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ANCONA 22 febbraio 2017 - CASE
SESSANT'ANNI DOPO ROMA. L'EUROPA QUALE FUTURO?
1. Celebriamo con grande slancio e molta eloquenza i sessant'anni dai Trattati
di Roma che hanno inventato quella che sarà poi l'Unione Europea come
denominata dal Trattato di Maastricht del 1993. Quei Trattati di Roma: hanno saputo
costruire con una straordinaria abilità e con un contributo italiano di grande rilevanza
una istituzione nuova e complicata ma altresì strutturata in modo quanto mai abile.
Uno straordinario successo: quasi insperato appena dieci anni dopo la
conclusione vittoriosa per la democrazia non soltanto della Seconda Guerra
Mondiale ma di un periodo ben più lungo di incertezze, di guerre, di dittature, di
compressione della libertà, di fanatismo, di genocidi un periodo che aveva travolto
anche l'Italia prima alleata del Terzo Reich e poi riscattata dalla Resistenza.
Dobbiamo essere grati a quei pochi che sessant'anni fa credettero nell'Europa unita
e rinnovata nella pacificazi9one fra antichi nemici. Ebbero la capacità di realizzare
un antico obbiettivo che aveva animato le menti degli europei lungo cinque secoli.
inventare una organizzazione che abbracciasse l'Europa, un tempo si diceva i
Sovrani europei e oggi si dice di stati europei nelle loro diversità, per assicurare fra
di loro la pace dopo che l'Europa era stata per millenni produttrice di guerra forse in
misura maggiore che non qualsiasi altra parte del globo.
Sessant'anni fa vi è stato uno slancio promosso da movimenti ideali e politici
generosi con visione del futuro. Anche in Italia: eravamo sicuri di interpretare un
consenso generale che fortunatamente non è stato verificato rischiando gli incerti di
pericolosi referendum: :non si dimentichi infatti che allora oltre un terzo dello spettro
della politica italiana era contrario ritenendo quei Trattati espressione per procura
dell'imperialismo statunitense.
Essere riusciti nella piccola Europa a Sei a immaginare l'avvenire lo si deve
ad una lungimirante classe politica e/o dirigente, ad alcune personalità di rilievo
come De Gasperi, Schumann, Churchill, Adenauer, Spaak, ma anche alla solidarietà
Versione provvisoria non destinata alla diffusione né alla pubblicazione
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degli Stati Uniti, nonché alla protezione offerta dalla NATO. Dunque un concorso di
forze intellettuali e politiche, europee e non europee. Ma se possiamo considerare
oggi con soddisfazione quello spartiacque del 1957 dobbiamo altresì richiamarlo alla
nostra comune memoria - e soprattutto alla memoria delle nuove generazioni talvolta
inconsapevoli - in un frangente assai difficile per l'Europa tutta nella sua costruzione,
nella sua gestione, nelle sue prospettive e altrettanto nella sua stessa identità.
Sessant'anni fa chiari erano gli obbiettivi anche dell'Italia, sostenuti da una
classe politica coraggiosa mentre oggi 'Europa rischia di essere travolta dalla
superficialità di un populismo generico e incapace di individuare gli obbiettivi e gli
interessi dell'Italia e la stessa sua funzione nell’Europa (e nel mondo. Il populismo
erige il popolo a una mistica alla ricerca di un capo e travolge il popolo organismo
politico che deve esprimersi attraverso i partiti ed elezioni razionali con programmi
ed obbiettivi e non con dichiarazioni estemporanee o demagogia o invocazioni di
principii an he desueti come la contrapposizione oramai inconsistente fra sinistra e
destra (e questo senza suggerire di rileggere Bobbio) o con vaneggiamenti politici al
grido dell’onestà, come se l’onestà non fosse un presupposto irrinunciabile ma non
un fine utile per affrontare i problemi dei cittadini. Nel populismo emergono al
negativo e nella confusione - come é stato scritto - Rousseau, Robespierre e Marx e
la sua critica si dirige contro gli eredi di Montesquieu,di Sieyès, di Tocqueville.
