesso quando si parla di multicanalità, si pensa a prendere un de-terminato contenuto e a spararlo sul giornale, piuttosto che su internet, sul cellulare o sull’iPad. Così non è, perché di fatto ogni mezzo ha un suo modo di essere utilizzato e delle occasioni specifi che d’uso che fi niscono per in-fl uenzare lo stesso contenuto. Quando lavoravo in Omnitel, ero solita dire “il mobile, le applicazioni sul mobile, quindi il mobile internet non è l’internet Squeezed in to the phone (squeezed vuol dire spremuto), non è quindi inter-net spremuto nel telefono, ma qualcosa d’altro”. Ultimamente sono nate delle applicazioni bellissime che sfruttano tutte le potenzialità del cellulare che

Marina BonomiLaureata in Scienze dell’Informazione presso l’Università di Milano nel Luglio 1989, Marina Bonomi arriva nel gruppo Reed Business Informa-tion dopo 2 anni trascorsi in Lexicon Digital Me-dia nel ruolo di direttore marketing digitale. Docente di marketing digitale presso l’Universi-tà degli Studi di Milano, per tre anni direttore didattico del Master in televisione digitale in-terattiva dell’Ateneo milanese, Bonomi è stata fino al 2005 direttore del business mobile in-ternet and services presso Vodafone Italia, con incarichi di coordinamento internazionale del business mobile internet per le varie country del Gruppo. Sotto la sua guida la divisione mobile services di Vodafone Italia è diventata la “best practice” europea del gruppo. Prima ancora, Bonomi aveva svolto incarichi di-rigenziali in Omnitel dove era stata direttore innovazione e direttore marketing del portale Omnitel2000, e in Italia Online, internet service provider del Gruppo Olivetti dove era stata di-rettore divisione commercio elettronico.Membro, per conto di Vodafone e Olivetti, del consiglio direttivo dell’Osservatorio Internet (Università Bocconi) e del consiglio direttivo CommerceNet-Italy, Marina Bonomi è stata una delle pioniere di internet in Italia, gestendo lo start-up di varie società nel settore. Lecturer sui temi del marketing e dell’innovazione presso Atenei italiani e per convegni internazionali, ha conseguito nel dicembre 1993 il Master MBA in Business Administration presso la Scuola di direzione aziendale dell’Università Bocconi di Milano.

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tempo fa non erano neppure immagina-bili, per esempio Foursquare. Foursquare è un’applicazione mobile e web che per-mette agli utenti registrati di condividere la propria posizione con i propri contatti. A settembre 2010 è stata lanciata la ver-sione 2.0 che oltre a condividere la pro-pria posizione, aiuta gli utenti a scoprire nuovi luoghi e attività, per cui passando di fi anco a un determinato locale, ti appa-iono tutti i commenti degli utenti su quel locale. Si tratta di un’applicazione estre-mamente all’avanguardia perché combi-na le funzionalità della geolocalizzazione,

dei social media, dello user generated content e della mobilità. Se pensiamo all’iPad che oggi ha così tanto successo, possiamo immaginare di essere alla preistoria del suo utilizzo, ba-nalmente si prende il pdf di un giornale e lo si carica sull’iPad. Anche in questo campo però vale la regola che non è suffi -ciente prendere un giornale e “spremerlo” nell’iPad. Bisogna pensare alle potenzia-lità che questo strumento può esprimere. Da un quotidiano, per esempio, si posso-no creare diversi canali e sui diversi cana-li, diverse applicazioni: per esempio si può costruire un canale “politica” con chat e la possibilità di scambiarsi opinioni, tra per-sonaggi e/o tra lettori; si può costruire un canale “sport” dove rendere disponibili video, fi lmati e la multimedialità; si può impostare un canale cronaca dove inseri-re le notizie secche, di agenzia, etc.

Quanto e come è cambiato l’approccio del consumatore nei confronti delle aziende grazie ai social network? Stiamo assistendo a un cambiamento

Marina Bonomi,responsabile di importanti innovazioni in Olivetti, Omnitel e oggi in Mimesi

“Stiamo assistendo a un cambiamento epocale: se prima quello che le aziende dicevano nei siti uffi ciali, insieme a ciò che era scritto sui giornali, rappresentava l’unica fonte di attendibilità di una notizia, ora il singolo consumatore è in grado di condizionare direttamente le sorti di un’azienda come di un prodotto”

Lady Economy

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e indiretti; ogni giorno vengono digita-lizzati oltre 30mila articoli, e prodotte 200mila rassegne in un anno.Con il mio ingresso alla guida di Mimesi, ho impostato un processo di sviluppo del-la società, che passa attraverso la crea-zione di nuovi prodotti basati sui media digitali e nuovi modelli di business.

C’è un progetto che personalmente vorrebbe portare avanti?La cosa che più mi sta a cuore è quella di lavorare per far aumentare la consa-pevolezza dell’importanza di internet oggi, anche come strumento di demo-razia partecipativa.

In quali settori aziendali la multica-nalità può maggiormente servire? Sicuramente in tutti i settori. È un con-cetto molto trasversale. Personalmente penso che oggi come oggi possa gioca-re un ruolo determinante nella pubbli-ca amministrazione. L’importante, per tutti, è capire cosa fare e sviluppare un giusto modello di business. |

www.mimesi.com

Internet è la più grande arma di costruzione di massa che l’uomo abbia mai avuto a disposizione. Nicholas Negroponte

MimesiMimesi, nata nel 2001 in Ita-lia, ed entrata nel gruppo Reed Business Information nel 2007, opera nel settore dei servizi all’informazione, proponendo al mercato un innovativo servizio di realiz-zazione e fruizione della ras-segna stampa.Punto di forza di Mimesi è la capacità di fornire ai propri clienti una piattaforma tec-nologica studiata ad hoc, che consente di accedere alle informazioni in modo rapido semplice e preciso, attraver-so diversi canali di comuni-cazione (computer, palmare, posta elettronica, intranet); 7 giorni su 7, 24 ore su 24.Il processo produttivo di Mi-mesi si basa infatti sull’estra-zione completamente digi-tale di tutti gli articoli di giornale. Il sistema è basato su un software proprietario, che permette di garantire la massima efficacia nell’estra-zione e nel riconoscimento dei testi degli articoli e dei ritagli.

epocale: se prima quello che le aziende di-cevano nei siti uffi ciali, insieme a ciò che era scritto sui giornali, rappresentava l’uni-ca fonte di attendibilità di una notizia, ora il singolo consumatore è in grado di innescare un vortice che può portare al crollo in borsa dei titoli di un’azienda quotata. Mi riferisco a quello che è successo nel caso dell’auto ibrida più venduta al mondo, la Prius della Toyo-ta. Tutto è cominciato con qualcuno che su Internet ha fatto presente che aveva qualche problema col sistema frenante. Di lì è esploso un coro di voci, in gergo un buzz. Se l’azien-da avesse monitorato la rete, probabilmente avrebbe potuto intervenire tempestivamente sul prodotto, mentre non solo è stata costretta a ritirare circa 180.000 vetture solo in Gran Bretagna, ma ha anche assistito al crollo del titolo in Borsa (-6%). Stesso destino è tocca-to persino a Steve Jobs con l’iPhone 4: tutto è nato da un giudizio negativo di un consuma-tore su Internet. Ciò signifi ca che oggi, dopo quello che è successo con la Lehman Brothers 2 anni fa, diventa sempre più importante capire il senti-mento, quello che il consumatore dice riguar-do al tuo prodotto e non è più suffi ciente ave-re la versione uffi ciale della stampa o dei siti aziendali. E soltanto monitorando web, blog, social media e tutto ciò che è user generated content è possibile avere una percezione reale di un brand, un’azienda e un personaggio.

Verso quale direzione sta andando la multi-canalità? Come deve essere l’approccio ver-so queste continue innovazioni?Non bisogna avere paura dell’innovazione, l’innovazione è un dato di fatto, non la si può combattere, bisogna invece cavalcarla per au-mentare le proprie potenzialità: se prima po-tevi comunicare con un solo mezzo che era quello cartaceo, adesso puoi comunicare con diversi mezzi e seguire quindi il tuo cliente in tutti i momenti della giornata: da quando è sull’autobus, a quando è in pausa, ma sta

pranzando, a quando è in uffi cio, a quando la sera sta guardando la TV e contemporanea-mente legge l’iPad. Esistono già varie applica-zioni che permettono di visualizzare la posi-zione fi sica delle persone in modo da capire se possono essere contattati. Si pensi a Blip-Plus, sistema di geo-social networking per te-lefoni BlackBerry GPS-enabled che permette agli utenti di condividere la propria posizione con amici, familiari, colleghi. Misura anche la velocità e la direzione delle persone quan-do sono in viaggio. Con l’applicazione Goo-gle Latitude le persone possono condividere con altri la propria posizione su una mappa, e contemporaneamente contattarli per scam-biare messaggi di testo, Instant messaging, te-lefonate. Di fatto, il mondo sta andando verso questo nuovo tipo di relazioni che riproduce con la tecnologia la spontaneità di un rappor-to vis a vis. Dunque, con tutte queste possibi-lità e strumenti, non si cannibalizza la stam-pa, ma si moltiplicano le occasioni d’uso di un contenuto. Si dice che Steve Jobs abbia salvato l’industria musicale con l’iPod, probabilmen-te aiuterà anche l’editoria.

Come tutte queste tecnologie hanno cam-biato il sistema di advertising?L’advertising può solo crescere grazie all’utiliz-zo di tutti questi device che aiutano il cliente a misurare gli investimenti pubblicitari. L’unico svantaggio che può sorgere rispetto ai media tradizionali è una maggior frammentazione a cui si può far fronte grazie a un uffi cio marke-ting realmente effi ciente.

Il nuovo progetto che sta seguendo, Mime-si, si inserisce proprio nel concetto di mul-ticanalità e digital marketing perchè off re alle aziende una piattaforma tecnologica studiata ad hoc, che consente di accedere alle rispettive rassegne stampe, attraverso diversi canali di comunicazione. In cosa sente di portare il proprio valore aggiunto? Con Mimesi gestiamo 1.400 clienti, tra diretti

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www.sergroup.it

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Un edifi cio unico al mondo, in cui design,stile ed eccellenza raccontano un nuovo modo di celebrare il Tempo e le sue Forme. Apre il free-standing concept di SERAFINO CONSOLI dedicato all’alta gioielleria e all’alta orologeria.Siglati importanti accordi di partnership con prestigiose maison internazionalitesto di Mauro Milesi fotografi e di Marco Scarpa, Sara Fratus, Daniela Zanchi

Il TEMPO che scorre si ferma da

”CHRONOSPHERE”

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Dar vita a qualcosa che nessun’altro ha mai fatto prima è il sogno di ogni imprenditore. Non è soltanto una sfi da, ma la volontà di dare un con-tributo d’innovazione in un mondo che si appiattisce sempre più verso gli schemi. E questa idea gli schemi li ha rotti tutti. Perché Serafi no Con-soli, maison con oltre cinquant’anni di storia nel settore della gioielleria e dell’orologeria, ha creato qualcosa che prima non c’era e per defi nirla è stato perfi no necessario coniare un termine nuovo. Perché “Chronos-phere” non è un negozio, non è una galleria, non è uno show-room, ma tutte queste cose insieme e molto di più, a cominciare dalla struttura ar-chitettonica con un design unico al mondo. Una sorta di “free-standing concept”, un concetto a se stante, indipendente, che rivoluziona il

mondo dell’alta gioielleria e dell’alta orologeria a livello internazionale e che rilancia ancor più lo stile Made in Italy nel tempio dell’alto di gam-ma. Uno spazio architettonico in-novativo, dove prende vita un’idea completamente nuova nel settore del lusso e dedicata ai cultori di oro-logi e gioielli di tutto il mondo.

Cos’è “Chronosphere”E’ la “Forma del Tempo”. Uno spa-zio appositamente pensato per ospi-tare, raccontare e vivere il Tempo e le sue forme. Insomma, una vera e propria celebrazione del Tempo: quello delle persone chiamate a vivere un’esperienza unica; quello degli straordinari oggetti dell’arte orologiera e dell’alta gioielleria che sono presentati all’interno di que-sto concept; quello delle idee, attra-

Una particolarevisione del cilindrosospeso. Ideaarchitettonicapensatada Serafino Consolie intregratain “Chronosphere”

Idee rivoluzionarie

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Una dellesale espositiveal piano teereno

verso lo sviluppo di un’operazione culturale che getta le basi per una nuova fi losofi a del lusso. “Quello che conta – spiega Ivan Consoli, chairman di Serafi no Consoli - è la nostra voglia di dare forma al tempo insieme a coloro che lavorano ogni giorno con noi proprio per questo, puntando sull’eccellenza e sull’unicità. E dare forma al tempo signifi ca soprattutto dare valore alle persone. Non c’è tempo senza relazione, con i clienti, con i partner, con gli amici che ci sono stati vicini in questi anni”. Attraverso “Chronosphere” il visitato-re è chiamato a vivere una vera e propria “Experience” basata su più prospettive. Un viaggio fatto di architettura e design, di cultura orologiera, di piacere ed emozioni. Un percorso su più livelli per ri-scoprire il gusto di assaporare il tempo, per uscire dai banali schemi commerciali e dalle logiche del semplice rapporto d’acquisto.

L’architettura Questa struttura architettonica senza paragoni nasce dall’abi-le intuizione di trasformare elementi dell’alta orologeria in idee portanti dell’edifi cio. Così, dal connubio perfetto di elementi tipo, come i contatori sovrapposti del quadrante del “PanoMatic Chro-no” di Glashütte Original, il ponte del tourbillon di Girard Perre-gaux e il “Cilindro sospeso” ideato proprio da Serafi no Consoli, nasce questo edifi cio pensato per essere “free-standing”: unico, indipendente, inimitabile, identico solo a se stesso. La struttura è sviluppata su più livelli, ciascuno studiato per comunicare specifi -ci concetti e presentare al pubblico i vari brand collezionati all’in-terno di “Chronosphere”. Design innovativo, materie prime di grande pregio, attenzione al dettaglio e specifi che strumentazioni hi-tech fanno di questo free-standing concept uno spazio rivolu-zionario nel settore.

