CARLO COCCIOLI E IL SUO PICCOLO KARMA
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CARLO COCCIOLI E IL SUO “PICCOLO KARMA”
Enzo Barillà
Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Carlo Coccioli,
evento che riporta alla ribalta letteraria questo scrittore, più
conosciuto all’estero che in Italia.
Carlo Coccioli è uno scrittore e giornalista cosmopolita che scrive
in italiano, e direttamente
in francese e spagnolo. Carlo Coccioli è un eroe della Resistenza,
medaglia d’argento al valor militare. Carlo Coccioli è un mistico
alla ricerca di Dio. Carlo Coccioli affronta instancabilmente il
tema del dolore e della sofferenza di tutte le
creature, siano esse umane, animali o piante. Coccioli è tutto
questo, e ancor di più, ma sarebbe errato privilegiare solo uno di
questi
aspetti per farne un’icona, valorizzandolo a scapito degli altri.
«Carlo, il messicano. Ma quante formule si sono sprecate per lui?
Vagabondo Spirituale,
Scrittore Alieno, Anarchico dello spirito, Autore assente,
Omosessuale innamorato di Dio, anticlericale di molta fede… Carlo
Coccioli. Difficile trovare uno scrittore italiano insieme più
strampalato, scomposto, inquieto, tante volte illeggibile, a suo
modo geniale.»1
Occorrerebbe aver dimestichezza con tutta la vasta opera dello
scrittore – sono stati censiti
42 suoi libri in tre lingue – per essere in grado di formulare un
giudizio letterario, compito al quale non mi sento chiamato. Lo
scopo delle mie note si limita pertanto a tracciare un profilo
umano di questo Autore e proporre alcune considerazioni di
carattere astrologico.
1 Luigi Mascheroni, Ritratto di Carlo Coccioli, Il Foglio,
12/8/2006.
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Non ho però tralasciato di leggere Piccolo Karma. Minutario di San
Antonio in Texas
(1987), da alcuni considerato il suo testo più famoso, e diversi
articoli di giornale, tutti post mortem, a cui ho aggiunto la
visione del filmato di un’intervista rilasciata nel 1990 alla
Televisione della Svizzera Italiana. E nemmeno mi sono lasciato
sfuggire l’ascolto della puntata della trasmissione radio di
Fahrenheit del 14/5/2020 (Rai3), dedicata alla commemorazione del
centenario della nascita di Coccioli. Il sito
www.carlococcioli.com, curato dal nipote Marco, è ricco di
informazioni biografiche. Sono queste le fonti a cui ho
attinto.
Occorre ora ripercorrere alcune tappe fondamentali della vita del
Nostro, nato a Livorno il 15 maggio 1920 alle ore 4:25 (ora
rilevata dal sito internet www.carlococcioli.com).
Nel 1927 è in Cirenaica al seguito del padre, ufficiale del Regio
Esercito Italiano, poi nel 1938 a Tripoli. Nel 1939, alla vigilia
dello scoppio della guerra, Carlo è a Fiume, ma nel 1941 viene
sfollato e lo troviamo a Firenze.
«Chiamato al servizio di leva obbligatoria, nel luglio del 1942
Carlo termina il corso
ufficiali a Rieti. A fine agosto dell'anno successivo è in una
caserma di Torino, come sottotenente del novantunesimo reggimento
di fanteria, quando, dopo l'armistizio dell'8 settembre, la caserma
è circondata da truppe tedesche. Riesce a fuggire, visita
brevemente la madre a Firenze, poi torna a Torino e con alcuni
compagni compie un percorso di fortuna fino ad Arezzo, poi a
Cerbaia dove assume il comando, con il nome di Francesco, di una
compagnia di partigiani. Nella formazione Giustizia e Libertà, gli
è affidata la terza brigata Rosselli.
A dicembre dello stesso anno discute a Roma, sede universitaria
provvisoria, la tesi lungamente preparata, dal titolo: I racconti
di animali nelle letterature orali africane, ed ottiene la laurea
con lode.
Nel 1944, catturato dai tedeschi in Toscana, a San Felice presso
Ema, è condotto nella prigione di San Giovanni al Monte di Bologna.
Partecipa ad una drammatica evasione, armi in pugno, e attraversa
la Linea Gotica. Dopo un breve soggiorno nella brigata comunista
Stella Rossa raggiunge la linea del fronte presso Rifredi, alla
periferia di Firenze, e attende l'arrivo degli alleati. Si ritrova
quindi addetto alle truppe alleate e recupera la formazione
partigiana di cui era comandante.
