68
Capitolo 5 CRIOPOROSIMETRIA 5.1 Introduzione L’importante ruolo dei materiali porosi nelle industrie dell’olio, chimica, della carta, tessile, costruzione, pelletteria, ecc. ha incentivato la ricerca e l’applicazione di numerose tecniche mirate allo studio della porosità. Le tecniche porosimetriche possono essere classificate come segue: Metodi diretti; si basano sull’osservazione diretta mediante l’uso di microscopi elettronici, tecniche cristallografiche di diffrazione di raggi X, ecc. Sfortunatamente, questi metodi pur permettendo l’osservazione diretta del materiale non sono adatti allo studio di materiali mesoporosi i cui raggi sono compresi tra i 2 e i 50 nm. Metodi indiretti; questi metodi si basano sull’analisi del fenomeno di capillarità. I metodi più frequentemente utilizzati sono la porimetria a mercurio per i pori più grandi, mentre la porimetria a gas è utilizzata per la misura dei pori più piccoli. Le trasformazioni di fase di una sostanza che avvengono all’interno del materiale poroso che la contiene, permettono la caratterizzazione della struttura interna di quest’ultimo. Ultimamente, un nuovo metodo indiretto sta conquistando importanza: la crioporosimetria. La crioporosimetria si basa sulle trasformazioni di fase solido – liquido in una sostanza che si trova all’interno di una struttura porosa.

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Capitolo 5

CRIOPOROSIMETRIA

5.1 Introduzione

L’importante ruolo dei materiali porosi nelle industrie dell’olio,

chimica, della carta, tessile, costruzione, pelletteria, ecc. ha incentivato la

ricerca e l’applicazione di numerose tecniche mirate allo studio della

porosità.

Le tecniche porosimetriche possono essere classificate come segue:

• Metodi diretti; si basano sull’osservazione diretta

mediante l’uso di microscopi elettronici, tecniche

cristallografiche di diffrazione di raggi X, ecc.

Sfortunatamente, questi metodi pur permettendo

l’osservazione diretta del materiale non sono adatti allo

studio di materiali mesoporosi i cui raggi sono compresi tra i

2 e i 50 nm.

• Metodi indiretti; questi metodi si basano

sull’analisi del fenomeno di capillarità. I metodi più

frequentemente utilizzati sono la porimetria a mercurio per i

pori più grandi, mentre la porimetria a gas è utilizzata per la

misura dei pori più piccoli. Le trasformazioni di fase di una

sostanza che avvengono all’interno del materiale poroso che

la contiene, permettono la caratterizzazione della struttura

interna di quest’ultimo.

Ultimamente, un nuovo metodo indiretto sta conquistando

importanza: la crioporosimetria. La crioporosimetria si basa sulle

trasformazioni di fase solido – liquido in una sostanza che si trova

all’interno di una struttura porosa.

Crioporosimetria

118

Molti autori hanno osservato che le condizioni d’equilibrio di

temperatura e pressione delle fasi solida – liquida – gassosa di una

sostanza pura molto dispersa, dipendono dai raggi di curvatura delle

interfacce che si creano tra le fasi.

All’interno di un poro, la superficie dell’interfaccia solido – liquido

di una sostanza pura in esso contenuta, dipende strettamente dalla

dimensione del poro; quindi, la temperatura di solidificazione varierà per

ogni tipo di poro presente nel materiale.

Dunque, il tracciato di fusione (o solidificazione), che riporta

l’andamento del flusso di calore in funzione della temperatura, di una

sostanza conosciuta che fonde (solidifica) all’interno di un materiale

poroso di costituzione sconosciuta, permette di effettuare la seguente

affermazione: la dimensione del poro può essere determinata attraverso la

temperatura di fusione (solidificazione) ed il volume dei pori può essere

determinato attraverso la misura dell’energia coinvolta nella

trasformazione di fase.

Questo metodo è stato utilizzato, fino a non molto tempo fa, come

un metodo relativo per la calibratura di tracciati di campioni la cui

distribuzione del diametro dei pori era già conosciuta a priori.

L’obiettivo di questa trattazione, invece, è rendere questo metodo

assoluto per la determinazione della forma e della dimensione dei pori

attraverso relazioni teoriche.

La forma dei pori è una componente fondamentale che influisce

sulla permeabilità di un materiale, quest’ultima a sua volta, incide per

esempio, sulla cinetica di rilascio di farmaci.

Gli studi di crioporosimetria permettono di interpretare la forma dei

pori attraverso l’analisi del tracciato di fusione o solidificazione ottenuto

per mezzo di uno strumento denominato DSC (differential scanning

calorimeter). Pertanto, nei seguenti paragrafi saranno proposti due

modelli teorici che tengono conto di materiali costituiti da pori cilindrici o

sferici attraverso lo studio del tracciato DSC di fusione [1].

Capitolo 5

119

5.2 Crioporosimetria

La crioporosimetria o crioporimetria è un metodo calorimetrico che

può essere utilizzato per la caratterizzazione della struttura porosa dei

materiali a partire dalla valutazione del punto di fusione (o solidificazione)

di una sostanza in forma di nanocristalli all’interno dei pori di un

materiale.

Lo spostamento della temperatura T alla quale si verifica la

transizione di fase (fusione o solidificazione), dipende strettamente dai

raggi di curvatura delle interfacce delle fasi del sistema.

Un liquido contenuto all’interno di materiale poroso è distribuito e

suddiviso in moltissime parti; questo implica che il raggio di curvatura si

leghi strettamente alla dimensione del poro. Osservazioni sperimentali

sull’acqua, liquidi organici, ossigeno molecolare, ecc., hanno evidenziato

una dipendenza della diminuzione del punto di fusione al diminuire del

raggio nominale del poro.

I protocolli di preparazione dei materiali per le prove di

crioporosimetria, non sono complicati e l’acqua costituisce il liquido di

prova ideale. Dunque, questa tecnica assume ancora una maggior

importanza se i campioni da esaminare sono costituiti d’acqua. Il

vantaggio nell’utilizzo d’acqua, risiede nel proprio calore di fusione Hf =

334 J/gr, il quale è superiore di almeno un ordine di grandezza rispetto

alla maggior parte dei liquidi organici. Il valore del calore latente di

fusione dell’acqua, favorisce e di molto, la sensibilità degli sperimenti di

calorimetria a scansione differenziale per piccoli volumi di liquido.

Si ricorda che un calorimetro a scansione differenziale o differential

scanning calorimeter (DSC), rileva il segnale fornito da fenomeni

esotermici come la solidificazione o da fenomeni endotermici come la

fusione.

Lo svantaggio principale di questo metodo, è che si tratta di un

metodo non tradizionale, ed il suo impiego non è diffuso come i metodi

Crioporosimetria

120

porosimetrici ad azoto o altre tecniche che utilizzano liquidi penetranti

come il mercurio. Inoltre, l’effetto delle interazioni specifiche tra il liquido

di prova ed il mezzo poroso sono ancora incerte e possono dar luogo a

interpretazioni erronee del segnale.

Tuttavia, questo metodo può essere adottato per la determinazione

della dimensione dei pori qualora siano note a priori le seguenti

grandezze fisiche: tensione superficiale, l’angolo di contatto, il calore

latente di fusione ed i volumi specifici in funzioni della temperatura [2].

5.2.1 Determinazione della distribuzione delle

dimensioni dei pori

5.2.1.1 Considerazioni teoriche

Come è già stato suggerito nei paragrafi precedenti, i principi fisici

della porosimetria si basano sulle proprietà di un sistema all’equilibrio

termodinamico e le interazioni che si realizzano tra le interfacce delle fasi

solida, liquida e gassosa del sistema.

Le equazioni di Gibbs - Duhem, che descrivono il bilancio termico,

meccanico e di potenziale chimico di un sistema planare all’equilibrio in

cui coesistono le fasi solida, liquida e gassosa, sono le seguenti:

0=+− sssss dndPVdTS µ (5.1)

0=+− lllll dndPVdTS µ (5.2)

0=+− vvvvv dndPVdTS µ (5.3)

Tuttavia, per tenere conto dell’equilibrio meccanico, termico e di

potenziale chimico di una sostanza pura fortemente suddivisa e dispersa,

anche il contributo dell’energia o tensione superficiale deve essere preso

in considerazione. Quindi, in sistemi in cui le interfacce liquido/solido

(l/s), liquido/vapore (l/v), e solido/vapore (s/v) formino superfici curve, le

equazioni (5.1), (5.2) e (5.3) devono essere associate alle equazioni di

Laplace, le quali descrivono il bilancio per una superficie con raggio di

curvatura arbitrario jij dVdA / tra le fasi i e j :

Capitolo 5

121

=−

l

lvlvvl

dV

dAPP γ (5.4)

=−

v

vsvssv

dV

dAPP γ (5.5)

=−

s

slslls

dV

dAPP γ (5.6)

In cui:

lvγ

Tensione superficiale acqua liquida-vapore a

temperatura T.

vsγ

Tensione superficiale ghiaccio-vapore a temperatura T.

slγ

Tensione superficiale ghiaccio-acqua liquida a

temperatura T.

Quando un sistema chiuso è costituito da un componente puro

nelle sue tre forme fisiche: solida, liquida e gassosa, coesistenti e con

superfici planari, la regola delle fasi di Gibbs afferma che il sistema è

invariante, ovvero non vi sono gradi di libertà: il punto triplo può esistere

ad una ed una sola temperatura e pressione. Tuttavia per superfici curve,

la regola delle fasi di Defay stabilisce che esistono altri due gradi di

libertà indipendenti; questo significa che definendo due raggi di

curvatura indipendenti è possibile definire la temperatura e pressione del

punto triplo del sistema.

Al punto triplo, per un sistema fortemente disperso si hanno a

disposizioni due gradi di libertà, si considerino quindi le interfacce

“vapore – liquido” e “solido – liquido”. Si inizia dunque con la

differenziazione delle equazioni (5.4) e (5.6), i potenziali chimici delle fasi

all’equilibrio sono uguali:

Crioporosimetria

122

=−

v

vlvllv

dV

dAddPdP γ (5.7)

=−

s

slslls

dV

dAddPdP γ (5.8)

Si prosegue con la sottrazione dell’equazione (5.2) all’equazione

(5.1), e l’equazione (5.3) all’equazione (5.2), (siano iii nVv = , volume

molare ed iii nSs = entropia molare):

l

vl

lg

vl

v

vl

vl dPvv

vdP

vv

vdT

vv

ss

−+

−−=

− “vapore – liquido” (5.9)

s

ls

sl

ls

l

ls

ls dPvv

vdP

vv

vdT

vv

ss

−+

−−=

− “liquido – solido” (5.10)

Si sottrae successivamente l’equazione (5.9) all’equazione (5.10), e

sostituendo vdP e sdP con (5.7) e (5.8) rispettivamente, si ottiene:

−+

−=

−−

s

ssl

ls

s

v

vlv

vl

v

vl

vl

ls

ls

dV

dAd

vv

v

dV

dAd

vv

vdT

vv

ss

vv

ssγγ (5.11)

Questa equazione differenziale del punto triplo (5.11), dimostra

come la temperatura T dipenda dai raggi di curvatura di due interfacce.

Ovviamente, scegliendo in modo diverso le interfacce interagenti, altre

due equazioni molto simili alla (5.11) possono essere definite, tutto

dipende dal tipo di sistema fisico che venga a crearsi [1, 2].

Evidenze sperimentali dicono che nei nanopori riempiti di acqua,

esiste uno strato di spessore β, che non può solidificare a causa delle

interazioni tra le molecole di acqua e la parete solida del nanoporo. Per

distinguere i due tipi di stati d’aggregazione dell’acqua presenti nel

Capitolo 5

123

nanoporo, si parla di acqua solidificabile e acqua che non può

solidificare:

Figura 5.1. Tipi di acqua all’interno del poro: acqua non solidificabile “non

freezable water”, acqua solidificabile “freezable water”.

Sperimentalmente è stato accertato che β è costante, non è

funzione del raggio totale R del poro [3, 4, 5].

