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ammino in n s i eme I C 1 Premessa BUON CAMMINO NEL 2015! D urante la sua visita pastorale, il Vescovo Diego Coletti ha lasciato alla nostra comunità parrocchiale un interrogativo: “Dove stiamo andando? – Il futuro: tra previsioni, allarmi e speranze”. Il titolo del nostro giornali- no “Insieme in cammino” evoca proprio il percorso che stiamo condividendo insieme con i momenti positivi, gli scoraggiamenti, le difficoltà, gli ostacoli … Nessuna persona seria presume di avere in mano la sfera di cristallo nella quale vedere il futuro come nell’anteprima di un film. Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti a priori, ma di avere uno sguardo tutto sommato fiducioso sul futuro di cui ognuno di noi è artefice per sé, per chi gli sta vicino e per la comunità in cui vive. Affido a voi le riflessioni del Vescovo su questo tema: “Siamo donne e uomini in cammino; la nostra vita è un itinerario nel tempo, un viaggio negli spazi dell’esperienza. Il passato come memoria del vissuto, il presente come impegno fuggevole e concreto, il futuro come proiezione del desiderio e dell’attesa. Fissiamo lo sguardo sui nostri figli, sulle nuove generazioni di uomini e donne di domani e ci interroghiamo: quale vita, quale mondo ci prepariamo a consegnare nelle loro mani perché vi trovino lo spazio di un’intelligenza costruttiva, il gusto di una fatica edificante, l’avventura appassionante di una libertà creatrice? … e non un deserto desolato, carico d’incognite e di minacce! Non dimentichiamo che Papa Francesco ci ricorda che Cristo, vera luce del mondo, illumina tutto il nostro percorso verso il futuro, nel quale Egli, con la sua Resurrezione, è già entrato vittorioso; il Signore sempre ci sostiene con la sua grazia e il Papa ci guida verso il Giubileo Straordinario dedicato alla Misericordia che inizierà l’ 8 dicembre prossimo. Angela Castelli Buona Santa Pasqua a tutti!

Buona Santa Pasqua a tutti! · La pagina dei bambini 51 Cruciverba dell’anno catechistico ... Otto mesi senza essere visitati ... dei bambini e in generale della famiglia

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amminoinnsiemeIC 1Premessa

BUON CAMMINO NEL 2015!

Durante la sua visita pastorale, il Vescovo Diego Coletti ha lasciato alla nostra comunità parrocchiale un interrogativo: “Dove stiamo andando? – Il futuro: tra previsioni, allarmi e speranze”. Il titolo del nostro giornali-

no “Insieme in cammino” evoca proprio il percorso che stiamo condividendo insieme con i momenti positivi, gli scoraggiamenti, le difficoltà, gli ostacoli … Nessuna persona seria presume di avere in mano la sfera di cristallo nella quale vedere il futuro come nell’anteprima di un film. Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti a priori, ma di avere uno sguardo tutto sommato fiducioso sul futuro di cui ognuno di noi è artefice per sé, per chi gli sta vicino e per la comunità in cui vive.

Affido a voi le riflessioni del Vescovo su questo tema:“Siamo donne e uomini in cammino;la nostra vita è un itinerario nel tempo,un viaggio negli spazi dell’esperienza.Il passato come memoria del vissuto,il presente come impegno fuggevole e concreto,il futuro come proiezione del desiderio e dell’attesa.Fissiamo lo sguardo sui nostri figli,sulle nuove generazioni di uomini e donne di domanie ci interroghiamo:quale vita, quale mondoci prepariamo a consegnare nelle loro maniperché vi trovino lo spazio di un’intelligenza costruttiva,il gusto di una fatica edificante,l’avventura appassionante di una libertà creatrice?… e non un deserto desolato,carico d’incognite e di minacce!Non dimentichiamo che Papa Francesco ci ricorda che Cristo, vera luce del mondo, illumina tutto il nostro percorso verso il futuro, nel quale Egli, con la sua Resurrezione, è già entrato vittorioso; il Signore sempre ci sostiene con la sua grazia e il Papa ci guida verso il Giubileo Straordinario dedicato alla Misericordia che inizierà l’ 8 dicembre prossimo.

Angela Castelli

Buona Santa Pasqua a tutti!

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nsiemeIC 3Editoriale

QUELL’IMMAGINE MISTERIOSA...

È il telo di lino più famoso del mondo e da secoli pro-voca l’intelligenza e il cuore di uomini e donne di ogni latitudine: credenti, scettici, curiosi, ma anche

scienziati, storici, teologi che hanno cercato di compren-derne il mistero. Quest’anno la Sacra Sindone è di nuovo al centro dell’attenzione per via dell’ostensione che inizierà il prossimo 19 aprile. Negli ultimi mesi, ho approfondito l’argomento e per questo ho organizzato una serata speciale, a Sondrio, invitando tre massimi esperti: il celeberrimo professor Pierluigi Baima Bollone, docente universitario di medicina legale che analizzò le tracce ematiche presenti sul telo; la professoressa Emanuela Marinelli, docente di Scienze Naturali; il dottor Alessandro Piana, biologo molecolare e storico. Tra gli argomenti cruciali trattati a riguardo dell’autenticità della Sindone, c’è stato quello del giudizio negativo espresso nel 1988, come esito dell’esame del Carbonio 14.In realtà, molti uomini di scienza sostengono oggi l’inattendibilità di quella data-zione, a partire da Harry Gove, coordinatore degli scienziati che fecero la prova, per arrivare a Richard Dawkins, leader dell’ateismo scientifico. I motivi sono molti. A cominciare dall’insufficienza del campione, prelevato in una zona rammendata dalle suore dopo l’incendio del 1.532 e quindi con un grado d’inquinamento tale da poter falsare la datazione e far dichiarare che esso non è rappresentativo dell’intero lenzuolo. Esistono, infatti, casi clamorosi di datazioni errate a causa di contaminazioni ineliminabili. La mummia egizia 1770 del museo di Manchester, per esempio, ha fornito date diverse per le ossa e le bende; queste ultime sono risultate ad una prima datazione 800-1.000 anni più giovani delle ossa, ad una seconda datazione 220-460 anni più giovani delle ossa. Successive datazioni di questa mummia hanno continuato a fornire risultati contraddittori, forse a causa delle resine e degli unguenti usati nella mummificazione. Secondo il test statistico di Pearson sulla variabile X², esistono 957 probabilità su 1000 che la data radiocarbonica ottenuta non sia quella dell’intero lenzuolo. L’anno scorso sono stati, invece, pubblicati i risultati di un progetto di ateneo dell’Università di Padova che ha sviluppato metodi alternativi di datazione basati sull’analisi meccanica e opto-chimica. Come annunciato da Giulio Fanti, pro-fessore associato di Misure meccaniche e termiche all’Università di Padova, i risultati hanno prodotto datazioni tutte tra loro compatibili fornendo una data del 33 a.C. con un’incertezza di 250 anni. Ma al di là delle prove storiche o scientifiche, ciò che conta, è il nostro atteg-giamento interiore. Lasciamoci, dunque, raggiungere dallo sguardo dell’Uomo della Sindone, che non cerca la nostra mente, ma il nostro cuore. Buona Pasqua di Resurrezione!

Milly Gualteroni

SommarioSanta Pasqua4 Le prime “parole”

del vivente

La voce del Papa6 I nostri nonni…

oggi non sempre vecchietti!

Visita Pastorale 2015

10 La Visita Pastorale del vescovo Diego

16 La Visita Pastorale a Mondadizza

18 Verso la gioia senza fine

20 Casa di Riposo21 L’incontro del

Vescovo

La voce del sociale22 L’amore ai tempi

della crisi

La voce della solidarietà24 In una famiglia...

come tante: dalla fede alla carità

Mese di maggio26 Benedizione delle

famiglie27 Santo Rosario:

una bella novità

La voce della storia28 Le processioni

tradizionali sondaline

Un libro da leggere33 Ciò che inferno

non è

L’incontro34 Rivoluzione digitale

Contributi36 Il prezzo

di una vita umana37 Studio e preghiera

L’intervista38 99 anni e non sentirli

Oratorio41 cari amici!

46 Album fotografico

Grazie don Battista50 Prete da 50 anni

La pagina dei bambini51 Cruciverba dell’anno

catechistico

52 Anagrafe e...

…verso la PASQUA e oltre!3ª di copertina

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nsiemeIC 5 Santa PasquaSanta Pasqua

Le prime “parole” del vivente

Nella tradizione cristiana siamo so-liti ricordare le sette “FRASI” di Gesù sulla croce:

“Perdona loro...”,“Donna, ecco tuo figlio”, “Oggi sarai con me in Paradiso”, “Perché mi hai abbandonato?”, “Ho sete”, “Tutto è compiuto”, “Nelle tue mani consegno il mio spirito”. In ognuna di queste frasi riconosciamo i diversi sentimenti che Gesù vive nei momenti decisivi della sua straordinaria avventura umana. Ma il punto è che, quell’avventura, non è finita sul Calvario, anzi... è incredibile, ma proprio da lì è iniziata! Al di là di Maria, sua Madre, pochi altri o forse nessuno s’aspettava che potesse succedere altro, dopo una morte così crudele e definitiva.

Dalle parole oscure e un po’ incerte che Gesù aveva pur anticipato ai suoi disce-poli negli ultimi periodi della sua vita, con le quali preannunciava la sua risur-rezione, ora prevale il dramma di una fine terribile e violenta, di cui si può ra-gionevolmente avere solo paura. Occor-rerebbe il coraggio di aspettare! Dare tempo a Dio..., i suoi tempi non sono i nostri! Solo a questa condizione, solo a chi ha sufficiente fiducia in una parola che non è nostra, é dato di sentire le prime nuove parole del Risorto, la mat-tina di Pasqua: “Donna perché piangi? Chi cerchi?” E poco dopo: “Maria!” An-che queste, e soprattutto queste paro-le abbiamo bisogno di sentire! Maria Maddalena, e noi con lei, siamo fermi al venerdì, siamo rimasti là, aggrappati al dramma della croce, coinvolti in una sof-ferenza atroce e ingiusta che ci fa solo piangere per quella morte ingiusta del Cristo, e per una colpevolezza umana che coinvolge anche noi tutti. Ma Gesù è vivo! E si sorprende del no-stro pianto, si direbbe che non lo capi-sce proprio, non lo vuole: molte volte nel Vangelo Gesù si meraviglia della nostra incredulità, della fatica che facciamo nel fidarci della sua parola… Chi cer-ca Maria Maddalena? In realtà cerca un morto, lei stessa l’ha visto morto e quindi cerca un cadavere da onorare e piangere. E se anche non lo trova nel sepolcro, incapace di credere nella promessa di Gesù, è convinta che qualcuno lo ab-bia rubato e nascosto. Ed ecco, Maria rovescia improvvisamente quella pie-tra del sepolcro che impedisce al suo cuore di credere che Gesù sia davvero

risorto, solo quando Gesù stesso, con la sua voce ben nota, si rivolge a lei chia-mandola per nome: “Maria!”. La voce di Gesù la riporta alla realtà: “È Gesù, è lui, non può che essere lui a chiamar-mi per nome, in quel modo, con quella voce. Dunque nessuno ha rubato il suo corpo, lui ha vinto la morte ed è risorto, come aveva predetto”. Gesù inizia una nuova vita, una vita da risorto, che ha sconfitto la morte per sempre. Signore Gesù, non permettere più che noi ancora oggi ti cerchiamo tra i mor-

ti, non permettere che piangiamo su di te e sulla tua sofferenza, non permet-tere di pensare che qualcuno ti possa rubare e nascondere; aiutaci invece a riconoscerti nella voce con la quale ci chiami per nome, ci sei vicino, e ci ridoni speranza. Non sarai mai tu ad abbando-narci! Permetti a noi, come ai discepoli di Emmaus, tentati spesso di sfiducia e di tristezza, di riconoscerti in quel pane che ancora oggi, a Pasqua, spezzi per noi, invitandoci alla tua mensa.

don Battista

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nsiemeIC 7 La voce del PapaLa voce del Papa

I nostri nonni… oggi non sempre vecchietti!