2. Quei Trattati di Roma di sessant'anni fa ebbero l'intelligenza di evitare le
nebbie di ipotesi inattuabili come il federalismo (l miraggio impossibile degli Stati
Uniti d'Europa) evitando così le ambiguità di tanti documenti vaticinanti come la
Carta di Ventotene e richiamandosi a testi nobili alla Kant o dell'Abbè de Saint
Pierre. Si preferì giustamente prendere le mosse dal presupposto di una
riconciliazione franco-tedesca indispensabile per concentrarsi sulle cose concrete,
proposte con una intuizione straordinaria da Schumann mediante la Comunità del
Carbone e dell'Acciajo, il vero punto di partenza della costruzione europea nel
rendere inoffensivi gli strumenti del conflitto, le materie essenziali e le armi. Vi si
riuscì solo in parte, purtroppo e oggi infatti si annaspa per riprendere il filo di una
garanzia europea della sicurezza europea essendo in via di affievolimento quella
offerta dagli Stati Uniti mediante la NATO, che oggi vorremmo più forte dopo che
nelle piazze la demagogia l'aveva contrastata. Tuttavia si inventava altresì una
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Comunità dell'energia nucleare, cui l'Italia poi rinuncerà - unica in Europa per colpa
dell''avventatezza demagogica di un incauto referendum.
In una parola sessant'anni fa si scelse la via detta funzionalista e nasceva non
una ipotesi futuribile, bensì ma la concretezza del Mercato Comune Europeo; come
fi chiamato allora con un acuto senso del realizzabile.
E' giusto celebrare i sessant'anni ma non lo si deve fare con una impostazione
soltanto di entusiasmo o di soddisfazione.. E' vero in questi 60 anni l'Europa non è
stata coinvolta in guerre fuori dell'Europa, ma solo in apparenza: nella scarsa
memoria che si ha in Europa del passato anche recente. Come dimenticare la lunga
fredda che è costata centinaja di miglia di vittime ovunque nel n mondo
nell'inconcludenza di una Europa concentrata su sè stessa. dall'Ungheria al Viet
nam alla Cambogia di Pol Pot o al Congo o al Ruanda o alla Somalia e poi il fattore
del terrorismo interno all'Europa sino i trecentomila morti nell'ex-Jugoslavia.
Il maggior successo dell'idea europea di libertà e di democrazia è stato il
collasso del sistema sovietico e comunista, il Dio che ha fallito come aveva
anticipato Ignazio Silone. Quell'idea europea si è dimostrata capace di vincere e di
essere esaltata sino al punto di poter riunire sotto uno stesso tetto europeo tutti (o
quasi tutti) gli stati, i popoli, le religioni, le lingue dell'Europa. L'Europa tutta aveva
raggiunto i suoi obbiettivi: una prospettiva in parte realizzata di un benessere diffuso
sensibile alla socialità come non mai nella sua storia, una sicurezza interna ed
esterna; , una capacità di modernizzarsi socialmente e culturalmente. Inoltre il
mercato unico, la libertà di circolazione dei lavoratori e dei cittadini, la
compenetrazione dei vari popoli. Il successo dell'unità nella diversità dei singoli
popoli, nazioni e stati. sino al punto di osare di introdurre una moneta unica, cioè
sottrarre agli stati membri non soltanto il diritto alla guerra, ma anche quello di
battere moneta.
3. Oggi siamo travolti o sconcertati da una fase assai difficile e oscura per
l'Europa allargata sino ai confini della Russia euro-asiatica. Confusione nelle
prospettive, approssimazione nelle dichiarazioni, assenza di leaders o di guide
morali di caratura europea credibile e condivisibile, sorprendente carenza di
progettazioni concrete, insufficienza .di proposte persino per problemi incombenti
(come le trasmigrazioni dall'Africa o dal Medio Oriente), il prevalere dell'immediato
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senza aperture verso l'avvenire, scarso approfondimento da parte di stampa e
televisione, confusione di idee in dibattiti inquietanti per la loro superficialità.
E il tutto sotto la minaccia di chi vuole negare il significato stesso dell'idea
europea verso un avvenire realizzabile in un pianeta ove è in corso un processo
profondo di cambiamento, ovunque, . fra incertezze mondiali e fra contraddizioni,
che la globalizzazione non riesce a contemperare ed anzi induce ad aggravarle.
Grave il rischio per l’Italia, forte nell’e l’economia e nel commercio internazionali, ma
politicamente debole e diafana.
