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CENNI SULLA TEORIA DEI GENERI
IL CONCETTO DI GENERE
“Dell’arte poetica in sé considerata e delle sue specie, quale effetto abbia ciascuna, come si debbano costruire i racconti, se la poesia ha da riuscir bene, ed ancora da
quante e quali parti è costituita e similmente di quante altre questioni son proprie di questa ricerca, diremo incominciando secondo l’ordine naturale dapprima dalle
prime.“ (Aristotele, Poetica, Bompiani Testi a fronte, 2000)
Ecco che Aristotele ha definito l’ambito della sua ricerca, in modo preciso e
dettagliato, inserendosi nel dibattito contemporaneo (384-322 a.C.), ma originando al
contempo un prototipo di teoria dei generi che chiunque si sia dedicato
all’argomento, in epoca romana, in epoca neoclassica, nel diciannovesimo nel
ventesimo secolo, fino ad oggi, non ha potuto ignorare.
Le parole chiave del discorso contemporaneo ad Aristotele, che in questo contesto ci
interessa analizzare, sono Mìmesis, Tèchne, Poìesis, intese come Imitazione, Arte,
Produzione e l’inserimento delle stesse all’interno dei concetti di genere e di specie.
L’arte è imitazione della natura non nelle forme, ma nel modo di produzione; l’arte
quindi è un’attività guidata dalla ragione; la produzione poetica, in quanto imitazione
delle azioni umane in una certa forma (mito), è, a tutti gli effetti, un’arte.
“L’epopea e la tragedia1 ed ancora la commedia e il ditirambo2 ed anche gran parte
dell’auletica3 e della citaristica4, tutte prese nel loro assieme, si trovano ad essere
imitazioni; ma differiscono tra loro sotto tre aspetti, e cioè per il loro imitare o in
1 L’epopea e la tragedia ed ancora la commedia e il ditirambo: forme poetiche trattate, esclusa quella che noi chiamiamo lirica. 2 ditirambo: canto corale accompagnato dal suono del flauto, connesso in origine con il culto di Dioniso. 3 aulo: strumento ad ancia somigliante al clarinetto, a fiato. 4 citaristica: arte della cetra, a percussione.
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materiali diversi o cose diverse o in maniera diversa e non allo stesso modo5.“6
Si può dunque dire che Aristotele, una volta collocato il genere poesia, nel contesto
dell’ arte, ne delinea ed in seguito analizza, le diverse specie.
Nei secoli, per quanto riguarda le teorie dei generi, il termine genere ha sostituito il
termine specie, fatto non analogo nelle teorie scientifiche, ma il modello di
trattazione è rimasto; esso si è venuto via via a riempire di contenuti diversi,
riguardanti differenti forme d’arte che, nel corso della storia, sono nate o si sono
evolute, fino ad arrivare alla settima arte, che molte forme ha inglobato e che, dopo
essere stata accettata in quanto arte autonoma, con un proprio linguaggio, ha dato
origine a proprie teorie dei generi.
Seguendone i dettami o tentando nuove strade filosofi, pensatori, critici hanno reso
omaggio all’ipse dixit.
I GENERI LETTERARI
“Ma quel che ancora più colpisce è che in questi ultimi tempi la Poetica abbia potuto esercitare l’influenza maggiore nei […] paesi di più recente e nuova cultura. E infatti
intorno agli anni ’50 si costituiva in America un gruppo di studiosi: filosofi e critici letterari che, dal luogo dove operavano, furono detti “The Chicago New
Aristotelians”, i quali posero al centro dei loro interessi la Poetica e la Retorica di Aristotele […]”
(Domenico Pesce, saggio introduttivo in Aristotele, Poetica, Bompiani Testi a fronte, 2000)
“Utilizzando un oggetto già definito anziché definirlo egli stesso, Aristotele fornisce
un modello a secoli di pensatori […] gli stessi concetti che la poesia esista ’in sé’ e
che un genere possa avere ‘qualità essenziali’ implicano affermazioni non
comprovate dagli effetti di ampia portata […] la famosa osservazione di Aristotele
secondo cui i diversi tipi di poesia si distinguono per mezzo, oggetto e modo di
imitare […] implica che non esistano altre differenze […] non suggerisce che i tipi di
5 mezzo, oggetto e modo di imitare. 6 Aristotele, Poetica, Milano, Bompiani Testi a fronte, 2000, p. 53.