A guerra conclusa, gli viene conferita la medaglia d'argento al
valore militare per gli avvenimenti della Resistenza. Assieme ad
Antonio Predieri pubblica un libro sulla resistenza dal titolo 11
Agosto.»2
Ho voluto verificare le motivazioni che stanno alla base del
conferimento dell’onorificenza
e, avendole trovate, le riporto sotto.
2 www.carlococcioli.com
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In queste motivazioni, non viene riferito che l’evasione ebbe luogo
dal carcere bolognese di San Giovanni in Monte, il 9 agosto 1944.
Una lapide commemorativa è ancor oggi visibile in loco, pur se il
carcere è stato convertito in una residenza universitaria.
Nel 1949 è a Parigi, e inizia la vita nomade. Stringe un rapporto
d’amore con un certo
Michel che si conclude nel 1954; si reca in Canada e in Messico
nella cui capitale – sempre nel 1954 – si trasferisce
definitivamente. Lì morirà il 5 agosto 2003, senza nel frattempo
rinunciare a numerosissimi viaggi in Italia, Europa e nelle
Americhe. Negli Stati Uniti soggiornerà volentieri e comprerà una
casetta in San Antonio, Texas, da dove viaggerà avanti e indietro
con la sua residenza messicana.
Commenta così la sua irrequietudine di nomade di terre e di
spirito: «Cerco di sfuggire all’essenziale. L’essenziale sarebbe,
fra l’altro, la mia incapacità di
prendere una decisione circa il luogo in cui vivere. Da anni cerco
di tornare in Italia, o in Europa, e non mi riesce. San Antonio in
Texas, preteso “paese dell’anima”, non è stato, e non è, che un
alibi. Dal Messico non sono capace di andarmene ma non ho più
voglia di restarvi. Articoli, lettori, discepoli, vecchie care
amicizie: un ricatto sentimentale. Anche per il Messico, come per
l’amore, nec tecum nec sine te. Tutto quello che penso, dico,
respiro, scrivo, è nostalgia. Ma di che cosa? E forse non so che
avrei un’uguale nostalgia del Qui se avessi la forza di trasferirmi
Là? Sono caduto in una trappola. O meglio: nel 1953, quando lasciai
Parigi per il Canada e poi per il Messico, l’orrenda vventura di
cui nel mio paese, in Italia, non ho mai scritto nulla, mi sono
suicidato. Sì, mi sono suicidato!, avevo tutto e ho lasciato tutto,
sono fuggito in un esilio di cui non conosco più i motivi. D’altra
parte i miei morti sono in Messico.»3
3 Carlo Coccioli, Piccolo karma. Minutario di San Antonio in Texas,
Mondadori, Milano, 1987, p. 34.
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Il migliore e l’ultimo è il primo romanzo, pubblicato dalla
prestigiosa casa editrice fiorentina Vallecchi nel 1946. È un buon
inizio, ma con Il cielo e la terra (Vallecchi, 1950) lo scrittore
acquista notorietà internazionale. Il libro è valorizzato da una
entusiastica recensione del notevole storico, accademico e
romanziere francese Henri Daniel-Rops, di formazione
cattolica.
L’Osservatore Romano, quotidiano facente capo alla Santa Sede,
pubblica un lungo articolo datato 22 maggio 2020, da cui
traggo:
«“Testimonianza di un eccezionale talento (l’autore ha trent’anni)
questo romanzo
testimonia anche una preoccupazione specificamente metafisica che
pone Coccioli sulla stessa linea di un Kierkegaard, di un Léon
Bloy, di un Bernanos”: così si esprimeva, all’indomani della
comparsa della traduzione francese, il saggista e romanziere Henri
Daniel-Rops, recensendo Il cielo
e la terra di Carlo Coccioli (1920-2003). Non che quel libro,
pubblicato da Vallecchi nel 1950, fosse l’opera d’esordio del
giovane
scrittore, livornese per nascita ma cosmopolita per vocazione. Il
debutto ufficiale, con il romanzo Il migliore e l’ultimo, risaliva
infatti al 1946. Il cielo e la terra segnava però la prima
significativa rivelazione e, in pari tempo, la precoce
consacrazione del Coccioli trentenne a livello internazionale. La
sottolineatura anagrafica di Daniel-Rops intendeva in effetti
valorizzare la sorprendente maturità di una narrativa nella quale
la vastità, la profondità e la complessità della tematica religiosa
sono calate in un contenitore formale di notevole duttilità e
raffinatezza, secondo un’orchestrazione di sapienza assai più che
giovanile: una partitura dove il percorso diegetico del narratore —
prima esterno e poi interno, egli stesso partecipe delle ultime
vicende raccontate — si intreccia efficacemente, in un’iridescente
alternanza di registri espressivi, con le piste tracciate da
lettere, relazioni, pagine di diario, attribuite di volta in volta
sia al protagonista, il sacerdote Ardito Piccardi, sia a un
drappello di personaggi secondari a lui inscindibilmente
legati.