Le Partnership“Chronosphere” nasce anche da un preciso e articolato progetto di partnership che coinvolge importan-ti e prestigiosi mar-chi a livello inter-nazionale, chiamati direttamente in cau-sa per condividere questa sfida straor-dinaria. Sono prota-gonisti di “Chrono-sphere”: Antonini, B a c k e s & S t r a u s s , Barakà, Breitling, Chaumet, Corum, Cvstos, Demeglio, Ge-brüder Schaffrath, Girard Perregaux, Glashütte Original, Hera, Jaermann&Stübi, Jaquet Droz, Jean Richard, Mattioli, Mikimoto, Mimi, Montblanc, Noon, Palmiero, Parmigiani, Rado, Swarovski, Tag Heuer, Ulysse Nardin, Veinini, Vertu, Villeret, Zenith. A sottolineare il valore di queste part-nership è una delle realtà protagoniste: “Quando, qualche anno fa, Ivan Consoli mi ha raccontato l’idea alla base di questo progetto – ha spiegato Marco Del Carro, brand ma-nager per l’Italia di Glashütte Original – ho subito capito che mi trovavo di fronte a un’iniziativa unica nel suo ge-nere. Per questo, la nostra maison ha dato tutto il suo ap-poggio ed è orgogliosa di prendere parte a “Chronosphere”. Una partecipazione sottolineata ancor più dalla cessione in esclusiva per l’Italia a Serafino Consoli di uno dei nostri orologi più importanti, il PanoMatic Counter”.

il PanoMaticCounterin esclusivain Italiada Serafino Consoli

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“Quello che conta è la nostra voglia di dare forma al tempo insieme a coloro che lavorano ogni giorno con noi proprio per questo, puntando sull’eccellenza e sull’unicità. E dare forma al tempo signifi ca soprattutto dare valore alle persone. Non c’è tempo senza relazione, con i clienti, con i partner, con gli amici che ci sono stati vicini in questi anni”

Ivan ConsoliIvan Consoli, enfant prodige del mondo della gioielleria in Italia, è tra i pochi a vantare il diploma del GIA, “Gemologi-cal Institute of America” (conseguito nel 1992) e i diplomi di Maestro d’Arte Orafa e in Arte Applicata all’Istituto Benve-nuto Cellini di Valenza Po. Bergamasco, classe 1972, sposato e padre di un bimbo, è ora alla guida della Serafino Consoli e protagonista del progetto “Chronosphe-re”, da lui fortemente voluto.

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La passione di una famiglia per il tempoQuesta iniziativa è frutto di un progetto a lungo termine della famiglia Consoli, che ha iniziato il suo cammino nel mondo del-la gioielleria nel 1959 in provincia di Ber-gamo e che, da sempre, ha dimostrato la sua grande passione per il tempo. Un per-corso iniziato proprio da Serafi no Conso-li, uomo straordinario, concreto, operoso, che ha saputo insegnare e trasmettere alle generazioni successive questa infi nita pas-sione. Un percorso il cui esordio è davvero magico: “Alla fi ne degli Anni Cinquanta – racconta Serafi no Consoli – ho dovuto cercare un lavoro che potessi condivide-re con mio fratello che era poliomielitico e che non si poteva muovere. Così ci sia-mo dedicati alla riparazione degli orologi perché era un’attività che si poteva fare da seduti e che poteva svolgere anche mio fratello. E’ iniziata così, dalla forza di una diversa abilità che voleva trovare una sua espressione”. Sono passati più di cinquant’anni e oggi, continua, inscindi-bile, la storia di questa famiglia e di questa azienda pronta adesso a una nuova sfi da, grazie alla vision e al genio di Ivan Conso-li, che ha raccolto con rinnovata energia il testimone del padre Serafi no.

Un nuovo concetto di lussoSerafi no Consoli aff erma e celebra defi ni-tivamente con “Chronosphere” la propria fi losofi a basata su un nuovo concetto di lusso. “Sempre più spesso sentiamo par-lare di lusso – precisa Ivan Consoli - ma il vero lusso è la capacità di ciascuno di noi di scegliere consapevolmente. Il lusso non è il banale possesso di qualcosa che costa moltissimo, ma è il gusto di sceglie-re ciò che è davvero unico. Diciamo la ve-rità, con i soldi è facile acquistare orologi e gioielli da tutti conosciuti e riconosciu-ti, ma solo con la conoscenza e la cultura orologiera, con la passione del bello, ci si può avvicinare a oggetti davvero unici e straordinari. Non crediamo in chi ostenta per rassicurarsi e godere di un’accettazio-ne da parte degli altri. Questa è la stra-da delle mode, degli oggetti in cui molti si riconoscono, di un’identità che non è unicità, ma scimmiottamento di forme di stile superfi ciali e imposte dagli altri. Noi crediamo in coloro che amano il tempo e le sue forme d’alta gioielleria e arte oro-logiera per quello che rappresentano per sé stessi e basta. Niente canoni, niente schemi, ma scelte fuori dagli schemi che dimostrino una personalità compiuta. Scelte in cui credere, in un mondo che non le riconosce, scelte come quella di mio padre cinquant’anni fa”. |

A due passi dall’Europa“Chronosphere” sorge nel cuore della Lombardia, a Grumello del Monte, “Cit-tà del vino” in provincia di Bergamo. Qui, a ridosso delle dolci colline della Valcalepio e in prossimità della Francia-corta, la famiglia Consoli ha coltivato la propria azienda nel corso degli ultimi cinquant’anni e ha scelto di consolidare ancor più il proprio attaccamento con il territorio con questo nuovo progetto. Come molti di grandi marchi che portano il Made in Italy in tutto il mondo, Serafi-no Consoli è un patrimonio della provin-cia italiana, che fa grande questo Paese. Per questo, il visitatore è chiamato a scoprire non solo le meraviglie di que-sto concept innovativo, ma anche tutta la ricchezza di un territorio pronto a offrire paesaggi, cultura, storia e il pia-cere della buona tavola e del bere. Dal punto di vista viabilistico e infrastrut-turale, “Chronosphere” è perfettamente collegata con il resto d’Europa grazie alla vicinanza con l’aeroporto di Mila-no-Orio al Serio, al casello di Grumello del Monte dell’autostrada A4 e alla sta-zione ferroviaria.

in questeimmagini alcuniparticolaridegliambienti

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Testatina

B&G n.9 - Supplemento Le forme del tempo

www.serafinoconsoli.it

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“Non crediamo in chi ostenta per rassicurarsi e godere di un’accettazione da parte degli altri. Questa è la strada delle mode. Noi crediamo in coloro che amano il tempo e le sue forme d’alta gioielleria e arte orologiera per quello che rappresentano per sé stessi e basta. Niente canoni, niente schemi, ma scelte fuori dagli schemi che dimostrino una personalità compiuta”

L’eternità è un concetto simile all’attimo, non si coglie, non si misura e l’amore se ne serve nel periodo in cui dimentica il tempo; può essere un secondo, come può essere per un giorno, come per più anni, poi l’eternità dilegua. Antonio Beltramelli

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Portare innovazione nei processi di internazionalizzazione. Secondo quanto emerso dal seminario organizzato da Promos Monza e Brian-za, in collaborazione con il Comitato per la Promozione dell’Impren-ditoria Femminile di Monza e Brianza e Unioncamere Lombardia, sarebbe questo il ruolo delle donne nell’attuale contesto.In Italia sono 845.245 le imprese individuali con titolare donna (circa 1 impresa individuale su 4), e proprio le piccole imprese femminili hanno resistito meglio alla crisi rispetto a quelle maschili: dal 2008 ad oggi, infatti, le imprese individuali con titolare donna hanno re-gistrato una diminuzione dell’1,8 per cento, meglio del -2,5 per cento registrato dalle imprese maschili.

Ma ancora molto rimane da fare affinchè le donne possano realmente mettere in campo le risorse e le potenzialità di cui dispongono: solo il 13 per cento dei dirigenti italiani, infatti, è donna e la percentuale è destinata a scendere ulteriormente se analizziamo la composizione dei Cda, dove si arriva solo al 6 per cento. Ancora più allarmante è il dato riguardante il tasso di occupazione femminile, fermo al 46 per cento. Lo ha rivelato Rita Bonucchi, della Bonucchi & Associati, nel corso del seminario “Donne e internazionalizzazione” organizzato da Promos Monza e Brianza, in collaborazione con il Comitato per la Promozione dell’Imprenditoria Femminile di Monza e Brianza e Unioncamere Lombardia. In un contesto come quello attuale è emer-so che la figura della donna, così come testimoniano anche i dati relativi alla tenuta delle imprese femminili in questo periodo di crisi, può e deve giocare un ruolo fondamentale. Anche nel campo dell’in-ternazionalizzazione: “Le aziende italiane - ha spiegato Rita Bonucchi nel corso del seminario rivolto alle piccole e medie imprese del terri-torio impegnate nell’internazionalizzazione - oggi hanno bisogno di andare verso i mercati esteri con strumenti diversi rispetto a quelli del passato. Questo significa impegnarsi nella trasformazione di un processo di internazionalizzazione che è rimasto piuttosto fermo. Le donne in questo processo di cambiamento possono contribuire in modo significativo, soprattutto nel campo dell’internazionalizzazio-ne, in quanto hanno il vantaggio di avere dalla loro le competenze linguistiche, la f lessibilità e un diverso approccio tecnologico”. Le donne, dunque, secondo Rita Bonucchi, potrebbero quindi portare un valore aggiunto nell’ambito di questo processo: “Il ruolo delle donne - ha aggiunto - in questo contesto diventa quello di portare innovazione nei processi di internazionalizzazione”.

Internazionalizzazione:voglia di ROSA

Resta bassa la percentuale di donne ai vertici delle aziende italiane. In un

seminario organizzato da Promos Monza e Brianza emerge la necessità di valorizzare

l’imprenditoria in rosa nei processi di internazionalizzazione e cambiamento

Internazionalizzazione

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tano un’eccellenza, in quanto in questo periodo di crisi hanno dimostrato di saper curare la propria azienda e di essere in grado di affrontare in modo diverso dagli uomini le difficol-tà. Ecco perchè oggi è importantissimo investire nelle risorse umane, tenendo ben presente che la donna è un’opportunità. Dal canto nostro noi donne dovremmo imparare a fare squa-dra come sanno fare gli uomini, per iniziare davvero a giocare la partita che meritiamo”. Un esempio di “sinergia tutta in rosa” è quello offerto dal Comitato per l’imprenditoria fem-minile della Camera di Commercio di Monza e Brianza, com-posto da rappresentanti del Consiglio camerale, nonche da rappresentanti delle associazioni imprenditoriali di categoria presenti sul territorio e delle organizzazioni sindacali impe-gnate nelle promozione delle pari opportunità. Tra le attività principali del Comitato vi sono la proposta di suggerimenti nell’ambito della programmazione delle attività camerali, che riguardino lo sviluppo e la qualificazione della presenza delle donne nel mondo dell’imprenditoria, la promozione di inda-gini conoscitive sulla realtà imprenditoriale locale, anche con studi di settore, per individuare le opportunità di accesso e di promozione delle donne nel mondo del lavoro e dell’impren-ditoria in particolare e la promozione di iniziative per attivare un sistema di collaborazioni sinergiche con gli enti pubblici e privati che sul territorio svolgono attività di promozione e sostegno all’imprenditoria femminile in generale. |

www.promos-milano.comwww.mb.camcom.it

In Italia sono 845.245 le imprese individuali con titolare donna (circa 1 impresa individuale su 4), e proprio le piccole imprese femminili hanno resistito meglio alla crisi rispetto a quelle maschili: dal 2008 ad oggi, infatti, le imprese individuali con titolare donna hanno registrato una diminuzione del 1,8 per cento, meglio del -2,5 per cento registrato dalle imprese maschili

Un pensiero condiviso anche da Mina Pirovano, presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Monza e Brianza, la quale ha sottolineato il fatto che più imprese femminili nel nostro Paese possono contribuire a garantire uno sviluppo maggiormente equi-librato: “Molto ancora deve essere fatto affinchè le donne possano arrivare dove meritano di stare - ha commentato Pirovano -. L’importante ora è non mollare e agire in fret-ta. Credo che la parola chiave oggi come oggi sia proprio la velocità: il nostro territorio può contare su risorse importan-ti quali una grande volontà e creatività, che caratterizzano dal grande imprenditore al lavoratore più umile. Quello è sapere mettere a frutto queste qualità ora, senza aspettare troppo. Questo vale soprattutto per le donne, che rappresen-

Le donne sono venute in eccellenza di ciascun’arte ove hanno posto cura. Ludovico Ariosto

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60%50%

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the design process

Systematically, regularintervals throughout design

process

28%

49% 48%

16%

All OthersBest-in-Class

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modo che le aziende possano progettare in tempo ed a costi più bassi prodotti innovativi e di più elevata qualità. Aberdeen Group è uno dei principali attori americani che si occupa di eff ettuare ricerche sulle applicazioni delle nuove tecnologie. Uno dei loro recenti rapporti dal titolo “ Strategie di Risparmio per l’Ingegneria: Uso della Simulazione per Conseguire Migliori Decisioni” fa luce sulle best practice applicate dalle aziende vincenti che puntano, nello sviluppo dei loro prodotti, ad ottimizzare la terna tempo, costo e qualità. Secondo questo rapporto, le aziende più innovative sul mercato oggi utilizza-no soft ware di simulazione virtuale per analizzare e testare i loro nuovi pro-dotti. Come? Un esempio tra tutti: con gli strumenti virtuali e le capacità di calcolo oggi disponibili possiamo testare decine e decine di confi gurazioni diverse di prodotto, anche le più ardite ed innovative, senza aver costruito un singolo prototipo fi sico. I risultati di queste prime analisi ci indicano se e quali strade sono davvero percorribili e quindi consentono di focalizzare gli investi-menti sulle idee che hanno già possibilità di successo. Arriveremo al prototipo

Strategieper prodotti innovatividi sviluppo

Il processo d’innovazione spesso segue dei paradossi. Oggi è possibile affi darsi anche a strumenti di “simulazione tecnologica”