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poesia differiscano per gli usi a cui sono preposti, i luoghi in cui sono impiegati o i
gruppi che li impiegano.”7
Aristotele influenzò sicuramente in primis la cultura dell’antica Roma. Il poeta latino
Orazio, con la sua Ars Poetica però “[…] è costantemente preoccupato di fornire
regole chiare per la composizione letteraria fedele ai generi […] instaura un modello
di genere semplice: i poeti scrivono imitando un originale predefinito da
un’oligarchia critico letteraria.”8
Diversamente “dopo aver dedicato la prima metà della Poetica all’analisi storica e
teorica dei generi poetici, soltanto nella seconda metà del trattato Aristotele inizia a
presentare quali siano le pratiche di scrittura appropriate.”9
Lo stesso Altman continua sostenendo che “attraverso il filtro di Orazio […] i
concetti aristotelici di genere costituirono le fondamenta del sistema critico
neoclassico”, ma la nascita di un nuovo genere composito, la tragicommedia, pose un
primo grande problema di critica e di definizione di genere: quello di applicare uno
schema semplice, come quello di Orazio, ad una nuova realtà complessa: “la
possibilità che nuovi generi possano essere generati dall’unione ‘mostruosa’ di generi
esistenti”: Orazio voleva mantenere i generi separati, i neo-aristotelici non
intendevano riconoscere i generi non descritti da Aristotele, ma, nonostante i filosofi,
le forme dello spettacolo si evolvevano ed i generi classici si mescolavano, dando
origine a nuovi generi; nella seconda metà del diciannovesimo secolo infatti nacque il
dramma, “un nuovo genere ‘serio’ a cavallo tra tragedia e commedia [….] che darà in
seguito vita al melodramma.”
I Romantici proposero quindi teorie che si basavano sulla eliminazione delle
classificazioni dei generi, finché si giunse ad applicare il modello evoluzionistico di
Darwin ”direttamente alla problematica dei generi”, considerando i generi non
solamente esistenti, ma identificati e descritti scientificamente e che si evolvono in
7 Rick Altman, Film/Genere, Milano, Vita e Pensiero, 2004, p. 5. 8 Ivi, p. 8. 9 Ivi, p. 7.
6
base ad una traiettoria fissa ed identificabile, fornendo fondamenta scientifiche al già
noto modello oraziano.
Nel ‘900, dopo un secolo di classici versus romantici, di contrapposizione dei generi
puri della tradizione ai moderni generi misti, la critica di Croce ai generi, in quando
modelli fissi e costrittivi che volevano solo essere superati dagli stessi autori, “ebbe
l’effetto di indirizzare la teoria dei generi verso una nuova dialettica che contrappone
le categorie dei generi e i singoli testi .” 10
“Altra critica è quella che, nel genere letterario e in ciascuna delle arti, vede bensì una
forma di tecnica, ma una forma generica e astratta. La quale, in concreto, non è la
tragedia, ma l'Antigone, non è la pittura ma un Raffaello o un Goya. E allora si dice:
due sono le realtà, o l'universale o l'individuo. E qui: o l'arte, o un'opera d'arte
singola.”11
“Ogni film è in qualche modo di genere. Un film di Eric Rohmer è un film di genere:
appartiene al genere film di Eric Rohmer” sostiene oggi Quentin Tarantino.
“[…] questa nuova dialettica ebbe un’importante influenza sulla teoria
cinematografica del dopoguerra, che contrapponeva chiaramente generi consolidati
agli sforzi creativi di autori capaci di sovvertirli e personalizzarli.”12
Fu ridisegnata una mappa dei generi e furono ridefinite categorie già note, come la
commedia e la tragedia, fino a distinguere tra tipologie tradizionali, storiche, e nuove
tipologie, teoriche, definite dal critico moderno che crede in un sistema, restituendo
importanza alla figura del critico, che opera comunque in un momento storico,
all’interno della propria cultura.
Si affidò inoltre un ruolo importante al lettore, ribaltando la logica aristotelica,
secondo la quale opere che condividono caratteristiche essenziali simili avranno lo
stesso effetto sui lettori, si sostiene che il genere è determinato dall’effetto che il testo
ha sul lettore, dal “tipo di significato” che gli si attribuisce.
