36
A Periodico dell’Associazione Maggio Eugubino Pro Gubbio - Gubbio Perugia Anno LXII, n. 5 - Dicembre 2011 - Sped. in abb. 45%, Legge 662/96, at. 2, comma 20/B, Filiale di Perugia. QR Code Buone Feste a Tutti

Buone Feste Periodico dell’Associazione Maggio Eugubino ... · modi e sembianze diverse, adeguandosi agli stili, non sempre del tutto pertinenti, della modernità. ... tra mille

  • Upload
    vumien

  • View
    217

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

A

Perio

dico

del

l’Ass

ocia

zione

Mag

gio

Eugu

bino

Pro

Gub

bio

- Gub

bio

Peru

gia

Anno

LX

II, n

. 5 -

Dic

embr

e 20

11 -

Sped

. in

abb.

45%

, Leg

ge 6

62/9

6, a

t. 2,

com

ma

20/B

, Fili

ale

di P

erug

ia.

QR

Code

QR

Code

QR

Code

Buone Feste a Tutti

A

Anno LXII, n. 5 - dicembre 2011In copertina: L’Albero di Gubbio - Photo StudioDirettore Editoriale: Lucio LupiniDirettore Responsabile: Ubaldo GiniRealizzazione: Lapislunae-GubbioRedazione: Piazza Oderisi, - 06024 Gubbio (Pg)Tel. e Fax 075 9273912 - CC Postale n. 15463060Aut. Trib. Perugia n°. 334 del 15/01/1965.Sped. in abb. postale 45%, comma 20/B, legge 662/96, filiale di Perugia.

Ancora sul «frontespicio» delle Lettere di Vincenzo Armanni

Per l’identificazione di alcune maioliche descritte da Gian Girolamo Carli

p22

p15

p27

p4Auguri a tutti gli eugubini

p5 Il reparto delle gioie...

attualità

p7Tra pali e traverse... stradali

p18

Una risorsa inutilizzata: le “Tavole Eugubine”“Conoscere Gubbio”, è la bellissima iniziativa del Maggio nata nel 2006 per migliorare le nostre conoscenze ed i nostri saperi sulla città e sul territorio presentando di volta in volta elementi poco conosciuti o addirit-tura dimenticati ma anche fattori forti che tuttavia conosciamo poco o superficialmente.Anche la frequentazione quotidiana di un luogo infatti non permette spesso di coglierne gli aspetti salienti o i caratteri storici, artistici e sociali. Periodicamente perciò vengono proposte passeggiate o escursioni, aiutati da esperti, con i quali si fanno “quattro chiacchiere” con lo scopo di approfondire le nostre conoscenze. Saper leggere il luogo dove si vive è in qualche modo conoscere parte di se stessi, della propria identità

personale, fino a cogliere al meglio l’appartenenza ad una comunità. L’identità di un territorio è infatti costituita da un insieme di fattori materiali e immateriali fortemente collegati: le grandi opere, i fatti artistici, la lingua e il dialetto, la cultura, la forma delle città, delle case e degli arredi, il paesaggio nelle sue diverse componenti, la memoria collettiva, i nomi delle persone e dei luoghi, i sapori naturali, il cibo. Con “Conoscere Gubbio 10”, svoltasi il pomeriggio del 16 ottobre scorso abbiamo avuto la possibilità di conoscere il popolo umbro attraverso la presentazione del prof. Ancillotti e di apprezzare a pieno anche la più grande testimonianza di tale popolo che sono le “Tavole Eugubine” esposte nel Palazzo dei Consoli. Da sempre sono note, anche se sottovalutate, le testimonianze degli storici antichi, greci e romani, che suggeriscono l’esistenza di una realtà etno-culturale cui andava il nome di “Umbri” estesa su tutta l’Italia mediana, dal Po al Tevere, in età preistorica (proba-bilmente a partire dalla fine del II millennio a.C.). La considerazione che è emersa forte è che le “Tavole Eugubine” sono purtroppo relegate in un angolo e non hanno quella visibilità e quel risalto che invece dovrebbero avere. Da sole potrebbero rappresentare una risorsa straordinaria da un punto di vista culturale ma anche da un punto di vista economico, facendone il perno di una esposizione permanente sul popolo umbro, ricorrendo anche alla tecnologia che ora può essere utilizzata capace di ricostruire situazioni quali riti e cerimonie, vita quotidiana, assetti sociali etc. Dobbiamo liberare le “Tavole Eugubine” ! Buon Natale Lucio Lupini

Gubbio Bizantina

p20

p8 L’Amministrazione comunale risponde...

Pian d’Assino e Contessa:

il futuro del territorio...

San Marziale

p16

p9

p13Ceri e petrolio

Uomini e pietrep10

att

ualit

à

4

A

Auguri a tutti gli eugubini

di Mons. Mario Ceccobelli

att

ualit

à

4

Accogliendo l’invito del Vescovo Ceccobelli, presentato anche come atto conclusivo delle celebrazioni per l’850° anniver-sario della morte di S. Ubaldo, sarà Papa Benedetto XVI ad accendere in diretta televisiva su Rai Uno l’”Albero di Natale più grande del mondo” nel tardo pomeriggio del prossimo 7 dicembre. Lo farà con l’aiuto della tecnologia più avanzata direttamente dall’appartamento pontificio. Si incomincia alle ore 17,45 con il “saluto” del Gruppo Sbandieratori e delle autorità, mentre il collegamento televisivo avrà inizio dalle ore 18.15-18.20 con una serie di servizi preparatori dell’inter-vento in video-collegamento di Papa Ratzinger (ore 18,30). Prima di azionare il <tablet> indirizzerà agli eugubini un atteso messaggio.

Il Papa accende l’albero di Natale più grande del mondo

Sono grato all’Eugubino per l’opportunità che mi offre di far giungere a tutti i suoi lettori gli auguri per il Santo Natale e per il nuovo Anno.È questo il tempo in cui avviene un fittissimo scambio di voti augurali, una tradizione che attraverso gli anni ha assunto modi e sembianze diverse, adeguandosi agli stili, non sempre del tutto pertinenti, della modernità.Le cartoline colorate o in bianco e nero, che rappresentavano la natività, con in primo piano il Bambino tra le braccia di Maria e un po’ in disparte un pensoso Giuseppe, hanno la-sciato il posto a biglietti curati certamente con gusto artistico e fantasia, ma dai quali è sempre più assente il mistero che viene ricordato: la nascita di Gesù, Figlio di Dio e di Maria nella grotta di Betlemme, con i pastori primi ad accorrere per cantare con gli angeli la gloria del Signore.Oggi si rischia di perdere di vista il protagonista della ricor-renza, meravigliosa nella sua divina semplicità, perché va di moda sostituire gli auguri di buon Natale con quelli di buone

feste e le frasi evangeliche con altre, anche interessanti e si-gnificative, di uomini illustri del mondo della letteratura e dell’arte.A me piace seguire l’antica tradizione, e come fece nel XII secolo sant’Ubaldo, così come prima e dopo di lui fecero tut-ti i vescovi eugubini, desidero inviare a tutti i figli di questa diocesi l’augurio per un Natale Santo e un felice anno nuovo illuminato dalla grazia del Signore.Mi piace anche ricordare quel dolcissimo evento, concepito dalla fede e dalla santa fantasia di frate Francesco, il pove-rello di Assisi, che non sapendo come esprimere la gioia per l’avvenimento che ha cambiato la storia dell’uomo, nel 1223 realizzò a Greccio il primo presepio.Contemplando con lui il miracolo, ritroviamo tutti, in questo nostro tempo ansioso e complicato, lo stupore e la pace del cuore. Accompagno questo mio augurio con la preghiera e la benedizione del Signore.

att

ualit

à

5

A

A tre anni dalla sua apertura, l’Ospedale di Branca rischia già un reparto, quello che nei corridoi ospedalieri chiamano “reparto delle gioie”. Una riforma incombe sul nosocomio neonato pure lui. Già perché la finanziaria dà i numeri e i numeri la fanno da padro-ne e per 17 bambini che sono nati altrove, il reparto è stato messo sotto accusa: il nume-ro perfetto sembra essere 500. Cosa pensa-re: 1,39 bambini al giorno… che sono una decina di bambini a settimana, che fa 41,6 bambini al mese, circa. E non sono molto meno della cifra pattuita. Riformare significa cambiare, ma anche ricomporre e se si va a fondo vuole dire anche migliorare e il nostro primo pensiero va alla sicurezza delle parto-rienti e dei bambini indipendentemente dai numeri, un secondo pensiero alla qualità del “servizio” svolto e ricevuto, alla funzionalità, al conforto che si trova nel ricevere la prima assistenza e la degenza seguente. Qui i nume-ri ci sono e tornano pure i conti. Riformare o migliorare, dunque porta coerenza con la qualità ed accogliere una “riforma” che in-debolisca una struttura ospedaliera ottenuta

tra mille difficoltà e in fase di crescita è da ragionare e rivedere. Siamo tutti d’accordo, compresi i nostri vicini gualdesi, che i nostri due vecchi e cari ospedali ci piacevano così com’erano, ma abbiamo già detto e ridetto in proposito. Ora abbiamo questo ospedale unico e va difeso perché non subiamo ancora le angherie del passato. Non è molto lontano il 1969, anno in cui il Comune di Gubbio e i cittadini, insieme anche al nostro periodico, avevano intrapreso una denuncia contro il declassamento del nostro ospedale in manie-ra lesiva e del tutto ingiusta per gli interessi di un Comune fra i più vasti d’Italia. Anche a quell’epoca c’erano dei numeri dentro ai quali Gubbio però entrava comodamente, ma per altri motivi che non stiamo a ricor-dare, la nostra città ha rischiato di perdere l’occasione di rendere più efficiente l’ospe-dale; la qualità del servizio offerto non era sotto accusa, ma la sicurezza dei cittadini e la serenità (non meno importanti) erano anche allora rilevanti e fuori discussione e un punto fermo dal quale far partire la protesta o la di-fesa. Gubbio non è un caseggiato, è una real-

tà viva e riconosciuta, i suoi interessi vanno tutelati rimanendo serrati, appoggiando chi governa quando cerca dei sostegni legislativi, delle deroghe probabili e soprattutto quando non perde di vista il benessere dei cittadini. In questo particolarissimo caso, delle cittadi-ne e dei bambini che hanno dei diritti e non dei privilegi a mettere al mondo e a nascere. Ascoltando le opinioni di future madri e di donne sensibili all’argomento, ma anche di padri si evince che la lontananza di un al-tro punto nascite crea ansia per la salute del nascituro e per la sicurezza della madre; crea preoccupazione per le sorti del viaggio, dal momento che nella gran parte dei casi non è la donna a decidere il momento del parto, ma la natura. Allora a questo punto ci si do-manda se mai si è immaginata la possibilità di far nascere il bambino in casa, garantendo però tutta la sicurezza e l’assistenza di un re-parto di ostetricia. Fare un salto indietro o un passo avanti dipende dall’impegno e dal buon senso di ognuno di noi.

Il reparto delle gioie Un pensiero su sicurezza e qualità dell’Ostetricia di Branca

di Michela Biccheri

Valorizzare le potenzialità e qualificare sempre più e meglio i servizi del-l’ospedale di Gubbio-Gualdo Tadino: questo quanto emerso nel conve-gno organizzato dalla Cisl Fp del territorio di Perugia su “Problematiche e prospettive della struttura di Branca alla luce della riorganizzazione del-la sanità in Umbria nel contesto economico sociale attuale”. All’incontro hanno partecipato, tra gli altri, l’assessore regionale Franco Tomassoni, il direttore generale Asl 1 Andrea Casciari, sindacalisti Cisl, il consiglie-re regionale Andrea Smacchi, rappresentanti dei Comuni e numerosi operatori sanitari. L’Assessore Tomassoni ha confermato l’impegno, pur in presenza delle difficoltà finanziarie, “di garantire servizi qualità” e “le eccellenze in linea con quelle che sono le caratteristiche dell’ospedale”. Su questo tasto hanno insistito anche l’assessore comunale eugubino Di Benedetto ed il Sindaco di Gualdo Morroni. Da parte sua il segretario generale territoriale della Fp Cisl di Perugia Massimiliano Speranzini ha reclamato una dotazione organica ottimale per “garantire efficienza

e aggiornamento dei servizi erogati al cittadino”, oltre alla “nascita e sviluppo di specializzazioni e di eccel-lenze all’interno della struttura ospedaliera di Branca”. Ha chiesto anche di lavorare per “lo snellimento delle liste di attesa”. Da parte sua il se-gretario regionale Cisl Claudio Ricciarelli ha sollecitato “ l’integrazione tra i servizi e le specializzazione degli ospedali di Castello e Branca”. Riguardo a Gubbio, ha precisato che “accanto alla qualificazione del presidio ospedaliero vanno riorganizzati i servizi sanitari del territorio at-traverso il potenziamento del distretto sanitario al fine di integrare il set-tore sanitario con quello sociale”. Da parte sua Giuseppe Giordano (Cisl medici) ha sostenuto che nel quadro della riorganizzazione degli assetti istituzionali “l’ospedale di Branca deve svolgere un ruolo importante per questo territorio, integrandosi con l’intera rete ospedaliera regionale e costituendo un punto di riferimento per l’intera area”.

