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Direzione Cina Prospettive di business e nuove opportunità Stumenti per innovare Le scelte per vincere la sfida competitiva e il valore degli intangibili Lady technology Roberta Cocco, Direttore Marketing Centrale di Microsoft Italia, spiega il vantaggio della tecnologia per le donne che lavorano anno IV - numero 17 | marzo - maggio 2011 | € 5,00 Intervista a Stefano Agostini, amministratore delegato del Gruppo Sanpellegrino, un grande marchio del Made in Italy rinomato in tutte le tavole del mondo L’Italian Style vince nel mondo Protagonisti Giovanni Azzone Josè Manuel Barroso Marco Fabbrini Marco Lorenzi Maurizio Nava Thomas Rosenthal Gianpaolo Rossi Milène Sicca Enzo Vitale Mark Zuckerberg Stefano Agostini, amministratore delegato del Gruppo Sanpellegrino

B&G N°17

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Business&Gentlemen è una rivista bimestrale dedicata al mondo delle imprese protagoniste della storia economica lombarda. I principali temi trattati sono cultura d’impresa, innovazione, formazione, internazionalizzazione, qualità, energie alternative. Tutto questo a cominciare dai volti, storie e personaggi che fanno grande questo straordinario tessuto imprenditoriale.

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Direzione CinaProspettive di businesse nuove opportunità

Stumenti per innovareLe scelte per vincere la sfi dacompetitiva e il valore degli intangibili

Lady technologyRoberta Cocco, Direttore Marketing Centrale di Microsoft Italia, spiega il vantaggio della tecnologiaper le donne che lavorano

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Intervista a Stefano Agostini, amministratoredelegato del Gruppo Sanpellegrino, un grande marchio del Made in Italyrinomato in tutte le tavole del mondo

L’Italian Stylevince nel mondo

ProtagonistiGiovanni AzzoneJosè Manuel BarrosoMarco FabbriniMarco LorenziMaurizio NavaThomas RosenthalGianpaolo RossiMilène SiccaEnzo VitaleMark Zuckerberg

Stefano Agostini, amministratore delegato del Gruppo Sanpellegrino

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Il free-standing concept di Serafino Consoli dedicato all’alta gioielleria e all’alta orologeria. Un edificio unico al mondo, in cui design, stile ed eccellenza raccontano un nuovo modo di celebrare il Tempo e le sue Forme. Vieni a scoprirlo e conoscere un territorio straordinario

www.serafinoconsoli.it - [email protected] - [email protected]

ChronosphereLa nuova Dimensione del Tempo

Antonini

Backes&Strauss

Barakà

Breitling

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Roberto Demeglio

Gebrüder Schaffrath

Girard Perregaux

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Jaermann&Stübi

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Mattioli, Mikimoto

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Il free-standing concept di Serafino Consoli Il free-standing concept di Serafino Consoli dedicato all’alta gioielleria e all’alta dedicato all’alta gioielleria e all’alta orologeria. Un edificio unico al mondo, orologeria. Un edificio unico al mondo, in cui design, stile ed eccellenza raccontano in cui design, stile ed eccellenza raccontano un nuovo modo di celebrare il Tempo un nuovo modo di celebrare il Tempo e le sue Forme. Vieni a scoprirlo e le sue Forme. Vieni a scoprirlo e conoscere un territorio straordinarioe conoscere un territorio straordinario

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Roberto DemeglioRoberto Demeglio

Gebrüder SchaffrathGebrüder Schaffrath

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Jaermann&StübiJaermann&Stübi

Jaquet DrozJaquet Droz

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ZenithZenith

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La globalizzazione e gli sviluppi della crisi hanno obbligato sempre di più le imprese a vive-re in un contesto di maggiore complessità. Vincere la sfi da competitiva all’interno di que-sta complessità diventa ovviamente più diffi cile, ma anche più stimolante. Il mondo che ci circonda sarà sempre più vario, variabile e indeterminato e lo strumento fondamentale per operare e crescere in questa prospettiva è quello della conoscenza. Oggi la conoscenza è un valore aggiunto determinate, soprattutto se è legata alle persone. Infatti, l’intelligenza tec-nica e ripetitiva delle macchine e dei soft ware standard non sono più in grado di soddisfare molti dei nuovi bisogni e di interpretare correttamente gli scenari. Al contrario le persone hanno una conoscenza che potremmo defi nire fl uida: è fl essibile, analitica e creativa. Que-sto capitale lo riscopriamo in moltissime delle nostre Pmi, che hanno l’imprenditore e le persone al centro del loro processo di sviluppo. Nell’economia della complessità, la capacità di essere competitivi è legata all’apporto di diversità e unicità rispetto al resto del mercato. Il nostro costo del lavoro, la burocrazia, le limitate infrastrutture ci rendono incapaci di competere sul puro piano produttivo a livello globale. Dobbiamo, quindi, essere in grado di distinguerci off rendo valore aggiunto attraverso un’economia della conoscenza. La capa-cità di generare nuove idee e servizi innovativi deve integrarsi con alcuni fattori tipici del Made in Italy, ma essere in grado di andare oltre. Da un lato la nostra conoscenza è la no-stra diversità sono spesso legati al territorio, al contesto in cui operiamo, dall’altro dobbia-mo essere in grado di rendere questa “localizzazione” un elemento esportabile, demateria-lizzabile, moltiplicabile anche fuori dai nostri confi ni. Questa è una sfi da determinante in particolare per il nostro manifatturiero che deve necessariamente essere in grado di gestire la nuova complessità, confrontandosi e superando i competitor di altri Paesi emergenti. Spesso le nostre Pmi non sono ancora pronte a questo passaggio, ma possono e devono contare su un’arma determinante: la rete. E’ possibile fare squadra, attraverso partnership che possano colmare i nostri gap e presentarci al mercato con un sistema più completo. Oggi la “politica dell’orticello” ha davvero perso ogni signifi cato perché ancora una volta la complessità ci mette alla prova su un piano non solo più alto, ma anche più ampio. Quin-di dovremo sempre più prepararci a fare gli adeguati investimenti per operare in questa economia della conoscenza. Le aziende dovranno investire di più sul capitale intellettuale (per generare idee, creatività, innovazione) e sul capitale relazionale (per costruire reti e partnership che ci rendano più strutturati e amplifi chino le nostre potenzialità). Infi ne, bisogna preparare le persone a lavorare a rischio in questa complessità. Dovranno nascere nuove generazioni di imprenditori e di lavoratori, veri professionisti della conoscenza, ca-paci di creare e comunicare la propria diff erenza specifi ca a nuovi clienti e nuovi mercati. Sapendo, ovviamente, mettersi in gioco.

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Complessità, conoscenza e diversità

B&G è anche online!Non una semplice vetrina della rivista, ma un magazine vero e proprio dedicato al mondo delle imprese, del business e del lifestyle. Servizi quotidiani e approfondi-menti suddivisi in canali tematici: dall’economia ai personaggi, dall’internazio-nalizzazione ai giri di poltrona, dalle fi ere all’Ict. E poi, i canali dedicati all’intrat-tenimento e al lusso: yacht, motori, gioielli, orologi, viaggi e molto altro.

Visita il nuovo sito di B&G: www.businessgentlemen.it

Legenda delle icone di lettura

Business & Gentlemen ha studiato dei richiami grafici per aiutare la “naviga-zione” dei servizi e offrire informazioni aggiuntive.

Innanzitutto ogni articolo presenta un’icona che ne identifica la tipologia di contenuto:

Giornalistico: servizi, approfondimenti, interviste realizzate dai nostri giornali-sti e dai collaboratori B&G.

Tecnico-scientifico: studi e ricerche che hanno una connotazione tecnico-scientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi.

Divulgativo: notizie, curiosità, antepri-me, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design.

Inoltre la lettura può riservare infor-mazioni aggiuntive con le seguenti icone

Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico

Url: la segnalazione di siti e portali sul tema trattato

Argomenti correlati: segnalazione di servizi B&G che trattano argomenti simili

Citazione: un ipse dixit che impreziosisce il discorso trattato

Bibliografia: la segnalazione biblio-grafica collegata all’argomento

Editoriale di Mauro Milesi

B&G è anche onliNon una semplice vetrimondo delle imprese, dmenti suddivisi in cananalizzazione ai giri di ptenimento e al lusso: ya

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Sommario numero 17 | marzo - maggio 2011

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6. Editoriale Complessità, conoscenza e diversità 10. Abstract Pillole di B&G dedicate al pubblico estero

12. Europa e Sviluppo Intervento del Presidente Barroso

sulle prospettive di crescita

14. Innovazione Gli strumenti indispensabili a manager

e imprenditori per innovare 18. Globalizzazione Sulla rotta della Cina: quali le opportunità per le imprese italiane

26. Amplifon Il successo nel mercato degli apparecchi acustici

30. Univet La sfi da tutta italiana nel mercato

antinfortunistico

34. Capobianco il successo della qualità e del “made with love” 38. Gib Italia Service La risk intelligence al servizio delle imprese

42. Cogliati Il felice connubbio tra vetro e innovazione

46. Giovanni Azzone Intervista al Rettore del Politecnico di Milano

50. Stefano Agostini L’amministratore delegato del Gruppo

Sanpellegrino. L’Italian style nel mondo 54. Lady IT Roberta Cocco di Microsoft racconta

l’importanza del web per le donne

58. Marco Fabbrini Intervista all’ad dell’International

Tobacco Aceny

62. Formazione Manageriale Giampaolo Rossi le nuove frontiere

per formare alla leadership

66. Incentive Intervista a Enzo Vitale di Hotelplan

sul mercato del viaggi per le aziende 70. Uomo dell’anno Il perchè della nomina di Mark

Zuckerberg, creatore di Facebook 72. Crescita Aziendale Il ruolo della simulazione per innovare,

ridurre costi e migliorare i prodotti

76. Pubblicità controproducente L’importanza di saper pianifi care con cura e attenzione ogni dettaglio

78. Sistemi di misura Come creare un sistema di misurazione

effi ciente in aziende

80. Neuromarketing Il rapporto tra design thinking

e neuroscienze

82. Internazionalizzazione I criteri legali di scelta di un intermediario all’estero 84. Business Reengineering Trasformare le idee in business per fare

la diff erenza

86. Lavoro Uno studio di Linkedin sui mesi ideali

per avere la promozione

88. Energia in Italia Le novità alla luce del decreto sulle rinnovabili

90. Libro La pianifi cazione strategica, chiave di successo per le imprese

92. Nautica Trawler e Lobster, il futuro delle barche da pesca 96. Golf Ha preso il via la sesta edizione della Travel Cup

100. USA i grandi parchi Viaggio attraverso i luoghi più caratteristici e belli degli States

104. Fiere Tutti gli appuntamenti più importanti

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Business&Gentlemen marzo - maggio 2011

Nuggets of B&G

We dedicate the English abstracts of some of the most interesting articles published on this issue to the foreign business public happening to leaf through B&G

Eng

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vers

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It has become the second largest economic power in the world, sur-passing Japan in terms of gross domestic product. We are talking about China, whose GDP grew 10.3% in 2010, boosted by a 9.8% expansion – faster than expected – in the fourth quarter. Although the data is still not offi cial, around 2,200 Italian companies opera-te in China and 60-70 Chinese

multinational enterprises in Italy. Over 35 thousand small busines-ses have been opened in Italy by Chinese people. We analysed the opportunities off ered by the Chi-nese market by interviewing Th o-mas Rosenthal, Head of the CeSIF – Centre for Economic Studies of the Italy-China Foundation and a handful of businessmen who knew how to be successful in the East.

Sharing experiences, being aware of one’s uniqueness, giving a concrete value to a network, knowing how to invent, learning and, above all, being able to take risks. Innovation and the long and complicated process of change towards a complete-ly new future require entre-preneurs and managers to question old schemes and to discover new ones. Schemes where words such as “net-work”, “invention”, “know-ledge”, “training” and “in-tangible assets” continue to

be used. So how is innova-tion achieved? Th is thou-ght elicits many diff erent viewpoints from professors, entrepreneurs, institutio-nal authorities and mana-gers, among which Stefano Zambon, Full Professor of Business Economics at the University of Ferrara, Enzo Rullani, Professor of Knowledge-Based Economy TeDIS (Venice Internatio-nal University) and Andrea Pontremoli, CEO of Dallara Automobili and former pre-sident of IBM.

Th e tools to innovate

On the road to China

Research, skill development, training of internationally qualifi ed human capital and an ambitious fi nal objective: to improve the quality of life in Italy. Giovanni Azzone, one of the youngest rectors in the Politecnico University of Milan, has been focusing on these key points since the day of his election last June. On the strength of his 30-year experience in the Milan university, fi rst as a student and then as a professor, Azzone is aware of the critical importance of research as a basic value of the University and a critical resource for a country’s progress. Th e Po-litecnico of Milan was classifi ed by the Financial Times as the 75th best school in Europe, the only Italian school with three master’s courses.

Focus on research to improve the quality of life in Italy

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Abstracts

11 Eng

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A trip through the most characteristic and beautiful places in the United States. From San Francisco, the most beautiful city in California, to the Big Apple, passing through Nevada, the national parks of the North and the Grand Canyon. Th e USA is a land of great distances: thousands of kilometres of roads, some truly legendary, which pass through deserts, plains, canyons and mountains. Th ere are people who would love to di-scover its territories, getting behind the wheel of a car and travelling along the legendary coast-to-coast route in long, almost infi nite times!Th e itinerary proposed by Hotelplan off ers USA lovers the possibility to discover the immense spaces of the West, and its natural wonders, as well as the not-to-be-missed frenetic madness of New York in a tour of 15 days/13 nights that also includes an Italian-speaking guide.

Discover the United States: from large parks to the frenzy of New York

A successful career fi lled with passion and enthusiasm, the de-sire to grow and learn and the strong will to build a family wi-thout having to sacrifi ce the joys of being a mother and wife. Ro-berta Cocco, Central Marketing Director of Microsoft Italy, has already achieved this goal and continues to travel down this path in the knowledge that tech-

nology can be a real ally for wo-men and mark a turning point. Th is has led her to create, toge-ther with other colleagues, the Futuro@lfemminile project ai-med at developing advantageous conditions so that women, throu-gh technology, can express their potential and thus contribute to the social and economic develop-ment of the country.

Women and technology, a cut above the rest A business model built on history, tradition and love for the Italian way of life and, above all, on the quality of a natural resource such as water. We are talking about the history of the Sanpellegrino Group, an international-ly renowned brand and pure expression of “Made In Italy” that succeeded in combining the values of the Nestle Waters multinational group, to which is has belonged since 1997, with a history of over 110 years. Stefano Agostini, CEO of the Group descri-bes what lies behind the success that brought Sanpellegrino to 178th place in the classifi ca-tion of Italy’s 1,500 biggest industrial groups (2010 Mediobanca report). “Our success co-mes from 110 years of very consistent work which has allowed the company to export a quality product, supported by the Italian way of life”.

Sanpellegrino, 110 years of success

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Business&Gentlemen marzo - maggio 2011

Pubblichiamo il discorso che il Presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso ha tenuto, via video, al Convegno della Fondazione Italcementi dal titolo “L’Europa ai confi ni dello sviluppo”

di José Manuel BarrosoPresidente della Commissione Europea

Ricostituirelungo termine

prospettive di crescita

Signore, signori, [...] state aff rontando un tema importante e deli-cato in un momento di forte criticità per l’Unione Europea e vorrei condividere con voi alcune nostre rifl essioni. Anche se intravedia-mo ormai i primi segnali di ripresa, la crisi che ha colpito le nostre economie avrà ripercussioni molto estese. Gli eff etti a lungo termine sulla crescita potenziale sono di diffi cile valutazione oggi, ma i ri-schi sono rilevanti, almeno in certi settori e in certe aree. La crisi ha avuto impatti diversi nel mondo. Rispetto all’Unione Europea, gli Stati Uniti hanno subito un aumento più marcato della disoccu-pazione e del defi cit. Ma gli Stati Membri, a loro volta, hanno visto un declino signifi cativo della loro competitività in campo interna-zionale, accompagnato dalla dilatazione del gap produttivo. Evitare la stagnazione in uno scenario di maggiore concorrenza globale e in un contesto di fi nanza pubblica insostenibile: questo è l’obiet-tivo verso il quale devono mirare l’Unione Europea, i governi na-zionali e l’industria in generale. La crisi deve costituire l’occasione per aff rontare una volta per tutte il tema della competitività globale dell’Europa. Il 12 gennaio la Commissione Europea ha fatto un an-nuncio programmatico forte e ambizioso in relazione alla propria strategia economica Europa 2020. Si tratta di un’analisi annuale della crescita economica che segna sia l’inizio del semestre europeo per il coordinamento delle politiche, sia l’adozione della nostra stra-tegia economica per la UE. Io credo – e questo è il messaggio che la Commissione Europea vuole indirizzare con il massimo della chia-rezza e il massimo della forza a tutti i capi di Stato – che l’Europa non possa più rimandare il consolidamento delle fi nanze pubbliche, la riforma del settore fi nanziario, l’introduzione rapida di riforme strutturali urgenti e di misure a sostegno della crescita. Durante la crisi abbiamo imparato una lezione innegabile, e cioè che i legami tra le economie degli Stati Membri sono indissolubili, nel bene e nel male. Il coordinamento delle politiche diventa quindi un prerequi-sito irrinunciabile per poter rispondere alle sfi de economiche. Un coordinamento di questo tipo è essenziale. Dobbiamo aumentare la governance economica all’interno della zona dell’euro e su scala eu-ropea. Per questa ragione l’Unione Europea ha deciso di modifi care la propria governance economica creando un “Semestre europeo” per il coordinamento preventivo delle politiche. In pratica, ogni go-

verno nazionale presenterà le proprie politiche economiche e i bu get nazionali all’Unione Europea, prima del loro avvio formale. In questo modo, i ministri e i capi di Stato disporranno di strumenti più effi caci quando, a Bruxelles, dovranno aff rontare le sfi de econo-miche europee. Tali sfi de sono numerose, ma credo che quelle più urgenti siano chiaramente indicate nel documento programmatico appena pubblicato dalla Commissione Europea. Raggiungere uno stato di rigoroso consolidamento fi scale e garantire la stabilità del nostro sistema fi nanziario sono passi cruciali per il funzionamento corretto, senza squilibri dannosi, delle nostre economie. La ripresa è già partita, ma è troppo lenta e non suffi cientemente diff usa. Perché l’Europa prosperi nell’arena globale, dovrà essere in grado di attirare nuovi capitali privati, in misura importante, per fi nanziare la pro-pria crescita, dovrà ottimizzare le risorse del Mercato Unico e dovrà ridurre i costi energetici. Lo stato di salute delle imprese dovrà essere valutato su base periodica rispetto all’evoluzione del contesto eco-nomico e normativo complessivo, facendo sì che le aziende operino in condizioni favorevoli allo sviluppo, senza il peso di inutili oneri amministrativi. Non dimentichiamo infi ne che la crisi ha distrutto milioni di posti di lavoro. L’Europa non può correre il rischio di un ritorno alla crescita in assenza di un incremento dell’occupazione. In altre parole, i governi dovranno fi nalmente agire in modo corag-gioso, avviando riforme occupazionali che rendano più allettante il lavoro, alleggerendo le imposte sul lavoro e riformando i sistemi pensionistici. Ecco, questi sono alcuni nostri pensieri che spero pos-sano contribuire alla risposta dell’Unione Europea alle comuni sfi de dell’economia. Mi auguro anche che possano ispirare le vostre scelte come protagonisti dell’industria europea che aff ronta le criticità del momento. Sono sicuro che l’Europa ce la farà. Per questo ci serve un impegno più forte da parte di tutta l’Unione Europea e di tutti gli Stati Membri. Ma ci serve anche il vostro impegno di operatori eco-nomici, perché siamo arrivati al momento della verità per il futuro dell’economia europea. |

www.italcementi.it

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Nuova BMW X3

www.bmw.it Piacere di guidare

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Mettere in condivisione le esperienze, avere la consapevo-lezza della propria unicità, dare un valore concreto al network, sapere inventare, conoscere e soprattutto saper rischiare. Di fronte all’innovazione, al lungo e complesso processo di cam-biamento verso un futuro com-pletamente nuovo, imprendito-ri e manager sono chiamati a mettere in discussione vecchi schemi per trovarne e scoprir-ne di nuovi. Schemi in cui tor-nano spesso parole come “rete”, “invenzione”, “conoscenze”, “formazione” e “intangibile”. “E’ fi nita l’epoca del “fai da te” - commenta Sebastiano Bariso-ni, Caporedattore News Radio 24 de Il Sole 24 Ore, nell’ambi-to del workshop “Integrare per Innovare” organizzato nei gior-ni scorsi a Milano, da Warrant Group e Knowita -. La piccola e media impresa degli anni ‘70 e ‘80 è cresciuta con un difetto: non pianifi cava e andava avan-ti senza la consapevolezza del perchè le cose succedevano in un determinato modo. Ora è fi nita questa epoca e non pos-siamo più permetterci azioni o mosse libere, ci deve essere una consapevolezza e una cono-scenza di fondo”. Come costruire questa innova-zione quindi? La rifl essione ha visto snocciolarsi punti di vista diff erenti di docenti, impren-ditori, autorità istituzionali e

manager, tra cui Stefano Zam-bon, professore Ordinario di Economia Aziendale dell’Uni-versità di Ferrara, Enzo Rul-lani, Professore di Economia della Conoscenza TeDIS (Ve-nice International University) e Andrea Pontremoli, ammi-nistratore delegato di Dallara Automobili ed ex AD di IBM. Secondo Zambon per innovare bisogna prima di tutto “capire, inventare, conoscere, educare, organizzare, gestire, informare, valutare, investire e rischiare”. Ergo partire con il capire gli insegnamenti e gli strascichi lasciati da questa crisi per ar-rivare a “inventare non solo tecnologie o idee brillanti ma lasciando che una strategia emergente possa apparire ed essere conosciuta”. L’innova-zione, a detta di Zambon, pre-suppone conoscenze e una for-mazione di fondo perchè ogni novità va “organizzata, pen-sata, pianifi cata, coordinata e ordinata”, sia esternamente che internamente ad ogni azienda. L’innovazione andrebbe quindi gestita (passando attraverso la collaborazione quale nuova sfi -da), protetta e soprattutto fatta conoscere e, in ultimo, bisogna investirci tenendo conto della componente “rischio”. Una le-zione che Andrea Pontremoli ha conosciuto e messo in pra-tica in IBM prima e in Dallara oggi. La parola d’ordine per il

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Business&Gentlemen marzo - maggio 2011

La vera innovazione parte dalla conoscenza, dalla condivisione delle esperienze in un network e dalla costruzione di una propria unicità. Alle idee devono seguire gli investimenti, la smaterializzazione e la diffusione. Sono questi i punti chiave toccati in un workshop organizzato da Warrant Group e Knowita alla presenza di manager e imprenditori

testo di Laura Di Teodoro

innovareperQuali strumenti

Stefano Zambon, professore Ordinario di Economia Aziendale dell’Università di Ferrara

Un momento della tavola rotonda

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giusti compagni di viaggio, innovare e mettersi in rete e per far-lo bisogna dare valore a tutto quanto è immateriale. “La mag-gior parte delle nostre imprese ha investito in assets tangibili, poco o niente nell’immateriale.

Finora lo sviluppo senza investimenti immateriali è stato un vantaggio perché ha ridotto le barriere all’ingresso per le neo-imprese e ha abbattuto i costi nella competizione – prosegue Rullani -, ma nel capitalismo globale della conoscenza di oggi questo è diventato un limite”.

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Sulla strada delle idee

Direttore dell’azienda più im-portante al mondo per costru-zione di macchine da corsa, resta l’unicità. “Le aziende chiuse non saranno mai innovative. Un im-prenditore deve essere in grado di dire “Solo io” e non “Anch’io”. Un’azienda deve essere unica e deve avere una posizione precisa nel mercato. In Dallara investia-mo circa il 30% in innovazione e da sempre abbiamo scelto di seguire solo alcune cose su cui continuamo a investire, il resto ci arriva da fuori. Una scelta che premia. Se sono unico mi vengono a cercare i grandi e questo signifi ca che ho un mio preciso know how che altri non

possono copiarmi. Per crescere bisogna essere un metro avanti agli altri”. Come? Partendo dal-la formazione. “Siamo cresciuti a compartimenti stagni quindi per innovare bisogna mettersi in condivisione e riuscire a capire l’altro”. Non esiste innovazio-ne senza rischio e di questo ne è consapevole il professor Enzo Rullani. “Il futuro è di chi fa in-vestimenti a rischio – aff erma -. Gli imprenditori devono essere consapevoli che continuando a seguire un treno che non è il loro, rischiano di perdere le loro diversità e unicità”. La vera scommessa del futuro resta una: investire su un’idea e trovare i

Il valore aggiunto oggi è dato dalla qualità delle idee, dei signifi cati, delle esperienze e dei servizi, ergo dall’intangibile il cui valore di mercato dipende totalmente dal futuro e dalle idee che abbiamo al riguardo

Nuove sfide e strumenti per lo sviluppo integrato Ricerca, innovazione e internazionalizzazione. Sono queste le tre leve su cui puntare per ridare competitività alle imprese. Ne è convinto Fioren-zo Bellelli, Presidente di Warrent Group. La ten-sione finanziaria, l’incertezza mondiale, la scarsa patrimonializzazione delle imprese e la crisi dei distretti industriali, hanno portato a un indebo-limento del tessuto economico e imprenditoriale. Per rinsaldarlo “le imprese devono ripartire dalla competitività- sostiene Bellelli – e quindi dalla ri-cerca, dall’innovazione e dall’internazionalizza-zione”. Un’innovazione che però deve essere il più radicale possibile e non “semplicemente” di proces-so: “L’innovazione radicale richiede il concorso di: conoscenze e competenze diverse e soluzioni cre-ative ed originali che non sempre sono reperibili all’interno dell’azienda”. Il supporto di università e centri di ricerca diventa indispensabile. La ter-za leva è l’internazionalizzazione, oggetto negli ultimi anni di un approccio “spesso causale e poco sistematico” e che andrebbe affrontato con stru-menti di supporto ad hoc e soprattutto con risorse precise. E proprio il capitale umano unito all’inve-stimento nell’educazione e nella formazione diven-tano fondamentali per migliorare le performance dell’azienda. Nell’ambito del proprio intervento, Bellelli ha presentato WIN Warrant Internatio-nal Network, una metodologia nata all’interno di Warrant Group per sostenere il percorso di cresci-ta delle imprese attraverso un supporto integrato in grado di intervenire a 360 gradi su tutte le leve necessarie allo sviluppo. “Win intende integrare le competenze delle 4 aree chiave necessarie alle im-prese: ricerca e innovazione, internazionalizzazio-ne, equilibrata struttura patrimoniale e capitale intellettuale. Tutte le informazioni raccolte ag-giornano quotidianamente il database di Warrant Group e vengono messe a disposizione del network di imprese nella gestione efficace ed efficiente dei loro progetti, in contesti anche molto differenti. Fare rete significa essere in grado di condividere informazioni e implementare progetti attraverso lo scambio intelligente di conoscenza, tecnologia e servizi”.

Fiorenzo Bellelli, Presidente di Warrent Group

Enzo Rullani, Professore di Economia della Conoscenza TeDIS

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I dieci trend da qui al 2020

Come sarà la società nel 2020? Una domanda a cui ha risposto Domenico De Masi, professore di Sociologia del Lavoro, dell’Università degli Studi di Roma, La Sa-pienza, attraverso 10 punti che toccano tutti gli aspetti, da quello anagrafi co a quello economico:

1. Longevità: Nel 2020 la popolazione mondiale sarà un miliardo più di oggi. L’Aids e molti tipi di cancro saran-no debellati; la fecondazione artifi ciale e la clonazione umana saranno all’ordine del giorno; il biossido di car-bonio dell’atmosfera sarà reso innocuo; i ciechi potran-no vedere attraverso apparati artifi ciali. Si potrà vivere fi no a 850.000 ore, rispetto alle attuali 700.000. Un cit-tadino su tre avrà più di 60 anni. Vivranno più a lungo le persone più scolarizzate e con relazioni sociali più intense. Ci saranno 50 milioni di malati di Alzheimer, 60 milioni di malati di febbre “dengue” e un miliardo di obesi. La maggioranza delle persone diventa vecchia soltanto nell’ultimo anno della propria vita, durante il quale le spese farmaceutiche sono pari alla cifra impie-gata per comprare medicine in tutti gli anni della vita precedente.

2. Tecnologia: Nel 2020 gran parte delle automobili an-dranno ad idrogeno e saranno teleguidate. La durata dei beni di consumo sarà il triplo di quella attuale. Per la legge di Moore, la potenza di un chip raddoppia ogni 18 mesi: dunque, nel 2020 sarà piccolo quasi quanto un neurone umano e la sua potenza supererà un miliardo di transistor. Il XXI secolo sarà segnato dall’ingegneria genetica. Gli elaboratori saranno capaci di svolgere tutte le mansioni ripetitive, molte mansioni fl essibili, alcune attività creative. Grazie all’informatica aff ettiva, i robot saranno dotati di empatia. Potremo portare in un ta-schino tutta la musica, i fi lm, i libri, l’arte e la cultura del mondo. Resterà il problema di come trasferire que-sto patrimonio dal taschino al cervello.

3. Economia: Nel 2020 il PIL pro-capite nel mondo sarà di 15.000 dollari, contro gli attuali 8.000. L’Occidente avrà ridotto del 15% il proprio potere d’acquisto. La classe media rappresenterà il 50% della popolazione mondiale. Il Primo Mondo conserverà il primato nella produzione di idee ma riuscirà sempre meno a saccheggiare i Paesi poveri. I Paesi emergenti produrranno soprattutto beni materiali. Il Terzo Mondo fornirà materie prime e ma-nodopera a basso costo. L’Africa resterà il continente più povero del mondo. L’Europa dei 27 resterà il più grande blocco economico, con la migliore qualità della vita. La Cina avrà un PIL uguale a quello degli Stati Uniti, avrà le maggiori riserve valutarie, sarà il maggiore acquirente di automobili e il principale produttore di reverse inno-vation. Avrà le maggiori banche del mondo e 15 mega-lopoli con più di 25 milioni di abitanti. Accanto ai Bric (Brasile, Russia, India, Cina), saranno emersi i Civets

(Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia, Sud Africa). In tutti que-sti paesi, aumenteranno i consumi e l’inquinamen-to. Nella manutenzione domestica e nella produ-zione energetica avanzerà il “fai da te”.

4. Lavoro: Nel 2020 i la-vori manuali e quelli in-tellettuali ma esecutivi saranno assorbiti dalle macchine, trasferiti nei Paesi emergenti o affi da-ti a immigrati. I creati-vi (30%) occuperanno la parte centrale del merca-to, più garantita e retribu-ita. Si esprimeranno senza orario né sede, attraverso un’attività che possiamo chiamare “ozio creativo” in cui lavoro, studio e gio-co si confondono tra loro, si destrutturano nel tempo e nello spazio, si femmi-nilizzano, si organizzano per obiettivi, dipendono dalla motivazione. Gli addetti ai lavori esecutivi (40%), lavoreranno con minori garanzie, per un massimo di 60,000 ore in tutta la loro vita. Tutti gli altri (30%) avranno il di-ritto di consumare, non di produrre. Sarà sempre più necessario e complesso ridistribuire la ricchezza, il lavoro, il sapere e il po-tere.

5. Ubiquità e plasmabilità: Nel 2020 la rete avrà tra-sformato il mondo intero in un’unica agorà capa-ce di rappresentare tutto l’amore e tutto l’odio del mondo. Potremo metter-ci in contatto ovunque e con chiunque, in qualsiasi punto del pianeta, senza muovere un passo. Tele-

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Sulla strada delle idee

L’innovazione consiste nel vedere cio’ che hanno visto tutti pensando ciò che non ha pensato nessuno. Albert Szent-Gyorgyi

www.knowita.it www.warrantgroup.eu

apprenderemo, tele-lavoreremo, tele-ameremo, ci tele-divertiremo. Correremo perciò il rischio di diventare obesi per mancanza di moto e troppo astratti per mancanza di contatti materiali con i nostri simili. L’obesità cronica riduce la vita di 10 anni. Grazie alla chirurgia plastica, l’estetica dei nostri corpi potrà essere modifi cata a piacimento. Grazie alla farmacologia, ciascuno potrà inibire i pro-pri sentimenti, acuirli, simularli o combinarli.

6. Tempo libero: Nel 2020 ogni ventenne ha davanti a sé più di 600.000 ore di vita. Per gli addetti a mansioni esecutive, il lavoro occuperà solo 60.000 ore, cioè un decimo della vita adulta. 240.000 ore saranno dedicate alla cura del corpo (sonno, care, ecc.) e 300.000 al tempo libero. Dunque ogni ventenne destinato a lavori esecutivi, disporrà di un tempo libero cinque volte superiore al tempo di lavoro.Occorrerà dunque formarci al tempo libero, fi n da oggi, più di quanto usiamo formarci al tempo di lavoro.

7. Androginia: Nel 2020 in tutto il mondo le donne vivranno almeno tre anni più degli uomini. Il 60% degli studenti universitari, dei laureati e dei possessori di master saranno donne. Molte donne sposeranno un uomo più giovane di loro. Molte avranno un fi glio senza avere un marito, mentre agli uomini non sarà an-cora possibile avere un fi glio senza avere una moglie. Per tutto questo, le donne saranno al centro del sistema sociale e ne gestiranno il potere con la durezza che deriva dai torti subìti nei diecimila anni precedenti.

8. Etica: Nel 2020 il mondo sarà più ricco ma resterà ineguale. Oggi una mucca da latte in Europa riceve un sussidio di 913 dollari mentre un abitante dell’Africa sub-sahariana riceve 8 dollari. Nonostante il fenomeno del mainstream, la visi-bilità delle disuguaglianze alimenterà movimenti e confl itti. D’altra parte il 70% dei lavoratori lavorerà nel settore terziario. Nella società dei servizi, l’affi dabilità delle prestazioni e la loro qualità costituiranno il primo vantaggio competitivo; l’etica dei professionisti costituirà il loro requisito più apprezzato. Come la so-cietà industriale è stata più onesta e trasparente di quella rurale, così la società postindustriale sarà più onesta e trasparente di quella industriale. Dunque, se vorremo avere successo, ci toccherà essere galantuomini.

9. Estetica: Nel 2020 i credenti si appelleranno soprattutto alla fede, i laici soprat-tutto all’estetica che, più di ogni altra disciplina, si incarica dell’umana felicità. Le tecnologie saranno più precise di quanto occorra a coloro che le useranno: già oggi gli orologi da polso spostano solo un milionesimo di secondo all’anno e sono 200 volte più precisi di quanto occorra ai normali utenti. Ne consegue che la qualità formale degli oggetti interesserà più della loro scontata perfezione tecnica. Perciò l’estetica diventerà uno dei principali fattori competitivi e chi si dedicherà ad attività estetiche sarà più gratifi cato di chi si dedicherà ad attività pratiche.