Per la determinazione dei diametri si comincia definendo le

seguenti relazioni:

nssp vvv += (5.12)

In cui, pv è il volume del nanoporo, sv è il volume dell’acqua

solidificabile o volume del cristallo d’acqua e nsv è il volume dell’acqua

non solidificabile.

Sulla base del tracciato DSC di melting o fusione, si procede alla

determinazione della distribuzione del raggio dei pori considerando

diverse geometrie e condizioni fisiche all’interno e fuori dei pori.

Ovviamente l’equazione (5.12) vale anche per il volume di tutti i

nanopori presenti, pV , il volume di tutti i cristalli di acqua,

sV ed il

volume di tutta l’acqua non solidificabile nsV :

nssp VVV += (5.13)

Crioporosimetria

124

Supponendo una distribuzione continua dei nanopori da minR a

maxR , ed indicando con N il numero di tutti i nanopori, differenziando

pV , sV e

nsV , per pori cilindrici si ha:

nssp dVdVdV += (5.14)

LdNRdV p

2π= (5.15)

LdNrdV s

2π= (5.16)

pdV indica il volume dei nanopori di raggio R , dN è il numero dei

nanopori di raggio R e sdV è il volume dei cristalli di raggio r .

Dunque:

2)(

2

2

2

β−==

R

RdVs

r

RdVsdVp (5.17)

Nel caso di pori sferici:

dNRdVp3

3

4π= (5.18)

dNrdVs 3

3

4π= (5.19)

Dunque:

3)(

3

3

3

β−==

R

RdVs

r

RdVsdVp (5.20)

Per i pori cubici:

dNrdV s

3= (5.21)

dNRdV p

3= (5.22)

Dunque:

3)(

3

β−=

R

RdVsdVp (5.23)

Capitolo 5

125

Per la generica geometria si ha:

z

R

zRdVsdVp

)( β−= (5.24)

Ora, quello che interessa, è avere la distribuzione del volume dei

nanopori in funzione del loro raggio R, ovvero:

zR

zR

dR

dVs

dR

dVp

)( β−= (5.25)

Bisogna, dunque, valutare dR

dVs.

Vs è dato da:

ρh

HVs

∆= (5.26)

In cui:

H∆ È l’entalpia di fusione di Vs [Joule].

h∆ È l’entalpia di fusione per unità di massa di Vs [J/kg].

ρ È la densità di Vs [kg/m3] .

La teoria di fusione dei nanocristalli dice che H∆ , h∆ , sono

funzioni della temperatura di fusione T , che a sua volta, è funzione del

raggio “ r ” del cristallo [6]. Ovviamente, essendo la densità ρ funzione

della temperatura, anche essa può essere vista come funzione del raggio

“ r ” del nanocristallo. Dunque, il volume dei cristalli di raggio “ r ” che

fonde a temperatura T, sarà dato da:

drdr

dVsdVs = (5.27)

Ricordando che β−= Rr , si ha che dRdr = , da cui:

dRdR

dVsdVs = (5.28)

Crioporosimetria

126

∆=

))(())((

))((

rTrTh

rTH

dR

d

dR

dVs

ρ (5.29)

=∆

∆+

∆∆−−∆

=))(())((

))((

22 rTrTh

dR

dh

dR

hdHrTh

dR

H

ρ

ρρρ

=∆

∆∆−

∆−

∆=

dR

d

h

hH

dR

hd

h

H

hdR

Hd ρ

ρρ

ρ

ρ 2222

1

=∆

∆∆−

∆−

∆=

dR

dT

dT

d

h

hH

dR

dT

dT

hd

h

H

hdR

dT

dT

Hd ρ

ρρρ 222

1

=

∆−

∆−

∆=

dT

d

h

H

dT

hd

h

H

hdT

Hd

dR

dT ρ

ρρρ 22

1

=

∆−

∆−

∆=

dT

dt

dt

d

h

H

dT

dt

dt

hd

h

H

hdT

dt

dt

Hd

dR

dT ρ

ρρρ 22

1

=

∆−

∆−

∆=

dT

dt

dt

d

h

H

dT

dt

dt

hd

h

H

hdT

dt

dt

Hd

dR

dT ρ

ρρρ 22

1

=

∆−

∆−

∆=

dt

d

h

H

dt

hd

h

H

hdt

Hd

dT

dt

dR

dT ρ

ρρρ 22

1

ρρ

ρ hv

Q

dR

dThd

hv

Q

dR

dT

initesimo∆

∆−

∆=

&

43421

&

inf

)ln(1

Dunque dR

dVs è dato da:

ρhv

Q

dR

dT

dR

dVs

dr

dVs

∆==

& (5.30)

In cui:

dt

HdQ

∆=& È la potenza del tracciato DSC [ ]minJ .

Capitolo 5

127

dt

dTv = È la velocità di riscaldamento [ ]minC° .

Naturalmente, si sarebbe potuto giungere all’equazione (5.30)

dicendo che il volume dei nanocristalli di raggio “ r ” è dato da:

ρh

Hd

dr

dVs

∆= (5.31)

In cui:

=∆

∆==

ρhdR

Hd

dR

dVs

dr

dVs 1

{=

∆=

∆=

ρρ hdR

dT

dT

dt

dt

Hd

hdR

dT

dT

Hd

vQ

11

1321&

dr

dVs

dR

dVs

dR

dT

hv

Q==

∆=

ρ

&.

Combinando le equazioni (5.25) e (5.30), si ottiene:

zR

zR

dR

dT

hv

Q

dR

dVp

)( βρ −∆=

&

(5.32)

In cui:

Q& È noto dal tracciato DSC.

v È la velocità di riscaldamento della DSC,

anch’essa nota.

dR

dTeh∆

Vanno valutati sulla base delle equazioni che

mettono in relazione T, il raggio del cristallo r e

l’entalpia specifica in funzione della T e di r.

Crioporosimetria

128

ρ La densità del ghiaccio, deve essere valutata

con apposite equazioni.

β Spessore dell’acqua non solidificabile, viene

valutata con una procedura iterativa.

Prima di continuare, bisogna procedere alla definizione di alcune

grandezze fisiche in funzione della temperatura.

Entalpia molare di Fusione h∆ [6]

∫∆−

−+−−∆=∆oT

T cp

ls

l

sl

s

svo dTcpcp

rThh

43421)()(

3)(

ρ

γ

ρ

γ [J/kg]

oT Temperatura di fusione del cristallo di raggio ∞.

sρ Densità del ghiaccio alla temperatura di fusione T.

lρ Densità del liquido alla temperatura di fusione T.

svγ Tensione superficiale ghiaccio-vapore a T.

lvγ Tensione superficiale acqua liquida-vapore a T

scp Calore specifico del solido (ghiaccio).

lcp Calore specifico del liquido (acqua).

L’entalpia specifica di fusione dell’acqua a 0 °C è pari a:

333797)0( ==∆ oTh ][ KgJ

Capitolo 5

129

Tensione Superficiale [1, 3, 7]

In letteratura si trovano diverse espressioni per la dipendenza delle

tensioni superficiale γsl e γlv dalla temperatura:

310)]20(138.088.72[ −∗−−= Tlvγ ][ 2mJ

310)]0(39.09.40[ −∗−+= Tslγ ][ 2mJ

Oppure:

][10)](102.08.23[ 23 mJCTsl

−∗°−=γ

][10)](283.05.30[ 23 mJCTsl

−∗°−=γ

][10)]0(323.036.20[ 23 mJTsl

−∗−−=γ “pori cilindrici”

][10)]0(188.043.20[ 23 mJTsl

−∗−−=γ “pori sferici”

La determinazione di γsv, si ottiene ricordando che l’acqua bagna

perfettamente il ghiaccio (angolo di contatto = 0 => 1cos =ϑ ) e

l’equazione di Young svsllv γγϑγ =+cos , diviene:

sllvsv γγγ +=

Dunque, noti γsl e γlv, si può determinare γsv.

Densità dell’acqua [3]

sghiaccio ρρ =

lOH ρρ =2

)1017.1032.1(917.0 4Ts

−∗−=ρ ][ 3cmg

3724 108649.3101959.30882.01114.7 TTTl

−− ∗+∗−+−=ρ ][ 3cmg

Le temperature delle equazioni di cui sopra vanno espresse in °K.

Calore specifico dell’acqua [1, 8]

sghiaccio cpcp =

Crioporosimetria

130

lOH cpcp =2

)107.3731(114.2 5−∗∗+= Tcp s ])([ CgJ °

)10541(222.4 5−∗∗−= Tcp l ])([ CgJ °

Oppure,

)10541(222.4 5−∗∗−= Tcp l ])([ KgJ °

Alla luce del fatto che BTAcp s += e FTEcp l += , si avrà

2

)()())(()()(

22

00

0 TTFBTTEAFTEBTAdTcpcp

T

T

T

T cp

ls

o −−+−−=−−+=− ∫∫

∆−

43421

Definizione di dR

dT

Per definire dR

dT è necessario rivedere l’equazione differenziale del

punto triplo per sistemi fortemente dispersi:

−+

−=

−−

s

ssl

ls

s

v

vlv

vl

v

vl

vl

ls

ls

dV

dAd

vv

v

dV

dAd

vv

vdT

vv

ss

vv

ssγγ (5.11)

In cui:

vls sss ,, Entropia molare fase solido, liquido, vapore

rispettivamente.

vls vvv ,, Volume molare fase solido, liquido, vapore

rispettivamente.

vV Volume fase vapore.

sV Volume fase solida.

vA Area interfacciale fase vapore.

Capitolo 5

131

sA Area interfacciale fase solida.

lvγ Tensione superficiale acqua liquida – vapore a T.

slγ Tensione superficiale ghiaccio-vapore a T.

Ipotizzando che vs vv << e vl vv << , si ha anche

vl

vl

ls

ls

vv

ss

vv

ss

−>>

−.

Dunque:

−+

−=

s

ssl

ls

s

v

vlv

ls

ls

dV

dAd

vv

v

dV

dAddT

vv

ssγγ (5.33)

Detto T

HssS

f

slf

∆=−=∆ , si ottiene:

∆−

−=

s

ssl

f

s

v

vlv

f

ls

dV

dAd

S

v

dV

dAd

S

vvdT γγ (5.34)

fS∆ Entropia molare di fusione alla temperatura di

fusione T.

fH∆ Entalpia molare di fusione alla temperatura di

fusione T.

Si assume che la fusione avvenga all’equilibrio

0=∆−∆=∆ fff STHG

Arrivati a questo punto, bisogna valutare l’equazione (5.34) in base

alle diverse condizioni fisiche di fusione che si possono verificare nei

mezzi porosi che si stanno studiando, di conseguenza, è necessario

distinguere due casi:

a) l’acqua nel sistema poroso è in eccesso rispetto al

volume dei pori;

Crioporosimetria

132

b) l’acqua non è in eccesso.

La distinzione sperimentale dei due casi si opera semplicemente

guardando il tracciato DSC. Se compare il picco di fusione dell’acqua a

T=0°C, il sistema poroso contiene acqua che eccede il volume totale dei

pori, caso “a”; altrimenti, l’acqua si trova completamente all’interno dei

pori, caso “b”. Nelle figure successive, si possono apprezzare entrambe le

situazioni.

0

5

10

15

20

25

-4.50 -3.50 -2.50 -1.50 -0.50 0.50

T [°C]

Flusso di

Calore, Q

[mW]

Figura 5.2. Tracciato DSC di una membrana di idrogel di alginato di rame al

2% in peso. Il tracciato DSC di fusione denota l’esistenza di acqua strutturata in

nanopori che fonde a T < 0 °C. Non vi è acqua fuori dai pori che fonde a 0°C.

0.35422

-0.57466

0.033433

-2.5 -1.5 -0.5 0.50

2.5

5

7.5

10

12.5

0

2.5

5

7.5

10

12.5

2.5

5

7.5

10

12.5

15

2.5

5

7.5

10

12.5

15

Figura 5.3. Tracciato DSC di una membrana di idrogel di alginato di rame al

2% in peso invecchiata. Scomponendo la curva bianca come somma di tre curve,

la curva gialla denota l’esistenza d’acqua strutturata in pori più piccoli rispetto

alle altre due. Il resto dell’acqua fonde a 0 °C.