CISL EP: potenziare e qualificare l’ospedale di Branca

Il Comitato Sicurezza e Legalità di Gubbio rin-grazia tutte le persone che hanno dedicato una parte del proprio tempo, in questa prima setti-mana di raccolta firme, contro la soppressione del punto nascita dell’Ospedale Compren-soriale di Branca e tutti i cittadini e residenti stranieri che hanno aderito all’iniziativa. Il riscontro positivo concretizzatosi in oltre 1500

adesioni, ci incoraggia a proseguire su questa strada organizzando ulteriori punti di raccolta firme. Il Comitato rende anche noto che sta istituendo dei punti fissi di raccolta firme per venire incontro anche alle esigenze di tutti quei cittadini che, nei tempi e orari stabiliti, sono impossibilitati ad intervenire. Al momento in cui scriviamo hanno aderito i seguenti esercizi

commerciali:1) Forno Baldinucci Località Padule;2) Punto Snai Sebastiani Via Cavarello;3) Tabaccheria Sebastiani V.le rimembranza;4) Alimentari Fanelli V.le Rimembranza;5) Bar Pasticceria “Degli Angeli” Centro Com-merciale Contessa;6) “Pasticceria Italia” Via Benedetto Croce.

Hotel BENIAMINO UBALDI

Vieni ad assaporare le nostre specialità al Cenone di San Silvestro!

Aperitivo di Benvenuto con stuzzichini

Pesce spada su letto di zuccaVeli di chianina ali’olio nuovo e Melograno

Cavatelli all’AsticeCappellacci di Bufala e Prosciutto al Nero Norcia

Filetto di trota salmonata con Vellutata di FaveSorbetto agli agrumi

Tagliata di Angus al Balsamico invecchiatoPatate a tacchetti

Zampone e Cotechino con LenticchieDolce S. Silvestro

Uva Uva UvaVino Selezione Rosati: Asti Spumante

La serata sarà allietata da musica dal vivo.

Per info e prenotazioni contattare il numero 0759277773.

Capodanno Sotto l’ Albero

att

ualit

à

7

A

Tra pali e traverse... stradali

di Ubaldo Gini

Che stranezze illuminotecniche. Nel centro storico via XX Settem-bre insieme a via Federico da Montefeltro durante la scorsa ammini-strazione ha subito innumerevoli black out e tante zone della nostra Città sono rimaste al buio, creando fertile terreno per l’azione di

vandali e loschi individui subito attivi con danneggiamenti alle auto dei residenti, furti più o meno lucrosi nei periodi estivi, episodi di teppismo urbano e chi più ne ha, più ne metta… tanto che non c’è da stare allegri.L’illuminotecnica in occasione della giornata della diabetologia, se ce ne fosse stato bisogno, ha regalato una panoramica speciale del nostro Palazzo dei Consoli così come soluzioni di illuminazione par-ticolare avevano evidenziato il Palazzo Ducale.Se ci sono queste sensibilità una tantum non si capisce come mai non si debba affrontare la questione in maniera sistematica, con un progetto globale che, a stralci, possa essere attivato in funzione dei contributi raccolti.Ad esempio viale della Rimembranza resta sistematicamente al buio; vogliamo aspettare un triste episodio con il favore delle tenebre per intervenire?La luce dall’alba al tramonto, dopo il “capolavoro” della potatura di tigli ed ippocastani che ha senza dubbio liberato spazi per parcheg-giare abusivamente delle auto sul marciapiede, penetra tra le chiome degli alberi ma da novembre a marzo, dalle 17.00 un fitto buio per-vade il viale È improcrastinabile un intervento che, nel rispetto ambientale, tra soluzioni illuminotecniche e progetti vari, tolga dal degrado i due Viali costeggianti le mura urbiche, dove campeggiano ancora enor-mi, pesanti, usurati e quanto mai orribili pali della luce.Si deve agire subito, senza dilungarsi troppo in sterili dialettiche. Il centro storico e l’immediata periferia sono in uno stato di degrado urbano e d’abbandono preoccupante e lo sono nonostante (o, forse, ancor più ciò risalta) gli interventi di via dei Consoli, piazza San Giovanni e Bosone; questo per non avere mai attuato un piano in-

tegrato e globale di arredo urbano, di illuminazioni e di interventi sulle pavimentazioni e pedonalizzazioni (manifesti elettorali asfaltàti e/o asfàltati a parte; ma se ne conosce bene la loro vacuità: buoni per catturare voti, inefficaci per gestire un’amministrazione).

Quanto dovremo aspettare perché animi gentili e nobili dell’ammi-nistrazione comunale sappiano proporre queste necessità non solo per conservare il nostro centro storico, evitandone malamente il de-grado, ma per impreziosire tutta la Città?

att

ualit

à

8

A

L’Amministrazione comunale rispondeGli abitanti dei quartieri intervengono numerosi

di Michela Biccheri

È un importante passo avanti quello fat-to da questa Amministrazione comunale, passo avanti verso una maggiore atten-zione risvegliata, ma soprattutto dovuta nei confronti del Centro Storico. È stato portato avanti e con un vero successo di partecipanti, il progetto che crea sinergia tra Comune e Quartieri della città, pro-getto pensato e realizzato dentro incontri ospitati nelle sedi dei quattro Quartieri. In ogni incontro, il Sindaco insieme agli Assessori hanno ascoltato e annotato con molta attenzione e disponibilità, i disagi ri-scontrati nel vivere la città ogni giorno tra l’impossibilità dei parcheggi e l’aggravarsi della presenza dei motocicli in sosta nei vi-coli e in circolazione tra di essi. Altro pun-to focale immerso di commenti negativi e malumori, è stato il parcheggio multipiano “della palestra”, a fianco la Biblioteca Sperelliana. In molti si sono sentiti lesi e derubati di uno tra i più importanti spazi verdi del Quartiere di San Pietro e della parte est della città, derubati dell’occasione di valorizzare una delle zone storiche che da anni soffre per il suo naturale de-centramento e che necessita di un urgente potenziamento.

A parlare in generale si fa pure peccato, perché molti dei problemi di cui soffre il Centro Storico, tra i quali l’illuminazio-ne, vanno perduti o appaiono sminui-ti, di fronte al nutrito elenco di disagi e commenti e anche proposte che dai Quartieri partono con fervore e speran-za. L’aspetto che ha destato l’interesse di tutti e che sarà anche il più laborioso per l’Amministrazione è rappresentato dal disciplinamento del traffico, le ZTL, e dal calcolo dei posti auto, dal quale si ricaverà il permesso per il posteggio auto per un nuovo e sostenibile adeguamen-to. Avverrà in collaborazione con il Co-mando dei Vigili Urbani anche la riforma

del Regolamento che li disciplina, tutto nei prossimi 4 mesi. Grandi sono i progetti anche per la riqualificazione della piaz-za di San Pietro e dell’area circostante, compreso il parcheggio multipiano “della palestra”, che dovrebbe essere terminato e attivato entro il nuovo anno. Tante le buone intenzioni, ma noi come cittadini e residenti saremo i primi a renderci conto degli interventi e dei risultati: staremo a vedere…

8

att

ualit

à

9

A8

Pian d’Assino e Contessa: il futuro del territorio passa per il loro adeguamento

Sulla grande viabilità indispensabile per lo sviluppo dell’ eu-gubino l’attenzione si mantiene sempre su livelli elevati. Pro-spettive interessanti per l’ammodernamento del tratto Mo-caiana-Umbertide della ‘Pian d’Assino’, quello indispensabile per garantire lo sbocco sulla E45 ed attenuare così l’isolamen-to di un territorio da anni impegnato nel rivendicare dovero-se attenzioni per essere messo nelle condizioni di superare un pesante disagio infrastruttura-le. Situazione che ha influito ed influisce sulla crescita del com-prensorio. Il consiglio regionale infatti ha ap-provato all’unanimità (24 voti favorevoli) la mozione presentata dal consigliere An-drea Smacchi (Pd). In pratica il “ Consiglio Regionale – ha spiega-to Smacchi - ha dato mandato alla Giunta di attivare tutti gli strumenti a sua disposizione affinché si possa approvare il progetto definitivo dell’opera e consentire all’Anas di programmarne l’effettiva realizzazione anche per stralci”. “Il 28 luglio 2010 – ha ricordato ancora Smacchi – è stato pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione l’avviso di deposito degli elaborati integrativi riguardanti il progetto definitivo del tratto Mocaiana–Umbertide. A distanza di oltre un anno è necessario procedere al più presto alla convocazione della Conferenza dei servizi per ottenere l’indispensabile valu-tazione di impatto ambientale e concludere celermente tutti i passaggi previsti per la consegna, da parte della Regione, del progetto definitivo ed auspicabilmente esecutivo nelle mani dell’Anas”. “In questo momento di grande crisi economica per le famiglie e per le imprese – ha concluso Smacchi, tenen-do presenti la drammatica situazione occupazionale attuale - l’eugubino ha ricevuto un messaggio chiaro sia da parte della Giunta regionale che dall’intero Consiglio per questa arteria attesa da decenni da una parte importante dell’Umbria”. In sede di dibattito le comnvergeze sono state unanimi. Il consi-

gliere Goracci ha definito”la realizzazione della Pian d’Assino una emergenxa oggettiva”, Paolo Brutti (IdV) ha parlato delle necessità di “un progetto unitario e completo con finanzia-mento certo”, mentre per l’assessore Rometti “si tratta di un intervento che vuole affrontare i problemi di collegamento della città di Gubbio con la E45”. Voto favorevole anche da

parte di Andrea Lignani Marchesani, secondo il quale “Le Regioni devo-no indicare con chiarezza quali sono le vere priorità infrastrutturali ma non mi convince per niente ciò che afferma ora il ministero dei trasporti, cioè l’ipotesi di intercettare valore (non è chiaro come) attraverso le nuove opere”. Successiva-mente la Sovrintendenza ai beni culturali dell’Um-bria ha espresso parere fa-vorevole sul progetto della Mocaiana - Montecorona, quello conclusivo. È un

altro passo avanti, se non altro perchè consente di proporre all’Anas un intervento già in possesso di tutte le necessarie autorizzazioni nel momento in cui verranno reperite le risor-se. Intanto crescono le attese ed aspettative per la “Contessa”, fondamentale asse di collegamento tra l’Umbria e le Marche che sopporta, secondo un recente monitoraggio condotto dal Psi eugubino, una media di sette/ottomila automezzi al giorno. Per la “Contessa” esiste un progetto esecutivo redatto per iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia (onere di oltre 400 mila euro) dalla Rpa di Perugia. Prevede un tracciato diverso dall’attuale, più a valle e con una galleria di Km 4,5 per un imnvestimento stimato in circa 220 milio-ni di euro. Nel corso di una riumione svoltesi alla presenza dell’Assessore Regionale Rometti e del consigliere della provincia di Pesaro Urbino Gaetano Vergari è stato consegnato ufficialmente dal Presidente della Fondazione Cav,. Carlo Colaiacovo alla Re-gione dell’Umbria ed alla Provioncia di Pesaro e Urbino. Sarà al centro di un convegno interregionale.

