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amminare nella luce Il ricordo del “Servo di Dio” don Enzo Boschetti di don Arturo Cristani Emergenza Nord Africa: crisi o speranza? di don Dario Crotti pag.18 pag. 4 I 40 anni della Comunità PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLA COMUNITÀ CASA DEL GIOVANE DI PAVIA - ANNO 40 - N ° 1 Maggio 2011 Pubblicazione gratuita iscritta al n° 211 del Registro Stampe Periodiche presso il Tribunale di Pavia (aut. del 17/5/1976) - Spedizione in a.p. art. 2 comma 20/c, legge 662/96 - Filiale di Pavia C Don Enzo, fondatore della Casa del Giovane, con Papa Giovanni Paolo II CASA DEL GIOVANE - PAVIA

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amminare nella luce

Il ricordo del“Servo di Dio”don Enzo Boschettidi don Arturo Cristani

EmergenzaNord Africa:crisi o speranza?di don Dario Crotti p

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I 40 anni della Comunità

PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLA COMUNITÀ CASA DEL GIOVANE DI PAVIA - ANNO 40 - N° 1Maggio 2011

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Don Enzo,fondatore dellaCasa del Giovane,con PapaGiovanni Paolo II

CASA DEL GIOVANE - PAVIA

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Camminare nella luce

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CAMMINARE NELLA LUCEPeriodico�della�Casa�del�Giovane�di�Pavia�fondato�nel�1971

Direttore responsabileSergio Contrini

reDazione

Don Arturo Cristani, Giuseppe Botteri,Donatella Gandini, Bruno Donesana

Hanno collaborato a Questo numero

Andrea Albergati, Cesare Beretta, Luciana Boschetti,Sandro Bruni, don Alessandro Comini, Francesca Consolini,

don Dario Crotti, Antonella Dellanoce, Renata Falerni,Michela Ravetti, Alessandro Repossi

consiglio Dell’associazione casa Del giovane

Don Arturo Cristani, don Dario Crotti,Michela Ravetti, Diego Turcinovich, don Luigi Bosotti,

Paolo Bresciani, don Alessandro Comini

eDitore

Associazione Piccola Opera San Giuseppe

tipografia

coop. soc. il giovane artigianovia lomonaco, 16 - 27100 pavia

tel.: 0382.381411 - fax: 0382.3814412chiuso in tipografia nel mese di maggio 2011

La comunità Casa del GiovaneNata�in�un�seminterrato�alla�fine�degli�anni�Sessanta�dalcarisma�di�carità�di�don�Enzo�Boschetti,� la�comunitàCasa�del�Giovane�accoglie�giovani�e�persone�in�difficoltàin�convenzione�con�i�Servizi�Sociali�(minori,�tossicodi-pendenti,�alcolisti,�carcerati,�ecc.)�e�persone�segnate�daprofonde�fragilità�psichiatriche�condividendo�con�loro�per-corsi�di�crescita�e�di�reinserimento�nel�tessuto�sociale.

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Il ricordo del“Servo di Dio”don Enzo Boschetti

EmergenzaNord Africa:crisi o risorsa?

pag.

18

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I 40 anni della Comunità

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Don Enzo,fondatore dellaCasa del Giovane,con PapaGiovanni Paolo II Quarant’anni

non�sono�pochi�e�raccontarli�interamente�

in�una�rivistanon�è�certo�impresa�facile.Abbiamo�quindi�decisodi�approfondire�il�tema

dell’anniversario�nei�numeridi�quest’anno�di

“Camminare�nella�Luce”�attraverso�testimonianze,

racconti,�immagini�di�questolungo�periodo�per�poter

ripercorrere�insieme�i�sacrifici,le�scelte,�le�tappe�e�le�sfidedi�questa�storia,�bella

e�impegnativa,�affinché�da�essepossiamo�imparare�come

portarla�avanti�oggi�e�nel�futuro.

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con questo slogan la comunità casa del giovane fe-steggia i quarant’anni, un tempo che rappresenta pernoi un prezioso bagaglio di esperienza e di vita, con

l’obiettivo di non smettere di ascoltare, accogliere e condivi-dere le fatiche, le sofferenze e le speranze delle tante personee dei giovani che incontra.nel 18° anniversario di don enzo, celebrato a febbraio, ab-biamo dato il via a questo 40° recandoci là dove è iniziatotutto: lo scantinato di viale libertà 23 e celebrando la santamessa nella cappella del sacro cuore, le cui origini sonoanch’esse presso questi locali scomodi e un po’ ombrosi dovedon enzo e la casa del giovane hanno ini-ziato ad accogliere e a dare speranza ai gio-vani e ai poveri. vogliamo festeggiare il compleanno della co-munità attraverso i momenti tradizionali dellefeste comunitarie quali ad esempio la festa diprimavera, il teatro e il documentario, che ab-biamo proposto a pavia presso il teatro fra-schini e nell’aula magna del collegio ghislieri. a settembre, con la festa degli amici cdga samperone, quando sottolineeremo comeil volontariato, l’amicizia, e la generosità di tante personesemplici e fondamentali hanno permesso questo non brevecammino. nel mese di ottobre vorremmo poi confrontarci con le realtàsociali ed ecclesiastiche di pavia per condividere i frutti e leprospettive del servizio-condivisione con le persone in diffi-coltà accolte in questi quarant’anni.chiuderemo il 40° a fine anno, con il natale e il capo-danno, ringraziando per il dono della comunità e guar-dando alle prospettive future.

l’anniversario della nascita della cdg non sarà solo fatto dimomenti celebrativi e ufficiali, ma rappresenta anche un’occa-sione per rileggere, ripensare, riconoscere in maniera più equi-librata e complessiva, il dono della comunità e di don enzo. Èquesto un tempo sufficientemente maturo per prendere co-scienza della preziosa eredità che la casa del giovane è per lachiesa, per la città di pavia, per i giovani e per i fratelli poveri.È una possibilità per poter ascoltare l’oggi con l’esperienza diquesti anni e maturare le scelte e gli obiettivi per il futuro.come un albero deve tenere ben collegate le radici al fusto, ilfusto ai rami e i rami ai frutti e per produrre buoni frutti, così la

casa del giovane è chiamata a servire perportare carità, speranza, solidarietà e propostaeducativa e vocazionale. le sfide di oggi sono molte e una su tutte èquella dell’identità: la cultura dell'immediatoe del virtuale tende a fare a meno di ricor-dare il passato e di pensare il futuro; l’incon-tro con culture e religioni diverse insieme aduno strisciante senso di insicurezza spingeall’egoismo e alla paura dell’altro, sia a li-vello individuale che economico e politico,

tutto spinge alla dispersione di valori e di energie. solo se sa-premo portare nel cuore la storia e le scelte di chi ci ha prece-duto, se sapremo metterci in gioco ancora, interpretandol’oggi con le sue problematiche e opportunità, anche a costodi essere impopolari o non compresi da tutti, ma rimanendofedeli all’uomo, specie quello più debole e fragile e al vangelodi cristo che può solo dare forza e speranza vere e credibili,la comunità continuerà ad essere occasione di testimonianzae di risposta concreta alle esigenze e al disagio di tanti.

La Casa del Giovane

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40 anni di “Servire il fratello” e... non sentirli

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di don Arturo Cristani*

viene da commuoversi eda stupirsi nel rileg-

gere e ripensare alla gioiosae santa follia di un’acco-glienza generosa e profeticadei giovani in difficoltà, chenei primi anni ’70 (ma giàabbozzata e germinata allafine degli anni ’60) donenzo ha incarnato con ca-parbietà, umiltà e tantatanta preghiera.una ‘follia’ che ora tutti rico-noscono essere stata santa. una santità decisamenteanomala e al tempo stessomolto normale. impossibile infatti non pen-sare a don enzocome uomo difede e di pre-ghiera: se stavicon lui finivicertamente inqualche ma-niera per pre-gare: o il rosa-rio, o la liturgiadelle ore, o unameditazione, ola messa, o unaconfessione, oquella silen-ziosa riflessioneo quel dialogoche finiva sem-pre per portarti

al vangelo, ai poveri, allacarità, a cristo... era unatensione, come una ‘cala-mità’ che attirava sempre einevitabilmente lì...e nel contempo la suaazione, il suo operare, il suovivere era composto di gestie di attenzioni semplici,quotidiane, di cose nor-mali: una lettera da scri-vere, una telefonata, un col-loquio, un incontro, un la-voro manuale, la lettura diun libro, un viaggio, un’of-ferta nascosta... ma vissutecon un intensità e all’in-terno di uno sguardo e diun progetto che le rende-vano grandi e straordinarie.per don enzo calza perfet-

tamente quella massimache invita a “vivere�l’ordinarioin� maniera� straordinaria”,tutto proteso all’altro, ai ra-gazzi, a quel collaboratore,a quella situazione nascostae anonima dove occorrevaperò esserci...Don enzo sapeva trasfor-mare il passato e il presentein un futuro da desideraree per cui impegnarsi nelquotidiano. trasmetteva fi-ducia e speranza.era una personalità incre-dibilmente in pace, libera eamica, con uno stile sobrio(passava per uno di pochis-sime parole e se andavi aparlare con lui sapevi chenon dovevi sprecarne tan -

te: aveva sempre fretta mati capiva subito!) e fatto diun ascolto profondo unitoad una capacità di sintesi edi azione notevole. era ca-pace di elettrizzare e far ve-nire la voglia di tirarsi su lemaniche (se stavi con lui fi-nivi sempre per ‘fare’ qual-cosa di pratico e concreto)ma sempre attenta alla co-

In alto: don Enzoa Samperone di Certosacon alcuni bambiniQui a lato: la statua chelo ritrae nello stessoatteggiamento.A tutti, don Enzo manifestava la sua paternitàe voleva indicare loro la strada

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Il ricordo del servo di Dio don Enzo BoschettiDiciotto anni fa don Enzo lasciava la ‘sua’

comunità. Lo abbiamo ricordato nell’anno incui celebriamo il 40° dell’opera da lui fondata.Le virgolette a ‘sua’ sono d’obbligo,infatti egli non ha mai usato questo termineperché per lui la comunità era di Dio!

