Biodiritto Resta

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    allarga cos lo sguardo rispetto ai codici civili del secoloscorso e si parla insieme di soma (corpo) epsych, nonseparandoli, ma connettendoli reciprocamente. Quellache sembrerebbe soltanto una clausola generale, cherischia di svuotarsi, viene progressivamente riempita

    da puntuali riferimenti tanto al contenuto della vitabiologica quanto alle scelte immateriali che possonoconnotare lesistenza.

    Al 2 co. si ribadisce, ed qui la novit, che nel-lambito della medicina e della biologia devono essererispettati: il consenso libero e informato della personainteressata, il divieto delle pratiche eugenetiche selet-tive della specie, il divieto di fare del corpo umano edelle sue parti fonte di lucro, il divieto della clona-zione riproduttiva. Ogni termine va sottoposto ad ana-lisi e la cultura giuridica non ha mancato di farlo, ma significativo che lintegrit vada riferita anche allapratica medica e biologica che spesso, si sa, pu seguireitinerari del tutto autonomi e separati; non si tratta diantiscientismo, ma si tratta di ribadire che ogni tec-

    nica deve trovare un limite al suo prometeismo equesto limite dato dal senso di quella dignit checostituisce limpalcatura della vita. Lextrapatrimo-nialit del corpo innanzitutto un dato culturale che,giuridicamente, pone limiti allautonomia della scienzae ci porta notevoli conseguenze in merito alla disci-plina della brevettabilit, alla circolazione, in generea quella che, in ambiente anglosassone, viene chia-mata commodification.

    Biologia, biografia

    La tecnica non letta come antitesi della vita, nla vita si esaurisce nella sua dimensione di corpo

    malato o di corpo biologico (nel senso di ridotto abiologia). Anzi, proprio nella grammatica della vitache il testo costruisce, biologia e biografia non si sovrap-pongono; il carattere biografico dellesistenza moltopi legato a dimensioni esistenziali che si consumanodentro forme collettive, condivise, dentro una con-tingenza storica indipendente dai cromosomi. Duegemelli vissuti in ambienti diversi mostrano, per es.,diversit profonde e atteggiamenti culturali differenti;il cosiddetto diritto allidentit qualcosa di pi delsemplice dato genetico e le leggi europee sulla privacylo hanno di recente ribadito. Persino in decisioni giu-diziarie si parla del diritto ad essere s stesso comediritto a scrivere la propria storia con parole e rac-conti, almeno in parte, propri: oltre che biologia

    anche, se non soprattutto, biografia. Lidentit sicu-ramente dato genetico, ma anche filo della memo-ria, racconto di s, persino nei documenti giuridici.

    Le declinazioni complesse della vita nei testi costi-tuzionali che questi ultimi decenni ci hanno propo-sto si sforzano di indicare il perseguimento del finedella dignit come compito collettivo in cui ci sonodoveri della sfera pubblica da attivare. Il modello che

    torna quello illuminista consegnato a leggi fonda-mentali come la Costituzione francese del 1793 cheribadiva il dovere di tuttidi tutelare e attuare i dirittiindividuali. E questo vale soprattutto per la clausoladella dignit che, in ambiente anglosassone, stato

    definito come il knockdown argument.Il nuovo habeas corpus passa infatti per il divietorivolto ai pubblici poteri di sottoporre alcuno a peneo trattamenti inumani e degradanti (Carta di Nizza,art. 4), per lobbligo di rimuovere le condizioni dischiavit o di servit e le costrizioni a un lavoro for-zato o obbligatorio, e per la proibizione della trattadi esseri umani (art. 5). Tali prescrizioni sono accom-pagnate anche da un vincolo di tutela penale per gliStati membri che lUnione Europea ha ribadito nellepolitiche di sicurezza e giustizia. Che poi le prescri-zioni non siano sempre accompagnate da prassi dipolitiche sociali adeguate non , ovviamente, que-stione di dettaglio ma sicuramente altro discorso.Dello stesso tenore appaiono gli espliciti richiami al

    dovere di rispettare e far rispettare la vita privata efamiliare di ogni individuo, il domicilio e le suecomunicazioni (art. 7): il nome possibile quello del-lautonomia di ogni individuo, come presupposto delladignit, da realizzare attraverso tutele negative e obbli-ghi positivi (habeas data, protezione dei dati perso-nali e libert di scegliere la propria dimensione di vita).Non si giunge alla nota sanzione del diritto alla feli-cit della Costituzione americana, ma sicuramente aun singolare diritto alla vita degna, in cui tanto feli-cit quanto vita degna non sono intese in manieramonologante, a valore unico e imposte dallalto, comenello Stato etico. Le norme indicano il diritto a ricer-carle individualmente, ma anche lobbligo a rimuo-vere gli ostacoli che a esse, nei fatti, si frappongano.

