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Capitolo 3 La didattica dell’aritmetica. 1. I numeri interi: contare e fare operazioni. All’inizio della storia dell’uomo, per quanto ne sappiamo e per quello che possiamo immaginare, ad un certo punto si è posta la necessità di contare e poi di registrare/comunicare i risultati di tale operazione. Partendo dal pastore primitivo che contava le sue pecore facendo delle tacche su un bastone o ponendole in corrispondenza uno a uno con dei sassolini messi in qualche contenitore, si passa, con l’invenzione della scrittura, ai simboli che indicano quantità numeriche. La tacca, il segno lasciato su un bastone o su una pietra, in quasi tutte le civiltà è il simbolo che indica uno, poi ogni civiltà adotta un primo insieme di segni che servono per indicare quantità. La prima idea è quella di ripetere il segno dell’uno tante volte quanto serve, ma si comprende subito la difficoltà, per esempio, di rappresentare 13 con tredici tacche; ecco allora che si inventano segni e nomi corrispondenti per rendere più semplice la comunicazione/registrazione di quantità numeriche. Fig. 1: Simboli usati per scrivere quantità

Capitolo 3 La didattica dell’aritmetica. · servono per indicare quantità. La prima idea è quella di ripetere ... Simboli usati per scrivere ... simboli e regole per scrivere

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Capitolo 3 La didattica dell’aritmetica.

1. I numeri interi: contare e fare operazioni. All’inizio della storia dell’uomo, per quanto ne sappiamo e per quello che

possiamo immaginare, ad un certo punto si è posta la necessità di contare e poi di

registrare/comunicare i risultati di tale operazione. Partendo dal pastore primitivo

che contava le sue pecore facendo delle tacche su un bastone o ponendole in

corrispondenza uno a uno con dei sassolini messi in qualche contenitore, si passa,

con l’invenzione della scrittura, ai simboli che indicano quantità numeriche. La

tacca, il segno lasciato su un bastone o su una pietra, in quasi tutte le civiltà è il

simbolo che indica uno, poi ogni civiltà adotta un primo insieme di segni che

servono per indicare quantità. La prima idea è quella di ripetere il segno dell’uno

tante volte quanto serve, ma si comprende subito la difficoltà, per esempio, di

rappresentare 13 con tredici tacche; ecco allora che si inventano segni e nomi

corrispondenti per rendere più semplice la comunicazione/registrazione di quantità

numeriche.

Fig. 1: Simboli usati per scrivere quantità

I Romani usano dei simboli base:

I (1) V (5) X (10) L (50) C (100) D (500) M (1000)

e delle opportune regole per combinarli.

I Greci adottano un complicato sistema che vede l’uso delle lettere

dell’alfabeto e di opportune combinazioni di esse, altri popoli usano altri simboli

Fig.2: Simboli greci ed ebraici

Il problema però è che contemporaneamente al sorgere della necessità di

contare nasce anche la necessità di operare con le quantità: aggiungere o togliere

quantità, ripartire oggetti, raggruppare. È soprattutto lo svilupparsi delle relazioni

tra gli uomini, la nascita del commercio, ma anche l’osservazione dei fenomeni

naturali, primi fra tutti l’alternarsi del giorno e della notte e l’alternarsi delle stagioni

che impongono anche la ricerca di metodi “per fare di conto”. Uno strumento che a

poco a poco si impone, anche se in forme leggermente diverse, presso moltissimi

popoli è l’abaco. L’abaco usato nei tempi antichi poteva essere una tavoletta

suddivisa in un certo numero scomparti, variabile a seconda delle necessità (si

poteva disegnare facilmente anche per terra nella polvere)

sulla quale venivano depositate delle piccole pietre (calculi in latino) che

rappresentavano le quantità. Alla base di questo strumento c’è già però una

grande scoperta matematica. Torniamo al pastore che deve contare le sue pecore:

quando gli animali da contare diventano tanti, bisogna inventare qualcosa che

consenta di contare più rapidamente. Si sono trovati segni di questo genere

I I I I I

nei quali è evidente il significato di raggruppamento per 5: avere 5 dita su una

mano deve aver dato il suggerimento (anche nella numerazione dei Romani ricorre

il 5, 5 unità V, 5 decine L, 5 centinaia D). Due mani poi suggeriscono la possibilità

di raggruppare per 10 ed è proprio in questo modo che si arriva ad usare l’abaco:

la scoperta matematica consiste nell’aver immaginato che uno stesso oggetto

(simbolo) assume valore diverso a seconda della casella in cui si trova

………………… un sassolino qui vuol dire un gruppo di dieci decine (centinaia)

un sassolino qui vuol dire un gruppo di dieci unità (decina)

un sassolino qui vuol dire una unità

L’abaco viene usato esclusivamente per scopi pratici ed è abbastanza

intuitivo usarlo per fare addizioni e sottrazioni e anche, con determinati metodi, per

fare moltiplicazioni e divisioni. La regola fondamentale di funzionamento è la

seguente: in una casella si possono mettere fino ad un massimo di 9 sassolini (se

si fanno i raggruppamenti a 10 o in base 10). Per considerare il numero

successivo, bisogna svuotare la casella e aggiungere un sassolino sulla casella

immediatamente a sinistra. È facile farne capire il funzionamento se si usa un altro

tipo di abaco, quello ad aste, che si può costruire in classe con degli spiedini di

legno inseriti in fori fatti su una base di legno:

Invece dei sassolini, con i bambini è possibile usare della pasta alimentare

forata, tipo “tubettini” o “ditali”, bisognerà solo regolare l’altezza delle aste in modo

tale che se ne possano infilare non più di 9. Anche in questo caso le aste possono

essere di più o di meno a seconda delle necessità.

