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1 Il Nuovo Rinascimento n.441 - 15 aprile 2010 Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione Testata edita dall’IBISG - Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai NEWS 23 La vita mantiene il proprio valore Per la prima volta si sono dati appuntamento a Firenze tutti i gruppi che promuovono iniziative negli istituti di pena «Far emergere il sole nella nostra vita: questa è la chiave per sbloccare qualunque momento difficile»: così Andrea Bottai ha introdotto il primo incontro nazionale di scambio tra i gruppi buddisti che fanno attività in carcere, tenutosi al Centro culturale di Firenze domenica 28 febbraio. Già, facile a dirsi, ma come mettere in pratica queste parole quando la sofferenza oscura qualunque percezione, non si vede via d'uscita, e si sente dentro un dolore vasto e profondo, e che parla magari dell'irreparabilità di un gesto senza ritorno? È stata una giornata intensa e molto emozionante, a tu per tu con il carcere e con un vissuto raccontato soprattutto attraverso le parole di detenuti ed ex detenuti: «Un mondo di Inferno, Avidità e Animalità, fatto di violenza, depravazioni e sopraffazioni». Un mondo di chi poi, dopo aver incontrato Nam-myoho-renge-kyo, rovistando tra le macerie, inizia a trovare un barlume di speranza. Fino a sentire che il desiderio di diventare una persona onesta non è più il punto di arrivo, ma un punto di partenza, ovvero la condizione base da cui partire per costruire una nuova vita. Sono queste le parole di detenuti dei carceri di Torino, Voghera, Milano, Firenze, Fossombrone, Roma, Brescia, Bologna, quei detenuti cioè di carceri in cui l'attività buddista si è inserita, incontrando in alcuni casi una certa rigidità e in altri invece, anche quando si tratti di un carcere di Alta Sorveglianza (cioè specifico per reati di criminalità organizzata, mafia, 'ndrangheta, camorra, spaccio di stupefacenti ad alto livello), l'apertura di un direttore che, seppure non praticante, al primo incontro già affermava: «Sono molto curioso, ci credo, e penso che andrà bene!». Lo shakubuku in carcere è fondamentale, anche per chi vi lavora - dicono gli addetti del settore. Al punto che, in quegli Istituti di pena in cui è stata predisposta una saletta appositamente dedicata alla preghiera, c'è persino chi rinuncia all'ora d'aria per l'ora di Daimoku. Ma cosa vuol dire fare la propria rivoluzione umana restando in carcere? Si raccontano i benefici più evidenti, come riuscire a dormire, smettere di usare psicofarmaci, migliorare le relazioni con i propri compagni di cella e con le guardie, ricevere lettere da una famiglia che non li contattava da anni. Fino ad arrivare ai benefici meno visibili, ma molto più importanti. Invece che «guardare attraverso occhi di arroganza e giustificarmi dicendomi che la vita era stata ingiusta con me, ho iniziato a prendere in mano le mie responsabilità, decidendo istante per istante di amare, di sognare, e soprattutto di guardare il mondo con occhi diversi». Sì, è vero, l'approccio alla vita è mutato - dicono i detenuti - come muta la pelle di un serpente. «Solo ora, in carcere, sono diventata profondamente libera, perché ho finalmente imparato a nutrire la mia anima e ad amare me stessa». «Ho voglia di vivere la vita, adesso, sotto qualunque forma essa si presenti». «Ho imparato a lottare per creare valore ogni giorno». Sentono che la Soka Gakkai è una meravigliosa famiglia, e che loro non sono più soltanto un

Buddismo in carcere - di Wilma Massucco

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Empowerment negli Istituti di pena - Attività dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai«Far emergere il sole nella nostra vita: questa è la chiave per sbloccare qualunque momento difficile» .... Già, facile a dirsi, ma come mettere in pratica queste parole quando la sofferenza oscura qualunque percezione, non si vede via d'uscita, e si sente dentro un dolore vasto e profondo, e che parla magari dell'irreparabilità di un gesto senza ritorno?Attività svolta dall'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai: http://www.sgi-italia.org/index.phpVedi anche "Tutta colpa di Giuda" - Un film 'nel' carcere, non 'sul' carcere, che si interroga senza pietismo sul senso profondo della religione http://www.mymovies.it/tuttacolpadigiuda/Vedi anche progetto presentato dal Team Eugad, contestualizzato negli Istituti di Pena, "Empowering children voices and enabling educators understanding": http://www.eugad.eu/wiki/index.php?title=Empowering_children_voices_and_enabling_educators_understanding

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Il Nuovo Rinascimento n.441 - 15 aprile 2010