L’encomio di Daniel-Rops, del resto, rispecchiava in Francia il
plauso tributato a Il cielo e la
terra anche dall’intellighenzia italiana. Cui si associava l’ottima
accoglienza da parte del pubblico, attestata da numerose ristampe,
oltre che dalle traduzioni in una quindicina di lingue. Ma dietro
l’angolo di questo exploit si nascondeva il fatidico agguato del
nemo propheta in patria. Nacque ben presto un “caso Coccioli”,
consistente in una sorta di larvata frizione tra lo scrittore
espatriato fin dal 1949 e il nostro establishment
culturale.»4
Già dal 1949 Coccioli si sente “condannato alla diversità ed
estraneità”5, ma la rottura
definitiva con l’Italia e il suo establishment culturale e
letterario avverrà nel 1952, a seguito della pubblicazione del
romanzo Fabrizio Lupo.
«Dopo Il cielo e la terra, del 1950, il suo vero libro-choc è il
romanzo Fabrizio Lupo uscito
nel ’52 in Francia e poi nel ’78 in Italia con il quale Coccioli –
in quel momento un cristiano che ha scoperto la propria
“diversità”, attraverso la storia-documento di un cattolico gay –
affronta il tema scandaloso del rapporto tra omosessualità e fede
(“Dio e il sesso sono state le colonne portanti della mia vita”,
disse in vecchiaia).
4 Marco Beck, Cronaca di un’amnesia annunciata, 22/5/2020,
https://www.osservatoreromano.va/it/news/2020-
05/cronaca-di-un-amnesia-annunciata.html 5 Sono le parole di
Coccioli pronunciate durante l’intervista alla Televisione svizzera
del 1990.
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Uno così – omosessuale, eretico delle lettere, in odore di destra
per giunta – in Italia non poteva starci a lungo. E infatti se ne
andò in “esilio volontario” – come disse – per sfuggire alle regole
e alle umiliazioni di una società letteraria che non lo voleva
accettare.»6
La vita dello scrittore è un’inesausta ricerca di Dio. Nel corso di
una sua fugace
partecipazione al Maurizio Costanzo show, il conduttore gli chiede:
«E allora, di che cosa parlano i suoi libri?». E Coccioli: «Di Dio!
Di cosa altro vuole che parlino? C’è forse qualcos’altro di cui
parlare?»7
Coccioli aveva dedicato una stanza della sua casa a Città del
Messico alle “Presenze Invisibili”. Ce la descrive così:
«A Città del Messico c’è il mobiletto rosso della sala del piano
superiore. È il luogo dove in
casa mia si concentra il Sacro. Sul mobiletto rosso pompeiano stile
messicano rococò ornato d’oro e di specchietti … c’è una fulgida
litografia del signore Krishna che suona il flauto; una fotografia
a colori di Sai Baba; un crocifisso di Oaxaca, una Bibbia in
ebraico; le quattro lettere del Nome che gli ebrei non pronunciano;
un quadro ottocentesco della Madonna dei Dolori; … la formula
Bismillahi, in nome di Dio, da me dipinta in caratteri arabi su una
tavoletta; un frammento idolo azteco; una stella di Davide; una
menorah di ottone; i Vangeli; le scritture dei Mormoni; una mano di
Fatma; i vari santini fra i quali un macilento San Lazzaro col
povero cane; … una scatoletta contenente vibuti ossia la polvere
che Sai Baba materializza; un’immagine di madre Teresa di Calcutta;
i testi vedici scivaitici, naturalmente in sanscrito, del Shri
Rudram; il Missel-Vspéral8, in latino e in francese, de la Societé
de Saint-Jean l’Évangéliste pubblicato da Desclée et Compagnie nel
1932; un disegno rappresentante il santo indù Babaji tratta dal
libro Autobiografia di uno yogi di Paramahansa Yogananda.»9
Volendo semplificare al massimo il percorso di ricerca spirituale
del Nostro, lo potremmo
schematizzare grosso modo così: cristianesimo => islam =>
ebraismo => induismo => buddismo => animismo10. Senza che