Facciamo ora concretamente qualche operazione: dovendo eseguire

31+15, procediamo nel modo seguente (negli abaci rappresentati sotto, per

comodità di disegno ogni casella è stata suddivisa in nove parti, ciascuna delle

quali può contenere un solo cerchietto/sassolino)

centinaia decine unità

O O O O

O O O O

O O

Trasportiamo le unità nella casella delle unità e le decine in quella delle

decine da sopra a sotto. Otteniamo il risultato 46

O O O O O O

O O O O

Eseguiamo ora 24 + 17, possiamo procedere come segue

decine unità

?

Quando trasportiamo il terzo sassolino nella casella di sotto, dobbiamo

vuotare la casella e aggiungere un sassolino alla casella immediatamente a

sinistra (decine), dove ora ce ne sono 2. La situazione è ora la seguente:

O O O O O

O

O O O O

O O O

O

O O O

O O

Completando il trasporto dalle caselle di sopra alle corrispondenti di sotto, si

trova alla fine

O O O O

O

Eseguiamo ora 34 – 15

O O O O O O

O

O O O O

O O

Cominciamo togliendo da sopra le 4 unità, pervenendo alla seguente

situazione

O O O

O O

Non avendo più unità da eliminare nella casella di sopra, possiamo operare

in questo modo: un sassolino della seconda casella (decine) vale 10 unità,

eliminiamo una unità e perveniamo a questa situazione

O O O O O

O O O

O O O

O

A questo punto completiamo eliminando l’ultimo sassolino dalle decine e

arriviamo al risultato finale

O O O O

O O O

O O O

Per fare le moltiplicazioni e divisioni, l’abaco non è tanto adatto. Un

possibile modo di utilizzarlo è il seguente: si voglia eseguire la moltiplicazione

12×6; si parte da 12

O O O

e si raddoppia ottenendo

O O O O O

O

ancora raddoppiando

O O O O O O

O O O O

O O L’ultimo numero è 4 volte quello iniziale, il secondo è 2 volte quello iniziale, se

si sommano si ottiene 6 volte (4+2) il numero iniziale (cioè 12×6)

O O O O O O O O O

Fare divisioni è ancora più complesso; volendo eseguire ad esempio 54 ÷ 4,

si può procedere nel modo seguente: si parte da 54

O O O O O O

O O O

e si procede togliendo via via 4. L’operazione si può ripetere 13 volte e alla fine si

giunge alla seguente situazione

O O

e questo consente di dire che il risultato di 54 ÷ 4 è 13 con il resto di 2.

È chiaro che con l’abaco, aumentando il numero delle caselle, è possibile

indicare qualsiasi numero, per esempio 2403 o 5000 vengono rappresentati nel

modo seguente

migliaia centinaia decine unità

O O O O O O O O O

O O O

O O

Scrivere 5000 sull’abaco è stato abbastanza facile, ma se si tolgono le

caselle che individuano i vari tipi di raggruppamento, cominciano i problemi,

perché non c’è alcuna possibilità di distinguere 5 da 50 o da 5000, così come 2403

da 243 o da 2430. Chiaramente quello che manca è un simbolo per indicare la

mancanza di sassolini in una casella: un simbolo con questo significato fu usato

dai Babilonesi almeno dal III sec. A.C. e anche in altre civiltà extraeuropee.

Ad un certo punto a qualcuno venne l’idea di usare invece di, poniamo,

sette sassolini, un simbolo che significasse sette: nella figura qui sotto sono

riportati i simboli usati in varie civiltà.

Nella prima fila si leggono le cifre arabe moderne, quelle da noi usate; nella

seconda, quarta e quinta fila si leggono cifre arabe antiche, nella terza lettere

arabe usate al posto di numeri e nelle ultime due righe ci sono invece cifre indiane.

Bisogna però arrivare al VI secolo dopo Cristo perché matematici indiani

facciano un ulteriore passo in avanti. Il segno che indica la mancanza di qualcosa