Capitolo 5

133

Pori cilindrici con acqua in eccesso rispetto al volume totale

dei pori

Aumentando la temperatura da valori molto bassi rispetto a 0°C, si

ha la fusione dei cristalli di acqua che si trovano confinati nei pori più

piccoli; mentre tutta l’altra acqua resterà allo stato solido. Dunque la

situazione che si verifica è quella disegnata in figura 5.4:

Figura 5.4. Condizione tipica negli sperimenti di termoporosimetria, in

questo caso, c’è un eccesso d'acqua nel materiale poroso. La fase solida in eccesso,

forma un superficie planare con la fase vapore.

slϑ , è l’angolo di contatto tra la fase liquida e quella solida. Poiché

vi è presenza di acqua non solidificabile adesa alle pareti del poro, si ha

che slϑ = 0.

Sulla base del disegno in figura 5.4, l’interfaccia solido – vapore è

piatta e dunque v

v

dV

dA= 0 , cioè, se parte del solido (ghiaccio) andasse in

fase vapore, causando un incremento di Vv, l’area interfacciale

rimarrebbe costante. Questo discende dal fatto che la curvatura prima e

seconda dell’interfaccia S-V sono uguali svR

1 e valgono zero, la superficie

non è curva ma piatta ∞→svR .

Crioporosimetria

134

Per quanto riguarda s

s

dV

dA, si ha che

s

s

dV

dA=

slR

2. Infatti

s

s

dV

dA è uguale

alla somma della curvatura prima e seconda che, in questo caso, sono

uguali in quanto si è implicitamente assunto che l’interfaccia S-L abbia

forma di una calotta sferica, poiché slϑ = 0 : siamo in presenza di una

mezza sfera. Inoltre, le due curvature sono > 0 in quanto la superficie

interfacciale S-L è concava rispetto alla fase solida. In altre parole, un

aumento di Vs comporta un aumento di As :

2

1 14

slRAS π=

< 2

2 24

slRAS π=

Allora l’equazione (5.34) diventa:

∆−=

∆−

−=

sl

sl

f

s

R

s

ssl

f

s

v

vlv

f

ls

Rd

S

v

dV

dAd

S

v

dV

dAd

S

vvdT

sl

γγγ 2

2

0

0

321

444 3444 21

321

(5.35)

Integrando tra T0 , temperatura di fusione a 0 °C e T , temperatura

di fusione del nanocristallo:

∫∫

∆−=−=

slR

sl

sl

f

s

T

TR

dS

vTTdT

1

0

0

12

0

γ (5.36)

Capitolo 5

135

Si assumono sv , slγ e fS∆ costanti. Sebbene questo non sia della

tutto vero, data la tecnica numerica che verrà adottata, tale

approssimazione risulta ragionevole.

Dunque, la soluzione dell’equazione (5.34) è:

slf

sls

RS

vTT

120

∆−=−

γ (5.37)

TRH

vTT

slf

sls 120

∆−=−

γ (5.38)

Se, nell’integrazione della (5.36), avessimo supposto ∆Sf = T*∆Hf,

avremmo avuto:

sl

slsf

R

vHTT

γ2)ln( 0 −=∆ (5.39)

Con passi di integrazione < di 0.5 °C, la (5.38) e la (5.39) sono

assolutamente equivalenti.

In termini di unità di massa:

TRH

TTsslf

sl

ρ

γ 120

∆−=− (5.40)

)12

1(0

sslf

sl

RHTT

ρ

γ

∆+= (5.41)

ssl

slf

RHTT

ρ

γ2)ln( 0 −=∆ (5.42)

Pori cilindrici senza acqua in eccesso rispetto al volume totale

dei pori

Aumentando la temperatura da valori ben inferiori a quella di

fusione dell’acqua, T = 0 °C, si avrà la fusione dei nanocristalli a partire

da quelli più piccoli. La situazione fisica che si realizza è quella

Crioporosimetria

136

evidenziata in figura 5.5, ( slϑ , è l’angolo di contatto solido - liquido; lvϑ , è

l’angolo di contatto liquido – vapore, entrambi si assumono uguali a zero)

Figura 5.5. Condizione tipica negli sperimenti di crioporosimetria, in

questo caso non c’è un eccesso d'acqua nel poro. La fase liquida forma una

superficie non planare con la fase gassosa.

In questo caso abbiamo v

v

dV

dA=

lvR

2, la fase vapore prevede

un’interfaccia concava, quindi con curvatura prima e seconda positive ed

uguali a lvR

1 e

s

s

dV

dA=

slR

2, anche in questo caso la fase solida prevede

un’interfaccia concava e dunque, positiva.

Pertanto la (5.34) diventa:

∆−

−=

s

ssl

f

s

v

vlv

f

ls

dV

dAd

S

v

dV

dAd

S

vvdT γγ =

∆−

−=

sl

sl

f

s

lv

lv

f

ls

Rd

S

v

Rd

S

vvdT

22γγ (5.43)

Capitolo 5

137

Integrando tra T e T0, mantenendo fS∆ sv , lv slγ e lvγ costanti, si

ha:

∫∫∫

∆−

−=−=

sllv R

sl

sl

f

s

R

lv

lv

f

ls

T

TR

dS

v

Rd

S

vvTTdT

1

0

1

0

0

1212

0

γγ (5.44)

sl

slf

s

lv

lvf

ls

RS

v

RS

vvTT γγ

∆−

−=−

220 (5.45)

sl

slf

slv

lvf

ls

RH

vT

RH

vvTTT γγ

∆−

−=−

220 (5.46)

sl

slf

slv

lvf

ls

RH

vT

RH

vvTTT γγ

∆−

−=−

220 (5.47)

( )( )ssllslv

f

vvvRH

TTT γγ −−

∆=−

20 (5.48)

( )( )

−−

∆+= lslvssl

f

vvvRH

TT γγ2

10 (5.49)

Anche in questo caso, se, nell’integrazione della (5.44), avessimo

supposto ∆Sf = T*∆Hf, avremmo avuto:

( ) ( )( )lslvsslf vvvR

HTT −−−=∆ γγ2

ln 0 (5.50)

Le eq.(5.49) e (5.50) sono equivalenti per intervalli di T < 0.5°C.

E’ interessante notare che, essendo vs > vl, il termine

( ) 0>− lslv vvγ . Ovviamente R = Rsl = Rlv.

L’equazione (5.49), si può esprimere in termini di massa:

−−

∆+=

ls

lv

s

sl

f RHTT

ρργ

ρ

γ 11210 (5.51)

Essendo 011

ls ρρ,

La (5.50), invece, diviene:

Crioporosimetria

138

( ) ( )( )lslvsslfR

HTT ρργργ 112

ln 0 −−−=∆ (5.52)

Pori Sferici

Per i pori sferici l’unico modello adattabile è il semplice sistema a

due fasi mostrato in figura 5.1, (non prevede acqua in eccesso, e quindi

non è previsto un sistema trifasico in equilibrio), per tale sistema bifasico

fortemente disperso all’equilibrio occorre definire le equazioni di equilibrio

accoppiate alle equazioni di Laplace, si ha perciò:

0=+−− SLSLSSLL dAdVPdVP γ (5.53)

Essendo SL dVdV −= , si ha dunque:

SLSLSSSL dAdVPdVP γ−=− (5.54)

SLSLSLS dAPPdV γ−=− )( (5.55)

SL

SL

S

SLSLLS

RdV

dAPP

γγ

2)( ==− (5.56)

SL

SLLS

RdPdP

γ2+= (5.57)

Le due equazioni di Gibbs - Duhem, per un sistema bifasico sono:

0=−+ SSS dPVdudTs (5.58)

0=−+ LLL dPVdudTs (5.59)

Sottraendo la (5.59) alla (5.58):

0)( =+−− LLSSLS dPVdPVdTss (5.60)

Sostituendo SL

SLLS

RddPdP

γ2+= alla (5.60) si ottiene:

0)2

()( =++−−LL

SL

SLLSLS

dPVR

ddPVdTssγ

(5.61)

Capitolo 5

139

02)()( =−−+−SL

SLS

SLLLSR

VdVVdPdTss

γ (5.62)

0)1

(2)()( =−−+−SL

SLSLSLLSR

dVdPVVdTss γ (5.63)

Integrando tra T e T0 la (5.63):

01

2)(000

=−−+∆− ∫∫∫SLR

SL

SLS

P

P

LSL

T

T

fR

dVdPVVT

dTH γ (5.64)

02

))(()ln( 00 =−−−+∆−SL

SLS

SLfR

VPPVVTTH

γ (5.65)

La pressione della fase liquida non varia al variare del raggio del

nanocristallo, pertanto 0)( 0 =− PP pertanto l’equazione (5.65) diventa:

SL

SLSf

R

VTTH

γ2)ln( 0 −=∆ (5.66)

Un'altra via consiste nell’arrangiare diversamente l’equazione

(5.63):

0))1(2()(

)1(2)(

=−+−−

−−

444444 3444444 21SLSLLSLS RdVVVdP

SLSLSLSSLS RddPVdPVdTss

γ

γ (5.67)

Integrando tra gli estremi d’integrazione corrispondenti:

0)1(2)()(

1

00

=−−+− ∫∫∫SLS

L

R

SLLSL

P

P

SSL

T

T

LS RdVdPVVdTss γ (5.68)

02

))(()ln( 0 =−−−+∆−SL

LSLLSSLf

R

VPPVVTTH

γ (5.69)

Dall’equazione di Laplace (5.56) si ha cheSL

SLLS

RPP

γ2)( =− , pertanto

l’equazione (5.69) diventa:

022

)()ln( 0 =−−+∆−SL

LSL

SL

SLSLf

R

V

RVVTTH

γγ (5.70)

Crioporosimetria

140

In termini molari:

SL

SLSf

RVTTH

γ2)ln( 0 −=∆ (5.71)

In termini di massa:

SLS

SLf

RTTH

ρ

γ2)ln( 0 −=∆ (5.71’)

5.2.1.2 Considerazioni Matematiche

Una volta definite tutte le equazioni necessarie si procede al calcolo

delle grandezze.

Valutazione di β [1]

La procedura è iterativa. Preventivamente si valutano le seguenti

grandezze:

∫°=

∆=

CT

T

fp dTThv

QW

00

)(

1& (5.72)

∫°=

∆=

CT

T ICE

fpThT

dT

v

QV

00

)()(ρ

& (5.73)

∫>

∆=

0

0

2 )(

1

0

0

TT

T

H dTThv

QW

& (5.74)

02Hfptnfp WWWW −−= (5.75)

In cui:

tW Massa di acqua totale presente nel sistema dentro e

fuori dai pori. Si misura sperimentalmente. [Kg]

fpW Massa di acqua che solidifica nei pori. Si valuta dal

tracciato sperimentale DSC. [Kg]

fpV Volume occupato dall’acqua ghiacciabile. Si valuta

dal tracciato sperimentale DSC. [m3]

Capitolo 5

141

02HW Massa di acqua che fonde a 0°C. si valuta dal

tracciato sperimentale DSC. [Kg]

nfpW Massa di acqua contentua nei pori che non fonde

poiché aderisce alla parete del poro. [Kg]

h∆ È l’entalpia di fusione per unità di massa di [J/kg]

ICEρ È la densità del ghiaccio di Vfp a T<0°C, e non

solidificabile perché aderito alle pareti. [kg/m3]

Il volume dei pori può essere valutato in questo modo:

fp

ICE

nfp

p VC

WV +

°=

)0(ρ (5.75)

Procedura iterativa per la stima di β

1) assumere β e assumere la geometria dei pori, z

2) calcolare dRR

R

dR

dT

RRhv

QV

ZCTR

R ICE

calcp

Max

Min

−∆= ∫

°=

βρ

)0(

.,)()(

& (5.76)

3) valutare ε<−

=∆

p

pcalcp

p V

VV

V

V , (5.77)

In cui ε è la tolleranza.