10. Cultura: Nel 2020 l’omologazione globale prevarrà sull’identità locale. Si terrà sempre meno conto degli Statinazione e sempre più conto della biosfera. Tuttavia, ognuno tenderà a diversifi carsi dagli altri per quanto riguarda i desi-deri, i gusti, i comportamenti individuali. Il Washington consensus (mercato + pluralismo + libertà) sarà insidiato dal Beijing consensus (“socialismo di mer-cato” + partito unico + autoritarismo). L’Africa sarà il continente con il maggior numero di monoteisti (640 milioni di cristiani e 700 milioni di islamici). L’istru-zione sarà intesa come formazione permanente e occuperà almeno 100.000 ore della vita. La maggiore produzione e trasmissione del sapere avverrà secondo il criterio di “molti per molti” (Wikipedia, Etsy, Facebook, sistema Abreu, ecc.).

Il valore aggiunto oggi è dato dalla qualità delle idee, dei signifi cati, delle esperienze e dei servizi, ergo dall’intangibile “il cui va-lore di mercato dipende totalmente dal fu-turo e dalle idee che abbiamo al riguardo”. Le idee diff erenziano l’impresa, fornendo-le la possibilità di conseguire in futuro un profi tto diff erenziale rispetto alla norma. Affi nchè queste idee possano essere propa-gate secondo Rullani, sono due le leve da sfruttare: la globalizzazione e la smateria-lizzazione. La prima permette di aumen-tare i moltiplicatori delle buone idee, la se-conda è indispensabile per separare le idee dalle persone, dalle aziende e da contesti unici e diffi cilmente riproducibili. “L’esi-stenza di grandi moltiplicatori connessi ai mercati globali è dunque un formidabile incentivo a smaterializzare le buone idee estraendola dal suo contesto materiale di origine e propagandola in forma di codici, moduli, signifi cati, modelli estetici, espe-rienze, identità, servizi e attenzione forniti al cliente (modelli riproducibili). Il signifi -cato (modello ecc.), separato dal prodotto, può essere riprodotto e trasferito a costo basso e in tempo breve da un capo all’altro del pianeta”. E se innovare signifi ca condividere ecco che il sistema “rete” diventa fondamen-tale per “ridurre i costi, gli investimenti richiesti, aumentare il valore ottenuto da ciascuno con l’uso della propria conoscen-za – conclude il professor Rullani -, perchè la rete mette a disposizione le economie di scala del sistema”. Sull’importanza del network è torna-to Mirano Sancin, direttore generale e consigliere delegato del Parco Scientifi co Tecnologico Kilometro Rosso che, sotto-lineando il valore dell’integrazione e della condivisione di esperienze per recuperare competività e redditività, ha raccontato l’esperienza di uno dei più concreti esempi di innovazione messa in rete. Il Kilometro Rosso infatti è nato con la missione principale di valorizzare l’eff etto-sistema del processo innovativo nelle sue componenti economiche, tecnologiche, sociologiche e istituzionali e realizzare un forte legame tra scienza di base, ricerca industriale, sviluppo tecnologico e inno-vazione. Nel giro di pochi anni è riuscito ad attivare un circolo virtuoso attraverso la collaborazione e le sinergie tra realtà diff erenti. |

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La Cina ha sorpassato il Giappone diventando la seconda potenza mondiale dietro agli Stati Uniti. Cresce il Pil interno e aumentano gli investimenti in Ricerca e Sviluppo per ridurre la dipendenza del Paese dalla tecnologia importata. Intervista a Thomas Rosenthal della Fondazione Italia-Cina sulle opportunità di business e crescita per l’Italia

testi di Laura Di Teodoro

rottaSulla

CINAdella

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Guardando a Oriente

E’ diventata la seconda potenza economica mondiale sorpassan-do il paese del Sol Levante in termini di prodotto interno lordo. Stiamo parlando della Cina il cui Pil, in termini reali, sarebbe au-mentato del 10,3% nel corso del 2010, grazie a un buon incremen-to – superiore alla maggior parte delle attese – nella parte fi nale dell’esercizio, pari al 9,8%. Ad oggi, anche se i dati non sono uf-fi ciali, sarebbero circa 2.200 le imprese italiane presenti in Cina e 60-70 le multinazionali cinesi presenti in Italia, oltre alle 35mile piccole imprese avviate da cinesi nel nostro Paese. Numeri che, a detta di Th omas Rosenthal Responsabile del CESIF - Centro studi per l’impresa della Fondazione Italia Cina - dovrebbero diventare una leva per avviare relazioni Italia-Cina biunivoche, ovvero sia ricercando opportunità di crescita a Pechino e di con-tro cercando di attrarre le risorse dalla Cina, “che siano risorse umane, capitali e turisti”. Il motivo? La Cina sta crescendo su molti fronti tra cui quello della ricerca e dello sviluppo, settore in cui è cresciuta di quasi dieci volte nell’ultimo decennio, toccando il massimo di 543,3 miliardi di RMB nel 2009. Le linee guida nazionali per lo sviluppo scientifi co e tecnologico raccomandano una riduzione della dipendenza del Paese dalla tecnologia im-portata, dall’attuale 50% al 30% o meno entro il 2020. “Dovremo essere bravi a stringere accordi con università e ricercatori cinesi per fare un lavoro di squadra – spiega Rosenthal -. Dobbiamo legare i capitali cinesi con la ricerca e la competenza tecnologica. Un tempo si ricercavano partner occidentali, oggi, magari, dob-biamo lavorare con questi Paesi emergenti”.

La Cina vede nell’Italia un mercato strategico. Come creare una continua sinergia tra questi due Paesi?E’ vero oggi ma in passato Wen Jiabao, Primo Ministro del Con-siglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese e il Presidente Hu Jintao hanno più volte saltato l’Italia. Solo quest’anno, in oc-casione dell’anno culturale della Cina in Italia, i rapporti sono ripresi. Per loro l’Italia rappresenta un mercato di interesse non dal punto di vista numerico ma dal punto di vista del prestigio: siamo uno dei paesi più ricchi del mondo, nonostante la crisi, ab-biamo un’economia sviluppata e un certo know how. Potremmo avere un valore strategico maggiore legato alla nostra posizione geografi ca ma la mancanza di porti attrezzati e infrastrutture ci penalizza, molto.

Quali restano le maggiori opportunità di successo in Cina per l’imprenditoria italiana? Quali i principali settori? Anche se storicamente si parla del Made in Italy, il vero successo è legato alla meccanica allargata, sia per l’esportazione di mac-chinari italiani sia perchè la Cina è diventata una piattaforma produttiva per società italiane che hanno delocalizzato la pro-duzione. Come Fondazione Italia Cina abbiamo collaborato con una ventina di realtà private e pubbliche. Le regioni italiane più attive in questo senso sono Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Marche.

Quali caratteristiche deve avere un’azienda o una società che decide di entrare nel mercato cinese?Secondo noi tutte le realtà, di tutti i settori, ce la possono fare. La dimensione conta ma non è comunque un limite, lo conferma il fatto che la maggior parte sono piccole e medie imprese. Con-tano sicuramente: la precedente storia di internazionalizzazione che l’azienda ha portato avanti negli anni; la presenza di risorse umane preparate; una disposizione di risorse fi nanziarie adegua-te. Inoltre non deve mancare l’investimento in una consulenza di un certo livello, accompagnato da molta informazione e da un processo di marketing intelligence. Come Fondazine Italia Cina supportiamo le imprese con workshop e momenti formativi. Inoltre pubblichiamo annualmente il rapporto sull’economia ci-nese. L’8 marzo abbiamo presentato il nuovo numero della rivista di studio sulla Cina contemporanea.

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Dall’Adriatico a Zhuhai, cuore industriale del-la Cina. Una storia imprenditoriale di successo tanto da essere destinataria del prestigioso pre-mio, “Capital Elite – Piccola impresa in Cina”, in occasione dei China Awards 2010. E’ la storia di Danilo Falappa, giovane imprenditore quaran-tenne di Ancona e presidente di Joy Electroni-cs, realtà produttiva specializzata nei prodotti Health Care, Personal Care, Baby Line e piccolo elettrodomestico in generale. Fondendo il design, il know how italiano e la produzione cinese, Falappa nel 2004 ha creato un’azienda che serve oltre 30 brand leader in molti paesi del mondo: Russia, Austria, Austra-lia, Brasile, Spagna, Portogallo, Olanda, Germa-nia, USA, Polonia, Romania, Malesia, Corea e Giappone. L’azienda produce anche marchi pro-pri che commercializza direttamente. I motivi che hanno spinto Falappa a intraprendere un’av-ventura imprenditoriale in Cina, e precisamente nella città di Zhuhai sono principalmente due: da una parte i costi più competitivi e dall’altra la necessità di passare dall’essere importatore a diventare produttore. “Mi resi conto che sempre più produttori cinesi tendevano a approvigio-narsi direttamente dai nostri fornitori, saltando quindi l’anello degli importatori. Inoltre volendo vendere prodotti di elettronica, i prezzi rispetto al mercato cinese non erano competitivi”.

La carrieraLa carriera di Falappa inizia nel 1989 come sub-agente con l’Agenzia di zona della Irradio, per poi passare nel ’91 al Gruppo Ditron. Nel 1994 la proprietà dal Gruppo decide di cedere alcuni rami dell’azienda per concentrare l’attivi-tà sul marchio Casio. Danilo Faloppa agente per le regioni Marche e Umbria, forte di un risultato

Danilo Falappa, una storia imprenditoriale dall’Italia alla Cina

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Secondo un recente studio del Georgia institute of technology statunitense, entro il prossimo decennio la Cina supererà gli Sta-ti Uniti nella capacità di trasfor-mare la sua ricerca e sviluppo in prodotti e servizi. Cosa rende la Cina così dinamica e innovativa? Sicuramente la programmazione. Il nuovo piano quinquennale va-rerà per la prima volta politiche mirate a stimolare l’innovazione a livello locale e ulteriori forme di supporto e programmi di incenti-vi saranno garantiti alle imprese cinesi in modo da stimolare la ge-nerazione d’innovazione. L’obiet-tivo è quello di non continuare a fare affi damento su tecnologie importate, assorbite o sviluppa-te attraverso joint-ventures ma di puntare su innovazioni puramente locali. Le linee guida nazionali per lo sviluppo scientifi co e tecnologi-co raccomandano una riduzione della dipendenza del Paese dalla

tecnologia importata, dall’attuale 50% al 30% o meno entro il 2020 (la media dei paesi sviluppati è di circa il 10%, secondo l’Accademia Cinese delle Scienze). Non voglio-no infatti cadere nella stagnazione che ha colpito il Giappone e per farlo è fondamentale promuovere innovazione e ricerca creativa a partire dalle università. La spesa in R&S in Cina è cresciu-ta di quasi dieci volte nell’ultimo decennio, toccando il massimo di 543,3 miliardi di RMB nel 2009. L’anno scorso il CeSIF ha eviden-ziato un incremento sostanziale nel numero di progetti di R&S in Cina che si giustifi ca principal-mente con le attività di imprese e di istituti di ricerca cinesi che intendono generare innovazione per sostenere la futura crescita e competitività. Molte società stra-niere nei settori ad alto contenuto tecnologico come nanotecnologia, materiali sintetici, biotecnologia,

Danilo Falappa, presidente

di Joy Electronics

Far crescere ed educare ai valori delle nuove generazioni passando dai libri, da racconti per l’infanzia quali Geronimo Stilton, crean-do così un fl usso di idee. Un obiettivo che ha permesso a Claudia Mazzucco, amministratore delegato di Atlantyca Entertainment di ricevere dalla Fondazione Italia Cina e da Milano Finanza il pre-mio Capital Elite Manager Donna 2010, come riconoscimento per il signifi cativo lavoro svolto nella diff usione della creatività Made in Italy nel mercato cinese.Atlantyca Entertainment è stata fondata nel settembre del 2006 dal famoso editore e imprenditore Pietro Marietti che, insieme a Elisa-betta Dami, ha dato vita a uno dei fenomeni editoriali di maggior successo nella letteratura per ragazzi: la famosissima collana di libri per bambini Geronimo Stilton.L’azienda, insieme al partner per la co-produzione Moonscoop, ha prodotto la serie animata “Geronimo Stilton” lanciata in tutta Euro-pa nell’autunno del 2009. Nel gennaio 2010, l’azienda ha aperto un uffi cio a Pechino. Al momento Atlantyca ha già sottoscritto più di 300 contratti di traduzione con le case editrici italiane più impor-tanti tra cui Mondadori, Piemme, Edizioni EL. Come ci racconta la stessa Claudia Mazzucco, “Atlantyca ha venduto 45 milioni di libri nel mondo (dati del 2009) e i dati del 2010 lasciano ben sperare”.

Con la sua società Atlantyca rappresenta una delle eccellenze della creatività Made in Italy. Quali sono i segreti di un così aff ermato successo? Siamo stati i primi a sfruttare il modello transmediale nel 2007, uti-lizzando diversi formati di media. Non solo perché da sempre, per noi, sono molto importanti i contenuti. Prendiamo come esempio Geronimo Stilton: la sua speciale caratteristica è quella di essere un personaggio che è riuscito a coniugare da una parte il lato diverten-te e dall’altra il valore educativo e pedagogico. I bambini leggono Stilton facilmente, percepiscono le emozione, interiorizzano quelli

Contenuti e storie per favorire il fl usso di idee tra Italia e Cina

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Thomas Rosenthal Responsabile del CeSIF Centro studi per l’impresa della Fondazione Italia Cina

che sono i valori. È lo zio ideale dei bam-bini: timido, ha paura, ha le sue fragilità e le sue forze. Non solo, ogni notizia viene verifi cata per cui i contenuti sono reali ed educativi. Lo stesso vale per gli altri libri i cui contenuti riescono a coniugare diverti-mento e insegnamento.

Come è stata la sua personale esperienza in Cina? Quando sono sbarcata all’aeroporto cine-se per la prima volta ho sentito un’energia particolare. La gente lì è determinata, en-tusiasta della vita e del lavoro; hanno degli obiettivi e vedono nel futuro una promes-sa e una speranza. Sono arrivata a Pechino nel 2008, in occasione della Fiera del Libro e l’accoglienza è stata speciale. Il nostro settore dell’editoria è sinonimo di creati-vità sia per i contenuti che per le illustra-zioni e questo deve renderci orgogliosi per quello che facciamo. Il publisher italiano è visto in Cina al pari dei grandi marchi del-la moda: ci riconoscono una grande cre-atività e successi che spesso il mondo oc-cidentale stesso non valorizza abbastanza. Posso dire di essermi sentita fi era di essere italiana perché ho visto le nostre qualità attraverso i loro occhi. Forte di quell’en-tusiasmo nel 2008 abbiamo messo le basi per un primo contratto fi rmato subito, poco dopo tre mesi dal primo incontro. In quel contratto era prevista la vendita di ben 60 titoli. Una curiosità: in Cina c’è la tradizione per cui ad ogni fi rma di un con-tratto segue una cerimonia. Ero andata in

Cina insieme alla mia collega cinese Sara, arrivata in Italia poco prima per realizzare la tesi e diventata poi una mia dipendente. Lei conosceva la lingua e questo ci ha aiu-tato molto nei rapporti. Da lì sono seguiti una serie di altri appuntamenti con altret-tanti editori che ci chiedevano di vende-re loro opere intere. Abbiamo capito che le possibilità di business potevano essere interessanti e da lì abbiamo realizzato il nostro sogno: aprire un uffi cio a Pechino alla cui direzione abbiamo messo proprio Sara che nel frattempo aveva manifestato la volontà di tornare in Cina. Nel giro di pochi mesi abbiamo avviato rapporti con 40 editori per libri per bambini e abbia-mo venduto 320 titoli. Il nostro successo è frutto di una doppia apertura mentale, no-stra e loro. Noi avevamo predisposto tutte le energie necessario per fare questo passo e loro ci hanno accolto come speravamo.

Cosa può darci la cultura cinese e cosa in-vece l’Italia può dare alla realtà cinese? Noi dovremmo farci infl uenzare dal loro ottimismo. Quello stesso ottimismo che in Italia abbiamo vissuto negli anni Sessan-ta e oggi stiamo perdendo. La Cina ci sta dando una lezione di futuro.

Lei ha ricevuto il riconoscimento per l’ef-fi cacia con cui è riuscita a creare in breve tempo un “fl usso di idee” nei due sensi. Come?Attraverso i nostri libri. I contenuti rap-presentano un veicolo per accedere al no-

Claudia Mazzucco, amministratore delegato di Atlantyca Entertainment

www.atlantyca.com

stro modo di pensare e quindi uno stru-mento per conoscere e condividere valori. E lo stesso può valere nel senso opposto.

Quali sono i vostri prossimi obiettivi?Il nostro obiettivo per questo 2011 è quello di stabilizzarci per poi trasferire il nostro modello transmediale anche in Cina e di contro importare i contenuti cinesi in Ita-lia. Crediamo nella trasmissione di valori e contenuti e siamo convinti che i cinesi di oggi, quelli cresciuti nell’era dell’urbaniz-zazione e della globalizzazione, abbiano qualcosa da dire anche a noi. |

soft ware e telecomunicazioni guardano ormai alla Cina come potenziale fonte di innovazioni tecnologiche. Il nuovo Piano presenterà obiettivi per lo sviluppo di nuove industrie ad alta intensità di ricerca e sviluppo quali biotecnologia, energie rinnovabili e nuovi materiali. Il volume totale di brevetti depositati in Cina è cresciuto espo-nenzialmente sin dal 2003 e continuerà a crescere grazie alle politiche di stimolo alla ricerca e sviluppo locale. Dal 2003 il numero di richieste di brevetti locali ha superato il numero di richieste di soggetti esteri con un divario in crescita. Nel 2009 era locale il 75% dei brevetti registrati in Cina.

La Cina è uno dei Paesi con il maggior numero di ragazzi che studiano all’estero, esattamente 1,4 milioni. Una risor-sa importante... Una risorsa che è in linea con la politica del governo di ridur-re la dipendenza tecnologica estera per generare innovazione locale. Gli studenti cinesi che vanno all’estero sono un asset importante soprattutto perchè la percentuale di ritorno è alta sia per un forte senso di patriottismo sia per le possibilità di lavoro off erte dal mercato cinese.

I nostri ricercatori invece vanno via e raramente tornano...Esatto. Per ridare ossigeno alla nostra Ricerca, l’Italia do-vrebbe stringere degli accordi con i ricercatori e le universi-tà cinesi e costruire un gioco di squadra. Legare ad esempio

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sul campo che incideva sul fatturato nazionale per oltre il 20%, avanza la proposta di rileva-re l’intero stock e il marchio World of Cellular (accessori non originali per telefoni cellulari). L’idea non era semplice ma lungimirante: man mano che alcuni articoli fi nivano iniziò il dia-logo con la Cina per nuove commesse. Tutto per corrispondenza. Di li a poco anche gli ex colle-ghi, agenti delle altre regioni limitrofe vengono coinvolti per allargare la zona e nel 1996 Falap-pa costituisce la prima società, con un fatturato sempre in continua crescita. Nel 1998 inizia il percorso di diversifi cazione del business verso l’area di prodotti per il benessere che off re spazi per inserirsi. Il primo settembre 1999 nasce Joy-care destinata a diventare un marchio aff ermato e uno dei leader a livello europeo in pochi anni. “Ad inizio 2002 – spiega Fapalla - fummo i pri-mi ad immettere un MP3 sul territorio italiano: nasceva il marchio T-Logic. Defi nimmo il mar-chio come “la Futility Digitale”: una gamma di prodotti digitali portatili ed innovativi.A fi ne 2005 il marchio era per quote di mercato il III in Italia davanti a marchi importanti come Philips, Panasonic e dietro soltanto a Ipod e Samsung”. A inizio 2004 nasce Joy Electronics: “Osservando che molti grandi gruppi stava-no aprendo i loro sourcing offi ce in Cina, per acquistare direttamente dalle fabbriche cinesi, sentimmo l’esigenza di trasformarci da sem-plici importatori in “produttori Cinesi. In soli 8 mesi costituimmo da zero una WFOE (Wolly Foreign Owned Enterprise) e la nostra fabbrica sfornava bilance elettroniche pesapersona e da cucina”.

Un imprenditore italiano in CinaL’esperienza imprenditoriale in Cina ha arric-chito Danilo Falappa soprattutto dal punto di vista umano: “I cinesi mi hanno trasmesso la loro fi losofi a, la loro voglia di fare e soprattutto la loro rapidità. In Italia il benessere ci ha un po’ viziati e questo ha fatto perdere a molti impren-ditori la voglia di crescere e adeguarsi al passo”. Dalla sua il tessuto imprenditoriale ed econo-mico cinese avrebbe, a detta di Falappa, “rego-le chiare e un’operatività intensa e un fi sco che funziona”. Una serie di condizioni che non ali-mentano la voglia di Falappa di tornare in Italia. Il nostro Paese, di contro dovrebbe “evitare di competere con la Cina ma dovrebbe imparare a puntare molto di più sul turismo. I cinesi ama-no il nostro Paese ma purtroppo noi paghiamo cara la carenza di collegamenti. Grazie ai voli su Monaco e Francoforte la Germania rischia di intercettare i turisti dalla Cina che altrimenti verrebbero molto più volentieri da noi”. Punta-re su altri livelli e altri settori quindi, facendosi infl uenzare, da quella “voglia di fare” e fame di novità che caratterizza l’economia di Pechino. Un consiglio per gli imprenditori che guardano con interesse verso Oriente? “Devono appog-giarsi a società di consulenza operative sul ter-ritorio cinese – spiega Falappa -. Personalmente mi sono trovato bene con la Fondazione Italia-Cina che mi ha supportato in questo”.

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i capitali cinesi alla ricerca, ergo quello che un tempo si faceva quando si ricercavano partner occidentali.

Ricerca a parte, l’Italia cosa dovrebbe imparare dal sistema Cinese?L’Italia deve imparare a fare della democrazia una vera forza e a non bloccarsi davanti alla minoranze.Il Governo cinese ha dimostrato di essere in grado di ascoltare il proprio popolo e l’intera nazione; sta garantendo una crescita costante anche se resta molto da fare sul fronte dell’ambiente. Noi abbiamo molte mancanze: godiamo di un tessuto economico di-namico e avventuroso ma manca la programmazione e la diplomazia economica. Manca un sistema pubblico in grado di investire in maniera sinergica per la creazione di una politica di distribuzione Italia in Cina. Il Governo non interviene mai mentre le nostre agenzie ICE, SACE, SI-MEST possono intervenire per migliorare e favorire le attività di inter-nazionalizzazione. Serve in questo senso una maggior comunicazione e informazione.

Per il 2011 è prevista una crescita del 9,5 per cento

Il mercato cinese oggi conta complessivamente 453mila imprese industriali, con un numero di imprese estere industriali, pari a 41 mila, quadruplicato negli ultimi dieci anni. Tra le opportuni-tà in entrata l’ultimo Rapporto annuale elaborato dal Centro Studi per l’Impresa della Fondazione Italia Cina (CeSIF), foca-lizza l’attenzione sugli acquisti tax free dei turisti di naziona-lità cinese in Italia, in collaborazione con Global Blue Italia, leader mondiale nel servizio Tax Free Shopping. Rapporto alla mano, l’economia cinese continuerà a crescere rapidamente per tutto il 2011 a un tasso pari al 9-9.5% nonostante un target di crescita che sarà fissato al 7% dal Governo Cinese. Gli investi-menti diretti esteri (IDE) continueranno ad aumentare, dati i crescenti sforzi delle imprese straniere di affermarsi sul mer-cato locale in continua espansione, e nel 2011 raggiungeranno un nuovo record dal punto di vista del valore.Le esportazioni potranno eccedere i massimi livelli storici del 2008 raggiun-gendo il tasso di crescita del 10% arrivando al 4-5 % nono-stante le politiche monetarie restrittive del Governo Cinese. Da un punto di vista politico si prevede stabilità ed una con-tinua attenzione all’economia con gli obiettivi di stimolare consumi interni e investimenti. Tuttavia, l’inflazione è cre-sciuta ad un tasso del 3,3% nel 2010 e presumibilmente subirà un ulteriore incremento. Secondo quanto riportato dal rapporto, si prevede un incremento dei salari del 10% nell’anno 2011 poi-ché l’economia cinese ha fatto un progresso significativo ver-so la ripresa malgrado la situazione finanziaria globale. Nel 2010 varie municipalità hanno annunciato per il 2011 aumenti dei salari minimi tra il 13% ed il 30%. Ad oggi, la popolazione cinese oltre i sessant’anni rappresenta l’11% del totale, ma au-menterà a circa il 28% nell’arco di due decenni. Entro il 2030, la Cina rappresenterà oltre un quarto della popolazione anziana del mondo. Nel 2010 la Cina, oltre ogni previsione, ha prodotto oltre 18 milioni di vetture con una crescita record del 24,55%. Alla fine del mese di agosto 2010, il volume di esportazioni di veicoli era cresciuto di 260 mila unità, con un aumento del 40% rispetto allo stesso periodo del 2009. Le vendite di veicoli nel 2010 è di 16.5 milioni di unità, con una previsione per il 2015 di arrivare a 27.5 milioni di unità. Per quanto riguarda i dati della spesa Tax Free del turismo incoming vediamo che ad una mar-cata flessione del 12% per l’Italia si contrappone una crescita sostenuta del 35 % della spesa dei cinesi, fino ad arrivare ad una crescita del 94% nel 2010. Nel complesso, il 2011 sarà un altro anno positivo. Nonostante ci siano alcuni rischi, il Governo ha l’esperienza, le capacità, i mezzi e la volontà di affrontare qualsiasi problema possa emergere e riflettersi sulla stabilità sociale e politica del Paese.

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Guardando a Oriente

Il loro sistema è stato una delle 265 innovazioni - selezionate tra le oltre 450 proposte - che hanno rappresenteranno l’eccellenza tecnologica italiana in un contesto internazionale di assoluto prestigio quale l’Expo di Shanghai. Stiamo parlando dell’azienda milanese Tesmec che ai recenti China Awards 2010, organizzati dalla Fondazione Italia Cina, ha ottenuto un particolare riconoscimento proprio per la sua innovazione “Electronic Constant Ten-sion Stringing Wagon for Railways electrifi cation cables installation”, ergo la realizzazione della prima linea elettrica ad altissimo voltaggio (1.000 kV) di circa 623 km, nonché la tesatura di linee ferroviarie ad alta velocità quali ad esempio la Zhengzhou–Xi’an e la Pechino-Shanghai, rispettivamente di 505 e di 1.318 km. Un successo che ci racconta Ambrogio Caccia Dominio-ni, Presidente e Amministratore Delegato di Tesmec S.p.A.

Il vostro progetto “Electronic Constant Tension Stringing Wagon for Railways electrifi cation cables installation” è stato riconosciuta a tutti gli eff etti quale tecnologia italiana di eccellenza all’Expo di Shanghai. Come siete arrivati a un così importante risultato?In quasi sessant’anni di storia, numerosi sono stati i traguardi che hanno segnato il nostro sviluppo a livello internazionale e l’essere stati tra i prota-gonisti della mostra “Italia degli innovatori” presso l’Expo Shanghai 2010 con l’“Electronic Constant Tension Stringing Wagon for Railways electri-fi cation cables installation” è stato sicuramente uno di questi. La selezione della proposta del nostro Gruppo è stata eff ettuata da un apposito comitato tecnico e l’aver partecipato a questa iniziativa ha quindi signifi cato per il nostro Gruppo l’opportunità di essere inseriti in un contesto internaziona-le di particolare visibilità. Tesmec, del resto, è un gruppo da sempre forte-mente impegnato nelle attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. Ad oggi, il nostro Gruppo può vantare un portafoglio di circa 25 brevetti per invenzione industriale e al 31 dicembre 2009, il totale dei costi di ricerca e sviluppo di Tesmec è stato pari ad Euro 5,5 milioni (pari a circa il 6,4% rispetto al totale dei ricavi del Gruppo). L’attività di ricerca del Gruppo Te-smec è coordinata e diretta a livello centrale dalle Direzioni Tecniche delle due linee di prodotto e viene sviluppata da team specializzati nella tesatura e nei trencher, in Italia e negli Stati Uniti.

Come è stata la vostra personale esperienza in Cina?La presenza in Cina per il nostro Gruppo non è certo una novità: Tesmec ha fatto il suo ingresso nel Paese nel lontano 1984, avviando importan-ti partnership con le maggiori società cinesi, tra cui State Grid of China Corporation, Ente Nazionale Cinese gestore della rete di trasmissione di energia elettrica. E grazie all’eccellenza tecnologica dei nostri prodotti e all’elevato know-how, nel biglietto da visita del nostro Gruppo fi gurano prestigiosi progetti internazionali. In Cina, in particolare, abbiamo curato la progettazione e la fornitura di macchine multifunzionali Argani-Freni e accessori per la tesatura della prima linea elettrica da 1000 kV al mondo, oltre che la progettazione e realizzazione di cinque vagoni ferroviari e il supporto tecnico per i macchinari utilizzati per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Zhengzhou-Xi’an, conclusa ad inizio 2010. Il Gruppo sta inoltre curando la progettazione e la fornitura di cinque vagoni ferroviari per la costruzione della linea ad alta velocità Pechino-Shanghai e altri cinque carri saranno impiegati su altre linee di primaria importanza. Con grande soddisfazione, posso dirle che Tesmec oggi è molto conosciuto nel Paese e si posiziona al pari di grandi gruppi multinazionali del cali-bro di ABB e Siemens. I clienti cinesi, infatti, da sempre molto attenti alla qualità, apprezzano il know-how e la produzione tutta italiana del nostro Gruppo e proprio per questo motivo abbiamo deciso di aprire, negli scorsi mesi, un uffi cio di rappresentanza a Pechino e stiamo ricercando soluzio-ni per aprire eventualmente anche un sito produttivo dedicato al mercato locale.

Tesmec: l’eccellenza italiana presente in Cina dal 1984

Ambrogio Caccia Dominioni, Presidente e Amministatore Delegato Tesmec SpA

Cina, India, SudAfrica...il vostro ingegno ha tocca-to e continua a viaggiare in molti Paesi del mondo. Cosa vi ha permesso di mantere livelli alti ed eccel-lenti, nonostante la crisi?Il nostro Gruppo commercializza e distribuisce i pro-pri prodotti attraverso una presenza diretta, costitu-ita da società estere e uffi ci commerciali, in 5 Paesi e una presenza indiretta, composta da concessionari e agenti, in 57 Paesi e questo ci consente di generare il 95% del nostro fatturato all’estero. Anche nel corso del 2011, intendiamo proseguire nella nostra strategia di espansione geografi ca nei Paesi emergenti (Brasile, Russia, India, Cina e Sud-Africa) e di sviluppo in nuovi mercati ad oggi poco presidiati (Africa del Nord, Eu-ropa dell’Est e Penisola Arabica), pur mantenendo il nostro posizionamento nei mercati tradizionali (Nord America e Europa). In particolare, il nostro Gruppo ha registrato una crescita interessante nel segmento della tesatura, principalmente in India, mentre il seg-mento dei trencher ha visto un importante aumento in Africa. I paesi in via di sviluppo, naturalmente, sono quelli che seguiamo con più attenzione, dal momento che l’energia è un driver importante per lo sviluppo di queste aeree che oggi stanno aff rontando molti in-vestimenti per il miglioramento dell’effi cienza nella distribuzione dell’energia.

Come si colloca secondo lei il mercato italiano sulla scena mondiale? Tesmec è un gruppo italiano, simbolo dell’eccellenza tecnologica del nostro paese. In particolare, nel set-tore della tesatura, il nostro Gruppo dispone di una tecnologia completamente italiana (il sistema di te-satura frenata), grazie alla quale lo stendimento dei conduttori sui tralicci avviene senza che questi venga-

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no mai a contatto con il suolo, con benefi ci in termini di qualità del lavoro, preservazione dell’integrità del cavo e possibilità di eff ettuare lavori in zone e territori non agevoli. E proprio grazie alla leadership tecnologica dei nostri prodotti, all’esperienza maturata nei settori di riferimento e alla costante attività di ricerca e sviluppo sviluppata da un team di tecnici e ingegneri specializzati, in Italia e negli USA, il nostro Gruppo può vantare nel settore della tesatura una quota di mercato, al netto dei ricavi provenienti dal business ferroviario, pari al 17%, mentre nel settore dei trencher una quota pari al 16%, con-siderando solamente i ricavi derivanti dalla vendita di macchine e ricambi.

In cosa il sistema Italia deve cambiare rapidamente per riuscire a competere con l’economia cinese, e non solo (vedi Paesi del Bric)?La Cina è oggi un mercato dalle enormi potenzialità dal punto di vi-sta economico e politico. Grazie al suo sviluppo relativamente recen-te ed una crescita continua dei consumi, previsti in ulteriore aumento nei prossimi decenni, la Cina rappresenta, infatti, oggi un’economia vivace e con grandi margini di espansione. Inoltre, il Governo cinese sta puntando su politiche attive, agevolazioni fi scali e su un allegge-rimento generale della burocrazia, che dovrebbero consentire un ul-teriore miglioramento della competitività del Paese nel medio-lungo periodo. Il mercato cinese, inoltre, è molto aperto a partnership e col-laborazioni e apprezza la grande qualità ed expertise che le aziende italiane ed il Made in Italy riescono a garantire. Proprio per questo, come le dicevo, il nostro Gruppo investe ogni anno oltre il 6% del fatturato in ricerca e sviluppo e può contare su un’unità di circa 40 risorse altamente qualifi cate, attive nello sviluppo di nuovi prodotti. Tale strategia ha consentito al Gruppo, negli anni, di rispondere al meglio alle specifi che esigenze dei clienti e di operare in mercati di-versi ed in contesti complessi, quali ad esempio le economie emergen-ti, che richiedono soluzioni tecnologicamente avanzate.

Quali sono i vostri prossimi obiettivi?Per il 2011 ci sono buoni presupposti per quanto riguarda gli Stati Uniti, che dovrebbero rispondere meglio ai primi segnali di ripresa a cui stiamo assistendo. Contiamo inoltre di poter confermare per tutto il 2010 un trend in linea con quello registrato nel primo seme-stre, dove abbiamo conseguito ricavi pari a 53,4 milioni di euro, in crescita del 31,6% rispetto ai 40,5 milioni di euro registrati nel primo semestre dell’esercizio 2009, dal momento che l’acquisizione di nuovi ordini sta continuando bene, con una tipologia di contratti diversa dal passato: stiamo infatti off rendo sempre più spesso anche contrat-ti full service, che prevedono oltre all’off erta dei nostri macchinari, anche quella dei servizi ad essi connessi. A breve, inoltre, potremmo acquisire alcune commesse rilevanti nel settore telefonico e dell’oil & gas. Da luglio scorso siamo inoltre operativi anche nei Paesi emergen-ti e nella Penisola Arabica e contiamo di aprire una sede permanente in Sud Africa. |

www.tesmec.com

Business&Gentlemen marzo - maggio 2011

Su quali progetti siete maggior-mente impegnati come Fondazione Italia -Cina? Siamo promotori del progetto Unita-lia per attrarre studenti cinesi in ita-lia e supportarli operativamente nel-le pratiche precedenti il loro ingresso nel nostro Paese. In particolar modo i servizi del Centro sono indirizzati a dare più informazioni sull’off erta formativa italiana e a ottimizzare i processi di selezione degli studenti cinesi attraverso l’attivazione di una

linea telefonica dedicata, presso lo sportello UnItalia di Pechino, e per-sonale formato a orientare gli stu-denti cinesi nella scelta dei program-mi di studio in Italia. Stiamo inoltre lavorando a un progetto turistico per favorire l’arrivo di turisti cinesi. |

www.italychina.org

Studiare bene, migliorare ogni giorno. Mao Zedong

La Joint Venture con la Merloni progettiA metà 2005 la necessità di diff erenziare i marchi tra canale GDO e canale Farmacia, portò alla creazione del marchio Medifi t da distribuire in Farmacia. Un altro tas-sello fondamentale dell’esperienza di Fa-lappa è rappresentato dall’acquisizione di un brevetto per una bilancia per alimenti. Un prodotto molto apprezzato sul merca-to e che, alla Joycare di Danilo Falappa, ha aperto le porte per una Joint Venture con la Merloni progetti. Aristide Merloni (fi glio di Vittorio) e Danilo Falappa iniziarono questa esperienza nel 2006: nasce Life Tool Technologies Spa, una NEWCO dove con-vergevano diverse attività. Condizionatori d’aria a marchio Protecno da parte della Merloni progetti e tutti gli assets del grup-po Falappa, Joycare Spa e T-Logic spa.