10 Ivi, p. 13. 11 Giovanni Gentile, Generi letterari e pseudoconcetti, in www.paginadelleidee.net. 12 R. Altman, Film/Genere, cit., p. 13.
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Più recentemente si è tornati a “porre l’accento sulla struttura testuale dei generi
tradizionali e dei canoni, anziché delegare la responsabilità di identificare i generi a
lettori e pubblico.”13
“Che cos’è un genere letterario? Dietro questa domanda canonica si annida una
questione teorica estremamente complessa. Sebbene nella teoria contemporanea il
dibattito sui generi abbia assunto una posizione centrale, la riflessione risente ancora
delle molte incertezze concettuali legate al termine stesso di genere. […] Possiamo
rispondere alla domanda iniziale solo con la seguente indicazione di metodo: la
definizione di un genere letterario è un'operazione al tempo stesso teorica e
storiografica, che muta con il mutare delle condizioni sociali della circolazione
letteraria. […] Nonostante la presenza di molte posizioni intermedie e conciliatorie, i
generi sembrano essere oggi al centro di una disputa tra le teorie classiche di tipo
normativo e classificatorio e le proposte di tipo pragmatico e sociologico legate
all'estetica della ricezione, alla sociologia della letteratura e a tutti gli orientamenti
critici che pongono l'attenzione sul momento sociale della ricezione e sul pubblico.
Mettere a fuoco il conflitto che intercorre fra le principali posizioni del dibattito
contemporaneo non è impresa facile, anche perché sul panorama delle tendenze in
atto esistono ben pochi studi sistematici. Va detto però che dopo la fine degli anni
Settanta sembra essere intervenuto un ribaltamento epistemologico radicale. Le teorie
dell'ultimo quindicennio sono accomunate dal superamento definitivo dell'approccio
normativo. […] L'altra novità fondamentale riguardava la comprensione della
centralità del rapporto tra il genere letterario e il mercato.”14
Il breve excursus qui presentato sulle principali tappe della teoria dei generi letterari
ha avuto lo scopo non certo di esaurire tale trattazione , ma di ricordare come e
quanto il problema genere sia stato dibattuto nell’ambito letterario fino ad oggi e
come in qualche modo la teoria dei generi cinematografici nasca da quella letteraria e
abbia una similitudine con essa, se non altro per la varietà delle problematiche e del
13 Ivi, p. 19. 14 Margherita Ganeri, I Generi Letterari Oggi, in www.controcorrenteonline.it.
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materiale e come abbia avuto o abbia una diversa evoluzione. Lo scopo ultimo è
quello di verificare come ed in quale modo l’oggetto della nostra trattazione, il regista
cinematografico Quentin Tarantino si possa inserire in una qualsivoglia
classificazione dei generi.
I GENERI CINEMATOGRAFICI
“ […] I film appartengono ai generi come le persone appartengono alle famiglie o ai gruppi etnici. Nominando un genere canonico – western, commedia, musical, film di
guerra, gangster, fantascienza, horror - anche lo spettatore più occasionale ne avrà un’immagine mentale, in parte visiva, in parte concettuale.”