Camminare nella luce

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Il ricordo del servo di Dio don Enzo Boschettiscienza e al cuore dei sin-goli, coscienze e cuori chesapeva coltivare e far cre-scere con delicatezza ecura straordinarie.Quest’anno il ricordo didon enzo ha avuto unasottolineatura concreta di

‘storia’, dato il 40° dellacdg: dalla visita e dalpensiero fatto nell’orato-rio di viale libertà a pavialà dove don enzo ha vis-suto per 30 anni e dove ha‘attecchito’ il seme dellacasa del giovane, alla

messa per don enzo cele-brata nella cappella sacrocuore, fino alla visita allasua casa a costa de’ no-bili, dove egli è cresciuto edove il signore lo ha rag-giunto spingendolo a scap-pare per iniziare quell’av-

ventura che è stata la suavocazione, i cui frutti sonoora la casa del giovane ele tante persone che eglidirettamente e poi tramitela comunità a beneficato.

*Responsabile�della�Casa�del�Giovane

Don enzo: un altro passoverso gli altari. la postu-

latrice della causa, dott.ssafrancesca consolini, ci ag-giorna da roma.Caro�don�Arturo,�quitutto�bene;�allo�statoattuale� non� si� parlapiù� di� processo,� ter-mine� riservato� allasola� fase� diocesana,ma�di�causa�di�beati-ficazione;�questa�pro-cede�regolarmente,�nelsenso�che�stiamo�lavo-rando� alla� positiosotto�la�guida�del�Re-latore� padre� Kijas;con�il�mio�collabora-tore� ho� già� avuto� unincontro� con� lui� cheha� chiesto� di� apportare� alcunemodifiche�di�tipo�redazionale�alSommario,�cosa�che�abbiamo�giàfatto�perché�nel�complesso�è�statosoddisfatto�del�lavoro�che�era�giàstato�realizzato.

Ora�dobbiamo�procedere�alla�reda-zione�delle�biografia�documentatasecondo�i�criteri�messi�in�opera�dallaCongregazione� circa� tre� mesi� fa.

Non�è�un�lavoro�ve-loce,� dato� che� suquesto�lavoro,�a�suotempo,� si� esprime-ranno�i�teologi�cen-sori� della� Congre-gazione.� Inoltre� ilRelatore�è�nuovo�edi�colpo�si�è�trovatosulle� spalle� la� su-pervisione� di� oltre50� cause.�Noi� la-voriamo,� ma� luideve�rivedere�e�cor-reggere�tutto,�ci�vuo�-le�pazienza,�moltapazienza.

Quello�che�ci�vorrebbe�ora�sarebbeun�bel�miracolo�sul�quale�poter�fareil�processo�diocesano�parallelamenteal� lavoro� romano.� Preghiamo� easpettiamo.�

Ciao�a�tutti,�Francesca

Non più processo ma “causa”

Cambiano i termini ma non lasostanza: a Roma, compiuto un altro

passo verso la beatificazione del “Don”

Anni ’70: don Enzocelebra la Messa a

Samperone

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di Alessandro Repossi*

“Ha��sempre�avuto�fiducianei�suoi�ragazzi,�che�lo

sentivano� camminare� con� loro.Quando�don�Enzo�morì,�molti�diquei�giovani�mi�dissero:�non�hoperso�il�mio�maestro,�ho�perso�miopadre”. È stato un ricordo in-tenso e, sotto certi aspetti,anche paterno quello dimonsignor giovanni volta,vescovo emerito di pavia,che ha parlato a cuoreaperto di don enzo bo-schetti, nel 18esimo anniver-sario della scomparsa del

servo di Dio. Davanti a lui,lunedì scorso nel salone iiimillennio, i ragazzi dellacasa del giovane, che nel2011 festeggia i 40 anni divita. ma anche tanti amici esemplici conoscenti di unprete che ha lasciato unatraccia profonda nella storiadella città. Don arturo cri-stiani, coordinatore dellacasa del giovane, ha fatto ilpunto sull’iter per la beatifi-cazione di don enzo: “Allostato�attuale�dobbiamo�parlare�dicausa�di�beatificazione.�Il�mate-riale�raccolto�verrà�giudicato�dalla

commissione�di�teo-logi� che� deve� valu-tare�le�virtù�di�san-tità.�Ora�servirebbela�prova�di�un�mira-colo:�dobbiamo�pre-gare�ed�attendere”.�monsignor voltaha ricordato ilsuo rapporto per - sona le con donboschetti.“Quando�sono�arri-vato� a� Pavia,� nel1986,� è� stata� unadelle� prime� personeche�ho�incontrato.�Loricordo� insieme� aisuoi� ragazzi:� eracontento,� ma� sobrionell’aspetto� e� nelle

parole.�Mi�dava�l’impressione�diun�arco�teso,�preoccupato�di�lavo-rare�per�una�realtà�impegnativa�chealimentava�il�suo�spirito�e�non�loincupiva� mai”. Dopo quelprimo incontro, ne seguironomolti altri. “Don�Enzo�maci-nava,�pensava�e�progettava:�ma,nella�progettazione,�non�sopportavale�attese�ed�anche�le�norme,�che�avolte�non�rispettava.�Pensava�sem-pre�all’obiettivo�da�raggiungere�edaveva�fretta:�un�atteggiamento�chemanifestava�battendo� i�piedi�perterra�e�quasi�mangiandosi�le�pa-role”. i “giovani� disorientati� esenza�speranza”: ecco il chiodofisso di don enzo sin da

quando, 40 anni fa, avviò ilsuo cammino di carità in unoscantinato sotto i palazzi diviale libertà. “Ricordo� certiviaggi�in�auto�con�lui,�nei�quali�miparlava�dei�suoi�progetti�– ha rac-contato monsignor volta -.

In occasione dellecelebrazioni per don

Enzo, mons. GiovanniVolta, già Vescovo di Pavia, ha tenutoun incontro allaCasa del Giovaneper ricordarel’impegno costantee significativo del nostro “Don”verso i giovani

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Don EnzoCamminavacon i suoiragazzi...

Sopra, i ragazzi dell’oratorio di Chignolo Po dovedon Enzo (sullo sfondo) haesercitato il suo ministerosacerdotale all’iniziodegli anni Sessanta.Nella foto sotto, ancoradon Enzo con un gruppodi minori della Comunità

Camminare nella luce

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Aveva�la�capacità�di�unire�l’impe-gno�del�presente�ai�sogni�per�il�fu-turo.�Aveva�fiducia�nella�scienza�enella� competenza� degli� uomini,però�guardava�con�sospetto�quelliche�si�chiudevano�nelle�loro�specia-lità.��A�volte�appariva�quasi�inge-nuo�nei�confronti�delle�istituzioni”.Don boschetti viveva in con-tinuità “il fare ed il contem-plare”. “Sono�due�aspetti�colle-gati�tra�di�loro.�Il�contemplare,�chesi�apre�al�fare,�si�approfondisce.�Edil�fare,�che�comunica�con�il�contem-plare,�dà�sapore.�Anche�la�vita�puòavere�sapore�se�è�motivata�profon-

damente:�invece�può�diventare�ste-rile,�se�uno�guarda�solo�a�sé�stesso.La�Casa�del�Giovane�dovrà�sempreattingere�alle�radici�di�don�Enzo”.monsignor volta si è soffer-mato anche sugli ultimigiorni di vita di don enzo.“ricordo che mi disse: “Nonho�paura�di�morire,�ma�mi�dispiaceandar�via�ora�che�la�comunità�stagerminando”. Però�aveva�anche�lacoscienza�che�non�era�lui,�da�solo,che�la�faceva�germinare:�la�crescitaavveniva�con�lo�Spirito�di�Dio.�Lovidi� per� l’ultima� volta� il� giornoprima� della� sua� morte:� soffriva

molto,�ma�gli�restava�la�forza�perraccomandarsi� alla�Madonna”.che lezione ci ha lasciatodon boschetti? “Per�conosceree�valutare�bene�una�persona,�bi-sogna� sapere� entrare� nel� suomondo – ha detto monsignorvolta –. Don�Enzo�era�profon-damente�innamorato�del�misterodi�Dio,�che�lo�ha�spinto�al��servi-zio� degli� Ultimi.� Auguro� allaCasa�del�Giovane�di�continuare�ilcammino�sul�sentiero�tracciato�dalsuo�fondatore”.

