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II-No. 1-2012 ITALIANO magazine CENTRUM INFORMATIONIS TOTIUS ORDINIS CARMELITARUM CITOC

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II-No. 1-2012

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LIA

NO

magazineCENTRUM INFORMATIONIS TOTIUS ORDINIS CARMELITARUM

CITOC

EditorialE

P. Christian Körner, O. Carm.

Direttore: P. Fernando Millán Romeral,

O.Carm.

Direttore editoriale:P. Christian Körner, O.Carm.

Consulente editoriale:P. Raúl Maraví Cabrera, O.Carm.

Redattore:P. Joseph Hung Tran, O.Carm.

Corrispondenti:Europa:

P. John Keating, O.Carm.

Africa:P. Désiré Unen Alimange, O.Carm.

America:P. Raúl Maraví Cabrera, O.Carm.

Asia Australia and OceaniaP. Albertus Herwanta, O.Carm.

Inviare le informazioni a:Curia Generalizia dei Carmelitani

Via Giovanni Lanza 138 00184 Roma, Italia Tel+39-064620181

Email: [email protected] www.ocarm.org

magazineCENTRUM INFORMATIONIS TOTIUS ORDINIS CARMELITARUMCITOC

“CItoc Magazine” è una pubblica-zione semestrale dell’Ordine dei Carmelitani. Le notizie, informazio-ni, articoli, lettere, fotografie e altri materiali offerti alla rivista diventa-no sua proprietà.

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Dal 5 al 15 set-tembre 2011 si è celebrata nel

Mount Carmel Spiri-tual Center di Niagara Falls, Canada, la Con-gregazione Generale sul tema “Qualiter re-spondendum sit quae-rentibus?” - Che cosa risponderemo a chi ci chiede?-. Per i parte-cipanti è stato un in-contro molto ricco, che ha offerto uno spazio di riflessione sull’identità e la missione del Carmelo nella Chiesa di oggi. Il messaggio finale ne trasmette gli impulsi profondi utili per un’ulteriore riflessione in tutto l’Ordine. Perciò abbiamo pensato di porre al centro di questa edizione del CitoC-magazine un ricordo di questa importante assemblea.

Anche le altre presentazioni offrono un’ampia varietà d’informazioni sulla vita attuale dell’Ordine. Ne vorrei rilevare alcune. Prima di tutto ci sono le persone, che esprimono il nostro carisma; perciò è bello condividere la notizia che in Brasile si è potuto festeggiare il 100° compleanno di P. Celestino Lui, O.Carm. Inoltre anniversari, come per esempio il 50° della lettera del deceduto Mons. Donal Lamont; O.Carm., contro l’apartheid, ricordano l’impegno profetico di carmelitani. L’Ordine però piange anche la morte di alcuni cari confratelli. Per questo riportiamo i necrologi di P. Gioachino Smet, O.Carm., il grande storiografo dell’Ordine, e di P. Robert MacCabe, O.Carm., che ha lavorato per tanti anni come medico tra i nomadi nel deserto del Kenya.

Un tema costante durante la Congregazione Generale è stata la speranza. E sicuramente sono i giovani la speranza della Chiesa e dell’Ordine. Tra i numerosissimi partecipanti della GMG a Madrid c’erano più di 500 giovani provenienti dalle comunità carmelitane di tutto il mondo. Con la presenza di una ventina di nazioni la Giornata Carmelitana del 17 agosto è stata davvero un evento meraviglioso.

Auguriamo a tutti una piacevole lettura di questo numero del CITOC.

Congregazione generale 2011

“Missione del Carmelo nella Chiesa”

4

Le scuole carmelitane diventano verdi

12

Laici Carmelitani

22

Il Carmelo ha perso uno dei suoi storici più eminenti

26

CONTENUTO

2 Editoriale

11 Delegazione Generale di Santa Teresa di Lisieux e San Alberto di Gerusalemme in India

15 Fra Celestino Lui, O. Carm. compie 100 anni!

19 Carmelitae Sancti Eliae (CSE)

24 Le missioni sono una necessità

28 I Keniani piangono un medico e sacerdote irlandese che ha servito i poveri con coraggio e devozione

30 Monsignore Donal Lamont, O.Carm.

31 Notizie

Messaggio finale della

Congregazione Generale

alla Famiglia Carmelitana

7

GMG Carmelitana

16

The General Congregationla Congregazione generale Del 2011

“Missione del Carmelo nella Chiesa”P. Ben Wolbers, O.Carm. e P. Emiel Abalahim, O.Carm.