(il nostro 0) è un numero, con esso si possono fare operazioni. Ma mentre è

immediato capire come esso opera nelle addizioni o sottrazioni (se a 4 aggiungo 0

o a 0 aggiungo 4 il risultato è sempre 4) meno immediato è capire come opera

nelle moltiplicazioni o nelle divisioni. Tutti capiscano che 5 volte niente (così può

essere interpretato 5×0) vuol dire ancora 0, meno immediato è intuire il significato

di 0×5: siccome però si vuole che la moltiplicazione sia commutativa è d’obbligo

che 0×5 sia uguale a 5×0. Sappiamo che il simbolo 12÷3 può essere interpretato

come la ripartizione di 12 oggetti fra 3 persone o anche come il numero di oggetti

che bisogna mettere in ogni gruppo se voglio costituire 3 gruppi uguali. È allora

evidente che se inizialmente non ci sono oggetti ogni ripartizione che si tenti di fare

avrà come risultato 0 e così ogni gruppo che si voglia costituire avrà 0 elementi,

quindi il significato di 0÷3 sarà evidentemente 0. Ma che cosa significa 3÷0? Se si

vuole trovare una giustificazione di tipo linguistico ci si accorge che le difficoltà

sono insormontabili. Allora è necessaria un’altra interpretazione: il risultato di 12÷3

si chiama quoziente della divisione ed è il numero (4) che moltiplicato per il

divisore (3) dà come risultato il dividendo (12). L’eventuale quoziente di 3÷0

dovrebbe essere un numero che moltiplicato per 0 dia come risultato 3; sapendo

che qualsiasi numero moltiplicato per 0 fa 0, è impossibile trovare il numero

cercato e questo è il motivo per cui in matematica si dice che la divisione per zero

non ha senso, non si può neanche scrivere. Come si vede, dietro al significato di

proprietà e regole c’è sempre la necessità di descrivere schematicamente qualche

fatto inquadrando però tutto in un sistema (teoria) che sia non contraddittorio e sia

efficiente.

Le convenzioni adottate sull’uso dello zero hanno richiesto agli scienziati un

grande sforzo di immaginazione e tantissimo tempo: l’uso di questo sistema di

simboli e regole per scrivere i numeri e per fare le operazioni, inventato dagli

indiani tra il VI e VIII secolo dopo Cristo viene rielaborato dagli arabi e conosciuto

nella civiltà occidentale solo dopo l’anno 1000. Nel 1200 Leonardo Pisano, detto

Fibonacci, scrive un libro (Liber Abaci) nel quale presenta ai suoi contemporanei

questi nuovi efficienti metodi, detti algoritmici, ma sono solo alcuni dotti quelli che

imparano ad usarli, nelle scuole si continua ad insegnare l’uso dell’abaco. Il testo

originale di Fibonacci, scritto in latino, comincia così:

Novem figure indorum he sunt 9 8 7 6 5 4 3 2 1. Cum his itaque novem

figuris, et cum hoc signo 0, quod arabice zephirum appellatur, scribitur quilibet

numerus, ut inferius demonstratur. (Le nove cifre degli indiani sono queste: 9 8 7 6

5 4 3 2 1. Con queste nove cifre, e con questo simbolo: 0, che in arabo si chiama

zephir, si può scrivere qualsiasi numero, come si vedrà più avanti.)

Sicuramente molti rimarranno sorpresi nello scoprire che bisognerà

aspettare la fine del 1700 perché, almeno in Francia, la Rivoluzione Francese

imponga l’uso dei nuovi metodi algoritmici nell’insegnamento.

Anche oggi stiamo vivendo gli effetti di una incruenta rivoluzione, quella

indotta a tutti i livelli nella società dall’uso delle tecnologie informatiche: abbiamo

nuovi “metodi” per fare le operazioni, forniti da calcolatrici e computer, davanti ai

quali non possiamo fare come i sostenitori dell’uso dell’abaco contro i metodi

algoritmici. D’altra parte, tra gli obiettivi di apprendimento elencati nelle Indicazioni

troviamo:

Leggere, scrivere, confrontare numeri decimali ed eseguire le quattro

operazioni con sicurezza, valutando l'opportunità di ricorrere al calcolo mentale,

scritto o con la calcolatrice a seconda delle situazioni. Dare stime per il risultato di

una operazione. (classe 5^)

Quindi è chiaro che i bambini devono raggiungere autonomia nell’operare

con i numeri e anzi devono saper decidere in quali situazioni è meglio ricorrere alla

calcolatrice o in quali situazioni basta un veloce calcolo mentale per risolvere il

problema che ci si trova di fronte. Bisogna quindi abituarli ad avere questa

elasticità mentale. Vediamo come è possibile fare.

È indubbio che quando i bambini arrivano alla scuola elementare

conoscono già tante cose sui numeri: sicuramente sanno contare gli oggetti di una

collezione più o meno grande ed hanno l’idea della cardinalità. Indicano gli oggetti

che contano con un dito e, fermandosi sull’ultimo, concludono dicendo: sono …. È

sicuramente inutile partire dagli insiemi per far comprendere ai bambini l’aspetto

cardinale del numero (la caratteristica comune di insiemi i cui elementi sono in

relazione uno a uno, cioè insiemi equipotenti) per il semplice fatto che i bambini

hanno già più o meno intuitivamente questo concetto. Almeno per i primi numeri, i

bambini capiscono anche l’aspetto ordinale, sanno mettere in ordine secondo una

caratteristica (per esempio i bambini in base all’altezza o riconoscono l’ordine in

una fila). Il concetto di numero intero (positivo) ha anche numerosi altri aspetti che

a poco a poco il bambino è in grado di fare propri: il concetto di precedente e

successivo, la ricorsività, la scrittura del numero, l’illimitatezza dell’insieme dei

numeri, la possibilità di operare con essi, ecc. Tutti questi aspetti i bambini li

apprenderanno con l’uso, operando concretamente, risolvendo situazioni

problematiche nelle quali l’insegnante farà in modo che si imbattano. In tantissime

attività che i bambini ordinariamente affrontano si fa uso di numeri e quindi si può

contare e fare semplici operazioni facendo riferimento ad esse. Uno strumento

familiare e molto utile per far esercitare i bambini con i numeri e per far fare loro

esperienza è il calendario.