*�Direttore�de�“il�Ticino”

di Luciana Boschetti*

Quello che vorrei trasmettere conquesto scritto è l’insieme dei sen-

timenti che hanno riempito il miocuore e, credo, quello di tutti i parteci-panti alla commemorazione di donenzo boschetti a costa de nobili loscorso 20 febbraio.il piccolo paese di costa, di solito quasiaddormentato, si è come per incantosvegliato in questo giorno di festa.nonostante la fitta pioggerellina,c’erano molte persone che cammina-vano dalla casa di don enzo al cimi-tero e dal cimitero alla chiesa per la ce-lebrazione della santa messa.tutti volevano vedere dove era vissuto ilDon. il loro stupore era grande nel con-statare come quella casa quasi fatiscentefosse ancora capace di racchiudere lestanze dove aveva vissuto con la sua fa-

miglia. le fotografie di don enzo eranoallestite in una sola camera ma moltisono riusciti a salire la ripida scala cheportava alla sua cameretta ancora tuttada sistemare. guardavo i visi dei pre-senti, dei ragazzi della comunità, dei co-ordinatori e responsabili tutti e mi sem-brava di far parte di una grande fami-

glia. ero felice ed orgogliosadi essere anch’io una di loro.ero sinceramente com-mossa di constatare quantolo zio don enzo fosse ancoracosì presente fra di noi con isuoi insegnamenti, la suasemplicità e allo stessotempo la sua grande forzanel voler raggiungere i tra-guardi prefissati.una cosa era certa: la casa eil terreno circostante nonerano più soltanto della fa-miglia boschetti ma eranodiventati di tutta la comunitàe un giorno, spero non lon-tano, con l’aiuto di donenzo, del nostro vescovo,delle autorità e di tutte lepersone di buona volontà,

potranno essere a disposizione dei più bi-sognosi. È stato molto bravo don arturo,il giorno dopo, a riassumere in poche pa-role la cerimonia: “...anche�a�me�la�cerimoniadi�domenica�è�piaciuta�molto:�semplice�ma�par-tecipata�e�si�è�incontrato�un�po’�di�don�Enzo...”

* Nipote�di�don�Enzo

I giovani alla “Casa del Don”Un festoso

e commossopellegrinaggio a Costade’ Nobili nella casanatale per celebrare ilXVIII anniversariodella sua scomparsa

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Nelle foto, i ragazzi dellaComunità a Costade’ Nobili in visita alla casa natale (sotto) di don Enzo

Don Enzo con AngelinaBeretta, una delle primecollaboratrici della Comunità

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di Cesare Beretta

non essendo tra coloroche hanno vissuto una

collaborazione costante ohanno goduto della confi-denza di Don enzo, vorreimettermi nei panni diquanti, con l’andar deltempo, saranno privi di ri-cordi personali o di testimonie potranno conoscere questafigura solo in base agli scrittisuoi o su di lui.Quattro aspetti della vita diDon enzo mi colpiscono inmaniera precisa. la tenacianella ricerca della vocazione“giusta” anzitutto. la primatappa di questa ricerca è unafuga da casa ancora ragazzo.a prima vista un atto incon-sulto, poco rispettoso dei ge-nitori e degli altri familiari eche oggi susciterebbe preoccu-pazioni a non finire. eppure,come spesso in casi simili, unatto che denota voglia di ri-cerca della propria strada edella propria dimensione per-sonale. ad esso segue una vi-cenda personale per nulla ret-tilinea, un susseguirsi di tenta-tivi, anche di delusioni, fino al-l’ordinazione sacerdotale, rag-giungimento di un primo tra-guardo intravisto e mirato fa-ticosamente.a ben guardare c’è una curiosasimilitudine con le vicende ditanti giovani che avvicinaronoDon enzo e per i quali egli èstato guida e di tanti altri an-cora che trovano nella “casadel giovane” un ambiente cheli aiuta a cercare la propriastrada. in questa prospettiva lavita di Don enzo costituisce unesempio vivo ed attuale: cer-

care la propria strada e la pro-pria realizzazione mettendo inconto la fatica, gli errori e le de-lusioni, ma senza perdersid’animo, quando si è visto ilproprio obiettivo di vita e sivuole realizzarlo.il secondo aspetto riguarda ilruolo della preghiera nella vitadi Don enzo. si direbbe fattoscontato per un sacerdote. ep-pure in Don enzo le continueesortazioni alla preghiera, ildesiderio irrealizzato di farparte della comunità carme-litana, i rapporti sempre man-

tenuti con questa comunità, laconvinzione della necessità diaffiancare alla struttura opera-tiva una realtà di preghiera edi meditazione, come necessa-rio complemento della prima,testimoniano la sua convin-zione sulla necessità e sull’uti-lità della preghiera che noi“poveri cristiani” dalla fedepiù fragile non sempre sap-piamo cogliere o coltivare. poi c’è il metodo educativo, incui si compendiano gli altri dueaspetti importanti della sua vi-cenda umana: il concetto di re-

sponsabilità e la considerazionedel lavoro come momento direalizzazione dell’uomo. mentrei primi considerati, vocazione epreghiera, riguardano più speci-ficamente il credente, gli altridue (però, nella visione di Donenzo, inscindibili dai primi) pos-sono essere sicuramente proposticome meritevoli di attenzioneanche al non credente.Don enzo credeva e puntavasulla responsabilità perso-nale. contava poco per lui laragione che aveva portato aldisagio, al delitto, alla dipen-denza. contava che l’ospitedella casa del giovane, coltempo, imparasse a cono-scersi e a diventare consape-vole delle proprie possibilitàe della responsabilità nelle re-lazioni umane. Questoaspetto l’ho colto in manierapeculiare in testi che non sonopropriamente scritti di Donenzo. mi riferisco ai verbalidel consiglio direttivo dellapiccola opera san giuseppe.Questa associazione, costi-tuita nel 1971, rappresental’inizio ufficiale della casa delgiovane. Divenutone presi-dente nel 2004, su richiestadi Don franco tassone

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L’attualitàdi don Enzo

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C esare Beretta,magistrato del

Tribunale di Pavia, amicoe collaboratore della Casadel Giovane, ripercorrele tappe del suo incontrocon don Enzo, delineandocon attenzione le sceltevocazionali e le vicendeconcrete del suo servizioin mezzo ai giovani.Nell’articolo si delineauna figura di don Enzosempre molto attento allastrada che Dio gli indicava

Sotto il titolo, don Enzo a Ronco di Ghiffa con un gruppo diragazzi della Comunità. Nella foto qui sopra, il “Don” con ungruppo di collaboratori agli albori della Comunità

Camminare nella luce

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di don Alessandro Comini*

il 18° anniversario della scomparsa didon enzo, coincide con uno speciale

“compleanno” della comunità che oramainon è più una giovanissima: quarant’anni,infatti, sono un’età di tutto rispetto.“Fermati�solo�per�ricominciare” – ripeteva ilDon – e questa frase acquista in questimomenti un valore tutto particolare. ab-biamo voluto iniziare con la s. messa ilrilancio della attività della comunità e ifesteggiamenti per la ricorrenza.ci sono i luoghi significativi per la storiadella comunità e per la vicenda perso-nale di don enzo: il seminterrato di vialelibertà è uno di questi. si tratta delprimo “oratorio” a partire dal quale donenzo ha svolto un servizio pastorale nelquartiere del ss. salvatore e ha visto cre-scere il piccolo seme che avrebbe datovita alla comunità casa del giovane.Questi luoghi ci richiamano all’impor-tanza della storia da considerare nonsolo come memoria passata, ma come ri-chiamo alle origini e ai valori che ancoraoggi fanno della comunità una propostaper tanti. gli stessi luoghi ci portano aguardare anche al futuro con la respon-sabilità di chi non può accontentarsi dei

traguardi raggiunti, ma sente impellentela chiamata Dio attraverso le sofferenzegiovani e meno giovani in difficoltà acontinuare l’avventura del servizio edella condivisione. per questi motivi abbiamo scelto di ricor-dare don enzo in questi posti carichi di si-gnificati simbolici: il cammino della casadel giovane nasce nella vicenda umanadi don enzo e nella non facile storia degliinizi, attraverso la quale il signore ci hadonato il carisma della casa del giovane;carisma che deve imparare a guardare alfuturo per trovare nuovi modi di viverequesta affascinante avventura.il momento di commemorazione nel-

l’oratorio di viale libertà, è avvenuto at-traverso l’inaugurazione di una mostra fo-tografica con foto inedite di don enzo, cheripercorre le tappe fondamentali del suopercorso di vita. era presente mons. ve-scovo che ci ha aiutato a riflettere sul donoche il signore ha fatto a tutta la chiesa, at-traverso la santità di don enzo e ha comu-nicato ufficialmente la donazione dei lo-cali alla comunità da parte della parroc-chia de ss. salvatore. vogliamo ringra-ziare sentitamente la parrocchia per que-sto gesto che ci consentirà di far diventarei locali un luogo dove la casa del giovanepossa trasmettere a tanti la stessa passionee dedizione all’uomo che ha caratterizzatola vita di don enzo.anche la santa messa, partecipata datanti amici storici, ragazzi, minori edonne della comunità, e dai coloro chesi sono avvicinati nel corso di questi ul-timi anni, è stata una dimostrazione diquanto la figura di don enzo sia capacedi parlare al cuore della gente invitandolia riconoscere l’amore del padre, che cichiama a ridonarlo ad ogni fratello, par-tendo da coloro che sono particolar-mente segnati dalle vicende della vita.