Continua l’espansione: produrre per i maggiori brand nel mondoDopo alcuni anni Danilo Falappa decide di capitalizzare questa esperienza e fonda una nuova società, la Innofi t Srl, che acquista da Life tool Technologies Spa l’unità pro-duttiva in Cina e il marchio Medifi t.Una scelta strategica per Danilo Falappa che da esperto conoscitore delle tendenze industriali in atto nel Paese del Sol Levan-te aveva capito, sin dall’inizio degli anni 2000, che le cose sarebbero sensibilmen-te cambiate. Sempre più produttori cinesi tendevano a saltare l’anello degli impor-tatori e a rivolgersi direttamente ai grandi clienti del vecchio continente. Osservando questo signifi cativo accorciamento della fi -liera maturò la scelta di rilevare la fabbrica a Zhuhai per far concorrenza alle fabbriche cinesi. Attualmente l’unità produttiva è focaliz-zata su un’ampia gamma di prodotti nei settore dell’Health Care, Personal Care, Baby Line e piccolo elettrodomestico in ge-nerale. Produce in maniera personalizzata per oltre 30 brand leader in molti paesi del mondo: Russia, Austria, Australia, Brasile, Spagna, Portogallo, Olanda, Germania, USA, Polonia, Romania, Malesia, Corea e Giappone. Naturalmente produciamo an-che per i nostri marchi che commercializ-ziamo direttamente: Innofi t e Medifi t.

Premio China Awards 2010Quest’anno Danilo Falappa è stato insigni-to del prestigioso premio, “Capital Elite – Piccola impresa in Cina”, in occasione dei China Awards 2010. Il premio è un riconoscimento che la Fon-dazione Italia Cina, presieduta da Cesare Romiti, riconosce a Danilo Faloppa, per la passione e l’impegno imprenditoriale. |

www.joyelectronics.com.cn

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di crescerelapiù delvolontà

mercato

Amplifon,

L’impresa milanese nata nel 1950, oggi è leader mondiale nella commercializzazione di apparecchi acustici. Qualità, internazionalizzazione, ricerca e rispetto della persona al centro delle strategie aziendali

a cura della redazione

Un’azienda milanese nata nel 1950 con un unico obiettivo: dare una risposta e una soluzione concreta alla crescente domanda di cura dell’udito. Era il sogno di Charles Holland, fondatore di Amplifon, società specializzata nella commercializzazione di apparecchi acu-stici. Il sogno si è realizzato e nel corso di più di mezzo secolo si è ingrandito diventando oggi un colosso multinazionale, presente in 18 paesi, il cui fatturato nel 2009 è stato pari a 657 milioni di euro. “La nostra formula vincente? Esportiamo un servizio completa-mente Made in Italy – spiega l’amministratore delegato Franco Moscetti -. Un servizio fondato sul rispetto delle caratteristiche individuali del cliente e sulla qualità. Dobbiamo la continuità del nostro successo all’impegno delle oltre 8.500 persone che, in tutto il mondo, lavorano con noi”. I pilastri su cui si fonda il successo del Gruppo sono: l’innovazione, dei prodotti e dei servizi, la continua ricerca, l’internazionalizza-zione e la qualità. La Ricerca è entrata nella storia di Amplifon fi n dagli inizi quando, nel 1971, venne creato il CRS (Center for Research and Studies), per lo studio e la ricerca legata ai defi cit uditivi, punto di riferimento per la classe medica, e Amplaid, Linea Biomedica in grado di off ri-re allo specialista otorinolaringoiatra una serie di strumenti, sem-pre all’avanguardia, per la diagnostica e la riabilitazione nel cam-po audiologico. Dal 1998 la struttura di ricerca è presente anche all’estero, consentendo all’azienda di sviluppare profi cue sinergie con Istituti Universitari, enti e società scientifi che nazionali e inter-nazionali. Il CRS è diretto da un Comitato Scientifi co indipendente composto da esperti di alto profi lo della comunità scientifi ca, che forniscono consulenza scientifi ca e tecnica e identifi cano, su base annuale, le iniziative da intraprendere.

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nel settore. “L’internazionalizzazione è im-portantissima – spiega Franco Moscetti. Da una parte ci permette di crescere e dall’altra ci da l’opportunità di ricercare il meglio che il mondo off re”.Il primo tassello sul mosaico dell’interna-zionalizzazione è stato posizionato nel 1992 con la costituzione di Amplifon Ibérica, so-cietà di distribuzione e applicazione d’ap-parecchi acustici che si espande in seguito anche in Portogallo. Dal 1998 al 2000 ven-gono acquisti Micro-eletric (leader del mer-cato svizzero), Viennatone (3° posizione sul mercato austriaco), CCA Groupe (leader del mercato francese), Surditè Dardy (leader sul mercato francese svizzero), Miracle Ear (le-ader del mercato americano), Acoudire (le-ader del mercato olandese). L’espansione sul mercato globale non si ferma e il Gruppo si allarga presto grazie alla joint venture con Bardissi Medical, il gruppo egiziano leader degli apparecchi acustici, e verso i mercati dell’est con l’acquisizione strategica del 100% di Viton, società ungherese che distribuisce apparecchi acustici nel mercato nazionale.

Seguono altre operazioni tra cui: l’acquisi-zione del 100% di Sonus Corporation seguita da quella del 100% delle attività di National Hearing Centers; l’acquisizione di Beter Ho-ren Nederland con cui il Gruppo consolida la leadership sul mercato olandese.Nel 2005, Amplifon entra nel mercato tede-sco tramite l’acquisizione di Axt-Wendton e di Dr. Hähle Hörakustik GmbH (Germania orientale); nel 2006 acquisisce il 100% di Ul-travox, operante in Gran Bretagna; nel 2009 Amplifon fa il proprio ingresso nel mercato belga e, in ultimo, nel settembre 2010 Am-plifon allarga ulteriormente i suoi orizzonti ed entra nel mercato australiano, acquisen-do National Hearing Care Group (NHC), primario operatore attivo nella commercia-lizzazione di soluzioni uditive presente in Australia, Nuova Zelanda ed India con un network complessivo di circa 200 negozi. “Quest’ultima operazione – spiega Moscetti - potrà consentire al gruppo Amplifon di porre solide premesse anche per una futura espan-sione nei mercati asiatici. Forte di una pre-senza radicata nel mondo e di strategie ben

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Storia di successo

“Il nostro dogma – prosegue Moscetti – è quello di crescere più del mercato e più dei nostri concorrenti e per farlo ricerca e innovazione sono indispensa-bili. Ogni soluzione viene per-sonalizzata in base alle esigen-ze del cliente”. Amplifon infatti non produ-ce gli apparecchi acustici ma fornisce soluzioni esclusive e tecnologicamente avanzate che permettono a milioni di perso-ne di migliorare la propria co-municazione uditiva in tutte le situazioni d’ascolto. “Lavoria-mo a 360 gradi nel Business to Consumer – prosegue l’ammi-nistratore delegato -. Il nostro obiettivo è quello di comuni-care con il cliente e con il con-sumatore fi nale che da sempre rappresenta il centro delle no-stre strategie, il core business”. Tra le strategie vincenti del Gruppo, l’internazionalizzazione rappresenta un capitolo fonda-mentale e fondante, una strate-gia attuata e adottata a partire dagli anni Novanta che ha per-messo ad Amplifon di acquisire una serie di altre società leader

Tra le strategie vincenti del Gruppo, l’internazionalizzazione rappresenta un capitolo fondamentale e fondante, una strategia attuata e adottata a partire dagli anni Novanta che ha permesso ad Amplifon di acquisire una serie di altre società nel mondo, leader nel settore

Franco Moscetti, amministratore delegato dell’azienda

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defi nite, il Gruppo è riuscito a reagire ai colpi della crisi a suon di innovazione e nuovi progetti. Uno tra questi è la rivoluziona-ria “store experience”, un nuo-vo format di negozio nato con l’obiettivo di trasformare l’in-gresso in un negozio Amplifon da un passo obbligato per una decisione medico-scientifi ca in un’esperienza emozionale po-sitiva. “Abbiamo investito in questa nuova idea di negozio – spiega Franco Moscetti – per andare incontro alle sempre nuove esigenze del cliente e ridurre il più possibile gli ele-menti di ansietà tipicamente associati ai problemi di udito. L’impronta emozionale dei nuo-vi negozi consente di accogliere il cliente e guidarlo passo dopo passo in un percorso di risco-perta dell’udito”.Dopo 60 anni di conquiste, in-novazioni e strategia, Amplifon “non è solo leader di mercato – conclude Moscetti – ma è anche identifi cativo di una tipologia di prodotto e di una tematica, ovvero l’udito”. |

AmplifonIl Gruppo Amplifon è leader mondiale nella commercia-lizzazione, applicazione e personalizzazione di soluzio-ni uditive. Le capacità inno-vative, la presenza capillare sul mercato ed un modello di business unico ed innovativo hanno consentito all’azien-da, nata in Italia nel 1950, una crescita continua nel tempo ed il consolidamento della propria leadership in tutti i Paesi in cui è presente. Oggi il Gruppo Amplifon detiene una quota del 9% del merca-to globale ed è presente in ben 18 paesi di 5 continenti con circa 3.200 punti vendita e 2.200 centri di servizio, im-piegando circa 8.500 persone in tutto il mondo. Il business del Gruppo, il cui fatturato nel 2009 è stato pari a 657 mi-lioni di euro, è focalizzato principalmente sul settore degli apparecchi acustici (87%), seguito da altri pro-dotti quali pile, materiali di consumo, riparazioni, acces-sori, parti di ricambio e servi-zi (12%) e da apparecchiature biomedicali (1%).www.amplifon.com

Il segreto del successo risiede nella costanza con cui si persegue uno scopo. Benjamin Disraeli

La sede milanese di Amplifon

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Emilia Romagna, Unioncamere Molise, Vicenza Qualità.

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L’azienda di Rezzato, nel bresciano, è nata come alternativa italiana alle imprese estere che detenevano il monopolio del mercato antinfortunistico. A distanza di quindici anni è diventata una delle prime ad esportare il concetto di occhiale sportivo e di design in campo safetytesto di Laura Di Teodoro

Una sfi da partita da Rezzato, nel bresciano con il principale obiettivo di proporre un’alternativa completamente italiana alle aziende straniere che ai tempi detenevano la maggioranza del mercato an-tinfortunistico. Così Armando Portesi, ingegnere e attuale amministratore unico dell’azienda, ha fon-dato nel 1997 la Univet, specializzata nella proget-tazione e nella produzione di sistemi ingrandenti e dispositivi ottici di protezione individuale (DPI) per il settore industriale, medicale e laser. Oggi l’impresa bresciana ha vinto la sfi da diventando una delle prime ad esportare il concetto di occhiale sportivo e di design in campo safety e aff ermandosi come “unica azienda al mondo in grado di propor-re linee complete per la protezione degli occhi in ambiti così diversifi cati” come ci racconta Massi-mo Ortolani, Direttore Commerciale italia per la Univet Srl. L’azienda è presente in tutta Europa e in buona parte di paesi quali Russia, Giappone etc. I progetti futuri puntano alla “conquista” di Paesi quali Brasile, Australia e USA. I buoni risultati rag-giunti in Italia infatti, hanno fatto da leva a un pro-cesso di internazionalizzazione abbastanza rapido. “Grazie al completamento, nel tempo, della gamma di prodotti – prosegue il Direttore Commerciale -, oggi la nostra azienda ha maturato la forza per pro-porsi nel settore industriale, ospedaliero, laser, den-tale, militare, chirurgico, e dei sistemi ingrandenti. La sede di Rezzato di Univet

Univetsicural’innovazione

“ ”

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Azienda di successo

Oggi Univet conta un organico interno di 48 persone suddivise tra: uffi cio amministrativo, uffi cio commerciale e marketing, magazzino, uffi cio acquisti, uffi cio tecnico e produzione; una fi liale in Francia (a Morez) e un fi eld offi ce in Germania, entrambi composte da tre unità

Da sinistra: Gianpiero Giuliano, Paolo Portesi (general manager)e Massimo Ortolani(Direttore commerciale)

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Sicuramente il successo è frutto di una serie di componenti che l’azienda ritiene fondamentali per ottenere e mantenere nel tempo i risultati sperati. La qualità dei prodotti proposti, il servizio e l’effi -cienza nel fornire supporto immediato ai propri clienti, il rispetto dei mercati e del lavoro svolto in abbinata con i propri clienti, hanno permesso a Univet di im-porsi, prima sul mercato nazionale e poi su quello Europeo, quale realtà emer-gente ed alternativa alle aziende storiche leader di settore”.E quando si parla di qualità, “lo sti-le italiano” diventa il fi l rouge che lega tutti i prodotti: “Sicuramente una delle caratteristiche che accomuna i nostri prodotti sono lo stile italiano e soprat-tutto la cura dei particolari, il rispetto delle normative vigenti in termini di

DPI e la qualità dei materiali utilizzati nella fase produttiva”. Non esiste qua-lità senza una giusta e adeguata ricerca, settore in cui l’azienda continua a in-vestire sia in termine economici che di risorse umane.“Sicuramente negli anni, gli investimenti in ricerca per generare nuove linee di prodotti e materiali tec-nici innovativi, rivestono un carattere di estrema importanza – prosegue Ortola-ni - Univet è un’azienda particolarmente dinamica e sensibile, sempre rivolta alla ricerca di soluzioni innovative e nuove proposte che possano elevare i contenuti tecnici di una realtà in costante cresci-ta”. Oggi Univet conta un organico in-terno di 48 persone suddivise tra: uffi cio amministrativo, uffi cio commerciale e marketing, magazzino, uffi cio acquisti, uffi cio tecnico e produzione; 11 agenti

sul territorio nazionale per la promo-zione e vendita dei propri prodotti; una fi liale in Francia (a Morez) e un fi eld offi ce in Germania, entrambi composte da tre unità. Per questo 2011 la parola d’ordine resta la speranza legata alla ri-presa: “Sicuramente ci auguriamo, come credo la maggior parte dei nostri com-petitor - conclude il Direttore Commer-ciale -, una rapida ripresa del mercato industriale che, purtroppo, ancora oggi stenta a manifestarsi sia in Italia che a livello Europeo”. |

www.univet.it

Sicuramente i più coraggiosi sono coloro che hanno la visione più chiara di ciò che li aspetta, così della gloria come del pericolo, e tuttavia l’affrontano.Tucidide

La storia di univetUnivet srl nasce nel 1997 dalla brillante idea dell’ingegner Armando Portesi di proporsi sul mercato quale nuova azienda Italiana alternativa alle allora aziende straniere detentrici del mercato antinfortunistico nel nostro paese. Dopo circa un anno di affian-camento ad una nota azienda milanese produttrice di occhiali da lavoro e da sole, la Univet srl inizia la propria avventura: nel 1998 lancia la prima linea di prodotti specifici per il mondo antinfortunistico a proprio marchio e inizia la scalata nel settore DPI. Dalla sede produttiva di Rezzato, in provincia di Brescia, Univet esporta i propri prodotti in oltre quaranta paesi con una quota export pari al 50% del proprio fatturato: 9 milioni di euro nel 2009. Inoltre il 2010 ha visto la nascita di Univet France e del nuovo Field Office in Germania. Univet sostiene la sua presenza a livello internazionale partecipando attivamente a numerose fiere in tutto il mondo. Univet France prende vita dalla collaborazione dell’azienda bresciana con gli imprenditori francesi Sebastien Fangeat, commerciale proveniente da una passata esperienza come tecnico di prodotto nel settore della protezione medicale e industriale, e Jean-Michel Gaillard, ottico di notevole competenza specializzato nei dispositivi di protezione correttivi. L’espansione interna-zionale prosegue con la nascita del nuovo Field Office in Germania, secondo mercato Univet subito dopo l’Italia. Con l’obiettivo di espandere la propria presenza sul mercato tedesco, Univet ha allestito un nuovo ufficio commerciale, diretto dal Sig. Ralf Jensen, Country Manager Germania – Austria – Svizzera, e della Sig.ra Daniela Gross, Assistant Country Manager & Customer Service.

dettagli della produzione

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Business&Gentlemen marzo - maggio 2011

Capobianco sdogana la felpa nel guardaroba della high society grazie al prezioso connubio con il cashmere e la ricercatezza di dettagli “made with love”. L’azienda bergamasca ha partecipato all’ultima edizione di Pitti Immagine Uomo

Passi felpati

Marco Lorenzi, CEO di Duelle Industria

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Azienda di successo

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Pitti Immagine Uomo 2011 è solo l’ultima sfi da vinta da Capobianco, brand nato nel 2008 dalla creatività di Marco Lorenzi, CEO di Duelle Industria srl, azienda orobica da oltre 25 anni in prima linea nella realizza-zione di prodotti in tessuto a maglia. A Firenze il mar-chio che ha fatto del binomio felpa&cashmere la sua ispirazione e del pay off “made with love” l’espressione della sua fi losofi a di stile, ha saputo infatti conquista-re grazie alla sua “politica della qualità” l’attenzione dei buyer mondiali, sedotti dai materiali d’eccellenza utilizzati per la realizzazione dei capi, dal loro design, dallo studio dei dettagli e dalla lavorazione sartoriale. Non stupisce così che dalla spiaggia dell’Isola d’Elba a cui lega il suo nome, Capobianco sia volata anche oltreoceano, riuscendo a conquistare vetrine storiche, come quelle della newyorkese Barney’s, vera mecca di stile tra gli amanti del made in Italy. Un riconoscimen-to questo che è il frutto di un lungo lavoro di ricerca e di una buona dose di “spregiudicatezza fashionista”, come la defi nirebbero gli attenti alle mode. Non si spiegherebbe altrimenti la decisione di combinare un tessuto tradizionalmente ritenuto casual ed informale come la felpa, con il cashmere, quint’essenza del lus-so e della ricercatezza. Il risultato di questo azzarda-to melting pot sono capi passepartout, perfetti per i cultori dell’easy to wear e per chi cerca soluzioni in grado di stemperare anche il look più formale. Sarà per questo che il blouson, capo-icona della collezione, è stato adottato anche da Sergio Marchionne? O sarà la scelta tenacemente made in Italy ad aver contribuito al successo del brand?

Le leggi della globalizzazione sembra non abbiano scalfi to le vostre scelte in termini di realizzazione. Le collezioni Capobianco non solo sono interamente realizzate in Italia, ma recuperano anche quella cul-tura sartoriale che negli ultimi anni si era persa…La realizzazione di ogni nostro capo è il frutto di una serie di passaggi che, iniziati nella sede dell’azienda, dove si eff ettuano lo studio e il taglio del modello, proseguono poi in laboratori artigiani distribuiti tra Lombardia e Veneto, in cui avviene invece la produ-zione. Il risultato di questa specializzazione di compe-tenze sono prodotti curati nei dettagli, evidenti segni di quella artigianalità sartoriale che ha contribuito al successo del made in Italy nel mondo. Le nostre colle-zioni non fanno che recuperare quei concetti di valore dei capi, di attenzione per i particolari e di unicità del-le lavorazioni persisi negli ultimi anni.

Un‘operazione revival che si scontra con le regole di im-mediatezza proposte dai colossi della moda veloce…Negli ultimi anni la moda “fast food”, fi glia della di-namicità del mercato e delle esigenze “usa e getta” del consumatore fi nale, ha portato a modifi care le leggi della produzione, anche nella moda. Collezioni veloci, realizzate con materiali poco pregiati e con lavora-zioni spesso approssimative, svolte ben oltre i confi ni del Paese, hanno invaso le nostre vetrine e, complici i prezzi competitivi, i nostri guardaroba. Il loro de-sign ultra modaiolo e la scelta di materiali dalla qua-lità non eccellente ne determinano però la breve vita.

Life style “made with love”Alla ribalta delle passerelle a partire dal 2008, anno in cui vie-ne presentata la prima collezione primavera/estate declinata al maschile e femminile ed ispirata al mondo del golf, Capobianco ottiene la sua prima ufficiale consacrazione a Pitti Immagine 2011 e a Designer Collectives 2011. In due anni il brand che fa capo alla Duelle Industria srl, azienda nata nel 1985 come labo-ratorio di confezioni in tessuto a maglia e negli anni evolutasi in partner di primo piano per brand italiani di spicco del comparto moda (Paul & Shark, Cerruti, Ermenegildo Zegna, Alfred Dun-hill e Bottega Veneta tra gli altri), ha saputo ritagliarsi una propria nicchia di valore, che ha portato Marco Lorenzi, CEO di Duelle Italia, a mutare il brand, da semplice marchio, a concept di stile. Il “made with love” si è così evoluto in “life style” e la naturale vocazione alla ricercatezza dei dettagli e alla cura nella realizzazione dei prodotti si è trasformata in filosofia di “well dressing e good living”.

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La variabile prezzo non sembra essere tenuta in considerazione...Un capo che sceglie cotone egiziano e peruviano, il migliore disponibile sul mercato, punta sul cashmere e affi da al lavoro manuale i sui dettagli ha sicuramente un valore commisurato alla qualità dei suoi materiali e della sua realizzazione. Il prezzo del “made with love” corrisponde a quello del “made with quality”.

Una politica che sembra aver dato risultati che vanno oltre i confi ni nazionali...Abbiamo partecipato con ottimi riscontri, oltre che a Pitti Immagine 2011, anche a De-signer Collectives, rassegna americana di primo piano per l’universo della moda. Il che ci lascia ben sperare per l’immediato futuro, che vuole la nostra distribuzione allargarsi anche a Francia, Germania, Giappone e agli USA. Per pensare a dei monomarca, invece, ci prendiamo tempo. Credo che i prossimi 5 anni saranno determinanti. Oggi mi sento unicamente di pensare al 2011, per cui ipotizziamo un margine di crescita del brand del 50% a fronte dell’attuale 30% e un ulteriore incremento dell’export , attualmente attesta-to intorno al 20%. |

La moda passa, lo stile resta. Gabrielle Coco Chanel

www.capobianco.org

Capobianco ha scelto di sovvertire le regole, tornando alla tradizione, rein-terpretata però in chiave contempo-ranea, e puntando sulla durata delle sue realizzazioni. Una nostra giacca è ultragenerazionale, perché può pas-sare dall’armadio del padre a quello del fi glio senza perdere in appeal e in qualità. I nostri capi, “tradizional-mente moderni”, si propongono come evergreen, fuori dalle mode ma capaci di dettarle e interpretarle, grazie alle contaminazioni del colore e all’utiliz-zo di piccoli dettagli, anche tecnici, che gli conferiscono una continuità che va oltre la classica stagionalità.

Quanto conta il fattore “T”, tec-nologia tessile, nella realizzazione finale?Materiali e trattamenti sono due punti nodali nella realizzazione di capi destinati a lasciare un’impron-ta. A distinguere le collezioni Capo-bianco ci pensano, oltre alla rifi nitu-ra a mano di alcuni dettagli, come la cucitura delle etichette, l’apposizione di colli e bordature in cashmere, di zip e bottoni a conclusione delle fasi di lavorazione, anche speciali tratta-menti brevettati. Penso al “Frosted”, al “Mano cashmere” e al “Tratta-mento idrorepellente” che contribu-iscono a rendere ogni capo non solo unico, ma ancor più pregiato.

Capobianco ha scelto di sovvertire le regole, tornando alla tradizione, reinterpretata però in chiave contemporanea, e puntando sulla durata delle sue realizzazioni. Per il 2011 l’azienda ipotizza un margine di crescita del brand del 50% a fronte dell’attuale 30% e un ulteriore incremento dell’export, attualmente attestato intorno al 20%

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... flessibili,

personalizzati

e interdisciplinari

per sostenere

la competitività

delle imprese.

La casa degli imprenditori dà più spazio alle imprese e ai servizi...

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L’azienda comasca è specializzata nella gestione dei crediti e nelle informazioni patrimoniali. Milène Sicca, fondatrice e attualmente alla guida della società, punta sulla professionalità, sull’etica e sulla capacità di anticipare i tempi

a cura della redazione

Una storia che parla di etica, competi-tività e professionalità. Un’impresa con un’impronta quasi tutta al femminile, nata dalla passione, dall’entusiasmo e dall’imprenditorialità della sua fonda-trice, Milène Sicca, attuale presidente del Gruppo Terziario di Confindustria Como. Si tratta di Gib Italia Service, specializzata nella gestione dei crediti e nelle informazioni commerciali/pa-trimoniali. L’azienda, con sede a Ca-vallasca, Como, è nata nel 1990 come ditta individuale e, a distanza di poco più di vent’anni, è diventata una vera e propria impresa forte di un organi-co complessivo di quasi 80 persone e composto soprattutto da donne. La formula vincente? “La ricerca conti-nua dell’innovazione, la capacità di riuscire ad anticipare i tempi, l’orga-nizzazione del lavoro e molta profes-sionalità – sostiene Milène Sicca -. In questi anni abbiamo attivato servizi nuovi e adeguati alle esigenze dei pro-fessionisti e questo ci ha premiato”. Tra i principali committenti di Gib Italia Service ci sono 15 gruppi ban-cari e finanziari a livello nazionale ed estero, nonché i principali Tribunali della Lombardia, oltre a 140 aziende di tutta Italia. Oggi Gib Italia Service offre servizi di risk management estremamente qua-

lificati quali la due diligence per la valutazione preventiva del rischio di credito nelle forniture di beni e servi-zi, l’analisi di realizzabilità dei crediti ai fini del recupero dei crediti, della stesura del bilancio, dei margini di trattativa in eventuali soluzioni tran-sattive o, in ambito concorsuale, per i professionisti ai fini della stesura del piano di liquidazione dell’attivo nel fallimento o della domanda di concor-dato. Inoltre effettua servizi di valida-zione dei dati conferiti dai richiedenti retail o corporate ai fini dell’accesso al credito per Banche e Finanziarie.La creazione e la realizzazione dei servizi e del know how attuali si sono realizzati attraverso un percorso pro-attivo di studio, di analisi dei problemi e di soluzione alle necessità di volta in volta affrontate.“A partire dagli anni Novanta – spiega Milène Sicca – abbiamo iniziato recu-perando i crediti finanziari di Banche e Società di Leasing. Dopo di che, nel 1996, abbiamo iniziato a gestire i cre-diti di natura patrimoniale per conto della pubblica amministrazione cen-trale e degli Enti Locali. Siamo quindi diventati Direzione Regionale di una Società di Riscossione iscritta all’Al-bo Ministero dell’Economia e delle Finanze per la verifica (liquidazione

la risk intelligence al servizio delle imprese

Gib Italia,

e accertamento) e la riscossione dei Tribu-ti”. Forte di una professionalità riconosciuta e competenze maturate in materia di diritto tributario e fallimentare, a partire dal 2000, Milène Sicca ha inserito un servizio assolu-tamente innovativo a favore delle Procedure Concorsuali occupandosi della ricostruzione anche contabile del monte crediti insoluti per poi curarne il recupero in tempi brevi in Ita-lia e all’Estero. “Abbiamo inizialmente collaborato con i Tri-

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Storia di successo

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bunali di Como, Monza e Busto Arsizio - prosegue la titolare - ad oggi gestiamo pratiche di recupero e accertamenti patri-moniali di 12 Tribunali. Questo tipo di servizio rappresenta un valore aggiunto per curatori, commissari e liquidatori perchè migliora il risultato di gestione e la liquidità per i creditori, sen-za dimenticare la riduzione dei tempi e dei costi di gestione” E siccome l’innovazione resta il cavallo di battaglia dell’azienda, la Gib Italia Service non si è fermata, realizzando per le impre-se servizi volti a migliorare il ciclo attivo e di conseguenza la liquidità aziendale. “ Oggi fare impresa è più difficile oltre che rischioso, non si può vivere alla giornata, l’imprenditore deve

avere tutte le competenze e conoscenze necessarie per gestire in modo consapevole ed efficiente la propria azienda”, spiega Milène Sicca.

La novità più interessante e curiosa riguarda l’acquisizione (di cui sono diventati distributori e partner ufficiali) di una banca dati mondiale di risk intelligence che contiene dati ufficiali re-lativi a tutti i nominativi di persone giuridiche e fisiche coinvol-te in reati quali: il riciclaggio, la criminalità organizzata, i reati contro il patrimonio, il narcotraffico ecc. “Sono venuta a conoscenza di questa banca dati in occasione

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www.gibitalia.it

Milène Sicca, fondatrice di Gib Italia Service

I dipendenti dell’azienda comasca

Nulla di grande è stato realizzato nel mondo senza la passione. G. Wilhelm Hegel

Milène SiccaMilène Sicca, fondatrice di Gib Italia Service, ha ricoperto e ri-copre inoltre una serie di prestigiosi incarichi istituzionali: Past President Unirec- Confindustria Roma; Responsabile Studi Giuri-dici Unirec fino al 2010; Vicepresidente OIPA (osservatorio, impre-se, pubblica, amministrazione). Dal 2010 è stata nominata Presiden-te del Gruppo Terziario e Industrie varie di Confindustria Como. E’ laureata in Giurisprudenza con specializzazione post lauream in Gestione della crisi d’impresa e Contrattualistica di impresa.

di una riunione sulla Compliance di una Multinazionale mia cliente e mi sono mossa per collegarlo alla mia attività, pro-segue Milène Sicca. I dati prodotti in que-sta banca dati arriva-no da diverse fonti: stampa locale carta-cea e web, tribunali, forze dell’ordine, ca-mere di commercio ecc. Il servizio di con-sultazione di questa banca dati serve alle Banche, ai Professio-nisti, alle Imprese ai fini della “adeguata verifica della clien-tela” di cui alla nor-mativa antiriciclaggio nonché in ottempe-ranza al dettato della normativa sulla re-sponsabilità anche penale delle persone giuridiche che, con questa risorsa, posso-no dimostrare di aver posto in essere tutte

quelle misure di pre-venzione necessarie per contrastare even-tuali coinvolgimenti in accertamenti della Guardia di Finanza e/o inchieste della Magistratura. Insomma, un’ulteriore conferma della capaci-tà di anticipare i tempi in molte direzioni. “Mi sono sempre concen-trata sulla ricerca, la formazione e la pro-fessionalità, cercando di precorrere le ne-cessità e i bisogni dei miei clienti. Da una parte il nostro succes-so è frutto di questa voglia di innovare, dall’altra il merito è del gruppo di lavoro. Siamo un bel gruppo e a tutti cerco di tra-sferire la mia filosofia aziendale, ovvero non smettere mai di impe-gnarsi e avere sempre degli obiettivi da rag-giungere”. |

La creazione e la realizzazione dei servizi e del know how attuali si sono realizzati attraverso un percorso proattivo di studio, di analisi dei problemi e di soluzione alle necessità di volta in volta aff rontate

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vetroinnovazione

Investimenti costanti in macchinari innovativi, diversificazione e qualità di servizio e prodot-to. Tre pilastri su cui la Vetraria Cogliati, leader nella lavorazione del vetro nel settore dell’edi-lizia e dell’arredamento, continua a costruire il proprio successo. Facciate, parapetti, coperture, vetrate, elementi di arredo interno, sono solo alcuni dei prodotti realizzati dall’azienda di Lissone, brianzola Doc, fondata nel 1966 da Giuseppe Cogliati e oggi gui-data dalla seconda generazione di famiglia. Azien-da che è voluta andare oltre i “classici” utilizzi del vetro per ricercare nuovi sbocchi e crearsi così ul-teriori nicchie di mercato. Una missione più che riuscita e che vede oggi l’impresa all’opera con nuovi progetti tra cui, il più importante, il vetro fotovoltaico, realizzato ad esempio, per la nuova sede della Regione Lombardia a Milano. Forte di un organico di 44 dipendenti, la Coglia-ti, pur mantenendo la storicità e l’attaccamento al territorio, si è internazionalizzata creando un brand di prodotti di lusso per l’arredobagno, gra-zie a un felice connubbio fatto di qualità nella ma-estranza della lavorazione del vetro, caratteristica diventata da una parte espressione del Made in Italy e dall’altra di alta industrializzazione.