tuttavia l’uno escluda l’altro. “bruciava incenso, pregava al Muro
del Pianto, innalzava lodi alla Vergine Maria, recitava i mantra
indiani, leggeva il Corano in arabo, danzava con gli Hare
Krishna”11…
Riporto ora una preghiera che egli recitava abitualmente: “Angeli
di Dio, che siete i nostri custodi, illuminate, custodite, reggete
e governate noi, uomini, animali, piante, che vi fummo affidati
dalla Pietà Celeste; così sia. In nome dell’Eterno: l’angelo
Michele sia alla nostra destra, l’angelo Gabriele alla nostra
sinistra, l’angelo Uriele davanti a noi, l’angelo Raffaele dietro
di noi, e su di noi la Gloria dell’Onnipotente. E tu, Yidam,
presenza soccorritrice, non mi abbandonare.”12
«È quasi mezzanotte. Di colpo ho avuto il bisogno di “sentire”
quelle che in Messico chiamo (e
anche qui le) Presenze Invisibili. … Ho preso un bastoncino
d’incenso e, dopo averlo acceso in cucina, sono andato in giardino.
Nel buio mi sono avvicinato agli alberi, ho detto parole alla loro
anima, e a qualsiasi filo di erba, agli innumerevoli animali che
hanno più diritto di me a questo spazio, di cui perciò io sono
l’ospite. Mi sono messo a recitare, a voce bassa, gutturalmente, il
suo Aum (o nella forma di Om), il suo massimo, che sparge
benedizioni. Era un canto profondo che a
6 Luigi Mascheroni, Ritratto di Carlo Coccioli, Il Foglio,
12/8/2006.
7 Giulio Mozzi, Coccioli, lo scrittore sciocco che s’innamorò di
Dio, 10/2/2009,
https://tritone52.wordpress.com/2009/02/10/carlo-coccio-di-giulio-mozzi/
8 Messale
9 Carlo Coccioli, Piccolo karma. Minutario di San Antonio in Texas,
Mondadori, Milano, 1987, p. 23, 24.
10 «Sono stato incolpato di essere animista. La “calunnia” è
corretta. Vedo o intuisco anime dappertutto.» (Piccolo
karma, cit., p. 33) 11
Luigi Mascheroni, op. cit. 12
Carlo Coccioli, op. cit. p. 227
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un determinato momento ho avuto l’impressione che si staccasse da
me: e assumesse una personalità propria. Intanto agitavo, al buio,
il bastoncino d’incenso. E poi l’Aum è stato seguito da altre
parole. Mi è venuto alla bocca un mantra antichissimo, il mantra
del signore Shiva… Sentivo come se gli animali che con gli occhi
non vedevo, le piante che vedevo appena ma che chiaramente
percepivo, mi fossero grati dell’umile e meraviglioso omaggio al
dio della natura, degli animali, degli alberi, degli emarginati,
dei diversi…»13
La sua sete di conoscenza è inestinguibile. “Io sono un figlio
della cultura, un mostro di
erudizione, un fenomeno di sapienza, eccetera. Ho studiato una
quindicina di lingue orientali; ho letto decine di migliaia di
libri.”14
Con tutta la sua erudizione, lo scrittore affronta il problema del
Male e della sofferenza, che lo
tormenta per tutta la vita. «Non ho bisogno di un teschio sul
comodino per pensare alla morte. È assai bene incastonata
nella mia vita. Morte e Male: buoni compagni: vanno a braccetto. Il
problema del Male, l’obiezione del Male, lo scandalo del Male: la
terminologia fa parte di me. Se professionalmente fossi un teologo,
dedicherei la mia vita a investigare il Male. Si spende la vita
cercando di conciliare il concetto di un Dio onnipotente e
clementissimo con la presenza o meglio l’onnipotenza del Male. Le
diverse teologie offrono tentativi di spiegazione (per esempio: la
Rottura dei Vasi degli ebrei cabalisti). Nessuna di esse mi
soddisfa. Non trovo accettabile che la dottrina del karma.»15
Conviene a questo punto cercare di comprendere questo concetto di
karma, come inteso dal
Coccioli, e che per lui rappresenta la risposta al problema della
sofferenza degli innocenti. Ancora una volta ascoltiamo le sue
parole.