L'Europa sembra annaspare: da un lato l'atteggiamento burocratico e sterile
della Commissione a Bruxelles priva di visione e pedissequa vestale di norme
spesso incomprensibili ed anzi ridicole ai più e comunque ben poco utili (lo ricordava
l’altro giorno Panebianco circa l’imballaggio delle uova!) ; dall'altro lato
l'insoddisfazione o l'insofferenza dei popoli che reclamano le loro individualità e che
intendono sentirsi cittadini e non sudditi di decisioni dall'alto adottate senza neppure
chiedere la loro opinione.
Un momento pericoloso per l'Europa tutta e anzi per la sua concezione di una
società democratica affidata alla dialettica della rappresentanza politica.
Molto parte oggi, dal Mediterraneo., divenuto un mare di nebbie e di
disumanità nel quadro di un ordine mondiale senza punti di riferimento e senza
certezze, ma anche senza più obbiettivi definiti. Si parli pure sul piano
internazionale di una società liquida, male interpretata anche in alto loco: una società
priva di punti di riferimento e ancor peggio priva di certezze e forse anche priva di
speranze, certamente non in grado di dar vita ad una società internazionale su
valori condivisi dai popoli e dagli individui superando i nome di norme comuni anche
di diritto religioni, ambizioni, demagogie. Anche l’attesa della centralità dei diritti
umani civili e politici come fondamento della società internazionale è superata e sulla
condivisione dei diritti umani possiamo scrivere con tristezza un epitaffio: hanno
perso la sperata centralità. L'illusione di sessant'anni fa si è dunque dissolta? Las
passività delle opinioni pubbliche lo attestano,
Ci siamo cullati nella nostra pace e nel nostro benessere ma poi l'Europa ha
dimostrato di essere incapace di avere una solida proiezione esterna contro le
tensioni che provenivano non tanto dalla Russia vagamente minacciosa, bensì dal
Mediterraneo in varie forme, dalle guerre civili (Siria o Libia), ,dal terrorismo un
tempo giustificato e ora condannato, dalle trasmigrazioni incontrollate dall'Africa.
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con la preoccupazione diffusa di mutare la stessa composizione del popolo europeo
dopo aver dimostrato di non riuscire a dar vita ad un demos europeo e sino ad
essere pronti a rinunciare a pretendere che i valori europei siano riconosciuti da tutti.
Il problema delle trasmigrazioni ne è un esempio. Era da prevedere da molti
lustri, è avvenuto, sta avvenendo e l'Europa o si limita a inapplicabili accordi di
riassegnazione (ci voleva tanto a prevedere che non sarebbe stati applicati) e si
nasconde dietro l'accoglienza che non significa nulla quando siamo noi stessi a
promuovere il dramma dell’abbandono delle proprie terre invitando a tutti a venire
senza garantire p0i loro un trattamento civile e ancor meno un lavoro, se non quelli
più umili che gli europei rifiutano perché non adeguati a loro fra l’altro confondendo
fra profughi, emigranti e asilanti.? La cosa grave non sono i movimenti di
popolazione, ma il fatto che l'Europa non si sia posta ancora il problema di come far
sì che le popolazioni rimangano nelle loro terre elevandone il tenore di vita. Di
conseguenza le celebrazioni non dovrebbero accontentarsi di parole esaltanti il
passato, , ma dovrebbero essere sostenute da idee, da progetti, da nuovi obbiettivi:
anzi forse da un nuovo modello di costruzione europea, che sia in grado di
rappresentare i popoli europei nelle loro individualità, nele loro diversità, nelle loro
lingue e nelle loro culture bel nome di una comune civiltà europea. .
4. Siamo confrontati da problemi per affrontare i quali non possiamo più
chiedere ajuto a nessuno. La posizione dell'Europa è profondamente mutatae
dovremmo inventare un progetto europeo aggiornato..
La costruzione europea ha dovuto affrontare varie crisi e tutte ha saputo
superare anzi facendo dei passi innanzi concreti. Come è giusto che fosse le crisi
sono state salutari.