    In questo senso vanno interpretate le norme cheproteggono i singoli cittadini da pratiche statuali con-trarie alla dignit (art. 19) e quelle che traducono ilprincipio di uguaglianza in divieti di discriminazione.Le forme della discriminazione, sempre possibile neifatti, sono indicate nel testo giuridico con lo stile diuna grande narrazione che la tradizione costituzionaleeuropea, non ultima quella della Costituzione italianadel 1948, ha conosciuto. Si parla infatti di discrimi-nazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, ilcolore della pelle o lorigine etnica o sociale, le carat-teristiche genetiche, la lingua, la religione o le con-vinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasialtra natura, lappartenenza ad una minoranza nazio-nale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, let o le

    tendenze sessuali (art. 21); non ultima viene inter-detta quella particolare discriminazione fondata sullacittadinanza che pure, come peraltro ben noto, nelladiscussione pubblica europea, non di rado abbiamovisto ritornare.

    Lo schema adottato quello della diversit noncome limite, ma come struttura costitutiva del-luguaglianza. La novit non secondaria che nel cata-

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    logo delle discriminazioni figurano inediti come lecaratteristiche genetiche che vengono esplicitamenterichiamate; questo non semplice omaggio ai novis-sima del dibattito scientifico. Si tratta di un problemadi etica della vita pratica che il diritto europeo affronta

    perch lesperienza quotidiana ha suggerito la rile-vanza e la ricorrenza di discriminazioni sulla base dellagenetica: si pensi ai casi giudiziari frequenti decisi dacorti nazionali e dalla Corte europea dei diritti del-luomo di Strasburgo sulla discriminazione nei con-tratti di lavoro e nei contratti di assicurazione in cuila predittivit della genetica viene usata per preve-dere inefficienze lavorative o rischi assicurativi. Quisi vede come il dato biologico si trasformi in atteg-giamento culturale e in pratica sociale, che hanno ache fare fino in fondo con la dignit e la sua ugua-glianza e, quindi, inevitabilmente, con il diritto. Sitorner pi avanti sui dati genetici, su cosa siano dalpunto di vista giuridico, sul loro statuto, ma fin daora va sottolineato il fatto che il diritto incorpora (inter-

    nalizza con una Verkrperung) il linguaggio dellascienza traducendolo nel suo. Cos nei testi costitu-zionali i dati genetici sono fonte di discriminazione,altre volte costruzione dellidentit, che attengono adimensioni della vita che non possono essere mai esau-stive. Non a caso la Carta immediatamente dopoprende in considerazione la condizione sessuale e let:donne, uomini, bambini, anziani, disabili. Il lessicoci pone direttamente di fronte alla questione del bioscon la sua singolarit (let, il sesso, la malattia) e lasua relazione infraumana: non richiamata la dimen-sione di unastratta soggettivit giuridica, ma quelladellesistenza concreta, delle singole vite con tutte leloro determinatezze.

    Pi apertamente che in passato, questo testo costi-

    tuzionale fa emergere un singolare rapporto tra la vitae il diritto: la vita suggerisce il diritto (nomos) e il dirittointerpreta e regola la vita (tanto bios quanto zo). Ilgioco quello dellautonomia relativa delluna e del-laltro, ma anche quello di una loro relazione ineli-minabile che, pur esistendo da sempre (si pensi alnomos empsychos di scuola platonica), soltanto qui esoltanto ora diventa semanticamente influente.

    Dunque questo secolo si aperto con un testo cheaffonda lo sguardo sulla vita e che quindi esempiodi quella cultura biogiuridica che si era andatacostruendo nella scienza, che aveva fatto il suo ingressonei testi normativi e che si era proposta come casodi fronte alla giurisdizione negli ultimi anni del secoloscorso. La Carta di Nizza, che abbiamo ricostruito

    attraverso il filo rosso della dignit della vita, non faaltro che coagulare tracce gi visibili di una regola-zione e di una tematizzazione giuridica della questionedel bios, individuale e collettivo. Si pensi a met deglianni Novanta al Protocollo di Kyoto, nel quale si sot-traeva allappropriazione (pubblica, degli Stati, e pri-vata) e si definiva bene comune dellumanit il fondodel mare, da preservare in quanto custode delpatri-