«… è ormai nella mia mente un trattato sul Karma. Questa parola che
spiega e giustifica… che cosa? Tutto. Se io mangio riso con fagioli
è karma.
Se scorgo un uccello volare è karma. Karma quale risposta
all’Obiezione del Male che ha tormentato il mio vivere: un
Dio
immensamente buono, e immensamente potente, da una parte;
dall’altra, l’immenso infinito dolore degli innocenti: questo
scandalo.
So a memoria (la mia favolosa memoria!), e da molto tempo, le poche
righe che costituiscono iol dilemma che Lattanzio attribuisce a
Epicuro.
“Dio - dice Epicuro - o vuole togliere i mali, ma non può; oppure
può, ma non vuole; oppure
non vuole e non può; oppure vuole e può. Se vuole, ma non può, è
impotente; il che è inammissibile
in Dio. Se può, ma non vuole, è invidioso; il che pure è alieno da
Dio. Se non vuole e non può,
allora è invidioso e impotente; e anche questo non può attribuirsi
a Dio. Se vuole e può, il che
soltanto conviene a Dio, allora da dove vengono i mali? o perché
non li toglie?”
Per salvare l’onore di Dio bisognava escogitare una spiegazione… ed
è stata formulata, perché
no, milioni di anni fa?, l’altissima dottrina del karma. Uno è ciò
che ha voluto essere . Siamo le conseguenze, i figli delle nostre
azioni. Causa effetto. Azione reazione. Tutto ciò presuppone,
evidentemente, un oceano di esistenze anteriori a quella che
viviamo ora.
L’idea di karma attenua un poco il supremo orrore dell’universo.
(Un oceano di esistenze anteriori a questa che vivo ora… Non starò
scherzando?)»16
13
idem, p. 36, 37.
8
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«Il dramma massimo è il problema del Male. Da due o da tremila anni
magari da cinquemila il pensiero dell’umanità, da Krishna a Budda,
da Budda a Freud, percepisce il male e se ne angoscia. È difficile
ammettere simultaneamente un dio onnipotente e il mondo che
soffriamo! … Il pensiero indù ha escogitato il concetto di karma:
una meccanica di castighi e ricompense che ciascuno dà a sé stesso
prescindendo da castigatori o premiatori. La l’Occidente, che
ignora il Karma e rimane fisso sull’idea di Dio immensamente
potente e immensamente buono, si mortifica, si strazia davanti
all’intollerabile contraddizione del Male regnante! Allora si
presenta un disegnatore di Hollywood e, sapendolo o senza saperlo,
si trasforma in mistico e in teologo e in demiurgo. Non rimane nel
campo delle teorie: scende alla pratica. Semplicemente rifà il
mondo. Il nuovo mondo si chiama Epcot o Magic World17 o come
volete; ed è questo.»18
Come si vede, il tema religioso s’intreccia con quello della
sofferenza dei deboli, degli
emarginati e degli innocenti, e nella soluzione del primo si trova,
per Coccioli, la soluzione del secondo.
Lo scrittore, come afferma più volte, è persona di spiccata e acuta
sensibilità che, nel vivere
quotidiano, si traduce nella compassione e senso di vicinanza e
rispetto per tutti gli esseri viventi, siano essi umani, animali o
piante.
«Non ho nemmeno bisogno di domandarmi “chi” o “che cosa” è Dio se
ho compassione!
Compassione per ogni essere vivente che, nella misura in cui vive,
soffre: gli esseri umani innocenti, gli animali, le piante.
Compassione come estremo diritto di coloro che non hanno più
diritti. Compassione come diritto insopprimibile di coloro che
vivono. Compassione incondizionata: anche il più abietto degli
abietti avrà diritto a una briciola di compassione (sì: anche un
furbo!)»19.
«È probabile che il culto della compassione sia l’ultima risorsa
dell’uomo che ha percorso un
complesso itinerario religioso e ha fallito in ognuna della tappe.
Il caso di Budda è esemplare.»20 «Quando immagino un giaina
camminare con delle campanelline agli stinchi per “avvertire”
gli
insetti del pericolo rappresentato dai suoi passi, una gran
tenerezza m’invade. Vorrei morire per rinascere tra i giaina!