Il solito business non è più una opzione.Quando andiamo ad analizzare il modo in cui le aziende sviluppano nuovi prodotti, ci troviamo davanti ad una serie di para-dossi. Vediamone solo alcuni tra i più evi-denti. Innanzitutto i prodotti crescono di complessità: più versioni, più funzionalità, più sistemi che interagiscono, più integra-zione tra meccanica ed elettronica eppure la tendenza è quella di abbreviare il loro ci-clo di sviluppo e di contenere il più possi-bile gli investimenti. Ancora, continuiamo a sentire che oggi è necessario puntare il più possibile su prodotti innovativi, ma la maggior parte delle aziende preferiscono muoversi su terreni conosciuti perché non possono permettersi di investire in proget-ti che, essendo davvero “sperimentali”, non danno fi n dall’inizio suffi cienti garanzie di ritorno sull’investimento. Questo è vero anche per quelle società che invece inve-stono fortemente in ricerca e sviluppo. Per le grandi innovazioni, infatti, l’approccio tradizionale di creare numerosi prototipi fi sici e condurre lunghi cicli di prova per ogni progetto, non è fattibile. Richiede-rebbe enormi budget riducendo così i pro-fi tti, e lunghi cicli di sviluppo portando troppo tardi i prodotti sul mercato. Invece, si devono implementare processi nuovi in

Thierry Marchal, Industry Director, Ansys BeneluxPaolo Colombo, responsabile marketing, Ansys Italia

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Best practice

AnsysAnsys, che da 40 anni si occupa di si-mulazione virtuale, organizza semi-nari (uno è in agenda a maggio 2011) e corsi a partecipazione gratuita per conoscere le possibilità legate alle nuove tecnologie di simulazione. Per essere informati sul programma di eventi è possibile scrivere a [email protected] o iscriversi al gruppo linkedin ANSYS ITALIA.

fi sico quando ormai avremo messo a punto ed ottimizzato il prodotto, per un test fi nale. L’impiego delle tecni-che virtuali consente alle aziende che lo usano di essere più veloci dei con-correnti e di avere prodotti migliori perché si prevede il comportamento del prodotto stesso già nelle primissi-me fasi della progettazione, testando il sistema ad ogni step (per esempio, lavorando di giorno e lanciando le analisi durante la notte per vederne i risultati la mattina dopo). Ci si rende conto facilmente che in questo modo

sono possibili iterazioni velocissime che, giorno dopo giorno, supporta-no il progettista nel prendere deci-sioni informate su come proseguire lo sviluppo del prodotto per arrivare ad una ottimizzazione molto spinta. Oggi è possibile addirittura integrare simulazioni meccaniche, strutturali, fl uidodinamiche, elettromagnetiche: un vero e proprio prototipo virtuale che dimostra come interagiscono tra loro i diversi sistemi che costituisco-no il prodotto, e il prodotto stesso con l’ambiente.

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Analyze product behavior earlier

Implement a ‘get it right the first time’strategy

Promote collaboration betweenanalysis experts / design engineers

Evaluate more design iterations in theconcept / design stage

Define best practices for assessingproductbehavior

Reduce number of unique parts inproduct

70%56%

67%39%

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52%

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43%

49%36%

42%34% Best-in-Class

All Others

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www.ansys.com

Uso sistematico della simulazione tecnologicaMolte aziende usano già la simulazione durante la progettazione, ma quelle che hanno più successo si diff erenziano per l’uso sistematico che ne fanno durante la fase di pro-gettazione, applicando come standard il concetto dello Sviluppo del Prodotto in base alla Simulazione.Queste aziende integrano e impiegano la simulazione nel cuore dei loro processi, pro-muovendo interazioni tra gli analisti ed i progettisti intorno ad un prodotto sviluppato in un ambiente soft ware comune ed integrato.La previsione effi cace e precisa del comportamento dei nuovi prodotti richiede spesso di analizzare l’interazione della fi sica complessa e non lineare e comprende l’analisi strutturale, la dinamica dei fl uidi, il modello elettromagnetico, l’analisi delle solleci-tazioni, ed altri tipi di indagini. Inoltre, le interazioni tra le tante singole parti di un prodotto e anche tra il prodotto ed il suo ambiente richiedono un modello geometrico più comprensivo, una rete complessa ed un calcolo a elevata prestazione (HPC).Questo oggi è possibile ed è alla portata di tutte le aziende: i nuovi strumenti richiedo-no investimenti accessibili e hanno interfacce semplifi cate. Inoltre sono modulari, per adattarsi alle reali esigenze di un utilizzatore.

Utente e soft ware: le due componenti fondamentaliSebbene il concetto dello Sviluppo del Prodotto in Base alla Simulazione possa essere un traguardo ideale di processo per molte aziende, l’approccio non può essere imple-mentato con successo senza suffi ciente rifl essione, know-how e conoscenza per impo-stare ed impiegare le soluzioni tecnologiche avanzate richieste. Ci sono quindi due fat-tori essenziali per poter implementare effi cacemente questa strategia.Il primo è determinato dall’utilizzatore del soft ware. Come tutti i soft ware specialistici

richiede personale qualifi cato per sfrut-tarne al meglio le potenzialità, anche se la semplicità d’uso delle ultime releases con-sente davvero un approccio semplifi cato.Il secondo è il soft ware stesso. Oggi esisto-no diversi fornitori, dai più semplici ai più evoluti. E’ quindi importante sapere cosa si vuole ottenere, perché il rischio è di usare modelli troppo semplifi cati, le cui predi-zioni non risultano attendibili. La vera e propria prototipazione virtuale si può ot-tenere solo quando si ha a disposizione una piattaforma che può far interagire simula-tori avanzati e consente il passaggio auto-matico e veloce tra un simulatore e l’altro. I vantaggi sono colossali, fi no ad arrivare a risparmi di milioni di dollari su progetti complessi.

I leader di domani svilupperanno siste-maticamente dettagliati modelli virtualiNon vi è più alcun dubbio circa i potenziali benefi ci della simulazione, e chi rimane in-dietro si renderà subito conto dell’aspetto negativo del non adottarla: l’incapacità di mantenere una competitività innovativa. Il mondo delle competizioni, dove la tec-nologia è impiegata all’estremo, ce ne ha già dato prova con due casi emblematici: Alinghi, uno scafo svizzero che ha vinto la coppa america, e la scuderia di Formula 1 Red Bull che è arrivata alla conquista del campionato costruttori a pochi anni dalla sua nascita. I leader di domani sviluppe-ranno sistematicamente modelli virtuali dettagliati, utilizzando al meglio sia questi strumenti di simulazione per ottimizzare i risparmi sui costi, sia i nuovi progetti in-novativi che porteranno enormi vantaggi competitivi negli anni a venire. |

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Consorzio LOG-IN GROUPVia Modigliani, 45 - Centro Direz. “Il Quadrato” - 20090 Segrate (MI) Tel. +39 02 26950518 - Fax +39 02 26926766 www.logingroup.it - [email protected]

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La vera sfi da energetica del nostro tempo è la fornitura in qualità e quantità suffi -ciente per tutti gli abitanti della terra. I paradigmi di consumo del passato non possono più garantire un futuro soste-nibile ai nostri fi gli.Come si sta muovendo l’Italia? Innan-zitutto bisogna fare una distinzione ben precisa tra le azioni, gli investimenti e gli incentivi atti a migliorare l’effi cienza e quelli volti verso l’innovazione tecno-logica per la produzione di energia elet-trica. La via dell’incentivo resta quella giusta per proseguire il cammino sulla strada dell’effi cienza energetica negli edifi ci pubblici e privati.È quanto emerge dai risultati degli in-terventi riguardanti l’intera campagna di “detrazione fi scale 55%” giunta al terzo anno e che terminerà con la fi ne del 2010. Secondo un indagine del CRE-SME, il 47% del campione utilizzato tra gli utenti che hanno sfruttato l’incentivo di detrazione fi scale non avrebbe fatto l’intervento di effi centamento energeti-co se ci fosse stato solo l’incentivo del 36% sulle opere necessarie.Tra il 2007/2010 sono stati investiti circa 11.446 milioni di euro in interventi di effi centamento energetico e 6.446 milio-ni di euro di detrazione fi scale.Sono stati risparmiati circa 3.200 mi-lioni di euro sulla bolletta energetica, il gettito fi scale aggiunto è stato di 3.310 milioni di euro e l’incremento del reddi-to immobiliare è stato di 3.800 milioni

Il futuro dell’energia in Italia:

dove stiamo andando?I benefi ci dell’effi cienza energetica per la nostra economia

e per l’ambiente. Grazie agli investimenti degli ultimi tre anni sono stati risparmiati 3,2 milioni di euro sulla bolletta energetica

di Dario Fiorina, Energy Manager ABenergie Rinnovabili

di euro. Tutto questo senza contare i benefi ci in riduzione di CO2, sostegno alle aziende che operano nel settore produttivo, sostegno occupazionale, aumento delle tecnologie disponibili e soprattutto un benefi cio nel comfort dei fruitori. Questo sistema ha favori-to un’emersione dell’evasione fi scale e un recupero dell’Ires e dell’Irpef, ma ha anche evidenziato una risposta di-somogenea sul territorio: al Nord sono stati realizzati la maggior parte degli investimenti, grazie anche ad una po-litica locale più attenta all’effi cienza energetica, specialmente in Lombar-dia. Gli interventi più frequenti sono stati quelli di sostituzione degli infi ssi, seguiti dalla sostituzione di caldaie e installazione di impianti solari termici; ultimi ma non perché meno importan-ti, ma perché più invasivi, le opere di coibentazione degli edifi ci.Alla luce delle nuove tecnologie sareb-be indispensabile un aggiornamento dell’incentivo all’uso dei pannelli so-lari termici e soprattutto occorrerebbe incentivare l’introduzione delle caldaie a condensazione per sostituire un par-co caldaie ormai obsoleto.Tra le osservazioni atte alla miglioria dell’attuale forma incentivante vi è la necessità di snellire l’iter burocratico e di diminuire l’onerosità dei requisiti tecnici per accedere agli incentivi.Nella distribuzione dell’energia elettri-ca la vera sfi da sarà distribuirne local-

mente la produzione; questo eviterà le perdite di rete che il trasporto compor-ta, che in Italia è stimata al 10,8 % per gli utenti in BT e 5,4 % per gli utenti in MT. Il distributore quindi si sta trovan-do di fronte a una trasformazione della propria rete per essere in grado di gesti-re sia i fl ussi di energia prodotta dalle grandi centrali (termoelettriche, idroe-lettriche etc), sia quelli da produzione di media e piccola entità da fonti rinnova-bili (fotovoltaico, eolico, termico, etc.). Di conseguenza non sarà più suffi ciente avere un controllo della produzione a carattere nazionale ma sarà necessa-rio, anche a livello locale, monitorare, gestire ed integrare la distribuzione di energia prodotta in bassa e in media tensione proveniente da fonti rinnova-bili. Se addirittura fossimo obbligati ad auto produrre energia nelle nostre case e aziende, saremmo sicuramente più at-tenti ai nostri consumi.Quali nuove tecnologie si stanno aff er-mando per affi dabilità e convenienza ne-gli ultimi anni nelle fonti rinnovabili?I dati di investimento su scala mondiale negli ultimi 3 anni hanno superato le più rosee aspettative: le fonti rinnova-bili sono uscite dalla nicchia e rappre-sentano un settore in forte evoluzione tecnologica e anche a livello europeo le scelte fatte verso le fonti rinnovabili sono irreversibili.Il fotovoltaico è in evoluzione, nuove tecnologie che impegnano minor spa-

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“Secondo un indagine del CRESME, il 47% del campione utilizzato tra gli utenti che hanno sfruttato l’incentivo di detrazione fi scale non avrebbe fatto l’intervento di effi centamento energetico se ci fosse stato solo l’incentivo del 36% sulle opere necessarie.Tra il 2007/2010 sono stati investiti circa 11.446 milioni di euro in interventi di effi centamento energetico e 6.446 milioni di euro di detrazione fi scale”

www.abenergie.it

B&G n.10 pag. 74L’uso razionale dell’energia B&G n.12 pag. 70Impianti di energie fotovoltaicauna scelta etica e razionale B&G n.13 pag. 80Il mercato liberto dell’energia elettrica B&G n.14 pag. 70Impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile B&g n. 15 pag 78Applicazione di interventi di efficienza energetica

zio stanno prendendo piede e le applicazioni attraverso sistemi architettonici fanno ormai parte della nuova con-cezione del “costruire”. La tecnologia che sarà sicuramente protagonista nei prossimi anni prende il nome di “CSP” o solare a concentrazione, che avviene con la conversione dell’energia solare in energia termica ad alta temperatura attraverso la concentrazione della radiazione solare. Per creare energia termica a temperatura medio elevata i raggi solari vengono concentrati verso un punto focale utiliz-zando delle superfi ci rifl ettenti (specchi o alluminio), che seguono l’andamento del sole (tracker). Nel punto focale si trova un tubo assorbitore, all’interno del quale scorre un fl uido termovettore, che ha tra le proprie caratteristiche quella di essere in grado di trattenere calore e che può es-sere immagazzinato e utilizzato in un secondo momento. Questa caratteristica non è presente nelle altre fonti rinno-vabili attraverso il fl uido termovettore il calore viene poi convertito in energia termica e energia elettrica.Contro mercato e con una falsa ideologia di risparmio, il Governo italiano si sta muovendo sempre di più verso l’installazione di alcune centrali nucleari, ma bisogna fare qualche considerazione a riguardo. Il nucleare ancora oggi è osteggiato più di ”pancia” che di “testa” e tuttora non esiste un programma trasparente di lavori e di costruzione del consenso. Ad oggi non si è ancora trovato chi si accol-lerà il rischio di fi nanziatore dei progetti, e la questione sta diventando sempre più di ambito politico che del settore energetico. La scelta nucleare non riguarda solo la costru-zione di un impianto, ma di una fi liera che va dall’arric-chimento dell’uranio alla gestione a lungo termine delle scorie. Un sistema estremamente complesso che richiede un grande controllo e coordinamento: ne saremo capaci? Non esistono fonti buone e fonti cattive, tutto sta nell’orga-nizzazione del settore e nelle prospettive di sostenibilità di un lungo periodo. Una centrale nucleare oggi è sicura, ma cosa può succedere prima e dopo? Il punto non è Chernob-yl, ma la storia di BNFL e Sellafi eld, dove il disastro eco-logico è avvenuto nel trasporto delle scorie radioattive e non nella lavorazione. Concentrarsi sulla costruzione del-le centrali ignorando tutto ciò di cui c’è bisogno a monte, è di un’ingenuità disarmante. In conclusione non possiamo non tener conto che le Fonti Rinnovabili rappresentano oggi l’ambito di investimento primario del settore ener-getico mondiale. Nucleare e Rinnovabili sono due modelli culturali e sociali diversi, verso i quali sarebbe auspicabile una scelta basata su criteri chiari e giustifi cati. |

Energie rinnovabili

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Business&Gentlemen dicembre 2010 - febbraio 2011