*�Sacerdote�della�Casa�del�Giovane

Le radici della Casa del Giovane

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Quest’anno il 18°anniversario della

partenza del “Don” perla Casa del Padrecoincide con i 40 annidell’aperturadella nostra Comunità

(anche a lui, come a Donenzo, è difficile dire “ no”),decisi di rileggermi i verbali diquei primi tempi di vita del-l’associazione, per meglio co-noscere la realtà che avrei do-vuto rappresentare. scopriiche Don enzo faceva presen-ziare alle riunioni del consi-glio direttivo gli allora pochiospiti della comunità e chenel corso delle riunioni com-mentava e spiegava loro ilsenso delle decisioni adottatee in quella sede, di volta involta, formulava le regole chepresiedevano alla vita dellacomunità, in un tentativo dicondivisione della responsabi-lità che il rispetto di quelle re-gole avrebbe imposto.nessuna indulgenza e nessunaaspettativa che altri cavasserole castagne dal fuoco: il comu-nitario doveva prendere atto

delle regole, farle proprie ecomportarsi di conseguenza.Quanta differenza con lamentalità attuale di molti ge-nitori secondo cui spetta sem-pre ad altri, dal comune allascuola o a qualsiasi altro entefare questo o quello, senza in-terrogarsi se, come genitori,non si debba personalmentequalcosa ai propri figli perfarli diventare responsabili disé verso gli altri. non a casomons. volta, nel suo inter-vento di lunedì 14 febbraio,ha ricordato che alla morte diDon enzo più d’uno gliaveva confidato di avereperso un padre! il lavoro è il corollario di que-sto metodo educativo. nonsolo mezzo di sostentamento,ma anche momento di realiz-zazione delle proprie capacità.alla casa del giovane ciò

trova espressione nella realtàdel giovane artigiano, unacooperativa in cui chi hacompiuto il percorso terapeu-tico può cimentarsi in diversitipi di lavoro (falegnameria,carpenteria, stampa), nellaprospettiva di un proprio per-corso autonomo. Qui è possi-bile incontrare più d’uno cheha tratto giovamento dal me-todo educativo di Don enzo eche è aiutato nella ricerca

della sua strada da volontariesperti che di questo metodoeducativo sono componenteessenziale.certo, Don enzo, alla finenon ha inventato nulla.anch’egli, come tutti i fonda-tori di congregazione e i santi,ha sempre avuto un solo edunico ispiratore in gesù. lospecifico del suo pensiero,della sua preghiera e della suaattività è ravvisabile nella ca-pacità di individuare risposteadeguate e calibrate alle mol-teplici forme di disagio perso-nale o sociale di questo tempo.

Articolo�tratto�da�“il�Ticino”

Don Enzo durante una celebrazione eucaristicanella Cappellinadella Comunità di Biella

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di Andrea Albergati

era la metà degli anni’80. avevo appena ini-

ziato l’università e osservavola mia città per esplorare leopportunità che offriva.andai alla casa del giovanenel pomeriggio di un giornoferiale, insieme ad un amico,per ascoltare una confe-renza. eravamo in via lo-monaco, la comunità eramolto più piccola, meno ur-banizzata rispetto ad ora e lasala delle conferenze era im-mersa in un bellissimo giar-dino. l’impressione che neebbi era di stare in un luogointerno alla città, ma nelcontempo molto separato,dove la spiritualità perva-deva l’ambiente fisico ren-dendo quel luogo unico.Dopo la prima, immediata

impressione, fui attrattodalla straordinaria varietà dipersone che frequentavanola casa del giovane. ra-gazzi dipendenti, operatori,volontari, professionisti, pen-sionati lavoravano e si con-frontavano nello stesso luogocon il medesimo fine: la cre-scita non solo individuale maanche sociale della comunitàintesa nella sua accezionepiù ampia. il fine della casadel giovane non era solo ilrecupero dei ragazzi in diffi-coltà, ma la crescita di tutti. l’ambiente della casa delgiovane, pur all’interno diun sistema di regole ben de-finito, era molto informale.esistevano già allora moltedelle attività attuali: la fale-gnameria, la carpenteria, ilcentro stampa. il tutto eraben presentato nel negozio

di viale della libertà dove iprodotti della casa del gio-vane venivano esposti. l’at-tività di lavoro era seguitadai momenti di preghiera edi meditazione. in questosenso la comunità riprodu-ceva in forma moderna ilvecchio principio dell’ora� etlabora. l’impressione cheavevo era che ogni momentodella giornata, ludico, di stu-dio, di preghiera, di lavoroavesse il proprio significato eche non esistessero momentivuoti. trovavo inoltre parti-colarmente interessante ilvalore che don enzo attri-buiva alla cultura: non erasolo un fattore di crescita in-dividuale, ma anche lo stru-mento che la casa del gio-vane utilizzava per diffon-dere il proprio stile di vita.Don enzo raccomandava a

tutti uno stile di vita “sobrio,essenziale, non consumi-stico”. negli anni ’80 eral’esatto contrario dei mes-saggi socialmente prevalenti.ma il modello di vita comu-nitario che don enzo propo-neva non era solo orientatoalla semplicità, era anche,forse soprattutto, ricercadella condivisione. l’ideaforte che si respirava nellacasa del giovane era quelladel cammino comune, del-l’essere tutti protagonisti diun viaggio verso una felicità

Sopra, i giovani dellaComunità negli anni ’80al lavoro in unodei cantieri della CdG.Nella pagina a lato, giovani della Comunitàin un momento di gioco

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A ndrea Albergati, medico,e già Sindaco di Pavia,

ha incontrato la Casadel Giovane negli anni ’80,offrendo la sua preziosacollaborazione alla Comunità.Con don Enzo ha avuto unrapporto di amicizia fraternae filiale allo stesso tempo. Le sue parole ci aiutano acomprendere meglio lo spiritoche ha animato per tanti annile nostre Comunità

La mia esperienzacon la Casa del Giovane

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Camminare nella luce

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vera e profonda che si nu-triva del dare e non del-l’avere. in tale contesto cia-scuno imparava da tutti enessuno poteva ritenersi mi-gliore dell’altro. sotto que-sto profilo il modello educa-tivo della comunità era permolti aspetti simile a quelloche ispira tuttora i gruppi diauto-mutuo aiuto. un altroaspetto di grande rilevanzariguardava il rapporto fortefra il vangelo e lo stile divita. ogni comportamentoera orientato al senso dell’ac-coglienza, all’idea che nes-suno dovesse rimanereescluso e che, per ogni diffi-coltà, sarebbe intervenuta laprovvidenza. la fede in que-sta presenza, forte e miste-riosa, permeava la comu-nità e trasmetteva in tuttinoi un senso di fiducia versoil futuro.in quegli anni la tossicodi-pendenza stava mutando ilproprio volto. tutti si rende-vano conto della nascitadelle polidipendenze, dellavastità dell’alcolismo, dellanecessità di competenze psi-chiatriche e psicologiche nel-l’ambito delle comunità te-rapeutiche. parallelamente stavano na-scendo nuove povertà cheavevano il volto delle madriin difficoltà, degli homeless,della sociopatia e delle diffi-coltà dei minori. la casa delgiovane affrontava questedifficoltà ampliando la pro-pria offerta formativa, co-struendo nuove strutture estringendo rapporti semprepiù organici con le istitu-zioni. sembrava a tutti evidenteche l’origine di tutte leforme di dipendenza fosseuno stile di vita sbagliato, masoprattutto che la radice deldisagio fosse la solitudinedella persone all’interno diun mondo che privilegiaval’individualismo e la ric-chezza. in quegli anni lacomunità dovette, in un

certo senso, tornare alle pro-prie origini ed occuparsidella marginalità “dastrada”, magari non cono-sciuta dai servizi sociali esempre in bilico fra legalità,illegalità e marginalità. Donenzo quotidianamente vi-veva a contatto con questomondo ed è significativo cheabbia sempre abitato ac-canto al luogo più di fron-tiera della casa del giovane:il dormitoriodi viale dellalibertà. vo-glio infine ri-cordare che,in queglianni, si dif-fuse la cono-scenza del -l’aiDs qua -le malattiastrettamentelegata alladipendenzada eroina.l’essere unluogo di ac-coglienza per persone porta-trici di quella malattia rap-presentava una difficoltà inpiù, non tanto sotto il profiloorganizzativo, ma piuttostoper i pregiudizi e le paure in-giustificate che si diffuserofra la gente. Don enzoguardò a quella problema-tica con grande attenzione elavorò con impegno per evi-tare qualsiasi discrimina-zione. la casa del giovane era unluogo accogliente, ricco diumanità dove era possibileentrare in relazione con unmondo

vasto e di grande interesse.l’importanza e il ruolo dellacomunità attribuivano va-lore al tempo che potevamoimpiegare. sapevamo tuttiche le ore passate alla casadel giovane erano ben spesee non succedeva mai di an-dare via dalla comunitàsenza aver imparato qual-cosa di significativo. peraltrola casa del giovane offrivauna vasta gamma di possibi-

lità di im-pegno edera possi-bile es-sere vicinialla co-m u n i t àa n c h econ livellidi appar-t e n e n z adiversi asecondadelle di-sponibi-lità ditempo di

ognuno. personalmente in-contrai la comunità in unperiodo della mia vita du-rante il quale, per ragioniprofessionali, mi occupavo didipendenza da un punto divista medico. la casa delgiovane mi consentiva diguardare a quelle problema-tiche nella loro dimensionesociale e collettiva e fuper me estrema-mente interes-sante fre-quentar

la per alcuni anni. nel lacasa del giovane era inol-tre possibile trascorrere mo-menti di forte amicizia e dicondivisione e questo gene-rava un senso di apparte-nenza che ci faceva sentire“della comunità” pur conti-nuando la nostra vita profes-sionale e familiare. paradossalmente credo chela cosa più bella della casadel giovane sia avvenuta aldi fuori della comunità.Quando pensiamo all’operadi don enzo siamo portati aricordare i tanti ragazzi chequi hanno iniziato un cam-mino di speranza recupe-rando dignità e fiducia nellavita. penso invece che il vero mi-racolo della casa del gio-vane sia nelle tante personecomuni che conoscendo lacomunità e la figura di donenzo hanno ritrovato la fedee la speranza. credo sianotantissimi. a mio avviso pro-babilmente sono la testimo-nianza vivente che un’operaautenticamente cristianapuò determinare effetti chevanno ben oltre la propriaspecifica missione. la casadel giovane non ha servitosolo le persone in difficoltà,ma è stata strumento di ser-vizio globale per la città eper quanti l’hanno cono-

sciuta e ne hanno com-preso la spiritualità

profonda.