Non è più semplice supporre che io sia stato un gianina in una
precedente incarnazione? Potrebbero apparire maniache le infinite
cure con cui evito di calpestare una formica quando scendo i tre
scalini rossi della verandina.»21
«Seduto sulla poltrona rossa … guardo una zanzara punzecchiarmi il
ginocchio sinistro
attraversando addirittura col suo aculeo la stoffa del pantalone. E
constato con piacere che non ho in me nessun istinto assassino, né
di difesa. … Tutti abbiamo il diritto a vivere anche le
zanzare.
Non danneggiare, non ammazzare, non distruggere quel che vive:
questa è la massima dimensione di santità alla quale può giungere
un essere umano.»22
«Sono andato un momento in cucina, scalzo, a prendere un bicchiere.
La grande luce al neon mi
ha rivelato due degli scarafaggi di cui non ignoro che la notte,
solo la notte, escono dai loro domicili segreti. Sono grandi,
agilissimi, intelligentissimi, e ho l’impressione che siano anche
puliti. … Mi guardano, quando entro in cucina all’improvviso, di
notte, tutti tesi; ma non fuggono, rimangono lì
17
Si riferisce al Magic Kingdom Park in Florida, ideato da Walt
Disney, che aveva visitato per alcuni giorni insieme ad amici nel
novembre 1985, rimanendone profondamente impressionato.
18 idem, p. 257
19 idem, p. 207.
20 idem, p. 227
21 idem, p. 87.
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con le antenne tremanti, e ho l’impressione che vogliano
trasmettermi un messaggio. … È colpa mia se amo questi scarafaggi?
È colpa mia se amo i topi di casa di Città del Messico? È colpa
mia, e sono pazzo, se sento gli animali come fratelli o figli miei,
ma davvero amati!, e tutte le piante, perfino i fili
d’erba?»23
La morte di Oliver, il suo amatissimo cagnolino, come conseguenza
di un incidente stradale
causato da un colpo di sonno di Coccioli alla guida, gli provoca
enormi sensi di colpa. «Segue il problema dell’anca destra il cui
femore è stato sostituito da uno artificiale nell’ultimo
dei tre interventi chirurgici causati dall’incidente
automobilistico. Dolori, questi, che accetto senza fiatare perché
mi ricordano che Oliver è morto per colpa mia, per colpa mia, per
colpa mia.»24
«… a dispetto del mio femore metallico e della spina dorsale di
Javier due volte trattata e
operata. … Rivedo (di Oliver) il suo musetto triangolare con la
bocca rossa come aperta al riso. Fra l’erba verde era un agnellino
irradiante allegria. Ora tratto con riguardo anche la pianta più
trascurabile per timore che vi sia incarnato. Mi sorprendo
cercandolo. Gli parlo a bassa voce, intensamente, ogni notte prima
di coricarmi.»25
«Sopraffatto dalla morte di Oliver, collerico e al tempo stesso
inerte, quando i miei amici
complottavano per dirmi: “Dimenticalo, bisogna che tu lo
dimentichi!”, io gridavo (non a loro: a me): Dimenticarlo? Non lo
dimenticherò mai, dovessi morire per non dimenticarlo! e difatti
non l’ho dimenticato. Sta vicino a me. Lo sento e a volte lo
tocco.»26
Trovo alquanto singolare – lo confesso – che il grande dolore e
relativo senso di colpa non si
riverberi che incidentalment27 sul fedele e giovane assistente
Javier28, il quale rimase immobilizzato per mesi in un letto
d’ospedale a causa delle lesioni alla schiena riportate (oltre agli
interventi chirurgici necessari a ristabilirsi). Forse perché
Javier sopravvisse, e Oliver invece morì?
Coccioli era anche giornalista di successo, oltre che prolifico
scrittore. Ho contato
numerosissimi suoi articoli pubblicati sul Corriere della Sera a
partire dal 4 febbraio 1962: reportage, interviste, scritti di
costume, a volte stilati in Città del Messico oppure in loco, in
vari Paesi dell’America Latina nei quali viaggiava di frequente,
perfettamente padrone della lingua. E poi i quotidiani e le riviste
latinoamericane a cui collaborava regolarmente… Se consideriamo
anche i diritti d’autore relativi ai libri, abbiamo la certezza del
benessere finanziario di questo Autore, proprietario di immobili in
Messico e a San Antonio, Texas, e che amava cambiare spesso
automobile.
Come si rapportava al denaro – Lutero lo considerava “sterco del
diavolo” – quest’uomo così dotato sotto il profilo spirituale, che
si professa amante della povertà anziché della ricchezza? Leggendo
ancora una volta il suo diario texano, troviamo la risposta.