Oggi il disinteresse del Presidente Trump con le sua uscite estemporanee e
deplorevoli l’Europa ha una finestra di opportunità per riprendere coscienza dei suoi
compiti, dei suoi obbiettivi di jeri ma validi anche per il domani evitando tuttavia di
ripetere errori gravi già commessi, fra i quali principalmente quello dell’inerzia sui
problemi veri e senza attardarsi nei problemi marginali seguendo le iniziative
estemporanee di Bruxelles. Errori sono stati commessi negli ultimi anni e non si
saputo trarre vantaggio dei successi conseguiti nel benessere diffuso, nella sicurezza
interna, nella modernizzazione e nella dimostrazione che la visione europea della
libertà non aveva l'eguali in tutte le sue declinazioni Forse . l'unità economica
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doveva essere rinsaldata prima dall'introduzione di una moneta unica, una
introduzione forse affrettata, ed ora quella moneta viene considerata un inciampo
sebbene a torto e con troppa superficialità si evita di valutare le conseguenze:
gridare nelle piazze l'uscita dall'Europa non ha senso in ispecie per un paese come
l'Italia con un debito pubblico alto impossibile da ripagare con una moneta nazionale
svalutata. Purtroppo si credeva di aver costruito un popolo europeo mediante la
libera circolazione delle persone e delle merci o l'esaltazione del programma
Erasmus ed invece è riemerso l'idea del protezionismo e del controllo alle frontiere e
persino il riemergere di pregiudizi e di sospetti.
Soprattutto non si è voluto prevedere il prevedibile e cioè la inevitabilità che
l'Europa attraesse migranti dall'Africa e nulla si è saputo decidere al riguardo salvo
cullarsi nel mito dell'accoglienza o dell'integrazione senza analizzarne le condizioni e
le conseguenze. Al fallimenti sonora della cooperazione allo sviluppo si aggiunge ora
l'incapacità di gestire un problema aggravato dal terrorismo internazionale di cui si è
tardato a considerare come la nuova possibile guerra. Le trasmigrazioni erano una
fenomeno in fieri e atteso sino dagli anni ottanta del secolo scorso: nel 1996 insieme
ad un istituto a Cipro non avevo collaborato a organizzare proprio un convegno
sull’argomento delle migrazioni, considerato già esplicitamente allora un problema
ineludibile per l’Europa: vent’anni fa di inerzia europea ed ora si maschera sotto
il,buonismo dell'accoglienza una ingiusta politica di spopolamento dell'Africa.
. Soprattutto si è perduto tempo prezioso alla ricerca di un Trattato
Costituzionale, forse prematuro se non inutile per i tempi e comunque oggi
dimenticato. Ben altri erano i problemi europei-.
Infatti non si può negare che l'Europa deve essere immaginata ancora oggi
unità nella diversità. Invece le istituzioni europee nel perseguire l'uniformità si sono
gradualmente distaccate dai corpi politici europei, mentre i cittadini tuttora si
rivolgono alla politica nazionale per affermare diritti e aspettative. Ad aggravare
questa distacco fra istituzioni europee e opinione pubblica e i cittadini si è ritenuto
necessario di delegare il processo decisionale a Consiglio ristretti, che richiamano
alla memoria il Concerto Europeo dell'Ottocento, che anch'esso riteneva spesso di
operare in nome dell'Europa. Ecco quindi il susseguirsi di Consigli Europei, cui
fortunatamente oggi anche l'Italia partecipa, con un processo decisionale
insoddisfacente e i cittadini europei si rendono contro di dovere subire decisioni sulle
quali non hanno influenza o invece di andare delusi per la mancanza di decisioni. Ed
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allora la reazione è di esigere dai propri governi le soluzioni o di accusare l'Europa di
inazione al grido cos' frequente in Italia di una "Europa che ci lascia soli". Viene a
mancare quindi il sostrato necessario di una volontà comune perun comune popolo
europeo. E ciascuno quindi attribuisce le proprie difficoltà agli altri alimentando
incomprensioni e ostilità. Non sarebbe più opportuno ritornare al cosiddetto metodo
comunitario e cioè alla partecipazione di tutti sebbene ovviamente in un processo più
complesso tanto più che non sembra che la Commissione sappia esercitare un ruolo
di guida e il Parlamento rimane al margine nonostante i suoi accresciuti poteri.
Consigli ristretti - un nuovo concerto delle grandi potenze come nell'Ottocento - ogni
decisione o meglio riunioni che nulla concludono di concreto.
La mancanza di proposte e di risposte non possono non creare scontento, cn
la conseguenza della affermazione di alcuni movimenti politici. Bollarli di populismo
poco significa. Poco significa soprattutto perché - e il ricordo ai referendum ne sono
una prova . si vede nel popolo un ente mistico che esprime un capo (e lo abbiamo
visto in passato) e non un corpo politico in grado di manifestare esprime la propria
volontà mediante e elezioni e 'attività dei partiti. Questo equivoco si sta diffondendo e
il fallimento sostanziale dei partiti politici europei, che europei on sono ma soltanto la
somma di partiti nazionali aggiungo forza al populismo parolaio imperante ovunque.