“Dimenticare i nonni è peccato mortale”. Proprio così ha detto Papa Francesco: “Rispettare

gli anziani è un dovere, abbandonarli è un peccato mortale. Se non trattiamo bene i nonni, i figli ci tratteranno male”. “La medicina ha allungato la vita, ma la società non si è allargata alla vita” e vede gli anziani come un peso, ne rimuove la fragilità e li ‘scarta’! “Se in una società non c’è posto per gli anziani e vengono abbandonati, sono scartati perché creano problemi, questa società porta con sé il virus della morte”. “La cultura del profitto insiste a far apparire gli anziani

come un peso. Fino a quando siamo giovani, siamo indotti a ignorare la vecchiaia, come fosse una malattia da tenere lontana, ma la qualità e la civiltà di una società si giudica da come sono t rat tat i g l i anziani e dal posto loro riservato nel vivere comune”. Papa Francesco ricorda il colloquio con un’anziana in un ospizio a Buenos Aires: “I suoi figli vengono a visitarla? “Sì, sempre!” “E quando l’ultima volta?” “Mah, per Natale!” Il Papa commenta: “Eravamo in agosto! Otto mesi senza essere visitati dai figli, otto mesi abbandonata! Questo si chiama peccato mortale, capito?. Una volta da bambino la nonna ci raccontava una storia di un uomo anziano che nel mangiare si sporcava perché non poteva portare bene il cucchiaio con la minestra alla bocca. E il figlio, cioè il papà della famiglia, aveva deciso di spostarlo dalla tavola comune e ha fatto un tavolino in cucina dove non si vedeva, perché mangiasse da solo. E così non avrebbe fatto una brutta figura quando venivano gli amici a pranzo o a cena. Pochi giorni dopo arrivò a casa e trovò il suo figlio più piccolo che giocava con il legno e il martello e i chiodi, faceva qualcosa lì e disse: “Ma cosa fai?” “Faccio un tavolo papà”. “E perché un tavolo?” Per averlo quando tu diventi anziano, così tu puoi mangiare lì”. I bambini hanno più coscienza di noi”. “I nonni hanno un’ importanza educativa fondamentale per i bambini e un ruolo

cruciale per la famiglia in generale, specialmente nei momenti di maggiore

crisi. Sempre pronti a met-tere a disposizione la loro esperienza e saggezza, rappresentano un punto di riferimento per la vita dei bambini e in generale della famiglia. Ancor più che nel passato, essi fan-

no tutto quello che i genitori non riescono a fare. Quanti bambini e ragazzi impa-rano a venire a Messa con il nonno o la nonna, dicono insieme le prime preghie-re, ricordano gli anniversari del Battesimo o della Prima Comunione, ascoltano da loro come si viveva una volta la domenica e tante altre feste, imparano alcuni pro-verbi o ‘detti’ dialettali che la saggezza dei tempi ha tramandato da ricordare ... I nonni sono un aiuto fondamentale ad esempio quando entrambi i genitori lavorano o nelle crisi di coppia: le fami-glie alle prese con separazioni e divorzi difficili, hanno reso ancor più importante la figura dei nonni. Spesso sono loro il salvagente a cui aggrapparsi: offrono so-stegno nei momenti di difficoltà. I nonni hanno, per così dire, una marcia in più! Il rapporto che i bambini e specialmen-te gli adolescenti instaurano con i nonni è in qualche modo più confidenziale di quello che hanno con i genitori. I nonni sono complici e amici ... Anche quelli più severi mostrano maggiore tolleranza soprattutto nei momenti difficili, perché proprio i nonni spesso sentono di recupe-rare gli errori fatti nel passato con i propri figli e questo li rende capaci di cuore, di perdono e di fiducia.

MIO PAPà è UNICO!“Oggi mi lascio guidare dalla parola “PA-DRE”. Una parola più di ogni altra cara a noi cristiani, perché è il nome con il quale Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio: Padre! È una parola nota a tutti, una parola universale. Essa indica una rela-zione fondamentale la cui realtà è antica quando la storia dell’uomo. Ma oggi si è arrivati a parlare di ‘società senza padri’. In un primo momento la cosa è stata per-cepita come una liberazione: liberazione dal padre-padrone, dal padre come rap-presentante della legge che si impone dall’esterno, ostacolo all’autonomia dei figli. In alcune case regnava in passato l’autoritarismo, in certi casi addirittura la sopraffazione: genitori che trattavano i figli come servi, non rispettando le esi-genze personali della loro crescita. Però, come spesso avviene, si passa da un estremo all’altro. Il problema dei nostri giorni sembra essere piuttosto l’assenza dei papà. I padri sono talora così concen-trati su se stessi e sul proprio lavoro, da dimenticare anche la famiglia. E lasciano soli i piccoli e i giovani. “Mah, non posso, perché ho tanto lavoro...!” E il padre era assente da quel figliolo che cresceva, non giocava con lui, non perdeva tem-po con lui. Dobbiamo essere più attenti: l’assenza della figura paterna nella vita dei piccoli e dei giovani produce lacune e ferite che possono essere anche molto gravi. E in effetti le devianze dei bambini e degli adolescenti si possono in buona parte ricondurre a questa mancanza, alla carenza di esempi e di guide autorevoli nella loro vita di ogni giorno, alla carenza di vicinanza e di amore da parte dei pa-dri. Sono orfani in famiglia, perché i papà

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nsiemeIC 9 La voce del Papa

sono spesso assenti, anche fisicamente da casa e, quando ci sono, spesso non dialogano con i figli, non danno ai figli, con il loro esempio accompagnato dalle parole, quei principi, quei valori, quelle regole di vita di cui hanno bisogno come del pane. A volte sembra che i papà non sappiano bene che posto occupare in fa-miglia. E allora, nel dubbio, si astengono, si ritirano e trascurano le loro responsabi-lità..: è vero che devi essere “compagno” di tuo figlio, ma senza dimenticare che tu sei il padre! Se tu ti comporti soltanto come un compagno, alla pari del figlio, questo non farà bene al ragazzo! Anche la comunità civile, con le sue istituzioni, ha una certa responsabilità che potrem-mo chiamare ‘paterna’ verso i giovani: anch’essa spesso li lascia orfani! Così i giovani rimangono orfani di strade sicu-re da percorrere, orfani di maestri di cui fidarsi, orfani di ideali che riscaldino il cuore, orfani di valori e di speranza che li sostengano quotidianamente. Vengono riempiti magari di idoli ma si ruba loro il cuore; sono spinti a sognare divertimenti e piaceri, ma non si dà loro il lavoro; ven-gono illusi col dio-denaro, e negate loro le vere ricchezze. Così farà bene a tutti, ai padri e ai figli, riascoltare la promessa

che Gesù ha fatto ai suoi discepoli: “Non vi lascerò orfani!” (Gv. 14,18).Ogni famiglia ha dunque bisogno di un padre! Nel libro dei Proverbi, un padre si rivolge al proprio figlio così: “Figlio mio, se il tuo cuore sarà saggio, anche il mio sarà colmo di gioia. Esulterò dentro di me, quando le tue labbra diranno cose rette”. Oggi potrebbe dire così: “Sarò fe-lice ogni volta che ti vedrò agire con sag-gezza e sarò commosso ogni volta che ti sentirò parlare con rettitudine. Questo è ciò che ho voluto lasciarti, perché diven-tasse una cosa tua: l’attitudine a sentire e agire, a parlare e giudicare con sag-gezza e rettitudine. E perché tu potessi essere così, ti ho insegnato cose che non sapevi, ho corretto errori che non vedevi. Ti ho fatto sentire un affetto profondo e insieme discreto, che forse non hai rico-nosciuto pienamente quando eri giovane e incerto. Ti ho dato una testimonianza di rigore e di fermezza che forse non capivi, quando avresti voluto soltanto complicità e protezione. Ho dovuto io stesso, per primo, mettermi alla prova della saggez-za del cuore e vigilare sugli eccessi del sentimento e del risentimento, per porta-re il peso delle inevitabili incomprensioni e trovare le parole giuste per farmi capire.

Adesso – continua quel padre – quando vedo che tu cerchi di essere così con i tuoi figli, e con tutti, mi commuovo. Sono felice di essere tuo padre!”.

I NOSTRI fIGLI ... COME LE dITA dELLA MANO!“I figli sono la gioia della famiglia e della società: non sono un problema di biolo-gia riproduttiva, né uno dei tanti modi di realizzarsi. E tanto meno sono un pos-sesso dei genitori... no! I figli sono un dono, sono un regalo... Ciascuno è unico e irripetibile e al tempo stesso inconfon-dibilmente legato alle sue radici. Essere figlio e figlia, infatti, secondo il disegno di Dio, significa portare in sé la memoria e la speranza di un amore che ha rea-lizzato se stesso proprio accendendo la vita di un altro essere umano, originale e nuovo. E per i genitori ogni figlio è se stesso, è differente, è diverso. Permette-temi un ricordo di famiglia: Io ricordo mia mamma, diceva di noi – eravamo cin-que -: “Ma io ho cinque figli”. Quando le chiedevano: “Qual è il tuo preferito?” lei rispondeva: “Io ho cinque figli, come cinque dita (e mostrava le dita delle sue mani): Se mi picchiano questo dito, mi fa male! Se mi picchiano quest’altro, mi fa male. Mi fanno male tutti e cinque! Tutti sono figli miei, ma tutti differenti, come le dita di una mano”. E così è la famiglia! I figli sono differenti, ma tutti figli. Un figlio lo si ama perché è figlio: non perché è bello, o perché è così o così: no, perché è figlio e basta! Non perché la pensa come me, o incarna i miei desideri. Un figlio è un figlio: una vita generata da noi, ma destinata a lui, al suo bene, al bene della famiglia, della società, dell’umanità intera. L’essere figlio o figlia permette di

scoprire la bellezza di essere amati pri-ma: i figli sono amati prima che arrivino! E questa è gratuità, questo è amore; sono amati prima della nascita, come l’amore di Dio che ci ama sempre prima di aver fatto qualunque cosa per meritarlo. Una società di figli che non onorano i genitori è una società senza onore, una società destinata a riempirsi di giovani aridi e avidi. Però anche una società avara di generazione, che non ama circondarsi di figli, che li considera soprattutto una pre-occupazione, un peso, un rischio, è una società depressa. Vi sono certo anche questi aspetti, ma nella costante consa-pevolezza di avere il privilegio di essere collaboratori di Dio che crea e ama la vita, perché lui stesso è vita, e chi ama e serve la vita, ama e serve Dio stesso”.