L’azienda di Lissone, nella Brianza, è specializzata nella lavorazione del vetro nel settore dell’edilizia e dell’arredamento. Per il 2011 punterà sui grandi cantieri e sul vetro fotovoltaico

testo di Laura Di Teodoro

eil felice connubio

tra

Cogliati,

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La sede di Lissone della Vetraria Cogliati

Storia di successo

“Il continuo investimento in macchina-ri aggiornati e prodotti innovativi, è di-ventato il nostro punto di forza – spiega l’ingegner Maurizio Nava, Direttore Ge-nerale dell’azienda -. Un impegno che ci ha permesso di diversifi care la nostra off erta sul mercato andando a sopperire così i vari cali fi siologici conseguenti la crisi che, a rotazione, ha colpito i settori in cui operiamo.” Come ci racconta il Direttore Generale, il processo di diversifi cazione ha preso il via fi n dagli albori e si è sviluppato parallela-mente alla crescita dell’azienda.“La Cogliati è nata con 3-4 dipendenti – spiega Nava – e fi n dall’inizio, grazie

all’intraprendenza del fondatore, si è specializzata in lavorazioni speciali per l’edili-zia, l’arredamento con la fantasia di proporre sempre qualcosa di speciale”.Iniziano così gli investimenti in macchinari e prodotti nuovi: si parte con il forno per la tempra del vetro in verticale (uno dei primi in Italia) e si prosegue con una delle prime linee di vetrocamera per edilizia della Brianza. Nel 1986 viene installata una linea di taglio vetro con magazzino e movimentazione lastre (6 metri x 3,21 metri) completamente automatizzate e gli impianti per vetrocamera e di molatura vengono sostituiti con altri a processo automatizzato. Nel primo decennio del 2000 il testimone è passato alla seconda generazione, al ge-nero Maurizio Nava e alle tre fi glie di Giuseppe Cogliati (Roberta , Paola e Valeria): “Negli ultimi dieci anni – spiega l’ingegner Nava – ci siamo molto industrializzati e abbiamo ottenuto marchi qualità a norme UNI e CE (Comunità Europea). Abbiamo portato a termine investimenti imponenti nell’impiantistica per potere re-alizzare vetri di grosse dimensioni e per potere lavorare i vetri di nuova generazione con rivestimenti speciali, che consentono elevati risparmi energetici (riscaldamento invernale e condizionamento estivo) e un miglioramento sul fronte dell’estetica. Tut-

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to questo ci ha permesso di re-alizzare vetri per edifi ci quali il Centro Meridiana di Lecco, progettato da Renzo Piano”. Con la nuova generazione ar-rivano ulteriori innovazioni tra cui la nascita, nel 2005, del marchio Cogliati...Cogliati ve-tro e design, ergo la creazione di una linea propria di pro-dotto fi nito per l’arredobagno. “Essendo l’azienda terzista, abbiamo voluto creare un no-stro marchio volendo espor-tare un prodotto di qualità, espressione del Made in Italy, in tutto il mondo, con design di gusto internazionale”. I mercati di riferimento per la Vetraria Cogliati restano la Lombardia e la Svizzera. Con l’introduzione del nuovo mar-chio l’azienda è approdata in Paesi quali Arabia Saudita, In-dia, Medio Oriente e America. La formula vincente? “In que-sti anni – prosegue Nava – ci ha premiato la nostra storicità, e lo sforzo per ricercare appli-cazioni del vetro innovative, affi ancando l’alta industrializ-zazione raggiunta alla nostra professionale maestranza nel-la lavorazione del vetro. Siamo

cresciuti pur mantenendo in-tatti i nostri valori iniziali”. La crisi degli ultimi due anni ha colpito alternativamente sia l’edilizia che l’arredamen-to. “Il lavorare molto sul “su misura” ci ha permesso di te-nere bene – prosegue Nava -. Facciamo lavori per ville par-ticolari, edilizia residenziale e per interior designer. In que-sto periodo invece cercheremo di puntare più sull’edilizia dei grossi cantieri perchè l’arreda-mento e l’edilizia residenziale stanno calando, e soprattutto punteremo sul fotovoltaico che abbiamo già concretizzato con la nuova sede della Regio-ne Lombardia e del Politecni-co di Torino. Ora stiamo rea-lizzando parte della copertura della stazione di Porta Susa di Torino”. |

www.cogliati-cogliati.itwww.cogliati.it

Non si tratta di pensare di più, quanto di pensare diversamente.”Jean Marie Domeneque

GRUPPO COGLIATI Il Gruppo Cogliati nasce nel 1966 come Vetraria Co-gliati grazie all’intraprendenza di Giuseppe Coglia-ti, figlio d’arte. Suo padre infatti era titolare di una vetreria già avviata. Nel 1981 la vecchia fabbrica viene ampliata costruendo a lato, con le più moderne tecniche, nuovi capannoni A metà degli anni Settan-ta nasce lo showroom di famiglia per l’esposizione di realizzazioni per l’arredo del bagno e della cucina. Nel 1986, a seguito degli investimenti per automatiz-zare i processi, l’azienda ottiene il Marchio di Quali-tà per le vetrate isolanti. Dopo quasi quaranta anni di affermazione nei principali campi di utilizzo del vetro, si arriva alla decisione di creare una linea propria di prodotto finito per l’arredobagno la cui materia principale fosse il vetro. La realizzazione di questa nuova collezione, innovativa e di respiro in-ternazionale, si concretizza attraverso una stretta collaborazione con il designer Giuseppe Viganò. Na-sce così nel 2005 il marchio Cogliati...Cogliati. Poco meno di due anni fa la Cogliati ha acquisito la Uvet, l’azienda specializzata nella curvatura del vetro fondata dal padre di Giuseppe Cogliati e ai tempi gui-data dal figlio Domenico, oggi agente per il Gruppo.

Forte di un fatturato di circa 7 milioni di euro e un organico di 44 dipendenti, la Cogliati, pur mantenendo la storicità e l’attaccamento al territorio, continua a crescere grazie a un felice connubbio fatto di maestranza nella lavorazione del vetro, un prodotto diventato espressione del Made in Italy e alta industrializzazione

I due impianti fotovoltaici installati sulla nuova sede della Regione Lombardia (1) e sulla copertura del Politecnico di Torino (2) e una linea di taglio vetro stratificato di sicurezza (3)

Il Direttore Generale della Cogliati, l’ingegner Maurizio Nava

(1) (2)

(3)

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CONFINDUSTRIA MONZA E BRIANZA

La prima organizzazionefra imprenditori sorta in Italia

RIANZA

Since 1902

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Ricerca, valorizzazione dei talenti, formazione di capitale umano di qualità inserito in un contesto internazionale e un ambizioso obiettivo fi nale: migliorare la qualità della vita dell’Italia. Sono i punti chiave su cui Giovanni Azzone, uno dei più giovani rettori nel-la storia del Politecnico di Milano, sta puntando dal giorno della sua elezione, nel giugno scorso. Azzone, forte dei suoi 30 anni trascorsi nell’ateneo milanese, prima come studente e successivamente in qualità di professore, è consapevole dell’importanza vitale della ricerca quale valore fondante dell’Università e risorsa imprescindibile per il progresso di un Paese.

Professor Giovanni Azzone, uno tra i più giovani Rettori alla guida di una delle maggio-ri realtà accademiche italiane. Dopo 30 anni trascorsi al Politecnico, quali sono le sue speranze per questo mandato?Beh, credo che solo in Italia gli under 50 possano essere defi niti giovani…A parte le battute, è vero che la mia elezione ha rappresentato per il Politecnico un salto generazionale, che è accentuato dalla scelta di una squadra formata da donne e uomini della mia generazione. Le speranze sono tante, prima di tutto quella di contribuire, alla guida di una istituzione come il Politecnico, a migliorare la qualità della vita del nostro Paese. Vorrei riuscirci, insieme ai miei colleghi, puntando sulle “cose” che un’università può fare: attraendo e formando capitale umano di qualità; sviluppando ricerca e innovazione; raff or-zando la nostra rete di relazioni internazionali; agendo, in ultima analisi, come un agente di sviluppo e un driver di competitività.Sicuramente, non sarà facile riuscirci in un periodo caratterizzato da una riduzione dei fi nanziamenti statali, tanto più in un’università come il Politecnico che è da sempre sotto-fi nanziata; sono però un ottimista: credo che se sapremo proporre progetti di qualità alle istituzioni, nazionali e territoriali, riusciremo a trovare le risorse necessarie.

Cosa sente di portare all’Università della sua esperienza?Io sono uno degli esempi, spesso vituperati, di docente universitario che ha svolto tutta la sua carriera nell’università dove ha studiato. Credo però che l’essere “politecnico” mi abbia insegnato il rigore, il metodo ma anche la consapevolezza che non posso fare tutto da solo, che ho bisogno della collaborazione di tutti. Penso possa essere importante l’aver unito, in questi anni, all’esperienza accademica la pos-sibilità di metterla in pratica in alcune situazioni interessanti, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel Comitato Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e in alcu-ne grandi imprese….insomma, vorrei unire la “speranza” del teorico con la “concretezza” dell’uomo di organizzazione.

Il Politecnico di Milano, grazie alla School of Management, è stato in-serito dal Financial Times tra le 75 scuole d’Europa più eccellenti ed è stata posizionata tra le 75 scuole d’Europa più eccellenti; unica scuo-la italiana presente con tre master. Qual è il valore aggiunto che oggi i master qualifi cati possono dare alle imprese? Oggi il successo professionale è il ri-sultato di diverse capacità: la compe-tenza disciplinare, l’imprenditorialità e l’attitudine all’innovazione, l’aper-tura all’interazione con persone di al-tre culture, in particolare provenienti da Paesi diversi. Credo che un master qualifi cato, a vocazione internazio-nale, possa consentire di migliorare tutte queste capacità.

Uno dei capisaldi del suo program-ma è la ricerca su cui, nonostante tutto, non vuole mollare... Come in-tende muoversi a riguardo?Sì, certo che non voglio mollare. La ricerca è un valore fondante dell’Uni-versità, è imprescindibile per il pro-gresso di un Paese, senza ricerca non c’è crescita reale. Abbiamo oggi pun-te di eccellenza in ambiti apparente-mente lontani come le scienze natu-rali applicate e il design, l’energia e i beni culturali, i sistemi di trasporto e il management, il mondo delle co-

ricercaPuntare sulla

per la della

Italiaqualità

vita inIntervista a Giovanni Azzone, Rettore del Politecnico di Milano. Con il suoi 49 anni è uno dei più giovani rettori nella storia dell’ateneo. Le sue priorità: ricerca, innovazione, rafforzamento della rete di relazioni internazionali e una formazione di qualità

testo di Laura Di Teodoro

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Mondo Accademico

Sede della Scuola di Architettura e Società del Politecnico di Milano

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fatto sinora. Bisogna programmare a lunga scadenza, dando più spazio a intese di medio-lungo periodo con tutti i nostri partner, pubblici e privati che siano, evi-tando così collaborazioni occasionali. Il nostro modello è l’intesa fi rmata nel 2008 con Eni, che ci ha consentito di sviluppare competenze importanti in ambito inter-nazionale.

L’ingresso di 100mila giovani sul mercato del lavo-ro si tradurrebbe in una crescita del Pil di circa 0,2 punti, mentre ogni 100mila donne occupate in più si avrebbe un impatto di circa 0,3 punti sul Pil. Eppure In italia oltre il 20% dei giovani tra i 15 e i 29 anni hanno abbandonato la scuola senza un diploma e non lavorano e 2 milioni di giovani sono senza lavoro. Quale potrebbe essere la chiave di volta?Capire il valore intrinseco della formazione è il primo passo. Oggi scuola e università si parlano sempre di più e parlano sempre di più con il mercato del lavoro. Tante sono le iniziative con il mondo dell’istruzione media-superiore e anche la scelta di introdurre il test d’ingres-so a ingegneria ci ha permesso di alzare il livello di qua-lità dei nostri studenti e di orientarli verso una scelta più consapevole riducendo gli abbandoni. L’università dall’altro lato fa molto creando momenti di incontro fra studenti e imprese; a questo scopo orga-nizziamo 4.500 stage in azienda all’anno attraverso il nostro Career Service che conta 1.500 partner azienda-li per stage e tirocini. Certamente ciò rappresenta una corsia preferenziale verso il mondo del lavoro. Pensare al futuro dei propri laureati è una delle responsabili-tà dell’università e noi siamo attenti alle richieste del mercato anche per quanto riguarda la scelta dei nostri percorsi didattici. Dopo la laurea dobbiamo agevolare i percorsi di carriera in sinergia con le aziende attraverso la creazione di corsi professionalizzanti.

Cosa è chiamata a fare l’università e cosa il mondo del lavoro?L’università deve formare e innovare. Per questo agli studenti non si insegna solo la teoria, ma anche a la-vorare insieme a progetti specifi ci, imparando oltre alle competenze tecniche a confrontarsi con linguaggi e culture diverse su tavoli multidisciplinari. Formare architetti, designer e ingegneri signifi ca aiutare e svi-luppare in loro un senso etico, una responsabilità nel lavoro che andranno a svolgere. Il mondo del lavoro ci vede e deve continuare a vederci come un punto di riferimento sia per la qualità dei no-stri laureati che per quella della nostra ricerca.Come detto per muoversi in un ambiente competitivo sempre più globale e dinamico queste partnership non devono essere occasionali, ma di medio-lungo termi-ne, perché senza una programmazione non si può fare vera innovazione per il Sistema Paese. L’impresa deve

struzioni e delle infrastrutture e la matematica applicata, l’infor-mation technology e le politiche territoriali, per limitarsi ad alcuni esempi. Sono convinto che questa pluralità di interessi sia per noi una fonte di arricchimento reci-proco. Mi voglio, quindi, muovere su due fronti, uno interno e uno esterno all’Ateneo. Internamente, voglio raff orza-re la capacità di operare secondo un approccio multidisciplinare, creando anche da noi dei Design Center sul modello della Aalto universities, dove ricercatori della diverse discipline possano lavora-re insieme su problemi complessi. Dall’altro lato voglio che la ricerca esca dai nostri laboratori ed entri nel mondo della produzione con la creazione di vere e proprie part-nership con le imprese. Il mondo produttivo deve vederci sempre più come una risorsa.

Per la ricerca vogliamo raff orzare la capacità di operare secondo un approccio multidisciplinare, creando anche da noi dei Design Center sul modello della Aalto universities. Dall’altro lato voglio che la ricerca esca dai nostri laboratori ed entri nel mondo della produzione con la creazione di vere e proprie partnership con le imprese

La sede di Milano Bovisa del Poltecnico

Come far fronte al sottofi nanzia-mento a cui sono costrette le Uni-versità italiane? Dato il sottofi nanziamento diventa fondamentale l’autofi nanziamento. Nel 2009 abbiamo raccolto 70 mi-lioni di euro, di cui metà da bandi competitivi e metà dal trasferi-mento tecnologico della ricerca. Se consideriamo anche l’apporto della Fondazione Politecnico, dei consorzi e degli spin off abbiamo fi nanziamenti annui per 120 mi-lioni. Se però vogliamo continua-re a garantire standard elevati, sulla didattica e sulla ricerca, non possiamo accontentarci di quanto

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anche saper investire sulle persone e pensare a percorsi di formazione continua in collabora-zione con le migliori università.

Le Start-up rappresentano il segno concreto dell’innovazione che nasce e cresce nelle no-stre università. Come sarà il 2011 del Politec-nico su questo fronte?Il ruolo di incubatori e acceleratori di impresa è importante per attuare quella cooperazione con l’impresa indispensabile per creare buone partnership nel tessuto produttivo. Certamen-te in questo svolge un ruolo importantissimo la Fondazione Politecnico che gestisce il nostro acceleratore d’impresa. Siamo stati tra i primi atenei italiani a comprendere l’importanza del sostegno all’imprenditorialità per promuove-re la ricerca all’interno dell’università, crean-do nel 2000 l’Acceleratore d’Impresa, con il contributo di importanti strutture pubbliche e private. Per il 2011 pensiamo di continuare a investi-re ancora in questa direzione. Verrà attivato quest’anno anche il Fondo Politecnico per l’Innovazione, messo a punto insieme a Uni-credit, per assicurare la presenza di un seed capital importante a start up innovative.

Il sistema universitario italiano ha una scar-sa capacità di attrattiva nei confronti degli studenti stranieri. In che modo è possibi-le accrescere l’appeal degli atenei italiani all’estero? La situazione sta molto cambiando in questi anni. Il Politecnico di Milano, in particolare, ha agito secondo tre direzioni: abbiamo intro-dotto 14 lauree magistrali in lingua inglese; abbiamo raff orzato i servizi residenziali, che arriveranno, una volta ultimati i progetti in corso, a 3000 posti alloggio; abbiamo operato insieme alle istituzioni per consentire una ade-guata promozione in ambito internazionale e per diminuire gli ostacoli burocratici che an-gustiano chi voglia studiare in Italia. I risultati si sono visti: quest’anno, il 22% degli immatri-colati ai nostri corsi di laurea magistrale sono

Uno stato privo dei mezzi per operare qualche cambiamento è privo dei mezzi per conservarsi. Edmund Burke

www.polimi.it

GIOVANNI AZZONENato a Milano nel 1962, Giovanni Azzone si è laureato in Ingegne-ria delle tecnologie industriali ad indirizzo economico-orga-nizzativo presso il Politecnico di Milano. Dal 1997 è professore ordinario di Sistemi di controllo di gestione presso la Facoltà di Ingegneria dei sistemi del Politecnico di Milano. Dal 2002 è Proret-tore Vicario del Politecnico di Milano. Ha svolto e svolge attivi-tà di ricerca nel campo dell’analisi organizzativa e del controllo di gestione in imprese industriali e Pubbliche Amministrazioni. È inoltre membro dell’editorial board delle riviste “Engineering Design and Automation”, “European Journal of Innovation Mana-gement” e “Journal of Engineering Valuation and Cost Analysis”. Ha al suo attivo più di 60 tra libri, articoli e pubblicazioni.

stranieri, un livello direi paragonabile alle principali università europee, se esclu-diamo quelle anglosassoni, “avvantaggiate” dalla lingua. Certamente, non possia-mo accontentarci: stiamo lanciando un progetto di attrazione di studenti stranieri in collaborazione con il sistema delle imprese, focalizzandoci su sette mercati in-teressanti; Brasile, Russia, Cina, India, Cile, Canada e Vietnam. Vogliamo creare degli “ambasciatori” che valorizzeranno il nostro sistema Paese.

Verso quale direzione sta andando il sistema universitario italiano?L’Università italiana ultimamente è stata bistrattata e la sua immagine ne ha risen-tito. Credo invece che ci siano molte realtà di qualità che possano misurarsi con le eccellenze internazionali. E’ essenziale però decidere se, come sta accadendo nei principali Paesi europei, anche l’Italia voglia sviluppare alcune “fl agship”, focaliz-zare cioè le proprie risorse su alcuni centri di eccellenza, in grado di competere a livello internazionale. Altrimenti, credo che anche gli aspetti più positivi della riforma “Gelmini” rischino di avere un impatto modesto sul sistema.

Cosa si aspetta da questo 2011 sul fronte del sistema economico nazionale? Purtroppo poco, mi sembra che la competitività non sia al centro del dibattito nel Paese. Speriamo che le imprese e le istituzioni possano trovare al proprio interno la forza di reagire a un clima “stagnante”…da parte nostra, credo sia doveroso cercare di fare la nostra parte! |

Mondo Accademico

Giovanni Azzone, Rettore del Politecnico

Il Campus Leonardo del Politecnico, sede del Rettorato

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Un modello di business costruito sulla storia, la tradizione, sull’amore per lo stile di vita italiano e soprattutto sulla qua-lità di una risorsa naturale come l’acqua. Stiamo parlando della storia del Gruppo Sanpellegrino, un marchio conosciu-to a livello mondiale ed espressione di un Made in Italy che ha saputo coniugare al meglio i valori del gruppo multina-zionale Nestlè Waters, a cui appartiene, con una storia che va avanti da 110 anni. Stefano Agostini, amministratore delegato del Gruppo rac-conta i fondamenti di un successo che ha portato la San-pellegrino a fi gurare al 178esimo posto tra i maggiori 1.500 gruppi industriali italiani (rapporto Mediobanca 2010). “Il nostro successo è il risultato di 110 anni di un lavoro molto consistente che ha permesso all’azienda di portare all’este-ro un prodotto di qualità, supportato dal modo di vivere italiano”.

Stefano Agostini, amministratore delegato del Gruppo Sanpellegrino da tre anni e in azienda da 21 anni. Oltre ad essere il suo lavoro, cosa rappresenta per lei questa re-altà aziendale?Ha rappresentato e continua a rappresentare un’importante crescita personale. Sono entrato in questa realtà molto gio-vane: ho iniziato all’Acqua S. Bernardo, la prima azienda di acqua minerale acquistata dalla Nestlé in Italia. Dopo una prima esperienza come venditore sono passato a ricoprire l’incarico di responsabile territoriale prima e responsabile Italia del marchio in un secondo tempo. Nel corso di questi

Intervista con Stefano Agostini, amministratore delegato

del Gruppo Sanpellegrino. Un successo che prosegue

da 110 anni e ancorato alla storicità di un marchio,

alla qualità, alla sostenibilità e al rispetto per l’ambiente

testo di Laura Di TeodoroFotografi e di Vincenzo Lombardi

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Sanpellegrino,l’Italian Style

il giro del mondoche ha fatto

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Il Made in Italy nel mondo

primi anni ho girato molto, seguendo prima la S. Bernardo e suc-cessivamente l’Acqua Vera, due realtà che nel 1998 sono entrate in Sanpellegrino. Da quel momento mi sono occupato della riorga-nizzazione delle quattro divisioni (Levissima, San Bernardo, Ac-qua Vera e Sanpellegrino) entrate poi in Nestlè nel 1999 e mi sono occupato della direzione dei marchi regionali. Successivamente ho ricoperto l’incarico di direttore commerciale per l’Italia e nel 2004 ho intrapreso la carriera internazionale partendo per l’Inghilterra come Amministratore Delegato della Nestlè Water UK; ho man-tenuto questo incarico fi no a fi ne 2007 quando poi sono rientrato in Italia nella veste di Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino. Sono un manager con alle spalle una forte esperienza nel settore delle acque minerali: ho avuto l’opportuni-tà di crescere e conoscere bene questo settore in Italia e a livello internazionale. L’esperienza in Inghilterra mi è servita molto per approcciarmi con una cultura diff erente, quella anglosassone, e un modello di business molto diverso da quello italiano.

Quali sono i valori che sono racchiusi nel Gruppo?Il nostro Gruppo è fondato su valori importanti e aff ascinanti. Ricopro un ruolo che mi da molte soddisfazioni, mi da l’oppor-tunità di gestire un’azienda che fa parte di una realtà come Nestlè con cui condividiamo valori e principi manageriali comuni a tutti paesi in cui operiamo: il rispetto delle persone, del territorio, il rispetto delle diff erenze culturali. Abbiamo inoltre un approccio molto trasparente, pragmatico e positivo. Per quanto riguarda il Gruppo Sanpellegrino, abbiamo l’impegno di condividere valori legati ai territori d’origine dei nostri marchi sia di acque minerali che bibite. Abbiamo la responsabilità di lavorare quotidianamente per garantire quegli alti standard qualitativi e quel valore aggiun-to che i consumatori ci riconoscono sia in Italia che nel mondo.Personalmente mi impegno a comunicare al mio team che die-tro ai nostri prodotti c’è prima di tutto la natura, l’acqua, risorsa di cui l’Italia è molto ricca e che per questo non dobbiamo mai dare per scontata. La maggior parte delle nostre sorgenti sono in

Stefano Agostini, amministratore delegato del Gruppo Sanpellegrino

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do e proprio per questo motivo negli anni di crisi dell’economia mondiale non ci siamo tirati indie-tro. Al contrario, abbiamo investito sul marchio di acqua minerale simbolo dell’Italian Style, sul net-work di distribuzione e sugli eventi internazionali legati alla gastronomia. Nel 2008 abbiamo registra-to una fl essione del 5 percento, come conseguenza della crisi nei settori del turismo, del business travel e dell’alta ristorazione dove da sempre siamo pre-senti. Verso la fi ne del 2009 la tendenza è cambiata e l’export nel 2010 è tornato a crescere appunto del 18 percento. Resta comunque l’amarezza nel vedere che il business italiano resta comunque stabile e un po’ in aff anno.

Quale potrebbe essere la chiave di volta?Faccio un esempio che parte dalla nostra esperien-za: in Italia abbiamo lavorato molto bene sulle bibi-te. Nel 2010 siamo tornati a crescere, pur non essen-do leader nel settore; abbiamo comunque cercato di prendere posizioni forti dando al consumatore un prodotto di qualità migliorandone il contenuto, au-mentando la quantità di succo e diminuendo lo zuc-chero aggiunto. Questo ne ha migliorato l’aspetto qualitativo e salutistico. Inoltre abbiamo rilanciato

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Siamo un’azienda di marca con prodotti di qualità e soprattutto sostenibili, dove l’origine diventa un valore portante: è bellissimo veder riconosciuta la qualità all’estero perché associata, ad esempio, alle arance di Sicilia

I successi di SanpellegrinoUn 2010 da ricordare per lo stabilimento Sanpellegrino di Ruspino (nel Bergamasco) che oltrepassa il record del miliardo di bottiglie prodotte. Lo storico sito produt-tivo della Val Brembana ha registrato nel 2010 circa 1,1 miliardo di pezzi prodotti, di cui 700 milioni di bottiglie di acqua minerale S.Pellegrino, 250 milioni di bibite a marchio Sanpellegrino e 115 milioni di aperitivi Sanbit-tèr. Grazie a una capillare distribuzione in 120 paesi di tutto il mondo, circa il 70% della produzione è stata assorbita dall’export che ha riportato una crescita del 16,8% rispetto al 2009. Nonostante la crisi economica mondiale e il contenimento dei consumi soprattutto nel fuori casa, l’export continua infatti a crescere, in par-ticolare nei mercati cosiddetti maturi come Stati Uniti (+15%, a volume rispetto al 2009), Canada (+10%), Francia (+14%), Germania (+5%), Regno Unito (+10%), Belgio (+16%) e Svizzera (+2%). A questi si affiancano i mercati emergen-ti verso i quali l’azienda sta rivolgendo la propria at-tenzione, come testimoniato dalle crescite consistenti di vendite S.Pellegrino in Cina (+183%), Australia (+12%), Brasile (+80%), Russia e CSI (+38%) e Medio Oriente (+37%). Sanpellegrino, che appartiene al gruppo Nestlè, figura al 178esimo posto tra i maggiori 1.500 gruppi industriali italiani (rapporto Mediobanca 2010) e ha chiuso l’ultimo esercizio con 818,6 milioni di ricavi, rispetto agli 843 mi-lioni del bilancio 2008; gli utili ammontano 10,7 milioni, contro i 27,6 milioni di perdite dell’anno prima.

alta montagna e noi ci impegniamo, insieme alle istituzioni locali, affi n-ché queste aree vengano protette, migliorate e tutelate. La nostra mis-sione è “dare all’acqua un futuro di qualità”. L’acqua è un bene prezio-so e per off rire qualità dobbiamo mantenerne alti livelli di controllo sul processo di captazione e poi di imbottigliamento. Sul fronte del-le attività produttive, come tutte le aziende manifatturiere, siamo responsabilizzate sulle modalità di lavorazione e soprattutto sul ri-sparmio energetico, sull’impatto ambientale e sugli imballi che uti-lizziamo, temi questi che ci vedono fortemente impegnati in piani di so-stenibilità aziendale.

Proprio in questo contesto, da un anno avete creato il nuovo Con-sorzio Nestlè Green Energy, un progetto in favore dell’utilizzo di energia rinnovabile e del rispetto dell’ambiente...Esatto. Si tratta di un esempio im-portante. Abbiamo la particolarità di avere le nostre attività produttive in zone lontane dai grandi centri; spesso noi siamo l’unica realtà indu-striale e questo signifi ca avere una responsabilità sociale sia legata al business così da garantire prima di tutto livelli occupazionali, sia legata all’ambiente. Parlando delle fabbri-

che e di energia, nello stabilimento di S.Bernardo ad esempio, la pro-duzione è alimentata dalla fornitura diretta di energia eolica. Questo è avvenuto grazie alla creazione di un parco eolico sul crinale sovrastan-te lo stabilimento. Mentre a Pejo, nel Parco Nazionale dello Stelvio, produciamo energia da impianto a biomassa ricavata dagli scarti nella potatura del melo e nella pulizia del sottobosco, il tutto avviene nell’area circostante al comune di Pejo. Sul fronte industriale, inoltre, investia-mo per utilizzare la minor quanti-tà di acqua nei processi produttivi: per ogni litro di acqua imbottiglia-ta ad esempio utilizziamo meno di 1,8 litri di acqua (dato comprensivo del litro imbottigliato). Per quan-to riguarda la distribuzione siamo soci di una società di trasporti che utilizza camion con motori Euro 5; siamo inoltre primi clienti di Treni-talia perché trasportiamo il 10 per cento della merce su rotaia in Italia. In Europa usiamo molto il traspor-to intermodale, che prevede l’uso combinato di rotaia e gomma.

Nel 2010 siete cresciuti come export del 18% rispetto al 2009. Come siete arrivati a questo risultato in un mo-mento non facile per l’economia?Il modello S.Pellegrino è visto come esempio di successo in tutto il mon-

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l’ immagine storica del nostro marchio, creando delle special edition con etichet-te degli anni ’50 e ‘60. Il nostro impegno in Italia è quello di continuare a sostene-re i nostri brand, cercando di sopperire alla pressione che continua ad esserci sui prezzi creando effi cienze di fi liera.

S.Pellegrino rappresenta da anni un traino per il Made in Italy. Come siete arrivati a coprire un mercato così vasto?Oltre al ruolo in azienda, sono orgoglioso di far parte del Consiglio di Alta Gam-ma, fondazione che rappresenta il meglio del Made in Italy in settori che vanno dal fashion, al design, passando per il food e l’hospitality. Il nostro successo è il risultato di 110 anni di un lavoro molto consisten-te che ha permesso all’azienda di portare all’estero un prodotto di qualità, emblema del modo di vivere italiano. S.Pellegrino ha sempre avuto una vocazione interna-zionale, di alta qualità, espressione della cultura italiana, focalizzandosi sempre nella ristorazione. La strategia è sempre la stessa: la bottiglia non è cambiata ma si è evoluta, mantenendo forte il radicamento con l’origine e mantenendo inalterata la qualità. Si tratta, infatti, di un’acqua uni-ca, con un gusto particolare capace di ac-compagnare al meglio i cibi. Si è inoltre lavorato molto sul posizionamento e sul marketing per arrivare a rappresentare al meglio l’Italia con i suoi tratti fondamen-tali: la convivialità, l’amore per il cibo, il piacere di stare insieme. Gli italiani cre-dono nell’amicizia, nell’accoglienza e amano il cibo. Attraverso i nostri prodotti noi diamo la possibilità ai consumatori di ricordare questo spirito. La Francia ha di-mostrato un grande apprezzamento e si è confermata il mercato di maggior successo per il nostro marchio. Il passo successivo sarà quello di andare oltre all’identifi ca-zione del prodotto con l’Italia per arrivare a collegarlo con il luogo d’origine in cui quest’acqua viene prodotta.

Per questo motivo entro l’estate 2011 arriveranno sul mercato Usa le prime bottiglie S.Pellegrino con il QRCode, un codice a barre che permetterà di scarica-re sul cellulare un fi lmato su Bergamo. Qual è il valore di questa iniziativa?Per noi questa iniziativa è importante, un gesto concreto nell’ambito del nostro im-pegno nel sostenere i territori e le comuni-tà nelle quali operiamo. Questo strumento crediamo possa dare un contributo consi-derevole di visibilità e valorizzazione della zona di San Pellegrino, della Val Bremba-na e di Bergamo.

Senza rischi non si fa nulla di grande. André Gide

www.sanpellegrino.it

Il Made in Italy nel mondo

Ulteriori progetti per il prossimo futuro?Nello stabilimento di San Pellegrino abbiamo in atto progetti di raff orzamento della ca-pacità produttiva. Guardando al successo del 2010 e in previsione di un’ulteriore crescita per il 2011, abbiamo chiesto una maggior fl essibilità ai dipendenti per lavorare anche la domenica. C’è in atto un dialogo costruttivo con i sindacati. Ad oggi si sta già lavorando la domenica, su base volontaria e questo ci sta permettendo di produrre di più quando è necessario e dare un segnale di ottimismo al territorio. Altri progetti riguardano gli ul-teriori investimenti sui mercati internazionali, sugli eventi e su importanti partnership. Stiamo innovando sul mercato italiano anche se non sempre è facile. Abbiamo presen-tato due nuovi prodotti, il primo è un aperitivo parte della gamma San Bittèr ed è un mix tra il tradizionale San Bittèr e succo di pompelmo. Il secondo lancio sarà un tè rosso sotto il marchio Beltè.

Diceva che innovare in Italia non è facile. Come mai secondo lei?Il modello italiano non sempre favorisce i processi di innovazione. Ogni volta che si ha un’idea gli interlocutori sono tantissimi e prima di arrivare al punto vendita trascorrono troppe settimane. È necessario migliorare i processi di lancio in accordo con i distributo-ri. Come produttori siamo chiamati a impegnarci nel fare vera innovazione, nel sostenerla e nel comunicarla con l’obiettivo di aprire nuovi mercati. Di contro i retailers devono richiedere innovazione alle aziende, così come succede nel mondo anglosassone. Dob-biamo migliorare quindi i processi di lancio dei prodotti insieme ai distributori. Ci deve essere una maggiore apertura per non perdere il valore che può dare l’innovazione

Quando un prodotto può essere considerato veramente innovativo?Innanzitutto deve avere dei plus rispetto ai prodotti esistenti, il plus può essere un ele-mento di funzionalità o una caratteristica intrinseca. Una volta trovata l’innovazione bisogna darsi degli obiettivi per allargare il numero di consumatori che si avvicineranno a quella specifi ca categoria. |

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tecnologia,

Intervista a Roberta Cocco, Direttore Marketing Centrale di Microsoft Italia. Una mamma manager di successo impegnata nella valorizzazione della tecnologia soprattutto per le donne che lavorano

testo di Laura Di Teodoro

Donne e

marcia quella in più

Roberta Cocco Direttore Marketing Centrale di Microsoft Italia

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La sua è una vita professionale ricca di ri-conoscimenti, traguardi raggiunti e soddi-sfazioni. Quali qualità le hanno permesso di arrivare così in alto?Lavoro in Microsoft da ormai 20 anni e pos-so dire di essere cresciuta facendo un passo alla volta, passando dalle sponsorizzazioni all’organizzazione degli eventi fino ad ar-rivare al ruolo che oggi ricopro. Penso di esserci riuscita principalmente grazie alla grande passione che da sempre mi guida per quello che faccio e dal fatto di mantenermi sempre aggiornata sulle novità. Ho il gran-de privilegio di vivere in un’azienda che mi ha permesso di arricchire le mie conoscenze attraverso corsi di formazione all’estero e in Italia, sulle principali innovazioni in materia di marketing, soprattutto nella direzione del digital marketing. L’entusiasmo inoltre è alimentato continua-mente dalla possibilità di sperimentare nuo-ve modalità di comunicazione attraversoo un sito internet che ci permette di lavorare, anche ossessivamente, per dare grande visi-bilità alla corporate e al brand dell’azienda. Un secondo ambito, quello di cui sono più orgogliosa, è il fatto di non aver dovuto sa-crificare la mia famiglia, mio marito e i miei tre figli, per il lavoro. Posso dire di essere una moglie e una mamma molto contenta, con un lavoro che mi appassiona. La tenacia mi permette di proseguire su questa strada e di progettare sempre qualcosa di nuovo.

Quindi ci sono nuovi progetti in programma? Esatto. Insieme all’azienda stiamo lavoran-do a un progetto ambizioso di marketing e comunicazione. Si tratta del Cloud Compu-ting, ovvero sia la possibilità di gestire ester-namente (online) le applicazioni e le attività, invece che all’interno delle tue quattro mura. La possibilità di accedere ai propri dati “via cloud” porterà a una serie di vantaggi tra cui: abbassamento dei costi, rischi ridotti e un accesso ai servizi in ogni momento e in ogni luogo. Come Microsoft saremo pionieri di questa importante novità tecnologica. Sen-tiamo la responsabilità e il dovere di portare avanti bene questo progetto, comunicandolo in maniera corretta a tutti gli interlocutori. Sarà necessario un lavoro di 3-5 anni per

arrivare a traghettare questo nuovo modo di utilizzo del software che, sicuramente, ci aiuterà a dare un’accelerata importante al Pa-ese. Lo considero un po’ come il mio quarto figlio e proprio per questo rappresenterà un impegno ricco di passione ed entusiasmo.