Non c'entra il richiamo al nazionalismo da condannare. Come ha scritto
giustamente Honbsbawn l'emergere di un nazionalismo politico si caratterizza per la
sua instabilità e episodicità se confrontate ai sentimenti di legittima identità
nazionale. Non si confonda la ricerca della propria identità locale o nazionale con il
nazionalismo aggressivo del passato. Aver sottovalutato che nell'identità ci si
riconosce e che la compagine dell'Europa non può e non deve umiliare queste
identità. Ancora una volta dunque esaltare l'unità nella diversità.
Si è invece creduto di umiliare l'evidenza delle diversità con il risultato che la
ricerca delle diversità è diventato un obbiettivo sostenuto dai più. In una parola non si
è riusciti a creare una comunione di sentimenti e di idee sino al punto che la lingua
europea è quella parlato da un membro che ha deciso di lasciare l'Europa sino
all'assurdo di diventare quindi in Europa una lingua minoritaria. Dal canto la
Commissione Europa ha dimostrato di saper legiferare sui dettagli ma non di avere
visione politica e strategica mentre preferisce investire somme ingenti in progetti
inutili o fumosi, e molto meno di sostenere la coesione sociale d economica e
mentre non ha saputo affrontare il fenomeno trasmigrazioni, da tempo previsto e
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prevedibile, si attesta tenace sulla pretesa del rispetto di tutte le norme senza
considerare le tante sensibilità nazionali
La costruzione europea ha dovuto affrontare varie crisi e tutte ha saputo
superare grazie all’immaginazione della politica ed anzi facendo passi innanzi
concreti. Come è giusto che fosse le crisi sono state spesso salutari, ma non gli
errori.
5. Per strada quindi si era andata smarrendo l'idea europea mentre invece e
l'Europa deva affrontare un nuovo processo europeo, non solo e non tanto
economico e commerciale. Preminenti sono invece le scelte politiche per prepararsi
in un mondo diverso, in cui gli Stati Uniti non vogliono più essere i garanti dopo che
erano stati accusati di essere i gendarmi del mondo (ed ora noi sembra che vogliamo
rimpiangere quella loro funzione di egemonia più o meno benevola). Inoltre mentre
dopo essersi illusi nelle primavere arabe - il cui fallimento era evidente, ma non per i
dirigenti europei che si sono cullati in speranze senza fondamento e nion sa come
affrontare il cosiddetto fondamentalismo più o meno islamico, che a parole almeno si
proporrebbe di mirare alla conquista dell'Europa.
Negli ultimissimi anni le crisi invece sono state preoccupanti e hanno lasciato
segni profondi soprattutto perché non si è riusciti a superarli. I Governi sono stati
deboli, la mancanza di leaders europei è stato un freno forte e la Commissione, cioè
un presunto governo dell'Europa,non stata adeguata per mancanza di visione eil
Parlamento non ha saputo esercitare nessuna guida neppure morale. Il risultato
negativo è stato che i problemi non sono stati affrontati abbandonando il metodo
comunitario dei piccoli passi compiuti insieme affidando il tutto a Consigli ristretti, ad
un Concerto delle grandi potenze di antica memoria, in cui i singoli governi
perseguivano o riflettevano interessi particolare. E si è dimenticato che l'Europa è
fatta da cittadini cui è stato praticamente impedito di esprimere una loro opinione
europea. . I cittadini vedono in pericolo il loro avvenire e gli organismi che l’UE si
era dati con grande entusiasmo dimostrano la loro inadeguatezza tanto che le
decisioni sono espresse non da organismi sovranazionali ma dal concerto degli stati
più importanti o persino da gruppi ancor più ristretti in cui prevalgono da un lato il
comprensibile attaccamento al proprio successo (ancora una volta la Germania) e
dall’altro le conseguenze di decenni di cose non fatte (l’Italia).