L’impressione cheebbi, incontrando laComunità, era quelladi stare in un luogointerno alla cittàma anche separato: la spiritualitàpervadeva l’ambientefisico rendendoquel luogo unico

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La felicità di alcuni comunitari che giocano insieme

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di Michela Ravetti*

... si respirava un “clima”evangelico, di fede e di pre-ghiera che poi ho ritrovatoanche a pavia. in particolare il lavoro era inprevalenza manuale, la ge-stione delle case, della cu-cina e dell’orto, tutto erafatto insieme, in un clima diserenità e di semplicità dirapporti.c’era un piccolo laboratorioartigianale di creta e i cosid-detti “motorini”, lavoro diassemblaggio in appalto. ungruppo di ragazzi era impe-gnato nell’edilizia, con laguida di un maestro di la-voro. si rivendevano mobiliche venivano donati da pri-vati e ogni sabato si faceva ilgiro della raccolta carta. lavita quotidiana era sem-plice, fatta di “casa” e di in-contri. si viveva insieme...caratteristiche erano la pre-carietà di strumenti e il rife-rimento alla provvidenza ead una logica di fede. ci sisentiva subito inseriti e valo-rizzati all’interno della co-munità, con la forte sensa-zione di ricevere fiducia,senza essere giudicati per leeventuali proprie difficoltà.le persone accolte nonerano separate in case spe-cifiche, ma in una sola co-munità convivevano giovani

con diverse ti-pologie di dif-ficoltà, nellalogica di unaiuto reci-proco anchetra gli stessiragazzi ac-colti.tutto era ge-stito da volon-tari, uomini edonne cheaiutavano inmodi diversila comunità eda giovani chepartendo daforti motiva-zioni, sceglie-vano l’obie-zione di co-scienza, allora ancora noncompresa con simpatia dallostato, come alternativa alservizio militare.in quel momento non c’eraancora una sensibilità so-ciale, non si ricevevano rettené dalla asl, né dai co-muni. in comunità eranoaccolti ragazzi e ragazzeche avevano problemi ditossicodipendenza e di al-cool, minori con problemifamiliari, persone con pro-blemi psichici. la prospet-tiva era di condivisionepiena della vita, con mo-menti di incontro e di veri-fica sia di gruppo sia perso-

nali e si era aiutati ad af-frontare i propri probleminei colloqui e attraverso at-tività lavorative. nonc’erano diversità di tratta-mento tra i giovani accoltie i volontari e si ritenevache ciascuno avesse risorseda spendere e fatiche daportare. Questo permet-teva di sentirsi parte dellacomunità e di intrapren-dere tutti insieme un cam-mino di crescita. a chi col-laborava con la comunitàsi richiedeva l’attenzione el’umiltà di mettersi allascuola di chi ci viveva giàda tempo: primo fra tutti

don enzo, epoter così ri-spettare ilcammino deiragazzi e delleragazze ac-colti. a talescopo veniva -

no proposti periodici in-contri di formazione. per-sonalmente, in un primomomento, ho deciso di av-vicinarmi per curiosi tà allacomunità che mi si presen-tava come una realtà alter-nativa che mi attraeva. poiho scoperto che era unluogo dove poter vivere lamia fede, nel servizio enella preghiera.la cosa più strana? che sivivesse come “normale”anche quello che normaleper gli altri, al di fuori, nonsembrava proprio essere…

*�Responsabile�di��Casa�Gariboldi

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Un incontroche sifa servizio

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Ho conosciuto la Comunità Casa del

Giovane a Biella nel 1981. Mi colpì soprattutto comei ragazzi vivessero in modosemplice e sereno, pur insituazioni molto precariee come la povertàregnasse in quella Casa...

Teatro Fraschini:Michela, a destracon il libro in mano, durante larappresentazioneteatrale della Casadel Giovane “Si finisce perricominciare”

Camminare nella luce

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di Renata Falerni*

più che dell’incontro conla casa del giovane, io

posso raccontare del mioprimo incontro con donenzo: il Don, che risale aglianni sessanta quando ope-rava nell’oratorio di sanmauro. già ai tempi del-l’oratorio parrocchiale ilDon dimostrava di averequalcosa di speciale. per que-sto quando mi ha chiesto didargli una mano nell’aper-tura della cdg non ho avutoesitazioni; e così ho visto na-scere dal ’71 l’oratorio chefunzionava anche come dor-mitorio in viale della libertàe poi ho visto crescere la

casa del giovane. Da subitomi ha colpito la profonditàdell’uomo don enzo e il pri-mato da lui attribuito allapreghiera come costantedella vita quotidiana.in comunità si viveva e silavorava in un clima digrande solidarietà reci-proca.Ho visto nascere i laboratoridi officina meccanica e di fa-legnameria e ho conosciutoi primissimi ragazzi accoltidal Don. ognuno aveva unruolo all’interno della co-munità, ma ciò che accomu-nava tutti erano l’essenzialitànelle cose di tutti i giorni, lapreghiera costante, il rispettoreciproco, l’accoglienza de -

gli ultimi e il volersi benesenza condizioni; e il Donera molto bravo a mante-nere l’equilibrio tra tutti.certo, non mancavano ledifficoltà, che all’inizio era -no soprattutto di ordineeconomico, ma il Don sa-peva sempre rasserenare glianimi e risolvere i pro-blemi. il “metodo” princi-pale era l’affidarsi allaprovvidenza e devo direche spesso ho visto succede -re opportune coinciden zeche a distanza di tempopos sono sembrare piccolimiracoli; come, ad esem-pio, l’arrivo di pasta o ge-neri alimentari proprio lasera in cui non c’era nullada preparare per i ragazzi.il Don era il primo a met-tersi al servizio dei ragazzi.certamente la cosa che ri-

cordo con maggiore parteci-pazione è il carisma delDon. egli sapeva trovare iltempo per i problemi di cia-scuno e, anche quando lafila di gente che aveva biso-gno di lui era molto lunga,riusciva ad accontentaretutti spesso rinunciando alproprio tempo e anche alleproprie necessità.È così che, alla scuola dell’ac-coglienza del Don, i suoi ra-gazzi sono diventati anche unpo’ i “me�fiö” - i miei figli - e io,dopo quarant’anni, mi sentoormai la nonna di tutti loro.

*�Collaboratrice�della�Casa�del�Giovane

“Nonna Renata”a Ronco di Ghiffa, con Carlo della Comunitàdi Samperone

“Nonna Renata”alla Casa del Giovane

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O ggi in modo particolare,i giovani non si

accontentano più di belleparole, ma vogliono vederee ragionare con i fatti della vita,e, di conseguenza, con unrapporto “alla pari”e di condivisione, potenziandoil senso di responsabilitàe allontanando così i malidell’assistenzialismo.Ecco quanto don Enzochiedeva ai volontaridella Casa del Giovanecome “Nonna Renata”

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di Sandro Bruni*

i l mio primo incontro conDon enzo, fondatore di

questa grande avventuraeducativa, sociale e reli-giosa, che è la casa del gio-vane, è avvenuto nell’orato-rio di san mauro. ero ap-pena rientrato dal serviziomilitare nel 1965. l’oratoriodi s. mauro era un pullularedi attività ricreative ed edu-cative: si facevano almenotre riunioni serali settima-nali, più il catechismo pertutti alla domenica. Donenzo già allora riusciva a ri-tagliarsi il tempo per sparirecon la sua vespa e poi tor-nare in oratorio con qual-che nuovo “soggetto” maivisto e mai incontrato primadi allora! noi ragazzi della“prima ora” eravamo quasigelosi di quel comporta-mento: “ma come: noisiamo qui tutti i giorni e luiva a cercarne altri maivisti!”; fu solo tempo dopoche capimmo tutto!la prima comunità nascenel 1967 in un deposito-ga-rage, in un cortile anonimodi una strada laterale a vialelibertà e in uno stanzonedel santuario mariano dioropa. anche la mia famiglia par-tecipò a queste iniziali av-venture: la mia cara mam -