Il valore aggiunto della consulenza aziendale per aumentare la competitività e l’effi cienza operativa dell’azienda. Come aiutare le imprese a capire la direzione da prendere

testo di Massimo Appiotti

La crisi,

In un momento come questo dove parecchie realtà aziendali stanno fortemente risen-tendo di una crisi economica e di mercato importante, e che sembra essere passata solo a parole, ci siamo posti questa domanda:La consulenza aziendale può veramente aiutare le imprese ad aff rontare me-glio a superare questa diffi cile situazione ed essere quindi un vero partner per le aziende o è forse meglio in questo momento di tagli ai costi cominciare proprio da quelli per i consulenti?E’ chiaro che non ci possa in eff etti essere una risposta univoca, ma questa provocazione può essere di spunto per meglio ca-pire quale dovrebbe essere il ruolo della consulenza e la tipologia che meglio si adatta a un momento di crisi.Prima però di parlare dei consulenti, che dovreb-bero essere un mezzo, chiediamoci quale debba essere l’obiettivo, ponendoci una semplice domanda: quali sono i fattori che posso-no aiutare la mia azienda nel conte-sto attuale?In linea generale vi sono due grandi temi che possono aiutare ad aumentare la competitività e il valore sosteni-

un grande stimoloe i modelli di consulenza

al cambiamento

che possono aiutare a superarla

78

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Testatina

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Oltre la crisi

bile di un’impresa: l’effi cienza operativa, ossia la capacità di ottimizzare il business model esistente migliorando l’effi cienza e l’effi cacia di un’or-ganizzazione (dalle vendite agli acquisti, dalla produzione alle risorse umane, e da cui in generale si riesce a ottenere migliori mar-gini, e a migliorare il cash fl ow anche con orizzonti temporali di breve perio-do) e la capacità di trovare e mettere in pratica idee innovative, non solo a livello di prodotto o ser-vizio, ma anche di modello di business o

“L’obiettivo in tempo di crisi è quello di

creare valore sostenibile,

ossia di mettere

in pratica soluzioni effi cienti, innovative e orientate al cliente, e che producano risultati economici subito senza per altro ipotecare la competitività futura e che perdurino nel tempo”

della rete di partner aziendali per off ri-re servizi nuovi o più completi ai clienti.

Normalmente la parte legata all’innovativi-tà ha orizzonti temporali leggermente più lun-

ghi dell’effi cienza operativa, ma in genere ritorni decisamente più interessanti. In entrambi i casi però

stiamo parlando di creare valore sostenibile grazie alla capacità di mettere in discussione quello che facciamo e abbia-mo fatto tutti i giorni e che, mentre ci ha garantito il successo in passato, potrebbe non essere più suffi ciente per il futuro. La cri-si quindi rende più che mai necessaria la capacità di un’azienda di migliorare e di conseguenza di essere capace di ripensare in maniera più o meno approfondita il suo modo di fare business e di lavorare. La crisi, se vogliamo vederla in modo positivo, è in eff etti un enorme stimolo al cambiamento e come diceva quel-la formidabile leader che era Caterina la Grande (1729-1796): “Quando soffi a il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”. Voi quali vorreste essere? Parten-do dal presupposto che tutti preferiamo stare nella squadra dei mulini a vento, in modo da guadagnare dalla crisi piuttosto che perderci, dovremmo quindi essere tutti d’accordo di quanto sia

assolutamente fondamen-tale essere capaci non solo

di cambiare, ma anche di sa-per gestire il cambiamento. Cambiare infatti

non è per niente una cosa facile. Prima di tutto perchè bisogna capire bene qual è la direzione giusta da prendere

e secondo perchè, anche una volta convinti che la direzione sia assolutamente giusta e necessaria, il cambiamento por-

ta sempre con sé, a tutti i livelli aziendali, insicurezza, sconforto e paura per qualcosa che non si conosce

così bene come il passato. Se siamo d’accordo con questi due assiomi fondamentali, e cioè che in tempo di crisi cambiare è assolutamente neces-

sario, ma anche particolarmente diffi cile, credo che concorderemo con il fatto che un aiuto esterno,

per esempio dei consulenti aziendali possa essere utile su entrambi i fattori: aiutare a capire la direzione da prendere e aiutarci a gestire la transizione fi no al raggiungimento del ri-

sultato. Il che però non vuol dire che tutti i consulenti e i modelli di consulenza vadano bene! Quali sono allora

i modelli da ricercare e quelli da evitare? Prima di tutto abbiamo detto che l’obiettivo in

tempo di crisi è quello di creare va-lore sostenibile ossia di mettere

in pratica soluzioni effi -cienti, innovative

e orientate al cliente, e

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che producano risultati economici subito senza per altro ipotecare la competitività futura e che perdurino nel tempo. Non è sicuramente il momento di prendere con-sulenti che come output fi nale ci propon-gano la “migliore strategia possibile” o “il miglior sistema informatico possibile”, ma piuttosto la “migliore strategia fattibile” e “il miglior sistema informatico fattibi-le”. La diff erenza fra Fattibile e Possibile è enorme: mentre il secondo è normal-mente un’analisi semplicemente orientata all’output in valore assoluto e non prende in considerazione le risorse aziendali ne-cessarie per attuarlo (dove per risorse non intendiamo solo il numero di teste, ma in senso più lato le loro capacità, la leader-ship aziendale e, perchè no, la capacità aziendale di investire e gestire il cambia-mento), il secondo applica un trade-off , un compromesso, fra ciò che sarebbe l’ottimo irrealizzabile e un buono realizzabile nei tempi e con le capacità esistenti in azien-da. In poche parole soprattutto di questi tempi non bisogna farsi ammaliare dai grandi cambiamenti strategici (seppure spesso necessari), ma bisogna focalizzarsi piuttosto su quali siano le fasi per arrivar-ci, non disperdendo risorse in progetti a lunghissimo termine che assorbirebbero troppe risorse senza avere un pay-off di breve (mai capitato di ricevere da consu-lenti meravigliose idee riguardo alle stra-

tegie aziendali che poi sono rimaste in un cassetto?) Diventa inoltre importante capire che oltre alla fattibilità bisogna con-centrarsi sulla sostenibilità delle soluzioni e del valore creato dal cambiamento. La sostenibilità è fondamentalmente funzio-ne della capacità dell’azienda di gestire al suo interno il cambiamento; come diceva quel grande guru del cambiamento che era Jerry Sternin (inventore della positive deviance) “change is a door that you can only open from inside”, il cambiamento è una porta che si può aprire solo dall’inter-no (mai capitato di progetti gestiti in toto da consulenti che hanno portato a cam-biamenti tanto interessanti quanto veloci a sparire con la sparizione dei consulenti stessi?). Il che vuol dire che volenti o no-lenti non si possono dare completamente in outsourcing alla consulenza né l’idea-zione né l’implementazione delle attività che ci porteranno una migliore competi-tività. In breve quindi anche per i consu-lenti non è più neanche tempo di soluzoni meravigliose che però il cliente da solo non può e non riesce a mettere in pratica o che appena essi spariscono evaporano come ghiaccio al sole. E’ necessario che i consulenti non si sostituiscano al cliente, ma lo aiutino a utilizzare le risorse interne per gestire il cambiamento. E’ vero quindi che una consulenza che produce risultati sostenibili nel tempo, con il cliente e non

al posto suo, è però fondamentalmente diversa da quella più in voga in passato, perchè non può permettersi di fare leva su un esercito di junior messi a fare number crunching o a chiedere a manager naviga-ti lumi sul loro mestiere. Deve essere una consulenza di senior, fatta da gente che ne ha viste tante in azienda e che ora può veramente aiutare chi sta dall’altra parte perchè sa benissimo quali siano i “veri” problemi e che soprattutto sia disposto a rimanere con il cliente fi no al momento in cui si realizzano i benefi ci attesi. Questo ovviamente dal punto di vista del consu-lente potrebbe sembrare molto più com-plesso e fondamentalmente meno reddi-tizio, ma così è solo in parte. Bisogna in fondo anche educare chi la consulenza la compra a non guardare solo i prezzi a gior-nata delle risorse, come se si comprassero viti e bulloni, ma molto più in profondità quali sono le caratteristiche vincenti di un progetto di consulenza, come le abbiamo discusse prima. La consulenza può fare molto per aiutare le aziende a uscire dalla crisi e a uscirne senza grandi bagni di san-gue, ma è anche vero che la prima cosa che deve fare è sicuramente quella di rimettere un po’ in discussione alcuni suoi modelli operativi. |

www.valeocon.com

Business&Gentlemen ottobre - novembre 2010

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“VENDERE” alienare beni o servizi ricevendo prezzo di denaro o altro. Ogni bene e servizio deve essere alienato, pena la scom-parsa dell’Azienda per mancanza delle risorse minime necessarie alla sopravvivenza.Possono essere venduti direttamente da chi li produce, oppure avvalendosi di fi gure professionali autonome.Fra le macro-fi gure rientrano i venditori, ma come dovrebbero organizzare e gestire l’attività per aff rontare le sfi de del nuovo millennio?

Strategies & defi nition 1. Il venditore è al tempo stesso l’elemento ope-rativo dell’area commerciale di un’Azienda ed il consulente agli acquisti dei Clienti e potenziali. Questa è la diff erenza fra il venditore professioni-sta e quello estemporaneo. Venditore non ci si può im-provvisare; dopo aver scelto volontariamente, aver espletato tutte le pratiche burocratiche, selezionato l’Azienda con cui collaborare e formalizzato il rappor-to, viene la fase dell’organizzare e gestire l’attività. Dopo tanto parlare è arrivato il momento di agire, non ci si può più perdere in parole: si devono mettere in campo le proprie competenze (acquisite con la formazione eroga-ta dall’Azienda o in proprio frequentando corsi, studiando, leggendo), abilità distintive per cercare di raggiungere o su-perare gli obbiettivi aziendali, propri e dei Clienti. In questa fase si è soli, per quanto il venditore possa avere ini-zialmente il supporto dell’azienda e di consulenti esterni, e or-ganizzare e gestire l’attività è una delle sue mansioni principali.E’ il venditore che deve sapere come, dove, quando, quanto e perché; in qualità di venditore professionista autonomo deve organizzare e gestire l’attività come se fosse un’azienda (la diff erenza è soprattutto per le dimensioni). Deve esse-re conscio che come imprenditore di se stesso rischia del

proprio e, se non raggiunge gli obbiettivi, dovrà appendere al chiodo gli strumenti della sua attività e dedicarsi ad al-tro (venendogli a mancare le risorse minime necessarie per continuare l’attività). Pertanto se organizza e gestisce l’attivi-tà ineffi cientemente e ineffi cacemente, per quanto possa es-sere un superman, i risultati (raggiungimento degli obbiet-tivi) non arriveranno o saranno solo parziali. Il venditore deve organizzare e gestire con metodo sistemico, non fare tentativi che sottraggono tempo alla sua risorsa principa-le. Il tempo è tiranno, l’orologio corre, le ore passano non aspettano e se il venditore non sa organizzare e gestire la sua attività ne sprecherà in quantità industriali (ore che si aggiungono a quelle che perderà per le ineffi cienze del si-stema economico in cui opera). Ma da dove deve iniziare?

Sales plan 2. Il piano delle vendite è lo strumento strategico/operativo (a seconda della realtà in cui si opera) da cui partire per organizzare e gestire l’attività, defi nisce gli obiettivi, risul-tati attesi e le risorse da allocare. Di solito le strategie sono defi nite dall’azienda, il venditore è il braccio operativo.Recentemente le aziende illuminate si sono accorte quanto il venditore professionista sia fondamentale per il persegui-mento ed il raggiungimento degli obiettivi/risultati. Essen-do l’interfaccia (soprattutto nelle Pmi) principale d’interpo-sizione con i mercati target, è opportuno che sia coinvolto fi n dall’inizio nella defi nizione e stesura del piano delle ven-dite. Anche se tutte le persone all’interno dell’organizzazio-ne possono interagire con i mercati target, di solito avviene solo per la parte riguardante la mansione e non svolgono tutte le attività dei venditori professionisti. L’imprenditore e il management possono interfacciarsi con i Key account principali trascurando tutti gli altri, defi nire contratti ma poi devono demandare ad altre persone l’esecuzione degli

nelle venditeAumentarel’effi cienza e l’effi cacia

Da venditore che doveva esclusivamente raccogliere ordini a gestore della relazione e conoscenza. Come cambia la fi gura del venditore. Le nuove strategie e i piani da mettere in atto

Testo di Alberto Claudio TremoladaMetatech Group – Consigliere e responsabile G.a.m. Componentistica in Adaci sez. Lombardia/Liguria (Ass. It. di Management degli Approvvigionamenti)

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stessi, l’assistenza ecc. Il front offi ce interno all’azienda può dare assistenza ai Clienti e po-tenziali, ma poi deve demandare la conclusione dei contratti ai ven-ditori professionisti. Come è facile comprendere il venditore professio-nista è l’unica fi gura che con tutti i Clienti e potenziali (mercati target):

Si interfaccia• Cerca di soddisfare i loro biso-• gni/desideriTrova le soluzioni• Conclude le vendite • Li assiste • Li delizia (anche per loro biso-• gni/desideri tangibili non riguar-danti i prodotti/servizi trattati)

Raccoglie informazioni e dati • del sistema mercato proprio (dei Clienti e potenziali, dei concor-renti, ecc. in una parola di tutti gli stakeholders)Monitora i cambiamenti in corso• Implementa i giusti correttivi •

A questo punto comprendete che per avere un quadro di riferimen-to generale, per poter elaborare un piano di vendite, bisogna che il ven-ditore professionista sia coinvolto fi n dall’inizio.Cosa dovrebbe con-tenere un piano delle vendite? Più in dettaglio dovrebbe contenere: Valutazione dello scenario ambientale attuale e previsto, ovvero la situazione attuale e prevedibile del proprio siste-

ma mercato e dei mercati target: Cre-scita (ci sono possibilità di aumentare il business), Saturazione (consolidare il business), Declino (concentrazio-ne su altri prodotti/servizi, mercati o uscita).Bisogna inoltre valutare anche altri fattori infl uenzanti (possibilità di entrata di nuovi competitors, di prodotti/servizi sostitutivi, di nuove leggi e normative vincolanti, cam-biamento dei gusti ecc.). Il piano delle vendite non è solo la defi nizione degli obiettivi, risultati attesi nelle vendite e allocazione delle risorse ma neanche un’analisi e va-lutazione di marketing. Soprattutto nelle Pmi le risorse da allocare al marketing sono limitate (potremmo disquisire su come sia

Lean Sales Manager Organization

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un errore), pertanto il perdere tempo nel porre vincoli/limiti (anche se la spe-cializzazione è importante come fattore abilitante competitivo) non porta l’azien-da più vicina ai mercati target. E’ meglio semplifi care, anche se i puristi storcono il naso e si può pensare che si confonda marketing e vendite (non è così). Sul-la base dello scenario ambientale si passa a defi nire i mercati target.