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Pertanto oggi - più che mai - siamo confrontati da una grave crisi
dell'Europa nella sua costruzione ideale e politica. Ed infatti oggi ci poniamo con
amarezza l'interrogativo se esista tuttora un sogno europeo. Molti sono gli indizi
preoccupanti e concreti nella volontà popolare e nell'orientamento della politica di
ciascuno dei paesi europei che questo sogno è stato molto leso da tanti eventi ed
anzi si constata che sembra assente una effettiva volontà politica europea di porvi
rimedio al di là delle parole di compiacimento o di elogio quasi che il presente non
fosse preoccupante e che l'avvenire non sembri sembra incerto mentre : la Brexit
potrebbe non rimanere isolata. Le elezioni che si susseguono nel 2017 possono
riservarci gravi sorprese. L'inclinazione ai referendum, una inclinazione amio avviso
deplorevole, possono portare a decisioni azzardate: il referendum E questo 2017
potrebbe al riguardo riservare amare sorprese che potranno corroborare la
mancanza di preveggenza. mentre la demagogia oramai sembra destinata a
prevalere sul raziocinio e il vento del ripudio prevale in omaggio all'antisistema e
eventi recenti stanno facendo scuola.
L’Europa credeva di aver risposto alle sfide moderne (persino della cosiddetta
post-modernità) con la sua vittoria nel 1989-1991 con la esportazione della
democrazia ovunque imponendo la “pensée unique” conforme agli ideali più nobili
dell’Europa tutta.
Invece è proprio l’Unione Europea a chiedersi ora se il modello europeo sia
ancora valido e come si possa ancora difenderlo. Non serve continuare
pervicacemente nell’esortazione di avere più Europa quasi che fosse possibile con
una bacchetta magica, mentre le pulsioni della società non riescono a trovare
ideologie , né visioni dell’avvenire, né partiti politici, né personalità trascinanti. Si
preferisce ragionare spesso a vuoto sulla crisi vuoi del capitalismo, vuoi della stessa
funzione del libero mercato (la mano invisibile non funzionerebbe più!), senza poi
sapere a quale sistema economico e sociale debba essere affidata la governazione
del sistema internazionale. Ed allora possiamo e dobbiamo chiederci se quel
modello sociale ed economico (che in Italia si definiva curiosamente renano, allora
invidiato), di cui menavamo vanto, non sia in crisi di identità, di valori, di attuabilità.
Il risultato è una eterogenesi dei fini: il fine. L'Europa è nata in chiave
economica e lentamente è diventata politica ed ora sembra invece che i suoi
maggiori problemi siano di nuovo economici ed anzi con l'aggravante che diventano
sociali e quindi commuovono e sommuovono le opinioni pubbliche. era
Versione provvisoria non destinata alla diffusione né alla pubblicazione
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. L’Europa unita è un organismo vitale da gestire con la compartecipazione di
tutti indistintamente i cittadini europei, perché tutti interessati al successo dell’Europa
nei suoi varii profili. In questi ultimi anni nella presunzione è venuta a mancare la
capacità di trascinarli con l’entusiasmo e la fiducia. La tecnica o il miraggio della
tecnica hanno prevalso sulla politica e i risultati sono stati per molti versi negativi.
Non già perché sono stati abbandonati gli ideali iniziali, ma perché non sono stati
“inventati” nuovi ideali né indicate nuove mète condivisibili, come gli eventi del 1998-
1991 avrebbero dovuto suggerire. L’unità di tutta l’Europa: unità non soltanto
geografica ma altrettanto ideale doveva suscitare una riflessione nuova. L’Europa
senza più la cortina di ferro era una Europa diversa e non poteva non essere diversa,
pur rimanendo fedele al suo significato storico e spirituale, ma in un contesto diverso.
5: Possiamo pensare a innovare il modello europeo? Ma come?
Non certo con la antiquata idea di una Europa a due velocità, quale
confessione di impotenza e di incapacità politiche ed è una ricetta quanto mai
stantia.. L’illusione che l’Italia possa essere nel gruppo dei primi è espressione di
debolezza come quando negli anni ’90 per giustificare l’entrata dell’Europa si
dichiarava che occorreva entrare in Europa come se l’Italia non ne facesse
comunque già pienamente parte. Sarebbe per l’Itlia conferma del suo sforzo, spesso
vano deal 1878 di essere una grand potenza. Quindi l’Italia dovrebbe essere invece
fautrice dell’unità dell’Europa fra cosiddetti gradi e cosiddetti piccoli in una unità di
intenti.