ma elsa, andava una volta asettimana a lavare i panni epiù tardi, insieme ad altrepersone, ad aiutare nell’al-lora casa “colonnelloviani”, ora casa madre.mio fratello, padre giam-piero, sacerdote missionariodel pime, non appena con-sacrato sacerdote seguì adoropa Don enzo con i gio-vani e lo aiutò in alcuni in-contri al santuario dellascorzoletta di broni. il miocaro papà ma-rino, allora giàin pensione, fumaestro di la-voro a casamadre per il la-voro di smon-taggio dei “mo-torini” in ap-palto dalla fab-brica necchi. ioero sempre ametà strada tral’aiuto in par-rocchia e unosguardo alleco munità e allesempre nuoveesigenze di Donenzo che cispro nava ad una radicalitàdella nostra vita cristiana ead una maggiore testimo-nianza.la caratteristica che più miha colpito era la semplicitàe la bontà di don enzo e la

sua fiducia immensa nellaprovvidenza. molte realtàche io ho visto nascere, cre-scere e consolidarsi sembra-vano nascessero dal nulla ungiorno dopo l’altro; in realtàavevano come determinantesupporto la preghiera,l’azio ne, il sacrificio, anchepersonale, del Don e molta,moltissima fiducia nellaprovvidenza e nelle personeche incontrava. tra questericcardo e giuliana, Diego,

bruno, don luigi e luigipatrini erano il sostegno del-l’azione del Don, il riferi-mento ed un punto certoper la sua vulcanica azione.vidi nascere e completarsicasa madre; partecipai al

loro lavoro della costruzione(trasformazione del bassopollaio esistente) di casanuova e relativa cappella invia lomonaco.fui presente gli incontri “pri-mordiali” a cascina giovanedi samperone, non ancora ri-strutturata ne acquistata, agliincontri e alle sante messe inviale libertà quando il ve-scovo (dopo mons. allorio,venne mons. angioni) si de-cise di celebrare lì una santa

La Comunitàè nata nellaprovvidenza

In queste pagine troviamoil ricordo appassionato

di Sandro Bruni, uno deitanti amici e collaboratoriche hanno messo adisposizione le loro forzeper la Casa del Giovane che hanno visto nasceree crescere l’Opera di Dio in don Enzo

Il primo da destra èSandro Bruni negli anni ’80attorniato da ragazzie da altri collaboratoridella Comunitàin un momento di festa

Camminare nella luce

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messa la domenica a mezzo-giorno animata da un coro diamici messi insieme quasi percaso e davvero quasi per lestrade da don enzo, tantoche il vescovo ne fu emozio-nato e contento e l’esperienzacontinuò!il ritmo della giornata erasemplice ma ben organiz-zato con orari precisi anchedi lettura, riposo, riflessionee momenti di svago. nel la-voro si raccoglieva carta ecartone nel quartiere, si re-cuperava il rame dagli sta-tori per conto della “nec-chi”, ci si ingegnò con unaprima antidiluviana mac-china da stampa in casarondi, dove c’era anchel’orto, le galline ed altri ani-mali, quattro o cinque muc-che e addirittura per uncerto periodo, con l’aiutodel Dott. roberto spelta,gestimmo una piccola por-zione di azienda agricola atromello accordataci in af-fitto dal policlinico sanmatteo.le principali caratteristichedello stile di vita erano lafraternità e la condivisione:quel poco che c’era eramesso in comune. a questoproposito ricordo un episo-dio commovente e significa-tivo al quale io fui presente.Don enzo decise di conse-

gnare l’ultima scatola dipasta rimasta in dispensa algruppo di samperone, la-sciando così casa madredel tutto sguarnita. ed eccoinaspettato l’arrivo, doponemmeno un’ora di quattroscatoloni di pasta”rotta” cheil pastificio liberali di paviaaveva pensato che forse po-tessero servire a qualcunoinvece di buttarla!Don enzo sosteneva che laprovvisorietà corrisponde anon cercare le comodità e adessere sempre pronti e dispo-nibili agli eventi e attenti allepersone; ci testimoniava la fi-ducia nella provvidenza e lasanta devozione a mariasantissima e a san giusep -pe, eletti entrambi a protet-tori della comunità; ci richia-mava all’impegno per un mi-glioramento personale e co-munitario, attraverso lo stu-dio, i corsi di recupero, le riu-nioni e i piccoli e grandi con-vegni di cui si fece promotoreinstancabile. ricordo che noigiovani dell’oratorio non era-vamo abituati a tutto questoe perciò la novità di vita e dilavoro della comunità ci in-teressava sempre più e rap-presentava la vera novità divita della chiesa del post-concilio!Da ultimo, tra le iniziativeinteressanti a cui ho parteci-

pato, non pos -so non ricor-dare quellarea lizzata in-sieme agli edu -catori e ai gio-vani della co-munità, attra-verso il reci-tal, ovvero lospettacolo rea -lizzato dal laca sa del gio -vane, con l’im-pegno per por -tare la cono-scenza e la te-stimonianza della comunitànelle altre province e regionid’italia con oltre cento rap-presentazioni in tre anni.esperienza indimenticabileper noi e per le persone in-contrate nei vari paesi e cittàdalla quale sono nate cono-scenze e amicizie, nonchédisponibilità e vocazioni perla casa del giovane. tuttoquesto è certamente servito,insieme a tanta preghiera econdivisione, a costruirel’anima e la vita di tutta lacomunità.sono grato a don enzo e atutti gli amici, ai responsa-bili, ai sacerdoti: don francoprima e don arturo ora, in-sieme ai confratelli comuni-tari tutti, poiché il camminodi questi quarant’anni è

stato esattamente corrispon-dente al cammino dei qua-rant’anni del mio matrimo-nio e di questo sono grato atutti per questa grande ebella condivisione.chiedo con voi al nostrocaro don enzo di continuarea “camminare in mez zo anoi” con quel suo passosvelto, deciso, orante e cari-tatevole che ci ha accompa-gnato in questi anni.

*Assessore�al�Comune�di�Pavia

Mons. Gianfranco Poma, eSandro Bruni premiano Sasaalla Settimana del Sole,dedicata al gioco e allaformazione dei minori accolti

L E I N I Z I A T I V E D E L L A C O M U N I T À

31 dicembre 2011

Capodanno CdG40 anni di accoglienza

Salone Terzo Millenniovia Lomonaco, 43 - Pavia

18 settembre 2011

Festa degli Amici

dellaComunità

40 anni divolontariato,

di servizio e diamicizia

Cascina Giovanedi Samperone (PV)

dal 14 al 17 luglio 2011

Campo vocazionaleCasa S. Cuore - Ronco di Ghiffa (VB)

“Servire il Fratello - Il servizio come vocazione dell’uomo”

dal 22 al 24 luglio 2011

Week-end di responsabilizzazioneCasa S. Cuore - Ronco di Ghiffa (VB)“Il razzismo nell’era della globalizzazione ha senso?Quale solidarietà tra immigrazioni e culture”con don Fabio Corazzina - Pax Christi

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Attu

alità

di Antonella Dellanoce*

Dalle ricerche effettuatesu delle fasce d’età ab-

bastanza ampie, dalle scuoleelementari fino alle scuolesuperiori, si osserva l’evolu-zione del comportamento edello stile di vita del ragazzomedio moderno, il ragazzodel 2011.oggi, rispetto a 20 anni fa, iragazzi fanno moltissime at-tività durante gli anni dellascuola elementare e partedelle scuola media; un bam-bino delle elementari spessonon ha tempo libero perché,oltre alla scuola e al caricodi studio pomeridiano, i ge-nitori, giustamente, gli

fanno fare innumerevoli at-tività motorie, così che que-sti stessi bambini al loro in-gresso alle medie conosce-ranno già tutti gli sport chehanno avuto modo di prati-care durante l’infanzia.Questa abitudine va sce-mando durante le scuolemedie e le scuole superiori,anni durante i quali i ra-gazzi si scontrano con unanuova realtà e si ritrovanoad avere molto più tempo li-bero, e la necessità, quindi,di trovare un modo alterna-tivo a quello conosciuto peroccupare il tempo.oggi ci lamentiamo di unabbandono precoce dell’at-tività sportiva a qualsiasi li-

vello, è un po’ la problema-tica di tutti gli sport, anchedel calcio che è quello piùpopolare: la ricerca è pro-prio lo specchio di ciò cheaccade. in questo caso, sipuò pensare ad un vero eproprio cambio di cultura,c’è molta meno voglia difare agonismo e di giocare,sembra che lo sport debbaessere fatto soltanto perchéc’è un fine, o si diventa cam-pione oppure si passa ad unaltro sport. Queste aspetta-tive dei genitori si riversanosui ragazzi, i media, dalcanto loro, purtroppo, cipropongono, sempre di piùil modello del “o vinci onon sei nessuno”, e molto

spesso demoti-vano i ragazziche al primoostacolo o in-fortunio deci-dono di mol-lare. all’ab-b a n d o n ode l l ’at t iv i tàsportiva si co-mincia unaltro stile divita dettatodall’avere piùtempo perpoter frequen-tare le casedegli amici, ibar, le strade ele piazze. bisogna chie-dersi perché iragazzi hannocosì tantotempo libero,c’è stata nelcorso degli

anni una vera e propria ri-voluzione culturale, oggi iragazzi non hanno più vo-glia di niente perché hannogià tutto, non hanno piùniente da conquistare.Dalle ricerche effettuate au-menta molto considerevol-mente l’utilizzo di social net-work e internet, questo di-scorso può risultare unarma a doppio taglio perchéinternet è un mezzo formi-dabile per aumentare le pro-prie conoscenze, sia dalpunto di vista dell’espan-sione mentale che delle pos-sibilità di apprendimento;l’uso è assolutamente posi-tivo, è l’abuso che invece vacontrastato perché troppo