Lei è da sempre impegnata nella valoriz-zazione dell’imprenditoria femminile e il progetto futuro@lfemminile ne è la prova. Di cosa si tratta e in che senso la tecnolo-gia può realmente rappresentare un gran-de alleato delle donne?Si tratta di un progetto di Responsabilità So-ciale di Microsoft e Acer in collaborazione con Cluster Reply patrocinato dal Diparti-mento delle Pari Opportunità.Futuro@lfemminile è nato nel 2004 dall’idea di alcune dipendenti di Microsoft di voler comunicare il reale e concreto aiuto che la tecnologia può dare alle donne che lavorano. L’obiettivo è quello di sviluppare le condizio-ni favorevoli affinché le donne, attraverso la tecnologia, possano esprimere il loro poten-ziale e contribuire così allo sviluppo sociale ed economico del Paese. È un progetto ambi-zioso che ci sta dando molte soddisfazioni. Partiamo dal presupposto che la tecnologia è un sicuro alleato per tutti. Deve essere co-nosciuta e utilizzata affinché possa cambiare realmente le modalità di gestione e organiz-zazione della propria vita. Faccio un esem-pio: una donna che ha tre figli si rende pre-

sto conto che la vita cambia radicalmente; il tempo non è più suo ma è scandagliato da una serie di impegni da affrontare. Ricordo una frase di Emma Bonino che disse: “Le donne avrebbero tutto se potessero permet-tersi una donna”. Questo per sottolineare le molteplici capacità e possibilità che una donna possiede e in questo la tecnologia può essere un valido supporto. Esistono disposi-tivi che permettono di scaricare le mail, scri-vere documenti, correggere presentazioni da remoto e questo significa lavorare sempre e ovunque. Certo, deve esistere un limite e questo dipende dalla maturità delle persone e dalla capacità di trovare un limite tra lavo-ro e vita personale. Le tecnologie di ultima generazione possono

Un percorso professionale di successo costellato da tanta passione ed entu-siasmo, dalla voglia di crescere e im-parare e, insieme, dalla forte volontà di costruirsi una famiglia senza dover rinunciare alle gioie dell’essere moglie e mamma. Roberta Cocco, Direttore Marketing Centrale di Microsoft Italia è riuscita nell’intento e continua a per-correre la sua strada consapevole che la tecnologia e una vera alleanza tra donne possano portare a una svolta. Una consapevolezza che l’ha guidata nel creare, insieme ad altre colleghe, il progetto Futuro@lfemminile, nato con l’obiettivo di sviluppare le condizioni favorevoli affinché le donne, attraverso la tecnologia, possano esprimere il loro potenziale e contribuire così allo svi-luppo sociale ed economico del Paese.

Lady Economy

Futuro@lfemminile è nato nel 2004 dall’idea di alcune dipendenti di Microsoft di voler comunicare il reale e concreto aiuto che la tecnologia può dare alle donne che lavorano. L’obiettivo è quello di sviluppare le condizioni favorevoli affi nché le donne, attraverso la tecnologia, possano esprimere il loro potenziale e contribuire così allo sviluppo sociale ed economico del Paese

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offrire innumerevoli opportunità di conciliazione tra le di-verse dimensioni della vita professionale, sociale e familia-re, con l’obiettivo di aiutare le donne a esprimere il proprio potenziale. Il progetto Futuro@lfemminile è stato accolto dal nostro top management come valore importante e noi continuiamo a crederci. Lavoriamo molto con i corsi di formazione che vanno dall’insegnare i primi rudimenti tecnologici, gli strumenti più semplici, fino ad arrivare a conoscere tutto ciò che la rete mette a disposizione.

Da una recente indagine di Unioncamere è emerso che in Italia ci sono 1,4 milioni di imprese rosa. Imprese che negli ultimi anni sono cresciute più di quelle maschili, resistendo meglio alla crisi. Un segno di carattere e di reazione da parte del mondo femminile...I dati positivi di oggi devono fare i conti con un passato recente poco piacevole: nel 2009 infatti molte donne han-no perso il posto di lavoro. Come Progetto@lfemminile, siamo state chiamate dal Ministero per aiutarle nel crearsi nuove opportunità professionali. Di fronte a un panorama lavorativo poco confortante, mol-te donne, soprattutto over 50 anni, si sono mosse e hanno creato microaziende. Le donne sono una risorsa indispensabile: sono multiat-

Roberta CoccoLaureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università Statale di Milano, ha completato la sua formazione con un Master in Comunicazione e Relazioni Pubbliche presso ISFOR e seguendo numerosi corsi e aggiornamenti in Italia e negli Stati Uniti nell’am-bito del Marketing e della Comunicazione d’Impresa. La sua espe-rienza nei settori delle relazioni pubbliche e del marketing ha origine negli anni dell’università, sin dal primo lavoro svolto pres-so il reparto “Indagini di mercato” della Rinascente e, in seguito, come membro del Comitato Organizzatore di Italia 90. Nel 1991 ha iniziato la sua carriera in Microsoft Italia, dove ha rivestito ruoli sempre più strategici, fino a ricoprire l’attuale carica di Direttore Marketing Centrale alla guida di un team di 25 persone. Gli anni trascorsi in Microsoft hanno consentito a Roberta di maturare solide competenze nel campo della responsabilità sociale d’impre-sa, mettendo il proprio spiccato ingegno manageriale al servizio di iniziative di CSR, anche su scala internazionale. Nel 2004, forte di un background che l’ha portata a interessarsi in prima linea alla questione delle Pari Opportunità in Italia, Roberta ha promosso la creazione di futuro@lfemminile: il progetto di responsabilità sociale di Microsoft di cui è responsabile, volto a valorizzare il potenziale femminile attraverso l’uso delle tecnologie e insigni-to del Premio Speciale nell’ultima edizione del Sodalitas Social Award. Dal febbraio 2006 è Professore Incaricato del corso di “Brand Management e Comunicazione” presso la Laurea Speciali-stica in Marketing della Università LIUC di Castellanza (VA). Nel 2006 è stata insignita dell’importante riconoscimento “Premio Don-na Marketing 2006” e sempre in quell’anno ha pubblicato il libro “La magia degli eventi”, edito da Sperling & Kupfer Editori. È membro della Commissione Upa per il Rapporto con i Mezzi, del circolo “Ag-giornamento Permanente Ambrosetti” e ha preso parte al proget-to “European Leadership and Organization Development Training for High Potential” sviluppato da Microsoft Europa. Attualmente è membro del “Consiglio Direttivo dell’Osservatorio Donne PA” co-ordinato dal Forum PA e partecipa al “Comitato Scientifico della Fondazione per la Diffusione della Responsabilità Sociale delle Imprese”, centro indipendente che vede tra i fondatori promotori il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, INAIL, Unioncamere e Università Bocconi; nell’ambito del programma di attività della Fondazione, presiede il gruppo di lavoro “Conciliazione Vita e Lavo-ro”. Lo scorso 8 marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, Roberta Cocco è stata insignita dell’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

tive, capaci di gestire la casa, la famiglia e il lavoro contemporane-amente e proprio per questo moti-vo la tecnologia può rappresentare un valido aiuto, per loro e per le aziende.

Attualmente ricopre il ruolo di Direttore Marketing Centrale alla guida di un team di 25 per-sone. Che tipo di manager è Ro-berta Cocco? La forza di ogni manager è di co-struire un rapporto trasparente con le persone con cui si lavo-ra. Credo fortemente nel ritor-no positivo che il buon esempio può portare. Il team va motivato, sempre, mettendo comunque al primo piano valori come l’etica e il rispetto.

Tecnologia e web quale impat-to stanno avendo sul modo di

promuovere e di comunicare il proprio marchio? Nel giro di pochi anni il Marke-ting si è evoluto. Come sottolinea Philip Kotler, guru del settore e persona che io stimo profonda-mente, il marketing deve innanzi-tutto fondersi con la responsabili-tà sociale ed etica dell’azienda. Inoltre l’era di internet ha cam-biato profondamente il modo di fare marketing e non parlo solo di digital marketing. Esistono una serie di strumenti e attività che, come Microsoft, mettiamo a di-sposizione dei professionisti e ge-stiamo attraverso la rete. Parlo ad esempio degli eventi virtuali per cui le persone possono avere l’ac-cesso a un determinato incontro “online” e partecipare in diretta con domande. Si tratta di un qual-cosa che va ben oltre la videocon-ferenza. Come marketing inoltre

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puntiamo molto sul mass marketing mettendo in rete tutte le info sui nostri prodotti cercando di indirizzarli, in maniera diversa, ai diversi target di riferimento. Lavoriamo molto attraverso Messan-ger e con i 12 milioni di utenti che abbiamo in Italia, trasferendo loro le informazioni di un certo tipo. Abbiamo il nostro sito con cui trasferiamo messaggi e approfondimenti; abbiamo video con interventi dei nostri manager e un sito ad hoc dedicato alle azien-de e che sarà aggiornato continuamente per il cloud computing.

Cosa si intende, secondo lei, per innovazione?È difficile parlare di innovazione in Italia. E per innovazione in-tendo, ad esempio computer aggiornati e potenti. Abbiamo una capacità creativa che il mondo intero ci invidia ma l’innovazione tecnologica resta un campo su cui purtroppo siamo ancora indie-tro. Lavoro molto con le istituzioni e se da una parte trovo delle ec-cellenze di contro ci sono molti ambiti arretrati. Innovare significa avere la capacità di utilizzare i sistema di base per dare un’accelera-ta a tutto quello che ha un valore economico per il nostro Paese.Dobbiamo renderci conto che per essere competitivi, in un’eco-nomia globale, dobbiamo valorizzare da una parte l’eccellenza ar-

tigiana e creativa che vive e alimenta i nostri distretti e dall’altra dare un’accelerata alla tecnologia quale unico strumento che ci permetterà di essere al passo con i tempi.

Chiudiamo con un sogno nel cassetto... Vorrei rendermi conto, tra tre anni, che Futuro@lfemminile non servirà più perché saranno risolte le varie problematiche che an-cora oggi condizionano la vita di una donna. |

www.microsoft.com

La competizione internazionale è così forte e i prodotti così simili che devi saperti costruire un’immagine fortissima per sopravvivere sul mercato, altrimenti scompari. Il branding deve colpire la mente, emozionare il consumatore, avere uno ‘spirito’. Come quando guardi una Harley Davidson: ha un potere evocativo enorme”. Philip Kotler

Con Microsoft stiamo lavorando sul Cloud Computing, ovvero sia la possibilità di gestire esternamente (online) le applicazioni e le attività, invece che all’interno delle tue quattro mura

Lady Economy

La sede di Microsoft Italia

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una fucina di ideeITA

Lo sviluppo dell’International Tobacco Agency, azienda leader in Italia nel mondo del tabacco e degli accessori. L’azienda di Treviso è reduce dalla convention annuale dove sono stati presentati i risultati ottenuti e i nuovi obiettivi. Fiore all’occhiello del gruppo è il marchio Davidoff che continua a crescere nel mercato italiano con una precisa strategia commerciale e di marketing. L’ad Marco Fabbrini ci racconta in un’intervista i tratti distintivi di una realtà che ha fatto della creatività e delle risorse umane i punti cardine del proprio successo

testo di Mauro Milesi

che punta sull’eccellenza l’internazionalizzazionee brand innovativi

l’amministratore delegato di ITAmarco fabbrini

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Un’azienda che è una vera e propria fucina di idee, dove il mon-do del tabacco diventa perno per altre iniziative e nuovi progetti, dove la creatività e lo stile italiano sono il motore per guardare al di là dell’orizzonte, scoprire forme di sviluppo innovative e sempre un passo avanti. Questa è ITA oggi, la sigla che signifi ca International Tobacco Agency, realtà di riferimento nel settore e distributore in Italia di importanti marchi del tabacco come Davidoff , Mood’s, Rizla, Danneman, Pueblo, Portland. A questi si aggiungono anche molti brand ideati proprio da ITA e che riguardano prodotti di consumo per le tabaccherie e le carto-lerie: dagli accendini alle penne, dalle carte da gioco ai gadget. L’azienda fondata da Pietro Fabbrini ha sede a Treviso, ma opera su tutto il territorio italiano partendo da uno staff interno che coordina un’importante rete di promoter e agenti. A inizio anno si è celebrata la convention biennale che è un momento cardine per una realtà che punta sul valore delle risorse umane come

elemento fondante del proprio sviluppo e della propria identità. A Marco Fabbrini, amministratore delegato della ITA, abbiamo chiesto di raccontarci questo importante evento e le future pro-spettive di sviluppo.

Partiamo proprio dalla convention ITA che è stata l’appunta-mento clou d’inizio anno. Cosa ha rappresentato per voi que-sto evento?Il motivo di fondo è legato alla volontà di riunire la forza ven-dita. Finora abbiamo fatto questa operazione ogni due anni, ma l’obiettivo dell’azienda è di trasformarla in evento annuale vista l’importanza che ricopre per noi. La convention è un momento di formazione e di condivisione dei risultati, tutto questo in un clima di aggregazione che fa crescere la motivazione e il senso di appartenenza. I collaboratori esterni possono meglio compren-dere il valore dell’azienda in cui lavorano, soprattutto in con-

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siderazione dell’importante crescita che ITA ha avuto in questi anni. Basti pensare che la prima convention uffi ciale si è svolta nel 2002 con circa 70 partecipanti, quella di quest’anno ne contava 250.

La convention permette anche di fare una “fo-tografi a” dell’azienda. Come è cambiata ITA rispetto a due anni fa?Innanzitutto è cambiato il modo di lavorare sul tabacco, con due tipologie di forze vendita di-stinte in agenti e promoter. Questi ultimi sono aumentati rispetto al passato: sono collaboratori interni all’azienda che si occupano solo e soltanto di tabacco, ciascuno dedicato a un brand specifi -co. In questo modo abbiamo potuto concentra-re il valore degli agenti nella valorizzazione del proprio territorio, nella vendita dei prodotti com-merciali e di alcuni brand particolari di tabacco. E’ cambiata anche la struttura interna che è in continua evoluzione, non soltanto per la crescita dei volumi e delle iniziative, ma anche perché sia-mo di fatto un’azienda familiare che opera in un contesto internazionale. Quindi stiamo cercando di lavorare al meglio su questo processo di “strut-turazione” sia dal punto di vista procedurale, ma anche puntando sulle persone e sullo sviluppo dei nostri brand commerciali come Juego, Egoist, Ciao e molti altri. Di fatto abbiamo una maggiore propensione all’internazionalizzazione rispetto a due anni fa e abbiamo importanti progetti per espandere il nostro mercato e vendere i nostri prodotti all’estero.Sul fronte dei volumi, rispetto al passato abbiamo incrementato notevolmente le vendite dei prodotti a marchio Rizla, abbiamo fatto importanti opera-zioni di posizionamento di brand a valore aggiun-to come Davidoff , abbiamo registrato l’esplosione delle vendite del tabacco “ryo” e “myo” di cui de-teniamo quote rilevanti del mercato italiano, ab-

Siamo un’azienda molto dinamica, che punta su persone giovani, stimolanti e pronte a ricercare nuove opportunità. Da noi si respira un’aria frizzante, di grande motivazione, di coinvolgimento e tutto il personale è colpito da questa atmosfera. In un contesto come questo c’è possibilità di crescere e di avere un continuo confronto

Abbiamo l’obiettivo di consolidare il fatturato con una crescita intorno al 15%. Cercheremo di incrementare la nostra penetrazione nelle tabaccherie, nel circuito dei grossisti; inoltre lavoreremo per sviluppare i nostri marchi anche nei mercati Gdo e cartolerie, oltre wa puntare all’internazionalizzazione

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biamo assistito alla importante crescita del nostro brand Juego che è legato al mondo degli accessori per il gioco.

Alla luce di tutto ciò, quali sono i vostri obiettivi nel 2011?Ovviamente abbiamo l’obiettivo di consolidare il fatturato con un target di crescita intorno al 15%. Per fare questo cercheremo di in-crementare la nostra penetrazione nelle tabaccherie (circa 18000, ndr), nel circuito dei grossisti; inoltre lavoreremo sempre di più per sviluppare i nostri marchi anche nei mercati Gdo e cartolerie, oltre ad accrescere il processo di internazionalizzazione.

ITA punta molto sulle risorse umane, ci vuole spiegare le ra-gioni di questa fi losofi a?Siamo un’azienda molto dinamica, che punta su persone giovani, stimolanti e pronte a ricercare nuove opportunità. Da noi si re-spira un’aria frizzante, di grande motivazione, di coinvolgimen-to e tutto il personale è colpito da questa atmosfera. Qui non è un ministero chiuso a compartimenti stagni, tutti sono molto liberi, anche di dire quello che si pensa. In un contesto come questo c’è possibilità di crescere e di avere un continuo confronto.

A proposito di dinamicità, quali sono le novità su cui state la-vorando?Abbiamo tanti progetti in questo momento, il più grande riguar-da il lancio in Italia di una nuova cartina Rizla che è assoluta-mente innovativa perché è la più leggera sul mercato. Abbiamo altre novità che riguardano Davidoff e tutta una serie di prodotti nuovi per i brand Juego ed Egoist. Inoltre stiamo avviando im-portanti collaborazioni con aziende e marchi importanti come ad esempio Pokerstars con cui pensiamo di avviare un servizio innovativo rivolto alle tabaccherie. Insomma, qui ogni giorno costruiamo un pezzo importante del nostro futuro. |

Davidoff, in Italia cresce sempre di piùFiore all’occhiello della ITA è il marchio Davidoff, distribuito in esclusiva in Italia sulla base di un’importante strategia non soltanto commerciale, ma anche di marketing e comunicazione. Il brand, infatti, si colloca nel mercato di fascia medio-alta e richiede un importante lavoro di posizionamento oltre al rispetto di standard qualitativi e d’eccellenza che contraddistinguono la maison svizzera. In un contesto complesso, quale quello del luxury, Davidoff e Ita sono riusciti a migliorare ulteriormente la loro presenza sul mercato di alta gamma. Proprio in tema di bilanci, i prodotti collegati al gruppo Oettinger-Davidoff hanno registra-to in Italia un incremento del 17,28% nel 2010. La conferma arriva dal brand mana-ger Davidoff per l’Italia, Enrico Della Pietà che sottolinea l’importante lavoro svolto: “Questo incremento è ancora più importante se si considerano le difficoltà

di posizionamento dei prodotti a fascia medio-alta in un periodo congiunturale come questo. Abbiamo registrato nel 2010 un 18% di sviluppo nel new business con un incremento del 20% del numero di pezzi venduti”. I marchi del gruppo svizzero distribuiti in Italia sono 9, 8 di proprietà e produzione diretta più Camacho, con l’acquisizione dell’azienda produttrice in Honduras. “I punti forti dei nostri prodotti sono rappresentati da una grande brand identity - spiega Della Pietà - da una qualità indiscussa e costante, da una continua ricerca e sviluppo di nuove linee e miscele. In Italia abbiamo lavorato per accrescere anche il supporto nei confronti dei nostri clienti diretti oltre che nei confronti del consumatore finale. Per questo investiamo in corsi di formazione, eventi trade e consumer e su partnership a valore aggiunto e di alto livello nel mondo del vino e distillati, della moda, del luxury horeca, dell’edi-toria. Inoltre stiamo puntando anche a nuove iniziative di comunicazione e sviluppando progetti nel campo dei new media”.

www.itagency.it

Il problema è che se non rischi nulla, rischi ancora di più. Erica Jong

in alto: enrico della pietà, brand manager davidoff. sopra: un’immagine della convention Ita di inizio anno

Sulla cresta dell’onda

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Manageresperienze

a scuola

creatività di

eViaggio alla scoperta dei metodi esperienziali per affi nare le competenze di manager e imprenditori. Il trainer Giampaolo Rossi racconta come è possibile imparare a gestire il cambiamento attraverso il gioco, l’arte e lo sport

testo di Laura Di Teodoro

Manager e imprenditori alle prese con violini, barche a vela, giochi, laboratori creativi, di pittura e mostra del cinema. Situazioni e contesti che chiamano in gioco la creatività e il lavoro di gruppo e diventano vere e proprie sessioni forma-tive. È il percorso formativo sviluppato e proposto da Giampaolo Rossi, Trainer di Comunicazione per Manager, specializ-zato nella formazione di Executive Team,

con l’obiettivo di affi nare competen-ze manageriali quali leadership, il team working, la gestione dei collaboratori e del cambiamento, il problem solving e il project management. Come? Attraverso le metodologie esperienziali e l’utilizzo delle metafore per affi nare le competenze. Dalla pittura alla musica passando per il cine-ma, il vino, il cibo, i giochi, la montagna e la barca a vela: i manager vengono immer-

si in contesti completamente nuovi e crea-tivi e, attraverso il gioco e la performance arrivano a sviluppare da un lato il valore del contributo individuale dall’altro la ca-pacità di agire nel gruppo e per il gruppo.

Come inizia il suo percorso di trainer e con-sulente della comunicazione aziendale?Ho iniziato dalla gavetta in una piccola società per poi specializzarmi nell’appren-

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Formazione manageriale

esperenziale che spinge i partecipanti a decontestualizzare la complessità del-le dinamiche e delle relazioni interpersonali, delle diff erenze gerarchiche e dei ruoli che caratterizzano la realtà organizzativa e contemporaneamente a vivere l’esperienza della relazione in un nuovo perimetro comportamentale dove l’ap-prendimento e il divertimento rappresentano l’obiettivo comune. La metafora è un metodo accattivamente che permette di fare immergere i manager e gli imprenditori in ruoli nuovi. Può farci qualche esempio? Il Learningame ha l’obiettivo di recuperare il valore del Gioco come ritorno a una dimensione che, grazie alla sua semplicità e immediatezza, permette di entrare nel vivo delle dinamiche interne del gruppo, sottolineando in modo incisivo gli eff etti e i benefi ci dell’atteggiamento collaborativo e di quello competitivo. Nella metafo-ra della Pittura ai partecipanti vengono messi a disposizione strumenti sia teorici che pratici che permetteranno la realizzazione di un’opera d’arte collettiva come espressione di lavoro di gruppo. Nella metafora della Musica la testimonianza di un Direttore d’Orchestra permette di rappresentare l’Orchestra come esempio di Team Working e utilizzo della Leadership. Nella metafora del Cinema i parteci-panti vengono coinvolti in un laboratorio sulle Arti Visive che porterà alla stesura di un soggetto e di una sceneggiatura condivise per la creazione di un Fotoroman-zo sul tema Lavorare in Team. Con la metafora del Vino, attraverso la conoscenza e la sperimentazione viene sviluppato il sentimento di coesione e di performance di gruppo. Sul fronte della Cucina, l’organizzazione, il lavoro di squadra e la suddi-visione dei ruoli costituiscono le aree di intervento e miglioramento.Con la metafora della Barca a Vela i partecipanti vengono immersi in un contesto inusuale, non familiare, in cui devono imparare a condurre una barca eliminando le diff erenze di ruoli e di livelli di appartenenza. Questo permette di confrontarsi su un terreno comune sfi dante e stimolante, in cui si ricoprono ruoli diff erenti e si sperimenta la collaborazione volta al raggiungimento di un risultato immediato e tangibile. La presenza di due equipaggi che si sfi dano in una mini regata permet-te di mettere alla prova il team stressando l’organizzazione per il raggiungimento dell’obiettivo comune. I partecipanti hanno la possibilità di sviluppare in maniera effi cace le capacità di gestione del proprio ruolo, di problem solving e di una atten-ta comunicazione inserita nel contesto della performance di gruppo.

In base a cosa viene scelta la tipologia di metafora?In base agli obiettivi, allo stile dell’azienda e alla motivazione che spinge l’impren-ditore ad aff rontare il corso. Recentemente ho organizzato una sessione nel conte-sto dell’ultimo Monte Carlo Film Festival della Commedia dove abbiamo alternato la parte didattica con proiezioni di fi lm, conferenze stampa e la partecipazione a iniziative esclusive e cene di Galà. In questo modo abbiamo creato una maggior capacità di leadership nelle persone avendo vissuto comunque un’esperienza uni-ca, divertente.

Quali sono i principali riscontri pratici che arrivano da questo genere di ses-sioni formative? La consapevolezza che ci sono alcune aree di miglioramento nella propria azienda, anche se sono già stati raggiunti livelli di successo. Spesso la solitudine in cui il leader vive non gli permette di avere un riscontro e un confronto per capire dove agire per migliorare. Al termine degli incontri, i manager tornano a casa con una serie di soluzioni per l’organizzazione aziendale, la risoluzione dei problemi e per raff orzare la leadership. Inoltre lavoriamo molto sulla comunicazione interna e

dimento e nella formazione degli adulti in un ambiente professionale. Gli adulti, diver-samente dai ragazzi, hanno bisogno di un ri-scontro pratico e immediato. Successivamente ho lavorato con i top manager a cui dovevo fornire un certo valore aggiunto per affi nare le proprie capacità e ricercare l’eccellenza. Mi sono specializzato così nella consulenza per la formazione della leadership e per la gestione del cambiamento ma ricercando metodi nuovi perchè quelli tradizionali erano sterili e non portavano frutti suffi cientemente effi caci.

E qui rientra l’innovazione portata con il concetto delle metafore e del team working...Esatto. Con il metodo delle metafore mi sono voluto allontanare dal contesto lavorativo: le persone arrivano in aula in situazioni comple-tamente nuove per loro, trovandosi allo stesso livello, senza esperienza in quel determinato contesto e sono chiamati a mettersi in gioco con le proprie capacità e abilità. Dopo que-sta fase pratica io analizzo quanto viene fatto e successivamente passo alla teoria fornendo indicazioni e snocciolando i vari modelli.

Quando parla di situazioni diverse cosa in-tende?Parlo di contesti artistici, ludici e sportivi: gioco, arte, pittura, musica, sport, barca a vela, cinema, cibo e vino. L’utilizzo di queste metafore permette di agire su un nuovo piano

Dalla pittura alla musica passando per il cinema, il vino, il cibo, i giochi, la montagna e la barca a vela: i manager vengono immersi in contesti completamente nuovi e creativi e, attraverso il gioco e la performance arrivano a sviluppare da un lato il valore del contributo individuale dall’altro la capacità di agire nel gruppo e per il gruppo

Momenti di “lezioni” tenute dal trainer Rossi

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www.giampaolorossi.it

Nessuno conosce le proprie possibilità finchè non le mette alla prova. Publilio Siro

sulla capacità di resistere in momenti diffi cili, due te-matiche centrali nella gestione del cambiamento.

E quali invece le motivazioni che avvicinano i manager alla formazione?Oggi la globalizzazione, i cambiamenti dettati dalla non facile situazione economica hanno portato a una richiesta di strumenti diversi, di competenze nuove che vanno ricercate. C’è la forte necessità di leggere e anticipare il cambiamento, adeguando quindi una se-rie di dinamiche aziendali, dalla gestione delle risorse umane alla consapevolezza della propria leadership.

Come giudica i manager di oggi?Hanno grandi capacità di fl essibilità che permettono loro di metabolizzare il cambiamento continuo. I ma-nager devono avere le giuste capacità per aff rontare tutte queste novità e soprattutto devono essere bravi nella gestione dei collaboratori.

Di fronte a questi cambiamenti come si sta ade-guando la formazione?La formazione è sempre meno tecnica e più mana-geriale. Il leader di oggi deve essere un grande capo in grado di far crescere le persone e fornito di una visione aperta, capace di leggere e interpretare i cam-biamenti. Inoltre, informazione non irrilevante, cor-si del genere non vengono pagati dalle aziende dei manager bensì da fondi per la formazione a disposi-zione delle imprese. |

Giampaolo Rossi, tranier di Comunicazione per Manager

Altri momenti di “lezioni” tenute dal trainer Rossi

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Intervista a Enzo Vitale, Division Director della Divisione Incentive & Congressi di Hotelplan Italia. Una panoramica sull’andamento del settore, sui cambiamenti del mercato e sulle opportunità per le aziende

a cura della redazione

valoredell’incentive

Tengono i viaggi incentive e dopo un 2010 critico per molte aziende, tornano a primeggiare mete quali Bahamas, New York e Sud Africa. Le imprese tornano a credere nell’incen-tive quale leva per fi delizzare clienti, incrementare le vendite e raff orzare il senso di appartenenza dei dipen-denti. L’analisi arriva da Enzo Vita-le, Division Director della Divisione Incentive & Congressi di Hotelplan Italia, tour operator italiano operan-te dal 1947 nel settore turistico e tra i gruppi leader del mercato nazionale. Vitale lavora in Hotelplan da vent’an-ni e arriva da un’esperienza di quin-dici anni nella programmazione di viaggi in Jamaica e in Messico. Oggi dirige il ramo Incentive insieme a un team di 30 persone e organizza me-diamente 200 eventi all’anno.

Il

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In mondo dell’incentive

Come sta andando il settore Incentive & Congressi?Lavoro nel ramo Incentive e Congressi da quattro anni. I primi due anni, il 2007 e il 2008 sono stati strepitosi, i migliori della storia del settore con una crescita espo-nenziale. Nel 2009 è iniziata la crisi. Per quanto ci riguarda, lavorando molto con il settore farmaceutico, abbiamo avvertito i primi contraccolpi con un ritardo di sei mesi rispetto al turismo tradizionale. L’an-no peggiore è stato sicuramente il 2010: la crisi del mondo del turismo è legata so-prattutto al forte ridimensionamento delle tariff e aeree e dei costi degli alberghi. Per quanto riguarda il mio specifi co settore, le aziende si sono trovate di fronte alla ne-cessità di ridurre i budget per gli abituali viaggi incentive organizzando, ad esempio, viaggi in Egitto invece che in Jamaica o alle Mauritius. Non solo, per la prima volta in

tanti anni, molte case farmaceutiche che lavorano con noi ci hanno chiesto di uti-lizzare voli low cost. Dalle nostre analisi abbiamo comunque evidenziato una tenuta del fatturato, nonostante le fl essioni. Il mo-tivo? Abbiamo reagito al ribasso dei prezzi con un aumento di persone trasportate. Da questo punto di vista infatti il 2010 è stato un anno record.

Come mai questo rapporto particolare con le case farmaceutiche? Il 40% del nostro fatturato arriva proprio da quel settore, ma lavoriamo comunque con molti altri settori. Il motivo di una percen-tuale così alta è da collegare alla storia di Hotelplan che nasce in Svizzera dove sono molte e numerose la case farmaceutiche.

Quali sono le principali destinazioni scel-te per gli incentive?

Negli ultimi sei mesi sono ripresi i viaggi soprattutto in Sud Africa, New York e Ba-hamas ad esempio. Nello specifi co il settore farmaceutico ci chiede mete italiane; ulti-mamente abbiamo organizzato un viaggio per 250 persone a Taormina.

Quanto la crisi ha cambiato l’approccio a questo settore?Molti alberghi hanno abbassato drastica-mente i prezzi e ora che inizia ad esserci un po’ di ripresa, tornare alle tariff e di qualche anno fa sarà diffi cile, soprattutto perchè le aziende non saranno più disposte a pagare di più rispetto ad ora.

Hotelplan come si è adeguato a questo stravolgimento del mercato?Abbiamo potenziato la squadra dei nostri commerciali per aumentare la quantità di domanda.

immagine della campagna di comunicazione hotelplan dedicata all’incentive

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In base a quali criteri viene scelta una meta (per un viaggio incentive) o una location (per un congresso)?Generalmente le aziende che vogliono organizzare un incentive hanno già una serie di preferenze. Mentre per i congressi la scelta è spesso legata alle esigenze e agli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Qual è il valore aggiunto di un viaggio Incentive per un’azienda? Quali le op-portunità?Il viaggio incentive può rappresentare un investimento se viene confenzionato

come prodotto esclusivo. Comprare un pacchetto qualcunque, ergo un viaggio che si potrebbe benissimo fare da soli, non avrebbe senso. Al contrario il viaggio incentive va pensato e deve diventare un prodotto unico e un’opportunità di vive-re un’esperienza unica ed emozionante. Quando questo viene fatto i riscontri sono positivi, le vendite per le aziende aumen-tano e si raff orza il senso di attaccamento all’impresa stessa.

Verso quale direzione sta andando que-sto settore? Abbiamo potenziato la struttura commer-ciale perché vorremmo essere più presen-ti a tutti i livelli. Recentemente abbiamo stretto un accordo con un’agenzia di co-municazione per dare un valore aggiunto

ai nostri viaggi, arrivando a confezionar-li, comunicarli e presentarli in un certo modo. Sul fronte delle aziende invece si stanno aprendo nuove possibilità: si fan-no sempre più convention e road show che permettono di raccogliere un maggior numero di contatti.

Qual è il vostro target di riferimento?Il target è medio alto. Lavoriamo con tutte le tipologie di aziende, dalle piccole alle grandi.

Cosa le sta dando questa esperienza pro-fessionale?Per 15 anni ho viaggiato in una sola par-te del mondo. Da 4 anni invece viaggio in mete che mai avrei considerato, in più ho avuto la possibilità di aff rontare aspetti più commerciali che prima ignoravo. La mia crescita professionale è stata notevole. |

www.hotelplan.it

Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma. Bruce Chatwin

HOTELPLAN ITALIAFondata nel 1947 quale filiale ita-liana di Hotelplan Internaionale, Hotelplan Italia opera nel setto-re del turismo attraverso le sedi di Milano e Roma e con le 4 filiali di Torino, Bologna e MIlano. Dopo aver acquistato Turisanda nel 2000, oggi Hotelplan Italia Spa si posizio-na tra i gruppi leader del mercato italiano. Nel 2005 nasce il nuovo brand Tclub che consta 9 resort e 26 hotel nel mondo. Nel 2007 nasce l’esclusivo brand Italian Secrets, con una programmazione dedicata alla scoperta di un’Italia poco co-nosciuta. Fanno parte di Hotelplan international anche le due italiane Interhome e Solemar società specia-lizzate nella vendita di soggiorni in ville e dimore di prestigio in tutto il mondo. Accanto all’organizza-zione di viaggi leisure si affianca una forte specializzazione nelle attività dedicate all’agenzia, come l’organizzazione di viaggi incentive, d’affari e congressi. La divisione In-centive e Congressi si occupa infat-ti di viaggi incentive, conventions, meetings aziendali e della relativa comunicazione, cercando il giusto equilibrio tra organizzazione e creatività: ogni azienda ha quindi la possibilità di costruire il proprio evento, unico ed eslusivo, con una consulenza specializzata.

I primi due anni, il 2007 e il 2008 sono stati strepitosi, i migliori della storia del settore con una crescita esponenziale. Nel 2009 è iniziata la crisi e l’anno peggiore è stato sicuramente il 201068

Enzo Vitale, Division Director della Divisione Incentive & Congressi di Hotelplan Italia

La crisi del mondo del turismo è legata soprattutto al forte ridimensionamento delle tariff e aeree e dei costi degli alberghi

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Bride & PrincessVHERA

Sposa e Principessa... Due anime di un’unica “fede”. Scegli come vuoi essere oggi...

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Secondo la rivista Time, Mark Zuckerberg, creatore di Facebo-ok, è l’uomo dell’anno 2010. È un prestigioso riconoscimento che certamente va a premiare un giovane che ha rivoluzionato il modo secondo il quale interagiamo e comunichiamo. Face-book non è infatti solo uno dei tanti social network. Secondo una recente indagine di Vincenzo Cosenza, Facebook è di fat-to il social network più usato in quasi tutti i paesi del mondo: più di mezzo miliardo di persone lo usano per comunicare, interagire, partecipare alla vita sociale.