di Giampiero Bedini

att

ualit

à

10

A

Uomini e pietre

Ricordo di averli visti, gli ultimi del nostro tempo, negli anni della prima adolescenza chini sul lavoro, in mano gli attrezzi propri della loro arte, sgorbie, subbie, scalpelli, calzuoli, pochi e primitivi strumenti ma sufficienti a conferire alla pietra ogni forma dovuta e a imprimerle la giusta vibrazione alla luce, sca-bra, levigata, martellinata, secondo l’uso e la destinazione, a differenza di quanto capita di vedere oggi con i conci restituiti dal nastro d’acciaio netti e squadrati, gelidi e lisci come blocchi di ghiaccio.Si sedevano i nostri scalpellini a terra, di solito sul luogo stes-so del cantiere, tra due mucchi di pietrame: da un lato quello greggio da tagliare e modellare, aspro e informe così come ve-nuto dalla cava; dall’altro i blocchi rifiniti, pronti per la messa in opera.Con consumata maestria l’artiere rigirava il masso tra le mani valutandone le caratteristiche e la qualità, se compatto o vena-to, se fragile o tenace in grado di non marcire alle infiltrazio-ni dell’acqua e di reggere al morso insidioso dei geli. L’occhio esperto del maestro sapeva d’acchito vedere in esso il manufat-to da ricavarne, la forma e le caratteristiche che questo avrebbe assunto a lavoro ultimato, una armilla, una cornice, una pietra angolare, una chiave di volta, così come uno scultore sa ravvisa-re nel blocco di marmo la figura che vi è dentro racchiusa.Con bene aggiustati colpi di mazzuola era il pezzo lentamente

liberato dalle parti superflue, sgrossato e modellato secondo la bisogna con lavorio attento di taglioli sempre più affilati e sot-tili fino a giungere all’ultima finitura.Vi era nella successione dei gesti, nel cadenzato ripetitivo so-vrapporsi dei colpi lo scandire dei tempi di un lavoro paziente e uniforme in un continuo e faticoso confronto tra artiere e materia come se l’uno e l’altra cercassero di modellarsi a vicen-da, l’uomo imprimendo forma e dimensione alla pietra, questa foggiando attraverso la gravosità dell’opera polsi, bicipiti, fa-langi di quello quasi conferendo ad essi la propria durezza, gli uomini fatti a guisa di pietra, la pietra resa duttile e cedevole quale carne.Non diversamente, né con minore familiarità e perizia, il ma-stro muratore, suo sodale e compartecipe nell’opera di edifica-zione, manipolava, e manipola tuttora, il concio che gli viene apprestato, rivoltandolo e soppesandolo attentamente, osser-vandolo e studiandolo per stimare quale sia la sua migliore col-locazione nel filare in corso e, più in generale, nel complessivo reticolo murario.A portata di mano, in gran copia subito fuori dalla città nelle cave sulle prime alture, facilmente individuabile lungo i diru-pati scoscendimenti del monte o in superficiali giacimenti af-fioranti appena sotto un leggero strato di humus, a basso costo di estrazione, è da tempo immemorabile a cominciare dagli

di Giovanni Rampini

att

ualit

à

11

A

uomini del neolitico che se ne avvalsero per la edificazione a grandi massi della loro arce sul Calvo fino agli umbri e poi, at-traverso i romani, fino all’evo di mezzo e a quello moderno, che sempre è stata essa la protagonista assoluta della nostra storia, la muta testimone del nostro vivere quotidiano, la povera umi-le sobria dimessa pietra calcarea che quasi sorella potremmo nella nostra secolare povertà considerare. Sopperendo a tutte le necessità quotidiane se ne è fatto impiego per tutti gli usi, anche quelli che a rigore le sarebbero impropri laddove altri materiali, il ferro, il legno, il piombo sarebbero stati più ac-conci, ma troppo costosi per le scarse risorse del tempo. Ecco allora stipi, armadi, credenzini ricavati nell’intradosso di archi così come, sempre nello spessore di muri, pergami e poggioli a servizio di arengari e monastici refettori, ecco battenti di porte e di finestre incardinati entro ralle in muratura, ecco lavabi, fonti, sciacquai ricavati non da marmi o altri pregiati materia-li ma ancora una volta foggiati con il solito calcare, lo stesso impiegato per condurre l’acqua attraverso cunette incavate nel sasso di rupestri acquedotti.Nel suo impiego non si sono operate esclusioni di sorta: esso è stato ritenuto indispensabile per la edificazione delle case degli uomini come per elevare fortificazioni e cinte murarie; il suo aspetto reputato sufficientemente nobile per prestare volto agli imponenti palazzi comunali così come la sua austerità inegua-gliabile per elevare gli animi all’ombra di chiese e cattedrali o per favorire la concentrazione e la meditazione nella solitudine di chiostri e di sacelli.Si direbbe che quasi un tacito sodalizio si sia instaurato fin dal-l’inizio tra uomini e pietre: da un lato ponendosi queste a piena disposizione degli uomini ma anche a stimolarne la fantasia e l’ingegno, dall’altro industriandosi questi ultimi a piegare la rigidità e la saldezza della roccia secondo i propri bisogni, gli uni e le altre stretti in una sorta di simbiosi tale da farli appa-rire come accomunati da una medesima sorte, compartecipi delle secolari vicissitudini della città nel travaglio di rovine e ricostruzioni, assedi e terremoti, umane barbarie e offese di in-temperie.Si è soliti affermare che la casa è lo specchio di chi la abita nel

senso che il suo aspetto e le sue caratteristiche riflet-tono le qualità, le abitudini, la cultura, il gusto di quanti vi vivono, ma è anche vero il contrario e cioè che in qualche misura è essa stessa a contribuire a foggiare il costume dell’uomo. Gli eugubini hanno in gran parte e per lungo tempo continuato a vivere nelle abitazioni che furono dei loro antenati, severe e disadorne abitazioni spesso di pietra viva e a vista anche negli interni, come può ancora osservarsi in talune di esse nei quartieri di San Martino e di San Giovanni. Una certa asciutta sobrietà e austerità di vita, una certa propensione all’essenziale e alla schiettezza così presenti soprattutto nelle tenaci e fiere generazioni popolane di un tempo, non mi sembra azzarda-to ritenere derivassero in parte anche dal carattere delle loro povere ma salde dimore di pietra. Ora con lo straripare della città fuori dalla cinta muraria molte cose sono cambiate: non si può dire che gli eugubini che si sono trasferiti nelle moder-ne e confortevoli residenze dei nuovi quartieri siano diversi da quelli rimasti fedeli ai loro antichi abitati ma è anche vero che qualche cosa è in essi venuto fatalmente a mutare. La distanza fisica prima o dopo non può non finire con il tradursi in una distanza anche affettiva, l’inserimento in un diverso ambiente in un offuscamento di abitudini e tradizioni. Quanto meno non è più loro concesso di continuare a percepire quella inde-finibile e rassicurante sensazione di severa protezione, di salda tutela della propria “eugubinità” che scaturiva dallo stretto e quotidiano contatto con quelle venerande reliquie. Ma so an-che di concittadini che, pur migrati in terre lontane, si son portati appresso nell’animo il ricordo struggente delle loro pie-tre e, vagheggiando più o meno probabili ritorni, non se ne al-lontanerebbero mai più, qualora il sogno si avverasse, per tutta la vita. Solo che fosse possibile sarebbe loro di conforto finir sigillati una volta deceduti in qualche segreto cunicolo a stretto contatto con il nudo calcare fino ad essere da esso riassorbito e annullato. E sopra apposta, valevole per tutti coloro che in qualsivoglia modo son cresciuti in spirito o in corpo di pietra, l’epigrafe, rassicurante più che ammonitrice, “Memento homo quia petra es et in petram reverteris”.

att

ualit

à

12

A

att

ualit

à

13

A

di Pina Pizzichelli

San Marziale

“A Natale? Purtroppo credo non ci sia tempo sufficiente per mettere a punto tutto l’impianto elettrico. Per il resto la nostra chiesa è pronta per essere riaperta a chi vorrà essere con noi per la preghiera delle lodi e dei vespri o a chi vorrà sostarvi per conto proprio in preghiera od anche per una visita turistica. Per la messa non crediamo che verrà celebrata qui, perché ci sono nel raggio di pochi metri già tre altre chiese (S. Antonio, S. Girolamo e S. Agostino) che possono agevolmente offrire questo servizio. A noi questa bellissima chiesa che abbiamo in custodia insieme ad una parte del monastero (circa 1500 mq) è più che sufficiente sia per la nostra preghiera comunitaria sia per chi vorrà frequentarla. Certo abbiamo sperato fino all’ultimo dopo tanti mesi che Gesù Bambino potesse nascere qui in questo Natale; ma speriamo che per l’anno nuovo tutto sarà sistemato per il meglio.”A parlarci in una splendida ed anomala mattina di novembre avanzato è suor Daniela responsabile della piccola comunità francescana, Le piccole ancelle del Piccolo Testamento di San Francesco, nata proprio nella nostra città nel 2006, con la regola approvata dal Vescovo Mons. Mario Ceccobelli. Quattro giovanissime suore, un’altra si aggiungerà al gruppo a gennaio, con una età media di appena 30 anni. Dal dicembre del 2009 le suore occupano una parte adibita a monastero a ridosso della chiesa. Le suore a differenza delle benedettine che lo occuparono fino al 1988 non sono di clausura, ma suore attive a disposizione di tutti coloro che richiedono la loro opera e il loro aiuto, ma principalmente annunciano la parola di Dio secondo lo stile semplice di Francesco.La chiesa, dopo la chiusura definitiva del monastero nel 1988 è stata riaperta in occasione delle riprese della fiction televisiva di Don Matteo nel 1998. Infatti molta della riscoperta di questa parte alta della città si deve proprio a Don Matteo, giunto alla sua VIII serie. “La carta vincente perché la fiction rimanesse a Gubbio – ci dice Paolo Salciarini che ha scritto anche una breve guida storica della chiesa di S. Marziale – fu proprio questo monastero ed anche la chiesa, perché ancora completi, dopo dieci anni dalla chiusura, degli arredi nelle stanze e negli altri locali, dove è stato possibile senza sforzo, sistemare la troupe. Qui registi attori e tutto il resto del personale che costituisce una troupe televisiva ha potuto trovare tutto pronto. Ed in una parte della città ed in un luogo storico di grande bellezza.”Una carta vincente al 95%. E se lo dice lui c’è da crederci, perché Paolo Salciarini ha lavorato per 13 anni con Terence Hill e compagnia. E dal gradimento che Don Matteo continua ad avere tra il pubblico è quasi certa la nona serie.

La chiesa di Don Matteo è in pratica l’unione di due chiese: la facciata della chiesa di S. Giovanni e la chiesa di S. Marziale per ciò che riguarda l’interno. Mentre la canonica è quella vera del parroco di S. Giovanni. Ed anche per questo la chiesa di S. Marziale andrebbe riaperta quanto prima. “S. Marziale è l’attuale denominazione dell’antica chiesa di S. Andrea, le cui prime testimonianze documentarie risalgono alla fine del XIII secolo, anche se si può ipotizzare una sua origine ben più antica. È una delle chiese più antiche della città che dette il nome al Quartiere di S. Andrea entro cui era ubicata...La chiesa fu intitolata definitivamente a S. Marziale quando venne autorizzata dal Papa Clemente VII l’unione della chiesa di S. Andrea al monastero benedettino di S. Marziale con tutte le pertinenze edili e terriere...Entrando dalla porta principale a cui si accede da una gradinata semicircolare, si è colpiti dalla purezza e semplicità delle linee architettoniche romaniche della navata principale. Dal 1528 infatti le monache ottengono di incorporare la chiesa al monastero attraverso la costruzione di una navata minore che si sviluppa a fianco di quella maggiore...Alcuni studiosi ritengono che in origine, sul luogo dove è sorta la chiesa vi fosse un tempio pagano dedicato al dio Marte. A tale proposito è interessante osservare che l’abside di S. Andrea è impostata sopra una più antica struttura costituita da materiali romani reimpiegati e presenti in zona chiaramente visibile all’esterno dell’emiciclo absidale”.Interessante sarebbe ripercorrere la storia delle varie trasformazioni e dei tesori che la chiesa ha accumulato nel corso dei secoli come le reliquie della vergine e martire S.Vittoria ritrovate nelle catacombe di S. Agnese a Roma e traslate a Gubbio nel 1653. “Negli anni 1966-68 la chiesa di S. Marziale è stata restaurata con il preciso intento di riportarla allo stile originario (romanico). Per questo furono rimossi tutti gli altari rinascimentali e barocchi, le decorazioni a stucco, tutti gli apparati lignei con le opere pittoriche; in un sol colpo fu annullato quanto la religiosità e la fede di generazioni di monache aveva stratificato in più secoli, ottenendo altresì un tempio da un fascino unico.” Tutte le parti tra virgolette sono tratte da “la chiesa di S. Marziale in Gubbio - piccola guida a cura di Paolo Salciarini.”