È opportuno che su una parete della classe si affigga una striscia di carta

sulla quale si riporta il calendario nel modo seguente

OTTOBRE

Giorno del mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Giorno della settimana

Ven. Sab. Dom. Lun. Mart. Mer. Gio. Ven. Sab.

Giorni di scuola 1 2 _ 3 4 5 6 7 8 Ordine nella settimana

5° 6° 7° 1° 2° 3° 4° 5° 6°

Si possono aggiungere altre righe, scrivendo altre informazioni, per esempio

sul numero degli assenti, sul tempo atmosferico, ecc., da utilizzare a fini statistici:

per i bambini saranno solo un esercizio per contare, confrontare numeri, fare

piccole operazioni, andare avanti e indietro su questa che può essere vista come

una linea dei numeri simile ad altre linee dei numeri che saranno disegnate sul

pavimento e accompagneranno attività motorie. La cosa importante è che i

bambini facciano molte esperienze di questo tipo per familiarizzare con i numeri

vedendone subito un utilizzo nelle loro attività quotidiane. Prima di tutto imparano a

scrivere e a leggere le cifre, poi arriveranno a vedere i numeri formati con più cifre,

dall’anno al numero del mese, dal numero civico di casa al numero di telefono, alla

targa dell’auto: alcuni di questi numeri indicano quantità altri no, sono solo dei

contrassegni. Scopriranno nel seguito che i numeri per contare e per operare sono

scritti con un particolare sistema di regole, legato all’idea di raggruppamento. È

molto importante che l’insegnante non si prefigga di insegnare una teoria, ma che

faccia usare i numeri per le attività di tutti i giorni, così come, a volte

inconsapevolmente, facciamo noi adulti.

2. Gli automatismi e il calcolo mentale. Giustamente nei Nuovi Orientamenti si pone l’accento sull’importanza del

calcolo mentale. Sappiamo tutti che molte persone hanno grandi difficoltà nel

ricordare le tabellone e di conseguenza nel calcolo mentale: spesso ciò succede

perché gli insegnanti di scuola primaria non hanno saputo trovare il modo per farli

esercitare a sufficienza e con poca fatica. È indispensabile possedere alcune

abilità che devono portare a fare automaticamente alcune cose:

- completamento a 10 (2+…=10, 7+…=10, ecc);

- scomposizione additiva dei numeri tra 10 e 20 (13=7+6=8+5=..,

ecc.) o anche capacità di sommare automaticamente numeri di

una cifra (6+8, 7+4, 9+7, ecc.);

- saper raddoppiare e dimezzare un numero;

- moltiplicare e dividere per 10, 100, 1000 almeno.

Come fare a far acquisire queste abilità e in più a far imparare a memoria le

tabelline? Trovando il modo di far giocare spesso i bambini con i numeri, trovando

o inventando giochi adatti allo scopo. Per esempio:

a) utilizzando solo la cifra 4 per un numero di volte pari a 5 e quelle che

vuoi tra le operazioni +, -, × e ÷ ottieni un numero compreso tra 1 e 10.

(una possibile soluzione: [(4 × 4) + 4] ÷ 4 + 4 = 9)

b) Con la calcolatrice: parti da 12 e utilizzando i tasti numerici e solo + e ×

con 5 passi arriva a 100.

(una possibile soluzione: [(12 × 2) × 2] × 2 + 4 = 100)

c) Trova 10 scomposizioni in somma di tre numeri per il numero 32.

(una possibile soluzione: 10 + 20 + 2, 15 + 15 +2, 13 +12 +7, ecc)

d) Data la tabella

3 5 8 2 6 1 8 3 9 5

2 6 5 8 3 9 4 2 6 2

5 7 1 3 9 2 5 1 7 2

6 4 5 8 1 7 4 1 8 5

9 3 4 7 5 2 1 7 6 1

6 7 3 5 8 2 6 1 8 3

5 4 2 6 1 8 3 9 4 2

1 9 5 7 4 3 9 2 5 1

6 2 6 4 5 8 1 7 4 1

8 5 9 3 4 7 5 2 1 7

estrai a sorte un numero tra 1 e 100, scegli 3 caselle in contatto tra loro

per un lato o un vertice in modo tale che facendo operazioni tra i numeri in

esse contenuti ottieni il numero estratto. Il gioco si può fare a squadre, ogni

squadra ha un tempo fissato a disposizione e conquista un punto per ogni

terna che trova.