È indubbio che la storia di Zuckerberg e la nascita di Face-book siano state e tuttora sono accompagnate da polemiche, zone d’ombra e conf litti legali sui quali è stato girato addirit-tura un film dal titolo “The Social Network” che ha incassato 193,651,734 dollari. Nel film si racconta la storia del ragazzo che allora era uno studente diciannovenne di Harvard. Fa-cebook viene creato con il nome di The Facebook il 4 feb-braio del 2004. Nasce per essere una piattaforma sociale in cui gli studenti della famosa università americana si sareb-bero potuti scambiare informazioni personali come foto e

status sentimentale. Per la fine del mese metà degli studenti di Harvard erano iscritti al servizio. In poco tempo i requisi-ti partecipativi per iscriversi al social network si espandono anche all’Università di Stantford, alla Columbia University e all’Università di Yale, per poi continuare con la Ivy League (le otto più prestigiose università private degli USA), il MIT, la Boston University e il Boston College. In seguito basta un indirizzo di posta elettronica con dominio universitario (per esempio .edu, .ac.uk, etc.) per accedervi da tutto il mondo. Ma è solo dall’11 settembre 2006, che chiunque abbia più di 13 anni, può parteciparvi. Il 21 luglio 2010 Mark Zuckerberg annuncia con entusiasmo sul suo blog che sono in 500 milioni ad avere un profilo su Facebook.Ultimamente si parla della volontà di Zuckerberg di quotare Facebook in Borsa, la società ha infatti già raccolto tramite

Facebook ha chiuso i primi nove mesi del 2010 con un utile netto di 355 milioni di dollari su ricavi per 1,2 milioni di dollari. Con ogni probabilità, la quotazione di Facebook in Borsa è prevista nel 2012

di Mark…A proposito

Un’analisi sulla nomina di Mark Zuckerberg, creatore di Facebook, a uomo dell’anno 2010. Dall’essere stimolo per rimettere le nuove generazioni al centro dell’attenzione delle nostri classi dirigenti all’aver stravolto l’approccio con il web fi no ad arrivare al ruolo svolto dai social network nelle dinamiche aziendali di Alfonso Fuggetta, ceo di Cefriel centro di Innovazione Ict del Politecnico di Milano

la Goldman Sachs un inve-stimento da 1,5 miliardi di dollari, cosa che è stata resa nota tramite un comunicato stampa. Sul grey market, il mercato non ufficiale dove si fanno le pre-contratta-zioni di azioni di società in procinto di essere quotate, il social network poco tem-po fa, scambiava a livelli che scontavano una capitaliz-zazione di 76 miliardi. La

Goldman Sachs fa inoltre sa-pere, tramite un documento informativo, che Facebook ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con un utile net-to di 355 milioni di dollari su ricavi per 1,2 milioni di dollari. Per gli acquirenti di titoli del social network è stato creato a Delaware un veicolo d’investimento ad hoc chiamato FBDC In-vestors. L’investimento di

Mark Zuckerberg, creatore di Facebook

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e arrembante crescita dei paesi emergenti e della Cina in particolare, paesi che sui temi della protezione della pro-prietà intellettuale e della concorrenza hanno posizioni e atteggiamenti abbastanza differenti da quelli dei paesi del “primo mondo”.C’è un terzo tema che questo riconoscimento porta in primo piano. L’avvento di sistemi come Facebook sta in-cidendo profondamente sulle dinamiche delle imprese e di molte attività economiche. Facebook non è semplice-mente uno strumento di svago o di divertimento. È una rete e un luogo di incontro che sta diventando anche e soprattutto uno strumento di marketing e di presenza sul mercato. Non si tratta solo di “un gioco”, come alcuni ancora tendono a considerarlo. Questa visione è miope e di retroguardia: il mondo di internet e dei social network sta sempre più diventando lo snodo che determina visibi-lità e successo delle nostre imprese e quindi è necessario saper guardare in modo nuovo a questi fenomeni.Un quarto aspetto critico collegato allo sviluppo di Face-book è la cosiddetta morte del web. Il rapporto dell’uten-te nei confronti di internet è evidentemente cambiato. Per molti oggi l’esperienza del web si riassume e chiude in Facebook, che in qualche modo tende a modificare gli equilibri o la natura stessa dell’accesso a internet. Il fatto che il social network stia diventando sempre di più “Il Luogo” della rete (nel 2010 il sito ha addirittura superato, negli Stati Uniti per una settimana, come numeri di ac-cessi, il motore di ricerca Google), porta gli utenti a scari-care sempre più spesso delle applicazioni che permettono di usufruirne senza accedere al web via browser (lo stesso vale per Twitter, RSS feeds reader ecc..) e questo fenome-no potrebbe avere delle implicazioni sul medio e il lungo periodo sulla natura stessa e sullo sviluppo del web. Infine, lo sviluppo e l’affermazione di social network come Facebook stanno incidendo profondamente sul tessuto e sulle dinamiche delle nostre relazioni sociali. Cambia il modo secondo il quale interagiamo. Nascono problemi sempre più complessi e delicati di privacy e di sicurezza delle persone e delle informazioni. Emergono nuove sfide sul fronte dell’educazione e della formazio-ne delle diverse fasce della popolazione. Si tratta di sfide molto delicate che troppo spesso vengono affrontate in modo semplicistico o addirittura snobbate, in quanto questi fenomeni sono considerati transitori ed effimeri. In realtà, stanno incidendo profondamente e permanen-temente sullo sviluppo complessivo della nostra società.In generale, il riconoscimento di Time Magazine è em-blematico e certamente ci stimola – ci deve stimolare – a rif lettere e valutare con grande attenzione quanto sta accadendo in questi anni. Dobbiamo saper guardare a questi fenomeni con lungimiranza e intelligenza, sapen-do cogliere tutte le complessità e criticità che essi nascon-dono, ma anche le straordinarie opportunità e ricchezze che possono offrire a tutte le componenti della nostra società. |

www.cefriel.it

“I nostri più grandi progressi hanno sempre l’unico scopo di mettere gli uomini in contatto”. Tratto da “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint Exupéry

L’Analisi

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Goldman Sachs in Facebook ha suscitato l’attenzione anche nella Sec (l’ente governativo statunitense preposto alla vigilanza della Borsa valori), che aveva già avviato un’indagine sul mercato se-condario. Nel momento in cui Facebook supererà la quota di 500 azionisti o investitori avrà 120 giorni a disposizione per regolariz-zare la propria posizione con la Consob americana (la legge pre-vede che una società non quotata possa aver un numero massimo di 499 azionisti o investitori. Una volta raggiunta quota 500 o più, c’è l’obbligo di registrarsi). Con ogni probabilità, la quotazione di Facebook in Borsa è prevista nel 2012.Detto tutto questo, come interpretare il riconoscimento della rivi-sta Time? Ci sono diversi punti di vista e commenti che a questo proposito si possono fare. In primo luogo, è positivo e emblematico che il riconoscimento vada a un giovane che ha saputo creare in pochi anni una realtà che ha cambiato nel profondo usi e costumi della nostra società.

Se pensiamo alla realtà italiana, aff litta da una cronica incapacità di valorizzare e sostenere l’entusiasmo e la voglia di fare dei nostri migliori giovani, un primo messaggio forte che emerge è il biso-gno di rimettere le nuove generazioni e le persone più dinamiche e creative del nostro paese al centro dell’attenzione delle nostri classi dirigenti.Peraltro, la storia di Facebook mette in luce anche un secondo pro-blema critico: come gestire l’innovazione, la competizione e il mer-cato in un mondo dove la primogenitura di una idea o anche solo una semplice intuizione possono fare la differenza? È un tema che continuamente riemerge sia per la progressiva dematerializzazione di molti prodotti e servizi, sia per il momento storico che stiamo vivendo. Le economie occidentali devono fronteggiare la poderosa

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La tua azienda usa la simulazione in modo innovativo? Ansys permette di collaborare alla survey di Aberdeen Group. Sarà possibile paragonare il modo di progettare e usare la simulazione dell’azienda con le best in class e ricevere un report personalizzato su come migliorare le performance aziendalidi Thierry Marchall – Worldwide Industry leader – Ansys Inc.Paolo Colombo – Ansys Italia

Secondo la ricerca di una prestigiosa universi-tà americana la crescita aziendale attraverso l’innovazione, che tanto è decantata da im-prenditori, politici e teorici, viene poi nei fatti scoraggiata da diversi fattori. Il primo di tutti è il rischio implicito nel fare innovazione: per-correre una strada nuova signifi ca aff rontare l’incertezza. Incertezza nei risultati, nei costi. Incertezza nelle decisioni, negli investimenti. In tempi di crisi, pochi possono permettersi errori e sprechi. A ciò si aggiungono nuovi diktat a cui non possiamo non sottostare se vogliamo mantenere la nostra competitività come la riduzione dei tempi di sviluppo e dei budget disponibili, e tendenze fortemente li-mitanti come i cambiamenti veloci e continui delle condizioni di mercato che portano a fo-calizzare gli obiettivi aziendali e del manage-ment sul breve termine. La somma di questi fattori è evidentemente sfavorevole all’inno-vazione e crea un contesto competitivo molto complesso, che viene spesso aff rontato con strumenti pensati per situazioni molto più sta-bili e prevedibili. Nella gestione della comples-sità, la tecnologia gioca un ruolo importante, tanto da non essere più considerata un domi-nio dei soli tecnici ma una risorsa strategica di cui si deve occupare il management aziendale. Nel ciclo di sviluppo di nuovi prodotti, uno dei processi fondamentali per la crescita azien-dale, è la simulazione numerica a giocare un ruolo sempre più fondamentale perché con-sente di superare molti dei limiti che oggi fre-nano le aziende nello sviluppo di prodotti in-novativi, tanto che è stato coniato il termine

“simulation driven product development”. La stessa Aberdeen Group, una delle principali società mondiali che si occupano di indagare su come le nuove tecnologie sono applicate nelle aziende, individua una tendenza impor-tante e dichiara che nel prossimo decennio la simulazione diventerà “pervasiva”: chi non la implementa nei suoi processi di sviluppo è de-stinato a perdere un importante elemento di competitività. Perché? Oggi la sfi da per gli imprenditori e i dirigenti è avere un prodotto innovativo, di quelli che aff ascinano il merca-to, sviluppato in poco tempo e con investi-menti ridotti. Inoltre è necessaria una ottimiz-zazione molto più spinta rispetto al passato. Non possiamo fermarci alla prima soluzione che rientra nelle specifi che tecniche ma dob-biamo davvero trovare l’optimus: questo per garantire ad esempio un consumo energetico che faccia rientrare il prodotto tra quelli “gre-en” per ragioni di marketing o per soddisfare le nuove normative, senza avere impatti sul prezzo di vendita o sulle prestazioni. Tutti vorremmo un’automobile a basso impatto am-bientale, ma se costa il 20% in più e ci garanti-sce solo 150 Km di autonomia a 90 Km/h l’in-teresse decade presto. Tagliare i costi della sperimentazione poi è una strada troppo peri-colosa. Ci sono molti esempi di cosa può suc-cedere e di quali sono i costi di tali operazioni: sostituzione o riparazione in garanzia, rifaci-mento di attrezzature, riprogettazione di com-ponenti… ma soprattutto perdita di immagi-ne e di fi ducia verso la nostra azienda in un momento in cui la competizione globale è così

Innovare,ridurre costi e migliorare i prodotti:

simulazioneil ruolo strategico della

Il 27 maggio un convegno al kilometro rossoVenerdì 27 maggio pres-so il Kilometro Rosso di Bergamo si terrà il seminario dal titolo “Innovare con la simula-zione”. Con la partecipa-zione di: Ansys, Mox-Off, Microsoft, Politecnico di Milano, Open Univer-sity Business School, Af-fidabilità & Tecnologia. La giornata è dedicata ai manager non tecnici, amministratori delegati e imprenditori e fornisce una visione a tutto ton-do su come tecnologie come la simulazione nu-merica possano davvero essere dei facilitatori nello sviluppo di nuovi prodotti, contribuendo al successo aziendale sul mercato.

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Innovazione

alta che per il cliente diventa facilissimo ed im-mediato trovare un sostituto. Pensate alla per-dita di immagine di Toyota, considerata l’auto più affi dabile del mondo, quan-do ha dovuto richiamare mi-lioni di vetture. Pensate ad Apple che a causa di un difetto dell’antenna nell’iphone 4 ha perso il 20% di mercato. Pensate all’enorme lavoro fatto dalla BP per darsi un’immagine di azienda attenta all’ecologia, distrutta dal disastro della piattaforma nel golfo del Messico. Ed oltre ad una imma-gine aziendale compromessa, ci si trova a dover pagare danni e sanzioni che in diversi casi arrivano a cifre di milioni di euro. Storicamente, gli inge-gneri hanno gestito il rischio attraverso la loro esperienza. Ma cosa fare quan-do i sistemi diventano sempre più com-plessi? Quando si aff ronta l’ignoto e non si ha il tempo per apprendere? In un sistema costituito da migliaia di componenti, ne basta quasi sempre uno solo non effi ciente a causare un di-sastro. Ricordate l’Apollo 13? Una mis-sione della NASA del costo di centinaia di milioni di dollari che è fallita a causa di un componente da pochi centesimi. E quando parliamo del prodotto delle no-stre aziende, si tratti di un’automobile di lusso, un aereo, una macchina per il caff è o un lettore mp3 economico, stia-mo parlando del nostro futuro e di quello

dei nostri dipendenti, della promessa che la nostra azienda sta facendo al suo mercato. Non possiamo rischiare. Abbiamo allora bi-sogno di un metodo che abbassi i rischi che inevitabil-mente si corrono nell’aff rontare il nuovo in presenza di forti costrizioni econo-miche e temporali, che garantiscano di generare un prodotto affi dabile e che questo sia ottimizzato per rispondere alle esigenze di bassi consumi e basso impatto ambientale. Ecco perché parliamo di uso strategico della simulazione: è uno degli strumenti principali per raggiungere questi obiettivi, prendendo de-

cisioni informate ad ogni passo dello sviluppo di prodotto. Facendo affi -damento sulla simulazione multifi sica, si apre la possibilità di trattare

l’incertezza in un modo sistematico permettendo di comprendere e quantifi care i rischi, riducendoli al minimo attraverso la compren-sione profonda dei fenomeni che si sviluppano intorno al nostro prodotto. Simulando, si crea in azienda una base di esperienza per poter infi ne applicare la propria conoscenza senza paura di sbaglia-

re. Per un esempio pratico, prendiamo un oggetto di uso comune come un ventilatore. La sua forma e il concetto su cui è sviluppa-to sono rimasti pressoché inalterati negli ultimi 100 anni. Poi arriva il Dyson Air Multiplier, un ventilatore senza pale. Il suo sviluppo è stato una sfi da proprio perché non esisteva espe-rienza alcuna nel mondo. L’idea prevedeva di risucchiare l’aria dalla base dell’apparecchio e accelerarla tramite un anello i cui

profi li aerodinamici ne incanalano anche la direzione, diff on-dendo il fl usso nell’ambiente senza creare turbolenza. Storica-

mente Dyson si è sempre basata sulla creazione di prototipi fi sici per lo sviluppo di nuovi progetti, ma questa volta l’investimento necessario per valutare tutte le idee e le teorie di ingegneri e desi-gner, in termini sia di denaro che di tempo, non lo avrebbe permes-so. Dovendo testare molte idee diverse su come dovesse essere dise-gnato il modulo circolare, che è il cuore del progetto, non era possibile usare la prototipazione fi sica poiché la valutazione di cia-scuna delle confi gurazioni sarebbe costata, solo in termini di tem-po, due settimane. Dyson aveva già aff rontato simili sfi de in pas-

sato, alcune proprio nella gestione di fl ussi d’aria, e quindi ha deciso

Nella gestione della complessità, la tecnologia gioca un ruolo importante,

tanto da non essere più considerata un dominio dei soli tecnici ma una

risorsa strategica di cui si deve occupare il management aziendale. Oggi la sfi da per gli imprenditori e i dirigenti è avere

un prodotto innovativo, di quelli che aff ascinano il mercato, sviluppato

in poco tempo e con investimenti ridotti

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con le stesse dimensioni. Questo si-gnifi ca che il Dyson Fan consuma

meno dei concorrenti (quindi è più “ecologico”, un altro aspetto oggi importante per vendere il prodotto) e contemporanea-mente è più effi ciente.Il Dyson Air Multiplier fan è stato un clamoroso successo nel mercato, anche grazie all’otti-

mizzazione di progetto resa pos-sibile dalla simulazione. Questo

caso, nella sua semplicità, è emble-matico. Cosa può succedere allora se si studia un prodotto più complesso?

La turbina di una centrale che pro-duce 1000 MW e che ha una effi -cienza media del 50%, per esempio,

può venire ottimizzata per ottenere un 1% in più di effi cienza il che equivale

a ricavare energia per illuminare una piccola città. Una scuderia giovane come la Red Bull può ottimizzare un auto per diventare campione del mondo; Un produttore di elicotteri può rendere il suo prodotto più adatto ad un ambiente ostile come il deserto, in cui la sabbia minaccia le strutture in movimento; Gli architetti possono studiare il fl usso dell’aria per climatizzare naturalmente un edifi cio o valutare la propagazione del fumo in caso di in-cendio. Le applicazioni sono infi nite, in ogni settore. D’altron-de si tratta di simulare le leggi fi siche che governano il nostro mondo, e che quindi accompagnano qualsiasi prodotto durante il suo ciclo di vita e, grazie a questa pratica, costruire prodotti più robusti, sicuri ed effi cienti realizzando le promesse che la nostra azienda ha fatto al mercato. |

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www.ansys.com

di utilizzare le potenzialità della simulazione numerica per eff ettuare le analisi senza la necessità di un prototipo fi sico. La velocità e la precisione del soft ware ha consentito di simulare circa 200 diverse confi gurazioni diverse, ovvero 10 volte il numero che sarebbe stato possibile tramite la sola prototipazione fi sica che è stata impiegata solo alla fi ne per confermare i risultati sperimentali. Que-sto ha permesso agli ingegneri di acquisire velocemente una comprensione di come le modifi che del progetto infl uivano sul fl usso dell’aria e quindi creare know how in azienda, con il risultato di poter prendere, step dopo step, decisio-ni basate su dati certi e non solo su supposizioni. Una volta arrivati ad una soluzione “buona”, forse quel-la che in molti avrebbero già validato per la produzione, l’impiego dello stesso soft ware ha consentito una ulteriore ottimizzazione di dettaglio molto rapida. Alla luce delle esperienze fatte nella prima parte dello sviluppo di prodotto e utilizzando l’ot-timizzatore del soft ware, Dyson si è de-dicata al fi ne tuning dandosi come obiettivo primario quello di aumentare il rapporto di amplifi cazione per sposta-re la massima quantità di aria possibile per una determinata dimensione e consu-mo di energia. Il lavoro è stato svolto in un solo giorno e i risultati della simulazione sono stati generati durante la notte. Le miglio-rie introdotte hanno consentito di innalzare il rapporto di amplifi cazione di 15 a 1, rendendo il ventilatore notevolmen-te più effi ciente di uno tradizionale

il passato, il presente e il fututro dei ventilatori(archivio dyson)

Facendo affi damento sulla simulazione multifi sica, si apre la possibilità di trattare l’incertezza in un modo sistematico permettendo di comprendere e quantifi care i rischi, riducendoli al minimo attraverso la comprensione profonda dei fenomeni che si sviluppano intorno al nostro prodotto

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“Better”, dall’inglese “To bet” (scommettere) ma anche “better” inteso come “meglio”: nome perfetto per un’agenzia di scommesse. Se poi si tratta di farlo conoscere al grande pubblico, di fare un po’ di branding per un marchio ancora poco noto, non c’è niente come far comparire il logo in TV in sovraimpressione mentre va in onda uno degli eventi col più alto indice d’ascolti in Italia, cioè un gran premio motociclistico.Il (nefasto) caso vuole, però, che poco tempo fa sia successo esattamente questo: preceduto da un sonoro “bing!” per destare l’attenzione dello spettatore, il logo di “Better” è eff ettiva-mente comparso in TV, ma il tutto soli 3 secondi dopo che il telecronista Guido Meda aveva invitato il pubblico a casa ad osservare un minuto di silenzio per la notizia, appena giunta in diretta, della morte in pista di Shoya Tomizawa, sfortunato motociclista giapponese. Immaginatevi la scena: silenzio di tomba (purtroppo, è il caso di dirlo), sangue ghiacciato, qualcuno che mentalmente recita una preghiera, le immagini di moto che scorrono davanti ad un pubblico atterrito e… (bing!) “BETTER” compare sui nostri schermi. Fossi il diretto-re marketing di quell’azienda, citerei il regista per danni e chiederei il rimborso all’emitten-te televisiva. Di cosa stiamo parlando? Di pubblicità controproducente.Ci sono casi anche più famosi: in una recente partita dell’Italia di calcio, il nostro Cassano ha segnato un gol. Peccato che in diretta tv non l’abbia visto nessuno dei milioni di tele-spettatori, perché pochi istanti prima la regia aveva pensato bene di mandare in onda il fatidico “spot di 5 secondi, e poi torniamo!”. Questo mentre uno dei nostri si accingeva a battere un calcio d’angolo, situazione che normalmente dovrebbe mettere in allerta i regi-

sti perché 1 volta su 3 dopo un “corner” succede qualcosa: un gol, un’occasione da gol, un rigore… Non ricordo lo spot, ma per giorni è echeggiata sulle pagine dei quotidiani sportivi la vibrata lamentela degli appassionati. Ebbene: secondo voi l’azienda che ha pagato quello spot pub-blicitario, ne avrà guadagnato in termini d’immagine o no? Quanti insulti dei tifosi saranno virtualmente arrivati all’indiriz-zo dell’azienda che con la sua pubblicità ha incolpevolmente oscurato la diretta di un gol della Nazionale?Nel rendere potenzialmente contropro-ducente un messaggio, la tempistica fa la sua parte non solo in termini di oppor-tunità (quando mandare in onda il mes-saggio) ma di ripetitività. A tal proposito, cito testualmente il post di un internauta romano, esasperato dalla ripetitività di

Gli effetti di una comunicazione pubblicitaria infelice: tempi e location sbagliati, scelta inappropriata dei testimonial e un eccesso di regole da rispettare. L’importanza di saper

pianifi care con cura e attenzione ogni dettaglio

di Leonardo MarabiniDirettore Marketing, Pianifi cazione e Sviluppo del Kilometro Rosso

la pubblicità diventaQuando

controproducente

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Alcune installazioni pubblicitarie a Venezia

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un messaggio radiofonico evidentemente martellante fi no alla nausea: “…Gli stessi che pubblicizzano non si rendono conto che troppa pubblicità è come nessuna pubblicità, e che pubblicità fasti-diosa è pubblicità controproducente”. In eff etti, c’è gente che per ripicca verso lo spot ossessionante fi nisce per comprare il prodotto della concorrenza, come scrive un lettore su “Toluna”: “…ho no-tato che le pubblicità che io reputo più brutte e più noiose sono quelle delle acque e, di conseguenza, ho deciso di non comprare per nessunissima ragione l’acqua Brio Blu, Rocchetta e Uliveto. Le loro pubblicità sono martellanti e veramente brutte”. Ovviamente ci dissociamo da questa opinione…Esempi di pubblicità “boomerang” sono in realtà sotto gli occhi di tutti anche nel nostro vivere quotidiano. Recentemente a Milano sentivo per strada un paio di milanesi di quelli “veri” che in me-neghino stretto maledicevano un pannello pubblicitario colpevole di coprire per intero un edifi cio storico (non parlo milanese, ma ricordo bene che la conversazione fi niva con qualcosa di molto si-mile a “ma va a da’ via….”).La testata “Th e Art Newspaper” ha persino scritto al Ministero dei Beni Culturali italiani per protestare vibratamente contro una “Venezia deturpata in maniera grottesca” dai pannelli pubblicitari che, a dire delle autorità locali, aiuterebbero in realtà a fi nanziare il restauro degli edifi ci interamente coperti dagli stessi pannelli (let-tera sottoscritta anche dai direttori del MOMA di New York, dal British Museum di Londra e da intellettuali di mezzo mondo).Sin qui si è parlato di comunicazione infelice per l’inopportunità della tempistica o della location. Altre volte, invece, la pubblicità può essere una zappa sui piedi a causa di altri fattori: la scelta del testimonial sbagliato, per esempio. Dopo che il golfi sta Tiger Wo-ods si è reso protagonista di avventure extraconiugali riprese dai media di tutto il mondo, esperti di comunicazione hanno stimato in diverse decine di milioni di dollari il danno procurato ai suoi sponsor (Nike, Gillette, ed altri ancora). Che non a caso hanno in gran parte annullato il contratto poco dopo. Storie analoghe per il cestista Kobe Bryant (stella di basket dei Los Angeles La-kers, fedifrago, scaricato dagli sponsor), per la modella Kate Moss (cocainomane, che ha avuto il benservito da H&M e Chanel), ed altri ancora. Per dirla con Ettore Livini di “Repubblica”, Calimero non avrebbe fatto questi scherzi. Casi opposti, stesso risultato: il testimonial nuoce al prodotto perché è (o diviene) più celebre del prodotto stesso. Il consumatore si ricorda della star del cinema, del celebrato sportivo, ma non di cosa fosse testimonial. Per esempio: quanti di voi si ricordano la marca di orologi al polso di Nico-le Kidman? E il profumo che inebria Monica Bellucci? (risposte: Omega e Dolce & Gabbana). Persino Belen Rodriguez rischia di creare lo stesso eff etto: come scrive Nino Materi su “il Giornale”, i consumatori restano concentrati sulle sue curve (come dare loro

Focus Pubblicità

torto…), e alla fi ne si ricordano l’azienda (TIM) ma non il prodot-to, in questo caso la tariff a telefonica promossa: che off erta è? Che vantaggi comporta? Boh!I testimonial, inoltre, possono nuocere al prodotto anche a causa della sovraesposizione mediatica, per cui un testimonial diventa letteralmente insopportabile non per sue specifi che colpe ma a causa di quella che gli inglesi chiamano “overfamiliarity”. Piccola ma facile profezia a tal proposito: secondo me TIM presto si stu-ferà della già citata Belen Rodriguez (poi verifi catasi, ndr), come - citiamola per par condicio - Vodafone s’è stufata a suo tempo di Megan Gale.In certi casi, infi ne, l’ineffi cacia del messaggio che si tramuta in danno per l’advertiser è generata non dalle persone, non dai luo-ghi, non dalla tempistica, ma… dalle regole! Il caso più classico è quello delle pubblicità dei farmaci, che per legge devono sempre avere richiami al “leggere attentamente le avvertenze”, al “tenere fuori dalla portata dei bambini”, e ad altre indicazioni sulla data di scadenza del prodotto, sul parere del medico, etc…. Il problema è che questi “richiami” sono talmente tanti che l’inserzionista paga per 30 secondi di spot, un terzo dei quali si perde in questo bla bla. Così per anni s’è consumata l’abitudine di raddoppiare arti-fi cialmente la velocità dello speaker, al punto di rendere impossi-bile capire cosa stesse dicendo: controproducente per chi paga, ma anche per il consumatore, ovvero il malato, che nel dubbio di non aver ben compreso le avvertenze, ignora lo spot tv/radio e si affi da al consiglio del farmacista. Tutto risolto (o quasi) nel Luglio 2007, quando per decreto del Ministero della Salute è stata sancita l’ob-bligatorietà di pronunciare le avvertenze alla stessa velocità del re-sto del messaggio. Merita invece una parentesi un caso che è ormai oggetto di studio sui banchi delle scuole di comunicazione, ovvero la collaborazione tra il gruppo Benetton ed il fotografo Oliviero Toscani. Le foto di un prete e una suora che si baciano, del ma-lato terminale di AIDS o della fotomodella anoressica, immagini volutamente choccanti hanno fatto il giro del mondo, associate al marchio Benetton. Per molti, un danno d’immagine. Secondo me, un falso caso di pubblicità controproducente ed anzi la semplice messa in pratica (ancorché opinabile nelle modalità) della celebre frase di Oscar Wilde che suona più o meno così: “Bene o male, l’importante è che se ne parli”. Quali sono i rimedi per una pubblicità che diventa più un danno che un benefi cio? Nei casi dei testimonial, gli avvocati sono ormai usi ad inserire le “bad boy clauses”, cioè clausole specifi che che tu-telano l’azienda in caso di cattivo comportamento, ma in realtà sono solo dei deterrenti: diffi cile infatti rimediare ad un danno d’immagine una volta che s’è verifi cato. Oppure se si vuole evita-re rischi legati all’integrità dell’immagine del testimonial, ci sono imprenditori che agiscono all’insegna del vecchio adagio “se vuoi una cosa fatta bene, falla tu”, ed eccoli pronti a mettere la propria faccia, da Ennio Doris (Banca Mediolanum) a Giovanni Rana (tor-tellini), da Francesco Amadori (polli) ad altri ancora, tutti testi-monial di sé stessi.In tutti gli altri casi, una soluzione standard effi cace non esiste: in pochi campi come in quello della comunicazione è fondamentale saper pianifi care con cura ed attenzione ogni dettaglio, ma una volta che è partita la giostra, non la si può più fermare. |

Quali sono i rimedi per una pubblicità che diventa più un danno che un benefi cio? Si parte dell’inserimento della “bad boy clauses” fi no alla disponibilità degli imprenditori a metterci la propria faccia. Resta fondamentale il saper pinifi care con cura e attenzione ogni dettaglio

Tutti gli scandali aiutano la pubblicità, perché non c’è migliore pubblicità della cattiva pubblicità.Andy Warhol

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Per tenere aggiornati i sistemi di misurazione, i manager dovrebbero effettuare revisioni annuali per verifi care che vengano monitorate le metriche corrette

di Thomas Bertels e Massimo Appiotti

Anche nelle aziende multinazionali meglio gestite, l’incapacità di misurare ciò che conta può produrre conseguenze impreviste.Consideriamo alcuni scenari reali:

L’amministratore di un’azienda di confezionamento di far-• maci annuncia con orgoglio un altro mese con livelli di produzione da record. Purtroppo, il lavoro di quel mese ha prodotto anche un’eccedenza di un prodotto che sta per fi -nire fuori brevetto.Gli indicatori della qualità delle prestazioni di un’azienda di • servizi di logistica mostrano miglioramenti notevoli negli ultimi due anni, eppure uno studio sulla fi delizzazione dei clienti mostra che la quota di portafoglio (cioè la quantità di lavoro che l’azienda riceve da ciascun cliente) è diminuita sensibilmente nello stesso arco di tempo.

In un mondo ideale, un sistema di misurazione effi ciente tiene l’intera organizzazione allineata ai propri obiettivi, aiuta i diri-genti a prendere decisioni effi caci e agevola l’apprendimento da parte di tutti gli appartenenti all’organizzazione. Nel mondo rea-le, invece, la frequenza dei cambiamenti è sempre più elevata.Le metriche di valutazione approntate sorpassate spesso non sono più in grado di misurare ciò che realmente avviene nell’at-tività oggi. L’incapacità di misurare le giuste variabili genera confl itti improduttivi, determina lo spreco di risorse già scarse, ostacola la realizzazione della strategia e premia comportamenti errati. Per aiutare le aziende a evitare questi problemi senza di-sperdere l’investimento nel sistema di misurazione, è necessario coinvolgere esperti di sistemi di misura aziendali in un processo di revisione periodico.

Verifi ca del sistema di misurazioneUna verifi ca annuale dell’intero sistema di misurazione di un’azienda è un metodo adeguato per mantenere l’effi cacia del sistema stesso. A seconda della complessità e dell’ampiezza del sistema, la verifi ca può richiedere da due giorni per un reparto o una funzione a due settimane per una business unit più arti-colata.La prima cosa da fare è l’elenco di tutte le metriche attualmente in uso e la revisione del piano strategico. Il punto di vista degli utenti e il contesto ambientale possono essere rilevati mediante colloqui con un campione rappresentativo di manager.La verifi ca deve puntare a:

verifi care se le metriche sono in linea con gli obiettivi;• garantire l’equilibrio fra misurazioni di effi cienza e di effi -• cacia e fra indicatori leading (predittivi) e lagging (confer-mativi);individuare falle nella misurazione, punti ciechi e potenziali • confl itti.

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di misurare ciò che conta L’arte

Per quanto riguarda il livello di misurazione individuale, l’audit deve verifi care se la metrica è ancora pertinente, chi la detiene, se può essere convalidata, chi deve avere accesso alle informazioni e come si possano rendere tali informazioni più utili. Il risultato dell’audit è un elenco di rilievi e di raccomandazioni specifi che, che devono essere analizzati con il rispettivo team guida.Idealmente la responsabilità del sistema di misurazione dovrebbe spettare all’uffi cio fi nanziario. Per quanto riguarda le tempistiche, il momento ideale per rivedere le metriche è durante il ciclo annuale di pianifi cazione e defi nizione del budget.

Aggiornamento delle metricheUn audit dell’attuale struttura di misurazione, sia a livello di sistema sia a livello di metrica individuale, dovrebbe rispondere alle doman-de seguenti.

1. Che cosa è più importante?Ormai le aziende possono misurare praticamente qualsiasi aspetto della loro attività, ma solo perché è possibile misurare qualcosa, non signifi ca che lo si debba fare. Bisogna individuare quelle poche mi-sure che rifl ettono le prestazioni dell’intera organizzazione. I leader devono defi nire e comunicare una chiara gerarchia delle metriche.Altri aspetti da indagare sono:

Allineamento fra metriche locali e obiettivi complessivi;• Comprensione di tutti del loro impatto sull’intera organizzazione;• Le poche misure critiche non fi nanziarie che il team guida deve • gestire bene;Gli indicatori leading delle prestazioni; loro affi dabilità e capa-• cità predittiva;

2. Che cosa è cambiato?Che cosa manca?Se state ancora utilizzando lo stesso insieme di misure non fi nanzia-rie che avete defi nito cinque anni fa, probabilmente state sbagliando. Le metriche vanno costantemente aggiornate. Nel farlo il team guida dovrà porre attenzione a questi aspetti:

Supponendo che la revisione del sistema di misurazione sia an-• nuale, i cambiamenti degli ultimi 12 mesi;Gli insegnamenti acquisiti in questo periodo; Le bad practices • abbandonate;I cambiamenti a breve e lungo termine ed eventuali cambi di • strategia.

3. Che cosa dovremmo smettere di misurare?Per mantenere sano un sistema di misurazione, servono frequenti “po-tature”. Il principio guida è: “Se non serve, probabilmente è dannoso.” Spesso, richieste isolate dei più alti dirigenti si trasformano in elaborati report mensili che poco contribuiscono al miglioramento dei processi.

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Strategie aziendali

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L’impegno necessario per raccogliere, visionare, analizzare, illustrare e discutere misu-re che hanno cessato di avere alcuna utilità dovrebbe essere dedicato ad altri scopi.Per ogni metrica, il team dovrebbe considerare:

Che cosa succede se interrompiamo la misurazione?• Dove abbiamo fatto progressi suffi cienti per poter dichiarare vittoria e passare • alla prossima sfi da?

4. Come risolviamo confl itti e contraddizioni?Spesso, gli indicatori delle prestazioni di funzioni e reparti sono la prima causa di attrito all’interno di un’organizzazione. Il servizio clienti viene misurato sulla frequenza degli ordini e sui tempi di conse-gna, ma la pressione alla quale viene sottoposta la funzione della supply chain per mantenere bassi i livelli di scorte può causare continui scontri e alimentare tensioni interpersonali.Mappare le metriche dipartimentali rispetto agli obiettivi chiave dell’azienda nel suo complesso è un buon metodo per individuare, comprendere e risolvere confl itti evidenti fra i reparti. Le domande da porre quando si deve valutare come risolvere i confl itti sono le seguenti:

In quale misura l’organizzazione perde slancio a causa di attriti evitabili fra • diversi gruppi che cercano solo di “fare i numeri”?Il vostro sistema di misurazione è in linea con le esigenze e le richieste dei • vostri clienti?