Mercati target L’azienda con cui collabora il venditore di solito defi nisce quali siano i mercati target sulla base dei prodotti/servizi che ha deciso di vendere. Per esempio se i prodotti e servizi hanno come target i dentisti (bisturi, mole e fresine) valutare di proporli ai ta-xisti (se non come arma di difesa) non genera vendite.Valutare anche se ci sono pos-sibilità anche in altri mercati (per esempio i bisturi, mole e fresine potrebbero essere proposti ai negozi di modellismo). E’ fondamentale che ci si concentri solo sui mercati target ovvero quelli che utilizzano o vendono a loro volta i prodotti/servizi dell’azien-da. Diversamente non si generano vendite o, se le si genera, sono una tantum (magari perché il taxista è spinto da compassione o per metterli in salotto come gadget). Ma come un’azienda e il venditore possono individuare quali sono i mercati target?I modi sono diversi:

Utilizzando la lista dei Clienti e potenziali dell’azienda divisi per mercati • Facendo ricerche (partendo dai mercati target dell’azienda) in internet (utiliz-• zando i motori di ricerca come Yahoo, Google, Altavista, Virgilio ecc.), sulle pagine gialle, sui cataloghi, visitando fi ere

Informandosi presso i fornitori • dell’azienda (che se disposti a passare informazioni, comuni-cheranno quali sono i mercati forniti dai concorrenti)

Questa è una fase critica a cui de-dicare inizialmente buona parte del tempo a disposizione. Una volta rac-colte le informazioni e i dati quan-titativi (quali mercati, quanti sono i Clienti e potenziali, la loro ubicazio-ne geografi ca, le dimensioni del bu-siness ovvero quanto hanno acqui-stato l’anno passato e quello in corso ecc.) il venditore deve organizzare le informazioni e i dati quantitativi in un database (per esempio utilizzan-do un foglio elettronico come excel di Microsoft o similare se dispone di budget limitati da destinare all’i.c.t.).Prezzi Defi nire quali sono i prezzi giusti

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(costi per i Clienti/potenziali come aff ermato da Philip Kotler) è fondamentale. Prezzi errati (bassi o alti) pos-sono incidere signifi cativamente sul fatturato e sui pro-fi tti dell’azienda e del venditore. Per determinare quale sia il prezzo giusto, bisogna coinvolgere anche altre persone facenti parte dell’organizzazione (della produ-zione, dell’amministrazione ecc.) per richiedere i dati quantitativi (costi di produzione, costi di amministra-zione per un dato prodotto/servizio). Devono tenere in conto degli scenari ambientali ( per esempio un prezzo basso in un mercato target che è disponibile a pagarlo più alto, comporta contrazione del fatturato e dei pro-fi tti, oltre a strategie competitive dei concorrenti di clonazione ). Non sarebbe mansione del venditore pro-fessionista defi nire i prezzi, ma con il suo apporto può concorrere ad una formulazione più esatta, conside-rato che nella formulazione si deve tenere conto anche

dei costi commerciali di competenza (fra questi il co-sto della remunerazione del venditore professionista).

Canali di vendita E’ chiaro che i venditori professionisti (come fi no-ra scritto) sono il canale principale. Può essere deci-so di utilizzare anche altri canali (rivenditori, inter-net ecc.), in alternativa ai venditori professionisti. E’ opportuno valutare quali benefi ci e costi comporti (i rivenditori sono meno controllabili, con costi com-merciali maggiori ecc.). Altresì le aziende dovranno essere strutturate per poter gestire la multicanalità.

Obiettivi/risultati attesi Sono quelli che hanno più attinenza alle strategie azien-dali. Devono essere tangibili, misurabili e calati sulla realtà aziendale e del proprio sistema mercato. Se, per esempio, un mercato target vede la presenza di 100 azien-de (con fatturato totale di € 100 milioni annui), 2 con-correnti del settore proprio che hanno un market share del 70%, una situazione declinante, la propria azienda ha prezzi superiori (a parità di valore propositivo) ecc.; porre come obiettivo e risultato atteso in un anno un fatturato di 40 milioni annui non è chiaro, reale, perse-guibile e misurabile oggettivamente (pur defi nendo tut-ti i driver principali che possono concorrere, come già scritto ci possono essere fattori infl uenzanti non previsti che possono costituire un driver una tantum). Uno stru-mento utilizzato è il budget delle vendite ovvero quanto si prevede di realizzare in termini di fatturato/profi tti.

Strategie di vendita Possono essere le più diverse, complementari, un mix ( fare leva sui prezzi, sulla qualità, sul servi-zio ecc. ). Devono tenere conto però di quanto scrit-to sopra. Solitamente compete alle aziende defi nir-le in collaborazione con i venditori professionisti.

Allocazione delle risorse Se il canale principale sono i venditori professionisti è molto facile per l’azienda valutare le risorse da allo-care. I compensi sono certi, di solito il venditore auto-nomo professionista lavora a provvigioni, o un mix di compenso fi sso e percentuale; l’azienda sa a priori che nel prezzo di vendita una parte è il compenso. Altre-sì non è facile per il venditore determinare esattamen-te come allocare le risorse (tempo e capitali funzionali all’attività); un metodo da utilizzarsi verrà trattato più avanti. Non esiste un modello di piano vendite valido per tutte le aziende, ognuna dovrà redarlo in collabo-razione con i venditori secondo la propria realtà (e ri-sorse disponibili) e del sistema mercato di riferimento.

Considerazioni 3. L’evoluzione dei mercati ha comportato anche per il venditore l’adattamento ai nuovi scenari ambien-tali, pena la scomparsa (pur rimanendo la sua fun-zione fondamentale d’interposizione con gli ac-quirenti). Da venditore che doveva esclusivamente raccogliere ordini a gestore della relazione e conoscenza. Solo così vi è motivo sia per i produttori, sia per gli ac-quirenti di avvalersi dell’interposizione in tempi moder-ni della fi gura del venditore; il venditore deve erogare sì un servizio ma questo deve avere un added value (valore aggiunto, non risparmiabile con l’instaurazione di un rapporto diretto fra produttori e acquirenti) che giusti-fi chi pagare il suo maggior prezzo agli altri agenti. Nel nuovo millennio una delle minacce, ma anche un’oppor-tunità per valorizzarsi, sono internet e in particolare i social media. Internet abbatte i limiti dello spazio (terra) e del tempo, due delle risorse in economia, e consente di poter entrare in contatto diretto con gli acquirenti in tutto il mondo.Ma allora si può prevedere la sparizio-ne in futuro della fi gura del venditore? No se acquisirà maggior importanza come uno dei fattori abilitanti per il successo sul mercato di un produttore. Spariranno solo quelli che sono rimasti ancorati ai vecchi paradigmi clas-sici del venditore (raccoglitore d’ordini), sostituiti dal nuovo medium tecnologico. Il giusto mix fra old e new è per il venditore del nuovo millennio la frontiera per la sua sopravvivenza, soprattutto se saprà implementare sistemi nuovi. |

B&G n.10 pag. 72Supply chain involvement partnership B&G n.13 pag. 78Supply lean marketing B&G n.14 pag. 80Marketing d’acquisto e fidelizzazione supply chain partner B&G n.15 pag. 84Innovare lo stakeholders management per aumentare le vendite

Il venditore deve erogare sì un servizio ma questo deve avere un added value. Il giusto mix fra old e new è per il venditore del nuovo millennio la frontiera per la sua sopravvivenza, soprattutto se saprà implementare sistemi nuovi

Lean Sales Manager Organization

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Le scandalose vicende che, nel corso di quest’ultimo decennio, hanno turbato il mondo del business, suscitando l’incredulità e lo sdegno dell’opinione pubblica, testimoniano come l’alli-neamento dei comportamenti messi in atto dall’operatore eco-nomico ai valori primari della correttezza, della trasparenza e della responsabilità costituisca l’elemento principale su cui la società fonda il proprio giudizio di apprezzamento, attribuen-do di conseguenza un determinato tipo di reputazione. Una buona reputazione, infatti, non si costruisce sbrigativamente mediante una mera enunciazione altisonante di ottimi intenti nella dichiarazione d’identità e vision aziendale, bensì postula piuttosto l’eff ettiva coerenza della quotidiana operatività del business a tali elevati driver valoriali, proclamati nella carta istituzionale della cultura organizzativa. Basti pensare alla ben nota vicenda BP: da un sondaggio eff ettuato di recente tra gli operai della piattaforma Deepwater emerge come, già da molto tempo, si nutrissero non pochi dubbi sulla reale sicurez-za della struttura. Qualora simili carenze fossero state appura-te si sarebbe manifestata una palese contradditorietà tra l’ef-fettiva gestione del business e il sistema valoriale da essa enunciato, caratterizzato da una particolare enfasi sugli obiet-tivi di tutela dell’ambiente mediante la garanzia di un rigoroso sistema di controlli e la promozione delle fonti di energia rin-novabile. Il contrasto tra fatti e parole è stato percepito subito da Greenpeace, che ha provocatoriamente indetto la campa-gna “Behind the logo”, invitando i cyberattivisti a partecipare ad un virtuale rebrand al vetriolo della compagnia petrolifera, scegliendo un nuovo simbolo più consono al suo dirty busi-ness di quello attualmente in uso, che è dato da una rappresen-tazione stilizzata dell’elio, colorata nelle sfumature evocativa-mente ecologiste del verde. Incongruenze e disallineamenti tra azioni concrete e teoriche dichiarazioni d’intenti nuoccio-no in primis gravemente all’immagine di breve periodo dell’azienda che ne risulta affl itta e, qualora questa non prov-veda ad eliminarli o ricalibrarli in modo adeguato e con pron-tezza, essi ne erodono via via anche il capitale reputazionale, frutto di un lento, paziente e laborioso processo di accredita-mento nella fi ducia dei vari portatori d’interessi. Il caso BP evidenzia in modo particolarmente pregnante questa singola-re peculiarità della complessa questione reputazionale, for-nendoci una chiara dimostrazione di come la reputa-zione sia una risorsa contraddistinta da un payoff fortemente asimmetrico. Infatti, se la costru-zione di una pregevole reputazione postu-la un lungo e graduale processo di con-solidamento dell’organizzazione

presso i diversi stakeholder, il patrimonio di confi dence così faticosamente accumulato risulta invece suscettibile di una brusca reversione in tempi molto celeri, qualora venga ad essere pregiudicato dal verifi carsi di fatti gravi o, comunque, aventi notevole risonanza mediatica, specie se questi abbiano ad og-getto beni o valori che la società reputa di importanza vitale. Per-tanto, occorre che l’impresa ab-bia cura di predisporre adeguate strategie volte non solo a pro-muovere la crescita del proprio capitale reputazionale, ma an-che a preservare il credito di fi ducia che nel tempo essa ha saputo conquistare. Per far ciò è inoltre importante tenere presente che il giudizio, me-diante cui la società attribuisce una data reputazione ad un ope-ratore economico, viene ad essere connotato da una forte com-ponente emotiva di tipo collettivo, in quanto la v a -

Etica e reputazione sono diventati temi centrali nella gestione di un’impresa. Correttezza, trasparenza e assunzione di responsabilità diventano i valori portanti su cui nessun imprenditore può prescindere

di Elisabetta Casarin

Come costruire e preservarereputazione

dell’azienda

una buona

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lutazione formulata dal singolo individuo risulta inevitabilmente condizionata dalle opinioni altrui. Da sempre, infatti, il fenomeno dell’hearsay e la catena del passaparola sono in grado di produrre eff etti dirompenti in termini di amplifi cazione esponenziale dell’al-larmismo sociale. Questa singolare caratteristica risulta più accen-tuata nell’attuale era del cosiddetto web 2.0., ove i nuovi fronti di opinione formati dagli internauti, riuniti in forum community, blog, social network e newsgroup, detengono una forza di pressione po-tenzialmente bastevole a delegittimare un operatore e a decretarne l’estromissione dal mercato. In proposito, la catastrofe ambientale del Golfo del Messico ci off re una testimonianza esemplare, qualora ci soff ermiamo a rifl ettere sugli ingenti danni che il fi nto account twitter BPGlobalPR è riuscito ad infl iggere mediaticamente al colos-so petrolifero. L’enorme seguito che, in brevissimo tempo, il twitter farsa ha conquistato funge, peraltro, da eloquente indicatore dello status reputazionale di cui gode BP presso l’opinione pubblica: il fat-to che non pochi navigatori abbiano creduto veritiere anche aff er-mazioni iperbolicamente surreali nel loro palese tenore satirico, ha

messo impietosamente a nudo la scarsa considerazione che la società già aveva della compagnia petrolifera.