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nsiemeIC 11Visita Pastorale 2015Visita Pastorale 2015

La Visita pastorale del Ve-scovo Diego alle nostre parrocchie è giunta e pas-

sata velocemente, come una bella giornata di sole in pieno inverno! L’abbiamo attesa e in qualche misura costruita, componendo i vari tasselli di vita parrocchiale, cercando di non trascurare nulla che potes-se costituire una risorsa, una opportunità o almeno un’occa-sione di fiducia per la comunità di Sondalo. Ugualmente non abbiamo nascosto, né taciuto le difficoltà e gli ostacoli che ancora oggi sono in grado di frenare un cammino comune. Tutta questa preparazione è stata anticipata al Vescovo, perché potesse venire tra noi con alcune informazioni, tali da offrire un certo contesto ai suoi interventi. Come ho detto la visita è stata purtroppo molto

Dopo vent’anni…

La Visita Pastorale del vescovo diego

veloce, obbligando il vescovo a passare da un ambiente a un altro, da un incontro a un altro, da persone a gruppi con i pro-pri problemi e le proprie attese. Credo proprio che anche per lui la giornata sia stata piutto-sto impegnativa, tenuto conto che veniva direttamente da vi-site ad altre parrocchie vicine e il giorno dopo lo attendevano Frontale e Le Prese. L’abbiamo accolto sul piazza-le di San Francesco, in quella fredda mattina d’inverno, con la neve e il ghiaccio, ma in un clima umano molto cordiale e spontaneo. Il Vescovo s’è trovato a suo agio con attorno i pochi bambini esonerati dalla scuola; è stato salutato da un rappresentante parrocchiale e da un’autorità comunale, poi in Chiesa ha pregato con noi, chiedendo che il Signore be-nedicesse la sua visita e i frutti che ne avremmo avuto. Subito ha visitato la Casa di Riposo, dove gli anziani e il personale lo hanno accolto nel salone e, al termine di una breve pre-ghiera, tutti hanno voluto una foto personale con lui, confi-dandogli le loro sofferenze e anche la loro commozione. La successiva visita alla piccola Parrocchia di Mondadizza è stata per il Vescovo particolar-mente gradita, non solo per le persone che lo hanno accolto con molta cordialità sulla piaz-za, ma anche per il momento di preghiera e di comunione

che si è vissuto in Chiesa, pro-prio mentre un sole splendente investiva in modo molto sug-gestivo l’altare e l’immagine di Maria, così da sembrare una vera benedizione. La sorpresa poi della visita alla casa della ‘Vicinanza’ con gli affreschi attribuiti al Valorsa, ha contri-buito a dare grande gioia al Vescovo, riconoscendo nel volto raffigurato della Vergine, un’espressione particolarmen-

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nsiemeIC 13Visita Pastorale 2015Visita Pastorale 2015

te affettuosa e spirituale. Don Gianni poi lo ha accolto in casa sua, in un prolungato colloquio personale. Siamo quindi ritor-nati a Sondalo, dove in Oratorio eravamo attesi da una quaran-tina di persone anziane per il pranzo. Tutto bene, in un clima (di persone più che del luogo!) caldo e allegro! Il pomeriggio si è prospettato ancor più im-pegnativo perché alle 15 oltre un centinaio di ragazzi hanno atteso il Vescovo in palestra per un incontro che sarebbe potuto diventare molto serioso, se non avesse provveduto egli stesso a vivacizzarlo, sia coin-volgendo i ragazzi con le loro stravaganti e argute domande alle quali ha brillantemente ri-sposto, sia esibendosi in un canto folcloristico finale che ha divertito tutti, piccoli e grandi. Tanto che i ragazzi non erano facilmente disposti a cedere lo spazio a un gruppo consistente di giovani adolescenti che con

una certa emozione volevano incontrare il loro Vescovo, for-se aspettandosi anche qualche rimprovero, data la fatica con la quale molti di loro partecipano alla Messa festiva. In realtà si sono trovati davanti un Vesco-vo che, lontano da qualunque rimprovero, li ha stimolati ad essere se stessi, a credere con fiducia nelle proprie energie in-teriori, nonostante i condizio-namenti e le pressioni sociali che spingono allo scoraggia-mento e alla rassegnazione. Forse lui si aspettava qualche domanda, qualche provocazio-ne anche, ma ha prevalso nei giovani quella certa timidezza propria del primo impatto. Alle 17 premevano sull’ingresso le giovani famiglie, oltre una trentina: aspettavano il loro turno di incontro col Vescovo, accompagnati dai loro piccoli, per lo più rumorosi e allegri, e altri quieti nel sonno dei pas-seggini: con loro il Vescovo si è compiaciuto per la preziosa testimonianza che oggi essi offrono in un mondo spesso senza amore e senza vita, e perciò senza speranza. Ha rac-comandato alle coppie di stare unite, di sostenersi a vicenda, di mantenere viva la fede ali-mentandola con la frequenza alla Messa e con la preghiera in famiglia. Qualche intervento infine ha contribuito ad animare l’incontro e a suscitare qualche simpatica risposta. E così si è giunti al momento più signi-

ficativo e conclusivo della Visita pastorale: tutta la co-munità parrocchiale attende-va il Vescovo nella Chiesa di San Francesco per la solenne Celebrazione eucaristica. Era il momento più atteso e preparato, preceduto da un momento festoso sul piazzale della chiesa dove la banda del paese ha voluto accogliere e onorare il Vescovo. La comu-nità lo ha accolto con gioia e con fede: la Santa Messa è stata accompagnata dal coro, animata dal Diacono Enzo, dai lettori e altri laici hanno colla-borato per le offerte. Nell’ome-lia, seguita con fede e atten-zione, il Vescovo ha sottoline-ato il valore della Messa, il si-gnificato di donazione totale e gratuita che Gesù rinnova ogni volta, l’esigenza dei cristiani di parteciparvi con fedeltà e con fede, perché è proprio dall’Eu-

caristia che si impara il dono di sé, la fedeltà e la gratuità, quelle caratteristiche che il cristiano deve poi testimoniare nella vita e nella famiglia, così preziose oggi e così lontane dalla mentalità diffusa. Al ter-mine della Celebrazione il Ve-scovo ha voluto trattenere, per un momento di particolare at-tenzione, quella che a lui piace chiamare “la comunità aposto-lica”, cioè tutte le persone che a diverso titolo collaborano alla vita parrocchiale. Qui ha potuto richiamare all’umiltà e alla generosità che devono caratterizzare chi si mette a servizio della comunità, insie-me all’esigenza della preghie-ra, della formazione e anche della preparazione attraverso lo studio e l’approfondimento della Parola di Dio e degli in-segnamenti della Chiesa. Ha fatto anche un forte richiamo

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nsiemeIC 15Visita Pastorale 2015Visita Pastorale 2015

all’importanza dell’Azione Cattolica in parrocchia, con-segnando poi a tutti il testo del discorso da lui tenuto nel-lo scorso anno in occasione della Festa di S. Abbondio in Como, raccomandando di leg-gerlo e magari di discuterne i contenuti. La cena finale, alla quale hanno partecipato an-che i profughi ospitati a Son-dalo (il Vescovo ha chiesto di potersi assentare in anticipo proprio per la stanchezza del-la giornata) ha concluso per tutti noi quella splendida gior-nata di sole in pieno inverno, sabato 31 gennaio 2015, festa liturgica di S. Giovanni Bosco.

COSA CI RIMANE dI QUEL GIORNO? Certo, rimane la memoria di un incontro con il Vescovo, cioè con quella persona che ha la responsabilità ultima di annunciare, alimentare e maturare la fede di tutti noi. Lui manda un sacerdote che opera a suo nome a servizio della gente con il compito, mo-desto e tremendo, di offrire a tutti l’opportunità, l’occasione di accogliere e di scegliere un dono dall’alto, una vita nuova, una speranza che dà senso all’esistenza.Rimane a tutti noi una respon-sabilità; non può cadere inva-no il richiamo al dono di sé, alla fedeltà e alla gratuità come frutti di una fede cristiana ro-busta e costante nel cuore di

ciascuno di noi! Avvertiamo il dovere urgente di creare rap-porti sempre più aperti e since-ri fra noi; il dovere di alimenta-re fiducia da offrire e a nostra volta da meritare, perché la nostra parola e i nostri gesti siano affidabili; la disponibilità a collaborare per il bene del paese, di tutta la comunità di Sondalo, e a contribuire con le proprie capacità e possibilità alla crescita della vita cristiana. Certo e il Vescovo l’ha ripetu-to che, senza Gesù Cristo nel cuore, senza averlo incontrato e frequentato ogni domenica, sarebbe come camminare nel deserto senz’acqua.Questo è quanto abbiamo po-tuto raccogliere dalle sue pa-role: in tempi abbastanza bre-vi ci restituirà le indicazioni di percorso che riterrà preziose e urgenti per il futuro cammino della nostra comunità.Sappiamo che non tutto il pa-ese ha potuto vivere la gior-nata della visita del Vescovo: rimane a noi la responsabilità e anche la gioia di avere con-diviso un annuncio, e prima ancora un esempio da offrire perché a tutti, e soprattutto ai giovani e ai ragazzi, giunga ancora oggi la bellezza e la novità del messaggio cristia-no: non c’è nessuno al mon-do, e neppure a Sondalo, che non abbia diritto di incontra-re un giorno sulla sua strada Gesù Cristo!

don Battista

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nsiemeIC 17Visita Pastorale 2015Visita Pastorale 2015

La Visita Pastorale a Mondadizza

Il vescovo Mons. Diego Coletti in occasione della Visita Pastorale a Mondadizza ha incontrato i parroc-

chiani. Andando indietro nel tempo ri-cordiamo che nella nostra frazione la prima Visita pastorale risale al 1654 con Mons. Lazzaro Carafino.La Visita è stato un momento spe-ciale per la nostra piccola comuni-tà: il vescovo ha reso importante il suo impegno di supervisore sulla situazione e sull’andamento della parrocchia, ma il fulcro della Sua visita è rappresentato soprattutto dall’incontrare e conoscere le per-sone … e così è stato.L’incontro con i parrocchiani è av-venuto nella mattinata nella nostra chiesa di San Giovanni Battista: non è stato un discorso, quello

rivolto a noi, ma un dialogo, dove i termini ricorrenti sono stati: comunità, unione e aiuto reciproco.Certamente viviamo in un’epoca dove sono in atto numerosi cambiamenti, rapidi e profondi; Mondadizza non è indenne a questi eventi. Nonostante la nostra sia una piccola realtà è uno spaccato della società d’oggi; affronta anch’essa i mutamenti e le crisi caratteristiche della nostra epoca.

Come possiamo rimanere uniti e non perdere di vista il senso di comunità?Coletti ci ha consigliato di ravvivare le nostre energie e la nostra cristianità citando il testo di una canzone di un gruppo musicale rock nelquale si parla delle persone viste come rocce; invita noi ad essere così, forti e saldi, uniti nella nostra fede: in questo modo possiamo affrontare le sfide del nostro tempo.Nella nostra vita ci sono momenti che possono portare ad una freddezza e discontinuità nei rapporti con gli altri, ma anche

nelle nostre famiglie. L’importante è non perdere il dialogo, di sostenerci nei momenti di difficoltà, cercando di superare le in-comprensioni. Anche se questo dovesse portarci a compiere noi il primo passo, non dobbiamo vederlo come mancanza di orgoglio o debolezza, ma anzi come senso di responsabilità cristiana. Si tratta quindi di un’evoluzione mentale verso rapporti improntati sulla fratellanza che abbatte ogni pregiudizio. Certamente non è facile, ma con pazienza, impegno e volontà si arriverà a questo e ciò ci porterà a stare meglio con noi stessi e con chi ci sta vicino.Il Vescovo ha avuto parole di apprezzamento sull’iniziativa della comunità di Mondadizza riguardante la rifondazione dell’antica istituzione: la “Vicinanza”: un’associazione che, insieme a tutti gli abitanti della frazione, ritiene im-portante tenere vivo e unito il paese e che contribuisce a non perdere le tradizioni, incoraggiando la comu-nità a continuare a portare avanti le iniziative con impegno e colla-borazione.L’incontro è terminato con la visita di Mons. Coletti al Monte di Pietà che faceva parte della più antica chiesa della frazione e che si tro-va adiacente all’attuale. Abbiamo percepito il suo entusiasmo e la meraviglia nel vedere gli antichi affreschi attribuiti al pittore Cipria-no Valorsa e risalenti al XV secolo. Essi costituiscono un significativo patrimonio artistico e storico per Mondadizza. La nostra comuni-tà, a ricordo della sua visita, ha donato al Vescovo una fotografia degli affreschi sopra menzioanti in una cornice di legno intagliata da Dino Baretto.La Visita Pastorale, visto anche l’approssimarsi della Pasqua, ci ha offerto un’occasione forte di riflessione: ora spetta a noi accoglierne il significato e non perderne l’essenza.Genovese Orsola & Sara Bianconi

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nsiemeIC 19Visita Pastorale 2015Visita Pastorale 2015

Verso la gioia senza fine

Anche all’Ospedale Morelli abbiamo vissuto con gioia la visita del Vescovo Diego. Nel pomeriggio del 28 gen-naio 2015, l’abbiamo accolto all’entrata del IV padiglione,

quindi accompagnato in una vera e propria visita ai degenti di alcuni reparti. Non essendo possibile incontrare tutti i pazienti, si è dovuto fare una scelta, che voleva però esprimere l’abbraccio con ciascuna persona desiderosa di un gesto particolare e di una parola di consolazione e speranza. Così il Vescovo ha iniziato ad incontrare le famiglie di alcuni neonati in Ostetricia, dove ha potuto tenere in braccio i piccoli e rallegrarsi con le mamme ed i papà per la gioia di una nuova vita, dono da custodire e da far crescere nel segno dell’amore e della fecondità di Dio, che mai si stanca di questa nostra umanità. È stato un momento di vera gioia e di dialogo anche con quanti quo-tidianamente sono strumenti di vita e assistono a questo miracolo sempre nuovo.