    monio genetico dellumanit da trasmettere alle gene-razioni future. Si era avuta unanticipazione con ilTrattato sullo spazio extratmosferico (1967), con lAc-cordo per la salvaguardia delle risorse naturali dellaLuna e degli altri corpi celesti (Moon Agreement, 1979),

    con la Convenzione sulla diversit biologica (1992).Accanto a molti altri vanno richiamati alcuni testinormativi, non per caso sovranazionali, che hannoanticipato i contenuti della Carta e che rappresentanoil modello di una forte irruzione delle tematiche dellavita nel panorama del diritto. Le domande che abbiamovisto crescere nella scienza e nellopinione pubblicahanno trovato alcune prime risposte in importantitesti giuridici, cos come il diritto pu fornire rispo-ste. Va sempre infatti richiamata la nota legge di Humeper cui non si possono dedurre fatti da norme, descri-zioni da prescrizioni, e che tra previsione normativae realt che dovrebbe a essa adeguarsi vi sempre unacospicua distanza di sicurezza (la fallacia normativa il pericolo in cui si incorre). Questo significa che

    non basta una norma perch la dignit della vita sirealizzi, ma senza la norma non si possono imputareinadempienze da cui nasce la sua lesione.

    Se ci sia, quale possa essere e come regolare lusoimproprio della biologia e della medicina la domandacon cui, abbiamo visto, esordisce il Preambolo dellaConvenzione di Oviedo del 1997 dedicata significati-vamente ai diritti delluomo e alla biomedicina; taledomanda rivolta al diritto in maniera del tutto dif-ferente rispetto alletica, alla religione, alleconomia,alla politica. La domanda di regolazione rivolta aldiritto nasconde richieste di orientamenti normativigenerali e vincolanti, non incompatibili, ma diversirispetto a quelli elaborati dalletica. Di fronte alle tantecomunit morali e alla pluralit delle scelte (la repub-

    blica delle scelte) al diritto si chiedono principi edirettive unitarie e condivise: che ci si riesca un altroconto e ci dipende dal fatto che non si realizza tantofacilmente la differenza del diritto rispetto agli orien-tamenti morali.

    Dalletica al diritto

    In un documento informativo del Consiglio di Statofrancese del 1988 intitolato non a caso Dalletica aldiritto, si diceva che il cammino dalletica al dirittosarebbe stato inevitabile e che le questioni della vitasarebbero ricadute prima o poi nel dominio del dirittocon un salto difficile, ma obbligato, dalla coscienza

    alla legge. quanto avvenuto allinterno dei sistemigiuridici nazionali e, in maniera pi significativa,allesterno di essi in una sfera pubblica pi vasta. Unodegli esempi pi evidenti offerto dalla Convenzionedi Oviedo che traccia alcune linee normative (i prin-cipi sono, mai come in questo caso, direttive delleregole) nei confronti della biomedicina. Ponendo alcentro la dignit della persona, si subordina ogni inter-

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    vento al consenso, informato e tutelato, dellindivi-duo, con particolare attenzione ai minori e ai soggettiincapaci; si stabilisce la priorit dellindividuo (per-sonne, nel testo francese, individualin quello inglese)su societ e scienza (artt. 1 e 2) e si sancisce il pari

    accesso agli interventi sanitari (principio di solidariet,art. 3) nonch il divieto di discriminazione geneticae la tutela della riservatezza dei dati. Dove pi decisosi manifesta lintervento normativo nel campo dellagenetica, in cui la predittivit dei test ammessa sol-tanto a fini curativi e scientifici e non classificatori odiscriminatori. Gli interventi sul genoma, preventivi,diagnostici e terapeutici, non possono essere tesi amodificare la struttura genetica dei discendenti (art.13); nello stesso senso, per quanto riguarda lassistenzamedica alla procreazione, se ne interdice lutilizzazioneai fini della scelta del sesso tranne che per evitare malat-tie ereditarie a esso connesse (art. 14). Cos, mentre siafferma la libert della ricerca scientifica (art. 15), lasi subordina alla protezione dellessere umano, di cui

    principio guida lextrapatrimonialit (art. 21) del-limpiego di qualunque parte del corpo umano (riba-dito dagli ordinamenti statuali, come gli artt. 611 e 617c.p.) e, conseguentemente, la sottrazione giuridicaalla sfera del mercato.