sto

ria a

rte e

cultura

14

A

sto

ria a

rte e

cultura

15

A

Ceri e petroliodi Fabrizio Cece

“La Tramontana”. Un giornale perugino autodefinitosi “libe-ro foglio di vita e costume”. Un foglio periodico ingiallito dal tempo anche se dalla sua uscita non sono trascorsi certo molti anni.La copia omaggio che mi è stata mostrata è datata ottobre 1957. Su quella che può essere considerata la copertina si vede, in bel-la evidenza, la fotografia del palazzo dei Consoli sotto il titolo: “ceri e petrolio”. In fondo alla pagina il sottotito-lo: “Mattei lo nasconde, ma a Gubbio entreranno in fun-zione le sonde!”. All’interno, sulla prima pagina, il titolo dell’articolo: “Oro nero a Gubbio!”. Ce n’era più che a sufficienza per provare ad an-dare a fondo della faccenda. Nell’articolo, scritto da Millo Milletti, si fa un clamorosa ri-velazione frutto di “indiscre-zioni ricevute da fonti sicure, qualificate, molto vicine ai tecnici della SOMICEM” vale a dire della ditta dell’ENI incaricata delle trivellazioni di ricerca, in quel tempo im-pegnata in Umbria. Mattei, prosegue l’articolista, avendo negato alla nostra regione il passaggio del metanodotto voleva però rassicurare gli umbri con una serie di ricer-che atte a verificare l’esisten-za in loco della preziosa fonte energetica. Questa attività di indagine è giudicata poco se-ria perché portata avanti “con mezzi primordiali e soltanto con qualche squadra geofisica”. A Gubbio, però, secondo le indi-screzioni acquisite, i tecnici avevano trovato “una vera e propria falda petrolifera in un appezzamento di terreno di proprietà dei marchesi Barbi ... sotto ad un convento di frati francescani, a mezza costa del monte S. Gerolamo”. Per la definitiva verifica del rinvenimento sarebbe quindi stato necessario procedere a ricerche con mezzi tecnologici più avanzati.

L’articolista resta fiducioso: “Una cosa, però, come dicevamo è certa: che il petrolio c’è”.Milletti, a questo punto, si domanda come mai l’ingegnere Mattei non abbia ancora annunciato questo ritrovamento vi-sta l’abitudine di ENI ed AGIP di sbandierare ai quattro venti ogni minimo rinvenimento di metano e/o petrolio. Secondo

il giornalista la questione è facilmente spiegabile. L’Um-bria, da tempo ritenuta “terra magra” non è stata compresa nel settore delle concessioni acquisite da Mattei il quale aveva lasciato ad altre socie-tà – quale la Montecatini – il compito di esplorare il sottosuolo umbro. Insom-ma, Mattei non aveva preso il monopolio delle ricerche petrolifere in Umbria perché riteneva che qui di petrolio non ce ne fosse proprio. Per sviare l’attenzione i tecnici della SOMICEM negavano qualsiasi rinvenimento di petrolio agli eugubini che domandavano loro se “sotto c’era veramente qualcosa”. Insomma, l’esecuzione di sondaggi adeguati avrebbe presto confermato la notizia del ritrovamento di petro-lio in Umbria, regione nella quale l’ing. Mattei non vole-va cercare nemmeno il meta-no. Fin qui l’articolo.Purtroppo, come ritenuto da Enrico Mattei, a Gubbio

non fu trovato né metano, né petrolio. Nel 1959, però, la SO-MICEM eseguì una perforazione esplorativa regolare alle falde del monte di Casamorcia, a 520 mslm. Dal 24 gennaio al 10 febbraio fu eseguita la trivellazione di un pozzo profondo 231 metri definito gubbio 001. La scheda tecnica disponibile on line riporta molte notizie di carattere geologico sulla carota e, in sintesi oltremodo efficace, l’esito della ricerca: sterile.

sto

ria a

rte e

cultura

16

A

Ripropongo in questa sede, con pochissime modifiche, un mio articolo del 1992 sul «frontespicio» delle Lettere di Vincenzo Armanni, per accrescerlo di una breve ma significativa nota relativa al disegno che Francesco Allegrini realizzò come antiporta della nota opera dell’erudito secentesco eugubino.Così scrivevo allora:

«Le amorevolissime, e replicate esibizioni, che V.S. per sua bontà si compiacque farmi circa il frontespicio per le mie opere da stampare, mi diedero confidenza di pregarla più giorni sono di questo favore: ma non havendo havuta fortuna di sentirne la risposta, ho dubitato, ch’ella, non riputando meritevoli i miei libri, che si honorino con le eccellenze del suo ingegno, e della sua mano, si sia forse pentita di consolarmi di una cosa, che tanto ambisco. Riceva dunque V.S. in buona parte, che hora io la preghi a darmi la risoluzione di ciò, affinché sappia determinarmi a quello, che stimerò più opportuno, perché accelerandosi la stampa dell’Opera, io desidero uscire una volta di questo pensiero. Se ella me ne favorirà, dee accertarsi, ch’io mi obligherò seco in modo non ordinario, e quando no, verrà da me riconosciuto più tosto per effetto della fortuna, che per difetto della sua gentilezza, e le bacio caramente le mani».Con questa bella missiva Vincenzo Armanni (Gubbio, 1608 - 1684) sollecitò garbatamente il pittore Francesco Allegrini (Roma?, 1624 - Roma, 1684) a disegnare l’antiporta delle sue Lettere edite in tre volumi, a Roma e a Macerata, tra il 1663 e il 1674. Il cortese invito sortì l’effetto desiderato, giacché l’Allegrini non solo realizzò il «frontespicio», ma pure un ritratto di Vincenzo Armanni accluso anch’esso alla famosa opera a stampa dell’eugubino. Ambedue i disegni furono incisi a Roma dal calcografo fiammingo Albertus Clouwet (Anversa, 1636 - Napoli, 1679).Se già da tempo sono note agli studiosi sia la missiva dell’Armanni sia l’antiporta delle Lettere, non mi risulta che qualcuno abbia a tutt’oggi tentato di interpretare la complessa iconologia dell’incisione che tanto premeva all’erudito eugubino. Cercherò di farlo in queste righe, avvalendomi di repertori iconologici del tempo come quello, assai famoso, del perugino Cesare Ripa.La figura femminile con cimiero e picca, posta nella parte alta dell’incisione, incarna evidentemente una virtù, da collegare all’opera data alle stampe dall’Armanni. Dovrebbe trattarsi

proprio della Sapienza, in genere rappresentata da Minerva in armatura, con elmo e lancia. Il sole a raggi sul petto di questo personaggio è tipico attributo sapienziale; alla gloria credo rimandi il serto di alloro che cinge la borgognotta.Tale figura allegorica è intenta a consegnare ad un personaggio femminile alato un drappo che reca, con tipica pointe barocca, il titolo del libro e il nome dell’autore. Chi riceve il fluente rotolo altri non è che la Fama. Ha in mano una tromba dritta, a significare «il grido universale sparso per gl’orecchi degl’huomini». Le sue ali sono cosparse di occhi, che evidenziano la penetrante saggezza del personaggio. Sopra questa figura, sullo stilobate della colonna che appena

Ancora sul «frontespicio» delle Lettere di Vincenzo Armanni

di Ettore A. Sannipoli

Albertus Clouwet, su disegno di Francesco Allegrini, Frontespizio delle Lettere di Vincenzo Armanni, 1663 ca. Gubbio, Biblioteca Comunale Sperelliana.

sto

ria a

rte e

cultura

17

A

s’intravede, in secondo piano, è riprodotto lo stemma degli Armanni (un capriolo d’argento con tre rose dello stesso metallo una al centro e due sopra in campo azzurro). Una coltre di nubi separa queste figure da quelle poste nella parte inferiore dell’immagine. Qui sono rappresentati tre personaggi negativi, vinti dal dotto Vincenzo con l’opera letteraria da lui composta. Il vecchio barbuto che si vede sulla sinistra è il Tempo. Il suo corpo è coperto soltanto da un perizoma. Regge con la sinistra una clessidra (che allude al rapido fuggire dei giorni e delle ore); con la destra tiene invece una falce, presso la quale sono visibili lacerti anatomici (la falce serve infatti a recidere la vita dell’uomo). Si appoggia infine a un capitello, che forse sta a simboleggiare «una ruina», poiché il tempo «strugge, guasta, consuma, & manda per terra tutte le cose senza spesa, & senza fatica». È ovvio che con le Lettere Vincenzo Armanni vinse questo distruttore di ricordi.

C’è poi una donna decrepita e anguicrinita che sta mangiando il suo cuore. Si tratta dell’Invidia: «si dipinge vecchia, perché, per dir poco ha havuto lunga, & antica inimicizia con la virtù; Ha pieno il capo di serpi, in vece di capelli, per significatione de’ mali pensieri, essendo ella sempre in continua rivolutione de’ danni altrui, e apparecchiata sempre a spargere il veleno ne gl’animi».L’ultimo personaggio è un giovane seminudo disteso a terra «tutto sonnacchioso», ed «appoggiato col gomito sinistro sopra d’un Porco». La figura impersona il vizio dell’Ozio. «Giovane di dipinge, come quello, che non hà esperimentato l’incomodità della vecchiezza. Si appoggia ad

un Porco, perché l’otioso nella conversatione de gl’altri huomini, è simile al porco, per la viltà e dappocaggine sua. È ben pasciuto, infine, «per i pochi pensieri, i quali non danno noia per la troppa occupatione del pensiero, & dell’intelletto, alla dilatatione del sangue per le membra».Insomma, al di là delle difficoltà interpretative per un fruitore di oggi, non più abituato a un modo così concettoso e allegorico di comunicare, il messaggio risulta oltremodo chiaro: il sapiente Vincenzo Armanni, con le sue Lettere, oltre ad assicurarsi la gloria e la fama, a scapito dell’azione distruttrice del tempo, riuscì a vincere l’invidia degli altri e si oppose alle lusinghe dell’ozio.Rimane da precisare una sola cosa. Visto che lo scrittore, nella sua lettera a Francesco Allegrini, si riferisce sì all’eccellenza della mano del pittore ma anche a quella «del suo ingegno», è da credere che l’artista eugubino non solo abbia eseguito materialmente la raffinata allegoria, ma l’abbia pure ideata. È questa soltanto una congettura, ma assai coerente col ruolo di «professore del disegno» che già da qualche tempo, sulla scorta delle prime Accademie, si stava diffondendo in Italia e in Europa, elevando rispetto al passato la figura sociale dell’artista.

Fin qui l’articolo del 1992.A incoraggiamento dell’ipotizzata ideazione dell’allegoria da parte dell’Allegrini, viene ora un disegno a penna e inchiostro bruno (cm 15,3 x 13,3; inv. n. 80.2.254) che ho potuto rintracciare tra quelli conservati al Metropolitan Museum of Art di New York, attribuiti per l’appunto al nostro artista. Esso ci presenta una scena talmente simile a quella del «frontespitio» delle Lettere da rendere verosimile l’identificazione di questa prova grafica con uno schizzo (o comunque un ‘primo pensiero’) del pittore secentesco relativo all’allegoria finora esaminata, che egli andava progressivamente definendo.Ben riconoscibili risultano le figure della Sapienza e della Fama poste in alto, anche se ancora mancano sia il fluente cartiglio sia lo stilobate in secondo piano con lo stemma dell’erudito di Gubbio. Più ardua risulta l’identificazione delle tre figure visibili in basso, alcune delle quali solo sommariamente abbozzate. Si distingue bene quella che rappresenta l’Ozio, posta al centro della scena e giacente sul dorso di un Porco. È comunque proprio l’indefinitezza di certi dettagli e l’assetto palesemente provvisorio della composizione a testimoniarci lo sforzo ideativo operato dall’Allegrini nella progressiva puntualizzazione di questa allegoria alla quale Vincenzo Armanni teneva tanto.

Bibliografia essenzialeE.A. Sannipoli, Il «frontespicio» delle «Lettere» di Vincenzo Armanni, in «A Gubbio Informatutto», a. VI (1992), n. 3, pp. 19-21; C. Ripa, Iconologia, edizione pratica a cura di P. Buscaroli, prefazione di M. Praz, Milano 1992; M. Nocella, Flaminio e Francesco Allegrini. Novità documentarie e aggiunte al corpus delle opere, Città di Castello 2007; http://www.metmuseum.org/Collections/search-the-collections/90005090.