(se il numero estratto è 64, alcune terne di soluzione sono:

(8 × 8 × 1)

8 2

5 8

1 3

1 8

7 6

1 8

(8 × 7) + 8

9 2

1 7

(7 × 9) + 1

in sostanza si può passare da una casella all’altra muovendosi

secondo le frecce ← ↑ → ↓ o )

e) Dalla classifica del campionato di calcio, si sa che una squadra ha

un certo numero di punti. Sapendo il numero delle partite giocate e

che una vittoria vale 3 punti e un pareggio 1 punto, cercare di

stabilire quante vittorie e quante sconfitte ha fatto quella squadra.

(Un modo per risolvere il problema può essere quello di procedere

per tentativi).

Chiaramente ognuno dei giochi precedenti può essere reso più o meno

complicato variando alcuni parametri, in ogni caso l’insegnante avrà cura di partire

sempre dai casi più semplici per fare in modo che l’attenzione dei bambini non

venga distratta da ulteriori difficoltà, come ad esempio operare con numeri più

grandi o con troppi numeri contemporaneamente: quando siamo sicuri che i

bambini hanno capito il meccanismo del gioco, allora passeremo a casi più

complessi.

Da ultimo non bisogna dimenticare quanto possa essere utile il

ricorso al denaro per fare in modo che i bambini lavorino con i numeri utilizzando

uno strumento che è familiare per la maggior parte di loro. Organizzare un

mercatino per trovare i fondi per finanziare una festa, una piccola gita o (dati i

tempi) l’acquisto di materiali utili per la classe è un momento in cui tutti si

sentiranno impegnati e faranno conti in maniera spontanea, così come una

indagine di mercato raccogliendo i prezzi di vendita di un prodotto in più negozi e

facendo confronti anche sulle quantità avrà il pregio di fornire quelle vere situazioni

concrete in cui la matematica diventa lo strumento che serve per indagare una

situazione e per risolvere un problema.

Quanto invece al materiale strutturato abbondantemente diffuso in

moltissime classi (numeri in colore, blocchi logici, materiale Dienes, ecc), numerosi

ricercatori di didattica della matematica hanno dimostrato come il loro uso acritico

possa far sorgere ostacoli didattici per l’apprendimento di concetti matematici

oltrechè influire pesantemente sul contratto didattico in modo non positivo. Questo

non vuol dire che tali materiali non vadano usati: bisogna solo ricordare che il

nostro obiettivo è fare in modo che gli allievi apprendano idee e concetti

matematici e quindi è su questi che dobbiamo concentrare l’attenzione nostra e dei

bambini e non su caratteristiche percettive come colore, grandezza o su formalismi

che diventano poi ostacoli ad un apprendimento consapevole. È opportuno allora

usare questi strumenti insieme ad altre attività, lasciando che siano gli allievi a

mettere in campo le loro conoscenze, le loro competenze ma anche le loro

misconcezioni: sarà l’insegnante a questo punto che potrà interessarli e motivarli

nelle attività e creare le condizioni affinché possano conquistare nuove

conoscenze.

3. Le frazioni e i numeri decimali. Il concetto di frazione è fonte di numerose difficoltà per i bambini: sembra

provato che le difficoltà in matematica comincino a diventare serie proprio in

concomitanza con l’introduzione di questo argomento. Il concetto di frazione è

strettamente legato a quello di divisione: fin dalle origini, dalla suddivisione in parti

(più o meno uguali) di una preda o di un raccolto si passa alla suddivisione secondo

criteri che possono essere variabili dei beni di un genitore tra i figli alla sua morte.

Molti problemi di questo tipo con le relative soluzioni sono presenti in uno dei più

antichi scritti di matematica che conosciamo, il cosiddetto “papiro di Ahmes”,

rinvenuto da un mercante inglese, Henry Rhind, nel 1858 in Egitto. Lo scriba

Ahmes lo aveva trascritto intorno al 1650 a.C. ed egli stesso ci fa sapere di averlo

copiato da un testo analogo risalente ad un periodo precedente di due o trecento

anni. Il papiro si apre con una serie di tabelle che servono per trasformare una

qualunque frazione in somma di frazioni con numeratore 1: per esempio, la

frazione 53 viene trasformata nella somma delle frazioni 3

1 , 51 e 15

1 . Questo

probabilmente dipende dal fatto che essi non avevano il nostro sistema di scrittura

che è molto efficiente, invece usavano indicare le frazioni sovrapponendo un segno

(prima un occhio stilizzato, poi un puntino) al numero che indicava le parti in cui si

divideva, in sostanza potevano indicare solo, ad esempio, la metà, la terza parte, la

quarta parte, la quinta parte e così via.

C’erano dunque dei procedimenti particolari e abbastanza laboriosi per

trovare una certa suddivisione. Il matematico Viéte, vissuto nel XVI secolo,

consiglia di usare frazioni decimali invece di quelle a base 60 (sessagesimali) che

erano state introdotte dai Babilonesi qualche millennio prima di Cristo e che noi

ancora usiamo nella suddivisione dell’ora in 60 minuti e del minuto in 60 secondi.

Il simbolo che noi usiamo per le frazioni viene “inventato” dagli arabi e poi

utilizzato anche da Fibonacci, ma come la maggior parte dei simboli che usiamo

oggi (come ad esempio +, -, =, <, ×) comincia ad essere riconosciuto e usato da

tutti tra il 1500 e il 1600.