Abbiamo poi accompagnato Mons. Diego in Chirurgia Generale, reparto da poco rinno-vato e successivamente in Medicina. Molto sentita è stata la gratitudine, sia da parte del Personale come dei malati, che sono stati visitati personalmente ed hanno avuto il conforto e la benedizione del Vescovo. La visita dei malati è insieme espressione di vicinanza per chi soffre, ma anche ar-ricchimento per quanti li incontrano. Lo ha sottolineato il Vescovo, durante l’incontro avuto al termine: “Oggi ho ricevuto in re-galo tanti sorrisi!”. Particolarmente significativo è stato, infi-ne, l’incontro con i giovani che sono co-stretti in carrozzina a seguito di tragici incidenti e con i pazienti del V Padiglione, paralizzati o in fase di riabilitazione spe-cialistica per un eventuale recupero di qualche funzione fisica. Qui il Vescovo ha voluto scherzare un po’ con alcuni, af-

fermando però di aver ricevuto una grande lezione da loro, un gran-de esempio. E di questo ha voluto ringraziarli.Interessante an-che l’incontro te-nuto prima della celebrazione Eu-caristica, dove in un clima di dialo-go e di ascolto, presenti anche diversi medici e operatori sa-nitari, il nostro Vescovo ha condiviso alcune convinzioni utili per vivere l’assistenza e la cura dei malati. Chi assiste e cura i malati – ha detto – deve saper vivere nella tensione costante tra la professionalità, la competenza e il coinvolgimento affettivo. Essere, cioè, oggettivi ed efficaci sui mali, intessendo però dei buoni rapporti interpersonali. A questo proposito, sentiamo anche la testimonianza e le impres-sioni di Bruno, un Infermiere presente. Ho la netta percezione che la visita di Sua Eccellenza ha lasciato una profonda sensazione di sentita partecipazione alle sofferenze delle persone degenti. La presenza di un uomo che si china sul dolore di altri uomini, portando un messaggio di speranza e di rinascita spirituale, con semplicità e profonda condivisione. Sappiamo quanto l’ospedale sia terra del Vangelo, ma sappiamo anche quanto sia difficile da coltivare, come non sia possibile ottenere frutti senza un impegno continuo, dando tutto quello che possiamo. Sua eccellenza ha passeggiato in ospedale con una straordinaria capacità di stupirsi e di stupire, portando la Parola di Dio a chi soffre, chinandosi sugli ammalati e sui loro parenti. Non è mancata poi una parola di incoraggiamento a noi personale infermieristico e medico,rispondendo con sentita partecipazione ai quesiti che gli abbiamo posto. Infine la celebrazione dell’Euca-restia e la gioia di vedere sua Eccellenza commosso alla lettura di una poesia scritta da una nostra sorella ferita ed umiliata nel corpo, ma fresca come acqua di fonte nello spirito. Un sentito grazie, Eccellenza, per la sua visita e per le sue parole.

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nsiemeIC 21Visita Pastorale 2015Visita Pastorale 2015

Davvero grazie di cuore per questo incontro, che ci ha fatto sen-tire la vicinanza di Dio, che sempre accompagna e sostiene il nostro cammino, specialmente quando la nostra vita è segnata dalla malattia e dalle prove. Ce lo ha ancora ricordato il Vescovo, proprio durante la celebrazione dell’Eucaristia: “Il Signore ci ha detto che anche in mezzo alle durezze della vita c’è qualcosa che può scaldarci il cuore: è l’amore. Noi siamo amati da Dio, che attraverso il suo amore ci rende amabili, perché la sua volontà è che diventiamo capaci di amare come Lui. Infatti anche la più bella e giovane delle vite, senza amore dato o ricevuto non serve a nulla”. Grazie anche a tutte le persone che hanno contribuito a preparare e farci vivere questo significativo e importante appunta-mento. A quanti anche della comunità parrocchiale si sono stretti attorno a noi ed hanno condiviso particolarmente la celebrazione dell’Eucaristia. L’Ospedale continui a mantenerci uniti tra di noi e a saper stare accanto a chi soffre, per donare ma anche per ricevere forza, fiducia e speranza. Verso la gioia senza fine.

don Gianfranco

Le voci dei bambini di terza elementare

L’incontro con il Vescovo“Abbiamo passato un pomeriggio in allegria con il Vescovo”.“Il Vescovo è stato divertente; ci ha can-tato la canzone “L’Austriaco felice!” e poi siamo andati a messa. I ragazzi del-le medie gli hanno regalato un pezzotto e lui se lo è messo attorno al corpo!”.“Abbiamo cantato insieme al Vescovo “L’Austriaco Felice” e abbiamo pregato per Dio, per i malati e il suo popolo”.“Mi è piaciuto molto cantare con il Ve-scovo e sono con-

tento perché si è lasciato fare una foto con me”.“Nell’omelia il Vescovo è stato veramen-te bravo perché ha parlato bene della nostra comunità. È bravo e simpatico!”“Il Vescovo ci ha raccontato che da piccolo voleva fare l’astronauta o il dottore”.“È stato bellissimo! Io sono arrivata a casa molto felice e ho portato la sua benedizione a casa mia!”.“La cosa che mi è piaciuta di più è che abbiamo anche cenato con il Vescovo che è una persona importante che ha dedicato il suo tempo a noi bambini di un piccolo paese come il nostro”.“Io quel giorno ero ammalata … però gli altri mi hanno detto che si sono divertiti e avete cantato e mimato una bellissi-ma canzone!”.

Casa di Riposo

Sabato 31 gennaio 2015, in occa-sione della visita pastorale alle parrocchie dell’Alta

Valle, il vescovo mon-signor Diego Colet-ti, ha fatto visita agli ospiti ed agli operatori della nostra RSA Bella-vista di Sondalo. Quella mattinata di un ‘sabato qualunque’, si è intrat-tenuto con noi in un mo-mento di preghiera e di amicizia fraterna. I nostri ospiti hanno ricevuto una parola di conforto e un abbraccio che porteranno nel cuore. Il vescovo si è dimostrato molto disponibile a posare con ogni ospite per una “foto-ricordo”.

Rimarrà nella nostra memoria la sua semplicità, il suo vigore e la sua carica umana.

Elena e Daniela

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nsiemeIC 23 La voce del socialeLa voce del sociale

L’amore ai tempi della crisi

Lei centralinista da un mi-gliaio di euro al mese, lui avvocato in erba che non

ne racimola nemmeno la metà. Stanno insieme dai tempi del li-ceo, ma da allora nel loro rappor-to gran poco è cambiato. All’alba dei 29 anni, lei vive ancora a casa con i suoi. Di poco più vecchio, lui condivide un appartamento di cinquanta metri qua-drati con due compagni di (dis)avven-tura. L’affitto? Glielo pagano mamma e papà. I due piccioncini si ripetono spes-so come sarebbe bello avere una casa tutta loro, una truppa di pupi da allevare e magari pure un cane da portare a spasso la sera. Ma a forza di ponderare il grande passo, ora si trovano con i piedi inchiodati a ter-ra dalla paura e dalla pigrizia. Sposarsi? “Magari l’anno prossimo, quando avremo racimolato qualche soldo in più” rispon-dono in coro. Intanto le stagioni passano e i propositi si risolvono puntualmente in una bolla di sapone. Pensare che solo settant’anni fa basta-vano un baule pieno di lenzuola ricama-te e un servizio di piatti buono per realiz-zare un matrimonio e mettere su famiglia … Anche all’epoca la situazione econo-mica non era fiorente, ma si era convinti che dinanzi alle difficoltà, l’unione faces-se la forza. Possibile che ora non sia più

così? Cos’è ca-pitato all’anello forte della so-cietà, quello dei neoadulti che sono poi il vero motore per il futuro del paese?Secondo ri-cerche re-centi il 70 per cento dei giovani

considera an-cora la famiglia un pilastro essenziale della vita e il 94 per cento intende prima o poi costruirne una propria. Peccato che il 60 per cento viva ancora con i genito-ri e solo un under 25 su tre, progetti di sposarsi entro i prossimi tre anni. In altre parole vorrebbero … ma non possono. O forse non se la sentono. Come se ci fos-se uno scollamento tra l’ideale e il reale. Negli ultimi anni le nozze religiose hanno registrato un calo del 29 per cento, quelle civili del 9.Ma siamo davvero certi che le difficol-tà economiche (che pur ci sono e sono gravi) siano l’unico motivo per rimandare la realizzazione del proprio progetto di vita? Un docente di sociologia, Vittorio Filippi, invita a non nascondersi la realtà. Il fenomeno della de-nuzialità, già rilevato agli inizi degli anni sessanta, ha radici culturali. Se così non fosse, passata la crisi, i matrimoni dovrebbero tornare a crescere, cosa improbabile. Negli anni cinquanta le nozze erano un obiettivo a lungo termine socialmente riconosciuto, oggi, invece, in una società liquida che

insiste sull’io a detrimento del noi, la cop-pia è divenuta un qualcosa di sperimen-tale e individualizzato che procede per tentativi ed errori. Ecco dunque spiegata l’impennata di “formule di unione soft” come la convivenza o la coppia a distan-za, entrambe facilmente reversibili. In passato il matrimonio non sposava solo un uomo e una donna, ma due famiglie. Ora la logica privatizzata del “basta vo-lersi bene” ha tagliato via la dimensione pubblica e parentale di questa unione, considerata ormai polverosa e demo-dè anche da molti anziani. Ma l’amore – lungi dall’essere solo un fatto privato – rappresenta un fattore di benessere o malessere per l’intera società. Proprio a quest’ultima spetta il compito di curare una delle grandi infelicità della nostra epoca: il non saper amare o essere amati. Come? Educando sin dall’adolescenza all’affettività, enorme motore psichico che richiede equilibrio e conoscenza di sé. Una scommessa che impegna tutti: single, sposati, conviventi e separati.Dopo la descrizione della realtà e l’indi-viduazione delle cause, l’articolo affronta la parte propositiva con diverse citazioni.Giovanni Paolo II: “L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente”. Papa Francesco: “È importante che i giovani non si lascino coinvolgere dalla mentalità dannosa del provvisorio e siano rivoluzionari per il coraggio di cercare un amore forte e duraturo, cioè di andare controcorrente”.