Francesco Allegrini (attr.), disegno per il Frontespizio delle Lettere di Vincenzo Armanni, 1663 ca. New York, Metropolitan Museum of Art, inv. n. 80.3.254.

sto

ria a

rte e

cultura

18

A

Nel clima di rinnovato interesse per l’antica maiolica del ducato di Urbino, instauratosi poco dopo la metà del Settecento, anche a Gubbio ripresero gli studi sulla ceramica locale del Rinascimento e si effettuarono le prime ricerche sulle testimonianze reperi-bili nelle collezioni del posto.Pioniere in questo campo fu Gian Girola-mo Carli (Ancaiano, 1719 – Siena, 1786) che, in due lettere del 1756 indirizzate al cardinale Giovan Francesco Stoppani, rac-colse informazioni su Giorgio Andreoli e su suoi lavori conservati in Gubbio. Le re-gistrazioni di Carli riguardano una quaran-tina di opere di Mastro Giorgio e circa 50 pezzi di altri autori, per lo più ignoti. Per ciascun esemplare egli riportò le dimen-sioni, descrisse i soggetti e i motivi orna-mentali, annotò i colori e i lustri, trascrisse iscrizioni, date e monogrammi, riferì il nome del proprietario.Fin da quando, nel 1989, resi pubblico questo interessantissimo documento, si registrarono tentativi per identificare le ceramiche elencate nelle lettere del Carli, tra quelle a noi pervenute in raccolte pub-bliche e private. Faccio alcuni esempi. Un piatto del faentino Baldassarre Manara con La resurrezione di Cristo (Carli, II, 17) fu rintracciato da Carmen Ravanelli Guidotti (1996, pp. 101, 188) al Victoria and Al-bert Museum di Londra (inv. 62-1876). Una coppa a lustro con Il sacrificio di Cur‑zio (Carli, I, 6) fu da me (2004, p. 178) avvicinata a quella di analogo soggetto conservata nel Musée de la Renaissance di Ecouen (inv. Cluny 1938). E già per altre vie Jörg Rasmussen (1989, p. 206) aveva rinvenuto al Metropolitan Museum of Art di New York (inv. 1975.1.1103) il piatto di Mastro Giorgio già in collezione Ranghia-sci con Cristo nella casa di Simone il fariseo (Carli, I, 26).In questa sede intendo proporre altre iden-

tificazioni che si possono ritenere certe o comunque – a mio giudizio – molto vero-simili. Elencherò le opere in ordine crono-logico, con il riferimento al museo (MET sta per Metropolitan Museum of Art, New York; PET per Musée du Petit Palais, Pari-gi; VAM per Victoria and Albert Museum, Londra) e riportando, in calce all’immagi-ne di ciascuna ceramica, il relativo brano scritto da Gian Girolamo Carli.

1.VAM, inv. 7692-1861 (dalla coll. Soulages)

Carli, II, 2:

«Sappiate che ho ritrovato presso il Signor Rocco Brizzi 2. altri Piatti. […] Il secondo è un Piattello, ove è dipinta una battaglia, o piuttosto un incontro di alcuni Cavalie-ri erranti: vi sono 6. figure, fra’ colori vi è molto rosso a oro, e giallo a oro ma troppo vivi, ed uguali, onde si vede che Giorgio peranche non avea trovato il modo di di-gradarli, e ombreggiarli, come fece mira-bilmente nelle pitture posteriori; nel dise-gno, se guardasi al tutto insieme, vi è del grandioso, ma se a cosa per cosa, del secco; di dietro sono in rosso a oro pendente al giallo varj fregi, e quest’iscrizione»:

1522 / M. G. [in facsimile]

2.VAM, inv. 7679-1861 (dalla coll. Soulages)

Carli, I, 17:

«Io [Gian Girolamo Carli] ho un Piatto di più di mezzo braccio di diametro, che in giro ha bei fiorami in forma di acanto con colori giallo a oro, rosso a oro, turchino, e verde; dipoi ha una larga striscia di giallo a oro; in fondo ha puramente l’Arme di una Famiglia: di dietro in giallo a oro è scrit-to»:

1525 / M°.+.G° [in facsimile]

3.VAM, inv. 7691-1861 (dalla coll. Soulages)

Carli, I, 24:

Per l’identificazione di alcune maioliche descritte da Gian Girolamo Carli

di Ettore A. Sannipoli

sto

ria a

rte e

cultura

19

A

«Il Signor Don Giuseppe Cecchetti Cap-pellano del Magistrato ha un Piattello, in cui nel giro sono su fondo turchino rabe-schi di rosso a oro, di giallo a oro, e di ver-de; in mezzo su fondo di giallo a oro è un Cupido a chiaro oscuro, che scherza con un panno di rosso a oro: di dietro rabeschi di giallo, e rosso a oro, ed in mezzo in rosso a oro»

1526 / M° G / da ugubio [in facsimile]

4.VAM, inv. 8399-1863 (dalla coll. Soulages)

Carli, I, 22:

«La sopradetta signora Lazzarelli [Vitto-ria Ranghiasci Lazzarelli] ha altra piccola sottocoppa, in cui si vedono colori rosso vivissimo, e ben ombreggiato a oro, giallo vergato a oro, e color di carne: in bellissimo disegno vi è Abramo colla spada sguainata, che manda avanti il figliuoletto ignudo, il quale porta la legna; in lontananza è fat-to lo stesso Abramo in atto di sacrificare Isacco; di dietro sono in rosso a oro fregi, e quest’iscrizione»:

1526 / M° G. / da ugubio [in facsimile]

5.MET, inv. 1975.1.1098 (coll. J. Pierpont Morgan)

Carli, App., 2:

«Nel 1760 presso un certo Mori mio scola-ro ho veduto un piccolo piatto in forma di sottocoppa, che di dietro ha varj fregi a oro assai vivo; e nel fondo, parimenti a oro, ma con caratteri, che nella cotta hanno patito, onde difficilmente si distinguono»:1527 / M Giorgio / dā ugubio [in facsimile]«Davanti ha una bellissima santa Vergine, che trae da una spelonca un serpente le-gato, ponendoli un piede sul collo, e colla sinistra ha la palma. Del paesaggio intorno. Non molto giallo a oro, del rosso di rubi-no nel manto. Tutto insieme bel disegno, e carnagione naturale. Mi piace assai».

6.VAM, inv. 7688-1861 (dalla coll. Soulages)

Carli, I, 28:

«Il più volte nominato Signor Abbate Ton-di mi ha mostrato un Piattello, che davan-ti ha in giro su fondo turchino vivissimo intrecci vaghissimi d’istromenti militari a chiaro oscuro con filetti di giallo a oro, e fettucce di rosso a oro; in mezzo a chiaro oscuro un bellissimo fanciullo ignudo, che ha un trampolo per mano, e tiene svolaz-zante intorno alla vita un panno rosso di-verso da quello a oro, e che par fatto a olio; di dietro fregi di giallo, e rosso a oro, ed in mezzo in rosso a oro»

1537 / M°. G. [in facsimile]

7.PET, inv. ODUT01111 (dalla coll. Dutuit)

Carli, I,6:«Il Nobile Signor Girolamo Raffaelli ha un piatto di mezzo braccio di diametro colle figure di Giuseppe, e della moglie di Pu-tifar: vi è bella architettura, e nelle figure molt’espressione, bel panneggiare, bella fi-sionomia di Giuseppe, brutta della donna,

e tutt’insieme buon disegno, benché vi sia in qualche luogo qualche piccola storpiatu-ra; i colori sono giallo a oro, rosso a oro, e bei turchini, e verdi».

Altre identificazioni potrebbero fin d’ora essere avanzate, ma con un margine più consistente di dubbio. Per fare solo un esempio, il piatto inv. 7685-1861 del Victoria and Albert, con un putto entro un decoro «par enlevage sur fond bleu», sigla-to da Mastro Giorgio nel 1526, potrebbe essere quello descritto dal Carli nella prima lettera al numero 25 o fors’anche quello al numero 23. Ciò mi consiglia di tenere per il momento tali maioliche ‘in quarantena’, nella speranza che nuovi elementi emer-gano dalle ricerche in atto per chiarificare sempre meglio la loro antica provenienza.

Bibliografia essenzialeB. Rackham, Victoria and Albert Museum. Ca‑talogue of Italian Majolica, Londra 1940 (II ed. 1977), pp. 220, 226, 230, 231, 237, 238, 239; C. Join-Dieterle, Musée du Petit Palais. Catalogue de Céramiques I: Hispano‑Mauresques, majoliques ita‑liennes, Iznik, des collections Dutuit, Ocampo et Pierre Marie. Parigi 1984, pp. 204-206; E.A. Sannipoli, “Sulle Pitture in Majolica del Ducato d’Urbino, e specialmente di Gubbio” (1756) di Gian Girolamo Carli, in C. Fiocco, G. Gherardi, Ceramiche umbre dal Medioevo allo Storicismo. Parte Seconda, Faenza 1989, pp. 608- 628; J. Rasmussen, The Robert Lehman Collection. X. Italian Majolica, New York 1989, pp. 198-199, 204-206; C. Ravanelli Gui-dotti, Baldassarre Manara faentino pittore di maio‑liche nel Cinquecento, Ferrara 1996, pp. 101, 188; E.A. Sannipoli, scheda su Il sacrificio di Curzio del Musée de la Renaissance di Ecouen, in La ceramica umbra al tempo del Perugino, a cura di G. Busti e F. Cocchi, catalogo della mostra di Deruta, Cinisello Balsamo (Milano) 2004, pp. 178-179.

sto

ria a

rte e

cultura

20

A

Niente può rimanere a chi sceglie solo di vedere

La Gubbio del periodo altomedievale è poco conosciuta: del periodo romano rimango-no tracce evidenti come il teatro, il limes e l’area archeologica della Guastuglia, la Gub-bio bassomedievale è ancora in buona parte sotto i nostri occhi, ma il lungo periodo sto-rico che intercorre tra la fine dell’epoca im-periale e quella comunale ha lasciato scarse tracce e per questo è circondato da leggende e pregiudizi.Nella “Cronica della città d’Ugubbio” scritta da fra Girolamo Maria da Venetia e risalen-te al XVI sec. leggiamo che la città, dopo il periodo delle invasioni barbariche “... fu del tutto depredata e quasi dalli fondamenti riversata o rovinata, per modo che li nobili e cittadini, essendo stati per la maggior parte occisi, e li restati fuori d’Italia fuggiti, li po-veri plebei rimasti nelle caverne e monti ad habitare si ridussero”. L’immagine è quella di una comunità terro-rizzata, dispersa, talmente arretrata da essere tornata a vivere nelle grotte. Corrisponde al vero questa descrizione? Esistono tracce del passaggio dalla Gubbio romana a quella me-dievale? In che modo l’egemonia bizantina ha influenzato questo passaggio? Quali ne sono le tracce pervenuteci?Sebbene l’aiuto delle testimonianze sia vera-mente modesto, abbiamo tuttavia in mano elementi che ci permettono di rispondere ad alcune di queste domande e ci suggeriscono un’immagine abbastanza diversa da quella tramandata.Se è vero che dopo i periodi più duri del-l’alto-medioevo la città di Gubbio è ridotta di dimensioni e profondamente cambiata, possiamo farci l’idea di una comunità eco-nomicamente e socialmente ancora viva e vi-vace, frutto dell’incontro di culture diverse: romana, longobarda e bizantina.Con la guerra greco-gotica che durerà circa