Di solito quando si pensa ad una frazione si pensa ad un intero (quasi

sempre una torta) da suddividere in parti uguali e questa diventa l’idea

fondamentale che la stragrande maggioranza delle persone associa al concetto di

frazione. Questo è estremamente limitativo: il concetto di frazione è ricco di

moltissimi aspetti, così come abbiamo visto per i numeri interi ed è indispensabile

che gli insegnanti sappiano presentare ai bambini tante diverse situazioni dalle

quali questi diversi aspetti vengano messi in luce.

Prima di tutto, i bambini conoscono alcune frazioni sin da piccoli e le usano

normalmente in tante espressioni: sanno dividere a metà e poi ancora a metà,

conoscono le parole mezzora, mezzogiorno, mezzanotte, quarto d’ora, mezzo giro.

A poco a poco imparano che a questi nomi sono associate delle quantità che sono

in relazione ad altre quantità. È facile far verificare che 2 bottigliette d’acqua da

mezzo litro riempiono una bottiglia da litro, che dividendo un foglio di carta in due

parti uguali e poi ciascuna ancora in due parti uguali si ottengono quattro parti

uguali (quarti) e che due quarti sono metà foglio. La stessa cosa si può fare con un

pezzo di corda e se questa corda serve per fare delle misure di lunghezza, le

suddivisioni così ottenute possono servire per esprimere una lunghezza con

maggiore precisione: si potrà dire “è lungo quasi 4 volte la corda” oppure più

precisamente “è lungo 3 volte la corda più metà più un quarto”. Ecco allora che

viene messo in evidenza un altro aspetto della frazione, quello legato all’idea di

misura. Si tratta di un aspetto fondamentale: quando i bambini cominceranno ad

usare le unità di misura convenzionali, dovranno comprendere che esse per

esigenze pratiche di maggiore precisione vengono suddivise in parti uguali, solo

che, avendo adottato un sistema decimale, queste suddivisioni sono sempre fatte in

dieci parti. Nascono così decimi, centesimi, millesimi … e sarà bene ricordare che

il sistema metrico decimale è una invenzione del periodo napoleonico e per questo

gli Inglesi ancora oggi non riescono ad accettarlo di buon grado (ricorda loro

Napoleone!).

Un esempio familiare ai bambini è la suddivisione della moneta da 1 euro in

100 monetine da 1 centesimo o in 10 monete da 10 centesimi, che in matematica si

chiamerebbero decimi, mentre questa parola non è usata per le monete. È molto

importante tenere presente che realizzare suddivisioni decimali di un oggetto (un

foglio, una striscia di carta, un pezzo di spago), ovviamente senza usare strumenti

di misura decimale, non è affatto semplice, per far lavorare facilmente i bambini con

le suddivisioni il modo migliore è suddividere per 2, 4, 8, ecc.: bisogna solo dividere

più volte a metà.

Gli antichi egiziani raccontavano una legenda in cui si diceva che uno spirito

cattivo aveva suddiviso l’occhio del dio Horus in parti che rappresen-tavano la

metà, la quarta parte e così via fino alla sessantaquattresima parte: anche per loro

dividere successivamente a metà era la cosa più semplice. Noi invece usiamo un

sistema a suddivisione decimale per uniformità con il sistema di numerazione che è

anch’esso decimale.

Ma la frazione può ancora essere vista come un “operatore”: la metà di, tre

quarti di, un quinto di. Qualcosa di analogo i bambini hanno visto con gli interi,

quando si usano gli operatori il doppio di, il triplo di, ecc. Si sta operando con

oggetti che sono in classe, con le penne che sono nella cartella, con le figurine che

ha Luca. Se diverse sono le quantità da cui si parte, 24 bambini, 10 alberi, 12

penne, 32 figurine, l’operatore la metà di fornisce quantità diverse.

All’idea di operatore si connette di nuovo il concetto divisione: se devo fare

la metà di 15 euro, so che la risposta è 7 euro e mezzo (mi bastano queste parole,

non è necessario usare simboli anche se forse il bambino sa che 7 euro e mezzo si

può scrivere 7,50 €). Se invece voglio la metà di 15 penne, so che non avrà senso

spezzare una penna in 2 e renderla inservibile, quindi riaffiora l’idea di divisibilità e

di multiplo.

Ecco allora che la frazione può essere ancora vista come un modo per

indicare una operazione, la divisione tra due numeri: una cosa è dire un quarto di,

altra cosa è dire un quarto. Un quarto è un numero ben preciso (in matematica si

usano le parole frazione, numero frazionario, numero razionale, dal latino ratio che

significa rapporto) il cui valore si ottiene suddividendo un intero opportunamente, in

questo caso in centesimi e trovando che la quarta parte di 100 centesimi sono 25

centesimi. Come sappiamo, poi siamo soliti usare una convenzione di scrittura per

la quale il numero 25 centesimi si scrive 0,25: dalla frazione siamo passati al

numero decimale. Questi numeri e quindi anche le frazioni da cui nascono possono

andare sulla linea dei numeri, riempiendo di infiniti numeri lo spazio tra due

qualunque interi. Per esempio, il numero 12,25 si trova tra 12 e 13 esattamente a

12 + 41 ma si potrebbe anche dire a 12 + 100

25 o 1001225 o in infiniti altri modi.