(Richard T. Jameson, They Went Thataway, 1994)
“Seppure la categoria di genere cinematografico occupi un ruolo centrale nella storia
del cinema, come nella situazione contemporanea, essa è da tempo rimasta ai margini
della riflessione e della ricerca. Esiste un'ampia letteratura su singoli generi (anche se
spesso solamente descrittiva), pochissimi sono stati i tentativi dì elaborare una teoria
complessiva dei generi cinematografici. La difficoltà è legata in primo luogo alle
caratteristiche del fenomeno, in cui convivono modelli e spinte diverse, talora
«conflittuali»: un genere è un modello statico, ma al contempo dinamico, soggetto ad
evoluzione. Un genere è caratterizzato da componenti tematiche e stilistiche, ma
anche dal contesto storico e dal rapporto che istituisce con i suoi spettatori. Un genere
si alimenta di materiali cinematografici, ma intrattiene rapporti strettissimi anche con
altri sistemi espressivi. Guardare ai generi cinematografici nel momento della loro
nascita e evoluzione nei primi decenni del cinema (quando nel nuovo mezzo
confluiscono canoni letterari, teatrali, figurativi, dello spettacolo popolare ma il
cinema è anche alla ricerca di una sua via originale) può consentire di raggiungere
9
importanti risultati. Sul piano storiografico, ma anche su quello della teoria del
cinema.”15
“L’esigenza di considerare il genere come una categoria al di sopra della storia ha un
effetto interessante sulla descrizione delle origini dei generi. Mentre i generi possono
essere visti, secondo una logica storica, come sviluppantisi entro l’industria
cinematografica, tendono invece a essere visti come una continuazione dei generi
preesistenti in letteratura (western), nel teatro (melodramma) e nella saggistica (il
biopic), oppure come eruzioni vulcaniche del magma del mito, portato in superficie
dai capricci della tecnologia (il musical), dalla censura (screwball comedy) o dalla
vita moderna (fantascienza).”16
“[…] Il genere è una forma di macrostruttura, o meglio un codice che si inserisce in
un altro codice (il linguaggio cinematografico e, nel nostro caso, la struttura della
sceneggiatura).Come tale, le caratteristiche del genere aiutano a veicolare senso, ad
indirizzare la storia utilizzando delle metodologie che il pubblico riconosce.”17
“È cosa nota che lo sviluppo dell'arte cinematografica abbia riportato in auge
categorie d'opere che in letteratura erano relegate ai margini: il western, il genere
epico, il romanzo d'avventura sono gli esempi più ovvi di un tale revival. La teoria
dei generi elaborata nell'ambito della riflessione sul cinema è attualmente oggetto di
una critica serrata; sembra che a nessuno importi più di quei vecchi, pesanti involucri
entro i quali prendeva forma il prodotto-film. Alcuni, però, li trovano tranquillizzanti
e soprattutto ancora indispensabili alla fabbricazione di una merce culturale senz'altra
pretesa che quella d'essere venduta con profitto.”18
15 V Convegno Internazionale di Studi sul Cinema Università degli Studi di Udine, Le Giornate del Cinema Muto, Udine, 26-28 marzo 1998. 16 R. Altman, Film/Genere, cit., p. 35. 17 Giovanni Robbiano, La sceneggiatura cinematografica, Roma, Carocci, 2000, pp. 198-199. 18 Luca Bandirali, Per un'arte de-genere, in www.stranigiorni.it.
10
Il cinema racconta storie e per molti aspetti lo studio dei generi cinematografici non è
altro che un’estensione dello studio dei generi letterari, ma il cinema è un nuovo
linguaggio e la sua teoria dei generi si evolve in modo diverso, richiamandosi ad
Aristotele ed alle più moderne critiche letterarie, che rivendicano da una parte “la
libertà dei critici di scoprire nuovi collegamenti,di formare nuovi raggruppamenti di
testi e di proporre nuove etichette” e dall’altra “grande attenzione alle circostanze
sociali del consumo”19, senza dimenticare che ”i legami coerenti con l’intero processo
di produzione – distribuzione – consumo rendono il concetto di genere
cinematografico assai più ampio di quello letterario.”20
Il nuovo linguaggio si diffonde in breve tempo in tutto il mondo; nascono un cinema
francese, inglese, italiano, americano, ma anche tedesco, svedese, russo, indiano,
australiano, giapponese, cinese.
“Negli anni venti quasi tutti i film erano identificati come melodramma o come
commedia; negli anni quaranta dominavano le definizioni a termini multipli ( come
comedy melodramma, juvenile comedy, o comedy–fantasy). Negli anni settanta sono
invece disponibili numerosi tipi di generi completamente nuovi (road movie, big
caper film, disaster movie, e così via […] i critici hanno sempre presunto che i nuovi
termini non avessero ripercussioni sui film esistenti e che l’identificazione di un
genere sia una faccenda risolta per sempre. […] Nella prassi attuale, il semplice atto
di identificazione di un genere presuppone che i testi siano estrapolati dal tempo e
posti in un deposito atemporale, come fossero tutti contemporanei.”21
I generi sono quindi definiti dall’industria e riconosciuti dal pubblico; non si
definisce un genere cinematografico attraverso l’analisi della struttura testuale, ma
attraverso le scelte dei produttori che fanno proposte al pubblico, che decide se
sancire o meno un genere.