    Complessivamente le linee tracciate riguardanouna politica di riduzione del cosiddetto paternalismoe lintroduzione di scelte consapevoli e informate perquanto riguarda luso della biomedicina. Ne sono unariprova lautonomia dellindividuo nella scelta di sapereo di non sapere (art. 10), e la possibilit di esprimerevolontariamente direttive anticipate (living wille testa-menti biologici, art. 9). Sullo sfondo si pu leggere iltentativo del diritto di ridurre lasimmetria tra i deten-tori dellinformazione e i pazienti che, nella tradi-

    zione foucaultiana (ma non soltanto), tipico di unamicrofisica del potere. Il problema non nuovo:nella tradizione giuridica tutto questo era gi emersoda tempo, pur con alterne fortune, per quanto riguar-dava la diversit di potere tra lavoratori e datori dilavoro, la tutela dei consumatori, luso dei mezzi diinformazione. Ma rispetto alle tradizionali forme didisuguaglianza e di disparit di potere, quello che ilbiodiritto lascia trasparire qualcosa in pi: dal ter-reno delle relazioni economiche e sociali si passa a unadimensione pi decisiva che attiene alle questioni dellavita dove, si era detto, biografia e biologia, corpo edignit si trovano su un terreno pi scivoloso e spessonon facilmente controllabile. Per questo nella Con-venzione di Oviedo si pone laccento sul dovere degli

    Stati di aprire la sfera della comunicazione pubblicaa dibattiti aperti e consapevoli su questioni di talgenere. Il senso di questa singolare prescrizione,importante quanto inedita, far crescere uninfor-mazione collettiva consapevole che, pubblica quantoprivata, diritto dei cittadini e obbligo delle istitu-zioni e dei soggetti competenti. Lapertura al con-trollo pubblico, forse pi del consenso informato,

    spesso soltanto malinconico, potrebbe essere assuntacome modello pratico di una democrazia deliberativa.

    La consapevolezza che tutto questo non basti senza dubbio un punto di partenza, ma ovviamentealtro discorso. Ne seguita infatti una pratica abba-

    stanza diffusa, ma in s stessa non giustificata da cartee direttive come quelle citate, a usare in maniera troppolarga il principio di precauzione tutte le volte chenasce incertezza sui risultati di unutilizzazione scien-tifica: il risultato stato quello di vietare tutto. Neitesti normativi non si giunge a una conclusione cosdefinitiva; un uso particolarmente restrittivo nellepratiche amministrative nasce, piuttosto, da unin-formazione anche pubblica, un po frettolosa, ed ali-mentato principalmente dal tentativo di neutralizza-zione del rischio insito nella decisione del politico.Tutta la questione degli organismi geneticamentemodificati ne un esempio, soprattutto se si pensa alrifiuto della clonazione che lunico caso in cui lamanipolazione genetica assente.

    Sullo sfondo, come cornice di riferimento teorico,rimangono la questione della verit (stipulativa) delleproposizioni scientifiche e il carattere ambivalentedelle tecnologie (il dono prometeico del fuoco, cheserve a riscaldare come a bruciare, raccontato mitica-mente attraverso il peccato di ybris). Sulluso giuri-dico delle proposizioni scientifiche vi un dibattitoinfinito che alimenta, pi che placare, lincertezza.Rispetto a esso il ruolo difficile del diritto dovrebbeessere quello di mantenere distanza di sicurezza (devema spesso non riesce a farlo). Quella incertezza chevede la cultura giuridica schierata su versanti oppo-sti e che spesso deriva da una disponibilit a confon-dere atteggiamenti morali e dimensione giuridica,viene risolta dalla legislazione con il ricorso a clausole

    generali che a volte spostano soltanto il problema senzaaffrontarlo e risolverlo. Cos avviene che, affermatala dignit come criterio limite e principio direttivodelle pratiche biomediche, si debba discutere se sia omeno contrario alla dignit stessa il ricorso a esse.Cos contrario alla dignit, clonare o non clonare?Chi, per es., si schiera contro linseminazione etero-loga deve di conseguenza negare il diritto fondamen-tale alla genitorialit, e via di seguito. Lintera mate-ria biogiuridica appare attraversata da campinormativi, se non contraddittori, almeno differenti emassimamente articolati.

    Accade cos che, per opposte ragioni, Stati mem-bri come Gran Bretagna e Germania non ratifichinoil testo della Convenzione di Oviedo. Per giungere a

    soluzioni condivise, nei Protocolli aggiuntivi alla Con-venzione sui diritti umani e la biomedicina e nei Rap-porti esplicativi del gennaio 1998 che ne sono seguiti,e nella risoluzione del Parlamento europeo sulla clo-nazione (del 1997 e del 2000), si fa ricorso a clausolegenerali le pi disparate, come la parit degli esseriumani, o alle ragioni di ordine pubblico e buoncostume (formula giuridica) che tutelano il valore

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    il linguaggio giuridico, nel dare nomi (giuridici) a cose,pratiche, attori e nel trovare la regola del comporta-mento e il rimedio del conflitto che inevitabilmentenasce. Dietro la grammatica vi sono ovviamente delleposte in gioco.