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Dal 5 al 16 settembre 2011 si è tenuta, presso il Centro di spiritualità Monte Carmelo, a Niagara Falls in Canada, la Congregazione Generale

dei Frati carmelitani. Erano circa 60 i confratelli presenti a questo evento, fra i quali ricordiamo il Priore Generale con i membri del Consiglio generale, i Priori Provinciali, i Commissari generali, o Delegati generali e vari delegati da alcune Province.

Il compito principale della Congregazione Generale è quello di prendere in esame argomenti di comune interesse per l’intero Ordine e di discutere su alcuni suggerimenti in vista del prossimo Capitolo Generale del 2013 (Costituzioni, art. 287).

Il tema che ha accompagnato questa Congregazione Generale era “La missione del Carmelo nella Chiesa”. In questo titolo si sentono risuonare le prime parole delle nostre Costituzioni più antiche, quelle del 1281, con la loro Rubrica Prima e la domanda fondamentale, che già i primi nostri fratelli si ponevano e che ancora oggi viene rivolta a ciascuno di noi, ossia: “Cosa possiamo rispondere alle persone che ci chiedono chi siamo?”.

Fin dall’inizio, quando i primi Carmelitani dovettero lasciare il Monte Carmelo, questo era un interrogativo pressante, perché non sapevano più se erano ancora Carmelitani, non vivendo più sul Monte dal quale avevano preso il nome. Si trattava di una domanda riguardante la loro stessa identità, domanda alla quale la Rubrica Prima forniva una risposta ufficiale, circa le origini del nostro Ordine.

Una domanda forse antica, ma ancora attuale, perché pone anche a noi, oggi, la stessa sfida di

trovare una risposta adatta al contesto del mondo in cui viviamo. Chi siamo? Cosa facciamo qui? (1 Re 19, 10) E perché facciamo quello che facciamo? Davvero si tratta di domande che hanno a che fare con la nostra identità.

La Congregazione Generale è iniziata ufficialmente martedì 6 settembre, con la celebrazione dell’Eucaristia, presieduta dal Priore Generale e dai membri del Consiglio Generale.

Il Priore Generale si è rivolto ai 60 partecipanti, provenienti da ogni parte del mondo, con parole di benvenuto e ricordando lo spirito di questo incontro. “Celebriamo la messa dello Spirito Santo perché in questi giorni vogliamo rivivere il mistero della Pentecoste: l’esperienza meravigliosa della comunione e dell’unità”. Con queste parole ha ricordato i molteplici modi di incarnare oggi nella Chiesa il carisma del Carmelo e come ogni carmelitano, attraverso ogni ministero all’interno dell’Ordine sia chiamato a mantenere viva questa ricca tradizione. A partire dal brano della chiamata dei dodici apostoli, proclamato nella liturgia del giorno, P. Fernando ha invitato tutti a riscoprire la propria vocazione a seguire il Vangelo a servizio della Chiesa e dell’uomo di oggi. Ha così ricordato che nel 1935 il Beato Titus Brandsma venne in questo luogo per tenere delle conferenze sulla spiritualità e, affascinato dalla bellezza della natura, si chiese come mai l’uomo contemporaneo potesse allontanarsi da Dio. Questo interrogativo, ha concluso il Priore Generale, è un invito rivolto ai partecipanti a mettersi in ascolto della Parola di Dio e dei nostri fratelli per poter essere fedeli al carisma che il Carmelo ha ricevuto.

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Nel suo discorso di apertura della Congregazione Generale P. Fernando ci ha invitati a rimanere in un processo continuo di discernimento della nostra chiamata a vari livelli: a livello personale e comunitario, a livello della Provincia e dell’Ordine. In ognuno di questi diversi livelli di discernimento, è necessario chiederci sempre di nuovo perché stiamo facendo quello che stiamo facendo e perché lo stiamo facendo in un determinato modo e non in un altro. Cioè cos’è che ci contraddistingue come Carmelitani, in ciò che facciamo?

Due sono i pericoli che in tutto questo possiamo incontrare, ha detto il priore Generale. Il primo è che potremmo rendere il nostro ministero “troppo carmelitano”, non riuscendo più a scorgere il bene presente nelle altre tradizioni, o in altri modi di appartenere alla Chiesa e al suo campo di azione più ampio.