Se il requisito non viene soddisfatto, allora si pone βββ ∆+= , e

si ripetono i passi iniziando dal punto 2.

Altrimenti il valore di β è stato determinato. La procedura di

calcolo è arrivata alla FINE.

Noto β , si può finalmente avere la distribuzione di probabilità

delle dimensioni dei pori cercata:

Crioporosimetria

142

dRdR

dV

dR

dV

dR

dMax

Min

R

R

p

p

∫=

φ (5.78)

Ponendo dR

dRf

φ=)( , si ottiene:

1)( ==

=

∫∫∫

dRdR

dV

dRdR

dV

dRdR

ddRRf

Max

Min

Max

Min

Max

Min

Max

Min

R

R

p

R

R

p

R

R

R

R

φ (5.79)

Determinazione della funzione dR

dT

Poter risolvere l’integrale (5.76), è necessario calcolare dR

dT.

A tale fine conviene procedere come segue:

I° intervallo

1

01 )(

00R

ATTSdT

T

HSdT

T

T

T

T

−=−∆≅∆

=∆ ∫∫ (5.80)

SSLA ργ /2=

Pori sferici.

Pori cilindrici con acqua in

eccesso.

))11

((2LS

LV

S

SLAρρ

γρ

γ−−=

Pori cilindrici senza acqua in

eccesso.

Dunque, )( 011

1TTS

AR

−∆−= (5.81)

Ma deve anche risultare:

Capitolo 5

143

)(3 1001 TTcHH p

l

lv

s

sv −∆−

−−∆=∆

ρ

γ

ρ

γ (5.82)

)(3

10

1

0011 TTcR

STST p

l

lv

s

sv −∆−

−−∆=∆

ρ

γ

ρ

γ (5.83)

Riarrangiando la (5.83) si ottiene:

−∆−∆−∆=

l

lv

s

sv

p TTcSTST

R

ρ

γ

ρ

γ3

)(1 101100

1

(5.84)

)(

3

100011

1TTcSTST

Rp

l

lv

s

sv

−∆+∆−∆

−−

γ

ρ

γ

(5.85)

Uguagliando la (5.85) alla (5.81) si ottiene:

)(

3

)( 100011011 TTcSTSTTTS

A

p

l

lv

s

sv

−∆+∆−∆

=−∆

ρ

γ

ρ

γ

(5.86)

Determinazione di 1S∆ :

( ) )()(3

011100011 TTSTTcSTSTA

p −∆=−∆+∆−∆β

(5.87)

[ ])(3

)(3

1000011

1 TTcSTA

TTAT

S p −∆−∆=

−−∆

ββ (5.88)

β

β

3)(

)(

3 101

0010

1 ATTT

STTTcAS

p

−−

∆−−∆=∆ (5.89)

111 STH ∆=∆ (5.90)

)(

3

)( 100011011

1TTcSTSTTTS

AR

p −∆+∆−∆

−=

−∆

−=

β (5.91)

In cui

−=

l

lv

s

sv

ρ

γ

ρ

γβ .

Crioporosimetria

144

Intervallo i-esimo

i

i

j

iiijjj

T

TR

ATTSTTSSdT

i

−=−∆+−∆=∆ ∑∫−

=

−−

1

1

11 )()(

0

(5.92)

)(

3

)()( 000

1

1

11ipii

i

j

iiijjj

iTTcSTST

TTSTTS

AR

−∆+∆−∆

−=

−∆+−∆

−=

∑−

=

−−

β (5.93)

[ ])(3

)()( 000

1

1

11 ipii

i

j

iiijjj TTcSTSTA

TTSTTS −∆+∆−∆=−∆+−∆∑−

=

−−β

(5.94)

[ ] ∑−

=

−− −∆−−∆+∆−∆=

−−∆

1

1

10001 )()(33

)(i

j

jjjipii

i

iii TTSTTcSTSTAAT

TTSββ

(5.95)

[ ]

−−

−∆−−∆+∆−∆

=∆

=

−∑

β

β

3)(

)()(3

1

1

1

1000

i

ii

i

j

jjjipii

iAT

TT

TTSTTcSTSTA

S (5.96)

iii STH ∆=∆ (5.97)

Infine:

)(

3

000 ipii

iTTcSTST

R−∆+∆−∆

−=

β (5.98)

Poiché questa trattazione è termodinamica, T deve essere espressa

in gradi Kelvin (K), infatti se si usassero i gradi Celsius (°C), si avrebbe

∞→∆ iS per CTi °→ 0 , essendo i

i

iT

HS

∆=∆ .

Si potrebbe calcolare l’integrale ∫∫∆

=∆T

T

T

T

dTT

HSdT

00

anche in

maniera diversa. Ritenendo costante ∆Hf e non ∆Sf. In tal caso avremmo

( )01ln

0

TTHSdT

T

T

∆=∆∫ . Infatti, procedendo in maniera analoga, si arriva

allo stesso risultato.

Capitolo 5

145

I° Intervallo

1

011 )ln(1

0R

ATTHdT

T

HT

T

−=∆=∆∫ (5.99)

)ln( 011

1TTH

AR

∆−= (5.100)

In cui 0T è la temperatura di fusione del ghiaccio a 0°C e 01 TT < .

))/1/1(/(2 LSLVSSLA ρργργ −−= Pori cilindrici senza acqua

in eccesso.

SSLA ργ /2=

Pori sferici.

Pori cilindrici con acqua in

eccesso.

Valutazione di 1H∆ , deve anche risultare:

∫∆

−−

−−∆=∆

0

1

)(3

1

01

T

Tc

pspl

l

lv

s

sv

p

dTccR

HH4434421

43421β

ρ

γ

ρ

γ (5.101)

dTcHHR

T

T

p∫ ∆−∆−∆=0

1

10

1

3β (5.102)

dTcHH

RT

T

p∫ ∆+∆−∆

−=

0

1

01

1

3β (5.103)

Uguagliando la (5.100) alla (5.103), si ha:

)ln(

3

011

01

0

1

TTH

A

dTcHH

T

T

p

∆=

∆+∆−∆ ∫

β

Crioporosimetria

146

A

TTHdTcHH

T

T

p

)ln(

3

011

01

0

1∆

=

∆+∆−∆ ∫

β

)ln(3

01101

0

1

TTHdTcHHA

T

T

p ∆=

∆+∆−∆ ∫β

−∆=

∆−∆∫ ββ 3

)ln(3

0110

0

1

ATTHHdTc

AT

T

p

β

β

3)ln(

301

0

1

0

1

ATT

HdTcA

H

T

T

p

∆−∆

=∆

∫ (5.104)

Vediamo ora gli altri intervalli:

i

i

j

iiijjj

T

TR

ATTHTTHdT

T

Hi

−=∆+∆=∆

∑∫−

=

−−

1

1

11 )ln()ln(

0

(5.105)

∑∫−

=

−− ∆+∆=∆

−=

1

1

11 )ln()ln(

0

i

j

iiijjj

T

T

i

TTHTTHdTT

H

AR

i (5.106)

Ma deve anche valere:

dTcR

HH

T

T

p

i

i ∫ ∆−−∆=∆0

1

30

β (5.107)

dTcHHR

T

T

pi

i

∫ ∆−∆−∆=0

1

0

3β (5.108)

dTcHH

RT

T

pi

i

∫ ∆+∆−∆

−=

0

1

0

3β (5.109)

Uguagliando la (5.106) alla (5.109):

Capitolo 5

147

dTcHHTTHTTH

AT

T

pi

i

j

iiijjj ∫∑ ∆+∆−∆

=

∆+∆−

=

−−

0

1

0

1

1

11

3

)ln()ln(

β

β3

)ln()ln(

0

1

0

1

1

11dTcHH

A

TTHTTH

T

T

pi

i

j

iiijjj ∫∑ ∆+∆−∆

=

∆+∆−

=

−−

∑∫−

=

−− ∆−

∆−∆=

−∆

1

1

101 )ln(33

)ln(0

1

i

j

jjj

T

T

piii TTHHdTcAA

TTHββ

β

β

3)ln(

)ln(3

1

1

1

10

0

1

ATT

TTHHdTcA

H

ii

i

j

jjj

T

T

p

i

∆−

∆−∆

=∆

=−∑∫

(5.110)

In cui:

( ) ( )[ ]dTTBFAEdTc

T

T

i

T

T

p ∫∫ −+−=∆0

1

0

1

(5.111)

( )( ) ( )( )22

00

0

1

iii

T

T

p TTBFTTAEdTc −−+−−=∆∫ (5.112)

( ) ( )( )[ ]( )ii

T

T

p TTBFTTAEdTc −−++−=∆∫ 00

0

1

(5.113)

( )ip

T

T

p TTCdTc −∆=∆∫ 0

*0

1

(5.114)

Dove ( ) ( )( )BFTTAEC ip −++−=∆ 0

* (5.115)

5.3 Porosimetria a Gas

5.3.1 Determinazione della distribuzione delle

dimensioni dei pori

5.3.1.1 Considerazioni Teoriche

La porosimetria a gas si basa sul principio di condensazione

capillare e sulle interazioni che si stabiliscono tra le fasi vapore - liquida

all’equilibrio all’interno dei pori [2]. La Figura 5.6 mostra l’esempio di un

Crioporosimetria

148

liquido all’equilibrio con la propria fase gassosa, confinato all’interno di

un poro cilindrico. Il liquido bagna la parete con un angolo di contatto Θ.

Questa semplice figura rappresenta la regione ad alta pressione in una

condizione d’assorbimento isotermo. Gli effetti gravitazionali non sono

considerati.

Per un fluido con bagnabilità perfetta, i.e. Θ =0, il raggio di

curvatura è identico al raggio del poro. Il liquido è dalla parte convessa

dell’interfaccia. Prendendo in considerazione l’equazione di Laplace,

secondo lo schema rappresentato in figura 5.6, si nota che la tensione di

vapore della fase vapore è maggiore rispetto alla pressione idrostatica

esercitata dal liquido. La figura 5.6 rappresenta il modello fisico che si

utilizzerà per la determinazione della dimensione dei pori.

In genere, la fase dal lato concavo esercita una pressione maggiore

rispetto alla fase che si trova dalla parte convessa dell’interfaccia.

Figura 5.6. Liquido all'interno di un poro cilindrico in equilibrio con la fase

vapore. Il liquido bagna le pareti del poro con un angolo di contatto Θ, il raggio di

curvatura risultante è più grande del raggio del poro rp.

Un approccio per la determinazione del raggio del poro, utilizza le

equazione di Gibbs- Duhem per descrivere le equazioni di stato

termodinamiche per la coesistenza delle fasi liquide e gassose. Le

equazioni di Laplace sono state utilizzate per la descrizione dell’equilibrio

meccanico all’ interfaccia gas-liquido con tensione interfacciale γgl.

Per poter determinare il raggio del poro attraverso la tecnica di

porosimetria a gas, bisogna introdurre le equazione di Gibbs – Duhem.

Capitolo 5

149

0=+− lllll dndPVdTS µ (5.2)

0=+− vvvvv dndPVdTS µ (5.3)

Le equazioni (5.2) e (5.3) riferiscono il bilancio termodinamico tra la

fase vapore e la fase liquida all’esterno del poro quando le superfici o aree

interfacciali tra le fasi sono piatte. Le equazioni mettono in relazione, i

contributo chimici, termici e meccanici, all’equilibrio, su variazioni

infinitesime del potenziale chimico δµi , temperatura δT, e pressione δPi.

Le sottoscritture i,j = g,l si riferiscono alla fase vapore e liquida

rispettivamente, Si, Vi ed ni sono la entropia, il volume ed il numero di

moli della fase i o j, rispettivamente.