La crisi economica, ma anche quella relazionale che i ragazzi si trovano ad affrontare fa dunque parte del cammino: crisi non è sinonimo di morte, ma di un passaggio delicato che richiede giudi-zio, preghiera, aiuto per evolvere in una situazione risanata e migliore.L’amore giovanile fra uomo e donna è un gioco di equilibri, un grande patto a due dove si vince o si perde insieme: “nella coppia nascente la costruzione di una re-lazione autentica nella libertà e nel rispet-to reciproco nasce dalla consapevolezza che l’amore comporta una responsabilità: amare è desiderare il vero bene dell’altro, diventare capaci di donarsi reciproca-mente e generare, nella stabilità della vita familiare, la vita, il figlio dono dal dono” (orientamento pastorale CEI).Il senso della sfida è riassunto dallo scrittore Enrico Cheli: “Se vogliono vi-vere relazioni di coppia più appaganti e meno conflittuali, uomini e donne devono migliorare la reciproca conoscenza su-perando i pregiudizi e gli stereotipi cultu-rali che la società e i media propongono loro, e parallelamente devono imparare a comunicare efficacemente e a gestire i conflitti esteriori e interiori e le connesse reazioni emozionali che la vita di coppia inevitabilmente produce.”Gli amori più belli sono quelli che nasco-no a piccoli passi e maturano come il vino nella botte per confermarsi all’om-bra di un altare. Perché non c’è niente di più straordinario di una vita ordinaria da condividere. Crisi, economiche e non, comprese.

Riduzione di un articolo di Luisa Santinello , pubblicato su “Il Messaggero di Sant’Anto-nio”- febbraio 2015. A cura di Carlo Zubiani

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nsiemeIC 25La voce

della solidarietàLa voce della solidarietà

In una famiglia... come tante:

dalla fede alla carità

C’è una pagina dei Promessi Sposi che si potrebbe intitolare “Una famiglia cri-stiana nel giorno di festa”. La famiglia è

quella del sarto di un paesetto, forse dell’alta Brianza, nel quale quella domenica c’era grande festa: la Visita

pastorale del Card. Federico Borromeo, il cugino di san Carlo.

Quel giorno poi era avvenuto un grande fatto: un signo-rotto, potente e crudele, che aveva rapito Lucia per fare

un piacere a un altro signorotto potente e forse più crudele, Don Rodrigo, quel mattino era sceso dal suo castello scon-volto e profondamente cambiato nell’animo e, convertito, era andato a gettarsi fra le braccia del Card. Federico.La famiglia del sarto viene scelta dal parroco del paese per ospitare provvisoriamente Lucia, appena liberata da quel signorotto, l’Innominato, come primo atto della sua conversione. È in quella famiglia, semplice e comune, che troviamo un esempio splendido della festa.La famiglia del sarto si apre con spontaneità e con gioia ad accogliere una poveretta che, innocente, era stata

travolta dalla cattiveria altrui: “Benvenuta, benvenuta! Siete la benedizione del cielo in questa casa. Come sono

contento di vedervi qui!”. Se quando una persona, lontana da casa, si trova in difficoltà, sempre una famiglia cristiana si aprisse, con semplicità e spontaneità e desse un posto a tavola, un letto da dormire, con rispetto e amore, finché c’è bisogno, quanti drammi troverebbero un principio di soluzio-ne: è questa la festa del Signore. Il sarto in chiesa ha sentito una buona predica: “Il Card. Federico ha fatto proprio vedere che, benché ci sia la carestia, bisogna ringraziare il Signore ed essere contenti. Perché la disgrazia non è il patire e l’essere poveri; la disgrazia è il fare del male”.

Il sarto ha sentito una predica persuasiva perché era di un testi-mone: “E non son belle parole; perché si sa che anche lui vive da pover uomo, e si leva il pane di bocca per darlo agli affamati quando potrebbe far vita scelta, meglio di chi che sia. Ah! Allora un uomo dà soddisfazione a sentirlo discorrere; non come tanti altri, fate quello che dico, e non fate quello che fo. E poi ha fatto proprio vedere che anche coloro che non sono signori, se hanno più del necessario, sono obbligati a farne parte a chi patisce”. Poi il sarto s’accorge che anche lui stava dicendo belle parole, quelle che aveva sentito in chiesa nella celebrazione dell’Eucaristia; ma non erano ancora diventate vita.“Qui interruppe il discorso da sé, come sorpreso da un pensiero. Stette un momento; poi mise insieme in un piatto delle vivande che erano sulla tavola e, aggiuntovi un pane, mise il piatto in un tovagliolo, e preso questo per le quattro cocche, disse alla sua bambinetta maggiore: “Piglia qui”. Le diede nell’altra mano un fiaschetto di vino, e aggiunse: “Va’ qui, da Maria vedova; lasciale questa roba, e dille che è per stare un po’ allegra co’ suoi bam-bini. Ma con buona maniera, vè; che non paia che tu le faccia l’elemosina. E non dir niente, se incontri qualcheduno; e guarda di non rompere”.C’è tutto il significato e la squisitezza della carità cri-stiana. “Mise insieme un piatto delle vivande che eran sulla tavola”: è la traduzione autentica e fedele del ‘non dare al povero quello che avanza, ma quello che sta sopra la tavola’. “ È per sta-re un po’ allegra con i tuoi bambini … che non paia che tu le faccia l’elemosi-na”: squisito rispetto della dignità dei poveri! “E non dir niente, se incontri qual-cheduno”: cioè “non sap-pia la tua sinistra quello che fa la tua destra’.Ecco un esempio di come la celebrazione dell’Eucaristia e della Parola di Dio accolta nell’ome-lia nel Giorno del Signore passa nella vita.

Don Battista

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nsiemeIC 27 Mese di maggioMese di maggio

Benedizione delle famiglie

Grazie all’accoglienza da voi dimostrata lo scorso anno per la Benedizione delle famiglie per le vie e frazioni del nostro paese, la riproponiamo anche

per il prossimo mese di maggio.Di seguito vi riportiamo l’orario, le date ed i luoghi previsti, dove trovarci per un momento di preghiera, di convivialità fraterna e di augurio nella Benedizione del Signore. Confidiamo nella vostra partecipazione e vi invitiamo a farvi missionari di questo annuncio, per invitare e condivi-dere con le famiglie a voi vicine, il passaggio del Signore sulla vostra strada!

Santo roSario

Una bella novitàOgni sera, dal lunedì al venerdì, alle ore 20, a partire dal 4 maggio fino al 29, in quattro zone del paese che verranno successivamente indicate, un papà o una mamma o en-trambi, guideranno la preghiera del Santo Rosario, senza che siano presenti né il diacono Enzo, né don Battista.La preghiera del Rosario verrà offerta per le famiglie, in particolare per quelle più in difficoltà e sofferenza, secondo l’intenzione di Papa Francesco. È molto bello che ogni sera vi siano genitori che si offrano a fare questo servizio, per imparare a pregare insieme, fra-ternamente.

ORARIO dI RITROVO PER LE BENEdIZIONI ORE 20:45Don Battista DiaCono Enzo

GIORNO PUNTO DI RITROvO vIE O FRAZIONI COINvOLTE PUNTO DI RITROvO vIE O FRAZIONI COINvOLTE1ª sEttiMana 1ª sEttiMana

Lunedì 4 maggio Chiesa SONTIOLO Chiesa MIGIONDOMercoledì 6 maggio Piazza SOMMACOLOGNA Casa Zubiani Lucia via BertacchiGiovedì 7 maggio San Rocco “Corte Caranzi” vie XX Settembre, San Rocco Casa di Riposo vie Bertacchi, Porta, Carducci

2ª sEttiMana 2ª sEttiManaLunedì 11 maggio Inizio sentiero natura vie Parini, Foscolo Bui Redont vie S.Fedele, Rodorio, San ClementeMercoledì 13 maggio Piazza XXv aprile vie San Francesco, Leopardi, vanoni

e Piazza XXv AprileDos vie Dosso, Zubiani, Montegrappa, Pedemonte, Pisacane,

Rosselli, S. MartaGiovedì 14 maggio Santella di via

Lambertenghivie Lambertenghi, Pascoli, Rendenago, Giovanni XXIII

Piazza Repubblica vie Dosso, S. Clemente, di Mezzo, S. Marta e Piazza Repubblica

3ª sEttiMana 3ª sEttiManaLunedì 18 maggio Fontana via Lambertenghi vie Lambertenghi, Monte Grappa,

S. FrancescoCortile Case Ex Gescal vie Foscolo, Leopardi

Mercoledì 20 maggio Sagrato chiesa San Francesco

vie vanoni, Turati, Battisti, Gramsci, Zubiani, Roma, Garibaldi, Trieste, viale Libertà

Piazzale Case Ex Inps vie 1° Maggio, Trento, II Giugno, verdi, XX Settembre e Largo 1ª Maggio

Giovedì 21 maggio P.le stazione Perego BOLLADORE Albergo Rio vie Roma, Adda, verdi

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mento con sede nella chiesi-na di S. Dorotea;

• le donne di Azione cattolica;• le Figlie di Maria;• la Gioventù maschile di Azio-

ne Cattolica;• i Fanciulli cattolici.Queste confraternite costitu-ivano un tessuto connettivo per le attività religiose con una partecipazione importan-te durante tutte le cerimonie. In particolare le processioni era-no celebrate in modo solenne e costituivano un forte legame religioso e sociale.L’evoluzione socio-culturale di Sondalo col passaggio da un mondo agricolo-pastorale ad una veloce e accentuata modernizzazione e diversi al-tri fattori, hanno portato ad un processo di affievolimento di usi e costumi secolari.Prima che scompaia l’ultima generazione che li ha vissuti ricordiamo come si svolgevano nella prima metà del Novecen-to le più importanti cerimonie: il Venerdì Santo, il Corpus Domini e le Rogazioni.Il Giovedì Santo si suonava la “maiòla” che era uno strumen-to a percussione dotato di un martello di legno che sostituiva il suono delle campane fino al Sabato santo quando “se de-sligàva li campèna”. La sera del Giovedì Santo, i confratelli del SS. Sacramento allestivano il Santo Sepolcro nel corridoio centrale della chiesa. Su un

catafalco veniva posta la bara di vetro con la statua del Cristo morto e, a turno, i confratelli e le consorelle si alternavano in una veglia di preghiera che durava tutta la notte. Fin ver-so il 1945, la processione del Venerdì Santo si svolgeva alle tre del pomeriggio e in seguito alla sera dopo la Via Crucis in chiesa. C’era un grande fer-vore per le strade del paese dove doveva passare la pro-

Il complesso architettonico che domina il panorama del nostro paese è indub-

biamente quello della chiesa parrocchiale. Essa rappre-senta il simbolo della funzione religiosa e sociale; custodisce un patrimonio artistico e para-menti religiosi che, oltre al va-lore artistico e storico, hanno un grande significato spiritua-le, testimoniando la profonda fede cristiana dei nostri avi. Questa ricca dote di para-

menti, tutt’ora in uso durante le cerimonie religiose, veniva esibita in modo spettacolare durante le processioni. Fin ver-so il 1960, esistevano presso la nostra chiesa parrocchiale nu-merose confraternite religiose che svolgevano ruoli importan-ti nell’ambito parrocchiale con specifiche attività e sedi:• i confratelli del SS. Sacra-

mento con sede nella chie-setta del Suffragio;

• le consorelle del SS. Sacra-

La voce della storia La voce della storia

Prima metà del secolo scorso

Le processioni tradizionali sondaline

Anno 1933. Corteo della Processione

del venerdì Santo in fondo a Scaròla

Anno1946-1947.Processione del Corpus Domini all’imbocco di via San Francesco presso la nughèra di lazaròn