Gli stati membri hanno messo in comune moltissimo e hanno rinunciato
all’esercizio di parte rilevante della loro sovranità. Tuttavia i cittadini continuano a
considerare la propria classe politica e i propri eletti responsabili dei loro destini,
rimanendo il Parlamento europeo è espressione estranea alla loro volontà ed è
invischiato in deliberazioni spesso assai discutibili, mentre la Commissione
brussellese è fonte di burocrazia ed infine le pronunce della Corte di Giustizia o
della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sono spesso erratiche. Il tutto è calato
dall’alto mediante una troppo avventata imposizione di omogeneizzazione, nei cui
confronti il sempre evocato principio della sussidiarietà costituisce un pretesto
proclamato, ma ben poco praticato.
Con la crisi finanziaria ed economica l’Europa è chiamata a affrontare temi
che investono la sua credibilità e trascinano le ansie dei cittadini europei. Nuove
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ragioni devono indurre a riacquistare lo slancio del passato nella persuasione che
tutti gli europei vogliano una Europa rinnovata, si potrebbe dire ringiovanita, e
disegnata con senso della realtà. Senza cedere al miraggio di complicate procedure
ovvero di gruppi o avanguardie devono prevalere pazienza, tenacia e costanza. Le
diversità non spaventino. Devono invece stimolare ed arricchire. La consapevolezza
delle diversità è il vero spirito europeo di convivenza: è il metodo comunitario, un
grande metodo, una sorta di sintassi del consenso. Un grande metodo anche per
aver ragione del riemergere di antipatie, ostilità, stereotipi. E’ diventato palese che
dopo cinquant’anni il demos europeo è introvabile e quindi il sistema politico
europeo può essere soltanto il minimo comune denominatore o il compromesso
delle volontà delle singole entità statali e delle singole volontà popolari. Dalle visioni
pontiche brillanti e futuribili si è tornati alle esigenze immediate.
6. L'Europa deve cercare di riprendere il filo della sua razionalità e cioè e l'idea
fondante della sua stessa esistenza: la libertà da declinare in chiave sociale senza
antiquate demagogie di un anticapitalismo d'accatto anche quando proclamato in alto
loco, mentre si deve esaltare con orgoglio la ricchezza umana dell'Europa nella sua
storia di jeri e ancor più in quella di oggi. Non si dimentichi che era e vuole essere
un modello di civiltà e di tolleranza di una profondità sconosciuta altrove e occorre
riaffermarlo ripeto con una punta di orgoglio quale espressione della propria identità.
L'Europa ha saputo come in nessuna altra regione del globo amalgamare popoli,
culture, lingue diverse senza l'irrealistico e superficiale mito del 'multiculturalismo e
senza l'ipocrisia dell'accoglienza e senza il mito dell'integrazione a scadenze brevi e
calcolabili. . Tutte parole il cui significato deve essere ben diverso.
In altri termini l' Europa è in grado di affermare la sua identità fatta di diversità
culturali nei secoli in un ambiente che nel lungo periodo è stato alla lunga ben più
tollerante che nel resto del mondo, jeri ed oggi. L'Europa ha saputo arricchirsi con
culture diverse e nel tempo ha dimostrato di essere la meno xenofoba e la meno
razziosta di tutte le altre regioni del globo e del mondo, jeri come oggi In Europa tutti
sentono europei parlando idiomi diversi; non così in Asia e non così in Africa dove le
diverse civiltà non hanno nulla in come e dove la invidia o l'ostilità razziale sino
all'odio sono moneta corrente e dove i nazionalismi sono concorrenti come altrove
nel mondo.. Solo l'Europa può mirare ex pluribus unum nel nome di un comune
sentire e in una comune simbiosi delle diversità.
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Questo è il modello di una Europa che forte del suo passato può e deve
dimostrare di essere ancora un modello di civiltà, pur rappresentando - ed è bene il
non dimenticarlo - rappresentando solo il7% della popolazione mondiale.
Ripartiamo con orgoglio dagli elementi fondanti della solidità europea: il
processo rivoluzionario di una costruzione europea in un continente da sempre fonte
di conflittualità; le controversie non più territoriali non investono problemi di
sicurezza in quanto esclusivamente economico-finanziarie; la evidenza che i singoli
stati membri possono superare le difficoltà soltanto operando insieme agli altri; la
constatazione che non è la prima crisi nella storia della costruzione dell’unità
europea; la convinzione generale che si può rallentare, ma non invertire la rotta
verso il completamento di un grande disegno politico, condiviso anche da coloro
che un tempo contrari all’Europa, perché capitalista o americana; l’ineluttabilità che
gli stati detti nazionali rimangano al centro nella coscienza dei cittadini; la palese
inconsistenza dei movimenti antiglobal o pacifisti e la inefficacia dei confusi
movimenti di piazza. Dunque un quadro che offre spunti positivi e di fiducia.