    Tra le sue determinatezze il linguaggio giuridicotrova nomi e categorie che spesso non sono adeguati:diritti/doveri, obblighi/pretese, responsabilit/soli-dariet, propriet/persona, ma anche beni/circola-zione, accesso/fruizione. Quando ci si trova di frontea problemi riguardanti il corpo e la vita, difficilesciogliere da parte del giurista antichi nodi come quellodellessere o avere un corpo: se siamo un corpo difficile sostenere che possiamo donare organi e, se cos, il principio di solidariet deve trovare ingiusticondizionamenti. Ma avere un corpo pu essere facil-mente fatto rientrare nelle logiche proprietarie (Dowe own our body?, si chiede Guido Calabresi)? E se cos, fino a che punto? Di fronte a pratiche econo-mico-sociali che mostrano crescenti e inedite forme

    di utilizzazione e di commercializzazione di parti delcorpo, bisogna apprestare rimedi possessori o, piut-tosto, occorre indirizzarsi verso tutele contrattuali orisarcitorie? Linedito sta nel fatto che la pratica tec-nologica produce nomi nuovi e, ben sappiamo, chele cose che corrispondono ai nomi nuovi non sonosempre gi regolate.

    Quando una signora italiana affetta da glaucomabilaterale chiede informazioni sui dati genetici delpadre e queste le vengono negate, il giudice o lauto-rit garante dovr decidere di chi sono tali informa-zioni, come devono circolare, a quali fini e con qualilimiti. Tra corpo e informazioni vi identit o si trattadi cose diverse e, soprattutto, scisse? Ancora, comenel noto caso Moore v. the regents of the university of

    California (793 P 2d 479), se dei ricercatori isolanouna sequenza cellulare da tessuti della milza di JohnMoore, la brevettano a sua insaputa e ne fanno oggettodi proventi commerciali e Moore rivendica la pro-priet, i giudici negano che il puro materiale biolo-gico sia idoneo, senza informazioni e trattamenti scien-tifici, a generare ricchezza. Non un bene proprietariosenza la sua informazione: la novit sta tutta qui.

    Di fronte al reiterarsi di casi simili, le Corti giun-gono al massimo (come nel caso Greenberg v. Miamichildrens hospital, 264 F. Supp. 2d 1064, S. D. Fla.2003) a ribadire il principio, per poi concedere, comun-que, a Daniel Greenberg, quasi in via compassione-vole, un risarcimento per lingiustificato arricchimentodegli utilizzatori.

    Qualche nostalgico ricorder che, per es., nel dirittoromano la controversia tra propriet e utilizzazioneveniva risolta a favore dellartifex che era capace divalorizzare un bene grezzo: cos tra il proprietariodella stoffa e il sarto che cuce le vesti va preferito chi capace di dare valore a un bene che non ne ha.Sarebbe questo un caso di utilitarismo ante litteramcapace di sorprenderci. Ma anche vero che tra la

    stoffa grezza e il materiale biologico umano qualchedifferenza dovr pur esserci.

    Dunque la scissione sempre pi vistosa tra il mate-riale biologico (raw material) e linformazione pro-duce una serie di problemi di compatibilit erme-

    neutica che il diritto deve affrontare: il primo quellodella dematerializzazione del corpo con la sua ridu-zione a informazione (e ovvie ricadute sulle vecchieforme identitarie, art. 5 c.c.).

    Il secondo il carattere comunitario delle infor-mazioni: esse sono tanto pi rilevanti quanto preseda campioni collettivi e rilevanti per interi gruppi dipopolazione. Questo spiega linsorgere di biobancheo di archivi informativi sempre pi diffusi, con impor-tanti questioni giuridiche connesse, tanto da partedel detentore dellinformazione (controllo, custodia,conservazione, pubblicit ma riservatezza), quantoda parte dei soggetti dellinformazione (consenso,controllo, accesso, privacy) (Societ italiana di gene-tica umana, Telethon fondazione onlus, Biobanche

    genetiche, Linee guida, Analysis, 2003, 5-6; Fonda-zione Smith Kline, Societ italiana di genetica umana,Linee guida per i protocolli clinici di ricerca genetica,ott. 2006; European society of human genetics, Datastorage and DNA banking for biomedical research,European journal of human genetics, 2003, 11,suppl.2, pp. 8-10).