5. Che cosa dobbiamo premiare?Il mancato allineamento fra il sistema di premi e ricompense e le metriche su cui si basa la gestione dell’attività è spesso la causa del fallimento delle iniziative. Ad esempio, supponiamo che vi sia un’attività di supply chain fi nalizzata a ridurre le scorte, ma il consiglio di amministrazione non accetta di cambiare le mo-dalità di retribuzione dei venditori; la conseguenza è che i venditori conti-nuano a rimpinguare il canale retail e la leadership è costretta a staccare la spina al progetto.Garantire l’allineamento fra i compensi ai singoli e le prestazioni dell’azienda è una responsabilità fondamentale del management che non può essere delegata. Chiedete al vostro team:

Come garantite che comportamenti corretti e risultati positivi • vengano ricompensati?Avete valutato possibili conseguenze impreviste?• Come prevenite abusi e manipolazioni?•

Migliorare la gestioneSviluppare e implementare un nuovo sistema di misurazione richiede normalmente un investimento signifi cativo e un impegno che assorbe molto tempo.I leader devono essere coinvolti in ogni fase del processo.Bisogna stabilire punti di partenza e obiettivi. I sistemi premianti devono essere adeguati. Si devono defi nire i formati dei report e i template per le presentazioni. Per garantire il massimo ritor-no sull’investimento, i team a tutti i livelli (dire-zione, business unit, funzione, reparto e processo operativo) devono partecipare alla manutenzio-ne del sistema di misurazione attraverso il pro-cesso di auditing descritto in questo articolo.Mantenere un sistema di misurazione effi ca-ce è una condizione fondamentale per tutti i dirigenti e i manager. Dopo tutto, se non si misura un processo, come lo si può ge-stire? Con un audit è possibile verifi care che il sistema stia misurando ciò che conta. |

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Idiom è una giovane agenzia di design indiana di Bangalore che ha contribu-ito a far conoscere al mondo il progetto Mother Earth nato per valorizzazione l’artigianato indiano reinventando lo stile tradizionale in una prospettiva di design thinking. L’agenzia applica il modello e i concetti del design strategico: si parte da un nuovo concept proposto da Mother Earth, tenendo conto delle indicazioni di shopping esperienziale legate alle carat-teristiche dei format dei punti di vendita per completare il percorso e si costruisce una nuova immagine coordinata. Ma non fi nisce qui. Idiom si preoccupa di ridise-gnare anche l’intera fi liera arrivando fi no ad un nuovo modello di fornitura per il mondo dell’artigianato. Gli artigiani che contribuiscono al suc-cesso di Mother Earth sono coinvolti in programmi di formazione e ottengono incentivi per formare cooperative a livello territoriale per migliorare la gestione pro-duttiva, i processi di approvvigionamen-to e il livello imprenditoriale dei singoli. Tutto ciò avviene, naturalmente, all’inse-gna del fair trade e del rispetto della soste-nibilità ambientale. L’esempio di Mother Earth e di Idiom è sintomatico di un feno-meno legato al design che sta toccando un pò tutti i settori produttivi e i vari angoli del pianeta, che parte dal design tradizio-nale per interessare tutti gli aspetti a par-tire dallo sviluppo dell’idea, passando per il management, fi no alla produzione e al rapporto con il cliente dando vita ad un concetto nuovo, il design thinking.

Il caso Mother Earth non è isolato, sempre più progetti negli ultimi anni stanno ap-plicando lo stesso concetto di design che combina l’estetica del prodotto ai processi di management. L’idea che il design deb-ba estendere il proprio campo di azione anche al punto di vendita e all’esperienza è un concetto ormai acquisito in tutte le principali scuole di design, con partico-lare riferimento a quelle italiane. L’espe-rienza non riguarda più e solo il prodotto ma il luogo in cui si acquista, viene preso in considerazione dove il consumatore sperimenta vari livelli di interazione con gli oggetti e la comunicazione.

Il sistema punto di vendita svolge una funzione fondamentale che da semplice contenitore di prodotti diventa ambiente di sperimentazione (shopping experience) e di apprendimento (point of learning). Come esperto di neuromarketing, ho

stimato che la quota di tempo dedicata all’acquisizione di nuove informazioni sui prodotti durante una normale esperienza di shopping sia circa il 50% negli ipermer-cati e sale al 70/80% sui fl agship store (“ne-gozi bandiera”, punti vendita monomarca di grande prestigio che hanno soprattutto una funzione istituzionale). In eff etti è più che comprensibile che il design si preoc-cupi di valorizzare le qualità dei prodotti anche negli ambienti di vendita dove essi incontreranno i clienti fi nali. I risvolti del design thinking applicato all’in store marketing sono notevoli; riguardano la ricerca della migliore soluzione espositi-va (corner, shop in shop, isole), lo studio della componente emozionale del lay-out (luci, suoni, colori, aromi) e la fi ndabili-ty dei prodotti stessi. Grazie al neuro-marketing è possibile simulare i percorsi che un cliente compie dall’ingresso fi no ai vari spazi espositivi rilevando, grazie a strumenti quali l’EEG-biofeedback e il videorecording, se l’andamento nel punto vendita avviene in modo semplice e non stressante o se, invece, vi sono diffi coltà di orientamento determinate dalla presenza ridondante di informazioni, pubblicità, richiami incoerenti con il percorso men-tale e fi sico del cliente. Le neurometriche misurano l’attività del cervello in ogni momento dell’esperienza e restituiscono informazioni riguardanti l’attenzione, la capacità evocativa, l’attività di apprendi-mento, l’ansia e il deconding (vale a dire lo sforzo di calcolo e di orientamento). “Il punto – aff ermava Picasso nel 1907- è di-

La quota di tempo dedicata all’acquisizione di nuove informazioni sui prodotti durante una normale esperienza di shopping è di circa il 50% negli ipermercati e sale al 70/80% sui fl agship store

Il rapporto tra design thinking e neuroscienze rende possibile comprendere come avviene la fruizione degli oggetti da parte del cervello dei consumatori. Idiom una giovane agenzia di design di Bangalore, grazie al caso Mother Earth, adotta un modello di lavoro innovativo che copre tutte le fasi della fi liera, dall’ideazione alla vendita passando per la valorizzazione degli artigiani e la progettazione della shopping experience

di Francesco Gallucci – Presidente di 1to1lab, Coordinatore del Dipartimento di Neuromarketing di Aism, Professore di Sociologia della Comunicazione al Politecnico di Torino, esperto di neuromarketing, partner di Umania

neuroscienze,

Design thinkingl’estetica incontra l’esperienza

e

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Neuromarketing

pingere non solo ciò che si vede, ma anche la parte che si intuisce”, ovvero la quarta dimensione nascosta che solo il cervello riesce a cogliere completando le informazioni fornite dalla percezione. Cosa “vediamo” davvero in un prodotto quando ci muoviamo in un punto di vendita? Vi sono caratteristiche dei prodotti e dei punti di vendita che riu-sciamo a cogliere fondendo le informazioni fornite dagli stimoli, come la forma o il colore degli oggetti, ad altre che non sono rile-vabili ma che sono parte integrante del dna degli oggetti stessi. Le caratteristiche dei prodotti possono essere defi nite nelle se-guenti categorie: comuni, percepibili, non percepibili, autoespli-cative e indotte. Le qualità comuni, sono quelle che devono essere considerate generali a tutti i potenziali utenti, le qualità percepibili possono essere sperimentate solo dai nostri sensori esterni (vista, tatto, udito, gusto e olfatto), le qualità non percepibi-li possono essere nascoste (ad esempio la

capacità termica di un capo di abbigliamento da montagna) o verifi cabili solo dopo l’uso (una vernice antiossidante), le quali-tà autoesplicative sono quelle che l’oggetto stesso fornisce sulle modalità del proprio uso attraverso la proria forma (ad esempio, le forbici o il cavatappi), infi ne, le qualità indotte sono quelle proposte come possibili o necessarie dalla pubblicità e dall’ap-prendimento diretto tramite imitazione. In tutti i casi, il cervello interpreta gli oggetti e i loro utilizzi attivando sia la parte razio-nale che quella inconscia. Il professor Rizzolatti, tra gli scopritori dei neuroni specchio, ritiene che circa metà dei 10 miliardi dei nostri neuroni sono dedicati all’apprendimento per imitazione, ovvero all’acquisizione di informazioni, modalità d’uso e com-

portamenti con uno sforzo cognitivo molto limitato. Il neuro-scienziato Varela ritiene che lo stimolo visivo rappresenta

solo il 20% della natura dell’oggetto comunicato, il restante 80% lo fa il cervello completando il

senso dell’oggetto facendo ricorso alle conoscenze presistenti nel-

la memoria di lungo periodo, a forme e prototipi che il cer-vello attiva per chiudere rapi-damente la comprensione del messaggio. Il cervello riesce

a comprendere tutto ciò che entra nel proprio spazio espe-

rienziale utilizzando tre semplici espedienti:

utilizza schemi cognitivi già• esistenti e sperimentati,

associa più schemi cognitivi• per comprendere situazioni complesse,

concatena le informazioni • legate da processi stabili

(come la sequenza per avviare un’automobile).

Il rapporto simbiotico tra design e neuroscienze rappresenta il futuro per

il marketing, perchè espande il campo di conoscenze riguardanti i comporta-

menti e i processi decisionali dei consu-matori mettendo in relazione la forma dello

stimolo (ovvero ciò di cui si occupa il design) con i meccanismi di percezione, compren-

sione e di giudizio del cervello (materia delle neuroscienze). Come Mother Earth,

anche il nostro lavoro in realtà giovani come Umania, è proporre il tema della

relazione tra design e percezione per associare ai prodotti di design nume-

rosi altri valori, quali la sosteniblità, l’identità, l’usabilità, la semplicità

dei punti di vendita, la visione orientata al cliente del mana-

gement e, infi ne, l’engagement emozionale dei consumato-

ri, che appartiene proprio al sistema di valori che il

neuromarketing intende perseguire. |

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www.umania.it

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Criteri legaliintermediario all’esterodi scelta di un

L’impresa esportatrice tende a scegliere il tipo di intermediario più adatto alla tipologia di prodotti o servizi oggetto della propria attività, alle caratteristiche proprie di ciascun mercato e, in definitiva, alle scelte di politica commerciale. Tuttavia, da un punto di vista più strettamente legale, è possibile individuare una serie di criteri che possono aiutare l’operatore a indirizzarsi verso la forma contrattuale più rispondente alle sue esigenze: 1. interesse per il mercato 2. costi dell’intermediario 3. controllo sull’intermediario

Importanza del mercato1. E’ ovvio che, nel caso in cui si intenda fare solamente un tentativo di saggiare le possibilità commerciali di un Paese straniero, risulta conveniente ricorrere a forme di intermediazione che richiedono un impegno minore:

nel caso in cui i primi tentativi di commercializzazione diano risultati • positivi devono poter essere risolte facilmente in modo tale da permettere l’affidamento dell’incarico a una struttura più stabile viceversa - in caso di risultati negativi - consentono di ritirarsi dal • mercato senza dover affrontare costi eccessivi per lo smantellamento del canale distributivo.

In tale ottica, la soluzione migliore può essere rappresentata, ad esempio, dal procacciatore d’affari. Un’altra possibilità da considerare consiste nella stipulazione di un contratto con un agente nel quale prevedere, qualora la legge applicabile lo permetta, un periodo di prova durante il quale si possa liberamente recedere dal rapporto.

Costi dell’intermediario 2. Occorre sottolineare i differenti oneri che comporta la nomina di un agente, anziché la nomina di un broker o di un procacciatore: queste due ultime figure, infatti, possono rivendicare esclusivamente il diritto alla provvigione e non anche l’indennità di fine rapporto, tipica (almeno nei paesi europei) del contratto di agenzia. Nei rapporti caratterizzati da un’attività di pura intermediazione, come l’agenzia e il procacciamento d’affari, l’impresa esportatrice - concludendo direttamente i contratti con la clientela - dovrà poi sopportare tutti i costi relativi alla gestione dei rapporti con i clienti e alla consegna delle merci. L’impresa sarà, inoltre, in tale caso direttamente responsabile anche per il servizio di garanzia e assistenza post-vendita.Tutti questi oneri possono essere, invece, più agevolmente attribuiti al distributore nel caso che questi sia un concessionario. Tale figura, infatti, acquista e rivende i prodotti dell’esportatore e si fa carico di tutte le spese relative alla diffusione ed allo smercio dei prodotti. Per contro, sarà possibile esercitare su di esso un controllo di grado molto inferiore.

Controllo sull’intermediario 3. Questa variabile costituisce l’elemento forse più importante del rapporto tra l’impresa e l’intermediario.

Nell’approccio a un nuovo mercato estero, per scegliere tra i diversi intermediari (procacciatore, agente commerciale o distributore) conviene considerare il rapporto tra possibilità di controllare / indirizzare l’attività dell’intermediario e costi che la legge applicabile riconduce alle varie fi gure

a cura dell’Avv. Diego Comba

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Un rapporto episodico o • occasionale come quello con il broker o con il procacciatore non consente di esercitare un controllo efficace sull’intermediario e, di conseguenza, sul mercato e sulla clientela.All’agente, al contrario, • in ragione del rapporto continuativo e fiduciario che lo lega all’impresa, possono essere richieste prestazioni non soltanto quantitative (numero di affari promossi), ma anche prestazioni concernenti l’acquisizione di informazioni sul mercato, una più efficace forma di promozione e di fidelizzazione della clientela.

Al crescere del grado di controllo sull’intermediario da parte dell’impresa corrisponde un aumento dei costi. Mentre il rapporto con il broker non implica, ad esempio, alcun trattamento di fine rapporto, diversamente avviene per la nomina di un agente. Un’ulteriore crescita dei costi, che però consentirebbe un controllo totale, sarebbe naturalmente determinata dalla creazione di una propria filiale di vendita.

Agente commerciale: modalità di controllo La principale esigenza del preponente è rappresentata dal garantirsi, tramite le previsioni contrattuali, un controllo sull’operato dell’agente; ciò principalmente al fine di rendere possibile una valutazione dell’efficacia dell’azione di quest’ultimo quale antenna in grado di:

trasmettere al preponente, con • maggior precisione e sensibilità di altri distributori, gli umori della clientela e del mercato diffondere il nome e il marchio del • preponente in modo maggiormente aderente alle sue strategie commerciali.

La figura dell’agente, infatti, si presta (per regolamentazione legislativa e per prassi commerciale) a essere vincolata alle indicazioni del preponente in maniera molto più stretta rispetto alle trading companies, ai procacciatori di affari oppure ai concessionari di vendita.Frequentemente, tuttavia, i preponenti dimenticano di precisare (nella trattativa

e nel contratto) quali sono gli obiettivi specifici (e i parametri di valutazione del loro raggiungimento) che l’agente deve raggiungere. Non si tratta sempre soltanto di obiettivi quantitativi (minimi di vendita) ma, a seconda del tipo di prodotto e delle altre circostanze del caso concreto, anche di obiettivi qualitativi (modalità di promozione, assistenza alla clientela, ecc.). L’obiettivo del preponente è quello, in caso di mancato raggiungimento di tali obiettivi, di poter intervenire sul rapporto:

riconducendo l’attività dell’agente • nelle linee pattuite originariamenterisolvendo in tronco il rapporto • (facendo valere la clausola risolutiva espressa prevista nel contratto) per violazione di obblighi chiaramente formulati nel contratto (ulteriore dimostrazione dell’opportunità di sottoscrivere un testo scritto) chiedendo al giudice (qualora • non esista una specifica clausola contrattuale) di dichiarare la risoluzione del contratto a causa dell’inadempimento dell’agente.

In tutti i casi sopra richiamati è necessario che il preponente sia in grado di provare l’esistenza di parametri condivisi dall’agente; ciò può risultare da:

una pattuizione esplicita (ad esempio • una specifica modalità di assistenza ai clienti o di incasso delle fatture prevista in un allegato del contratto) oppure una corrispondenza intervenuta fra • le parti oppure, infine,una prassi instauratasi tra le parti • e/o con i clienti (ipotesi più difficile da provare).

Al fine di esercitare un controllo reale sull’attività dell’agente (e dunque precostituire una via di uscita rapida e legittima dal contratto) non è quindi sufficiente che il contratto di agenzia sia stipulato per iscritto, ma è parimenti necessario prevedere per iscritto gli obiettivi che il preponente si propone nel caso specifico, nonché i paramenti per la valutazione del raggiungimento di tali obiettivi.

Elenco obiettivi (e relativi parametri)Di seguito una check list con gli obiettivi e i parametri più ricorrenti nei contratti internazionali di agenzia:

promozione del prodotto (minimo • di vendita annuo) informazioni sul mercato (relazioni • scritte periodiche)

assistenza ai clienti (servizio di • raccolta e trasmissione al preponente dei reclami)pubblicizzazione del prodotto • (specifiche campagne pubblicitarie)informazioni sulla normativa che • riguarda il prodotto in vigore nella zona contrattuale (aggiornamenti periodici sulle leggi in materia di composizione del prodotto, etichettatura ecc.) assistenza nel magazzinaggio e nella • consegna (incombenze previste per l’agente in materia di sdoganamento, magazzinaggio, stipula di contratti di trasporto per conto del preponente)assistenza del preponente nell’incasso • dei suoi crediti nei confronti del clienti (modalità con cui l’agente deve espletare le operazioni di incasso e di trasferimento dei pagamenti) verifica della solvibilità dei clienti • (soglia massima annua di clienti insolventi).

Subagenti Al fine di mantenere un adeguato controllo sull’attività dell’agente occorre inoltre verificare la sua organizzazione ponendo eventualmente alcuni limiti alla scelta dei subagenti. A seconda dei casi, le parti possono pattuire che l’agente:

debba svolgere la propria attività • direttamente, senza potersi avvalere dell’ausilio di subagenti;possa svolgere la propria attività • anche tramite subagenti di sua scelta;possa svolgere la propria attività • anche tramite subagenti approvati dal preponente.

È, in ogni caso, opportuno ribadire la mancanza di un rapporto diretto tra preponente e subagenti, la responsabilità dell’operato dei quali ricadrà unicamente sull’agente. Può talvolta sorgere l’esigenza che l’agente commerciale svolga anche l’attività di distributore in parte acquistando e rivendendo i prodotti del preponente in nome e per conto proprio e, in parte (quale agente) limitandosi a promuoverne la vendita. Nei casi in cui si renda opportuna tale commistione fra le due figure di intermediari, essa deve essere prevista nel testo contrattuale, precisandone i limiti e le modalità. |

Internazionalizzazione

www.promos-milano.itwww.mglobale.itwww.newsmercati.com

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presunti come successe per mol-te dot.com/aziende, al solo scopo di raccogliere capitale di ventura o nascondere l’insostenibilità del business alla comunità fi nanzia-ria. Ci sono però eventi isolati, inaspettati defi nibili “Cigno nero” (come aff erma Nassim Nicho-las Taleb docente americano di Scienze dell’incertezza) che pos-sono avere un impatto enorme e solo a posteriori spiegati. Eventi disastrosi come lo tsunami del Pacifi co nel 2004 o tecnologici come la diff usione di internet (se-condo la logica del Cigno nero), evidenziano quanto lo scono-sciuto è molto più importante del noto. Soprattutto per gli eventi che provocano a catena (nota an-che la relazione del fi sico Edward Lorenz “butterfl y eff ect”). Taleb aff erma che il futuro sarà sempre meno prevedibile e che sia necessaria molta più immagina-zione in un mercato liquido. Mercato liquido che si trasforma velocemente con rischio di mass

nair, Starbucks, Tata, Tesla, Virgin, Zara. O agli antipodi micro realtà radicate sul ter-ritorio, ma poco conosciute, come Vietnamonamour a Milano (attivo nella ristora-zione etnica). Tutte con in comune la capacità impren-ditoriale di trasformare bi-sogni latenti, idee e sogni in solide realtà imprenditoriali (e in Italia avendo superato il terzo anno di attività, acqui-sendo un maggior Kpi rating di valutazione solvibilità e solidità aziendale in ambi-to creditizio). Ma come ogni start-up o azienda avviata per poter contare sulla “disponi-bilità sociale” da parte degli stakeholders, evitare model-li di business insostenibili e il fallimento (esempi noti a diverso titolo sono Enron, Freedomland, Giacomelli, Lehman Brothers, Parmalat, Worldcom) sono importanti i fondamentali (anche secondo le teorie manageriali di Peter Ferdinand Drucker e Micha-el Eugene Porter). Un business plan dei fonda-mentali come rappresenta-zione credibile, perseguibile e reale del modello aziendale. Non basato su dati, infor-mazioni, numeri gonfi ati e

Secondo il Centro Studi di Confi ndustria nel 2011 l’economia crescerà poco, la disoccupazione non si ridurrà e solo dal 2015 si dovrebbe ritornare a livelli pre-crisi. Il P.I.L. nel 2011 crescerà l’1,1%, molto meno rispetto ad altre economie Emea (per esem-pio la Germania si dovrebbe attestare al 2%) o dei Brics ( 4,5% Brasile, con Cina e India in testa al 9%). La disoccupazione tornerà a scendere solo nel 2012, dal primo trimestre 2008 al terzo trimestre 2010 il numero occupati in Ita-lia è diminuito di 540.000. Un quadro tutt’altro che positivo, con conseguenze derivanti dalla crisi iniziata nel 2008 di:

Defl azione – stop produttivi • Calo produzione – diminuzione disponibilità beni/servizi • Taglio costi e calo profi tti – chiusure, ristrutturazioni e de-• localizzazioni aziende Calo occupazione – calo consumi • Stretta creditizia – diffi coltà accesso a fonti fi nanziamento • Soff erenza nei pagamenti – cash fl ow negativo e mancanza • risorse per la produzione Fallimenti – diffi coltà approvvigionamenti rischio per fa-• scia A o tecnologie proprietarie Politiche commerciali aggressive – abbassamento prezzo a • scapito qualità e servizio

La sfi da imprenditoriale si sposta sul terreno delle nuove idee e come trasformarle in business per essere diff erenti. Per evitare la tentazione di aumentare il capitale di debito, di subire gli eventi, la mass commoditization ed aumentare il valore degli intagibles (risorse rilevanti a disposizione di una azienda per la sua capa-cità competitiva ed il stakeholders transfert value).La capaticà di mettersi in gioco e una visione d’insieme sulla rotta da seguire, è fondamentale per la continuità del business; molte aziende attualmente leader non esistevano o non erano tali 20 anni fa. Si pensi all’impatto della leadership cannibalization su settori esistenti o nuovi (creati da loro) di Amazon, Apple, Brembo, Diesel, Ebay, Facebook, Foxconn, Geox, Google, Mediaset, Rya-

di Alberto Claudio TremoladaCustomer & Supplier Relationship Manager fonderie – Consigliere, socio e responsabile G.a.m. Componentistica in Adaci sez. Lombardia/Liguria. (Ass. It. di Management degli Approvvigionamenti)

competitivi

Reengineering

mercati fl uidi

Fare ladifferenza in

Business

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vard Business School) nel suo libro “Diff erente - Il conformismo re-gna ma l’eccezione domina”, conferma che il paradigma comune in molte aziende è l’importanza di ipercompetere per diff erenziarsi. Ma competere con i concorrenti esclusivamente sugli aspetti e fun-zionalità di prodotti/servizi, ha l’eff etto di rendere indiff erenziati per gli utilizzatori fi nali. Utilizzatori fi nali consapevoli del loro potere, che con gli strumenti a disposizione su internet (motori di ricerca, siti di comparazione, social network ecc.), possono fare comparazioni in tempo reale e ri-cevere feedback sulla vostra azienda tramite il word of mouth. E sappiamo come il potere virale del word of mouth può infl uenzare le decisioni di acquisto (rimando alla piramide di Manslow). Bisogna uscire dal meccanismo dell’indiff erenziazione proponendo qualcosa di signifi cativamente diff erente, fondamentale, esauriente e nuovo (come fatto da Apple con l’Iphone o Ryanair con i voli low cost zero frills). Da aziende follower a brand capovolti che off rono meno quan-to tutti “allargano i prodotti/servizi in bundle”, ma sorprendono con qualcosa che non ci aspettava e che nessun’altro propone. Oppure brand che rendono più esclusiva, più inaccessibile, più anti-conformista la loro presenza sul mercato. Una Strategia Oceano Blu per vincere senza competere (libro di Kim W. Chuan e Mauborgne Renée edizione 2005) dove la pressione com-petitiva sia meno condizionante e prevalga la value proposition, la profi t proposition (che non si coniuga con prezzi vantaggiosi) e la people proposition dell’azienda. |

commoditization standartization. Nel suo libro “Commo-dity Trap - Sconfi ggere le insidie della banalizzazione dei prodotti” Richard A. D’Aveni (professore di management strategico presso la Tuck School of Business e autore di numerosi articoli pubblicati su Harvard Business Review, Th e Financial Times, Wall Street Journal) avverte sul ri-schio che la commoditization ormai non si limita esclu-sivamente alle commodities. Molte aziende rischiano di cadere nelle trappole create da una forma di ipercompeti-

zione (sui prezzi, prodotti allargati ecc. defi nite commo-dity trap), che hanno il potenziale per distruggere interi mercati, settori industriali e portare al fallimento anche imprese aff ermate. Non sempre è tutto dovuto a fattori esterni l’azienda; la commoditization è strettamente collegata anche al model-lo di business aziendale poco sostenibile. Anche Youngme Moon (professoressa di Business Administration all’Har-

Di fronte al quadro ancora negativo dell’economia nazionale, la sfida imprenditoriale si sposta sul terreno delle nuove idee e come trasformarle in business per essere differenti

Strategie aziendali

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Non tutti i mesi dell’anno hanno lo stesso valore quando si vuole ottene-re un avanzamento di carriera. Secondo una recente ricerca svolta da LinkedIn, il più grande network di professionisti al mondo, ci sono dei mesi dell’anno più vantaggiosi per ottenere una promozione. La ricerca in questione si basa sull’analisi delle informazioni ag-gregate tratte dai profi li degli oltre 90 milioni di utenti in tutto il mon-do, e ha rilevato quali sono i perio-di in cui si è verifi cato un maggiore numero di promozione all’interno della stessa realtà aziendale.

I risultati così ottenuti, una vol-ta rielaborati, hanno delineato con chiarezza che, rispetto al passato si è verifi cato un cambiamento dei ci-cli di promozione dei professionisti: se negli anni Novanta, gennaio era solitamente il mese migliore per fare un passo avanti sul posto di lavoro, negli ultimi anni sono aumentati i momenti propizi che possono favo-rire l’ascesa dei dipendenti.I periodi migliori per provare a ot-tenere un avanzamento di carriera, secondo la ricerca del famoso social network, risultano essere gennaio,

luglio e settembre. Se restringiamo la ricerca al nostro Paese, a farla da pa-drone sono gennaio, aprile e settem-bre. Se si desidera un avanzamento di carriera conoscere quale possa esse-re il momento migliore per proporsi al proprio superiore è necessario ma non è suffi ciente: una scalata al suc-cesso, per essere effi cace, deve essere scrupolosamente pianifi cata e nulla deve essere lasciato al caso. Secon-do Valeria Toia, esperta di carriera e lavoro e Human Resources Manage-ment & Executive Search della socie-tà Talanton, che si occupa di ricerca e gestione di risorse umane, uno dei

modi migliori per otte-nere un avanzamento all’interno del posto di lavoro è promuovere se stessi. Valorizzare il proprio percorso profes-sionale in modo chiaro, incisivo e distintivo, evi-denziando i progetti ai quali si ha lavorato e per i traguardi che si sono raggiunti con l’obiettivo ultimo di colpire positi-vamente colleghi, clienti e possibili futuri datori di lavoro.

In un mondo sempre più connesso e interattivo il modo migliore di pro-muovere se stessi è sfruttare la rete e i network di relazione quali luoghi privilegiati per permettere al profes-sionista di farsi notare in modo rapi-do ed effi cace. Quindi, se l’obiettivo per il 2011 è proprio quello di avere una promo-zione nel lavoro il primo consiglio è proprio quello di cercare di sfrutta-re al meglio il network di relazioni. Mettere in mostra le proprie abilità senza remore e stupire il capo svi-luppando nuove abilità che vadano

LinkedIn mostra uno studio sull’analisi dei profi li dei propri utenti in cui emergono i periodi dell’anno più favorevoli per ottenere un avanzamento di carriera

a cura della redazione

promozione?

mesi idealiecco i

Chiedere una

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Il mondo del lavoro

oltre la posizione attualmente occupata potrebbero essere una soluzione che i superiori sapranno apprezzare perchè dimostra-no la volontà di ampliare gli orizzonti pur lavorando a tempo pieno. Nel caso in cui l’azienda proponesse dei corsi, sarebbe consigliabile cogliere l’occasione. Se si posseggono qualifi che professionali o si sono frequentati in passato corsi di aggiornamento e specializzazione è buona cosa

citarli sempre nel curriculum e quando ci si presenta. Creare un buon rapporto con chi già svolge la posizione che interessa può essere inoltre un modo per entrare in contatto con potenziali colleghi e sarà così più facile preparare il terreno per l’agogna-ta promozione. Una volta ottenuto l’avanzamento di carriera, i colleghi di pari grado con cui si aveva in precedenza instaurato un ottimo rapporto potrebbero essere d’aiuto ed essere buoni consiglieri nel momento del bisogno. Infi ne sarebbe utile fare in modo che le persone con cui si ha lavorato e con le quali si è instaurato un buon rapporto, scrivano delle segnalazioni. I complimenti di clienti soddisfatti, i ringraziamenti dei colle-ghi supportati nel superamento di un problema, gli eloghi e le dimostrazioni di stima del capo possono, se trasferite su carta, fornire quella marcia in più rispetto ai rivali. |

Se negli anni Novanta, gennaio era solitamente il mese migliore per fare un passo avanti sul posto di lavoro, negli ultimi anni sono aumentati i momenti propizi che possono favorire l’ascesa dei dipendenti. In Italia a farla da padrone sono gennaio, aprile e settembre

www.linkedin.com

Molte mete importanti si raggiungono a tappe, un obiettivo temporaneo dopo l’altro. Laurence J. Peter

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Il mercato fotovoltaico italiano continuerà a crescere anche nei prossimi anni, contribuendo alla ripresa economica del Paese e alla sua sicurezza energetica, ma dovranno essere garantite adeguate condizioni legislative, normative e tecnologichedi Dario Fiorina, Energy Manager Abenergie Rinnovabili

Fotovoltaicofuturo del Il

Già da qualche mese è in discussione il Decreto Legge di recepimento delle di-rettive comunitarie per la promozione delle fonti rinnovabili, il cosìddetto de-creto Romani. Venerdì 25 Febbraio è stata resa pubblica una bozza che prevede a sorpresa il seguente testo all’articolo 23 comma 11 lettera d: “a decorrere dal 1 gennaio 2014 viene abrogato il conto energia. Nel caso di raggiungimento anti-cipato dell’obiettivo specifi co per il solare fotovoltaico, fi ssato a 8.000 MW per il 2020 è sospesa l’assegnazione di incentivi per ulteriori produzioni da solare fotovoltaico fi no alla determinazione, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del mare, sentita la Conferenza unifi cata, di nuovi obiettivi programmatici e delle modalità di perseguimento.” Perché il tetto degli 8.000 MWp spaventa gli addetti ai lavori e tutti i futuri investitori del fotovoltaico così tanto da mobili-

tare l’intero settore? La risposta è semplice: il raggiungimento degli 8.000 MWp è previsto già entro l’estate (tra impianti collegati e in via di collegamento siamo infatti già a circa 7 GWp) . Qualora un simile provvedimento venisse approvato porterebbe a:

un blocco immediato da parte delle ban-• che dei fi nanziamenti di nuovi impianti perché i tempi di connessione sono sem-pre lunghi e incerti e pertanto non si può essere sicuri di rientrare negli ultimi 1.000 MWp disponibili;

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voltaico italiano: i dati Gse evidenziano a fi ne 2010 una poten-za cumulata a circa 3 GW, mentre nel 2011 la crescita dovrebbe essere di ulteriori 5 GW per eff etto del Decreto Salva Alcoa. Negli anni successivi i livelli di installazione dovrebbero es-sere in linea con l’andamento degli ultimi due anni, tanto che Gifi -Anie stima che il solare fotovoltaico possa garantire entro il 2020 una quota di soddisfacimento dei fabbisogni elettrici italiani per una percentuale compresa fra il 5% e il 10%. Ma perché si possa arrivare a questi numeri Gifi -Anie ritiene oc-corra mettere in campo a livello nazionale una serie integrata di azioni, esposte nelle Linee guida.

Nel documento l’associazione ammette come, a dispetto dei tanti proclami sulla raggiunta grid parity, il solare fotovoltaico abbia ancora bisogno di adeguati meccanismi incentivanti per poter raggiungere la piena competitività con le altre fonti ener-getiche. Lo stato di piena competitività sarà infatti raggiunto in un arco di tempo compreso fra i 5 e i 10 anni e diff erenziato per taglia d’impianto e tipologia di applicazione.

Gli imprenditori del solare difendono anche i meccanismi basati sulla remunerazione dell’energia prodotta (anche det-ti “feed in tariff ” o “in conto energia”), perché proporziona-ti all’eff ettiva produzione dell’impianto e dunque in grado di favorire lo sviluppo di tecnologie al miglior rapporto presta-zioni/costi. Ovviamente ai meccanismi incentivanti, - insiste Gifi -Anie - dovranno essere abbinate politiche nazionali e lo-cali di semplifi cazione di tutte le pratiche amministrative con-nesse alla autorizzazione, realizzazione, connessione alla rete, esercizio e dismissione a fi ne vita degli impianti. In futuro al solare fotovoltaico dovrà anche essere concessa la priorità di dispacciamento sulla rete elettrica.

Per quanto riguarda le diverse tipologie di solare, le Linee gui-da spingono sulle realizzazioni fi nalizzate all’autoconsumo dell’energia prodotta e poste sulle coperture e sulle facciate de-gli edifi ci, defi nite “le applicazioni ideali del fotovoltaico”. Sono comunque ritenuti accettabili impianti di generazione posti sul terreno, purché realizzati a valle di un attento studio di in-serimento dell’impianto nel paesaggio esistente, privilegiando le aree a vocazione industriale e commerciale e i territori già compromessi da altre attività umane. Tra le novità, infi ne, c’è l’aperta richiesta di sostegno all’intera industria nazionale del solare, che dovrebbe essere adeguatamente supportata per far sì che almeno il 50% degli incentivi erogati si trasformino in proventi per le aziende operanti sul territorio nazionale. |

un conseguente stop del mercato e una inevitabile crisi delle • aziende del settore a partire dal produttore all’installatore fi nale.