Abbiamo trovato così un’altra caratteristica delle frazioni: lo stesso numero

frazionario può essere rappresentato in infiniti modi

....205

164

123

82

10025

41

======

possiamo dire che può avere tanti nomi (quarti, ottavi, ventesimi,

centesimi,…) quanti sono i multipli di 4 diversi da zero. Spesso tutte queste frazioni

sono dette equivalenti per un motivo matematico legato al concetto di relazione di

equivalenza, ma non deve sfuggire che esse sono proprio uguali, perché

rappresentano tutte lo stesso numero e non c’è niente di male nell’usare la parola

uguale invece di equivalente. Con l’obiettivo della semplificazione del linguaggio,

anche la distinzione tra frazioni proprie ed improprie è del tutto irrilevante: come è

stato detto fin dall’inizio, bisogna evitare di appesantire la memoria con nomi inutili

che non aggiungono nulla di veramente rilevante ai concetti matematici. Il fatto che

una frazione (intesa come numero!) sia maggiore o minore di 1 non cambia nulla

delle sue proprietà o delle tecniche con le quali viene usata per esempio nelle

operazioni. Naturalmente si scoprirà che moltiplicare e dividere con frazioni minori 1

fa accadere cose strane: moltiplicare produce un risultato minore e dividere uno

maggiore, ma questo non giustifica la necessità di usare un nome particolare,

anche perché è difficile trovare messa in evidenza questa apparente

contraddizione, che invece è alla base di molti errori che i bambini fanno.

Essendo le frazioni numeri, con esse bisogna poter fare confronti e

operazioni. Per ordinare le frazioni è evidente che bisogna riferirsi a numeri:

confrontare metà di una certa somma con due terzi di un’altra è una operazione che

dipende dalle due somme prese in esame, mentre se si vuole confrontare

21 e

32

bisogna pensare ai numeri rappresentati da questi segni (per facilitare le

cose, si potrebbe pensare a frazioni di una stessa quantità)

21

21

31

31

31

I bambini sanno che quando dividono tra loro due numeri interi si ottiene un

quoziente e a volte un resto: questo resto può essere ancora diviso prendendo in

esame una suddivisione di tale resto in parti più piccole. Ad esempio, volendo

dividere 9 panini tra 4 bambini, prima di tutto si ha un quoziente di 2 e un resto di 1.

Il panino rimasto può essere ulteriormente diviso in quattro parti che saranno

distribuite ai 4 bambini: alla fine ciascuno di essi avrà ricevuto 2 panini ed un quarto

(se invece di panini avessimo voluto dividere 9 €, ciascun bambino avrebbe avuto 2

€ e un quarto di euro, che siamo abituati a chiamare 25 centesimi, perché nelle

monete si usa la suddivisione decimale). Usando la scrittura decimale si scrive

9 ÷ 4 = 2,25 ( = 100252 + =

1005

102++2 )

Se si usano gli schemi per indicare le operazioni, trovare il quoziente di una

divisione tra interi può significare trovare il numero da mettere al posto di ?

÷ 4 12 o anche

× 4

E’ evidente che se il numero di partenza (12) è divisibile per 4, c’è il

quoziente intero (nel diagramma inverso: se il numero di partenza è multiplo di 4).

Se invece il numero di partenza non è multiplo di 4, non c’è un intero da mettere al

posto di ?. I numeri razionali sono la soluzione di questo problema e il modo di

rappresentarli come frazione, con tutti i suoi significati, si adatta benissimo allo

scopo:

÷ 4

?

12

15 / 4

?

15

Naturalmente una cosa è l’invenzione matematica di un simbolo che si

adatta bene a formalizzare una situazione, altra cosa è spiegare ai bambini il modo

di operare con le frazioni. Per addizioni e sottrazioni non ci sono particolari problemi

se le frazioni hanno lo stesso “nome” (denominatore), cioè mezzi, terzi, quarti,

decimi, centesimi e così via: 15 “quarti” più 7 “quarti” fa 22 “quarti”.

Quando le frazioni non hanno lo stesso denominatore, per sommarle basta

dare ad esse lo stesso “nome”, trasformandole opportunamente. Per esempio

52

43+

sapendo che 2015

43= e

208

52= , viene trasformata in

208

2015

+ , cioè nella

somma di due frazioni con lo stesso nome. Per trovare un denominatore comune

(non necessariamente il m.c.d.), basta moltiplicare numeratore e denominatore

della prima frazione per il denominatore della seconda e numeratore e

denominatore della seconda per il denominatore della prima.

Per le moltiplicazioni tra frazioni, un modo di procedere per gradi potrebbe

essere il seguente: operando con interi, “il doppio di”, “il triplo di”, ecc., si traducono

in “2 × … “, “3 × … “. Per analogia, “la metà di”, “un terzo di” si devono tradurre

come

...21× ; ...

31×

Osservando che 821× vuol dire anche 8 volte

21 cioè 4 (la moltiplicazione

deve essere commutativa) e che 428= , si può intuire facilmente come fare per

moltiplicare una frazione per un intero, anche quando la frazione non ha

numeratore 1.