Il secondo pericolo, invece, è quello di perdere tutto il senso del nostro essere carmelitani e perciò non riuscire più a promuovere, a far crescere l’eredità che abbiamo ricevuto. Abbiamo ricevuto, infatti, una tradizione antica, della quale possiamo ben andare fieri.

Durante la prima settimana si sono succeduti alcuni esperti, che hanno offerto le loro conferenze; fra di essi Fr. Richard Rohr, O.F.M., fondatore del Centro per l’azione e la contemplazione di Albuquerque, nel New Mexico; la D.ssa Maria Lopez Guzman, teologa laica spagnola e P. Michael Plattig, O. Carm.

Il lavoro nei gruppi linguistici, poi, ha permesso di discutere sulle reazioni alle tematiche offerte, dopo momenti di riflessione personale.

La prima conferenza, tenuta da Fr. Richard Rohr, O.F.M., ha offerto una lettura del processo di contemplazione. A suo avviso la contemplazione non è semplicemente chiudere gli occhi, ma piuttosto un processo di trasformazione. Non può esserci cammino di contemplazione senza un cammino di crescita nell’amore, nella sofferenza e nella preghiera. Per definizione, le esperienze di amore e di sofferenza sono quelle che permettono alle persone di venire veramente trasformate. E in questo processo di trasformazione, il cammino della preghiera gioca un ruolo cruciale, perché la

preghiera è, in realtà, una postura vitale, che assumiamo per essere onesti, conseguenti e per porre le nostre vite a confronto con Dio, passo dopo passo. Giovanni della Croce e Teresa d’Avila sono per noi maestri insuperabili lungo questo percorso.

Il giovedì la Dott.ssa Maria Lopez Guzman ha tenuto la sua conferenza sull’importanza della speranza cristiana, partendo dall’affermazione che la morte e la risurrezione di Gesù ne sono i fondamenti essenziali. E senza morte non può esserci risurrezione. La fonte della nostra speranza non è dentro di noi, ma in una persona concreta, una persona storicamente esistita, Gesù Cristo, morto e risorto. La memoria della croce e il memoriale del Crocifisso costituiscono il fondamento indispensabile della nostra fede.

Ha anche affermato che la spiritualità carmelitana può essere un punto di riferimento e un segno efficace per dare speranza a molte persone.

La conferenza di P. Michael Plattig, O.Carm. ha offerto un’eccellente lettura della spiritualità carmelitana e di come noi Carmelitani incarniamo questa spiritualità nel mondo d’oggi. Facendo riferimento alla Regola, ai Santi del Carmelo, come anche ad alcuni esempi concreti di vita, ha illustrato i punti del suo discorso. Ha iniziato mettendo in luce l’importanza della relazione personale con Dio, incentrata sulla preghiera: quanto più si riesce a coltivare la vita di preghiera, tanto più si cammina in libertà, si entra in una relazione dove Dio può liberamente scegliere come rivelare se stesso alla persona, senza venir manipolato da forme di preghiera o da sforzi umani. E allora il carmelitano può attendere, immerso in un silenzio liberante, nel quale Dio lo invita a condividere questa libertà anche con altre persone, attraverso l’esercizio concreto della giustizia.

Ha poi esaminato come la relazione con Dio cresca precisamente attraverso l’esperienza della croce, della notte oscura, spesso vissute all’interno del proprio rapporto con la Chiesa.

A conclusione della conferenza, ha spiegato come questa relazione

P. Désiré Unen, P. Stanley Makacinas e P. Boniface Kimondolo

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con Dio e con la Chiesa, fondata sulla preghiera, sia proprio lo strumento grazie al quale la nostra spiritualità carmelitana può continuare ad essere significativa nella Chiesa e per la Chiesa. Ciò che è essenziale non è quello che facciamo, ma come lo facciamo.

Durante la seconda settimana, invece, si sono susseguiti momenti di lavoro nei gruppi e momenti di confronto con i Consiglieri. Questi ultimi, oltre ad offrire le loro relazioni sulla situazione dell’Ordine nelle diverse aree geografiche, hanno anche aperto la discussione su alcune tematiche, come il governo dell’Ordine, la situazione economica, la formazione, le comunicazioni, la Famiglia Carmelitana, i laici carmelitani, giustizia e pace, i giovani e le scuole, l’evangelizzazione. Anche in questi casi i partecipanti si sono divisi per gruppi linguistici, creando così dei veri e propri forum aperti, in cui potersi confrontare e condividere le esperienze di ciascuno nel lavoro, nel ministero e nelle diverse situazioni della vita. Allo stesso tempo questi momenti di scambio offrivano la possibilità di presentare le proprie necessità, le speranze e le difficoltà incontrate.