La Comunità Casa del Giovaneda ormai due anni è parte

attiva del progetto “Meno alcolpiù vita” ; oltre all’elaborazione di questionari, report e avvio dei laboratori, tale impegnoprevede la realizzazione di unnuovo testo nel quale verràinserita la testimonianza diStefano Baldini, maratonetapluridecorato e vincitore delleOlimpiadi di Atene 2004. L’atleta ci parla a cuoreaperto per lanciareun valido messaggio ai giovani

Stefano Baldini:nuovi stilidi vita per i nostri giovani

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Stefano Baldini

Camminare nella luce

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spesso questi ragazzi ,comein ogni cosa, esageranonell’utilizzare il mezzo. negli anni ’80 dicevamo lastessa cosa della televisione.in tutte le cose bisognaavere equilibrio, questo è ilpiccolo grande segreto perottenere il massimo dei van-taggi e per evitare gli svan-taggi che il mezzo porta.certo si andrà incontro a deiproblemi, contrastare l’abusoè difficile, è importante che igenitori facciano la loroparte perché quando i ra-gazzi hanno briglia scioltaapprofittano delle occasionie delle possibilità.i ragazzi in giovane etàmancano di consapevolezzeper cui è molto facile perloro abusare di alcool o uti-lizzarlo con il solo scopo didivertirsi e socializzare, inquesto bisogna spingeremolto sul tasto dei genitoriperché non è possibile che lascuola o altre istituzioni sisostituiscano a chi ha ilruolo di fare questo lavoro:il compito del genitore nonpuò essere sostituito da nes-sun altro, i genitori devonoeducare e insegnare ai ra-gazzi le cose fondamentalidella vita, tra cui l’avere re-sponsabilità. oggi, molti genitori non re-sponsabilizzano i propri figliperché si fidano troppo diloro, ma la fiducia potrà es-sere concessa solo a patto diaver fatto di tutto per ac-compagnare i figli ad unasempre più matura respon-sabilità verso se stessi e i pro-pri cari. sicuramente biso-gna fare i conti con unmondo molto più difficile ri-spetto a qualche tempo fa.in un secondo momentopuò fare la sua parte anchela scuola o l’università utiliz-zando i canali che ha a di-sposizione per raccogliere idati, fare ricerca e compierestudi come questo. Quandosi descrivono bambini infasce d’età così piccole il

grande compito educativospetta ai genitori, altrimentinon potremo stupirci se ungiorno questi, una volta cre-sciuti, riempiranno pub, lo-cale e piazze.. per ottenere dei risultatinella vita bisogna faticare edimpegnarsi, e soprattutto ri-nunciare a qualcosa per per-seguire un obiettivo piùgrande.lavoro con ragazzi di 17, 18

e 19 anni della federazionegiovanile di atletica; oggi,questi ragazzi attingono aformidabili tecnologie che20 anni fa nonc’erano. le dif-ficoltà che hoincontrato ri-guardavano so-prattutto ildover rinun-ciare a qualcosae, quando ebbifinito le scuolesuperiori, hofatto difficoltà ad accettaredi non riuscir più a fare lavita che facevano gli altri ra-gazzi: per me la domenicac’era la gara o il giorno

dopo c’era un allenamentoimportante e non potevopermettermi di fare la stessavita serale, notturna che fa-cevano gli altri. io ho sceltolo sport e le conseguenzeche esso comportava, po-tevo uscire la sera ma nonpotevo far tardi e non po-tevo eccedere sia nel man-giare che nel bere; posso af-fermare però con certezza,che non ho mai vissuto que-

ste rinunce come un pro-blema o un sacrificio. il pro-blema non è stato mai l’al-col, io non ho mai abusato:

a me piacebere del buonvino a tavoloo una buonabirra a tavolaal pasto peròil mio è unuso consape-vole per duemotivi; unoperché a casa

mi era stato insegnato a nonabusare, e l’altro perché losport mi ha dato una manoe mi ha insegnato il rispettoper me stesso e per il mio

corpo. nella mia vita ho co-nosciuto tante persone, co-loro che praticano lo sport,che aiuta a maturare e a cre-scere, hanno potuto cono-scere meglio se stessi.gli adulti devono cercare dicapire questi ragazzi ed es-sere più vicini a loro; nonabbiamo la bacchetta ma-gica per poter risolvere i pro-blemi; le stesse statistiche voiavete elaborato, rispec-chiano le problematichedella zona che avete preso inconsiderazione, ma forse cene sono molte meno che inaltre zone. Dovremmo co-noscere meglio quello che iragazzi di oggi desideranocercando di stimolare i lorointeressi in cose semplicianche se per loro oggi sononoiose…vedo una noia di fondo cheprima non c’era e quindi bi-sogna cercare di stimolarequesti ragazzi; anche losport può essere uno stimologrande in questo senso.Dobbiamo cercare, anchese sembra demagogia, diinsegnare ai nostri ragazziche la vita ha un valore, cheloro stessi valgono e chenon ha senso buttarsi viaabusando di sostanze chefanno male, noi dobbiamoinculcare ai ragazzi il con-cetto che tutto questo famale e vivranno negativa-mente loro spese tutte leconseguenze dei loro errori.È come il doping nellosport, chiunque lo proponeti dice che “migliorerà le tueprestazioni e vincerai, nonti dice mai le conseguenzeche può avere quello che tipropone”, quindi noi dob-biamo farlo assolutamente.stimoliamo i ragazzi sul va-lore della vita, poi chi vuolecapire capisce e speriamopossa lanciare il messaggioche alla fine non serve se-guire il branco per esserepiù belli o piu’ alla moda.

*�Psicologa�della�Casa�del�Giovane�

Oggi dobbiamoinsegnare ainostri ragazziche la vitaha un valore

Attu

alità

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Un gruppodi comunitari

in gita condon Dario

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di don Dario Crotti*

crisi o speranza? chie-diamocelo personal-

mente e comunitariamentecome famiglie, parrocchie econtesti di vita comune,chiediamoci quale sia laprospettiva con cui guardare(senza nulla togliere alladrammaticità di tanti fattisoprattutto a danno dei piùfragili e degli ultimi) gli sbar-chi di giovani e uomini,donne e bambini prove-nienti dal nord africa. “È�una�maledetta�“sventura”�ol’occasione�per�iniziare�a�guardare,conoscere,�vivere�e�amare�il�nostrotempo?” così recita un bellis-simo paragrafo del testo“Crescere� Insieme”� scritto daDon enzo nell’anno 1991.sbarchi: che fare? Questa è

la domanda che si agita neicuori di molti italiani difronte alle continue ondatedi persone che sbarcano incondizioni spesso miserandee disperate sulle nostre co -ste. una domanda inevita-bile, che pone davanti al di-lemma della coscienza chespinge a trovare una solu-zione per aiutare chi ha bi-sogno e degli occhi che pre-feriscono non guardare, nonsoffermarsi a vedere per nonrimanere coinvolti in situa-zioni di sofferenza davantialle quali non si sa cosa fare. il suggerimento del vangelomi pare sia quello di soffer-marsi e di provare ad osser-varlo con lo sguardo delbuon samaritano, rifacen-dosi alla parabola raccon-tata dall’evangelista luca

(10,25-37) e letta con estre -ma cura 25 anni fa dall’al-lora arcivescovo di milanocard. carlo maria martininella lettera pastorale Farsiprossimo, che diede inizio aun percorso di riflessione edi azione sulla carità nellachiesa italiana e che man-tiene inalterata la vitalità delsuo messaggio.l’incontro con chi soffremette sempre in moto inter-rogativi profondi della nostracoscienza, che ci spingono a«farci prossimi», ossia avvici-narci e «ritrovare l’umanitànostra e di colui che incon-triamo», in una dinamicache non è frutto di automa-tismo bensì di un eserciziopreciso della nostra libertà,che ci spinge all’azione. possiamo quindi suggeriredue modalità sulle qualiconcentrarci per riuscire afarci� prossimi oggi: promuo-vere una “partecipazione si-gnificativa dei destinatari”delle azioni di aiuti, conside-randoli quindi come sog-getti attivi, e tenere presentel’importanza della “alloca-zione delle risorse”, la “pre-disposizione di struttureadeguate” nonché l’esi-stenza di “vincoli di bilan-cio”, senza però sacrificare

ad essi la nostra umanità.le imprevedibili situazionidi emergenza come quellaattuale, richiedono dunquedi non mettere in atto faciliequazioni per cui farsi�pros-simi significa mettere in pra-tica un’accoglienza indiscri-minata, ma di fare ciò che èpossibile al momento.la comunità davanti a que-sta emergenza, ha apertocon semplicità le sue porte adue giovani e simpatici tuni-sini: melek e mokles; peritoinformatico il primo e salda-tore il secondo; con i loro 25anni si sono inseriti conmolto rispetto nel contestocomunitario, esprimendo ildesiderio di imparare primadi tutto la lingua italiana e ri-conoscendo nella comunitàla mediazione per conosceregradualmente i valori, le op-portunità positive della no-stra cultura e società.

*�Sacerdote�della�Casa�del�Giovanee�direttore�della�Caritas�di�Pavia

Attu

alità

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EmergenzaNord Africa:crisi osperanza?

Forse non è del tutto correttocontrapporre i termini “crisi”

e “speranza”, comefossero due opposti inconciliabili. Da un certo punto di vista,invece, le “crisi” vissute pur nelloro aspetto di fatica possonodiventare il momento della speranza...