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nsiemeIC 31La voce della storia La voce della storia

cessione per renderle pulite ed abbellirle. Alle finestre si espo-nevano copriletti e lenzuola ri-camate, quadri con soggetti religiosi a guisa di piccoli altari, si aprivano ed addobbavano i “santéi”. Il priore dei confratelli (Batìsta de Goc’) precedeva la processione col palo pastorale mentre dall’esterno un confra-tello controllava l’incedere e predisponeva le soste. Il cor-teo procedeva con in testa tre confratelli: due con i solferari* e uno al centro con la grande croce d’argento; seguivano altri due con lo stendardo e in tunica bianca e mantella ros-

sa col medaglione. Venivano poi le consorelle col fazzoletto bianco ricamato e con al collo una medaglia legata con un nastro rosso con l’effige della Madonna da un lato e dall’altro l’ostensorio, le donne di Azio-ne cattolica e infine le Figlie di Maria con al collo un nastro ce-leste con un medaglione del-la Madonna pendente. Ogni confraternita portava i propri solferari, croci e stendardi. La banda musicale precedeva i ragazzi con “li paléta” (pali alle cui sommità erano posti i sim-boli della crocifissione come i chiodi e la corona di spine), i

sacerdoti e i confratelli in tuni-ca e mantelle rosse che regge-vano il baldacchino e la sotto-stante bara di vetro col Cristo morto. Ai lati due carabinieri in alta uniforme prestavano la guardia d’onore; seguivala sta-tua della Madonna Addolorata portatata dai coscritti dell’an-no e poi al seguito tanta, tanta gente.Dalla Parrocchiale si scende-va giù per Scaròla, si sostava davanti alla santèla ai piedi della scala dei morti e davanti al santèl del Dòs, si imbocca-va la via san Clemente, sosta al Santèl de san Giuàn Nepo-muceno, via Rodorio, via san Fedele via Lambertenghi, via monte Grappa con sosta al Santèl del Crocifìs, via Pede-monte e per via Pineta (ora via Pisacane), in seguito per via Zubiani si rientrava alla parroc-chiale per baciare il simulacro. Anche la festività del Corpus Domini (che cadeva sempre di giovedì) era molto sentita dalla nostra comunità. Parti-colarmente importante era la processione che si svolge-va nella mattinata dopo la S. Messa solenne (grénda). La gente si affaccendava a pulire le strade del percorso, copriva con frasche i portoni delle stal-le e decorava le finestre. Nel periodo più recente lungo il percorso della processione, tra una casa e l’altra, si distende-vano festoni di tessuto colorati chiamate “sandaline”; i santèi

venivano aperti e addobbati; noi ragazzi raccoglievamo i fiori dei prati per decorere gli altarini. Si preferì, in seguito, scendere da via Pineta invece che da Scaròla e risalire alla stessa. La diposizione del cor-teo era simile alla processione del Venerdì Santo, ma segui-va un percorso più breve. Il baldacchino usato era di raso bianco con preziosi ricami; era sorretto da quattro confratelli in tunica bianca e matella rossa e sotto di esso procedeva il pre-vosto che reggeva l’ostensorio e a lato due sacerdoti. La ban-da era sempre presente per dare solennità alla cerimonia. Più recentemente la processio-ne era aperta dalle suore con i bambini più grandi dell’asilo e le bambine della Prima co-munione in abito bianco che, lungo il percorso, spargevano petali di fiori.Una processione meno solen-ne veniva ripetuta alle cinque del pomeriggio per l’ ottava del Corpus Domini con paramenti analoghi, ma meno sontuosi.

Tre giorni prima dell’Ascen-sione avevano luogo le Ro-gazioni, triduo di processioni e preghiere propiziatorie per invocare l’aiuto divino, onde ottenere un buon raccolto e per allontanare le sofferenze.Si partiva alle sei del mattino dalla Parrocchiale: il lunedì verso Montefeleito, il martedì per Sommacologna ed il mer-

* I solferari sono alti portaceri ornamen-tali, portati durante le processioni dai Confratell i, dalle Consorelle o da giovani durante le processioni.

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nsiemeIC 33 Un libro da leggereLa voce della storia

coledì per Migiondo. Aprivano le processioni le confraternite femminili con i solferari* e la croce, seguite dal prevosto, dal canonico, dal sagrestano, dalle suore e dai fedeli. Si reci-tava il Rosario e si cantavano le litanie dei Santi: “A peste, fame et bello, libera nos Domine!” (dalla peste, dalla fame e dal-la guerra, liberaci o Signore), sofferenze di atavica memoria, drammaticamente presenti tut-tora in molti territori.

Si sostava lungo il tragitto ai To-bai per Montefeleito, al Santèl de la Madona per Sommaco-logna e alla Santela de Mezza Coltura per Migiondo dove si impartiva, con il crocifisso, la benedizione ai quattro punti cardinali affinchè tutto il terri-torio fosse sotto la protezione divina.Infine veniva celebrata la San-ta Messa nelle chiesette delle frazioni ed al rientro in paese, il corteo si scioglieva. Il 25 apri-le, giorno di San Marco, si svol-geva una processione simile verso la zona di S. Agnese. La benedizione alla campagna veniva impartita poco sopra Santa Marta e poi sul “Mot” ri-volta a tutta la zona di Pradella e a quella al di là dell’Adda. Seguiva in S. Agnese la Messa con il bacio alla reliquia della Santa. Queste pratiche reli-giose sono terminate verso il 1970, ma testimoniano quanta fede e fiducia in Dio avevano i nostri avi e sono per noi un patrimonio di memorie da con-servare.

Leandra Pozzi

Spunti da “Ore serene” Bollettino parrocchiale 1939 e Bollettino Sto-rico Alta Valtellina N°6 anno 2003

Ciò che inferno non èdi Alessandro D’Avenia - Mondadori

Palermo, estate 1993: è passato un anno dalle stragi che hanno ammazzato i giudici Falcone e Borsel-lino e tante altre persone con loro; qualcuno in

città inizia a reagire, a capire che è necessario cambiare qualcosa, costi quel che costi. In questo contesto, in un quartiere disastrato della città, si inserisce l’attività di don Pino Puglisi, parroco umile e povero, ma pronto a difendere la dignità di tante vittime del degrado e della miseria con le “armi” della legalità, dell’educazione e dell’amore e con la “forza” della fiducia in Dio.Il libro però non è un saggio storico o sociologico, ma su questo contesto storico, par-tendo da fatti e personaggi reali, l’autore costruisce un romanzo di fantasia, a sfondo autobiografico. Sì, perché l’autore ha conosciuto davvero don Puglisi, essendo stato suo alunno al Liceo, ed è evidente che il protagonista-narratore è lui, anche se un “lui romanzato”. Quindi la storia è un misto di realtà e fantasia, e i protagonisti sono diversi, a seconda del punto di vista da cui si guarda la vicenda: il protagonista della “vicenda-romanzo” è appunto il giovane Federico, in cui si rispecchia l’autore, un giovane di buona famiglia che, con l’amore, scopre l’altra faccia di Palermo, povera e violenta, e, non senza esitazioni, decide di mettersi in gioco, dare una mano anche lui perché, forse, qualcosa possa cambiare. Il protagonista della “vicenda-realtà” è invece don Puglisi, figura che dà senso tutta la storia con il suo martirio finale, da lui lucidamente previsto e affrontato con un sorriso e le parole: “Me l’aspettavo”. Ma a ben guardare potremmo anche dire che la vera protagonista è Palermo, città bellissima, piena di luce e abbracciata dal mare, ma insieme concentrato di miseria e violenza brutale: un vero e proprio inferno, che però può essere riscattato da “ciò che inferno non è”.Tutti questi aspetti, anche diversi e contrastanti, sono meravigliosamente armonizzati come in una grande sinfonia, grazie al linguaggio, davvero ricco e “poetico”, che rende la lettura molto piacevole e coinvolgente, soprattutto se fatta lentamente, come centellinando un buon vino a piccoli sorsi.Forse qualcuno dirà: “Bello, ma noi cosa c’entriamo con Palermo, la mafia… e cose simili?” C’entriamo e come! Il libro ci aiuta a capire che Palermo, questa meraviglioso miscuglio di bene e di male, è un po’ un simbolo di tutti noi, e tutti noi prima o poi, come i protagonisti del libro, dobbiamo scegliere da che parte stare, se coi deboli o coi prepotenti, se fidarci degli uomini o di Dio, e dobbiamo provare con il suo aiuto a cercare e costruire, nelle difficoltà del mondo, “ciò che inferno non è”.

Elia Tomè

Anno 1940-1941.Processione del Corpus Domini. I confratelli che portano il baldacchino sono Mario Dal Pozzo, Umberto Mazzoleni e Martino Salvalai. Il prete a sinistra dell’ostensorio è don Magatelli.

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nsiemeIC 35 L’incontroL’incontro

Rivoluzione digitale

Nell’ambito degli “Incontri mensili con i genitori” dei bam-bini e ragazzi che frequentano il catechismo organizzati dalla Parrocchia, venerdì 13 marzo si è tenuto in sala suor

Laura l’incontro con il Prof. Piermarco Aroldi, Docente dell’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Una parrocchiana, che fin d’ora ringraziamo per la disponibilità, si è prestata in questo numero, e nel prossimo, a guidarci a riflettere su alcune tematiche affrontate sul tema della “rivoluzione digitale”.Le nuove tecnologie - risorse di informazione, comunicazione e socializzazione virtuale e digitale - hanno da alcuni anni assunto un ruolo centrale nella vita quotidiana di ciascuno di noi: il lavoro, il tempo libero, gli spazi che abitiamo, le conoscenze e le relazioni sono a vario titolo attraversate in modo sempre più pervasivo da questo irreversibile processo di tecnologizzazione. Telefono cel-lulare (in tutte le sue varietà e declinazioni), tablet e internet sono ormai parte integrante della nostra normalità quotidiana sin dalla prima infanzia: questi strumenti invadono il nostro microcosmo domestico e professionale intrecciando attorno a noi una fitta

rete di relazioni capace di annientare ogni distanza temporale e spaziale tra i soggetti-agenti delle telecomunicazioni. Oggi inter-net, per fare l’esempio più vicino all’esperienza di tutti, non è più solo un mezzo di comunicazione o di ricerca, ma contribuisce alla costruzione di un contesto di socializzazione attraverso cui è possibile esprimere se stessi sganciati dalla materialità del corpo e dalla realtà o verità del proprio essere: nella tele-polis1 di internet e dei social-network il soggetto può, per esempio, fingere, giocare, mentire sulla propria identità, oppure essere semplicemente se stesso e disvelarsi al mondo. Le nuove tec-nologie possono essere considerate a buon diritto delle agenzie di socializzazione, profondamente diverse da quelle tradizionali (telefono fisso, macchina da scrivere, lettera cartacea, per citare solo alcuni esempi) che talvolta hanno superato, talaltra sostituito, in alcuni casi decretandone addirittura la scomparsa: chi di noi, oggi, usa normalmente la macchina da scrivere per produr-re un documento? A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, infatti, la maggior parte della popola-zione dei paesi avan-zati e di quelli in via di sviluppo gode dei vantaggiosi benefici delle cosiddette nuo-ve tecnologie, ma al contempo ne soffre e subisce i rischi.

A. P.

… continua, con ap-profondimenti, sul prossimo numero.

1 Il termine è conio di chi scrive e dovrebbe rendere chiaramente il senso del-la realtà comunicativa che insorge tra gli utenti delle nuove tecnologie: tele è un suffisso di origine greca e significa distanza, mentre polis, come tutti sanno, è la parola, anch’essa greca, che indica la città. Quindi, la tele-polis è quella nuova dimensione che vive di comunicazione a distanza e che, paradossalmente è -a mio vedere - l’antitesi e il rovesciamento dell’idea di città, poiché in una città le relazioni e la socializazzione avvengono a tu per tu, da corpo a corpo, e non da telefono a telefono.