Ricordo che le note scritte nel Piccolo karma furono scritte nel
1985, quando l’A. aveva 65 anni compiuti.
«Ogni tanto la scoperta che sono quasi ricco. Nessuno mi ha mai
lasciato eredità né ho vinto
lotterie internazioni: ma il denaro dev’essere cresciuto da solo.
Ho scritto molto, ho pubblicato molto, ho lavorato come un forzato,
e non certo pensando al denaro. Ho viaggiato in seconda classe
invece di viaggiare in prima. Ho trasportato pesi, tutta la mia
vita, su queste povere spalle. Avrei
23
idem, p. 40. 25
idem, p. 173. 26
idem, p. 177. 27
Coccioli ne fa menzione un’unica volta, almeno in questo libro.
28
in seguito figlio adottivo, ed erede universale.
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potuto pagarmi dei facchini, e invece no. Non ho lussi eccetto
qualche piatto di porcellana e delle posate d’argento; cose
indispensabili quando si mangia grani di riso. Non ho mai fatto, né
voluto fare, un’operazione commerciale. Se si tratta di me,
aborrisco il commercio. Non ho mai avuto abili agenti letterari,
nemmeno negli Stati Uniti, dove del resto ho sempre guadagnato meno
che altrove. Eppure scopro che, per lo meno nel contesto del mio
discreto significato di ricchezza, sono quasi ricco. E mi vengono
subito le vertigini. E non so né voglio spendere denaro! Il denaro
dà certa sicurezza, forse sì, ma insudicia. Allora?»29
«Com’ero felice quando possedevo pochissimo! … Non so disfarmi del
denaro che mi accorgo
di possedere, e che simboleggia d’altronde ai miei occhi una vita
di lavoro non priva di successo, eccetera eccetera … Non so buttare
via questi soldi e nemmeno, oh disgrazia, amministrarli. Mi
irritano, mi perseguitano, non mi permettono di dimenticarli! Tutto
ciò provoca in me una stanchezza, una sonnolenza, e perfino una
modesta forma di disperazione. Dio, mi dispiace disturbarTi con
queste minuzie: però aiutami! Ma per favore, Dio, aiutami senza
togliermi questi soldi!»30
Coccioli sembra dibattersi in una contraddizione che lo inquieta.
Eppure in una precedente
riflessione aveva già individuato una soluzione. «Rispetto del
denaro in sé e di chi lo possiede: è una manifestazione culturale.
Qualcosa come
un’eredità psichica calvinista: se un uomo ha denaro è perché Dio
gli è stato propizio. L’idea è del tutto scervellata? Anche secondo
la dottrina karmica la ricchezza non può essere che un frutto di
buone azioni in un’esistenza anteriore. Quanto dico dimostra fino a
qual punto un uomo possa vivere su livelli distinti. Amo la
povertà. Non sono stato amico di ricchi se non per eccezione. Mi
piacciono pèareti nude, i materassini sui pavimenti. Ho orrore
dello spreco. Per me la povertà è la più alta forma dell’eleganza.
Ma perché “livelli distinti”? È definitivamente lo stesso livello.
Perché solo chi ami la povertà, e in qualche modo la viva, può
avere un’idea corretta della ricchezza.»31
Come si può vedere, con la dottrina del karma tutto trova una
spiegazione. Propongo ora qualche nota di carattere astrologico.
Nel grafico della carta del cielo natale notiamo per prima cosa la
presenza di ben tre pianeti
angolari: Luna all’Ascendente, Marte al Discendente e Plutone al
Fondo Cielo. Una ricerca statistica condotta da Michel Gauquelin su
un campione di 1.352 nominativi di
scrittori ha riscontrato la presenza dell’angolarità della Luna
all’Ascendente o al Medio Cielo in 292 casi anziché in 225 teorici,
ossia 67 più del previsto. La probabilità che tale risultato fosse
meramente casuale è pari a 1:100.000.32
Certo, pur essendo senz’altro notevole, l’esito non ha raggiunto la
prodigiosa cifra di 1:5.000.000 come nell’“effetto Marte” dei
campioni sportivi, ma è comunque un risultato ragguardevole.
Fatto ciò, ha studiato le biografie di scrittori famosi allo scopo
di enucleare parole chiave che li accomunano, e li presenta come
segue.