Dall’inizio di quest’announa serie ininterrottadi sbarchi ha portato migliaiadi persone sulle nostre costealla ricercadi una vita diversa.

Camminare nella luce

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BOLLETTINO pOSTALEQuasi ogni giorno tramite que-sto mezzo arrivano aiuti eco-nomici, frutto di tante piccolee grandi generosità che sempreci commuovono e ci stimolano,perchè nascono dal gratuito.lo si trova inserito nella rivistadella comunità camminarenella luce o presso le nostrecomunità. il numero del c/cpostale è 97914212.

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La Comunità vivedella generosità,dell’impegno e dellasolidarietà di tutti.Ecco i modi attraversoi quali è possibile aiutaree sostenere il servizioche la Comunità svolge

Per ulteriori informazioni visita il sito:

www.cdg.it

LA prOprIA VITApuò sembrare fuori luogo parlare di vocazionein questo contesto ma è proprio questo uno deipunti che caratterizzano la casa del giovane:è possibile - rispondendo ad una chiamata cheè solo di Dio - donare non solo parte del pro-prio tempo, ma tutta la propria vita per il van-gelo e per i fratelli in difficoltà. per colloqui eaccompagnamento vocazionali contattare donarturo allo 0382.3814490 oppure via [email protected].

LASCITI ED ErEDITÀÈ un aspetto delicato che lacomunità non vuole eviden-ziare per motivi di rispetto e didiscrezione. molti aiuti allacasa del giovane sono comun-que giunti e giungono tramitepersone sensibili e silenzioseche hanno donato in questomodo.per ulteriori informazioni con -tattare don arturo allo0382.3814490 oppure via [email protected].

BONIfICO BANCArIOÈ possibile offrire il proprioaiuto economico anche tramitebonifici bancari. Queste le co-ordinate:iban it61 v033 5901 60010000 0005 333 per i bonificisu c/c bancarioiban it82 p 07601 11300000097914212 per i bonifici suc/c postale

LA prEGhIErAla più importante ed efficace forma di aiuto èproprio la preghiera. perchè di fatto, medianteessa, Dio continua a sostenere e a ispirare nelcuore di tutti il desiderio di amare e far vivere ecrescere questa realtà nata dal vangelo e da unuomo che sempre più persone sentono vicino, diesempio e sostegno: il nostro don enzo boschetti,ora servo di Dio. sul sito www.cdg.it è possibiletrovare l'orario della preghiera comunitaria perchi desiderasse parteciparvi presso la cappelladella resurrezione in via lomonaco 43 a pavia.

I LABOrATOrIDEL GIOVANEArTIGIANOanche questo è unmodo di aiutare concre-tamente la comunità.commissionando lavoridi restauro, centro

stampa, carpenteria ai nostri laboratori si puòcontribuire a sostenere la casa del giovane per-mettendo ai ragazzi di impegnarsi concreta-mente con il loro lavoro. si trovano in via lo-monaco 16 a pavia; ecco i loro riferimenti:Carpenteria: telefono 03823814420 - mail: [email protected] - restauro mobili: telefono03823814422 - mail: [email protected]�Stampa: telefono 03823814414 - mail:[email protected]

BENI MATErIALIDa sempre la comunità ricicla e recu-pera. vestiti, alimentari, mobili, elettro-domestici, generi vari, se ancora inbuono stato, vengono riutilizzati dallacomunità e anche ridistribuiti al di fuoridi essa a chi ne ha necessità. per questotipo di aiuto si può contattare la comu-nità via mail all'indirizzo [email protected] op-pure al 348.3313386 (vincenzo).

IL TEMpOQuesta è una delle ricchezze maggioridella cdg. Donando parte del propriotempo nel volontariato, è possibile con-tribuire al sostegno della comunità. i set-tori sono vari: dall'amministrativo ai la-boratori, dall’educativo alla cucina, dallalavanderia all’animazione, è possibilecontribuire con il proprio tempo e la pro-pria persona. per ulteriori informazionisul volontariato in comunità contattaremichela allo 0382.3814490 oppure viamail a [email protected].

Come aiutare la Comunità

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Comunità della Casa del Giovane

Associazione Privata di Fedeli CASA del GIOVANE

Sede in: Via Folla di Sotto, 19 - 27100 PaviaTel. 0382.3814476 - Fax 0382.3814475 - [email protected] Primo: mons. Giovanni Giudici - Vescovo di Pavia Curia di Pavia - Piazza Duomo, 1 27100 Pavia - Tel. 0382.386511Responsabile di Unità: don Arturo Cristani Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814476 - Fax 0382.3814475 [email protected]

Fondazione DON ENZO BOSCHETTICOMUNITÀ CASA DEL GIOVANE

Sede in: Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814476 - Fax 0382.3814475 - [email protected]: don Arturo Cristani - Via Lomonaco, 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814476 Fax 0382.3814475 - [email protected]

Coop. Soc. CASA del GIOVANE

Sede in: Via Folla di Sotto, 19 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814490 - Fax 0382.3814492 - [email protected]: Diego Turcinovich - Via Lomonaco 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814490 [email protected]

Coop. Soc. IL GIOVANE ARTIGIANO

Sede in: Viale Libertà, 23 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814482 - Fax 0382.3814406 - [email protected]: Alberto Cazzulani - Via Lomonaco 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814490 Fax 0382.3814492 - [email protected]

“Arsenale Servire il fratello” - Laboratori di:Centro stampa, carpenteria, falegnameriaVia Lomonaco, 16 - 27100 PaviaTel. 0382.381411 - Fax [email protected] - [email protected]@cdg.it

ORATORIO

Sede amministrativa e colloqui di Accoglienza Viale Libertà, 23 - 27100 Pavia - Tel. 0382.3814551 Fax 0382.29630 - [email protected]

Archivio “don ENZO BOSCHETTI”

presso Fraternità “Charles de Foucauld” Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814469 - [email protected]

Centro Educativo “don ENZO BOSCHETTI”

Coordinamento Aree Educative e di AccoglienzaVia Lomonaco 43 - 27100 Pavia

Area Minori: Tel. 0382.3814490 - Fax 0382.3814492 [email protected] Adulti e Dipendenze: Tel. 0382.3814485 Fax 0382.3814487 - [email protected] Donne: Tel. 0382.3814445- Fax 0382.523644 [email protected] Riabilitazione Psichiatrica: Tel. 0382.3814499 Fax 0382.3814490 - [email protected]

Area MINORI

Casa Gariboldi - Minori 13-17 anni Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814457- [email protected] S. Martino - Minori 13-17 anni Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814440 - [email protected]

CENTRO DURNO “Ci sto dentro” - Via Lomonaco 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814455 [email protected] FAMIGLIA Madonna della Fontana Casa-famiglia per bambini in età scolare Fraz. Fontana - 26900 Lodi Tel. 0371.423794 - [email protected]

Area ADULTI e DIPENDENZE

COMUNITÀ TERAPEUTICO-RIABILITATIVECasa Madre - Via Folla di Sotto, 19 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814590 - [email protected] Giovane - Samperone di Certosa 27012 Certosa di Pavia - Tel. 0382.925729 Fax 0382.938231 - [email protected] Accoglienza - Vìa Lomonaco, 16 27100 Pavia - Tel. 0382.3814430 Fax 0382.3814487 - [email protected] www.casaccoglienza.orgCasa Boselli - Modulo specialistico per alcool e polidipendenze - Vìa Lomonaco, 43 - 27100 Pavia tel. 0382.3814597Casa Speranza - Via del Bottegone, 9 13900 Biella Chiavazza (BI) - Tel. 015/2439245 Fax 015/2520086 - [email protected] DIURNO BASSA SOGLIA “IN&OUT” Vìa Lomonaco, 43 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814596 - [email protected]

Area DONNE

COMUNITÀ PER MAMME CON BAMBINICasa S. Michele - Viale Golgi, 22 - 27100 Pavia Tel. 0382.525911 - Fax 0382.523644 [email protected] S. Giuseppe - Via Lomonaco, 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814435 - [email protected]

Area SALUTE MENTALE

Centro diurno “Don Orione” - Via Lomonaco, 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814453 [email protected] diurno “Don Bosco” - Via Lomonaco, 43 27100 Pavia - Tel. 0382.3814477 [email protected]

SPIRITUALITÀ

Casa Sacro Cuore - Via Risorgimento, 249 28823 Ronco di Ghiffa (VB) - Tel. 0323.59536Monastero Mater Carmeli - Via del Bottegone, 9 13900 Biella Chiavazza (BI) - Tel. 015.352803 Fax 015.2527643 - [email protected] www.carmelitanebiella.it

FRATERNITÀ

Fraternità “Charles de Foucauld” Via Lomonaco, 45 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814445 - [email protected] Nuova - Via Lomonaco, 45 - 27100 Pavia Tel. 0382.3814464 - [email protected]

CASE ESTIVE

Casa Maria Immacolata - Inesio (LC) Tel. 0341.870190 - [email protected] Sacro Cuore - Via Risorgimento, 249 28823 Ronco di Ghiffa (VB) - Tel 0323.59536

LA COMUNITÀ sul WEB

www.cdg.it - Sito ufficiale della Comunità Casa del Giovane di Paviawww.centrodiascolto.org - per l'ascolto e l'orientamento nel disagio giovanilewww.casaccoglienza.org - sito della comunità Casa Accoglienza della Casa del Giovane di Pavia