Lo sperimento di porimetria ad azoto è condotto a temperatura

costante (δT = 0) e sotto condizioni tali per cui la fase gassosa dell’azoto è

in equilibrio con la propria fase liquida, pertanto i potenziali chimici δµg

= δµl = 0. E quindi, eguagliando le equazioni di Gibbs–Duhem (5.2) e

(5.3), si ottiene:

llvg dPvdPv = (5.116)

I volumi totali sono stati sostituiti dai volumi molari per ogni fase

rispettivamente (vi = Vi/ni). L’equazione di Laplace (Eq. (5.4)), per

superfici semisferiche, soggette ad un incremento di pressione δP,

relativa al sistema fisico rappresentato in figura 5.6:

=−

l

lvlvlv

dV

dAPP γ (5.4)

Derivando (5.4), si giunge a:

=−

rddPdP lv

lv

γ2 (5.117)

Per convenzione, la fase con la pressione maggiore si trova dalla

parte convessa dell’interfaccia. Combinando le equazioni (5.117) e

(5.116), si ottiene,

v

v

l

v

l

vllv

P

dP

v

RTdP

v

vv

rd −=

−=

γ2 (5.118)

Crioporosimetria

150

v

v

l

lv

P

dP

v

RT

rd −=

γ2 (5.118’)

Essendo vl vv << , e assumendo che la fase vapore si comporti

come gas ideale, gv PRTv = . Integrando l’equazione (5.118’) da 0

vP che

corrisponde a r =∞, a vP che corrisponde a r = r , si ottiene:

rRT

v

P

P llv

v

v γ2ln

0−= (5.119)

L’equazione risultante è conosciuta come equazione di Kelvin.

L’equazione (5.119), mette in relazione la tensione di vapore

all’equilibrio vP , di un liquido con volume specifico vl e raggio del menisco

r, con la tensione di vapore 0

vP dello stesso liquido su una superficie

planare; incrementando la pressione del gas avviene la condensazione

capillare nei pori più grandi. La maggior parte dei fluidi sonda inclusi

l’azoto, hanno un angolo di contatto Θ con la parete del poro.

Mettendo in relazione la (5.119) con l’equazione che lega il raggio

del poro pr all’angolo di contatto, Θ= cosrrp , si perviene a:

Θ−= cos2

ln0

RTr

v

P

P

p

llv

v

v γ (5.120)

In conclusione, una volta che si ha a disposizione la distribuzione

di 0

v

v

P

P, note che siano le altre grandezze definite nella (5.120), si può

risalire alla distribuzione dei raggi dei pori [2].

5.3.1.2 Considerazioni Sperimentali: Il metodo BET

Il metodo principale di misura della superficie specifica di un

materiale microposo è per adsorbimento dei gas (metodo BET) sviluppato

da Brunauer, Emmett e Teller.

La misura si effettua a basse temperature (-200 °C) e pressioni e

consiste nella valutazione del volume di gas (N2) adsorbito dal solido a

varie temperature a varie pressioni inferiori alle pressioni di saturazione,

Capitolo 5

151

da cui si calcola il volume teorico di uno strato monomolecolare

adsorbito.

Figura 5.7. Schema semplificato dell’apparecchiatura per lo sperimento di

porosimetria ad azoto.

L'isoterma di Stephen Brunauer, Paul H. Emmett ed Edward Teller

o isoterma BET (dalle iniziali dei loro cognomi), sviluppata nel 1938, è

utilizzata per descrivere l'adsorbimento su superfici da fase vapore. In

tale modello è contemplato l'adsorbimento multistrato e si distinguono

due possibili interazioni fondamentali: adsorbato-superficie e adsorbato-

adsorbato "verticale" (interazione attrattiva). L'interazione adsorbato-

adsorbato verticale è indipendente dallo strato considerato, mentre

l'interazione adsorbato-adsorbato nello stesso monostrato (orizzontale) è

considerata trascurabile rispetto all'interazione adsorbato-superficie. Il

sistema è composto quindi da infiniti monostrati che seguono il modello

di Langmuir.

L'equazione BET è:

( )[ ] cvP

P

cv

c

PPv mm

11

1

1

00

+

−=

− (5.121)

in cui P e P0 sono le pressioni all'equilibrio nel sistema poroso e la

pressione di saturazione degli adsorbati alla temperatura di

Crioporosimetria

152

adsorbimento, v è la quantità di vapore adsorbita (in unità di volume), vm

è la quantità adsorbita in un monostrato e c è la costante BET, pari a:

−=

RT

EEc L1exp (5.122)

In cui E1 è l'entalpia di adsorbimento del primo strato (quello che

interagisce con la superficie) e EL rappresenta l'entalpia per tutti gli altri

strati ed equivale all'entalpia di fusione.

Se si considera un grafico con 1 / v[(P0 / P) − 1] sull'asse delle

ordinate e P / P0 sull'asse delle ascisse (il cosiddetto grafico BET)

l'equazione (5.121) corrisponde ad una funzione lineare (cioè una retta).

In particolare, si osserva sperimentalmente che la relazione è lineare

nell'intervallo 0.05 < P / P0 < 0.35. A partire dalla pendenza della retta e

dal valore dell'intercetta sull'asse delle ordinate è possibile stimare la

quantità di vapore adsorbita per monostrato vm e la costante BET c.

Utilizzando opportune molecole-sonda (solitamente azoto o gas rari)

di cui si conosce l’area di ingombro e determinando m0 (quantità

adsorbita dal monostrato), si ottiene così l’area superficiale del solido

(solitamente normalizzata a massa unitaria di adsorbente).

5.4 Le Zeoliti

Le zeoliti sono dei materiali speciali. Esse formano una classe

affascinante di minerali microporosi [9]. Vengono largamente utilizzate in

applicazioni di scambio ionico, hanno proprietà uniche come assorbenti e

setacci molecolari e giocano un ruolo dominante in catalisi eterogenea. Le

proprietà delle zeoliti derivano direttamente dalle caratteristiche

particolari delle loro strutture cristalline, e la chimica dello stato solido

conosce pochi altri esempi in cui la relazione tra struttura e proprietà

macroscopiche può essere osservata così direttamente. Gli interessi sia

teorici che applicativi per le zeoliti sono in continua crescita. Ciò riflette

l’espansione delle procedure sintetiche di nuove specie e gli ulteriori

Capitolo 5

153

sviluppi negli utilizzi commerciali. Una più approfondita conoscenza della

chimica delle zeoliti offre la possibilità di un più diretto controllo delle

sintesi e di una migliore capacità previsionale nella selezione in vista di

specifiche applicazioni.

Per molti anni le zeoliti sono state utilizzate come scambiatori

cationici per addolcire l’acqua (e sono tuttora utilizzate nei detergenti per

questo scopo al posto dei fosfati, eliminati per via dei problemi ambientali

che essi causavano). Esistono in natura almeno 40 forme di zeoliti ma il

loro numero è stato di molto aumentato per via sintetica.

Il nome zeolite fu coniato nel 1756 dal mineralogista svedese A. F.

Cronstedt che osservò che questi minerali (in particolare la stilbite)

quando riscaldati emettevano bolle per via del rilascio di acqua

interstiziale. Da questo il nome zeo lithos da ‘bollire’ e ‘pietra’ in greco.

5.4.1 Struttura e composizione

Le zeoliti rappresentano una particolare classe di minerali collegati

ai feldspati e feldspatoidi. Sono dei tetroalluminosilicati e hanno strutture

cristalline costruite da tetraedri TO4 (T = specie tetraedrica, Si, Al, etc.), i

cui atomi di ossigeno sono scambiati con tetraedri adiacenti (vedi figura

5.8).

Figura 5.8. Strutture tetraedriche.

Le zeoliti, per definizione, si distinguono per avere strutture più

aperte, in grado di poter assorbide e disassorbire reversibilmente

molecole d’acqua o molecole più grandi, e che contengono grandi cationi

Crioporosimetria

154

non legati al network che possono essere facilmente scambiati. La

formula generale delle zeoliti è:

Mx/n[(AlO2)x(SiO2)y].mH2O

dove i cationi M, di valenza n, neutralizzano le cariche negative sul

reticolo di allumosilicato.

I mattoni costituenti le zeoliti sono unità tetraedriche [SiO4]4- e

[AlO4]5- legate insieme dalla condivisione di un vertice per ogni coppia di

tetraedri, a formare dei ponti di ossigeno non-lineari. Una unità di base

composta da due tetraedri uniti tra loro, è mostrata in figura 5.9.

Figura 5.9. Unità base composta da due tetraedri uniti tra loro.

Mentre i tetraedri TO4 nelle strutture zeolitiche sono in genere

regolari, i valori degli angoli T-O-T sono distribuiti in un range tra circa

125° e 180°. I tetraedri si possono quindi combinare a dare una varietà di

strutture. I tetraedri SiO4 sono elettricamente neutri quando legati tra

loro in un reticolo tridimensionale come il quarzo. La sostituzione di

Si(IV) con Al(III) nella struttura provoca uno squilibrio di carica e, per

conservare la elettroneutralità, ogni tetraedro AlO4 deve essere

controbilanciato da una carica positiva. La carica proviene da cationi

legati in modo elettrostatico alla zeolite. Il fatto che le zeoliti siano

cristalline, con una microporosità che è una intrinseca caratteristica della

struttura cristallina, le differenzia da molti altri materiali microporosi

come i setacci molecolari di carbone, il gel di silice o certe argille

colonnari.

Capitolo 5

155

Figura 5.10. Strutture molto comuni nelle zeoliti: cicli a 4, 5, 6 membri che

generano tipi diversi di catene.

I tetraedri TO4 formano anelli: unità molto comuni nelle zeoliti sono

cicli a 4, a 5 e a 6 membri (figura 5.10). Le configurazioni che può

adottare un anello a 4 membri illustrano la flessibilità dei tetraedri come

building blocks strutturali. Gli apici dei quattro tetraedri TO4 possono

puntare in su (U, up) o in giù (D, down), generando tipi diversi di catene.

Tutti questi modi di connessione si osservano nelle strutture zeolitiche.

In genere i tetraedri uniti in questo modo sono rappresentati

disegnando solo le linee congiungenti i centri di tetraedri adiacenti (Si-Si,

Si-Al etc.). In questo modo la rappresentazione della struttura si

semplifica, ma va sempre ricordato che i legami Al-O-Si etc. non sono

lineari (vedi anello esagonale in figura 5.11). La struttura di molte zeoliti è

basata sull’ unità di 24 tetraedri di Si o Al uniti insieme, l’unità sodalitica

(gabbia β), illustrata in figura 5.12.

Figura 5.11. Esempio di come la rapresentazione della struttura

semplificata dei tetraedri adiacenti (sinistra) non sia lineare come un anello

esagonale (destra).

Crioporosimetria

156

Figura 5.12. L’unità sodalitica (gabbia β), struttura di molte zeoliti, è basata

sull’ unità di 24 tetraedri di Si o Al uniti insieme.

Si possono riconoscere anelli a sei e a quattro tetraedri uniti tra

loro a formare un ottaedro troncato. Questa, come abbiamo visto, è

l’unità base della sodalite. Molte delle zeoliti più comuni sono basate

sull’unità sodalitica (figura 5.13). Si noti che nella sodalite la ‘cavità

interna’ definita dalle otto unità sodalitiche è anch'essa una unità

sodalitica. Come sappiamo, infatti, l’ottaedro troncato è uno dei poliedri

che riempiono completamente lo spazio. La struttura risultante è

altamente simmetrica e contiene canali che viaggiano paralleli ai tre assi

del sistema cubico.

La figura 5.13 mostra oltre alla sodalite, una zeolite sintetica, la

zeolite-A o LTA. Questa è correlata alla struttura della sodalite, ma con le

unità sodalitiche di base unite mediante ponti ad ossigeno tra gli anelli a

4 membri. In questo modo si forma un nuovo reticolo di cavità più grandi

connesse tra loro. La formula della zeolite-A è Na12[(SiO2)12(AlO2)12].27

H2O. Il rapporto Si/Al è quindi 1:1 e gli atomi dei due elementi si

alternano regolarmente nel reticolo. La struttura della faujasite (FAU), un

minerale, è mostrata nella stessa figura 5.13. Le unità sodalitiche sono

legate da ponti a ossigeno tra quattro degli otto anelli a 6 membri, in

arrangiamento tetraedrico, formando prismi esagonali. Le zeoliti

sintetiche X e Y hanno lo stesso framework, ma nella zeolite X il rapporto

Si/Al è tra 1 e 1.5 mentre nella zeolite Y è tra 1.5 e 3. Queste zeoliti sono

caratterizzate dalla comparsa di una supercavità a cui si accede tramite

finestre che sono anelli a 12 membri. Il framework emt è una variante

esagonale della FAU, presente nella zeolite EMC-2.