Stante la natura complessa del fenomeno reputa-zionale e l’importanza strategica che il possesso di tale asset riveste oggigiorno per l’impresa

quale discriminante plus competitivo, è opportu-no cercare di interrogarsi in ordine a come sia

possibile costruire e preservare una buona reputa-zione. Il consiglio, solo apparentemente semplice

ma piuttosto diffi cile da attuare con perseveranza e coerenza nella quotidiana prassi aziendale, è di pro-

muovere presso le imprese un sistema di valori ispirato ai principi cardine della correttezza (da intendersi sia come aderenza alle pre-scrizioni normative che come rispetto delle regole generali e non scritte di onesto comportamento cui dovrebbe uniformarsi ogni operatore economico), della trasparenza e dell’assunzione di respon-sabilità in ordine alle risoluzioni adottate. Tali valori devono costi-tuire le linee guida che sovrintendono sia le decisioni spettanti agli organi di governo societario, nella formulazione delle scelte di indi-rizzo e strategiche, che le azioni del management, nella concreta ge-stione aziendale. Non sarà tuttavia suffi ciente il recepimento forma-le di questi principi nel codice etico e negli standard aziendali, ma occorrerà che la loro eff ettiva ed effi cace implementazione nell’im-presa sia dimostrata dalla coerenza con essi nella quotidiana opera-tività dell’organizzazione. Oltre ad una gestione aziendale concreta-mente e costantemente ispirata a valori etici, l’accumulo di capitale reputazionale postula quindi anche l’impianto di un sistema comu-nicazionale volto ad attenuare, per quanto possibile, tale divario sus-sistente tra azienda e portatori d’interessi, garantendo idonei fl ussi informativi suscettibili di comprensione e controllo anche da parte di non tecnici, improntati, pertanto, ai valori della tempestività, del-la chiarezza, della completezza, dell’affi dabilità e della continuità. Ricordiamo come l’opacità, la reticenza e la tendenza alla manipola-zione delle informazioni non dispongono certo il pubblico a conce-dere la propria fi ducia all’organizzazione che ne sia giudicata re-sponsabile, inducendo piuttosto un approccio connotato da diffi denza e prevenzione e una lettura dei fatti spesso distorta e di-storsiva. Un esempio di un’accorta e lungimirante gestione dell’emer-genza reputazionale ci viene fornita dal caso Toyota e dal coming

out del presidente Akio Toyoda, il quale, a nome dell’impresa, ha pubblicamente assunto la responsabilità in ordine ai

difetti rinvenuti in alcuni mo-delli di auto, ammettendo

come questi siano imputabili ad

un sov-ver-

“In conclusione, possiamo aff ermare che, per stare e restare nel mondo degli aff ari di oggi e domani, il possesso di un solido ed elevato attivo reputazionale gioca sempre più un ruolo di primaria importanza. Ciò implica che etica ed economia dovranno progressivamente acquisire una valenza pressoché sinonimica per le imprese e che i principi di correttezza, disclosure ed accountability dovranno essere inseriti come voci prioritarie nell’agenda di corporate governance”

timento intervenuto inconsapevolmente nel tradizio-nale ordine di priorità della casa produttrice nipponica, ove al primo posto è sinora sempre stata posta la sicurezza degli utenti, valore guida che di re-cente è stato sacrifi cato agli obiettivi di ingrandimen-to del business. Il presidente si è impegnato a far sì che la produzione rientri nel percorso tracciato dai consueti driver valoriali di tutela del consumatore, avendo cura di vigilare affi nché un simile pericoloso deragliamento non si verifi chi in futuro. Una tale di-chiarazione ha senz’altro contribuito strategicamente a contenere gli inevitabili danni che il fatto ha arreca-to all’immagine di breve periodo di Toyota, impe-dendo che questi si ripercuotessero sull’elevato capi-tale reputazionale accumulato. In conclusione, possiamo aff ermare che, per stare e restare nel mon-do degli aff ari di oggi e domani, il possesso di un so-lido ed elevato attivo reputazionale gioca sempre più un ruolo di primaria importanza. Ciò implica che etica ed economia dovranno progressivamente ac-quisire una valenza pressoché sinonimica per le im-prese e che i principi di correttezza, disclosure ed ac-countability dovranno essere inseriti come voci prioritarie nell’agenda di corporate governance: sem-bra ormai giunta al tramonto l’epoca in cui etica e reputazione costituivano temi marginali ordinaria-mente tralasciati e rinviati, tutt’al più, ad una decisio-ne per emergenza. Non soltanto è auspicabile, ma anche necessario che a tali valori l’impresa si rivolga costantemente, assumendoli a driver primari tanto nel delineare le politiche strategiche quanto nell’adot-tare le concrete decisioni aff erenti la gestione del bu-siness. |

Etica aziendale

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Il modo migliore per gestire i collaboratori. Ecco alcune considerazioni utili per fare crescere la propria azienda puntando anche sulle risorse umane

Testo di Vincenzo Caporaso, Consulente Organizzativo per Umania

buonistaImpresa,

la buona non è

etica

Perché mai un imprenditore crea e sviluppa un’azienda? E’ solo questione di soldi e potere? Di valutazioni circa aumento di profi tto e riduzione dei co-sti? Noi crediamo di no. Quelli bravi sono coloro che credono con passione in un’idea; i migliori sono coloro che aggiungono alle idee ed alla passione, le competenze e l’attenzione costante al miglioramento. Ma quelli che hanno veramente successo sono coloro che, oltre a tutto questo, sono fermamente convinti che nulla sarebbe realizzabile al meglio senza le persone giuste. Il vero problema è che non si possono semplicemente “comprare” sul mercato. Qualunque imprenditore sa che le persone diffi cilmente restano le stesse per sempre; cambiano idee, interessi, motivazioni e aspirazioni. Le parole chia-ve che i formatori continuano a proporre e ripetere (leadership, membership, motivazione, appartenenza, team building, ecc.) assumono il signifi cato che l’imprenditore, in prima persona, vorrà dargli: quello che penso, il modo in cui penso, infl uenza quello che faccio e dico; e pure il modo in cui lo faccio e lo dico. Non può essere altrimenti. Perché qualunque imprenditore è prima di tutto una persona. Ed in quello che fa, c’è tutto il suo personale ed unico modo di pensarsi in relazione ad altri. Dove “altri”, in queste poche righe, vuole dire “dipendenti e/o collaboratori”, quindi, nel modo in cui approccia le proprie risorse umane c’è la propria idea del mondo, la propria idea dell’essere umano. Se penso che occorra star “con il fi ato sul collo” per far lavorare i miei collaboratori, allora tenderò a strutturare sistemi di controllo più o meno so-fi sticati per far si che “non mi sfugga nulla”. Se penso che per ottenere buoni risultati sia necessario applicare la massima “dividi et impera”, allora tenderò a gestire le risorse sulla base di rapporti privilegiati: alleanze con le persone più sensibili alla “vicinanza al padrone”. Ma, c’è sempre un ma. Se l’obiettivo imprenditoriale è generare profi tto, l’imprenditore non si può accontentare di modalità che possono funzionare solo nel breve-medio periodo. Far crescere la propria azienda, vuol dire far crescere le persone che vi lavorano. Le aziende non fi oriscono per “sommatività” (assumo più persone = produco più pezzi); le aziende crescono per “reciprocità”. Parole quali impegno, cooperazione, fi -ducia, rispetto, responsabilità, se non trovano una corrispondenza di recipro-ca declinazione tra imprenditore e dipendente, smettono di essere “valori che moltiplicano il valore”, e fi niscono per diventare parole vuote, scritte sotto la voce vision.Alberto Galgano: “Le risorse umane non hanno limiti, hanno capacità im-mense. Gli uomini possono fare grandi cose se:

sono trattati come esseri umani intelligenti,• non sono mai in una posizione dove la loro dignità può essere compromessa,• sono sempre trattati con rispetto,• è loro consentito di coinvolgersi nel raggiungimento degli obiettivi • dell’azienda,

sono ben addestrati,• è loro consentito di dare un contributo • signifi cativo al lavoro che svolgono,hanno fi ducia che il successo che han-• no contribuito ad ottenere si ripercuo-ta positivamente su loro stessi.”

Qualunque intervento sulle proprie risorse umane dovrebbe tener presenti queste “set-te semplici regole”. Se provate a rileggerle, troverete non solo un elenco di buoni con-sigli, di quelli “facili a dirsi, ma poi a farsi è un altro paio di maniche”, ma anche una possibile lista di nuovi modi di pensare alle proprie risorse umane. Qual è l’idea di per-sona che c’è dietro a quei sette punti? Dal nostro punto di vista c’è la convinzione che le persone hanno voglia di stare bene, che si tratti di casa propria o del proprio lavoro. E che faranno di tutto per stare bene e, conse-guentemente, si opporranno come possono se questo serve a farli stare, se non meglio, almeno meno peggio. Ma questo non è an-che il desiderio dell’imprenditore? O cono-scete imprenditori che fanno di tutto per stare male?L’imprenditore scettico, ma interessato alla crescita, si chiederà: “ammesso che tutto ciò possa essere aff ascinante o, sem-plicemente, etico, come cambiare le teste dei miei dipendenti?” E qui noi ripartia-mo dalle domande iniziali. Che idea avete voi dei vostri dipendenti? L’immaginario che avete è ancora utile al vostro business? Siete sicuri che con un’idea diversa non po-treste stare meglio di così? Noi ci occupia-mo proprio di questo: facciamo domande per aprire nuove possibilità; domande alle quali spesso non c’è una sola risposta vera, ma la vostra risposta possibile in quel mo-mento. Tutto questo vi sembra impossibile? Faticoso? Inutile? Allora, continuate così, non cambiate.

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Forse, avete ancora bisogno di credere che con-trollare è meglio di motivare, che manipolare è meglio che coinvolgere e che tutto questo sia molto più semplice che cominciare a ri-racconta-re in un modo diverso la vostra storia di impren-ditori. Ma (ed ecco, nuovamente, l’immancabile ma) ognuno di noi, in quanto essere umano, sa che non è così. “Nessuno vi lascerà avvicinare abbastanza da farsi “toccare” se non rispetta quello che fate e quello che siete. (…) Assu-metevi la responsabilità più grande: rendere il mondo un posto migliore per tutti, creare autostima, ricchezza, prosperità, lavoro e possibilità di scelta. La qualità è la misura in cui superate le aspettative. La qualità è solo una questio-ne di standard. In parole povere: ponetevi standard elevati e poi superateli. Raggiungete, superate, ri-petete.” (Kevin Roberts). Se volete raggiungere il profi t-to non concentratevi sul pro-fi tto. Pensate a come potete essere persone migliori. Que-sto vi farà lavorare con persone migliori. Il profi tto verrà da sé. Garantito! |

www.umania.it

Risorse umane

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Un piccolo viaggio alla scoperta della ritualità del fumo lento. Dal piacere al culto: fi losofi a di uno stile ed esperienza sensorialea cura di Enrico Della PietàBrand manager Davidoff perInternational Tobacco Agency

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Cigar world

il fumo nuoce gravemente alla salute

L’arte di degustareGesti, dettagli, emozioni

il sigaro

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Degustare un sigaro è come un viaggio. Un viaggio fatto di riti, di gesti, di ritmo. Una vera e propria arte che si rispecchia in un marchio come Davidoff che da sempre è sinonimo di culto del fumo lento e che promuove in tutto il mondo un approccio di stile e di cultura nel campo del sigaro. Qui non si tratta di celebrare il fumo (ricordiamo ai lettori che nuo-ce gravemente alla salute) si tratta di sottolineare la ritualità e la fi losofi a che c’è dietro a ogni gesto per dar vita a attimi intensi, dedicati al piacere. “Gu-stare un sigaro è una questione di cultura di vita, di ‘savoir-vivre’”, soleva dire Zino Davidoff , “bon vivant” votato a piacere e uomo d’aff ari di successo che nel 1946 creò la sua celebre “Linea Chàteau”: si-gari ai quali diede il nome di alcuni dei più ricercati “Grands Crus” del Bordelais. E chi più di lui poteva sapere cosa vuol dire degustare un sigaro. Il suo lei-tmotiv era “L’amatore di sigari non fuma, assapora, perchè ogni boccata deve essere un’esperienza di ricercato piacere per i nostri sensi. Fumate meno, ma meglio e con maggior consapevolezza, fatene un culto, una fi losofi a!”. La virtù quasi dimentica-ta dell’ozio si cela già dietro al lungo e complicato processo di fabbricazione del sigaro. Per fumare un Davidoff , dunque, prendetevi tutto il tempo che vi serve, ricordando che degustare un prodotto di questo tipo deve essere in primo luogo un piacere, un culto, una vera e propria fi losofi a, come ci ha insegnato il fondatore di Davidoff .

Una fi losofi a che, però, non può prescindere da al-cuni elementi che ne fanno un vero e proprio rito: primo tra tutti il taglio netto e preciso del sigaro, per poi passare all’accensione, passo fondamentale verso una degustazione perfetta. Per alcuni formati il taglio può essere circolare; altri, ad esempio for-mati “Figurado”, richiedono un taglio diritto della testa mediante un paio di forbici per sigari o un ta-gliasigari bilama. Non trascurate neppure la scelta del diametro dell’apertura praticata: il tiraggio e la temperatura del fumo si possono così regolare a piacere. Eccoci ora al momento dell’accensione che è oltremodo importante venga fatta seguendo facili ma fondamentali principi: quando avete tra le mani il vostro amato sigaro non dimenticate che la fi am-ma deve essere inodore, per non pregiudicarne il raffi nato aroma. Il sigaro, inoltre, non andrebbe ac-cesso né troppo velocemente né troppo lentamente,

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“L’amatore di sigari non fuma, assapora, perchè ogni boccata deve essere un’esperienza di ricercato piacere per i nostri sensi. Fumate meno, ma meglio e con maggior consapevolezza, fatene un culto, una fi losofi a!”

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bensì con tutta la calma necessaria. Il modo migliore per accenderlo è quello di usare una fi amma piccola, tenerne l’estremità spuntata sopra la fi amma ad una distanza di circa un centimetro e farlo ruotare fi no a quando non si accende uniformemente. Solo a quel punto potrete avvicinare il si-garo alle labbra e gustare la prima boccata, iniziando il viaggio della degustazione.

Per aiutarvi in questa splendida esperienza Davidoff off re un assortimento di accesso-ri-lusso unici nel loro genere: dall’umidifi -catore, alle pregiate ghigliottine, ai round cutter fi no ai posacenere, per permettere a tutti gli amanti del “fumo lento” di ave-re sempre a portata di mano gli accessori migliori. Ma torniamo alla degustazione: dopo avere gustato alcune boccate vorrete magari esaminare la cenere che, essendo il sigaro costituito solo da foglie di tabacco intere, è compatta e rimane a lungo. Fuma-te senza fretta e, dopo aver degustato il vo-stro sigaro, ricordatevi di non schiacciarlo: posatelo nel posacenere, lasciando che la fi amma si spenga naturalmente. E’ la fi ne del viaggio.