    Ai nomi (alle fattispecie, dicono i giuristi) cor-rispondono dunque campi semantici complessi incui le regole dovrebbero dare uniformit (almenogrammaticale) e indicare rimedi per risolvere i rela-tivi conflitti; e mai, come nella genetica e nella bio-medicina, il corpo dematerializzato nelle sue infor-mazioni diventato un terreno di controversie e dihard cases. Accade cos che nella Carta di Nizza, nella

    Dichiarazione universale sul genoma umano e suidiritti delluomo e nei Protocolli che ne sono seguiti,si ribadisca il principio della extrapatrimonialit delcorpo, ma poi si assista alla sua trasformazione inbene informazione con tutte le utilizzazioni, formalie informali, a questa connesse. Il rispetto dei prin-cipi passa cos dallenunciazione alla predisposizionedi controlli e tutele. La linea generale di tendenza cheforse meglio rappresenta tale percorso quella euro-pea e italiana in particolare (pi che quella statuni-tense). In attuazione della Convenzione di Oviedo edelle direttive stabilite nella Dichiarazione interna-zionale sui dati genetici umani dellUNESCO, adot-tata nel 2003, le leggi si orientano verso il principiodi corretta utilizzazione e di autodeterminazione con-

    sapevole degli individui. Ci significa concretamenteprevisione di un consenso al prelievo, alla raccolta,alla conservazione e, non ultima, alla brevettazionedel materiale biologico umano. La Raccomandazionedel Consiglio dEuropa del 2006 viene cos accoltadalla legge italiana, che appare fra le pi garantiste.Si richiede infatti che ogni brevettazione sia costi-tutivamente legata allesplicito consenso, sempre

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    revocabile, dei soggetti da cui prelevato il mate-riale biologico (Codice sul trattamento dei dati perso-nali, 2003, e Provvedimento del garante del 22 febbr.2007, artt. 4 e 6).

    Ovviamente la questione non si esaurisce nel con-

    senso che sconta tutte le dissimmetrie di informazionetra il singolo e i repeat players a diverso titolo com-petenti; del resto non era per caso che nella Conven-zione di Oviedo e nei relativi Protocolli si richiamassela necessit di discussioni pubbliche e aperte sullequestioni genetiche, a conferma della centralit di que-ste scelte nello spazio della sfera pubblica.

    Vi inoltre sullo sfondo unaltra dimensione delproblema che deve essere accennata: anche quandoil diritto avesse realizzato le sue tutele e quando lagenetica ci avesse informato, grazie alla sua funzionepredittiva, dei destini individuali scritti nelle nostrestrutture genetiche, ci troveremmo sempre in unaparadossale situazione, saremmo cio sempre piinformati ma, proprio per questo, sempre pi inde-

    cisi e, forse, pi soli. La scena non del tutto ineditae bisognerebbe scavare nella vicenda antropologicasegnata dalletica religiosa moderna che, di fronteallineluttabilit della predestinazione, aveva risco-perto il principio speranza connesso alla incom-mensurabilit della grazia. Se nello scarto tra quelloche si dice e quello di cui si parla nel discorso giu-ridico emerge unantropologia nascosta, questa dariferire a quella dimensione dellidentit che si snodatra esperienze e aspettative, tra lo spazio delle cer-tezze scientifiche e lorizzonte delle speranze.

    Essere informati non sempre aiuta a risolvere ilproblema; in certi casi paradossalmente lo aggrava.Cos la rivendicazione giuridica dellautonomia spessosi svolge su un piano, importante, ma estraneo alla

    questione vera dellesistenza. Ma questo , appunto,altro discorso rispetto al diritto.

    Leccedenza della vita

    Le possibilit crescenti che la tecnica suggeriscediventano per il dirittoproblema ermeneutico e dilemmaregolativo. Tradurre e rendere compatibile con i pro-pri codici linguistici quello che avviene nella vita loperazione che precede costitutivamente le sceltenormative. Quando la tecnica ha reso possibile lamaternit surrogata e le diverse forme di insemina-zione, al diritto si sono poste controversie salomoni-che (il caso di Baby M. negli Stati Uniti, il doppio

    ruolo di mamma e di nonna in un caso italiano, le con-tinue querelles su inseminazione omologa o eterologa,senza parlare della questione delle banche del seme).La vecchia rassicurante certezza della maternit hafatto presto a barcollare e il diritto si trovato di frontea spinte contraddittorie. Il diritto fondamentale allagenitorialit, ribadito da tutte le costituzioni e datanti tribunali, ha visto spesso scontri culturali sui