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nsiemeIC 37Contributi Contributi

Il prezzo di una vita umana

Assistiamo inermi e sbigottiti a un susseguirsi di violenze inaudite: madri e padri che

uccidono i loro figli spesso piccoli, mariti e conviventi che uccidono le loro mogli o ex a seguito di separazioni o relazioni sentimentali chiuse, ma che spesso non sono accettate dall’uomo con senso di responsabilità e civiltà. Senza peraltro tralasciare coppie di anziani o single, massacrati di botte e barbaramente uccisi da bande criminali, rom dell’est o anche vicini di casa in difficoltà economiche per via della crisi, per rubare oro, i pochi risparmi e a volte solo per cento euro. Il caso dei due anziani di Venegono Inferiore (Va) è l’ennesima conferma di una società che si sta sempre più imbarbarendo. I grandi flussi emigratori di dispe-rati che vengono in Italia per trovare una realtà migliore rispetto al loro Paese d’origine, spesso rimane lo specchietto per le allodole di queste persone che, una volta accolte nei centri di accoglienza e prestati i primi soccorsi, vengono poi lasciati a se stessi. È davvero difficile gestire quindi il futuro e il percorso di tante persone che arri-vano in quantità e si finisce poi che tanti profughi e minori non si sa dove siano e il rischio di finire nelle maglie della mafia e della criminalità è veramente elevato. Ci vorrebbero leggi severe contro i trafficanti di esseri umani che traggono be-nefici economici esorbitanti. La crisi in Italia si fa sentire soprattutto per il popolo, mentre la classe politica è cieca e sorda alle richieste di aiuto che provengono da più parti. Non ci sono politiche sociali che tutelano i nostri anziani da possibili aggressioni e anche le forze dell’ordine seppur con tanto impegno, non riescono a debellare e/o arginare questo fenomeno. Il quinto comandamento dice “Non uccidere”; che fine ha fatto il valore della vita? Risulta che nelle nostre scuole si dia molta attenzione all’istruzione religiosa, pur nelle difficili condizioni in cui oggi si trova ad operare la scuola: forse anche l’educazione civica richiederebbe particolare attenzione. C’è urgenza di riscoprire il rispetto della vita a 360°, solo così potremo avere un futuro migliore e non da “barbari”.

Adelina Della Bosca

Studio e preghiera

Lo studio, in senso spirituale e religioso, è impegno dell’uomo a conoscere se stesso, e Dio per meglio amar-lo, sfruttando al massimo le proprie doti intellettuali. Ai

nostri giorni ci siamo alleggeriti dalla fatica materiale; questo ci permette, se lo vogliamo, di dedicarci maggiormente allo studio, alla preghiera, alla meditazione. Ovviamente anche questo comporta fatica da affrontare con seria determinazio-ne e impegno, per scegliere come e cosa studiare. Dovremmo trovare alcuni momenti liberi da impegni di lavoro e famigliari… approfittare di quelle ore in cui la mente è più calma e attenta, non farsi travolgere dall’ingranaggio delle troppe attività materiali, commerciali, mondane… Affrontare lo studio con umiltà e, nella conoscenza della verità, essere attenti perché è facile inorgoglirsi. Far nascere dentro di noi l’amore per la verità e la convinzione che proprio noi tutti siamo capaci di conoscerla. Con umiltà, perché l’intelligenza non è qualcosa di assolutamente nostro, non dimentichia-moci che da Dio proviene e a Dio deve essere indirizzata. Capita nello studio di scoraggiarsi, di non cogliere la verità, ma quello che conta davanti a Dio è l’impegno profuso per amore del prossimo e di Dio. Ma il lavoro intellettuale non deve predominare sulla preghie-ra, è proprio questa che tiene lontano dai pericoli dello studio disordinato. In questo modo lo studio è una forma anch’esso di preghiera. Per cui possiamo dire che lo studio è preghiera e la preghiera aiuta lo studio spirituale. Nello studio prevale la razionalità, nella preghiera soprattutto cuore e amore. Studio, inteso come raggiungimento della verità, che può attraversare momenti di critica, di limite, di incom-prensioni, di sofferenza. Que-sto, umilmente, diventa parte-cipazione alla croce di Cristo, strumento mistico di ascesi.

Lorenzo Partesana

“Pregare è uscire da noi stessi per

andare verso Dio e i fratelli. È un

morire a noi stessiAndrea Galli

(Avvenire 12 maggio 2013)

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nsiemeIC 39 L’intervistaL’intervista

99 anni e non sentirlia cura di Angela Castelli

Nel 2015 si parlerà molto di famiglia poi-ché Papa Francesco ha voluto dedicarle due Sinodi, uno straordinario nell’ottobre

2014 e uno ordinario nell’ottobre di quest’anno. Ma se ne parlerà anche grazie ad altri due appuntamenti

importanti: il primo in occasione dell’ VIII incontro mondiale delle famiglie che si svolgerà a Philadelphia nel mese di settembre cui parteciperà anche il Papa, l’altro per la celebra-zione della 49° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dal titolo “Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore”. Da questi spunti mi è venuta l’idea di intervistare una mamma-nonna-bisnonna che ha appena compiuto 99 anni lo scorso 15 marzo.Mi accordo con le figlie e vado a trovarla un pomeriggio verso le sedici. Mi accoglie con un sorriso … Si ricorda di me quan-do, alcuni anni fa, ospitava in casa sua, durante i mercoledì di Quaresima, un gruppo di riflessione sul Vangelo a cui par-tecipavo. La memoria ogni tanto vacilla, ma i fatti importanti della sua vita e alcuni momenti di fede sono ben impressi nei suoi ricordi e ve ne accorgerete nell’intervista che segue.

ai diciott’anni, invece, ho lavorato in Brianza da “dei sciori”: avevo infatti le cugine di san Bartolomeo che già lavoravano lì da un medico otorino e quindi anch’io mi sono trasferita volentieri da quel “profesor”; “sont sempre stacia ben dapertut, tuc i me voleva ben!” Poi sono tornata a Sondalo e ho lavorato nel negozio di “Zina de Leu”: curavo i suoi figli Sergio e Roberto.

E l’amore?Eh sì, proprio in quel periodo mi sono innamorata di Italo o me-glio, quel ragazzo mi piaceva, ma inizialmente frequentava mia cugina Irma, ma dopo “mi ghe l’ho robà” e … in breve … nel 1944 mi sono sposata proprio con lui a Le Prese, mi ricordo che indossavo un bel vestito!

Avete quindi “messo su” famigliaAbitavamo “al Bolador ne la cà di Fola” dove si “folavano” i tessuti, cioè si “impanivano” per farli durare di più; il mio Italo faceva il “legnamer” con Mazzoleni a san Rocco “i fasceva su, un po’ de tutt” e … “un dre a l’altro, l’è nasciù i me set fioi”: Werther nel ’45, Elena nel ’46, Patrizia nel ’48, Anzio nel ’49, Sauro nel ’50, Leonia nel ’52 e poi Eros nel 1956. Ogni volta che “evi de aver, Italo al cemava la levatrice Beta di Piroi che l’era da ben”, aveva la fun-zione di ostetrica e poi di pediatra: i suoi consigli erano sempre utili! Pensa che aveva il suo studio, tipo consultorio, su in piazza in casa di Ottorino Pozzi (di Pinc) e aveva anche un’assistente Linda Rastelli. “In temp de guera l’era grisgia!, ma an s’era con-tent de quel che’n gheva, al ghera miga temp de incantarse !!

Che nomi strani avete dato ai vostri figli …Beh, il primo l’abbiamo chiamato così per ricorda-re un ragazzino di dieci anni, il fratello di Valente Togni, ucciso su insom a Dosa Bela dalla Bande nere. Invece per quanto riguarda gli altri [sorri-de]…mi dilettavo a leggere il Corriere della sera … e mi piacevano particolarmente i necrologi… Da lì ho preso spunto per i nomi di Anzio e Sauro, invece Elena era la mamma di Italo e Leonia la protagonista di un romanzo che avevo letto … ma “t’esc curiosa, veh!”

E della sua numerosa famiglia cosa mi rac-conta?Come coppia Italo ed io, eravamo felici dei no-stri figli che crescevano in salute ed eravamo contentissimi “quando al nasceva un nòs ma-

Vorrei farle un’intervista da pubblicare sul giornalino parrocchiale, mi racconta qualcosa della sua vita? [sorride] Mi chiamo Olga Cappelletti, sono nata a Le Prese il 15 marzo del 1916, proprio durante la Grande Guerra. Mio papà fu ferito durante i combattimenti e gli fu concesso di tornare a casa. Nel frattempo la mia mamma era stata colpita dalla spagnola ed era gravemente ammalata; lui, debole e ferito fu contagiato e morì nel 1918. Io avevo solo due anni: rimasi orfana di padre e mia madre vedova a soli ventitre anni. Durante l’infanzia sono stata “tirata su” dalle suore a Bormio perché la mia mamma lavorava presso l’osteria dei Villa a Le Prese, a servizio del dott. Grassi a Grosio o presso altre famiglie. Trascorrevo l’estate a san Bartolo-meo presso la famiglia della sorella di mia mamma che viveva lì: “ilò stascevi propri bén, l’era un bel postìn!”. Da ragazza, intorno

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nsiemeIC 41 OratorioL’intervista

Eccomi di nuovo a voi...

cari amici!

Il nostro appuntamento è arrivato e, come sempre, accolgo con tanta gioia l’invito a sostare un po’ su quanto vissuto in questi ultimi tre mesi per raccontarvi cosa abbiamo fatto, come è an-

data in questo periodo e per provare a guardare con fiducia ed entusiasmo al futuro e a quanto il cammino ci riserverà. Lo so, rischio di ripetermi ma, sento ancora il bisogno di iniziare questo breve articolo ringraziandovi ed esprimendo la profonda gratitudine che ho nel cuore per quanto questa bella esperienza mi sta donando e mi sta facendo scoprire, nonostante le diffi-coltà che non posso nascondere e che a volte rendo-no il cammino più impegnativo e coinvolgente. Ma ... d’altronde lo sappiamo, più la strada è in salita più è semplice godere e gioire delle piccole soddisfazioni che l’esperienza regala; ancora più bello è poterle condividere e vivere con preziosi compagni di cam-mino. Penso allora al gruppo degli adolescenti con i quali mi trovo spesso a lavorare, ripenso alle ultime attività e custodisco nel cuore l’impegno e i sorrisi che hanno regalato affinché ogni cosa funzionasse e andasse bene prima di tutto ai bambini e ai ragazzi invitati a prendere parte ai diversi appuntamenti. Non posso però non rivolgere il pensiero anche a quel-le persone che mi incoraggiano, mi ascoltano e mi

iòn!” Nel settembre del 1948, finita la seconda guerra mondiale, ci siamo trasferiti qui a san Rocco dove vivo tuttora: la nostra casa, finalmente, era vicina al laboratorio di falegnameria.

A proposito di guerra, cosa si ricorda?“Tuc i soldà i era da bén, enca i tudésch!! Ricordo ancora bene un episodio avvenuto durante la guerra: un ragazzina di Bolladore, brava a cucire, che si era prestata a sistemare le uniformi anche dei tedeschi, era stata, per ripicca, portata via dai partigiani e uccisa in Boscaccia.

Si ricorda quanti nipoti e pronipoti ha?Certo, tredici nipoti e sette pronipoti e, [volge lo sguardo al cielo e sorride] grazie a Dio, tutti vivi e stanno bene! “I maion i me sa car, ma me sa che te l’ho ge dic!’”

So che Lei ha instaurato rapporti privilegiati con i preti “Vergun i disc che la mia, l’era la cà di prevet”: invitavo spesso a pranzo don Lorenzo, don Norberto, don Virginio e, per anni, don Gianni al mercoledì, “i me sasceva car enca lor!” come anche il dottor Robustelli che chiamavo per i bambini e mi dispensava consigli e buone parole.