I membri del Consiglio Generale hanno potuto approfittare della presenza di rappresentanti di ogni Provincia e Commissariato per poter tenere alcuni incontri regionali, che sono risultati molto utili per intavolare confronti molto validi tra gli appartenenti alle stesse aree geografiche.

Domenica 11 settembre la celebrazione eucaristica si è tenuta presso la parrocchia carmelitana dedicata a san Giovanni della Croce, a Mississauga, vicino a Toronto. La parrocchia e la Comunità laicale locale si sono fatte carico dell’ospitalità di tutta la Congregrazione Generale. Per l’occasione erano presenti anche membri della Famiglia Carmelitana locale.

Prima della Messa il provinciale della Provincia del Cuore Immacolato di Maria, P. Carl Markelz, O. Carm., insieme al parroco P. Leo Huard, O. Carm., hanno dato un caloroso benvenuto a tutti i presenti. La celebrazione è stata presieduta da Padre Fernando, P. Carl e P. Leo, membri del Consiglio, anch’essi nel numero dei partecipanti alla Congregazione Generale. Durante la Messa sono stati accolti nel Terz’Ordine diversi nuovi membri.

Martedì 13 settembre la Messa è stata presieduta dal Vescovo della Diocesi di St. Catherines, Mons. Gerard Paul Bergie. E’ in questa diocesi che si trova il nostro centro di spiritualità. Durante l’omelia sua Eccellenza ha voluto cogliere l’occasione per esprimere la sua riconoscenza e il suo ringraziamento a tutti i Carmelitani che ha conosciuto e che hanno offerto il loro servizio pastorale nella diocesi nel corso degli anni.

La Congregazione Generale si è ufficialmente conclusa con la celebrazione dell’Eucaristia e l’approvazione del messaggio finale.

MESSAGGIO FINALE DELLA CONGREGAZIONE GENERALE “Qualiter respondendum sit quaerentibus?”

Che cosa risponderemo a chi ci chiede?

il Priore Generale e il Vescovo Gerard Paul Bergie

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Al termine della messa conclusiva, il Priore Generale, P. Fernando Millán Romeral, O.Carm., accompagnato dal Consiglio Generale, ha benedetto la nuova cappella dedicata al Beato Tito Brandsma nella chiesa del Centro di spiritualità. La cappella, progettata dai carmelitani Stanley Makacinas e John Benedict Weber e realizzata dall’artista locale Nicholas Napolitano, presenta vari aspetti della vita del Beato Tito. Hanno preso parte alla cerimonia i Provinciali, i Commissari e Delegati Generali presenti alla Congregazione. Come è noto il P. Tito visitò questo convento nel 1935, tenendovi alcune conferenze sulla spiritualità carmelitana. Durante la permanenza scrisse una bella riflessione ispirata alle vicine cascate del Niagara.

Veramente questa Congregazione Generale ha offerto una buona preparazione per il prossimo

Capitolo Generale, perché ha dato modo di poter aver una buona visuale di ciò che il nostro Ordine sta vivendo a livello internazionale. Inoltre ha costituito un’ottima opportunità di sperimentare un bel clima di fraternità.

Il Consiglio Generale desidera esprimere una grandissima gratitudine nei confronti della commissione preparatoria, per l’impegno profuso nella programmazione e nello svolgimento della Congregazione, come anche nei confronti dei frati e del personale del Centro di spiritualità di Niagara Falls, per l’ospitalità e la calorosa accoglienza. Un grande grazie anche a tutti coloro che hanno lavorato dietro le quinte per rendere questo incontro un momento intenso, formativo, fraterno e ricco di frutti.

A tutti i membri della Famiglia carmelitana: Pace e bene nel Signore.

“Come dunque avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie” (Col 2, 6-7). Con queste parole dell’Apostolo S. Paolo, il Priore Generale, P. Fernando Millán Romeral, durante l’Eucarestia del primo giorno, ha inaugurato la Congregazione Generale del 2011 chieden do a Dio la saggezza del Spirito Santo.