In attesa, ovviamente, di una nuova appas-sionante avventura. |

Davidoff in Italia sta sempre più puntando sullo sviluppo di una strategia di marketing che ha portato negli ultimi mesi a organiz-zare un vero e proprio roadshow su e giù per la Penisola. Diversi sono stati gli eventi organizzati in esclusiva per la presentazione della nuova linea Puro d’Oro di Davidoff, immessa sul mercato a dieci anni dalla serie Davidoff Millennium Blend ed esattamente 20 anni dopo l’avvio della produzione di si-gari Davidoff provenienti dalla Repubblica

Dominicana. La nuova linea è stata protagonista di alcune serate esclusive ospitate a settembre in cornici d’eccezione come il San Domenico Palace Hotel di Taormina, in occasione del fine set-timana Luxury of Taste e il ristorante Casa Mia di Vercelli, dove è stato possibile gustare i sigari Davidoff e altre eccellenze. Al-tri eventi sono stati organizzati nelle scorse settimane a Firenze all’interno de Le Figaro Club e a Monza, nell’ambito del consueto appuntamento con il 100vini Nord-Italia, manifestazione giunta alla sua sesta edizione e organizzata presso l’Autodromo nazio-nale. L’assaggio del “Puro d’oro”, in abbinamento ad autentiche “chicche” tra cui lo champagne Bollinger, un esclusivo Calvados e un rum prodotto nelle isole Fiji, è stato proposto anche a no-vembre in occasione del WineFestival di Merano. Ma il tour di Davidoff non si ferma qui: nel 2011 l’esclusivo roadshow prose-guirà con nuove tappe che daranno l’opportunità di scoprire l’ultimo nato di casa, il “Puro d’oro”, sigaro realizzato totalmente con tabacco dominicano, la cui foglia di copertura è stata origi-nata dopo anni di incroci. |

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www.davidoff.comwww.itagency.it

Nella vita bisogna accontentarsi soltanto del meglio.Zino Davidoff

il fumo nuoce gravemente alla salute

Cigar world

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I fi sherman tra mito e storia

Dalla Florida, la leggendadel fenomeno dei fi sherman attraverso i modelli e le evoluzioni proposte dai grandi produttoricol passare del tempo

a cura di Roberto Magri

Trattando delle imbarcazioni da diporto non si può fare a meno di esaminare quel fenomeno, tutto americano, rappresentato dal “fi sherman” che nasce sulla east coast degli Stati Uniti d’Ameri-ca, in Florida, dove, sin dai primi del ‘900, molti facoltosi ameri-cani venivano a svernare preferendo il caldo sole delle Everglades ai rigidi inverni del New England.La pescosità delle acque della Florida e delle vicine Bahamas fa-vorirono la diff usione della pesca sportiva dalla barca e presto i cantieri si resero conto che era necessario costruire barche speci-fi che. Vennero quindi realizzate imbarcazioni intorno ai 40 pie-di, con poppa a specchio, carene tonde semidislocanti. Famoso esempio ne è il Pilar di Hemigway, reso celebre dal suo romanzo ”Il vecchio e il mare”. Nacquero in quegli anni gli accessori per la pesca quali i “divergenti”, sorta di lunghe aste indispensabili per tenere le lenze montate sulle canne più esterne lontane dalla carena così da poter utilizzare più canne contemporaneamente, e ancora i primi “fl ybridge” ed i primordiali “tuna tower”. Dopo la forzata pausa dovuta alla seconda guerra mondiale vi fu una rapida e vigorosa crescita di questo mercato e, sia nel New Jersey che in Florida, numerosi cantieri convertirono la loro pro-duzione in tali barche e tanti altri ne nacquero. In fl orida nacque Merritt e Rybovich, in New Jersey C.P. Leek cominciò a costruire i primi fi sherman e in breve la pesca sportiva dalla barca assunse dimensioni inaspettate e le gesta degli anglers fecero rapidamen-te il giro del mondo creando fi gure leggendarie. In questo perio-do si costruirono i più bei fi sherman e si defi nirono i connotati che rendono unico questo tipo di barca: prua alta e imponente, masconi svasati per rendere la navigazione asciutta, cavallino si-nuoso e degradante verso poppa che si chiude con un basso spec-chio poppiero per facilitare l’imbarco delle prede, sovrastruttura minimalista e caratterizzata dalle linee di contorno del fl y e dei vetri, coperta di prua piatta e sgombera, manovrabilità massi-ma anche a marcia indietro per agevolare il combattimento con

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Nautica Story

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Ocean 58 super sport

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i grossi rostrati. Perfetto esempio di questa tipologia è il Merritt 37, una magnifi ca barca costruita fra gli anni ’50 e ’60, caratterizzata da linee che oggi defi niremmo senza tempo, sulla quale compare il tuna tower in for-ma moderna. Sulle linee di questa barca si defi nì la tipologia di fi sherman che in New Jersey venne chiamato “convertible”.Uno dei primi cantieri che si specializzeranno nella produzione di fi sher-man fu Egg Harbor, fondato nel 1946 ad opera di John Leek e Russel Post, il primo, fi glio di C.P. Leek, famoso costruttore del New Jersey e discen-dente della più antica famiglia di costruttori di barche d’America, ovvero la dinastia dei Leek, che tutt’ora producono barche ininterrottamente dal 1722 e sullo stesso appezzamento di terreno comprato dagli antenati gal-lesi al loro sbarco in America. Sempre in questi anni apparve sulla scena un altro grande nome desti-nato a divenire sinonimo di fi sherman, Richard “Dick” Bertram che, nel 1960, fondò la famosa Bertram di Miami. Il primo modello fu ispirato alla barca con cui vinse la famosa regata motonautica Miami-Nassau, il “Lu-cky Moppie” di appena 31 piedi. Da quella carena nacque nel 1961 il “31 sportifsh” destinato a diventare un oggetto di culto e rimasto in produzio-ne per quasi 25 anni. Bertram intuì che il futuro era nella produzione in vetroresina e per primo cominciò a costruire fi sherman con questo nuovo materiale. Il 31 segnò un’epoca. Infatti, grazie ad una perfetta industria-lizzazione del prodotto, in pochi anni se ne poterono costruire migliaia e non vi è angolo del pianeta in cui non se ne possa ammirare uno. Negli

anni ’60 altri cantieri si dedicarono alla produzione di fi sherman, chi in modo artigianale come Viking, Post, Egg Harbor, tutti del New Jersey e chi in modo più industriale come Hatteras o Pacemaker e alla fi ne de-gli anni ’60 sia Bertram che Hatteras presentavano una estesa gamma di prodotti. Nei primi anni ’70 tutti i cantieri avevano in catalogo numerosi modelli che arrivavano a superare i 50 piedi. Già nel 1969 Hatteras aveva presentato il 53 convertible, all’epoca considerato un gigante e motoriz-zato con i più grandi motori allora disponibili ovvero i GM 12V71, che consentivano una velocità di crociera di 20 nodi, commercialmente allora suffi ciente. Bertram sfornava modelli in continuazione e dopo il 31, nelle varie versioni, fu la volta del 38 convertible e poi del 46. Di entrambi i modelli ne furono fabbricati più di 500 esemplari.Ma gli altri costruttori non stettero a guardare, Viking, nel 73, per com-petere con il successo del Bertram 38, presentò il 40 sedan, con caratteri-stiche analoghe ma con un sapore più artigianale.Per quanto riguarda la tecnica costruttiva, Egg Harbor scelse invece una strada inconsueta, scafo in vetroresina e sovrastrutture in legno, per con-servare il fascino delle barche costruite artigianalmente e negli anni 70 vennero prodotte diverse barche dalla linea sicuramente bella ed equi-librata, in puro New Jersey style, però la caratteristica di essere metà in legno e metà in vetroresina anziché un pregio si rivelò un difetto e nono-stante le ottime premesse non ebbe successo. Nel 1977 La famiglia Leek riunì le migliori maestranze dei marchi Egg Harbor e Pacemaker fi no ad all’ora da loro controllati e fondarono la Ocean Yachts. Forti della espe-rienza fatta con i loro precedenti marchi e trovandosi al termine di una profonda recessione con ampie prospettive di crescita, presentarono il primo modello, lo chiamarono 40 Super sport a sottolineare le presta-zioni estreme che questa barca poteva off rire. Infatti la ricercata carena

L’imbarcazione “fi sherman” nasce sulla east coast degli Stati Uniti d’America, in Florida, dove, sin dai primi del ‘900 molti facoltosi americani venivano a svernare preferendo il caldo sole delle Everglades ai rigidi inverni del New England

in questa pagina dall’alto:Merritt 37 Bertram 46 Hatteras 53 Bertram 38 Ocean 55

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disegnata da David Martin spinta da una coppia di 6-71 da 410 Hp era in grado di infrangere il muro dei 30 nodi, velocità che all’epoca era considerata elevatissima e che non era mai stata raggiunta da fi sherman di serie. Nel 1980 Ocean Yacht presentò il 42 ss, evoluzione del precedente 40, ancora migliorato e fu di nuovo un successo. Un anno dopo fu presentato il 55 ss che, come aff ermato all’epoca, combinava le due chia-vi del successo: “Speed and Beauty”.Un capitolo a parte meriterebbe la tratta-zione dell’evoluzione delle barche fra i 25 e i 35 piedi, iniziata con i piccoli leggendari Bertram nelle loro innumerevoli versioni, per giungere alla fi ne degli anni ’70 all’in-gresso sul mercato di un nuovo tipo di fi -sherman: l’open, chiamato anche express.In questa tipologia, la barca probabilmente più venduta, e quindi di maggior succes-so, fu il Trojan 10 meter Express. Nel 1981, anno della sua presentazione, destò stupo-re e fu criticato per via della sua eccessiva larghezza e per uno stile troppo “europeo” ma, grazie alle buone doti marine della sua carena “Delta Conic” si fece apprezzare dal pubblico. Molti furono i suoi pregi, non ul-tima la sua grande abitabilità. Durante gli anni ’80 il benessere economico aumentò notevolmente, la recessione degli anni ’70 era ormai lontana e il mercato dei fi sher-man ebbe nuovo sviluppo; i quattro gran-di players erano ormai Bertram, Hatteras, Viking e Ocean ed i loro fi sherman, se in patria venivano utilizzati quasi esclusiva-mente per la pesca d’altura, così non può dirsi per le altre parti del mondo dove, come nel mediterraneo, queste barche

ebbero un successo insperato soprattutto come barche da crociera.È il 1987 l’anno in cui Bertram rinnova la sua gamma presentando il 37 e il 50 carat-terizzati dalle linee anticipate dal 54 di 6 anni prima. Il 50 risulta molto innovativo e da molti considerato all’avanguardia per quegli anni. Per la prima volta appaiono a listino i motori MAN, più silenziosi e par-chi nei consumi, frutto dell’alta tecnologia tedesca nel campo del diesel. Con quei motori la velocità superò i 31 nodi. Il 37 fu un altro grande successo, immediatamen-te apprezzato per la sua stabilità, tenuta di mare e velocità ottenuta con i nuovi GM 550. In questi anni di grande benessere si pensò anche alla fascia delle grandi barche, e toccò a Ocean rompere gli indugi propo-nendo il 63 ss, un magnifi co esempio del classic Jersey style unito a prestazioni ec-cezionali per un fi sherman di tali dimen-sioni. Davis non sta a guardare e presenta l’anno dopo il 61 sportfi sherman. Lo stile è quello del North Carolina con la prua caratterizzata da una svasatura estrema, l’aspetto è quello di una barca custom al prezzo però di una di serie di elevata quali-tà. Gli interni hanno quattro cabine di cui due con letti matrimoniali, una con letti a castello e la quarta per l’equipaggio. Le prestazioni con i motori standard da 1050 hp sono similari all’Ocean 63.Donzi propone invece un semi-custom hi-tech di 65 piedi , che pur essendo più lungo delle altre due riesce ad essere la più legge-ra grazie all’utilizzo di materiali composi-ti ma la disposizione degli interni non fu particolarmente indovinata.

Anche Hatteras coglie la sfi da e presenta nel ‘87 un 65 con enclosed bridge che fi -nalmente si pone, a livello prestazionale, in linea con le altre barche della categoria. Bertram risponde all’off ensiva di questi grandi Fisherman solo 3 anni dopo ma come al solito con grande stile, sono due i maxi fi sherman un 60 e un 72, e per bis-sare il successo ottenuto con il 37, propone l’anno dopo il nuovo 43 convertible per sostituire l’ormai vetusto 42, stesso format del 37, motori 6V92 da 550 Hp, due cabine e due bagni, linee esterne moderne; anche questo fu un grande successo, specie in Italia. Intorno al 1989 Viking ampliò no-tevolmente la sua gamma dapprima verso l’alto con un grande 57 convertible e poi con un 43 ed un 38, due barche fatte per essere vendute in grandi numeri.Agli inizi degli anni ’90, la profonda crisi legata alla prima guerra del golfo e le di-scussa luxury tax misero seriamente in diffi coltà il mondo del fi sherman, che ini-ziò così il suo lento declino ritornando ad identifi carsi quasi esclusivamente in una “fi shing-machine” e lasciando il posto, nel teatro mondiale, alle nuove tendenze. |

www.marboats.it

Nautica Story

Ragione e passione sono timone e vela della nostra anima navigante.Gibran

B&G n.15 pag. 94 L’approdo in Italia dei primi yachts. Il mito dei cantieri Baglietto e Pisa B&G n.14 pag. 92 “I primi passi della nautica a motore in Italia. Il mito dei cantieri Riva”

Ocean 63

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Un itinerario alla scoperta dello Sri Lanka, isola che offre spiagge e monumenti antichi di devozione, fasti di un passato coloniale e parchi naturali, piantagioni di tè e cittadine famose per le pietre preziose, e di relax nel paradiso terrestre delle Maldive sull’isola di Gangehia cura di Bradipo Travel Designer

Sri Lanka e Maldive,tra piantagioni,

templi e isoleparadisiache

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Turismo a 5 stelle

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Bradipo Travel Designer propone un viaggio di scoperta in Sri Lanka, isola che offre spiagge e monumenti antichi di devozione, fasti di un passato coloniale e parchi naturali, piantagioni di tè e cittadine famose per le pietre preziose, e di relax nel paradiso terrestre delle Maldive sull’isola di Gangehi.

L’itinerario avrà inizio da Colombo, la viva-cissima capitale del Paese, che oltre ad esse-re la città più grande, frenetica e rumorosa è anche una città di mare e quindi crocevia dei traffici commerciali che hanno interessato il paese fin dall’antichità. Colombo si presen-ta come un centro vivace, caotico e frenetico nel quale è possibile ancora oggi percepire i segni inconfondibili dell’eredità britannica. Durante il pomeriggio sarà possibile visitare il National Museum con la sua bella collezione di opere storiche, la Art Gallery specializzata in ritrattistica e mostre temporanee di artisti lo-cali, e le numerose moschee e templi buddhisti e hindu della città.Il terzo giorno è prevista la visita di Pinnawela, vero “orfanotrofio” degli elefanti, dove si po-tranno ammirare alcuni splendidi esemplari durante l’allattamento giornaliero. Si prosegue per Kandy con la visita al giardino botanico, un vero paradiso di piante tropicali tra le quali un enorme ficus sotto i cui rami, ricoperti di fo-gliame, si possono riunire fino a mille persone. Nel pomeriggio visita panoramica della citta-dina e spettacolo di danze folkloristiche locali. A seguire la visita al celebre tempio del Dente di Buddha.