Se poi si devono moltiplicare due frazioni, cominciamo dal caso delle frazioni

unitarie: la metà della metà è un quarto, un decimo di un decimo è un centesimo, la

metà di due terzi è due sesti (cioè un terzo) e così via, per cui è facile accettare la

“regola”:

2211

21

21

××

=× ; 101011

101

101

××

=× ; 3221

32

21

××

E’ evidente che quando si moltiplicano tra loro frazioni, se una almeno delle

due frazioni è un numero minore di 1, il risultato non è più grande dei due fattori,

come invece accade con gli interi!

La regola della divisione tra frazioni è per molti solo un fatto mnemonico. Ma

perché bisogna procedere in quel modo? La spiegazione risiede nel legame che

esiste tra moltiplicazione e divisione, che sono operazioni l’una inversa dell’altra,

nel senso che da 12 ÷ 4 = 3 si ricava che 4 × 3 = 12, detto in parole “il quoziente è il

numero che moltiplicato per il divisore dà il dividendo”.

È molto importante che l’insegnante insista su questo aspetto, per esempio

facendo fare sempre la verifica che il risultato di una divisione sia corretto. Inoltre è

bene far osservare che se 12 ÷ 4 = 3 anche 12 ÷ 3 = 4, cosa che è conseguenza

della proprietà commutativa della moltiplicazione. Se utilizziamo gli schemi

× 4 3

ma anche × 3

12

12 4

e valgono anche

× 4

÷ 4 × 3

÷ 3

Lavorare con gli schemi non deve essere un fatto episodico, ma deve essere

il modo normale per rappresentare operazioni, anche più di una in sequenza, anche

in questo caso inventando giochi, facendo verifiche dei risultati:

× 3 + 6

÷ 3 - 6 Torniamo ora alle frazioni: lo schema deve essere costruito così

× 4

÷ 4

ma anche

× (1/3)

3 12

12 4

12

1/3 4/3

4 4/3

18 4

÷ (1/3) Tutto questo è molto formale e può essere scritto esplicitamente

431

34

e poiché 413

34

=× , da ciò si può far scaturire la regola: “per dividere una

frazione per un’altra occorre moltiplicare la prima per l’inversa della seconda”.

Per vedere le cose in modo meno formale, bisogna tornare al significato di

divisione. Essa può essere interpretata come una distribuzione (distribuisci 20

caramelle tra 10 bambini in parti uguali: a ciascuno ne toccano 2, formalizzato con

20 ÷ 10 = 2) o anche come contenenza: hai 20 caramelle, se vuoi dividerle in

mucchi di 10, quanti mucchi da 10 potrai fare? Anche in questo caso la formaliz-

zazione è 20 ÷ 10 = 2. Allora 2120 ÷ può essere interpretato come “quanti da un

mezzo ci sono in 20 unità?”. Chiaramente la risposta è 40 e anche stavolta

401220 =×

“Quanti da due terzi ci sono in 6 unità?”

1 2 3

4 5 6

7 8 9

10 11 12

13 14 15

16 17 18

Ce ne sono 18 da un terzo e quindi 9 da due terzi

9236

326 =×=÷

Infine, si possono vedere le cose ancora da un altro punto di vista. Si

vogliono suddividere 12 oggetti fra 4 bambini, il risultato è 3. Se raddoppia il

numero degli oggetti e anche quello dei bambini, il risultato non cambia, così se si

considera qualunque multiplo del numero degli oggetti e lo stesso multiplo del

numero dei bambini. È una proprietà che abbiamo già incontrato

...1041012

54512

24212

412

=××

=××

=××

=

Allora per dividere due frazioni, ad esempio 43

35÷ , si può prima di tutto

trasformarle

129

1220

3433

4345

÷=××

÷××

e quindi, moltiplicandole entrambe per 12, si ottiene 20 ÷ 9. Con la regola

920

34

35

43

35

=×=÷

quindi ancora una volta si riconferma che la regola enunciata prima per la

divisione di due frazioni è efficace: allora conviene impararla se vogliamo fare i

conti con celerità!

Esercizi sui sistemi di numerazione:

1. Raggruppa a 4 a 4 i seguenti oggetti e rappresentali su un abaco (a base 4)

a) O O O O O O O

b) O O O O O O O O O O O O O O

c) O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O

2. Raggruppa a 2 a 2 i seguenti oggetti e rappresentali su un abaco (a base 2)

a) O O O O

b) O O O O O O O

c) O O O O O O O O O O O O O O O O O O O

3. Disegna un abaco che usa la base 3. Esegui in base 3 le seguenti operazioni

a) 123 + 1103

b) 2013 - 123

c) 223 ÷ 23

4. Disegna un abaco che usa la base 5. Esegui in base 5 le seguenti operazioni

a) 1235 + 2145

b) 3115 - 325

c) 125 × 105

SOLUZIONI

X X X X

1) a)

X X X X X

b)

X X X X X

c) 2) a)

X

b)

X X X

c)

X X X

3) a) 1223 ; b) 1123 ; c) 1013 ;

4) a) 3425 ; b) 2245 ; c) 1205