Capitolo 5

157

Figura 5.13. Esempio di alcune zeoliti che derivano dall’unità sodalitica.

Come detto la zeolite-A ha un rapporto Si/Al unitario. In alcune

zeoliti questo rapporto può essere molto alto. La ZK-4, con la stessa

struttura della zeolite-A, ha un rapporto Si/Al di 2.5. Molte delle zeoliti

sintetizzate in anni recenti per scopi catalitici sono altamente silicee. La

ZSM-5 (zeolite Socony-Mobil 5) può avere un rapporto Si/Al tra 20 e ∞

(cioè SiO2 pura). Chiaramente, la variazione del rapporto Si/Al comporta

anche una variazione del contenuto di cationi nel reticolo. Un più basso

numero di atomi di Al significa un minor numero di cationi scambiabili.

Le zeoliti ad alto contenuto di Si sono maggiormente idrofobiche e hanno

una maggiore affinità per gli idrocarburi. Alcune strutture zeolitiche

contenenti anelli a 5 membri di tetraedri sono mostrate in Figura 5.14.

Oltre alle zeoliti convenzionali, diverse nuove classi di materiali

zeolitici sono stati preparati come gli AlPO (alluminofosfati), i SAPO

(alluminofosfati Si sostituiti) etc. Il reticolo Si-O-Al nelle zeoliti è

relativamente rigido; i cationi non fanno parte integrante della struttura e

sono spesso chiamati cationi intercambiabili. Sono relativamente mobili e

possono essere sostituiti da altri cationi. La presenza e posizione dei

cationi nella zeolite è importante per varie ragioni. Le sezioni degli anelli e

Crioporosimetria

158

dei canali nella zeolite possono venire modificate cambiando la carica (e

quindi il numero) dei cationi.

Figura 5.14. Alcune strutture zeolitiche contenenti anelli a 5 membri di

tetraedri.

Oltre alle zeoliti convenzionali, diverse nuove classi di materiali

zeolitici sono stati preparati come gli AlPO (alluminofosfati), i SAPO

(alluminofosfati Si sostituiti) etc. Il reticolo Si-O-Al nelle zeoliti è

relativamente rigido; i cationi non fanno parte integrante della struttura e

sono spesso chiamati cationi intercambiabili. Sono relativamente mobili e

possono essere sostituiti da altri cationi. La presenza e posizione dei

cationi nella zeolite è importante per varie ragioni. Le sezioni degli anelli e

dei canali nella zeolite possono venire modificate cambiando la carica (e

quindi il numero) dei cationi.

Questo ha una grande importanza per il tipo di molecole che

possono venire assorbite nella zeolite. Una variazione nella occupazione

dei siti da parte dei cationi porta anche a cambiare le proprietà catalitiche

del sistema. Per questa ragione è diventato molto importante determinare

la posizione dei cationi all'interno della zeolite. I cationi all’interno della

zeolite possono avere più di una possibile collocazione. Nella figura 5.15

sono mostrati alcuni siti di assorbimento di ioni K+ nella zeolite-A. Alcuni

cationi occupano il centro degli anelli a 6, mentre altri sono all’interno

degli anelli ad 8.

Capitolo 5

159

Figura 5.15. Alcuni siti d’assorbimento di ioni K+ nella zeolite-A. Alcuni

cationi occupano il centro degli anelli a 6, mentre altri sono all’interno degli anelli

ad 8.

La presenza dei cationi in queste posizioni riduce la dimensione del

canale e impedisce l’entrata di altre molecole. Se, ad esempio, si vuole

introdurre una molecola organica come l’etano, si possono sostituire gli

ioni K+ con ioni divalenti in modo da dimezzare il numero di cationi

presenti nella zeolite.

Figura 5.16. I principali siti cationici nel minerale faujasite.

Crioporosimetria

160

Inoltre, gli ioni divalenti preferiscono posizionarsi all'interno degli

anelli a 6, lasciando liberi i canali di accesso alle cavità zeolitiche (figura

5.16). Questi siti sono collocati :

• Nei prismi esagonali, S(I), occupati da cationi che

preferiscono alte coordinazioni;

• Immediatamente adiacenti ai precedenti nelle gabbie β,

S(I’), occupati solo in alternativa ai siti S(I);

• Sulle pareti della supergabbia, S(II), quasi tutti

occupati;

• Nella parte centrale delle gabbie β, S(II’), quasi sempre

vuoti.

Le zeoliti cristalline contengono molecole d’acqua che sono

coordinate agli ioni scambiabili. Le strutture possono essere disidratate

mediante riscaldamento sotto vuoto, con la conseguenza che anche i

cationi si spostano e in genere si collocano in siti con basso numero di

coordinazione. Le zeoliti disidratate sono ottimi agenti essiccanti.

5.4.2 Cavità e canali

L’aspetto strutturale di maggior importanza nelle zeoliti è la

presenza di cavità e pori collegati tra loro mediante dei canali a formare

una vera e propria rete di canali all'interno della struttura. Queste cavità

hanno dimensioni molecolari e possono assorbire specie chimiche

abbastanza piccole da passare attraverso i canali. Un fattore che

controlla la possibilità o meno di assorbire molecole nella zeolite è la

dimensione della finestra o apertura del poro (figura 5.17).

Capitolo 5

161

Figura 5.17. Finestre o aperture dei pori di alcuni tipi di zeoliti.

Questa finestra a sua volta dipende dal numero di tetraedri, atomi

T, e di ossigeni, O, uniti tra loro e quindi dalla dimensione degli anelli. Le

dimensioni delle finestre sono ottenute usando i raggi di van der Waals di

O, 1.35 Å, e Si, 1.40 Å (figura 5.18).

Figura 5.18. Diverse dimensioni delle finestre ottenute utilizzando i raggi di

van der Waals.

Una cavità nella sodalite ha aperture costituite da anelli a 4 tetraedri con

un diametro di circa 260 pm; questo diametro è abbastanza piccolo e

permette solo l’ingresso di molecole d’acqua. L’apertura dei pori nella

zeolite-A è di 410 pm, ed è determinato dalla dimensione degli anelli a 8.

Crioporosimetria

162

La cavità interna però misura 1140 pm in diametro. La faujasite ha

aperture costituite da anelli a 12 con diametro di 740 pm e una

supercavità di 1180 pm in diametro.

Le dimensioni delle finestre dei pori variano quindi tra 300 e 1000

pm, da cui il nome di setaccio molecolare dato a questi allumosilicati. Di

conseguenza, le zeoliti hanno una elevatissima area superficiale, con la

possibilità di adsorbire grandi quantità di specie chimiche, una

caratteristica di grande importanza in catalisi. Valori tipici di area

superficiale per le zeoliti sono 300-700 m2 g-1 e in cristalliti della

dimensione di 0.1-5 mm più del 98% dell'area superficiale totale è

interna.

Le zeoliti sono suddivise in tre grandi categorie. I canali possono

essere paralleli a: (1) una singola direzione (si parla di zeoliti fibrose); (2)

due direzioni distribuite su dei piani (zeoliti lamellari); (3) tre direzioni

(zeoliti a framework). Come sempre accade, esistono strutture che non

appartengono in modo netto a nessuna di queste categorie. Un tipico

esempio di zeolite fibrosa è la edingtonite, Ba[(AlO2)2(SiO2)3].4H2O, che ha

una caratteristica forma a catena legata alla ripetizione regolare di cinque

tetraedri (figura 5.19).

Figura 5.19. L’edingtonite, Ba[(AlO2)2(SiO2)3].4H2O, ha una caratteristica

forma a catena legata alla ripetizione regolare di cinque tetraedri.

Le catene sono connesse tra loro attraverso ponti di ossigeno,

secondo modalità diverse (vedi figura 5.20, i tetraedri ombreggiati

contengono Al, cationi e acque sono disposti tra le catene), ma la

Capitolo 5

163

concentrazione di atomi nelle catene conferisce al materiale il suo

carattere fibroso.

Figura 5.20. Catene connesse tra loro attraverso ponti di ossigeno, secondo

modalità diverse, la concentrazione di atomi nelle catene conferisce al materiale il

suo carattere fibroso.

Le zeoliti lamellari si presentano frequentemente nelle rocce

sedimentarie, come la fillipsite, (K/Na)5[(SiO2)11(AlO2)5].10H2O, i cui canali

viaggiano paralleli all’asse cristallografico a (figura 5.21).

Figura 5.21. La fillipsite, (K/Na)5[(SiO2)11(AlO2)5].10H2O, ha canali che

viaggiano paralleli all’asse cristallografico a.

Una zeolite con canali disposti lungo le tre dimensioni spaziali è la

zeolite-A (figura 5.22). La cavità centrale ha la forma di un cubottaedro

troncato; le varie cavità formano dei canali paralleli alle tre direzioni degli

assi della cella cubica.

Crioporosimetria

164

Figura 5.22. La zeolite-A ha canali disposti lungo le tre dimensioni spaziali.

Nella metà degli anni '70 furono sintetizzate alcune zeoliti con

struttura completamente nuova, che hanno portato a significativi sviluppi

nell’area. Si tratta di una famiglia di zeoliti a framework 3D, che

includono le specie sintetizzate presso i laboratori della compagnia

petrolifera Mobil, note come ZSM-5 e ZSM-11 (dette anche silicaliti 1 e 2,

rispettivamente) e alcune altre zeoliti naturali, che sono chiamate con il

nome generale di pentasil.

La struttura della ZSM-5 (ZSM = Zeolite Socony Mobil), un

catalizzatore utilizzato industrialmente in tutto il mondo, è riportata in

figura 5.23. L’unità di base pentasil è mostrata a sinistra (si noti che può

essere descritta come un poliedro con 8 facce pentagonali). Queste unità

di base sono collegate in catene unite tra loro a formare degli strati. La

sovrapposizione appropriata di questi strati genera poi le diverse

strutture pentasil.

Capitolo 5

165

Figura 5.23. La struttura della ZSM-5 (ZSM = Zeolite Socony Mobil). E’ un

catalizzatore utilizzato industrialmente in tutto il mondo.

Sia la ZSM-5 che la ZSM-11 sono caratterizzate da canali controllati da

anelli a 10, con diametro di circa 550 pm (figura 5.24).

Figura 5.24. La ZSM-5 e la ZSM-11 sono caratterizzate da canali controllati

da anelli a 10, con diametro di circa 550 pm.

Il sistema dei pori in queste zeoliti non unisce grandi cavità ma

contiene zone di intersezione dove lo spazio disponibile permette che

possano manifestarsi interazioni molecolari. La struttura del sistema dei

pori della ZSM-5 con canali circolari a zigzag che si intersecano con

canali lineari a sezione ellittica è mostrata in figura 5.24. Nella ZSM-11

invece i canali che si intersecano hanno sezioni praticamente circolari.

Crioporosimetria

166

Il sistema di canali della mordenite è mostrato in figura 5.25. Si

distinguono due tipi di canali, governati da anelli a 8 e 12 membri

interconnessi da piccoli anelli a 5 e 6 membri.

Figura 5.25. Il sistema di canali della mordenite.

5.4.3 Preparazione e caratterizzazione delle zeoliti

Le zeoliti vengono preparate da soluzioni contenenti silicati e

alluminati, [Al(OH)4]-, di sodio, ad alti pH realizzati usando l’idrossido di

un metallo alcalino o una base organica. Si forma un gel attraverso un

processo di copolimerizzazione degli ioni silicato e alluminato. Il gel viene

poi riscaldato moderatamente a 60-100 °C in un recipiente chiuso per

circa 2 giorni, producendo una zeolite condensata (si parla di condizioni

idrotermali). Il prodotto ottenuto è determinato dalle condizioni di sintesi:

temperatura, tempo, pH e movimento meccanico. Alcuni microcristalli di

zeoliti diverse osservati al SEM sono mostrati in figura 5.26.