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Turismo a cinque stelle

INFO UTILI SULLO SRI LANKA

CapitaleSri Jayawardanapura Kotte

StagionalitàIl periodo migliore è nella stagione secca da novembre ad aprile Documenti Passaporto necessario, con scadenza non inferiore a sei mesi alla data di parten-za. Il visto turistico è obbligatorio e per soggiorni non superiori a 30 giorni può essere rilasciato gratuitamente all’arrivo all’aeroporto del Paese ma non è possibile assolutamente estenderlo.

MonetaRupia dello Sri Lanka

Fuso orario+4h.30 rispetto all’Italia; +3h.30 quando in Italia è in vigore l’ora legale

Il giorno seguente si partirà per l’escur-sione di un’intera giornata a Nuwara Eliya e durante il tragitto si visiterà una fabbrica di té dove si potrà assiste-re al procedimento di essicazione della pianta. Il quinto giorno sarà dedicato alla scoperta di Matale, al “Giardino di spezie” e ad una fabbrica di batik, dove

si assisterà alla preparazione ed alla colorazione di questi tipici manufatti. Proseguimento per Sigiriya, celebre per la sua Rocca – Fortezza con sosta per la seconda colazione al Sigiriya Village. Durante la visita si potranno ammira-re le famose rovine del Palazzo Reale sulla sommità della roccia e i rinomati

graffiti di Sigiriya. E ancora nei giorni seguenti si avrà modo di scoprire altri meravigliosi scenari tra cui Anuradha-pura e sosta ad Aukana, dove si visiterà una delle statue più imponenti di Bud-dha. Proseguimento per Anuradhapura, sito archeologico di particolare interesse religioso, considerata la più antica capita-

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Business&Gentlemen dicembre 2010 - febbraio 2011

www.bradipotravel.com

Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno. Guy De MaupassantNancyy Harrtwell

INFO UTILI SULLE MALDIVE

CapitaleMalé

StagionalitàIl clima è tropicale-monsonico, con temperature medie tra i 27 ed i 35 gradi centigradi. L’arcipelago è sottoposto a due monsoni: quello da Sud-Ovest tra maggio e ottobre, che colpisce soprattutto le isole nel nord; quello da Nord-Est, meno violento, tra novembre e aprile, che colpisce soprattutto la parte centrale dell’arcipelago; in questi pe-riodi le piogge sono frequenti. Documenti Necessario passaporto con scadenza residua almeno non inferiore ai sei mesi. Il visto è obbligatorio ed è concesso direttamente in aeroporto al momento dell’ingresso nel Paese (30 giorni). Il visto può essere esteso per ulteriori sessanta giorni per un totale di novanta giorni; è richiesta la compilazione di un modulo prestampato e due foto tes-sera da presentare all’Autorità locale

MonetaRufi yaa delle Maldive (MVR), divisa in 100 laari

Fuso orario+4h rispetto all’Italia, +3h quando in Italia vige l’ora legale.

le cingalese che conobbe un lungo periodo di splendore già a partire dal IV secolo A.C. La successiva tappa prevede la visita di Polonnaruwa e il suo sontuoso sito archeologico. L’antica città e capitale del Pa-ese durante l’XI secolo, offre una varietà di templi, palazzi e sculture degne di un’antica e fiorente capitale. Prima di rientrare a Colombo vi sarà una sosta a Dambulla con visita ai celebri templi nelle grotte, dove sono custodite circa 150 immagini sculture dipinte del Buddha. Il viaggio si conclu-derà con 5 giorni nella meravigliosa Gangehi Island in un resort completamente rinnovato e adagiato su un’isola fra le più belle dell’atollo di Ari, nota per la lunga e spettacolare lingua di sabbia. Qui si gode dell’atmosfera più autentica e suggestiva delle Maldive: un mare limpidissimo che ri-empie gli occhi con tutte le tonalità dell’azzurro, una mi-riade di pesci multicolore di ogni forma e dimensione che guizzano fra le acque tranquille della spettacolare laguna, un livello di servizio accurato e attento alle esigenze degli ospiti Italiani. |

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Testatina

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Business&Gentlemen dicembre 2010 - febbraio 2011

Motor Show di Bologna Dal 4 al 12 Dicembre 2010

Sede: Fiera di Bologna

L’edizione 2010 del Motor Show di Bologna, Salone Internazionale dell’Automobile, sarà a Bologna dal 4 al 12 dicembre e vedrà la presenza della quasi totalità delle quote del mercato automobilistico italiano.Il Motor Show 2010 avrà il suo tradizionale esordio nelle giornate del 2 e 3 dicembre, con la prima dedicata alla stampa, la seconda a stampa ed operatori economici e a seguire - il 4 dicembre - l’apertura al pubblico. In un anno complicato per il mercato dell’automobile, il Motor Show 2010 avrà una dimensione internazionale garantita dalla presenza nel calendario uffi ciale OICA (Organisation Internationale des Constructeurs d’Automobiles) confermandosi così l’unica manifestazione automotive per il mercato italiano e tra quelle di vertice a livello mondiale.

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dicembre

L’artigiano in Fiera Dal 4 al 12 Dicembre 2010

Sede: Polo Fieristico di Milano

Artigiano in Fiera è un evento unico al mondo: un momento di incontro per conoscere e abbracciare la tradizione e la cultura del lavoro di oltre cento Paesi, in un’atmosfera di festa e di positività, entrando in contatto diretto con gli artigiani.Per chi vive questa fi era, l’impressione che essa suscita è innanzitutto di bellezza, di entusiasmo e di condivisione. Questo la rende unica e diversa da tutte le altre fi ere.

Arte Brescia - III mostra mercato d’Arte Moderna e Contemporanea Dall’8 al 12 Dicembre 2010

Sede: Brixia Expo, Fiera di Brescia

Arte Brescia giunge alla terza edizione con un format ampliamente premiato dalla fi ducia degli espositori, investitori e pubblico, coniugando il carattere economico di mercato dell’arte con un alto livello di qualità della proposta culturale. Già dal primo anno la manifestazione si è avvalsa, infatti, della presenza dei principali galleristi italiani. Anche nella 3ª edizione gli espositori presenteranno in mostra opere di autori di fama nazionale e internazionale, dando luogo così ad un appuntamento importante per gli appassionati d’arte, gli studenti, i collezionisti e gli addetti del settore.

Expo Elettronica - CremonaMostra mercato di elettronica11 e 12 Dicembre 2010

Sede: Cremona Fiere

Expo Elettronica è un circuito di mostre-mercato dove si può vendere e comprare tutto quanto “fa” elettronica. La rassegna, grazie alla presenza di numerosi espositori qualifi cati, off re un vastissimo assortimento di prodotti, a Expo Elettronica regna l’aff are. Di volta in volta, al settore dell’elettronica possono essere abbinate una o più sezioni tematiche: Collezionismo, Astronomia, Mercatini dell’usato, Dischi e CD, Fotografi a, Modellismo, Concorsi per giovani inventori e studenti, Tuning.

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Bergamo Antiquaria 2011Dal 22 al 30 Gennaio 2011

Sede: Fiera Nuova di Bergamo

L’appuntamento, particolarmente sentito e apprezzato, è una delle realtà artistiche più vive nel panorama economico italiano e vanta un’ottima impronta culturale. BergamoAntiquaria vuole ribadire, attraverso l’alta qualità delle opere antiquarie proposte dalle gallerie d’arte accuratamente selezionate, il suo successo creando così un percorso storico artistico che, muovendosi dalla stessa Bergamo, coinvolgerà tutte quelle realtà italiane in cui il mercato antiquario risulta essere particolarmente fi orente. E’ rivolta a collezionisti, operatori di settore e pubblico appassionato.

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L’agendadelle Fiere

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Pitti Immagine UomoDall’11 al 14 Gennaio 2011

Sede: Fortezza del Basso, Firenze Fiere.

Pitti Uomo è il primo rilevatore dei vari climi della moda internazionale.Per compratori esigenti e selettivi, si trova una proposta che premia le eccellenze ma anche il coraggio dei piccoli marchi di ricerca, la specifi cità del prodotto accanto alla trasversalità dell’off erta. Così mentre l’area del classico si ridisegna e vede al suo interno l’ingresso a pieno titolo dell’accessorio, i grandi brand dell’informale ampliano i loro spazi in fi era per presentare i nuovi progetti.

Macef Dal 27 al 30 Gennaio 2011

Sede: Fiera Milano City

Macef, Salone Internazionale della Casa, è dedicato a tutti i settori e le merceologie in cui si articola la vita domestica (compresi gli spazi all’aperto) e la cura della persona, presentata attraverso la vasta area Bijoux, dedicata a bigiotteria, accessori moda, orefi ceria e gioielleria. Macef è una mostra molto grande (occupa quasi per intero Fiera Milano) che da oltre quarantacinque anni anticipa e propone le tendenze, i prodotti, i materiali degli oggetti di uso domestico.

Promotiontrade ExhibitionDal 19 al 21 Gennaio 2011

Sede: Fiera Milano City

PromotionTrade Exhibition è l’unica vetrina italiana, e una delle più importanti in Europa, dedicata all’oggetto promozionale e al regalo d’aff ari, che si caratterizzaper essere aperta esclusivamente agli intermediari del settore promozionale(rivenditori, distributori e importatori). Le categorie merceologiche rappresentate in fi era coprono tutto il panorama del mercato promozionale, dal tessile alla scrittura, dalla pelletteria all’uffi cio, dall’elettronica di consumo ai piccoli elettrodomestici, dai casalinghi agli accessori per la persona... fi no alle macchine per la personalizzazione ecc.

L M M G V S D

gennaioL M M G V S D

dicembre

I prossimi appuntamenti

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B&G - Business&GentlemenPubblicazione trimestralewww.businessgentlemen.it

Anno III – numero 16 - dicembre 2010/febbraio 2011

Direttore responsabileMauro [email protected]

RedazioneCoordinamento:Laura Di [email protected] redazione e contenuti web:Desirée [email protected]:[email protected]

ImpaginazioneStefania Bugada, Enrico Benedetti

Equipe tecnico-scientificaAndrea Bonalumi, Vincenzo Caporaso, Ivan Consoli, Enrico Della Pietà, Roberto Magri, Leonardo Marabini, Ivan Mazzoleni, Cristina Moro, Alberto Claudio Tremolada

Hanno collaboratoMassimo Appiotti, Elisabetta Casarin, Fabiano Cattaneo, Sebastiano De Lorenzo, Dario Fiorina, Renzo Maria Morresi, Alice Sofia Neri, Alessandro Rossi, Elena Sottocornola Fotografie B&GSara Fratus, Vincenzo Lombardi, Marco Scarpa, Daniela Zanchi

Archivi fotograficiCmc, Epsono Italia, Roncoroni Spa, Campionmax srl, Olimpia Splendid, Vimercati

Immagini uffici stampaBradipo Travel Design, Davidoff, Blu Wom MilanoClose to media, Ceccarelli Spa

Editore e RedazioneCobalto Srlvia Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamotel. 035.226599 - fax. 035.3830350

Pubblicità NazionaleCobalto Advvia Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamotel. 035.226599 - fax. 035.3830350Executive AccountSara [email protected]

Pubblicità per Monza e BrianzaMarketing Planet SrlVia V. Emanuele, 15 – 20052 MonzaTel. 039 2308568 – Fax 039 2308576CoordinamentoAldo [email protected]

StampaCPZ Spavia Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG)

Testi e fotografie, forniti su qualsiasi supporto,anche non pubblicati non verranno restituiti.

Registrazione al Tribunale di Bergamo n.5 del 7 febbraio 2008N. iscrizione ROC 12491

Per prenotare sin d’ora l’adesione all’edizione 2011

tel. 02/39.605.295 [email protected]

ABBIGLIAMENTO IMMA ottoni a pressione IN T IE AE ONA TI O A IALE AG TA E TLAN T ALE ITALIA difesa, aerospazio, sicurezza AG O A MA E TI O ABO A ALIMENTA E AG O ALIMENTA EAN TI pasta fresca e surgelata I ITA ITALIA ON O IO T TELA G ANA A ANO O INI BI OTTI

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BA BE INI lenti solari in etro L OTTI A G O GOMMA LA TI A O O GOGLIO O IBO MI ELIN ITALIANA EALE AI OL A A ANA LA T G AN I IN A T TT. E ILI IA MAT. O T IONE ALE I

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MAGGIO E I EMA A IEN A ANITA IA EL T ENTINO A IEN A NIT ANITA IA LO ALE I ITE BO ENT O I E IMENTO ON OLOGI O LINI A ME ITE ANEA O N ON O N ON ME I AL O E ALE LA I I ATO ILLA AL E I I I BBLI A TILIT A EA G O E A BLIA A E I I O T A E

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OBE T TE NOLOGIE ITALIA produzione e co ercializzazione di s art card per il paga ento, l identi cazione, la sicurezza e la telefonia o ile e ser izi di personalizzazione NAI gioc i e sco esse TE NOLOGIE OB tecnologie a anzate per il riscalda ento e la cli atizzazione ABIANA co fort a ientale TELE OM NI A IONI ONETI A outsourcing nelle co unicazioni I TI TELE OM ITALIA TE ILE BE TO IN T IA TE ILE LANI I IO .LLI E TI dal NO IL A I IG O T A O TO ME I E ONE AE O O TO G.MA ONI I BOLOGNA ANM A IEN A NA OLETANA MOBILIT A ONTE TO I T OT AL TM AGLIA I G AN I NA I ELO I N Logistics Ital A E E O IE T I MO ALBE G I I TO A IONE AL ITO O L ENT O ONG E I ILLE ONTI O TA O IE E O OINT B E ATON Milano OTEL ANTI O ALA O O IGLIO I o a OTEL LAN ITALIA TA OTEL ALT

ET O E AMI A G ANITI IAN E pa i enti e ri esti enti

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per testi oniare il ruolo strategico della ualit a ene cio del iste a Italia

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Oggi, infatti, nelle aziende italiane se pre pi urgente creare alore per i clienti con Innovazione di prodotto, servizio e processo.

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