È di questi giorni la notizia di un passo indietro da parte del governo sul decreto rinnovabili, contestato da tutto il settore e dalle associazioni.A venire incontro alle richieste del comparto è stato il mini-stro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, facendo chiarezza su quanto previsto all’interno del decreto legislativo, il quale confermerà l’impegno dell’Esecutivo nel settore e, soprattutto, non conterrà alcun discusso ‘tetto’ alla produzione incentiva-ta da fotovoltaico:

«Sono ancora in corso gli incontri tra i tecnici del ministero dell’Economia e quelli dell’Ambiente per arrivare ad un testo condiviso. Quanto ho letto sulla stampa supera le reali inten-zioni del ministro Romani e del Governo - ha puntualizzato il ministro - Stante l’impegno al sostegno del settore, è ovvio che bisognerà rivedere la strategia in funzione dei progressi tecno-logici, vista la forte crescita nell’ultimo anno della produzione da fotovoltaico e i ritardi di altre fonti rinnovabili».

«Sulle fonti rinnovabili abbiamo assunto un impegno a livello Ue e lo manterremo, come del resto confermato dal decreto legislativo di recepimento della direttiva Ue in materia - ha ag-giunto la Prestigiacomo - E va chiarito che la bolletta energe-tica degli italiani non è più elevata che altrove per gli incentivi alle rinnovabili. Gli incentivi per il solare pesano sulla bolletta meno che il Cip 6 e il decomissioning nucleare. In Germania gli incentivi per le rinnovabili arrivano ad incidere sulla bol-letta fi no al 10% da noi fra il 3 e il 5%. Le rinnovabili e tutta la fi liera che ruota attorno allo sviluppo sostenibile sono già oggi una realtà produttiva e occupazionale che da lavoro a de-cine di migliaia di addetti, ma sono soprattutto la scommessa sul futuro che l’Italia non può perdere. Andremo avanti con le rinnovabili e andremo avanti col nucleare. Non c’è contrappo-sizione: l’Italia ha bisogno di entrambe queste fonti di energia se vuole un futuro di sviluppo sostenibile».

Le parole del Ministro sono state accolte con parziale soddi-sfazione dall’associazione ambientalista Legambiente: «Bene che il Ministro Prestigiacomo tolga il tetto di 8mila MWp per la produzione di energia fotovoltaica, ma non basta a salvare centinaia di posti di lavoro e lo sviluppo dell’imprenditoria legata alle energie pulite - ha commentato Edoardo Zanchi-ni, responsabile Energia e infrastrutture di Legambiente -.Il Decreto Romani, in totale incoerenza con il proclami federa-listi del Governo, costituisce infatti una norma assolutamente centralista che non consente ai territori alcuna libertà di cre-scita e scelta di sviluppo di fonti rinnovabili in edilizia. È per questo che Legambiente chiederà alle Regioni di fare ricorso alla Corte Costituzionale per continuare a far sì che i territori interessati possano invece accrescere lo sviluppo delle energie pulite come ritengono più opportuno». Il decreto legislativo per le rinnovabili sarà esaminato dal Consiglio dei Ministri i primi giorni di Marzo.

Quale destino attende quindi il fotovoltaico italiano?Secondo l’associazione Gifi -Anie il mercato fotovoltaico italia-no continuerà a crescere anche nei prossimi anni, contribuen-do alla ripresa economica del nostro paese e alla sua sicurezza energetica, ma dovranno essere garantite adeguate condizioni legislative, normative e tecnologiche. L’associazione stessa ha defi nito e pubblicato le Linee Guida Programmatiche, un do-cumento che farà da guida alle prossime azioni della compagi-ne associativa. Innanzitutto l’associazione degli imprenditori del solare prova a fare un po’ di chiarezza sui numeri del foto-

www.abenergie.it

B&G n.12 pag.70Impianti di energia fotovoltaica una selta etica e razionaleB&G n. 14 pag 70Impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile B&G N.16 pag. 76Il futuro dell’energia in Italia: dove stiamo andando?

Mercato dell’energia

Qualora venisse approvato il blocco degli incentivi a 8mila Mwp, ci sarebbe un blocco immediato da parte delle banche dei fi nanziamenti di nuovi impianti perché i tempi di connessione sono sempre lunghi e incerti e pertanto non si può essere sicuri di rientrare negli ultimi 1.000 MWp disponibili

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chiave di successo

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Nel suo ultimo libro, Strategic Planning, Antonello Bove traccia un percorso per aiutare manager e imprenditori ad analizzare cosa si vuole fare e perchè, guidandoli nella pianifi cazione e nella realizzazione

testo di Laura Di Teodoro

pianifi cazione strategica,

per le imprese

Off rire “uno sbocco di successo” a un’idea. Partire da una visione, ana-lizzarne la fattibilità, pianifi carla per poi eseguirla. Stiamo parlando del processo strategico, meglio conosciuto come strategic planning, ergo “dove arte e scienza si uniscono e creano un percorso di riferimento per mettere in pratica una strategia comuna e per una nuova inizia-tiva o un’attività di crescita”, come aff erma Antonello Bove esperto di business internazionale, project management e attività di corporate strategy e autore dell’ultimo successo edito da Hoepli, dal titolo “Stra-tegic Planning”. Un libro che, secondo Gloria Jacobovitz, vice Presiden Enterprice Hopkins Biotech Network John Hopkins University, autrice della prefazione, ha saputo trattare l’argomento “integrando defi nizio-ne, pianifi cazione ed esecuzione, dando un quadro completo di come avviare un business, un’organizzazione o ampliare un’attività già esi-stente”. Così Antonello Bove ha voluto mettere nero su bianco la sua esperienza, riportando casi aziendali, dati, esempi reali, per arrivare a guidare manager e imprenditori alla comprensione di ciò che si vuole fare e perchè, aiutandoli a capire come fare attraverso la pianifi cazio-ne e, soprattutto, con successo. L’autore parte dalla constatazione di un mondo pervaso da cambiamenti e dalla conseguente necessità di migliorarsi e adeguarsi attraverso nuove idee. Come? Conoscendo e intraprendendo processi nuovi, individuando tecniche e strumenti di pianifi cazione adeguati. Il libro, suddiviso in tre parti, segue il tragitto percorso da una strategia, da quando viene concepita, defi nita, pianifi -cata a quando viene eseguita, per arrivare a defi nire i passaggi chiave del “strategic planning”: visione, missione, defi nizione e analisi strate-gica, pianifi cazione strategica (business plan) ed esecuzione e tattica di azione. “Una formula – scrive Bove – alla quale, oggi con un’economia così frenetica, nessuno può sottrarsi, un segno di buon management per ogni tipo di organizzazione profi t e non”. Nella prima parte viene spiegato il concetto di strategia e vengono snocciolate le componenti principali del processo strategico: visione, missione, defi nizione, piani-fi cazione strategica e tattica di azione. L’autore si focalizza sull’analisi Swot, indispensabile nella fase di determinazione dello scopo, del “che cosa si intende fare”. Il modello Swot aiuta infatti a valutare in prima battuta la validità della strategia, aiutando a decidere sulla validità della stessa per essere più o meno implementata. Il secondo capitolo del libro è dedicato alla pianifi cazione del piano di business attraverso la “metodologia dei 7 step”. Il business plan oggi è considerato il documento cruciale di una qualsiasi organizzazione e viene creato attraverso 7 step che hanno come obiettivo di aiutare le organizzazioni a costruire, crescere, espandere e migliorare le proprie attività di business e convincere investitori e istituzioni fi nanziarie a

supportare nuovi percorsi fi naliz-zati a questo scopo. I passi da per-correre per confezionare un busi-ness plan vincente sono: executive summary; descrizione dell’azien-da; prodotto e servizi; analisi del mercato e piano di marketing; po-sizione competitiva, milestones e analisi dei rischi; management e organizzazione; parte fi nanziaria. Bove esplora ogni singolo “step” illustrando concetti, processi, modalità di analisi del mercato e dei rischi e tutte le azioni da pren-dere in considerazione per non lasciare nulla al caso. Nella terza parte del libro si pas-sa dalla teoria alla pratica attra-verso l’esecuzione vera e propria e la trasformazione del piano in azione. Vengono analizzate le tec-niche di controllo e di monitorag-gio per mantenere la strategia in linea rispetto al piano. In questa parte dell’opera l’autore si focaliz-

za sull’esecutività e monitoraggio del piano prendendo in consi-derazione alcuni fattoi chiave, quali l’abilità di saper preparare e presentare il piano agli stakehol-der interessati, l’attività di mo-nitoraggio, e proponendo alcune considerazioni generali con alcu-ni esempi di aziende che hanno sviluppato un percorso strategico di successo: tre americane (Star-bucks, Amazon, Google) e una italiana (Luxottica). Si chiude così una tra le migliori ed eccellenti guide verso la pianifi cazione stra-tegica. Quel giusto mix tra teoria e pratica che Antonello Bove è ri-uscito a trasferire nelle 252 pagine del libro per consegnare a manger e imprenditori un concreto aiuto sulla strada dell’eccellenza e del successo. |

www.hoepli.it

Antonello Bove Antonello Bove vive da quindici anni negli Stati Uniti ed è esperto di business internazionale, project management e attività di corporate strategy, nonchè attento conosci-tore della realtà statunitense e dell’America Latina. Lau-reato in Economia e Commercio presso l’Università di Roma “la Sapienza”, si è poi specializzato nell’area management: in Executive Management presso l’Università del Michigan di Ann Arbor, in International Business Management presso la Georgetown University e in Project Management pres-so l’Indiana e la Purdue University (IUPUI). È membro del PMI (Project management Institute) e dell’AMA (American Management Association). Ha iniziato la sua professione lavorando nel mondo della consulenza aziendale e finan-ziaria, successivamente nel settore industriale come CEO per una azienda nel Midwest degli USA e in progetti con il governo statunitense. Oggi è consulente e advisor per una banca di investimenti e sviluppo in Washington DC per pro-grammi di sviluppo internazionale. Ha insegnato presso la Business School dell’Università di Evansville in Indiana, attualmente è lecturer in diverse università e conferenze in Usa, America Latina e Europa in materia di Project Mana-gement e International Business e visiting professor presso l’Università degli Studi di Firenze. E’ corrispondente di PM Forum.org, tra le più importanti vetrine internazionali di project management. Per Hoepli ha pubblicato “Project Ma-nagement: la metologia dei 12 step”.

Strategic PlanningAntonello Bove252 pagineEditore: Hoepli (ottobre 2010)Collana: Marketing e management

La

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Ocean Yachts 48 Hatteras 50 Ocean 37 Billfish

Ocean Yachts 48Anno: 1991Motorizzazione: 2x485 Detroit DieselLunghezza: 14,60 mCabine: 3 cabine, 2 bagniVelocità massima: 29 ktsVelocità crociera: 23 ktsOptionals: Refitting appena completato, interni spaziosi, rifiniture di lussoVisibile a: Loano

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Un usato da capolavoroHatteras 50Anno: 1992Motorizzazione: 2x820 MANLunghezza: 15,40 mCabine: 3 cabine + marinaio, 3 bagniVelocità massima: 28 ktsVelocità crociera: 23 ktsOptionals: Attrezzatura pesca, gru tender, elettronica completa, interni perfettiVisibile a: Genova

Prezzo: € 360.000,00

Ocean 37 BillfishAnno: 2009Motorizzazione: 2x480 CumminsLunghezza: 11,50 mCabine: 1 cabina, 1 bagnoVelocità massima: 34 ktsVelocità crociera: 29 ktsOptionals: Barca nuova, full optionalsVisibile a: Lavagna

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Business&Gentlemen marzo - maggio 2011

un modello grand banks

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La storia delle due imbarcazioni nate come barche da pesca e adattate a imbarcazioni da diporto

a cura di Roberto Magri

Trawler e Lobsteril futuro delle

barche da pesca

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Nautica Story

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Vi è una solida correlazione tra pesca e di-porto nautico come già si è potuto sotto-lineare trattando di quel fenomeno estre-mamente importante che è rappresentato dai “fi sherman”, imbarcazioni nate sulla struttura di barche da lavoro sormontate da un “ponte volante” che favorisse l’avvi-stamento delle “mangianze” e quindi della presenza di branchi di pesce da insidiare e garantisse una maggiore visibilità d’insieme du-rante il “combattimento” con la preda.Modello di imbarcazio-ne che ha rappresentato e tutt’ora rappresenta un fenomeno diportistico che è andato ben oltre la ristretta cerchia degli appassionati di pesca d’altura o “big game” per interessare, più generica-mente, gli appassionati della navigazione.

Ma questa correlazione si è manifestata anche, e per così dire, in senso contrario ove è accaduto che barche da pesca abbiano dato origine ad un fecondo fi lone di imbarcazioni da diporto, caratterizzate da una decisa ed ac-cattivante immagine.

Ovviamente è sempre l’America la culla dove, con equa ripartizione, tanto la costa occidentale quanto quella orientale han-no visto nascere, nel corso del Ventesimo secolo, due importanti rivisitazioni nava-li che, nascendo dall’adattamento di bar-che da pesca in imbarcazioni da diporto,

hanno dato vita, a due scuole di pensiero diportistico che hanno visto aff ermarsi sull’oceano Pacifi co i “ Trawlers” e sull’At-lantico le “Lobster-boats”.

Il Trawler, testualmente peschereccio a strascico, barca nata, e soprattutto pensata, per il duro lavoro del pescatore dell’Ocea-no Pacifi co, mare insidioso a dispetto del

nome che porta e dove, specie in prossi-mità delle coste dell’Oregon, si scatena-no delle tempeste impressionanti, doveva avere delle caratteristiche strutturali che le consentissero di svolgere il proprio servi-zio nella maniera più soddisfacente.

Ecco quindi che nasce una barca manegge-vole con prora alta e dritto di prua vertica-le, munita di una plancia ben protetta con accesso ai passavanti per rendere agevole il compito del timoniere il quale può valer-

si, in condizioni di tempo buono, anche di una postazione di manovra in controplan-cia che semplifi ca ulteriormente la condu-zione dell’imbarcazione.

L’insieme è, comunque, di una barca solida, molto protetta e conseguentemente molto abitabile internamente che ne faceva elet-tivamente la struttura utile alla quale ispi-

rarsi, ovviamente con adattamenti e licenze, per creare una imbarca-zione da diporto solida e quindi adatta alla na-vigazione impegnativa, ampia e quindi destina-ta ad una vita di bordo prolungata, dai bassi consumi e quindi adat-ta alla lunga crociera.

Nascono così le prime interpretazioni diporti-stiche, e siamo agli ini-zi degli Anni Sessanta quando, fra le altre, va aff ermandosi la Ameri-can Marine, costruttrice

dei famosi “Grand Banks” i cui primi modelli, in stretta aderenza con le origini, erano costruiti in legno, spinti da un solo motore e capaci di una velocità di crociera veramente modesta.

Ben presto, tuttavia, American Marine, in linea con le tendenze ormai generalizzate, passò alla costruzione in vetroresina favo-rendo così la diff usione, su scala mondiale, del Trawler e di cui il “Grand Banks”, nelle varie dimensioni e tipi, ne divenne il testi-mone più signifi cativo.

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sopra: un altro modello grand bankssotto: un modello Krogen

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tiere al mondo nella costru-zione di aragostiere rimane Hinkley che fu seguito, negli anni, da molti altri cantieri come Sabre e, non ultimi, al-cuni produttori di Trawlers che decisero di differenziare la produzione.

Contrariamente a quanto av-venne per i Trawlers, la rea-lizzazione di imbarcazioni da diporto aventi le caratteristi-che sopra descritte interessò anche cantieri al di fuori de-gli Stati Uniti d’America ed in particolare cantieri italiani che, a dispetto del nome, so-vente americanizzante, sono profondamente nostrani e, a dispetto altresì dei detrattori, producono imbarcazioni di ottima qualità.

Fra questi merita menzione il cantiere Rose Island che an-novera, nella sua produzione, una gamma di imbarcazioni di grande successo.

La caratterizzazione più em-blematica delle Lobster-boats, oltre all’ampio pozzetto a pop-pa, la linea slanciata e, nella tipizzazione classica, l’assenza di fl y-bridge, consiste nel ge-neroso uso del legno nelle sue varie essenze, sovente trattato a coppale, che impreziosisce

questo tipo di imbarcazioni di rango superiore.Il legno è stato, e sarà sempre un grande protagonista nella nautica da diporto come em-blema delle origini alle quali non potrà mai abdicare.

E non ha abdicato ai ricor-di ancestrali quella nutrita, e forse per certi versi eccessiva, schiera di cantieri che, in Ita-lia, sull’onda, come si è visto universale, di adattare lo stile e le forme delle imbarcazioni da pesca ad uso diportistico, ha dato i natali alla felice stagione dei gozzi, liguri piuttosto che sorrentini, creando un model-lo di “barca” dalle linee assolu-tamente classiche, impreziosita dal legno a testimonianza delle origini ma sovente esagerata-mente motorizzata così da ap-parire più un veloce motoscafo camuff ato da imbarcazione da lavoro che non l’evoluzione in-telligente di un oggetto antico adattato ai nuovi orizzonti del-la nautica. |

Nautica Story

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www.marboats.it

Spesso le grandi imprese nascono da piccole opportunità.Demostene

B&G n.16 pag. 94 I Fischerman tra mito e storia

Il trawler, testualmente peschereccio a strascico, è nata per il duro lavoro del pescatore dell’Oceano Pacifi co. Il “lobster-boat”, letteralmente battello per la pesca delle aragoste, famose quelle del Maine, nasce nel New England e si diff onde nel mondo intero

Molti cantieri seguirono le orme dell’American Marine ma, si-gnifi cativamente, quasi tutti vissero e prosperarono negli Stati Uniti di America e particolarmente sulla costa occidentale, più aspra e selvaggia di quella orientale dove, specie al sud, complice un clima tropicale, il trawler stentò a diff ondersi.Anche nel Mediterraneo il Trawler non ebbe vita semplice pur essendo molto apprezzato dagli intenditori. La scarsa vivibilità all’esterno rappresentò sempre un limite in-valicabile tant’è che, molto signifi cativamente, quando Grand Banks mise in produzione una linea di imbarcazioni caratteriz-zata dalla eliminazione della cabina di poppa a tutto vantaggio di un ampio pozzetto, la serie venne chiamata “Europa”. Comun-que sia, salvo un recentissimo ed ammirevole sforzo compiuto dal cantiere francese Beneteau, non vi fu mai molto interesse da parte dell’Europa ad imitare tale tipo di imbarcazione la cui dif-fusione è stata quindi affi data esclusivamente all’importazione.

Diversa sorte ebbe invece la utilizzazione in diporto di un altro tipo di imbarcazione da pesca: la “Lobster-boat”, letteralmente battello per la pesca delle aragoste, famose quelle del Maine. Ed è proprio nel New England che nasce e si diff onde, questa volta nel mondo intero, uno stile di imbarcazione che, partendo dai piani costruttivi di un piccolo peschereccio, adatto alla pesca, appunto delle aragoste, diviene un’icona del diporto nautico.La fortuna di una simile imbarcazione risiede principalmente nel suo ampio pozzetto, destinato al salpaggio delle ingombranti nasse, che valorizza il “ pic nic” e gli sports marini permettendo di godere appieno di una vacanza sull’acqua.

Il primo, il più famoso, in una parola il più blasonato can-

Un modello gozzo aprea

Un modello rose island

un altro modello grand banks

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Ha preso il via il 13 marzo la sesta edizione di uno dei tornei amatoriali più prestigiosi, targato e.20, Roncalli Viaggi ed Ego

Torna il golfTravel 2011Cup

con

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E’ partita uffi cialmente il 13 marzo scorso al Parco dei Colli di Bergamo, la sesta edizione della Travel Golf Cup 2011, uno dei tornei amatoriali più prestigiosi e attesi del settore, organizzato da e.20, Roncalli Viaggi ed Ego. Un’edizione che parte a poco più di due mesi dalle fi nali del torneo 2010 che ha chiuso i battenti dal 4 all’11 gennaio 2011 nel bellissimo Golf Re-sort La Estancia, situato nel-la zona di Bayahibe (Santo

Domingo), a circa 20 minuti dall’aeroporto internaziona-le La Romana, che vanta oltre al campo da golf, terminato e già aperto da 8 mesi, una Club House meravigliosa, dotata di tutti i comfort, pro shop e ristoranti, golf cotta-ge per i giocatori, maneggio e convenzioni con i villaggi della zona. La struttura si trova in una posizione privilegiata, su una delle coste più belle dell’isola ed è immersa in un incan-tevole giardino tropicale, in

Mondo Golf

Golf Resort La Estancia, situato nella zona di Bayahibe (Santo Domingo)

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perfetta armonia con la natura circostante.La quinta edizione della Travel Cup 2010, circuito com-posto da 10 gare in formula Stableford, si è svolta da mar-zo ad ottobre 2010 in 8 prestigiosi circoli del Nord Italia e l’accesso all’ultima gara estera è stato riservato a tutti coloro che sono stati estratti durante le premiazioni delle gare nazionali.La fi nale si è disputata, dopo una pausa di qualche mese dal termine delle gare, nel mese di gennaio 2011. Il periodo migliore per visitare, vivere e godere dello spet-tacolo della natura della Repubblica Domenicana. Dal 4 all’11 gennaio 2011 si sono svolte quindi le ultime tre gare della fi nale del tour che hanno visto la partecipazione di giocatori e appassionati in un contesto climatico ideale nei tre giorni di venerdì 7, sabato 8 e lunedì 10 gennaio, il tutto sotto l’accurata direzione sportiva di Claudia Orlandini.

I risultati della gara sono stati: 1° classifi cato prima cate-goria, Alessandra Ramorino; 1° classifi cato seconda ca-tegoria, Giovanni Locatelli; 1° classifi cato lordo, Simona Angelini; 2° classifi cato prima categoria, Arturo Roncalli; 2° classi-fi cato seconda categoria, Francesco Cafi ero; 2° classifi cata lordo, Hong Zhu.

Tutti i partecipanti alla gara, hanno potuto trascorrere una settimana di vacanza in questa località da sogno dei Carai-bi, godendo anche del sole e del mare del posto e svolgendo visite ed escursioni individuali in completo relax. |

www.travelgolfcup.it

E’ partita il 13 marzo scorso al Parco dei Colli di Bergamo, la sesta edizione della Travel Golf Cup 2011, uno dei tornei amatoriali più prestigiosi e attesi del settore, organizzato da e.20, Roncalli Viaggi ed Ego

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Il Golden Gate Bridge, il ponte sospeso che sovrasta lo stretto che collega l’Oceano Pacifico con la Baia di San Francisco

Turismo a cinque stelle

Viaggio attraverso i luoghi più caratteristici e belli degli States. Da San Francisco, la città più bella della California fi no ad arrivare alla Grande Mela, passando per il Nevada, per i parchi del Nord e il Grand Canyon

in collaborazione con Hotelplan Italia

Stati Uniti da scoprire:dai grandi parchi

alla frenetica New York San Francisco

Las Vegas Grand Canyon

New York

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Gli Stati Uniti sono terra di grandi distanze: migliaia di chilometri di stra-de, alcune veramente mitiche, che attraversano deserti, pianure, canyon e montagne. C’è chi ama scoprirne i territori, mettendosi al volante magari percorrendo il mitico coast to coast ma con tempi lunghi, quasi infi niti!Hotelplan off re agli amanti degli States la possibilità di conoscere gli spazi immensi dell’Ovest, e i suoi prodigi naturali, combinando anche l’imper-dibile frenetica follia di New York in un tour di 15 giorni/13 notti che pre-vede anche la presenza di una guida in italiano.L’itinerario parte da San Francisco, da molti considerata la città più bella della California: la fresca nebbia estiva, le ripide colline, la vivacità cultu-rale e l’eclettismo architettonico ne fanno la più europea tra le metropoli statunitensi; due giorni interi per visitare la città: dalle bancarelle e gli spet-tacoli di strada del Fisherman’s Wharf, fi no all’escursione sull’isola di Al-catraz, per quello che ieri era un sinistro penitenziario ed oggi è Parco Na-zionale. Il giorno seguente lasciamo la baia californiana per approdare in Nevada: Las Vegas è la capitale del divertimento, dello shopping e del gioco d’azzardo, la città che vive di notte, o come viene soprannominata, “la città

Hotelplan off re agli amanti degli States la possibilità di

conoscere gli spazi immensi dell’Ovest, e i suoi prodigi naturali,

combinando anche l’imperdibile frenetica follia di New York

in un tour di 15 giorni/13 notti che prevede anche la presenza

di una guida in italiano

del peccato”. Ci spostiamo poi in direzione nord, allo Zion National Park, con le sue imponenti formazioni rocciose, e quindi verso lo stupefacente Bryce Canyon National Park, un susseguirsi di pinnacoli multicolore in tutte le tonalità del rosso. Dal Bryce Canyon a Moab nello Utah: lungo il percorso visita dell’Arches Natio-nal Park, dove si concentrano più di duecento sculture a forma di archi giganteschi e fi nestre nella roccia for-matesi in più di cento milioni di anni. L’ottavo gior-no è prevista una breve escursione in jetboat lungo il fi ume Colorado; segue la visita del parco di Can-yonlands, una delle aree più selvagge di tutto l’ovest americano, per fi nire con la mitica Monument Valley, scenario mozzafi ato, e set di indimenticabili pellicole cinematografi che. E poi ancora, la fermata del nostro viaggio americano ci presenta un altro prodigio della natura: formatosi tra i venticinque e cinque milioni

La Monument Valley

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Il Lake Powell, è uno dei più grandi laghi artificiali degli Stati Uniti.

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Turismo a cinque stelle

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L’America non è soltanto una parte del mondo. L’America è uno stato d’animo, una passione. E qualunque europeo può, da un momento all’altro, ammalarsi d’America. Marioo Solddati

INFO UTILI SUGLI STATI UNITI

Capitale: Washington

Stagionalità: Per evitare le folle le stagioni più indicate sono la pri-mavera e l’autunno, ma se volete evitare anche gli stessi Americani il periodo migliore è luglio\agosto, infatti gli statunitensi amano viaggiare in questo periodo. Il perio-do migliore per recarsi nel New England e nella zona set-tentrionale dei Grandi Laghi è la nostra estate. Sulla costa meridionale della California il tempo è bello tutto l’anno, ma la vita da spiaggia si svolge da giugno a settembre.

Documenti: L’Italia fa parte di quei paesi inseriti in quel programma di esenzione dal visto per l’ingresso o il transito negli Stati Uniti. Tutti i passeggeri dovranno essere in possesso del seguente documento in corso di validità (inclusi i bambini e i neonati):

Passaporto a lettura ottica se emesso o rinnovato sino • al 25 ottobre 2005;Passaporto a lettura ottica, munito di fotografi a digi-• tale, se emesso dal 26 ottobre 2005;Passaporto elettronico o biometrico, se emesso dal 26 • ottobre 2006.

In tutti gli altri casi è obbligatorio richiedere il visto d’in-gresso presso l’Ambasciata o il Consolato americano com-petente di zona. Per ulteriori informazioni sulle normative degli Stati Uniti in materia di visti, consultare i siti http://italy.usembassy.gov oppure http://milan.usconsulate.gov

Norme sanitarie: Non è richiesta nessuna vaccinazione. Tuttavia vi sugge-riamo di sottoscrivere la polizza integrativa che prevede una copertura illimitata.

Tasse: A qualsiasi prezzo esposto vanno aggiunte le tasse locali che variano secondo lo Stato.

Fuso orario: Avendo gli Stati Uniti un’espansione quasi continentale, possiamo trovare ben sei diversi fusi orari rispetto all’Ita-lia che vanno dalle -6 ore della East Coast alle -11 ore delle Hawaii.

di anni fa, il Grand Canyon è un’immensa gola creata dal fi ume Colorado nell’Arizona settentrionale; lungo 446 chi-lometri circa, profondo fi no a 1.600 metri, ha una larghezza variabile tra i 500 metri e i 27 chilometri. Infi ne, l’ incan-tevole cittadina di Sedona, circondata dalle rocce rosse dell’Oak Creek Canyon, è l’ul-tima tappa prima del trasferi-mento a New York. Punto di arrivo per il mondo intero, la “città che non dorme mai”, la Grande Mela, non ha certo bi-sogno di presentazioni. Il suo impatto sul mondo coinvolge

- e talvolta sconvolge - ogni settore: arte, moda, ricerca, intrattenimento, politica, fi -nanza, media. Sempre avanti, sempre alla rincorsa di qual-che cosa che non c’è. Impos-sibile resistere al suo fascino unico e introvabile in nessuna altra parte del mondo.La quota di partecipazione per questo tour tra i grandi par-chi americani, è di 3.680 euro a persona in camera doppia, e comprende tutti i passaggi aerei e gli spostamenti in pul-lman, tutte le visite, gli ingres-si e le escursioni come da pro-gramma. |

L’arches National Park nello Utah

Suggestiva immagine notturna di Times Square a New York

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EDIL 2011Dal 24 al 27 marzo 2011

Sede: Nuova Fiera di Bergamo

L’appuntamento 2011 con la fi era delle costruzioni di Bergamo – uno dei territori più importanti d’Europa per il settore – vuole rappresentare l’occasione per gli operatori e per chi, come noi, crede che lo sviluppo del nostro mondo passerà attraverso elementi di maggiore qualità e innovazione. Elementi che sono già presenti sul mercato e nelle vostre aziende e per i quali moltiplicheremo i nostri sforzi al fi ne di renderli visibili al mercato.

Made in SteelDal 23 al 25 marzo 2011

Sede: Brixia Expo - Fiera di Brescia

Dopo tre edizioni di successo, la leadership raggiunta all’interno della fi liera dell’acciaio fa di Made in Steel il partner ideale per promuovere con successo la propria attività dentro e fuori i confi ni nazionali.Made in Steel sposa una concezione ben distante dallo stereotipo di fi era tradizionale, nella convinzione che le opportunità di business non si limitino alla sola esposizione di prodotti. Generare fl ussi commerciali ed occasioni di crescita economica e culturale è frutto anche di un intenso interscambio di opinioni ed idee.

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Promotion Expo Dal 9 all’11 Marzo 2011Sede: Fiera Milano City

Promotion Expo è la grande fi era italiana che da 18 anni mette in contatto d’aff ari gli operatori del settore promozionale, dell’in-store e dei servizi con oltre 8.400 manager che ricercano idee e prodotti per le proprie esigenze di marketing e di comunicazione. Promotion Expo è la fi era che off re tutte le soluzioni per il mondo: delle loyalty, del direct, degli eventi, dell’incentive, dell’in-store marketing, della comunicazione sul punto di vendita, dei premi, dei gadget, dei regali aziendali, del licensing e del merchandising.

Cosmit - Salone internazionale del complemento d’arredoDal 12 al 17 aprile 2011

Sede: Fiera Milano

Il Salone Internazionale del Complemento d’Arredo, alla sua 25a edizione, è come d’abitudine distribuito all’interno della maglia espositiva del Salone Internazionale del Mobile e presenta tutte le tipologie di elementi complementari, oggettistica, elementi di decoro, tessili per la casa e stili - dal classico al design al moderno - oltre a ciò che detterà le tendenze di domani. MIART

Dall’8 all’11 aprile 2011

Sede: Fieramilanocity

MIART è la mostra internazionale d’arte moderna e contemporanea giunta alla sua sedicesima edizione. La mostra è suddivisa in due aree principali: Moderno e Contemporaneo. Miart coinvolge tutte le componenti del mercato: gli artisti, i galleristi, i collezionisti, i curatori, i critici, i direttori di museo, gli enti istituzionali, le testate di settore, le librerie specializzate.

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I prossimi appuntamentiI prossimi appuntamenti

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L’agendadelle Fiere

maggio

DIVA - Salone internazionale auto classiche e sportive07-08 maggio 2011

Sede: Brixia Expo - Fiera di Brescia

DIVA è il Salone Internazionale di Auto Classiche e Sportive nato con l’obiettivo di off rire uno spazio esclusivo ad un target selezionato di appassionati ed estimatori. Evento prestigioso dedicato al business appositamente organizzato nella città che ospita la “corsa più bella del mondo”.Nel weekend prima della Mille Miglia nel moderno padiglione Brixia Expo, si terrà un salone di auto d’epoca, classiche e sportive, unico nel suo genere, di respiro internazionale.

BtoBIO Expo - World Organic Trade Dall’8 all’11 maggio 2011

Sede: Fiera Milano

Alimentazione biologica certifi cata a 360°, prodotti salutistici, cosmetici ed erboristici, tutto esclusivamente biologico certifi cato, un’ampia gamma di servizi per il settore e un mirato programma di incontri, convegni, eventi e approfondimenti: sono queste le tessere che vanno a comporre il grande mosaico merceologico e attrattivo di BtoBIO expo.

SHOW WAYDal 15 al 17 maggio 2011

Sede: Nuova Fiera di Bergamo

Dopo un anno di stand-by che ha consentito alle Imprese del settore di concentrare tutti gli sforzi necessari per ottimizzare al meglio le proprie attività in presenza del picco più alto di una crisi globale ormai alle spalle, è arrivato il tempo della ripresa. Show Way 2011, l’unica manifestazione fi eristica professionale di settore in Italia, mostra le opportunità per un investimento redditizio nel periodo più opportuno.

IMART Dal 20 al 22 maggio 2011

Sede: Nuova Fiera di Bergamo

Il progetto Artigiana pone al centro dell’attenzione l’imprenditore, l’impresa artigiana e i giovani aspiranti imprenditori presentando momenti di confronto sugli scenari futuri dell’artigianato e di dibattito sul riposizionamento delle imprese e sulle opportunità di sviluppo del settore.

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B&G - Business&GentlemenPubblicazione trimestralewww.businessgentlemen.it

Anno IV – numero 17 marzo - maggio 2011

Direttore responsabileMauro [email protected]

RedazioneCoordinamento, redazione e contenuti web:Laura Di [email protected]

Segreteria:[email protected]

ImpaginazioneStefania Bugada, Sara Fratus , Enrico Benedetti

Equipe tecnico-scientificaAndrea Bonalumi, Paolo Colombo, Ivan Consoli, Enrico Della Pietà, Roberto Magri, Leonardo Marabini, Thierry Marchal, Ivan Mazzoleni, Cristina Moro, Alberto Claudio Tremolada

Hanno collaboratoMassimo Appiotti, Thomas Bertels, Silvia Cappia, Elisabetta Casarin, Fabiano Cattaneo, Fabiano Cattaneo, Diego Comba, Sebastiano De Lorenzo, Dario Fiorina, Alfonso Fuggetta, Francesco Gallucci, Renzo Maria Morresi, Alice Sofia Neri, Elena Sottocornola Fotografie B&GVincenzo Lombardi

Archivi fotograficiAmplifon, Univet, Capobianco, Gib Italia Service Srl, Vetraria Cogliati, Dyson L.T.D

Immagini uffici stampaPolitecnico di Milano, MSLGROUP company, Microsoft Italia, Hotelplan, Hoepli

Editore e RedazioneCobalto Srlvia Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamotel. 035.226599 - fax. 035.3830350

Pubblicità NazionaleCobalto Advvia Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamotel. 035.226599 - fax. 035.3830350

StampaCPZ Spavia Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG)

Testi e fotografie, forniti su qualsiasi supporto,anche non pubblicati non verranno restituiti.

Registrazione al Tribunale di Bergamo n.5 del 7 febbraio 2008N. iscrizione ROC 12491

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