    diritti, rinfocolati da vecchi e nuovi familismi. Si assistito a un progressivo riconoscimento di dimen-sioni della vita che il diritto ha tutelato attraverso latecnica del danno esistenziale, danno biologico,danno alla vita di relazione: la vecchia fisicit del

    corpo ha visto espandersi la sfera dinfluenza. In unaimportante sentenza della Cassazione italiana del mag-gio 2006 si anche ricostruito, sia pur indirettamente,un particolare diritto alla sessualit risarcibile se nonadempiuto allinterno della coppia. Forse pi che neicasi estremi ed eclatanti, nella regolamentazione dellavita quotidiana degli individui il diritto si scopre,appunto, (bio)politica della vita. Limpatto con le tantecomunit morali, da una parte, e laccelerazione dellatecnica dallaltra, hanno prodotto un salutare spae-samento.

    Alcuni esempi possono essere significativi: se dueomosessuali cittadini italiani contraggono matrimo-nio in un Paese (nel nostro caso lOlanda) dove que-sto previsto e poi ne chiedono il riconoscimento in

    Italia secondo le norme del diritto internazionale e iprincipi fondamentali della Carta dei diritti europea, davvero difficile sostenere, come stato fatto da untribunale nostrano, che si incorre nella contrariet albuon costume.

    Si pensi ancora alle norme penali, previste da moltiPaesi occidentali, compreso il nostro, che vietano epuniscono le mutilazioni genitali, pratiche diffuse inmolte comunit di residenti immigrati che spessosono segno di un sentimento di appartenenza: luni-versalismo dei diritti umani non sempre convivefacilmente col diritto allidentit. Una ragazza nor-dafricana senza permesso di soggiorno deve essererimpatriata anche con il rischio di subire l le muti-lazioni genetiche che non desidera? Ancora, ed un

    caso ormai frequente nei Paesi europei, il diritto alricongiungimento familiare si estende anche ai diversinuclei poligamici? Pi in generale, per quantoriguarda il diritto allidentit (l. 31 dic.1996 n. 675),il diritto alloblio (e deve essere) totalmente equi-valente al diritto alla memoria, come il diritto a cono-scere le proprie origini perfettamente simmetricorispetto al diritto a non sapere. Il diritto si trovacostantemente di fronte alle hegeliane contraddi-zioni sempre crescenti. Tra il caso e la legge, si sa,vi una sottile complicit. Ogni caso aspetta la sualegge e ogni legge aspetta il suo caso; le questionidellesistenza non fanno altro che ridurre le attese. quanto successo per un caso che, presentatosidapprima in Francia, ha finito per rendere inquiete

    molte corti supreme dei Paesi occidentali: il caso,che va sotto il nome di affaire Perruche dal nome delricorrente, pone un paradossale diritto a non esserenato. Non si tratta della solita richiesta di risarci-mento per danno da procreazione (Rescigno 2006)nei confronti dei medici cui si imputa malpractice(scarsa diligenza professionale). Si denuncia una con-dizione di wrongful life (vita, esistenza non degna)

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    Limperativo della differenza del diritto (comesua identit) quello che spiega la storia del diritto,soprattutto contemporaneo, perch in questo tempoche si sono accelerate e condensate tutte le domanderilevanti sulla vita e le sue regole (Resta 2008). E que-

    sto vale nei confronti della morale, come della poli-tica, della religione, delleconomia e, non ultima, dellatecnica (Severino 2005; Irti 2007). Alla potenza dellatecnica non si pu opporre il diritto come potenzapi forte: si andrebbe incontro allerrore (fallacia) ealla delusione normativa. Lesito paradossale sarebbequello di non poter fare quello che possiamo fare, ed ci che avviene nella pratica quotidiana. Ma anchequanto lingenua utopia pensa del diritto.

    Il discorso sulla vita e il diritto

    Si diceva prima che, con una velocit crescente,anche se non del tutto inattesa, il discorso pubblico

    sulla vita (bios) ha finito per essere il discorsoinfluente. Il tempo della biologia, che ha progres-sivamente soppiantato quello della chimica e poi dellafisica, ha finito per allargare il suo orizzonte e imporreil suo linguaggio a saperi, conoscenze, sfere dellazionepi svariati. Dapprima, probabilmente, si conden-sata e ha cominciato a diffondersi la biopolitica, sol-tanto dopo la bioetica e infine il biodiritto. La fine delsecolo scorso e i primi dellattuale hanno visto unespandersi del discorso sulla vita che registra domandecrescenti, accumulo di informazioni, tematizzazionipi puntuali; meno spesso risposte certe e soluzionirazionali.