Potremmo dire nonostante tutto.
7. Un salutare realismo per procedere oltre la crisi attuale va sostenuto dalla tenacia
e soprattutto dalla pazienza1. L’Europa ha attuato molto in pochissimi decenni e la serena
pazienza si impone ora più che mai dinanzi ad un processo che non può non essere lento,
proprio perché fondato su metodi complessi che potranno incidere nel profondo. Compito
dell’Europa sarà quello di estrarre dallo sviluppo funzionale di gestione dell’economia una
nuova ambizione politica affrontando le vagheggiate (da molto tempo!) riforme di struttura
per lo sviluppo sociale ed economico (la introvabile crescita). Occorre pazienza perché i
cittadini dell’Europa accompagnino e sostengano un nuovo modello, che integri o sostituisca
quello che ha avuto successo, ma che ha ora esaurito la sua capacità di suscitare passioni
. Di conseguenza un nuovo modello, che in quanto funzionalista, può apparire
meno attraente, ma più solido come le circostanze esigono. Le premesse sono
offerte dall’orgoglio degli elementi fondanti della saldezza europea: il processo
rivoluzionario di una costruzione unitaria in un continente da sempre fonte di
conflittualità; le controversie non investono problemi di sicurezza esterna in quanto
esclusivamente economico-finanziarie; gli stati membri possono superare le difficoltà
soltanto operando insieme poiché irresponsabili e velleitarie sono le pulsioni
emotive di far da soli; la constatazione che non è la prima crisi nelle vicende della
costruzione dell’unità europea; la convinzione generale che si può rallentare forse,
1 Lo avevamo scritto in tempi non sospetti [in Affari Esteri 2005/148 e 2007/156] .Versione provvisoria non destinata alla diffusione né alla pubblicazione
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ma non invertire la rotta verso il completamento di un grande disegno unitario,
condiviso oramai persino da coloro un tempo contrari all’Europa, la palese
inconsistenza dei movimenti antiglobal o pacifisti e la inefficacia dei confusi
movimenti di piazza. Dunque un quadro che offre spunti positivi e alimenta fiducia.
Potremmo dire nonostante le apparenze e soprattutto nonostante superficialità
imperanti
8. Occorre combattere con l’ottimismo dell’azione non già con evocazioni
ottative o con salti in avanti, nobili ma poco ragionevoli. Venga prescelto un
approccio realistico e concreto a condizione di trarre lezione dagli errori e dalle
illusioni del passato. L’europeismo di maniera ha imperversato in Italia negli ultimi
lustri e sembra ancora esercitare tanto ingenuo fascino. Il realismo soprattutto sia
sostenuto dalla pazienza, poiché l’Europa ha attuato\ molto in pochissimi decenni e
si impone ora più che mai la pazienza dinanzi ad un processo che non può non
essere lento. Con determinazione l’Europa è chiamata a ripensare se stessa e ad
elaborare un suo nuovo progetto politico, come aveva detto Blair nel suo inascoltato
discorso al Parlamento europeo sin dal giugno 2005 perché l’Europa affronti i temi
principali, dalle vagheggiate (da molto tempo!) riforme di struttura allo sviluppo
sociale ed economico (la introvabile crescita). Occorre pazienza perché i cittadini
dell’Europa accompagnino e sostengano un nuovo modello, che integri o sostituisca
quello che ha avuto successo, ma che ha ora esaurito la sua capacità di trovare
consenso.
Non dimentichiamo che nessuna politica ha successo se non ha dietro di sè
l'anima dei suoi cittadini.
L'Europa cessi dal guardarsi l'ombelico e sappia assumere le sue
responsabilità anche morali: era un possibile modello per il mondo, ora può essere
ignorata dal mondo o essere aggredita impunemente quando diventa evidente la
sua debolezza.
Guai se il timore dell’azione offuschi la volontà che deve fondarsi su valori e
non su contingenze. I cittadini che non vogliono difendersi per passività o per
ignavia o per relativismo o per conformismo perderanno la convinzione nei propri
valori e sarebbero destinata a perire come sudditi altrui insistendo diabolicamente
nei propri errori. Soltanto la consapevolezza dell’essere europei nella civiltà e nella
libertà può promuovere un avvenire migliore.
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