1. Dal 5 al 15 Settembre 2011 si è celebrata nel Mount Carmel Spiritual Center di Niagara Falls la Congregazione Generale dal titolo “Qualiter respondendum sit quaerentibus?” (che cosa risponderemo a chi ci chiede?). Queste sono anche le parole iniziali della cosiddetta “Rubrica prima” delle Costituzioni del 1281, le più antiche che abbiamo. Sicuramente questo documento può risalire, in un certo modo, al 1247, quando l’Ordine, venuto in Europa, adottò uno stile di vita mendicante. La Formula Vitae e la nostra Regola presentavano già un’ecclesiologia implicita. Anche la Rubrica prima, da un punto di vista ecclesiologico, era la risposta ufficiale a chi ci chiedeva sull’origine del nostro Ordine. La domanda di oggi, certamente, non vuole rispondere a come si a mo nati e quali sono state le nostre origini, ma continua a sfidarci nel chiederci “chi siamo? ”, “che facciamo qui? ” (cfr. 1 Re, 19, 10) e “perché facciamo ciò che facciamo nella Chiesa? ”.

2. Seguendo gli orientamenti del Consiglio Generale abbiamo affrontato la seconda parte della riflessione iniziata già nel Capitolo Generale del 2007: in obsequio Jesu Christi. Comunità oranti e profetiche in un mondo che cambia. La prima parte “Comunità oranti e profetiche” è stata trattata nel Consiglio delle Provincie (S. Felice del Benaco, 2009) e durante questi giorni, con un criterio fondamentalmente ecclesiologico, ci siamo soffermati sulla seconda parte “in un mondo che cambia”. Per questo, tre esperti – da diverse prospettive – ci hanno aiutato ad approfondire la nostra identità carmelitana: P. Richard Rohr OFM, come religioso francescano, ci ha presentato alcuni spunti su ciò che la vita religiosa può offrire alla Chiesa e al mondo; la Prof.ssa María Dolores López

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Guzmán – dal punto di vista di una donna laica impegnata nella Chiesa – ci ha descritto la spe-ranza della vita religiosa in dialogo con gli altri stati di vita ; e P. Michael Plattig, O.Carm., ha espo sto alcuni spunti ed esempi pratici di ciò che la nostra spiritualità carmelitana può offrire alla Chie sa.

3. In questi giorni abbiamo ricordato come nella nostra storia, e con l’avallo della nostra tradizione spirituale, la contemplazione non è solo il cuore del carisma carmelitano, ma anche il miglior dono, il tesoro nascosto, la perla preziosa (cfr. Mt. 13, 44 -46) che possiamo offrire al mondo ed alla Chiesa. Si è contemplativi là dove l’amore si fa attivo. La contemplazione è un processo di trasformazione graduale dal falso io (l’uomo vecchio) al l’io vero (l’uomo nuovo) nascosto in Cristo (cfr. Col. 3,3) e realizzato in noi dallo Spirito Santo fino a raggiungere l’unione con Dio nell’amore (cfr. RIVC 1). E’ l’amore che trasforma le nostre opere, i nostri pensieri ed i nostri sentimenti (cfr. Cost. 17; RIVC 23): l’amore che procede da Dio e l’amore col quale serviamo l’umanità. E’ l’amore che purifica i nostri pensieri, sana le nostre ferite, che ci unisce ai fratelli, ci solleva nelle sofferenze, denuncia l’ingiustizia , apre strade di riconciliazione... In definitiva, è l’amore che cambia e trasforma il nostro mondo. Non dimentichiamolo –ci ricordano i nostri mistici–: è l’amore che dà valore alle nostre opere e “Dio guarda solo all’amore col quale fai ciò che fai ” (S. Teresa di Gesù). La vocazione del contemplativo è l’amore: “amare e lasciarti amare” (S. Teresa di Lisieux).