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione Testata edita dall’IBISG - Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai NEWS 23 La vita mantiene il proprio valore Per la prima volta si sono dati appuntamento a Firenze tutti i gruppi che promuovono iniziative negli istituti di pena «Far emergere il sole nella nostra vita: questa è la chiave per sbloccare qualunque momento difficile»: così Andrea Bottai ha introdotto il primo incontro nazionale di scambio tra i gruppi buddisti che fanno attività in carcere, tenutosi al Centro culturale di Firenze domenica 28 febbraio. Già, facile a dirsi, ma come mettere in pratica queste parole quando la sofferenza oscura qualunque percezione, non si vede via d'uscita, e si sente dentro un dolore vasto e profondo, e che parla magari dell'irreparabilità di un gesto senza ritorno? È stata una giornata intensa e molto emozionante, a tu per tu con il carcere e con un vissuto raccontato soprattutto attraverso le parole di detenuti ed ex detenuti: «Un mondo di Inferno, Avidità e Animalità, fatto di violenza, depravazioni e sopraffazioni». Un mondo di chi poi, dopo aver incontrato Nam-myoho-renge-kyo, rovistando tra le macerie, inizia a trovare un barlume di speranza. Fino a sentire che il desiderio di diventare una persona onesta non è più il punto di arrivo, ma un punto di partenza, ovvero la condizione base da cui partire per costruire una nuova vita. Sono queste le parole di detenuti dei carceri di Torino, Voghera, Milano, Firenze, Fossombrone, Roma, Brescia, Bologna, quei detenuti cioè di carceri in cui l'attività buddista si è inserita, incontrando in alcuni casi una certa rigidità e in altri invece, anche quando si tratti di un carcere di Alta Sorveglianza (cioè specifico per reati di criminalità organizzata, mafia, 'ndrangheta, camorra, spaccio di stupefacenti ad alto livello), l'apertura di un direttore che, seppure non praticante, al primo incontro già affermava: «Sono molto curioso, ci credo, e penso che andrà bene!». Lo shakubuku in carcere è fondamentale, anche per chi vi lavora - dicono gli addetti del settore. Al punto che, in quegli Istituti di pena in cui è stata predisposta una saletta appositamente dedicata alla preghiera, c'è persino chi rinuncia all'ora d'aria per l'ora di Daimoku. Ma cosa vuol dire fare la propria rivoluzione umana restando in carcere? Si raccontano i benefici più evidenti, come riuscire a dormire, smettere di usare psicofarmaci, migliorare le relazioni con i propri compagni di cella e con le guardie, ricevere lettere da una famiglia che non li contattava da anni. Fino ad arrivare ai benefici meno visibili, ma molto più importanti. Invece che «guardare attraverso occhi di arroganza e giustificarmi dicendomi che la vita era stata ingiusta con me, ho iniziato a prendere in mano le mie responsabilità, decidendo istante per istante di amare, di sognare, e soprattutto di guardare il mondo con occhi diversi». Sì, è vero, l'approccio alla vita è mutato - dicono i detenuti - come muta la pelle di un serpente. «Solo ora, in carcere, sono diventata profondamente libera, perché ho finalmente imparato a nutrire la mia anima e ad amare me stessa». «Ho voglia di vivere la vita, adesso, sotto qualunque forma essa si presenti». «Ho imparato a lottare per creare valore ogni giorno». Sentono che la Soka Gakkai è una meravigliosa famiglia, e che loro non sono più soltanto un

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numero di matricola, delinquenti qualsiasi che affollano le patrie galere, ma esseri umani: «Anche io sono un membro della Soka Gakkai, vero?» chiede un ergastolano del carcere di Opera, dopo aver ricevuto l'omamori Gohonzon. A chi non crede di poter meritare di più, a chi è schiacciato dal senso di colpa e dal tormento e non osa porsi alcun traguardo, la pratica buddista ha dato la consapevolezza «che si può sempre cambiare il corso della propria esistenza». Già, e questo vale anche per chi vive dall'altra parte della barricata, vero? Per chi in carcere non è? E magari è stato pure vittima di un reato? La Costituzione italiana, all'art. 2, "riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo": giustizia è dunque riconoscimento dell'altro nella sua dignità; e chi compie un reato non decade in dignità umana. Del resto, è scritto anche nel Sutra del Loto che "la vita non perde di valore", a prescindere dalle azioni commesse. Non esclusione sociale, dunque, ma integrazione sociale. Come pure afferma Ikeda: «Se una persona è affamata, dovremmo darle del pane. Quando non c'è pane, potremmo almeno offrirle parole che rinfrancano. Con una persona che pare fragile o malata possiamo parlare di qualche argomento che le sollevi il morale, infondendo in lei speranza e determinazione di guarire. Diamo qualcosa a ogni individuo che incontriamo: gioia, coraggio, speranza, fiducia, filosofia, saggezza, prospettiva per il futuro. Diamo sempre qualcosa» (D. Ikeda, Giorno per giorno, Esperia, 25 dicembre). di Wilma Massucco