venti anni (535-553), l’imperatore Giusti-niano riuscirà a unire di nuovo quasi tutta l’Italia con la parte orientale dell’impero. Gubbio rimarrà nella sfera bizantina anche dopo l’invasione dei Longobardi. I domini bizantini dell’Italia centrale sono costitui-ti dai seguenti territori: Ducato di Roma, Ducato di Perugia, Pentapoli annonaria (Urbino, Fossombrone, Jesi, Cagli, Gub-bio), quella marittima (Rimini, Fano, Pesa-ro, Senigallia, Ancona), Esarcato di Raven-na. Questa situazione (malgrado le ripetute invasioni seguite da rapide ritirate) rimane a lungo stabile, con Gubbio inserita nella sottile fascia territoriale, chiamata “corri-doio bizantino”, passo transappenninico che unisce Roma e Ravenna. L’importanza che Gubbio riveste in questo periodo è proprio dovuta al fatto di essere uno dei capisaldi di questo fondamentale tramite viario.Infatti la strada consolare Flaminia, nel suo percorso da Roma a Rimini, è ormai inuti-lizzabile ed il ponte sul fiume Nera, vicino Narni, che è crollato, non viene ricostruito.Questo asse decorre infatti, per buona par-te, nel territorio longobardo del Ducato di Spoleto e ciò lo rende praticamente inser-vibile. L’unica arteria vitale all’interno dei territori bizantini coinvolge la via Amerina che da Amelia per Todi e Perugia, raggiunge Gubbio. Da qui per il Castrum Luceoli (l’at-tuale Pontericcioli) si immette nuovamente nel tracciato della Flaminia. Durante questo periodo bizantino Gubbio cambia nuovamente sede. La città umbra era abbarbicata alle pendici del monte, tutta al di sopra del Camignano e probabilmente dotata di cinta muraria. Nel periodo roma-no ed imperiale l’abitato si era spostato oltre il Camignano, in pianura, e a parte il limes era senza mura (la “pax romana” garantiva i foederati). Con l’arrivo dei barbari le vicende si com-plicano. Anche se non c’è alcun documento scritto delle distruzioni operate dagli Eruli e dai Goti, per Gubbio la posizione in pianura

non è più difendibile e c’è bisogno di ritirarsi dietro il fiume. Anche Narsete avrebbe aiu-tato gli eugubini nella riorganizzazione della città e avrebbe collocato una fortificazione sopra i resti della antica Arce Fisia umbra. La maggior parte degli storici inoltre è concor-de nel ritenere che proprio i bizantini avreb-bero trasformato l’antico Teatro Romano nel Pellagio, termine che deriva dal greco bizan-tino Περελασιον da cui perilasio o pellagio che designava una fortezza circolare.Gubbio, nel suo riposizionarsi, non segue il destino di quelle città che per motivi esclu-sivamente difensivi si retraggono intorno ad un nucleo fortificato, magari pre-romano. é quanto accade ad Orvieto che, in età classica, abbandona la rupe e si localizza nella pianu-ra sottostante, ma successivamente ritorna sull’antico sito etrusco divenuto dopo l’epo-ca romana l’Urbs Vetus (da cui Orvieto), la città vecchia. Uno sviluppo dettato esclusi-vamente da opportunità di tipo difensivo avrebbe comportato per Gubbio il ritorno entro la cinta muraria umbra, di cui ancora rimanevano resti localizzati all’incirca al di sopra della scarpata di via XX settembre.La nostra città obbedisce invece a uno sche-ma diverso, a testimonianza del fatto che non fu imposto da esclusivi criteri difensivi, ma sotto la spinta di precise esigenze eco-nomiche.La funzione della città era profondamente mutata rispetto ai secoli precedenti. Già in

Gubbio Bizantinadi Lucia Finori

sto

ria a

rte e

cultura

21

A

epoca romana le classi dirigenti si erano progressiva-mente ritirate dalla città e rifugiate nei loro latifon-di rurali. Il fenomeno continua anche sotto Goti, Longobardi e Bizantini. Così nella città rimangono le classi artigianali e mercantili con al loro fianco le strutture della nascente chiesa romana. Accanto a queste si insediano i funzionari designati dai vari do-minatori di turno. La città si retrae dietro al corso del Camignano che costituisce un buon argine difensivo e si frammenta organizzandosi intorno a vari poli di aggregazione, ognuno con propri interessi politici, economici, religiosi. Sulla base di quanto ricostruito da P. Micalizzi possiamo immaginar-ci una città così organizzata. Esistono due nuclei urbani principali: il primo popolare-artigianale in basso, intorno alla cattedrale di S. Ma-riano (verosimilmente in corrispondenza dell’attuale chiesa di San Giovanni); il secondo, in alto, alle pendici del monte in corrispon-denza dell’attuale Palazzo Ducale, riferibile alla corte altomedievale. Accanto a questi, due poli sub-urbani costituiti dalla fortezza del teatro romano e dalla chiesa-convento dei SS. Apostoli corrispon-dente alla zona dell’attuale chiesa di San Pietro.Il ritrovamento di sarcofagi bizantini con chiari influssi longobardi nell’area di Porta degli Ortacci, in prossimità dei resti delle terme romane, testimonia che l’insediamento d’età imperiale era comple-tamente abbandonato e la città romana ormai veniva utilizzata come luogo di sepoltura. Quali sono le caratteristiche di questi nuclei abitati? Il nucleo “ecclesiastico-popolare” è quello più consistente, caratteriz-zato dal concentrarsi delle attività artigianali favorite dalla presenza del Camignano che offriva protezione, ma anche supporto alle atti-vità economiche, in particolare alle lavorazioni della lana (si collo-cheranno in questa stessa area anche in epoca comunale). Per queste classi sociali la chiesa romana rappresenta l’elemento aggregante e la guida. Da una lettera inviata da apa Innocenzo I al vescovo De-cenzio nel 416, possiamo farci un’idea abbastanza precisa di come già a quell’epoca la chiesa eugubina fosse ben organizzata con un “episcopo” (si fa riferimento anche ai suoi predecessori), che guida un clero e nuclei parrocchiali già istituiti nelle zone rurali. L’autorità

della chiesa aumenterà nel tempo arricchita dalla presenza in città delle spoglie di alcu-ni martiri provenienti dall’Africa, come i santi Mariano e Giacomo le cui reliquie verranno custodite nella cripta della vec-chia cattedrale che come già ricordato doveva essere situata nell’area dell’attuale chiesa di San Giovanni.Accanto al nucleo ecclesiastico-popolare la presen-za di un secondo nucleo urbano, localizzato nell’area dell’attuale Palazzo Ducale, la possiamo ipotizzare dal ritrovamento in questa zona di reperti archeologi-

ci che testimoniano un’alternanza di elementi bizantini e longobardi, quindi era abitato probabilmente dai funzionari che i dominatori di turno imponevano alla città.L’importanza dell’elemento bizantino è dimostrata dalla presenza di varie vestigia; oltre alla già citata fortezza del Teatro Romano ci sono reperti scultorei (sarcofagi ed una testa conservata nel Palazzo dei Consoli che secondo alcuni studiosi rappresenterebbe Narsete) e la testimonianza del “Codice Bavaro”. Questo codice di papiro conser-vato a Monaco, rappresenta una sorta di raccolta di atti notarili in cui sono contenuti i documenti patrimoniali della Chiesa di Raven-na. Da essi si desume la presenza a Gubbio di una chiesa dedicata a S. Apollinare, santo protettore di Ravenna (un’area del territorio eugubino conserva ancora il toponimo). Nel codice si testimonia inoltre la presenza di un Rectorio (sede amministrativa della chiesa ravennate) localizzato nella chiesa di San Secondino corrispondente all’attuale chiesa di San Secondo. In conclusione possiamo dire che l’idea che ricaviamo da queste co-noscenze è quella di un periodo troppo spesso descritto con toni ingiustamente cupi e che per Gubbio non rappresenta soltanto un’epoca di decadenza e imbarbarimento. Come spesso accade il mescolarsi di varie etnie e culture non ha provocato solo distruzioni, ma anche una vitalità culturale, un rinnovamento artistico, un certo fervore economico su base artigianale che getteranno le fondamenta per la successiva, intensa fase comunale, l’età più gloriosa della no-stra amata città.

Vita d

ell’

asso

cia

zio

ne

22

A

Rinnovo del Consiglio direttivo 2011/2014I soci del Maggio Eugubino hanno espresso le proprie preferenze per il rinnovo del Consiglio direttivo dell’Associazione.A questo punto dello scrutinio e in concomitanza con lo scadere dei tempi per aggiornare tutti i soci nell’edizione natalizia del nostro periodico, siamo in grado di pubblicare soltanto la rosa dei nomi dei soci più votati, senza conoscere, al mo-mento le loro intenzioni, senza sapere, chi e quanti di essi accetteranno la nomina come da procedura statutaria.La Direzione del giornale e la Presidenza dell’Associazione invieranno a tutti i soci notizie aggiornate attraverso le apprez-zate “News letters”, ma anche nel sito del Maggio Eugubino www.maggioeugubino.com, che ricordiamo è sempre a vostra completa disposizione.

Barbetti FrancescoBarbi AdolfoBedini GiampieroBei MassimoCancellotti MarcoCicci ItaloFarneti RiccardoGini UbaldoLupini LucioPascolini Giulio CesarePizzichelli PinaProcacci SilviaRagni Cesare FaustoRogari CarloSannipoli EttoreSatiri RobertSollevanti GiancarloStirati Luciano FabioTraversini Giuliano

Associazione Maggio EugubinoElenco Soci Votati Per Triennio 2011-2014

Associazione Maggio EugubinoElenco Probiviri votati 2011- 2014:

Marchetti MarcoOrsini LeoSalciarini Carlo

Associazione Maggio EugubinoElenco Sindaci Revisori votat 2011- 2014:

Caldarelli Ezio MariaFarneti RiccardoTinti Marco

A

Vita d

ell’

asso

cia

zio

ne

23

«Invio a vostra eccel-lenza un occhialino per vedere le cose minime, del quale spero che ella sia per prendersi gusto e trattenimento non pic-colo, ché così accade a me». […] «C’è da con-templare infinitamente la grandezza della natu-ra, e quanto sottilmente ella lavora, e con quanta indicibil diligenza». È quanto scrive Galileo Galilei a Federico Cesi, fondatore del-l’Accademia dei Lincei, a proposito del microscopio da lui costruito.Oggi, grazie al progresso della tecnica fotografica, e macrofo-tografica in particolare, è possibile fissare in immagini soggetti molto piccoli tramite forti rapporti di ingrandimento. Così la meraviglia di «contemplare infinitamente la grandezza della natura» con «un occhialino per vedere le cose minime» è di-ventata patrimonio comune. Ma non per questo viene meno il fascino sempiterno della scoperta di universi inaspettati, che si manifestano grazie all’ingrandimento di pregnanti partico-lari di opere e cose.In questa mostra eugubina, Mario Pierotti ci presenta una scelta essenziale delle sue fotografie d’arte, che si aprono sulle dimensioni fantastiche del molto piccolo.Un universo parallelo, fatto comunque degli stessi elementi di cui è composto il nostro.Aria, acqua, fuoco e terra.La combinazione di acqua e terra è alla base delle macrofoto-grafie che rappresentano fragili lastre gelate sul terreno, con-traddistinte da un dinamismo da fluido raggelato, con strie che sembrano quelle prodotte dai clasti morenici sulla super-ficie di un ghiacciaio.La combinazione di aria e fuoco è invece alla base delle carte combuste, osservate da vicino mentre sono in corso irreversi-bili processi ossidoriduttivi. Radiazioni luminose arricchisco-no di calde tonalità giallo-arancio una materia ridotta sempre

più all’univoco grigio un po’ metallico delle carte incenerite.C’è infine la combinazione di acqua, aria, fuoco e terra. È quella che produce, con segreta alchimia, le belle maioliche che Pierotti ha fotografato da vicino. Gli accattivanti partico-lari delle superfici di tali ceramiche, molte delle quali sono di artisti eugubini, ci restituiscono, in piccolo, ‘vedute’ e ‘pano-rami’ surreali che paiono ignei, aerei, marini, terrestri. È un susseguirsi di immagini astratte che risucchiano l’osservatore in vortici colorati e in atmosfere da sogno, in lande ribollenti e in spazi nebulosi. Esse ci fanno assaporare da vicino il fasci-no della terracotta ricoperta di smalti luminosi e splendenti: l’opalescenza dei lustri ai resinati, le cangianze metalliche, le riflessature dorate, la brillantezza delle cristalline, le gocce vi-tree prodotte dalla tecnica dello ‘scanso’. Tutti gli effetti della diffrazione e della riflessione della luce su superfici con lu-centezza metallica si combinano così con i colori dominanti e accessori degli smalti, sovrapponendosi a essi e originando sfavillii improvvisi o veli madreperlacei su una policromia a volte delicata, a volte vivida e di forte impatto timbrico.Come se queste foto fossero quadri di raffinati pittori infor-mali del secondo Novecento. Ettore A. Sannipoli

Mario Pierotti, Macro. Sensazione, Colore, Forma. 2. Gubbio, Galle-ria del Palazzo Della Porta, 29 ottobre – 13 novembre 2011.