La presenza di basi organiche favorisce la formazione di fasi ricche

di silicio.

La formazione di nuove fasi sintetiche ricche di Si è stata facilitata

dall’uso di templati. Questo metodo è un caso particolare di

precipitazione molto usato per la sintesi di zeoliti. Il processo implica la

cristallizzazione da una soluzione acquosa basica contente gli ioni

costituenti più una sostanza detta templato, generalmente uno ione a

base organica. La forma della molecola di templato dirige la

cristallizzazione dei tetraedri di alluminato e silicato e determina la

Capitolo 5

167

struttura del prodotto finale. Tipicamente vengono usati sali di ammonio

quaternario a grandi dimensioni, come tetrapropilammonio. Il catione

tetrametilammonio viene usato nella sintesi di ZK-4.

Figura 5.26. Alcuni microcristalli di zeoliti diverse osservati al SEM.

La figura 5.27 illustra i cationi tetra-alchilammonio occlusi nelle

cavità della sodalite (a) e tetrapropilammonio in un canale di intersezione

nella zeolite sintetica ZSM-5 (b).

Figura 5.27. Cationi tetra-alchilammonio occlusi nelle cavità della sodalite

(a) e tetrapropilammonio in un canale di intersezione nella zeolite sintetica ZSM-5

(b).

Una volta terminata la sintesi, il templato viene rimosso per

decomposizione termica o per via chimica.

Crioporosimetria

168

Un esempio importante di zeolite sintetica è la ZMS-5. Si parte da una

miscela di acido silicico (SiO2. nH2O), idrossido di sodio, solfato di

alluminio, acqua, n-propilammina e bromuro di tetrapropilammonio che

viene scaldata a 160 °C per parecchi giorni. Il templato organico dirige la

crescita con i gruppi alchilici che riempiono le cavità della zeolite.

La preparazione di zeoliti ricche in silicio, come la zeolite-Y, può essere

effettuata variando la composizione del materiale di partenza, ma anche

per rimozione successiva degli ioni Al3+ dal reticolo della zeolite mediante

acidi minerali o agenti complessanti.

Il pH è un fattore molto importante nella sintesi. Piccole variazione di pH

infatti possono variare sensibilmente la quantità di prodotto ottenuto.

5.4.4 Applicazioni delle zeoliti

Agenti deidratanti. Le zeoliti contengono sempre molecole di acqua

coordinate agli ioni incorporati nella struttura. Le strutture possono

essere disidratate per riscaldamento sotto vuoto. Le zeoliti così ottenute

sono dei buoni agenti essiccanti.

Zeoliti come scambiatori di ioni. Le zeoliti hanno la capacità di

scambiare in parte o tutti i loro cationi (non di reticolo) per trattamento

con un soluzione o un sale fuso. Il carattere dell’equilibrio di scambio

ionico tra la soluzione e la zeolite dipende da vari fattori tra cui il tipo di

catione scambiabile e i possibili siti di coordinazione cationica presenti

nella zeolite. La massima capacità di scambio è determinata dal rapporto

Si/Al.

La zeolite-A nella forma con Na+ è usata come additivo per addolcire le

acque; gli ioni Na+ vengono rilasciati e sostituiti dagli ioni Ca2+

provenienti dall’acqua dura. L’additivo può essere rigenerato facendovi

passare una soluzione salina molto pura di NaCl. Questo processo è

familiare a chi usa la lavastoviglie. Attualmente le zeoliti-A sono aggiunte

a tutti i detersivi per lavatrice al posto dei polifosfati. Annualmente si

producono più di 250000 tonnellate di zeolite-A per uso nei detergenti. E'

anche possibile produrre acqua dolce per desalinazione dell’acqua di

mare usando zeoliti che contengono una miscela di ioni Ag e Ba. Il

Capitolo 5

169

processo però è talmente costoso da essere utile solo in caso di

emergenza.

Alcune zeoliti hanno una affinità per un catione in particolare. E' il caso

della clinoptilolite, una zeolite naturale, che scambia facilmente con il Cs.

Può quindi essere usata per separare il 137Cs da rifiuti radioattivi

scambiando ioni Na+ con ioni Cs+. In modo simile la zeolite-A è usata per

recuperare lo Sr radioattivo.

Zeoliti come adsorbenti. Dato che le zeoliti deidratate hanno

strutture porose aperte, possiedono alte aree superficiali e sono in grado

di adsorbire grandi quantità di sostanze oltre all’acqua. In questo modo le

zeoliti possono essere utilizzate come setacci molecolari per purificare o

separare sostanze.

Ad esempio la chabazite (figura 5.28) è nota per la sua capacità di

assorbire piccole molecole come acido formico e metanolo ma non

benzene e molecole più grandi.

La chabazite è stata usata industrialmente per rimuovere la SO2 dalle

emissioni inquinanti di impianti di combustione industriali. Similmente i

pori di apertura 410 pm nella zeolite-A, associati a finestre costituite da

anelli a 8 membri (si noti però che la cavità interna ha un diametro molto

maggiore, di 1140 pm), lasciano passare molecole di metano ma

escludono molecole più grandi come il benzene.

Figura 5.28. La chabazite è nota per la sua capacità di assorbire piccole

molecole come acido formico e metanolo ma non benzene e molecole più grandi.

Crioporosimetria

170

La computer graphic può essere molto utile nell’illustrare se una

molecola è in grado o meno di passare attraverso una finestra o un

canale. Gli atomi vengono rappresentati coi loro raggi di van der Waals.

La selettività di forma della ZSM-5 è illustrata in figura 5.29 (è mostrata

la cross-section del canale lineare, a confronto con dimensioni e forma di

alcune molecole: metanolo, 2,2-dimetilpentano, p-xilene).

Figura 5.29. Cross-section del canale lineare della ZSM-5, a confronto con

dimensioni e forma di alcune molecole: metanolo, 2,2-dimetilpentano, p-xilene,

ottenuta mediante la computer graphic. Gli atomi vengono rappresentati coi loro

raggi di van der Waals.

Le zeoliti sono particolarmente utili per questi processi dato che la

loro struttura non cambia durante la deidratazione e che il reticolo non si

decompone sino a temperature dell’ordine dei 700 °C. In una zeolite-A

dopo deidratazione il volume delle cavità rappresenta circa il 50% del

volume totale del materiale. Dopo il loro utilizzo come setacci molecolari,

le zeoliti possono essere ripristinate mediante riscaldamento o riflusso

con gas puri.

Zeoliti come catalizzatori. La applicazione forse più importante delle

zeoliti è in catalisi. E' nota la necessità di ottenere catalizzatori ad elevata

area superficiale e le zeoliti da questo punto di vista sono uniche.

Permettono infatti di trattare sino a 100 volte la quantità di molecole che

Capitolo 5

171

si possono assorbire su un catalizzatore amorfo tradizionale. Le zeoliti

possono essere ottenute cristalline e la loro sintesi è altamente

riproducibile: non mostrano quindi tendenza a variare la attività

catalitica in funzione della preparazione del catalizzatore. Infine, la

possibilità di agire da setacci molecolari consente una selezione delle

molecole che possono accedere ad un sito attivo. Quest’ultima proprietà è

particolarmente importante ed è nota come selettività di forma (shape

selectivily). L’attività catalitica di zeoliti prive di cationi è attribuita alla

presenza di siti acidi che derivano dalle unità tetraedriche [AlO4] nella

struttura. Queste possono comportarsi da siti acidi di Brönsted o di

Lewis. Le zeoliti sono sintetizzate di solito con ioni Na+ per bilanciare le

cariche negative del reticolo; gli ioni Na+ possono facilmente venire

sostituiti da protoni per reazione di scambio diretto con una soluzione

acquosa, dando luogo alla formazione di siti acidi di Brönsted. In

alternativa, se la zeolite non è stabile in soluzione acida, si prepara il sale

della zeolite con lo ione ammonio, NH4+, e si scalda in modo da rimuovere

l’ammoniaca lasciando il protone all’interno. Se si riscalda ulteriormente

si rimuove acqua dal sito acido di Brönsted lasciando uno ione Al3+ tri-

coordinato con tipiche proprietà di accettore di coppie elettroniche (acido

di Lewis). Lo schema di formazione di queste specie è mostrato in figura

5.30.

La superficie di una zeolite può quindi presentare siti acidi sia di

Brönsted che di Lewis o entrambi a seconda della preparazione. I siti di

Brönsted sono convertiti in quelli di Lewis a temperature superiori ai 600

°C. Non tutte le zeoliti sono usate in forma priva dei cationi o in forma

acida. E' comune sostituire gli ioni Na+ con ioni La3+ o Ce3+. Questi ioni si

dispongono nella struttura in modo da neutralizzare tre cariche negative

di altrettanti tetraedri [AlO4]-. La separazione di carica genera un forte

campo elettrostatico nella cavità. Questo può risultare abbastanza forte

da polarizzare o addirittura ionizzare il legame C-H di una molecola

adsorbita.

Una delle primi applicazioni delle zeoliti nel campo della catalisi

eterogenea è stata legata all’uso di zeoliti sostituite da terre rare per

Crioporosimetria

172

processi di cracking del petrolio negli anni ‘60. Il petrolio viene prima

separato per distillazione in frazioni leggere e pesanti di idrocarburi e le

frazioni pesanti sono ulteriormente trattate in processi di cracking su

catalizzatori per dare benzine.

Figura 5.30. Schema di formazione di una zeolite come catalizzatore.

Uno schema di processo in un impianto di cracking di idrocarburi a

letto catalitico fluido è mostrato in figura 5.31.

Figura 5.31. Schema di processo in un impianto di cracking di idrocarburi a

letto catalitico fluido.

Capitolo 5

173

Un terzo uso delle zeoliti in catalisi si basa sulla sostituzione degli

ioni Na+ con ioni di metalli di transizione come Ni2+, Pd2+ o Pt2+. Questi

vengono poi ridotti in sito in modo da formare atomi neutri depositati nel

reticolo. Il materiale risultante mostra le proprietà di un catalizzatore

metallico supportato, ma con una enorme dispersione del metallo.Ci sono

tre tipi di catalisi selettiva per forma (Figura 5.32):

Figura 5.32. Tre tipi di catalisi per forma del catalizzatore.

a) selettività sui reagenti: solo le molecole con dimensioni più

piccole di un valore critico possono entrare nei pori e raggiungere i

siti attivi. Ad esempio, un idrocarburo lineare può venire assorbito

e uno ramificato no.

• b) selettività sui prodotti: solo i prodotti di una certa

dimensione

• possono lasciare i siti attivi e diffondere attraverso i

canali come illustrato nella Figura seguente per il caso dello xilene.

Si possono formare tre isomeri nelle cavità zeolitiche, ma solo la

forma para- è in grado di uscire.

Crioporosimetria

174

c) selettività sullo stato di transizione: alcune reazioni non avvengono

in quanto lo stato di transizione (complesso attivato) richiede più

spazio di quanto non sia disponibile nelle cavità.

Uno degli usi industriali della ZSM-5 sta nella produzione di 1,4 (para)

xilene. Si tratta di un esempio tipico di selettività sui prodotti. Gli xileni

sono ottenuti per alchilazione del toluene con metanolo (figura 5.33).

Figura 5.33. Gli xileni ottenuti per alchilazione del toluene con metanolo.

La selettività della ZSM-5 è dovuta alle diverse cinetiche di

diffusione degli isomeri attraverso i canali. La diffusione del p-xilene è

circa 1000 volte superiore a quella degli altri isomeri. Va ribadito che un

ausilio molto importante nella progettazione di nuove zeoliti e nello studio

della loro attività catalitica è quello della grafica al computer e dei

programmi di dinamica molecolare. Esiste attualmente una intensa

attività in questo campo.