D’altra parte, però, mentre i generi hanno identità e confini stabili, i testi più
interessanti sono misteriosi e spesso ciò che piace al pubblico sfugge alle categorie
19 M. Ganeri, I Generi Letterari Oggi, in www.controcorrenteonline.it. 20 R. Altman, Film/Genere, cit., p. 26. 21 Ivi, p. 33.
11
lineari dei generi. “La peripezia, come si è detto, è il rivolgimento dei fatti verso il
loro contrario […] il riconoscimento poi, come già indica la parola stessa, è il
rivolgimento dall’ignoranza alla conoscenza.”22
“Negli studi attuali, i generi sono considerati come ‘stati sovrani’ dove la duplice
cittadinanza non è permessa.”23 I critici dunque preferiscono non affrontare le
mescolanze ed attuano selezioni su cui basano la critica (periodi, serie di film, film di
un autore), oppure suddividono generi ampi in sottocategorie; se i singoli film
appartengono interamente ad un genere, pur combinando diversi stili di ripresa, di
luce, di modelli sonori, il genere deve essere immediatamente riconoscibile e
l’esistenza dei generi garantisce la tranquillità dello spettatore, che sa cosa deve
aspettarsi.
Se in quest’ottica “ogni film è descritto come esempio di un genere globale” ed al suo
interno non possono coesistere diversi generi, “in un’ipotesi di atemporalità della
discussione sui generi […] un singolo film o un gruppo di film assumono un ruolo
particolare per la definizione di un genere.”24
Se i generi sono avulsi dalla storia, tuttavia esistono nella storia: per alcuni generi
riconosciuti si può individuare un preciso periodo storico di evoluzione (come il film
noir). “Per essere riconosciuti in un genere i film devono avere sia un soggetto
comune (l’America rurale, per esempio), sia una struttura comune, un modo simile di
configurare quel soggetto.“25
I film di genere si possono considerare una ripetizione infinita dello stesso scontro a
fuoco, della stessa scena d’amore e anche cambiando l’epilogo l’impronta di genere
resta. Ogni nuovo film di genere ingloba i precedenti, che bisogna conoscere per
capirlo: ci sono immagini e sequenze che richiamano immediatamente alla mente un
genere: ad esempio “[…] un treno che attraversa la prateria […] un fucile contestato
22 Aristotele, Poetica, cit., pp. 81-83. 23 R. Altman, Film/Genere, cit., p. 32. 24 Ibidem. 25 Ivi, p. 40.
12
[…] l’atto di costruire una chiesa […] evocano l’atto di dominare la natura e la
conseguente civilizzazione del west.”26
Se i generi hanno una funzione rituale e li sancisce il pubblico, i film che non si
collegano a un genere hanno una propria logica interna, da scoprire e valutare.
Se i generi sono proposti dall’industria, il critico è mediatore tra pubblico e testo, tra
società e industria, ma spesso è uno che guarda solo l’effetto di una produzione e di
un testo sul pubblico con occhi più allenati di quelli dello spettatore e le recensioni
seguono una “tradizione di etichettatura”, rimandando alla conoscenza dei generi
dello spettatore.
“I generi cinematografici costituiscono una convenzione che permette di classificare
le diverse opere cinematografiche in base ad alcuni temi ricorrenti, facilmente
identificabili.
La settima arte sin dalla sua nascita è stata caratterizzata dalla proliferazione di un
gran numero di opere eterogenee; questo ha portato ben presto alla creazione di
generi. La tipologizzazione è un fenomeno dovuto allo strutturarsi dell'offerta, da
parte dell'industria del cinema, in base ai gusti del pubblico, alla rispondenza di
mercato. Il successo di un'opera porta al tentativo di ripeterlo, riproponendo al
pubblico alcuni degli elementi che si ritiene possano aver contribuito a determinarlo.
La duplicazione porta ad un accumulo di opere che seguono una certa tipologia,
accomunate cioè da alcuni elementi, a un canone.
Quando il canone comincia a diventare ripetitivo, banalizzato e noioso, quando cioè il
pubblico comincia a non reagire più come prima a causa dell' assuefazione, la
tipologia si modifica: il genere conosce così una evoluzione. Dal genere derivano
altri generi, oppure si creano dei sottogeneri.” 27
26 Ivi, p. 43. 27 definizione tratta dall’enciclopedia on line in www.wikipedia.org.