«Ecco alcuni lati del carattere frequenti negli scrittori
conosciuti, nati con la Luna dopo il
sorgere e la culminazione: “Affabile, amabile, numerosi amici,
chiacchierone, bohémien, bonario, buono, brav’uomo,
affascinante, di buon cuore, animatore, di buona compagnia,
compiacente, contemplativo, vanitoso,
29
idem, p. 110. 31
Michel Gauqueli, La Cosmo-psychologie, CEPL, Paris, 1974, p.
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disordinato, devoto, distratto lamentoso, dolce, ragazzone,
perdigiorno, generoso, gentile, gentleman, d’umore lunatico,
imprevedibile, indulgente, influenzabile, ingenuo, instabile, alla
moda, moderato, mondano, ozioso, semplice, negligente, vagabondo,
indolente, pigro, poeta, puerile, peno di relazioni, sognatore,
servizievole, stravagante, superficiale, sobrio, privo di tenacia,
timido, tollerante.”»33
Ovviamente non tutti i tratti caratteriali sono riferibili a un
singolo scrittore, né tanto meno tutti
a Coccioli, ma è interessante rilevare che alcuni gli sono propri,
come “di buon cuore, contemplativo, devoto, d’umore lunatico,
vagabondo, sognatore”.
André Barbault dedica un libricino al segno zodiacale del Cancro,
in cui dedica molto spazio
anche alla Luna. Mi ha colpito questo brano, che si adatta molto
bene a un brano di Coccioli nel Piccolo karma
34: “Non lo vediamo quindi eternamente oscillante tra due sogni,
due nostalgie? È legato al paese e spinto verso il lontano; se è
lontano, non fa che sognare il paese natale; tornato a casa, sogna
lidi, contrade esotiche o immaginarie.”35
A tale quadro lunare va abbinato, per formare un tutt’uno
inscindibile, la componente nettuniana della personalità, che si
manifesta molto evidentemente nel misticismo e nella ricerca del
divino. Ho trattato estesamente il simbolismo di Nettuno in altra
mia produzione 36 a cui mi permetto di rimandare, dove ho
evidenziato la decisiva presenza di Nettuno negli oroscopi di
santi, guru e mistici. Il cielo natale di Carlo Coccioli evidenzia
un trigono molto preciso tra Luna e Nettuno, quest’ultimo in
stretta congiunzione con Giove.
Per quanto riguarda la posizione di Marte angolare al Discendente,
ne troviamo testimonianza negli atti di eroismo che gli hanno valso
la decorazione di medaglia d’argento al valor militare. Lo
scrittore, nel corso dell’intervista rilasciata alla Televisione
della Svizzera Italiana, ebbe a dichiarare che a un certo punto
della sua vita aveva pensato di intraprendere la carriera militare,
seguendo così le orme del padre, ufficiale dei bersaglieri. Il
collocamento in casa VII dell’oroscopo potrebbe anche indicare una
predisposizione alla polemica e ai contrasti, come in effetti s’è
verificato con il suo atteggiamento di rifiuto dell’ambiente
letterario italiano, nel dopoguerra monopolizzato da una ristretta
cerchia di scrittori capeggiata da Moravia.
Plutone al Fondo Cielo dovrebbe render conto del tormentoso
tentativo di trovare una soluzione al problema del Male e della
sofferenza degli innocenti. Anche a questo proposito mi permetto di
rimandare a un mio studio monografico dl simbolismo del pianeta in
questione.37
Le manifestazioni collegate alla posizione del Sole nella casa II,
tradizionalmente legata al denaro, trovano, come abbiamo visto,
preciso e sorprendente riscontro nelle riflessioni dello scrittore
in questo ambito, riportate sopra.
Ora Carlo riposa a Città del Messico “dove è spirato serenamente il
5 agosto del 2003. Negli ultimi istanti, essendogli stati offerti
gli estremi sacramenti, li ha rifiutati con gentilezza.”38
29° Leone 2020 (21/08/2020)
Michel Gauquelin, Il dossier delle influenze cosmiche, Astrolabio,
Roma, 1974, p. 111. 34
cfr. il brano di p. 34 dell’opera, già riportato all’inizio di
questo saggio. 35
André barbault, Cancer, Seuil, Paris, 1989, p. 44. 36
I mille volti di Nettuno, autopubblicato presso Amazon, 2015.
37
Incursione nei regni inferi. Analisi astropsicologica di Plutone,
autopubblicato presso Amazon, 2016. 38
www.carlococcioli.com
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