4. Qual è lo specifico della vita religiosa carmelitana? La vita religiosa in se stessa è già un riferimento che parla della bontà del Signore e, visibilmente, offre al mondo un messaggio chiaro: “solo Dio basta” (S. Teresa di Gesù). Non si deve fare nulla di speciale perché sia così, poiché “la

dignità della vocazione religiosa ha un valore intrinseco all’interno della Chiesa, al di là di qualunque vincolo con un ministero o servizio” (cfr. RIVC 112). La migliore icona della vita religiosa è la presenza stessa della persona consacrata. La vita consacrata, come afferma la LG 44, invita noi carmelitani a vivere il nostro atteggiamento contemplativo imitando “più da vicino” (pressius) quella forma di vita che il Figlio dell’uomo ha scelto venendo al mondo. Il termine comparativo “pressius” tradotto nelle lingue moderne come “più da vicino” perde l’intensità del termine latino. “Pressius” viene d al verbo latino “presso” che indica molto bene “pressare”, “premere”, “unire molto strettamente”. A partire da questa immagine la nostra consacrazione ci “conforma” di più allo stile di vita di Gesù di Nazareth. Sappiamo meglio chi siamo quando entriamo in dialogo permanente con gli altri stati di vita ecclesiali, perché nessuna vocazione nella Chiesa esaurisce la profondità del mistero di Cristo. “il Carmelo intende la vita secondo i consigli evangelici come il modo più appropriato per camminare verso la piena trasformazione in Cristo” (RIVC 7, 9,19c; 25) e “verso la libertà” (RIVC 16). Per questo l’esercizio dei consigli evangelici “più che una rinuncia” o mezzo di perfezionismo morale “è un mezzo per crescere nell’amore e per giungere alla pienezza di vita in Dio” (RIVC 25). Così ci convertiamo in un dono per Dio (“in obsequio Jesu Christi vivere debeat”, Reg. 1) e per tutti, facendo della vita un impegno.

5. La domanda che in questi giorni ci siamo posti non è tanto: che cosa noi speriamo? quanto piuttosto: che cosa Dio spera da noi? La nostra speranza e la nostra gioia si basa no su Gesù Cri sto, principio e fine di tutta la realtà. Il presente, anche se pieno di fatiche, si può vivere con entusiasmo se è orientato verso uno scopo e se questa meta è tanto grande che giustifichi lo sforzo del cammino (cfr. Spe salvi 1). La speranza cristiana è teologale. L’apostolo san Paolo ci ricorda che la comunità di Efeso era senza speranza perché viveva in questo mondo come “senza Dio” (Ef 2,12). Arrivare a conoscere Dio, il Dio vero (cfr. 1Re 18), e a conoscere il Crocifisso che è Risuscitato (cfr. Lc 24,5 -6): è qui che è radicata la nostra speranza. Tra le cose da sperare, anche se all’inizio non ci è facile, c’è anche la croce del Signore. Solo se siamo amici della croce del Signore (cfr. F il 3,18-19) vivremo felici e potremo essere speranza per i deboli. La causa principale che non ci fa crescere nella vita spirituale, come ci ricordano i nostri santi, è che a volte siamo nemici della croce del Signore: “Ci saranno molti che cominceranno e non arriveranno mai a nulla. Credo che questo avviene perché non si abbraccia la croce fin

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dall’inizio” (S. Teresa di Gesù). Il nostro motto “ Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum ” non è un grido trionfale del profeta Elia ma è l’inizio di una “preghiera di lamento” nel quale il profeta riconosce la sua impotenza e manifesta la sua crisi e i suoi dubbi avendo come suo interlocutore diretto Dio. Le nostre povertà e i nostri limiti non do vrebbero essere considerati come una disgrazia né un motivo di rassegnazione, ma dovrebbero costituire una vera scuola di trasformazione e di contemplazione. Inoltre, riconoscere la nostra debo lezza è imprescindibile per conoscere chi è Dio e per lasciarci salvare da Lui (cfr. 2Cor 12,9). Il Dio della rivelazione, che si è manifestato potente nella creazione, si è voluto manifestare debole e pic colo nella redenzione. E solo così è nostro Redentore e nostra Speranza.