Fotografie di Mario Pierotti

Vita d

ell’

asso

cia

zio

ne

24

A

Presentato il libro “L’orologio della Torre antica”, di Alfredo Betocchi

Torna di moda l’amore. Torna di moda l’avventura, ma quella di vecchio stam-po, quella con cavalieri e streghe, dame e maghi. E

la storia si fa ancora più interessante se a ispirar-la è un sogno. Un sogno fatto da bambino, un incubo dell’autore, per la verità, che lo vedeva protagonista di un inseguimento da parte di un losco individuo che brandiva un coltello. L’am-bientazione di quell’incubo, una torre di pietra e l’intensità delle emozioni, hanno suggerito allo scrittore la trama della storia fantastica. Senza raccontarne i particolari, la storia nel suo insie-me è molto articolata, svela una vera e propria storia d’amore lunga seicentosettantatre anni di due coppie di innamorati, l’una vissuta nel XIII secolo colpita da un tragico episodio, l’altra vissuta in tempi moderni. Il fatto doloroso che

coinvolse i due innamorati del 1200 finisce per trascinare dentro un’avventura straordinaria an-che la coppia moderna, intorno alla Torre antica pervasa di magia. Da sottolineare l’intelligente e sensibile scelta di concepire i personaggi forti delle loro capacità, senza ricorrere ad aiuti esterni come la tecnologia. Gli ospiti intervenuti presso la sala del refettorio della Biblioteca Sperelliana durante la presentazione del libro, hanno colto la sottigliezza di certe scelte dell’autore, idee al-quanto originali che vi lasciamo scoprire. Solo un brevissimo accenno relativo alla figura della donna, va segnalato e rimarcato.Alfredo Betocchi è un socio del Maggio Eugu-bino. Nasce ad Atene e vive a Firenze con la sua famiglia, sposato ad un’eugubina verace, con cui trascorre ogni estate a Gubbio, città che vive nei suoi aspetti culturali e folkloristici con intensa passione.

A prima vista, dalla copertina si potrebbe desumere che sia un libro tecnico, un manuale del perfetto combat-tente dell’aria, “…di quelli cattivi”, usando le parole dello stesso. Aprendolo si arriva a toccare il cielo attra-verso i dettagliati ricordi descritti d’un fiato, lo stesso fiato che rimane sospeso travolto dall’adrenalina. Ed eccoci ritrovarsi a leggere come rapiti dalle esperienze di volo del pilota militare, il Colonnello Walter Pausel-li, avviati se, come me, profani del volo tecnico, verso un mondo sconosciuto e completamente coinvolti se, come certi altri, competenti in materia, scoprendo allo stesso modo quanto il tempo sia effimero quando si vola

a certe velocità e in situazioni di estremo perico-lo, situazioni che richiedono l’attenzione più viva e le reazioni più veloci. E scoprendo perfino quanta umanità ci sia dentro a quelle macchine. L’autore attraverso le esperienze vissute svela come queste abbiano marcato la sua vita, lo abbiano librato nel cielo e ricondotto a terra, mantenendo costante la passione dell’uomo e la responsabilità del pilota, dividendolo tra la meraviglia del volo e l’adrenalina del rischio, la difesa dei popoli e il compimento del proprio dovere. “Convivere con l’adrenalina” è un auspicio di vita.

“Convivere con l’adrenalina” di Walter Pauselli Col.pilota

A

Vita d

ell’

asso

cia

zio

ne

25

L’ultima “avventura” per i Ceri è stato l’inserimento in una lista civica come logo (poi ritirato). Ma di “avventure” di questo

Che ne pensate?

La ricostruzione della replica dello Studiolo del Duca Federico nel Palazzo Ducale di Gubbio è stata una delle più grande sfide affrontate dall’Associazione Maggio Eugubino. Questo capolavoro del Rinascimento italiano che era stato smembra-to, senza più speranza di riunificazione, in importanti musei di New York, Londra e Berlino, ha rivisto di nuovo la luce come era e dove era. A questo proposito, nel sito web del Maggio Eugubino, è sta-to recentemente inserito un testo diviso in 18 sezioni, a cura del Dr. Vincenzo Ambrogi, corredato da oltre 100 figure, che descrive le caratteristiche dell’opera e che vuole rispondere alle critiche mosse su alcune decisioni prese nel disporre i vari ele-menti compositivi dello Studiolo; scelte che spesso non sono state allineate con le teorie attualmente vigenti. Al testo in italiano si associa una analoga parte in inglese, che vuole dare un carattere più universale al messaggio. L’operazione vuole essere il primo atto di una serie di azioni che tenderanno a reclamizzare, nella maniera più ampia possi-bile, questa magnifica opera, realizzata da grandi artisti locali, e che prevederanno anche l’uscita di alcune pubblicazioni a mezzo stampa, su tutte le problematiche della realizzazione.

Lo Studiolo on line a cura di Ambrogi

CERO DI SANT’ANTONIO - saggio di pulitura

CERO DI SANT’UBALDO - saggio di pulitura

Tornano le borse di studioSaranno consegnate mercoledi 14 dicembre, alle ore 10.00, all’Aula Magna del Liceo Artistico, in Via dell’Arboreto le Borse di Studio organizzate dall’Associazione Maggio Eugubino e dalla società Co-lacem.La cerimonia di consegna è giunta alla ventiseiesima edizione e vedrà premiati i migliori studenti degli ultimi trienni delle scuole medie superiori del territorio.Prima della cerimonia, moderata dal dirigente scolastico dell’Istituto “Giuseppe Mazzatinti”, Dario Missaglia, interveranno Lucio Lupi-

ni, presidente Associazione Maggio Eugubino; Carlo Colaiacovo, amministratore delegato Colacem SpA, Mons. Mario Ceccobelli, Vescovo di Gubbio e Diego Guerrini, Sindaco di Gubbio. L’invito esteso a tutti i soci dell’Associazione e a tutta la cittadinanza testi-monia ancora una volta la vicinanza dell’Associazione ed in questo caso dell’azienda Colacem al mondo della scuola. La consegna delle borse di studio cerca di stimolare gli studenti meritevoli a perseguire quel fine sociale che sarà patrimonio culturale e risorsa non solo per la nostra città.

A

vita

citta

din

a

27

La tiroide è femminileVerrebbe voglia di dire valutando le ri-sultanze statistiche del mese dedicato alla prevenzione dei tumori della tiroi-de promosso dalla AELC (Associazione Eugubina per la Lotta contro il Can-

cro), in collaborazione con la ASL 1, sia sulla base della partecipazione che dei dati diagnostici. L’una e gli altri analizzati e comunicati nel corso di un convegno svoltosi al Park Hotel ai Cappuccini, cui sono intervenuti mol-

ti sanitari e cittadini. Lo screening gratuito svoltosi ad ottobre, illustrato dalla Presidente dell’Aelc Oriet-ta Migliarini Colaiacovo, ha visto la partecipazione di 289 persone, di cui 241 donne (83%) e 48 uomini (83%). Le risultanze parla-no di tiroide normale nel 42,9% dei casi (nel 34% delle donne e nel 9% de-gli uomini), di noduli nel 23,5% (91% donne e 9% uomini), di Gozzo multi-

nodulare nel 9.7%. (79% donne e 21% uomini), Il gozzo diffuso tossico è soltanto femminile, quel-lo uninodulare colpisce le femmine (75%) più dei maschi (25%), al pari della tiroidite (90% donne, 10% uomini). La situazione è stata analizzata ed approfondita con i contributi di Pasquale Parise, Enzo Passeri, Maurizio Tonato, Fabrizio Stracci, Antonella Lucaccioni, Stefano Laureti, Gui-do Monacelli, Efisio Puxeddu, Massimo Dottorini, Edoardo Minciotti e Faustro Santeusanio. Al convegno sono interve-nute anche le associazioni contro il cancro di Sicilia, Puglia, Emilia, Umbria, Lazio, Campania che hanno comunicato quelle che sono le loro esperienze.

A

vita

citta

din

a

28

A

vita

citta

din

a

29

GUBBIO – Pubblico e consensi, gratitudine ed aspettative hanno sottolineato l’inaugurazione del ‘Centro di riabilitazione equestre’ realizzato in località Coppiolo – Torraccia dall’Asso-ciazione ‘Spirit Onlus’, presieduta da Nicoletta Bambagioni. È una struttura che il mondo del volontariato mette a disposizione di quanti sono costretti a confrontarsi con situazioni di disagio fisico o mentale più o meno grave; l’ippoterapia (l’equitazione a scopo terapeutico) si porta dietro effetti positivi sul piano del-

l’integrazione e socializzazione. Su un’area messa a disposizione dal Comune sono stati realizzati ma-neggi all’aperto ed al coperto, do-dici box per il ricovero dei cavalli (l’associazione ne possiede sette), con un investimento di oltre 400 mila euro. Spesa coperta grazie an-che ai contributi della Fondazione

Cassa Risparmio di Perugia, Comune, Enti ed Associazioni, di privati, delle Cementerie Colacem e Barbetti, delle famiglie e di tanti volontari.

Ippoterapia

Sono state quaranta le famiglie della diocesi eugubina che hanno usufruito del sostegno del Fondo di solidarietà delle Chiese Umbre, istituito un paio di anni fa con lo scopo di far fronte ai casi di maggior disagio provocati dalla tremenda crisi ecomica ed occupazionale che sta attraversando il paese e non solo. Il beneficio prevedeva un contributo mensile per un anno in maniera da consentire di risolvere almeno i problemi di tutti i giorni. Per il perdurare della crisi il vescovo Mario Ceccobelli (foto) e la Caritas diocesana stanno valutando l’opportunità di creare uno specifico fondo diocesano per sostenere le persone in difficoltà per il perdurare della crisi; la modalità potrebbe essere quella dell’adozione, con l’impegno a versare, almeno per un anno, una piccola somma mensile. Sulla scia di positive esperienze realizzate in altre diocesi, con il coinvolgimento attivo delle comunità parrocchiali.

SOLIDARIETà

A

vita

citta

din

a

30

Gianfranco GaviratiSconfinare dalla fotografia alla pittura è sta-to un passo quasi naturale per Gianfranco Gavirati, che ha proseguito e sviluppato una secolare attività di famiglia, qualificandola sempre più con prestigiosi riconocimenti, meritandosi così fama ed apprezzamenti na-zionali ed internazionali. Lo stesso percorso

che sta conoscendo in versione di pittore, rapido nell’acquisi-re la padronanza tecnica necessaria per proporre direttamen-te quelle sensazioni fino ad oggi rappresentate con l’ausilio e la mediazione della macchina fotografica. La conferma arriva dalla proprietà con la quale ha saputo muoversi su una ribalta europea. Gavirati, infatti, ha ottenuto un ottimo successo di critica e di pubblico con la personale allestita nella North Gal-lery del Parlamento Europeo di Strasburgo. Tra le autorità che hanno ammirato le sue opere, oltre al Sindaco ed al Presidente del Consiglio Comunale di Gubbio, Diego Guerrini e Gianni Pecci, numerosi eurodeputati. Tra questi gli onorevoli France-sco De Angelis e Sergio Cofferati (“Finalmente abbiamo visto una bella mostra a Strasburgo”, è stato il commento dell’ex se-gretario generale della Cgil e Sindaco di Bologna). Il Gavirati

pittore raffinato e sensibile, abile nel dispensare con spatola e pennelli le emozioni regalate fino ad oggi con la macchina fotografica perennemente a tracolla, è sintetizzato in maniera efficace dalla monografia <Gian Franco Gavirati> che sarà pre-sentata venerdì 9 dicembre 2011 alle ore 16.30 nella Biblioteca Sperelliana, dove saranno esposte anche alcune delle più recenti opere dell’artista. Ad illustrarla e commentarla i professori Bru-no Toscano, Ettore Sannipoli ed Antonella Pesola.

Si chiama Leonardo Casagrande, classe 1979, è eu-gubino ed è il campione del mondo NBFI (Natural Bodybuilding and Fitness Italia) della categoria Pesi – leggeri. Il titolo mondiale è arrivato a coronare una serie di vittorie tutte italiane ed è avvenuto al Lin-coln Center di New York lo scorso 14 novembre, dove ha ricevuto molti complimenti dai partecipan-ti americani. La sua vittoria sembra che passerà alla

storia, visto che è il primo italiano ad aver ottenuto il titolo mondiale. Occhi puntati sul nostro concit-tadino, gli occhi di tutto il mondo sportivo, per la verità, mondo sportivo legato a questo nuovo tipo di competizioni tutte al naturale. Tra i pensieri del campione del mondo, oltre la gioia, il desiderio di festeggiare presto il suo titolo a Gub-bio, tra gli amici e sostenitori.