    Dovrebbe essere tema di una specifica e appro-fondita ricerca di semantica storica, ma si pu affer-

    mare che le formule, con le quali le questioni dellavita sono state progressivamente indicate, hanno avutonon a caso un simile andamento temporale; ci dipendenaturalmente da molteplici fattori che altrove dovrannoessere indagati. Va inoltre aggiunto che le formulenon scoprono, ovviamente, un oggetto nuovo, ma silimitano a registrarne una rilevanza crescente per lescelte quotidiane e per le prospettive future. Dellavita si sono occupate sempre la politica, letica, ildiritto, accanto, si sa, alla medicina, alla biologia; mamai con questa centralit e con le connessioni nuoveche intorno a essa si stabiliscono.

    Le connessioni si presentano in modo talmentestretto e reticolare da suggerire ad alcuni studiosi inter-pretazioni, non a caso, in chiave di comunicazione

    ecologica. A fronte della centralit ecologica del pro-blema della vita, si chiede alle singole competenze, aisingoli saperi, ai singoli sistemi parziali, di trovarela soluzione del tutto: cos si sposta il rischio delladecisione, di volta in volta, dalla politica alla scienza,alletica, al diritto, alleconomia. Ai linguaggi (codicicomunicativi e valori) locali si chiede di decidere eregolare problemi mai cos generali ed ecologici, come

    quelli che si condensano intorno alla questione dellavita. Un possibile esito paradossale che vogliamosegnalare riguarda lesito che si va delineando dentroil mondo della ricerca e della scienza: il carattere eco-logico della vita si va rintanando dentro discipline

    specialistiche con il noto paradosso che vi una partedel sapere che si costituisce come competente sul tutto.La vita diventa oggetto dei saperi sulla vita (dalle cat-tedre di bioetica, bioingegneria, bioarchitettura ecc.).E il biodiritto, che deve regolare e decidere sulla vita,non si sottrae a questo paradosso.

    Cos quando dai principi e dalle clausole generalisi passa ai casi, alle singole decisioni, si pone il pro-blema di come decidere e di come si debba regolarela vita: una specie di stupida furbizia ha portato a dele-gare decisioni riguardo alla vita a quel singolare pro-cedimento paragiudiziario, morale e consultivo, ammi-nistrativo (difficilmente definibile dal punto di vistagiuridico), centrato sui comitati bioetici. Si evita ilparadosso della decisione sulla vita creando organi

    specialistici, con il risultato che lecologia della vitadiventa affare di competenze particolari e disciplinari:il problema sorge quando bisogna nominare i bioe-tici. La questione della decisione si sposta su qualesia il sapere pi competente e, ancora, allinterno dellecompetenze, che spesso non sono neutre, chi deveessere considerato pi competente? Il filosofo dellamorale o il filosofo del diritto, il genetista o il biologo,lo psicologo o lantropologo, e il sacerdote oppure ilpolitico, e, in questi casi, di quale religione o di qualeorientamento? Se lo psicologo, quale? Quello diTubinga o di Palo Alto?

    Cos il problema ritorna sotto forma di selezionedelle competenze e di individuazione dei rappresen-tanti dei decisori: accade per la vita quello che acca-

    deva allepoca del dispotismo legale in cui non vi eradeficit ma inflazione di rappresentanza della nazione:ognuno si sentiva legittimo rappresentante del tutto.

    Nelle pagine del saggio pi rappresentativo su que-sti temi, Stefano Rodot (2006, p. 165) coglie il sensodellautonomia e dei limiti del diritto quando alla suagrammatica si vuole assegnare il compito definitivodi regolare il nuovo modo di essere dellintero ciclovitale, la nascita, lesistenza, la morte, persino ilprima e il dopo. Il suo avvertimento mi sembra danon trascurare: la societ postgenomica ci consegnauna quantit di sapere che rende ognuno pi infor-mato ma anche esposto a tante forze, tante spinte,tante possibilit, tutte e sempre aperte. Era inevita-bile che questo universo si affollasse di diritti tesi a

    valorizzare lautonomia contro il caso e unevane-scente natura: la contraccezione, le diverse tecnichedi interruzione della gravidanza, le tecnologie dellariproduzione, la genetica allargano lorizzonte dellalibert di scelta rispetto a invisibili destini. Ma l anche il limite della sua grammatica: scegliere per lau-tonomia e lautodeterminazione significa salvare tuttele possibilit, compresa la differenza del diritto.

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    BIODIRITTO

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