6. L’esperienza di Dio vissuta in fraternità ci spinge a fare nostra “la missione di Cristo”: es-sere profeti di speranza. Il vero contemplativo è portatore della luce di Cristo risuscitato in mezzo alle notti dell’umanità. Vi sono molti tipi di deserto in mezzo alla notte: il deserto della povertà e dell’abbandono, il deserto della solitudine e dell’amore infranto. C’è anche il deserto dell’oscurità di Dio, quello della dimenticanza della dignità dell’uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo perché si sono allungate le notti dei deserti interiori. La nostra missione non consiste nell’aspettare passivamente, ma nell’accelerare la venuta del Regno di Dio (cfr. 2Pt 3,12). Tutto ciò che abbiamo ricevuto dal nostro carisma carmelitano, dalla storia e dalla spiritualità, per la stessa logica del dono, non ci appartiene perché l’abbiamo ricevuto “per darlo”, e “darlo nello stesso mo do come ci è stato dato” (cfr. S. Giovanni della Croce). Tutto ciò ci è stato

dato gratuitamente, in una misura ben pigiata, scossa e abbondante (cfr. Lc 6,38). Benedetto XVI nel colloquio avuto col nostro Priore Generale, P. Fernando Millán Romeral, O.Carm. nell’agosto del 2010 durante il Pellegrinaggio della Speranza, a Castelgandolfo, ci ricordava: “Voi Carmelitani siete coloro che ci insegnano a pregare”. Qualunque apostolato e missione carmelitana ci devono insegnare non a moltiplicare preghiere trasformando le devozioni in superstizione e magia, o in semplice collezionismo, ma a pregare, vale a dire, a creare una relazione matura con Dio e con gli altri. Le espressioni usate dai mistici per parlare della relazione con Dio sono per lo più di una freschezza e semplicità tali che, proprio per questo, congiungono fortemente al cuore di Dio e alle cose essenziali della vita.

7. In questi giorni abbiamo ricordato come la pratica di vivere alla presenza di Dio (cfr. 1Re 17,1), il mistero di lasciare che Dio sia Dio, la riscoperta della spiritualità della cella, l’equilibrio tra silenzio e parola, la solitudine, il “vacare Deo”, la “notte oscura” e il nostro stile di vita mendicante sono lievito che feconda la Chiesa e il nostro mondo, e ci offrono spunti di riflessione per la nostra pastorale. Siamo consapevoli di essere ricchi quanto a tradizione e a modelli teologici, però abbia mo, forse, bisogno di rivitalizzare percorsi mistagogici che, in pratica, servano a trasmettere agli altri la ricchezza del Carmelo e la bellezza di aver visto il Signore. Il carmelitano in mezzo al mondo è a servizio della coltivazione del giardino di Dio, il Carmelo, creando luoghi sacri e spazi mistici dove Dio possa risplendere. La nostra pastorale ci deve portare a rifarci una serie di domande:

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a) La nostra predicazione rispetta e presuppone la maturità dei fedeli? Ci limitiamo a raccomandare ciò che devono o non devono fare?

b) Il lavoro per la giustizia e la pace scaturisce veramente dalla nostra dimensione contemplativa? Siamo politici o profeti e uomini di Dio?

c) Come sono le nostre celebrazioni eucaristiche? Sono solo un precetto della Chiesa e un momento per istruire la gente? Sono un servizio che facciamo a Dio o piuttosto un servizio che Dio fa al suo popolo?

d) Nell’accompagnamento spirituale orientia-mo le persone verso il perfezionismo morale o verso la libertà spirituale?

Il carmelitano lavora senza appropriarsi del risultato delle sue opere. Deve diminuire perché Dio cresca (cfr. Gv 3,30). Illumina senza eclissare l’azione di Dio, cosciente che se nella missione sminuiamo Dio, sminuiamo noi stessi. Non annunziamo al mondo una spiritualità dell’efficacia, delrisultato e della produttività, ma una spiritualità della piccolezza evangelica, dove la nostra fiducia è sempre posta in Dio.

8. Il Beato Tito Brandsma in questo stesso luogo, nel 1935, durante il suo giro nell’America del Nord (Washington, Chicago, New York, Allentown, ecc.), rimase sorpreso davanti allo spettacolo delle cascate del Niagara. Scriveva nel suo diario: “Sto contemplando le impressionanti cascate del Niagara. Dall’alto le vedo scorrere ... Ciò che più

mi sorprende è la meravigliosa combinazione delle acque... Vedo Dio nell’opera delle sue mani e i segni del suo amore in ogni cosa visibi le. Mi sento pervaso da una suprema gioia che è al di sopra di tutte le gioie”. Tuttavia P. Tito non ha ridotto la contemplazione a mero autocompiacimento privato e narcisista, ma si è sentito solidale con gli uomini e le donne del suo tempo. Difatti nel suo famoso discorso per l’investitura a Rettore Magnifico dell’Università Cattolica di Nimega (17 ottobre 1932) si chiedeva: “Perché l’immagine di Dio si è oscurata fino al punto che a molti non dice nulla... tra le molte domande che mi pongo nessuna mi preoccupa più dell’enigma del perché tante persone colte, orgogliose e tronfie per il progresso si allontanano da Dio”. Anche noi condividiamo i dubbi e le preoccupazioni degli uomini del nostro tempo.