è un eugubino il primo italiano campione del mondo di Body Building

A

vita

citta

din

a

31

La giornata celebrativa del tricolore in centoventi foto per scat-tare le quali sono stati coinvolti oltre settanta soggetti e percorsi più di trecento chilometri. Questa la sintesi del lavoro svolto dal concittadino Simone Minelli, autore della pubblicazione: “Un compleanno eugubino. Il diario fotografico del centocinquan-tesimo anniversario dell’Unità d’Italia”, presentata dall’autore e dal dott. Luigi Panata del Lions Club, unitamente al Sindaco Diego Guerrini. Tutto nasce da un progetto promosso dalla Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e dal Ministero degli Interni, con l’alto patrocinio del Presidente della Repub-blica, per raccontare la propria città nei giorni relativi alle festività dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Minelli ha saputo cogliere le situazioni che potessero rappre-sentare il tricolore: il verde della campagna eugubina, il bianco della pietra, il rosso delle ceramiche di Aldo Aiò, le bandiere degli sbandieratori in Piazza Grande. Il ricavato del libro, disponibile alla libreria Foto-libri di Corso Garibaldi e dalla cartolibreria Pierini di via Repo-sati sarà devoluto in beneficenza, in favore delle popolazioni del Bourkina Faso. In tale circostanza il Sindaco ha preannunciato una iniziativa celebrativa di Angelico Fabbri, grande personalità eugubina del Risorgimento.

TRICOLORE E 150 ANNI

SUPERENALOTTOStanno per arrivare nelle tasche dei vincitori i 65 milio-mi (!) di euro, frutto della clamorosa vincita realizzata al Superenalotto lo scorso 22 settembre nella ricevito-ria del Bar Europa di Via Matteotti. Alla presemza di un notaio perugino sono stati esaminati e risolti tutte le contestazione legate al possesso effettivo della qualifica di soscio-sottriscrittore. La clamorsa vincita, alla lunga, ha premiato la costanza di quanti hanno dato fiducia ad un sistema elaborato una decina di anni fa dai ti-tolari della ricevitoria, Giampiero Bazzucchi e Tonino Paciotti, e da allora giocato tre vole alla settimana. La riunione svoltasi alla presenza del notaio, stando alle indiscrezioni che è stato possibile acquisire, è servita per fare chiarezza su quelli che sono gli effettivi vincitori (alla fine le quote sono state suddivise tra 104 giocato-ri), applicando un meccanismo che evita eccessive riper-cussioni sul piano legale. Con criteri oggettivi ad ogni quota è stato attribuito un valore a scalare che va dallo 0,97%, ad un minimo di poco superiore superiore allo 0,85% in maniera da costituire un fondo comune da utilizzare per coprire le spese e per riammettere due dei soci inizialmente esclusi perchè non puntuali nei ver-samenti. Un meccanismo altrettanto complesso è stato adottato per consegnare al Notaio la ‘scheda vincente’. Per non dare nell’occhio è stata inserita nel reggiseno di una prosperosa ragazza esterna al giro dei giocatori, che ha portato così il ‘tesoro’ nelle mani di colui che doveva preoccuparsi della riscossione. Nel viaggio verrso Roma è statpo ovviamente scortata dalle forze dell’ordine. Per diverse e per diversi quella schedina vincente è strata un incubo, sotto tutti gli aspetti.

A

vita

citta

din

a

32

La Famiglia dei San-tantoniari è lieta di

annunciare, che in occasione delle pros-sime festività del 17 gennaio 2012, ar-riveranno a Gubbio dalla città francese di Arles in Provence, le sacre reliquie di S.Antonio Abate custodite nella catte-drale di S.Trophine.L’evento non vuol sembrare un tenta-tivo peregrino di organizzare un mo-mento di semplice richiamo. In realtà rappresenta il frutto della volontà di numerosi ceraioli e soci della Famiglia dei Santantoniari, mossi dalla sincera devozione che da sempre li contraddi-stingue in tante iniziative e manifesta-

zioni, nei confronti di S. Antonio Aba-te, così come del nostro amato Patrono S. Ubaldo. L’urna con le sacre reliquie giungerà a Gubbio sabato 14 gennaio 2012, per poi restare a Gubbio nella Chiesa dei Neri, fino a domenica 22 gennaio. In questo periodo verranno organizzati momenti di preghiera e con-vegni sulla figura di S. Antonio Abate in collaborazione con la Diocesi di Gub-bio, S.E. il Vescovo Mario Ceccobelli, il Comune di Gubbio, con il patrocinio della Regione Umbria e della Provincia di Perugia. La storia della Reliquie ini-zia nel 561 quando vennero traslate ad Alessandria d’Egitto, presso la chiesa di San Giovanni. Verso il 635, in seguito all’occupazione araba dell’Egitto, furo-no spostate a Costantinopoli. Nel XI secolo il nobile francese Jocelin de Chateau Neuf le ottenne in dono dal-l’Imperatore di Costantinopoli e le por-tò in Francia nel Delfinato. Nel 1070 il nobile Guigues de Didier fece costruire nel villaggio di La Motte presso Vienne una chiesa dove vennero traslate.

Le Sacre reliquie di Sant’Antonio a Gubbio

A

vita

citta

din

a

33

Un quasi eugubino pioniere dell’energia SolareAlla memoria e in onore dell’Ing. Giancarlo Scavizzi è stata dedicata una targa nel SOLAR ENERGY DEVE‑LOPEMENT CENTRE, polo industriale di ricerca nel deserto israeliano del Negev, a riconoscimento del suo impor‑tante contributo nel campo della tecnologia solare.

L’Ingegner Giancarlo Scavizzi, figlio di eugu-bini recentemente scomparso, è vissuto a Gub-bio ove ha compiuto i suoi studi fino al 1953. Da qui, dopo la maturità classica, si trasferì a Milano ove si laureò in Ingegneria al Politecni-co e dove svolse la sua attività lavorativa presso la Breda Termomeccanica prima, poi presso l’Ansaldo Caldaie.All’inizio degli anni ’80 egli fu il progettista principale della caldaia solare della prima cen-trale solare termoelettrica al mondo capace di immettere in rete energia elettrica prodotta dal calore del sole.Eurelios, questo il nome dell’impianto speri-mentale, si trovava ad Adrano in provincia di Catania.Una centrale termoelettrica a concentrazione solare termica o solare termodinamica (oggi ab-breviata nella nuova sigla S.T.P. Solar Thermal Power) consiste in una serie di specchi disposti su una grande superficie che riflettono i raggi solari e li fanno convergere verso una caldaia o “receiver” producendo vapore. Esso mette in moto le turbine che a loro volta azionano un generatore elettrico, allo stesso modo di quanto accade in un impianto tradizionale, ove il calo-re è prodotto dalla combustione di petrolio, carbone, gas o dalla fissione nucleare.La caldaia o receiver è il cuore dell’impianto,

sia perché è qui che avviene la trasformazione dell’energia termica solare in energia termica sotto forma di vapore, sia perché la sua proget-tazione e la sua costruzione presentano diffi-coltà di ordine superiore. È nella patria dei leggendari specchi ustori di Archimede che, su progettazione interamente italiana, è entrata in funzione negli anni ’80 la centrale Eurelios, pioneristico impianto speri-mentale che ha fornito elementi preziosi per la costruzione di successivi impianti nel mondo, dimostrando la competività dei sistemi a cal-daia centrale.

L’impianto sperimentale di Adrano oggi vie-ne smantellato; la caldaia solare progettata dall’Ing. Giancarlo Scavizzi è stata donata al Museo dell’Industria e del Lavoro di Brescia (MUSIL, Codegolo Val Camonica, www.musil.bs.it) perché resti una traccia fisica dei manufatti storici del solare termoelettrico ed una testimonianza del contributo italiano for-

nito già trenta anni fa allo sviluppo di questo settore energetico.Mentre in Italia si cerca di conservare alme-no qualche memoria di Eurelios, negli USA si sta costruendo nel deserto della California la più grande centrale solare al mondo basata sui contributi teorici e pratici forniti dalle espe-rienze di Adrano e del parco solare di Rotem, nel deserto del Negev, in Israele.In questo è stata sperimentata con successo sin dal 2008 una nuova caldaia solare il cui pro-gettista principale è stato l’Ing. Giancarlo Sca-vizzi come esperto del settore caldaie facente parte della società di ingegneria milanese ESE (Engineering Services for Energy). All’interno di questo gruppo l’Ing. Giancarlo Scavizzi ha fornito la sua competenza nella progettazione di questo impianto pilota ed ha anche trasmes-so le conoscenze acquisite con anni di studio e di esperienza a più giovani ingegneri suoi collaboratori.Il Parco Solare di Rotem rappresenta una pie-tra miliare nell’utilizzazione dell’energia solare. Il suo campo solare operativo fornirà al centro pilota la possibilità di collaudare apparecchia-ture, materiali e procedure nonché metodi costruttivi per il progresso di questo settore energetico che immette in rete energia pulita e da fonte inesauribile. Anna Maria Scavizzi

A

vita

citta

din

a

34

benvenutoIl piccolo Ubaldo tiene in braccio il piccolo Vitto-rio. Auguri ai genitori Viviana Francioni e Alessio Salciarini insieme ai nonni e gli zii. Ai piccoli santanto-niari Ubaldo e Vittorio un mondo di bene già in tenera età soci della nostra Associa-zione…

nomineIl Circolo Tennis Gubbio rinnova il Consiglio DirettivoGiorgio Materazzi è il nuovo Presidente a seguito delle dimissio-ni del presidente uscente Luca Ceccarelli. Il nuovo consiglio di amministrazione è formato inoltre da: vice presidente Sara Ri-naldini, Marco Meletti, Massimo Capannelli, Alessio Tognoloni, Giorgio Acciari, Mauro Vergari, Eugenio Frondizi e Umberto Gnagni.

Mario MorelliCordoglio per la scomparsa, in tarda età, del dottor Mario Morelli. Rientrato da tempo nella sua città di origine, alla quale è stato sempre profondamente legato, dopo essere stato funzionario del Ministero delle Finanze in varie importanti sedi italiane, si era subito reinserito con autorevolezza e vivacità nelle problematiche eugubine. Aveva fondato e diretto per anni il periodico “La voce civica” con la quale aveva affron‑tato e portato avanti questioni di grande rilevanza sia sociale che economica, sintetizzate poi nella pubblicazione: “Gubbio, una città tradita”. Ai figli, in partocolare al dr. Alfredo, ex Presidente ed attuale, comnsuigliere del Maggio, ed ai familiari le più sentite condoglianze.

LolloCi è pervenuta una lettera sangiorgiara carica di ricordi e di tutta la grinta tipica di quei ceraioli, veri, insostituibili, incrolla‑

bili, fieri, come lo è stato Mario, il Lollo. Insieme agli amici di vita e di Cero, nella lettera si ricordano le avventure sotto le stanghe di alcuni 15 maggio tra fango e acqua insieme a tirare San Giorgio su per gli stradoni e di uno in particolare un 15 maggio degli anni ’70 quando il Lollo era ricoverato all’ospedale. I suoi amici sconsolati per la pioggia battente, gli domandarono come avrebbero fatto senza di lui a portare su San Giorgio. Il Lollo pieno di fede rispose loro d’aver avuto da Santa Sperandia un segno, una scia

luminosa sul monte. Mario, persona buona e silenziosa, aveva creduto in quel segno, infatti al momento della Corsa uscì un sole splendente. A ricordo di una persona sorridente, serena, tranquilla e disponibile, gli amici vedranno sempre Mario agitare il suo braccio destro e fischiare la carica giù la callata….e lo sentiranno vicino in ogni momento di quel giorno eterno. Ciao Mario! (dai ricordi e dai sentimenti di Giuseppe Bareti e tutti gli amici Sangiorgiari)

non sono più tra noiErsilia Vispi ved. FilippiniÈ deceduta nei giorni scorsi la cara maestra Sila madre del nostro socio nonché presidente dei tamburini Luigi Filippini. Una vita dedicata alla famiglia ed all’insegnamento. Ai familiari vanno le condoglianze da parte della nostra Associazione.

A

Vita d

ell’

asso

cia

zio

ne

35

non sono più tra noi

A