Vuole raccontarmi qualcos’altro?“Bon … t’ho cuntà su enca trop, ades van a ca toa che te garasc da far, lagon chilò con li mia fioli e la nora ….” [sorride ancora una volta] … mi accompagna alla porta e mi dice … “ven pe’ amò a trovarme!” e mi abbraccia forte forte!!

Alcuni giorni fa la signora Olga si è infortunata in casa… Le auguriamo di cuore di “star su vìscola!” e mantenere a lungo il suo bel sorriso.

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nsiemeIC 43 OratorioOratorio

consigliano ... Il confronto nella preparazione e nelle proposte è prezioso e permette di comprendere quanto abbiate a cuore la realtà dell’oratorio. E questo, vi confesso, mi riempie sempre il cuore di gioia.Ora, però, entriamo nel vivo di quanto vissuto in questo tempo e diamo voce ad esperienze e attività. Tanti sono stati gli impegni che hanno riempito questi mesi da inizio dicembre fino ad oggi: penso al ritiro d’avvento inter vicariale con gli adolescenti anche delle altre parrocchie, una preziosa opportunità per allar-gare lo sguardo, aprirsi a nuove conoscenze e al confronto con altri ragazzi; penso alla preparazione del presepe per la notte di Natale: incontri che hanno richiesto tanto impegno manuale, ma condividere il processo di costruzione e vedere piano piano i piccoli risultati ci ha permesso di familiarizzare con la soddisfa-zione e la gioia che alimentano il bello del cammino. Rimaniamo sempre nel periodo natalizio e mi torna alla mente la piccola rappresentazione che abbiamo fatto il 23 dicembre nel pome-riggio, in oratorio, come conclusione della novena. Nonostante la scarsa partecipazione, abbiamo visto sui volti dei bambini in-teresse e voglia di ascoltare. Per noi più grandi è stata una bella occasione per immedesimarci nei personaggi e sentirli un po’ più vicini. Credo fermamente in questa strategia per accogliere i misteri della nostra fede, interpretare personaggi e situazioni è importante per comprenderne il significato. Siamo già nel 2015 ed è tempo di programmare il nuovo anno e

di iniziare ad abitarlo e viverlo con pienezza ed eccoci già attivi: c’è il campo invernale con i ragazzi delle medie a Livigno e abbiamo l’occasione di prestare servizio e donare il nostro tempo ai ragazzi più piccoli ed è proprio in queste occasioni che cogliamo la ricchezza e la bellezza del servizio perché “do-nando si riceve più di quanto si ha dato”. In contemporanea a questa esperienza due ragazze della nostra parrocchia hanno partecipato al campo intervicariale in Trentino per tutti i giovani dei vicariati di Grosio e Tirano, tanto entusiasmo e tanta gioia hanno accompagnato il loro ritorno. La seconda metà del mese di gennaio ci ha visti impegnati, come tutta la parrocchia, nelle preparazione della visita pastorale. I tanti appuntamenti hanno alimentato il desiderio di vivere questo momento importante per la nostra parrocchia. Mi permetto qui di spendere due parole perché ricordo ancora la gratitudine che sabato 31 gennaio mi ha accompagnato a casa: ho visto una parrocchia viva che lotta, pur nelle difficoltà e nelle fatiche, per tenere accesa la voglia e il bisogno di testimoniare la fede cristiana, il profondo amore che il Padre ha per ciascuno di noi sia come singolo, sia come comunità e invito a custodire questo momento di incontro con il vescovo Diego nel cuore e di farne memoria nei momenti più faticosi perché può incoraggiare e sicuramente infondere spe-ranza. Sapere poi di custodirlo nel cuore con tante altre persone è ancora più bello. Ricordate le parole del vescovo alla predica della messa di sabato sera?

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nsiemeIC 45 OratorioOratorio

“Impariamo a recuperare lo stupore di fronte alla quotidianità perché è lì che si cela l’essenza della vita e dell’Incontro! Lo stupore aiuta ad ACCOGLIERE e soprattutto a RINGRAZIARE!” Anche il mese di febbraio ci ha visti impegnati soprattutto nell’or-ganizzazione del carnevale. Anche questo evento ci ha permesso di mettere in gioco le nostre qualità e i nostri talenti nella costru-zione dei costumi per la sfilata e nella preparazione della festa di lunedì 16 febbraio in oratorio. Tema del nostro travestimento era la comunicazione e abbiamo deciso di travestirci da emoticon, tanto utilizzate tra i giovani, per rimanere in contatto. Abbiamo coinvolto anche i profughi ospitati da Habib perché ci sembrava una bella occasione per favorire e facilitare l’integrazione di questi ragazzi nella nostra realtà. È sempre più urgente il bisogno di sentirsi parte di qualcosa, perché questo contribuisce a costruire l’identità di una persona e condividere l’appartenenza crea legami forti e autentici. È stato bello trovare, dietro ad una festa semplice e ap-parentemente senza alcun significato specifico se non il divertirsi e lo stare assieme, un messaggio impegnativo che ci “costringe” a riflettere e a vivere tenendo presente che non ci siamo solo noi al mondo, ma tante altre persone che possono aver bisogno di noi e che allo stesso tempo possono offrirci il loro tempo e le loro capacità. Riscoprire la solidarietà reciproca è un impegno che possiamo provare a rispolverare tutti. INSIEME SI PUÒ!Anche il lunedì sera, in oratorio, abbiamo vissuto un bel momento di festa con i ragazzi più piccoli: vivere l’oratorio come luogo di incontro, di scambio, di crescita e di condivisione colora e da calore all’ambiente. Significativo per gli adolescenti è stato il

momento di preparazione dove si sono impegnati nell’addob-bare la palestra con palloncini, ghirlande, mascherine, gli smile, musica e tanto altro. Questi tempi servono per creare gruppo e per comprendere l’importanza dell’esserci. “Ricorda sempre che sei unico, esattamente come tutti gli altri.”Sempre a febbraio, oltre a questi momenti più di servizio, ricordia-mo i due appuntamenti inter vicariali, il terzo incontro di preghiera a Lovero e il ritiro di Quaresima all’Aprica, che ci hanno aiutato ad entrare con convinzione e fiducia nei quaranta giorni che precedono l’apice della nostra fede: la Pasqua del Signore Gesù.Ed eccoci qui, pieni e arricchiti di questi tre mesi, pronti a guar-dare al futuro con voglia di fare, di costruire e scoprire ancora tanto assieme! Il mese di marzo ci vedrà impegnati in un cammino di accompagnamento, crescita e conoscenza dei momenti più importanti della Passione di Gesù, senza paura e con grande apertura a quello che questi incontri ci riserveranno. Sicuramente anche i mesi prossimi e l’estate saranno belli intensi, ma andiamo avanti piano piano godendo del presente e di quanto ci è donato di vivere.È tempo di concludere e di salutarvi e lo faccio, come mio soli-to, con un versetto di uno dei salmi che mi sta molto a cuore, il salmo 15.“M’indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presen-za, dolcezza senza fine alla tua destra”Questa parole possano guidare il nostro cammino, sempre! Avanti tutta con coraggio!

Jessi

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nsiemeIC 47 Album fotograficoAlbum fotografico

PERIOdO dI NATALE: NOTIZIE fLASh

Iniziativa missionaria per il Camerun “Un saCCo Di MiGLio”. Abbiamo versato all’UFFICIO MISSIONARIO Diocesano totali € 665,00.

Per l’iniziativa “Un PanEttonE PER La MissionE” abbiamo inviato all’Associazione “LA GOCCIA” di Senago la somma di € 1.200,00.

La somma raccolta con il “FonDo Di RinUnCia E soLiDaRiEtÀ” delle famiglie della nostra comunità è stata di € 5.980,00 per un numero di 34 famiglie.

CEna Di CaPoDanno Ricavato € 1.120,00 utilizzato in parte a copertura delle spese, la differenza per la parrocchia

Premizazione

presepi 2014

Cena dicapodanno

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nsiemeIC 49 Album fotograficoAlbum fotografico

Lo scorso mese di dicembre Stefano Besseghini ha partecipato con alcuni ospiti del Centro disabili diurno di Valfurva, accompagnati da un educatore professio-nale, ad una gita a Roma. Oltre alla visita ai famosi monumenti della capitale, non potevano mancare la Santa Messa e la partecipazione all’Udienza del Santo Padre. Ecco Stefano, sorridente, in una foto mentre stringe la mano a papa Francesco.“È stata un’esperienza indimenticabile e toccante!”.

La fiaccolata

Gli immancabili Alpini e... non solo loro!

Santa agnese

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nsiemeIC 51La pagina

dei bambiniGrazie don Battista

Prete da 50 anni

Don Battista è stato ordinato sacerdote nel Duomo di Como il 27 giugno 1965 dal Vescovo Felice Bonomini: è imminente la ricorrenza dei cinquant’anni di ordinazione.

Nel corso del suo ministero don Battista ha servito le comunità parrocchiali di Albosaggia, Berbenno, Canonica di Cuveglio e Tirano, ha diretto la Caritas diocesana, il Centro San Filippo di Como e l’Azione Cattolica ed è stato chiamato a svolgere il

ruolo di vicario episcopale per la Valtelli-na. Dal 2012 è parroco di Sondalo.In segno di gratitudine, stima e affetto la comunità parrocchiale di Sondalo dedi-cherà al proprio parroco una giornata di festa.

dOMENICA 14 GIUGNO 2015Il momento centrale della giornata sarà la celebrazione della Santa Messa di rin-graziamento nella chiesa di San France-sco alle ore 10:00 cui seguirà il pranzo in oratorio e un’iniziativa di intrattenimento a cura dei bambini e dei giovani.Nelle settimane precedenti la comunità sarà invitata a due momenti “forti”, utili per approfondire alcuni aspetti del pro-prio cammino e l’importanza della figura del prete accanto alla gente.La giornata di venerdì 29 maggio, in collegamento con l’Ufficio Diocesano della Pastorale Giovanile, sarà dedi-cata alle problematiche dei giovani e dell’oratorio; in un giorno da precisa-re della prima decade di giugno la comunità parrocchiale sarà invitata a riflettere sulla realtà parrocchiale dopo la visita pastorale dello scorso fine gennaio.

Saranno diramati appositi avvisi per la partecipazione alle di-verse iniziative: i parrocchiani che desiderano partecipare alla preparazione dei vari momenti della festa possono segnalare da subito la loro disponibilità in oratorio.

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Cruciverba dell’anno catechistico

1 Il sacramento per diventare “prete”

2 “Beati gli invitati alla cena del...”

3 Durante quale celebrazione vengono consacrati il pane e il vino?

4 Quanti sono i sacramenti?

5 In quale libro viene presentata la vita di Gesù

6 Il sacramento della confermazione è anche chiamato…

7 Come si chiama il fratello di Abele

8 I discepoli ai quali è apparso Gesù risorto si recavano a...

NELLE CASELLE A FONDO GIALLO SCOPRIRAI:IL GIORNO DEL SIGNORE

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Anagrafe dal 1 dicembre 2014 al 28 febbraio 2015

Sondalo Parrocchia di S. Maria MaggioreBATTESIMI: Bonetti Giulia 11 febbraio 2015 Malpelli Gabriele 11 febbraio 2015 sozzoni samuele 11 febbraio 2015 Urbani amanda 11 febbraio 2015

FUNERALI: Calvaruso salvatore (anni 74) 22 dicembre 2014 silvestri Germano (anni 76) 05 gennaio 2015 Garavatti Renato (anni 59) 21 gennaio 2015 Villa Ernesto Lorenzo (anni 75) 22 gennaio 2015 Capitani igina Emilia (anni 92) 02 febbraio 2015 zappa Valerio (anni 63) 28 febbraio 2015

Mondadizza Parrocchia di S. Giovanni BattistaBATTESIMI: • Caranzi angelica 7 febbraio 2015 • Camozzi alessandro 15 febbraio 2015