5.5 Parte Sperimentale

Lo scopo di questa sezione è caratterizzare la struttura interna di

campioni di zeoliti mediante studi di crioporosimetria e di porosimetria a

gas (N2). Si metteranno a confronto i risultati ottenuti da entrambi i

metodi, prendendo come riferimento dati reperibili in letteratura

specializzata [5]. In questo modo potrà essere valutata la bontà

dell’utilizzo della crioporosimetria per la determinazione della forma e

Capitolo 5

175

della dimensione dei pori per poter estenderla allo studio di sistemi in cui

le tecniche tradizionali non sono in grado di arrivare.

I campioni oggetto di questo studio comprendono due tipi di zeoliti

denominate commercialmente Si 60 e Si 100. Le caratteristiche fornite dal

produttore sono le seguenti: Si 60 ha un diametro medio del poro di 3,3

nm, una massa di 1.0612 g ed una densità di 2.091 g/cm3; Si 100 è

caratterizzato da un diametro medio di 7,7 nm, una massa di 0.878 g ed

una densità di 2.126 g/cm3.

5.5.1 Preparazione dei Materiali

5.5.1.1 Crioporosimetria

I campioni sono stati preparati immergendoli dapprima in acqua

distillata, dopodichè, il sistema è stato mantenuto a pressione ridotta, o

sottovuoto per un paio di ore in modo di eliminare l’eventuale aria

contenuta nei pori e riempire i pori di acqua.

Il sistema risultante si trova in una condizioni fisica tale per cui si

ha sia acqua all’interno dei pori che al di fuori di esso, infatti, dal

tracciato DSC si può apprezzare dell’acqua che solidifica attorno a 0°C

(figura 5.34).

Caratteristiche dei sistemi sottoposti all’esame DSC:

Silica 60

Peso totale del campione = 20.093 mg,

Peso della zeoliti a secco = 10.477 mg,

Peso totale dell’acqua = 9.616 mg.

Silica 100

Peso totale del campione = 23.981 mg,

Peso della zeoliti a secco = 10.264 mg,

Peso totale dell’acqua = 3.717 mg.

Crioporosimetria

176

Tracciati DSC

Temperature (°C)

-40 -30 -20 -10 0 10

He

at F

low

(m

W)

0

10

20

30

40

50

60 water in silica 60

water in silica 100

Figura 5.34. Tracciati DSC per i campioni di Zeoliti Si 60 e Si 100.

Entrambi i tracciati DSC evidenziano la presenza di due tipi di acqua: strutturata

all’interno dei pori (T di fusione < 0°C) ed acqua in eccesso che fonde a 0°C.

Le misure sono state condotte con un apparecchio DSC. Sono stati

rilevati i dati relativi al fenomeno di fusione dell’acqua durante il

riscaldamento.

La procedura effettuata è la seguente:

1- Raffreddamento da 25°C a -50°C a 10 °C/min

2- Stazionamento a -50 °C per un minuto

3- Riscaldamento da -50 °C a 25 °C ad una velocità di 3

°C/min per Si 100 ed a 10 °C/min per Si 60 . Acquisizione dati.

I calcoli sono stati eseguiti accuratamente con l’utilizzo di un

programma informatico scritto in linguaggio Fortran ed eseguito in

Windows XP.

Capitolo 5

177

5.5.1.2 Porosimetria a Gas

La porosimetria a gas (N2) è stata condotta con l’apparecchiatura

Sorptomatic 1990, che utilizza il metodo di BET per la determinazione

della distribuzione dei diametri dei pori. Si opera a temperatura costante

a -200 ° C e basse pressioni.

Sotto vengono riportate le condizioni analitiche corrispondenti ai

due campioni.

Si 60

Condizioni analitiche relative all’azoto

Peso molecolare (g/mol): 28.01

Area molecolare (A²) : 16.2

Spessore del monostrato (Å) : 3.54

Risultati del calcolo BET

Valori iniziali e finali di P/P0 : .0486 - .326

Volume specifico del monostrato vm (cm3/g) 88.83

Superficie specifica (m²/g) : 386.68

Valore di C (equazione BET) : 122.95

Volume Specifico del Poro (cm3/g): 0.78

Si 100

Condizioni analitiche relative all’azoto

Peso molecolare (g/mol): 28.01

Area molecolare (A²) : 16.2

Spessore del monostrato (Å) : 3.54

Risultati del calcolo BET

Valori iniziali e finali di P/P0 : 0.0954 - 0.311

Volume specifico del monostrato vm (cm3/g) : 68.43

Superficie specifica (m²/g) : 297.88

Valore di C (equazione BET): 323.51

Volume Specifico del Poro (cm3/g) : 1.16

Crioporosimetria

178

5.5.2 Risultati e Discussione

Le distribuzioni di probabilità dei raggi dei pori delle zeoliti ottenute

mediante porosimetria ad azoto e crioporosimetria, assumendo una

configurazione cilindrica z = 2 e sferica z = 3, sono mostrate nelle figure

5.35 e 5.36, rispettivamente per Si 60 e Si 100.

Si 60

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17R [nm]

Distribuzione

Normale

Differenziata

[1/nm]N2

Crioporimetria Z=3

Criporimetria Z=2

Figura 5.35. Distribuzioni di probabilità dei raggi dei pori per Si 60,

ottenute mediante porosimetria ad azoto (linea rossa) e crioporosimetria,

assumendo una configurazione cilindrica z = 2 (linea verde) e sferica z = 3 (linea

blu).

In linea di massima, le distribuzioni dei raggi dei pori in relazione

ad una funzione di probabilità ottenute mediante crioporosimetria e

porosimetria a gas sono risultate concordi tra di loro.

È fondamentale fare una precisazione, per Si 100 è stato

necessario ricorrere ad una approssimazione della distribuzione

normalizzata della curva di porosimetria a gas: in conseguenza alla

mancanza di dati, si è dovuto ipotizzare l’estremo inferiore dell’insieme

delle variabili ed assegnarne una probabilità pari a zero, in sostanza si è

dovuto chiudere la curva. Per insieme delle variabili vengono intesi i

valori dei raggi che possono assumere i campioni di zeoliti ed ai quali

Capitolo 5

179

viene assegnato una probabilità di frequenza. Essendo la funzione di

probabilità una distribuzione normalizzata che dipende quindi dall’area

sottesa dalla curva, è facile intuire che maggiore è l’area, più si abbassa

l’altezza della funzione.

Si 100

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0 5 10 15 20 25 30

R [nm]

Distribuzione

Normale

Differenziata

[1/nm]N2

Criporimetria Z=3

Crioporimetria Z=2

Figura 5.36. Distribuzioni di probabilità dei raggi dei pori per Si 100

ottenute mediante porosimetria ad azoto (linea rossa) e crioporosimetria,

assumendo una configurazione cilindrica z = 2 (linea verde) e sferica z = 3 (linea

blu).

Dai risultati ottenuti si osserva che Si 60 ha raggi minori rispetto a

Si 100.

Non sono state rilevate grosse differenze tra i raggi calcolati

relativamente alla configurazione cilindrica e sferica, in quanto i

campione esaminati avevano acqua in eccesso rispetto al volume totale

dell’acqua interna ai pori, in questa condizione fisica il modello cilindrico

è equivalente a quello sferico. Ciò che cambia invece, è il valore calcolato

per lo strato d’acqua non solidificabile β che interagisce con le pareti

del poro.

Prima di continuare, si definisce la seguente funzione per valutare

la deviazione dei raggi dei modelli cilindrico e sferico rispetto a quello

calcolato col metodo BET a parità di probabilità:

Crioporosimetria

180

( )

i

i

CrioiNi

N

RpRp∑ −

=

2

,, 2

σ (5.123)

In cui:

2,NiRp Raggio del poro calcolato mediante porosimetria ad

azoto.

CrioiRp , Raggio del poro calcolato mediante crioporosimetria

con il modello sferico o cilindrico.

iN Numero totale dei dati.

i Dato i-esimo.

Nelle figure successive vengono riportati i valori dei raggi calcolati

mediante crioporosimetria con una configurazione cilindrica e sferica in

funzione dei raggi ottenuti mediante porosimetria ad azoto, in questo

modo si possono apprezzare le deviazioni di un modello rispetto all’altro.

3

5

7

9

11

13

15

3 5 7 9 11 13 15

RpN2 [nm]

Rp [nm]

N2

Z=3 (sferico)

Z=2 (cilindrico)

Figura 5.37. Deviazioni dei valori dei raggi calcolati mediante

crioporosimetria con una configurazione cilindrica (pallini verdi) e sferica (pallini

blu) dai raggi ottenuti mediante porosimetria ad azoto (linea rossa) per Si 60.

Capitolo 5

181

Per Si 60, utilizzando la (5.123), la deviazione della configurazione

sferica è pari a 0.4895, utilizzando invece il modello cilindrico la

deviazione rispetto ai risultati ottenuti mediante porosimetria ad azoto è

pari a 0.5027. Da questo punto di vista il modello sferico rappresenta

meglio la struttura porosa del materiale.

0

5

10

15

20

25

30

0 5 10 15 20 25 30

Rp,N2 [nm]

Rp [nm]

N2

Z=3 (sferico)

Z=2 (cilindrico)

Figura 5.38. Deviazioni dei valori dei raggi calcolati mediante

crioporosimetria con una configurazione cilindrica (pallini verdi) e sferica (pallini

blu) dai raggi ottenuti mediante porosimetria ad azoto (linea rossa) per Si 100.

Per Si 100, la (5.123) fornisce una deviazione della configurazione

sferica pari a 1.025, mentre per il modello cilindrico essa è uguale a

1.139. Pertanto, anche in questo caso il modello sferico rappresenta

meglio la struttura porosa della Si 100 .

Per quanto riguarda il volume totale dei pori, l’acqua in eccesso che

fonde a 0 °C e l’acqua totale all’interno dei pori, si riportano in ordine i

risultati ottenuti:

Si 60

Vp(cm3): 0.00773

WH2O (mg): 2.53618

Wf (mg): 5.35448

Crioporosimetria

182

Si 100

Vp(cm3): 0.01164

WH2O (mg): 3.06265

Wf (mg): 8.56158

Determinazione dello strato β

I risultati ottenuti dello spessore dello strato d’acqua non

solidificabile all’interno del poro β , determinato attraverso una

procedura iterativa, è stato confrontato coi risultati riportati in tabella 5.1

[5].

Si 60

Per quanto riguarda la geometria sferica, lo spessore β individuato

corrisponde a 0,56 nm, mentre per quanto riguarda la geometria

cilindrica β , esso assume un valore leggermente superiore, 0.86 nm. I

risultati ottenuti con entrambi in modelli rientrano nel set di dati forniti

in tabella 5.1[5].

Tabella 5.1. Spessore degli strati di acqua non solidificabile β , determinati

mediante prove di crioporosimetria. mβ e

fβ corrispondono ai valori ottenuti dai

tracciati DSC di fusione e solidificazione, rispettivamente.

Capitolo 5

183

Si 100

Assumendo una geometria sferica, il valore ottenuto per β è pari a

0.85 nm, mentre se si assume una geometria cilindrica il valore di β

risultante è di 1.31 nm. Anche in questo caso i valori ottenuti sono in

accordo con quelli riportati in tabella 5.1 [5].

5.5.3 Conclusioni

La distribuzione dei raggi in relazione ad una funzione di

probabilità, il volume dei pori e la loro forma, ottenuti dallo studio dei

tracciati DSC di fusione dell’acqua medianti studi di crioporosimetria

sono risultati conformi ai risultati ottenuti mediante porosimetria ad

azoto. Pertanto, la crioporosimetria può essere considerata un metodo

ragionevole per lo studio della porosità dei materiali, soprattutto per lo

studio di quei composti in cui le tecniche tradizionali non sono in grado

di riuscire. I materiali più complessi sia per struttura chimica che fisica,

che hanno come uno dei costituenti principali l’acqua, gli idrogel

polimerici per esempio, rappresentano un buon candidato per

l’applicazione di questa innovativa tecnologia.

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Inorganica, Università degli Studi di Milano, via Venezian 21, 20133

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