9. Noi carmelitani salutiamo Maria, la Madre di Dio, come “Stella del mare”. La vita è come un viaggio nel mare della storia nel quale Maria ci indica la rotta. Santa Maria, Madre della Speranza, insegnaci a credere, sperare e amare. Ave Maris Stella, illuminaci e guidaci nel nostro cammino.

Niagara Falls (Canada)15 settembre 2011Memoria della B. Vergine Maria Addolorata

DELEGAZIONE GENERALE DI SANTA TERESA DI LISIEUX E SAN ALBERTO DI GERUSALEMME IN INDIA

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Domenica 6 novembre, durante una solenne celebrazione eucaristica a Paravoor, India, presieduta dall’arcivescovo di Verapoly, Mons. Francis Kallarakkal, il Priore Generale, P.

Fernando Millán Romeral O.Carm., ha eretto la nuova Delegazione Generale di Santa Teresa di Lisieux e San Alberto di Gerusalemme in India, formata da 19 carmelitani indiani di rito latino. Erano presenti i vescovi di Kottapuram, Mons. Joseph Karikkassery e di Kannur, Mons. Varghese Chakkalakal, il Consigliere Generale per Asia, Australia e

Oceania, P. Albertus Herwanta, O.Carm. e il Delegato speciale del Priore Generale per questo gruppo, P. Anthony Scerri, O.Carm., vari membri della Provincia di San Tommaso, Carmelitani Scalzi, numerosi religiosi e sacerdoti locali e un grande gruppo dell’Istituto “Nostra Signora del Carmelo” (INSC).

I 19 carmelitani avevano emesso la loro professione solenne nelle mani del Priore Generale il giorno precedente a Paravoor. Erano presenti il Delegato speciale, il Consigliere Generale e il Priore Provinciale della Provincia di San Tommaso, P. Mathew Sojan Neendoor, O.Carm. Con quelle di Francia, della Colombia, della Repubblica Ceca e del Kenya, la nuova Delegazione è la quinta dell’Ordine.

Premio Tito Brandsma nelle Filippine

La giornalista televisiva Kara David e la scrittrice ed educatrice Asunción Maramba hanno ricevuto il premio Tito Brandsma 2011. Questo riconoscimento viene concesso dai carmelitani filippini a persone che si sono distinti nei campi dei media e della comunicazione. Il 17 ottobre il Consigliere Generale P. Albertus Herwanta, O.Carm., e l’Economo Generale P. Kevin Alban hanno consegnato il premio durante la cerimonia svoltasi nel “Titus Brandsma Center” di Manila. Vi hanno partecipato carmelitani dalla Regione Asia-Australia e Oceania, membri della famiglia carmelitana e di vari rappresentanti dei media e delle istituzioni del paese, nonché giornalisti e artisti del gruppo “Amici di Tito Brandsma”.

Kara David ha ricevuto il “Premio Tito Brandsma come giornalista autorevole” per i suoi forti documentari su temi sociali e per il sostegno personale all’educazione e ai programmi di formazione per comunità di villaggi remoti che hanno poco accesso ai servizi del governo. La Prof.ssa Maramba ha ricevuto il “Premio Tito Brandsma per la Comunicazione e la Letteratura” in considerazione del suo impegno di giornalista, autrice, editrice ed educatrice. Il suo lavoro esprime la sua posizione “ critico-moderata” nei confronti di due importanti temi: il cambiamento socio-culturale nella società civile e la fede matura e il rinnovamento della Chiesa.

Le scuoLe carmeLitane diventano verdicongrEsso dEllE scuolE carmElitanE

dElla zona asiatico-pacificaMalang, Indonesia, 4-7 agosto 2011

Diversamente da altri istituti religiosi, le scuole non sono mai state il ministero principale dell’Ordine Carmelitano. Anche

quando l’Ordine Carmelitano ha avuto inizio nel 1247 non si pensava che un giorno quest’ordine avrebbe avuto un considerevole numero di scuole. Invece al giorno d’oggi la famiglia carmelitana gestisce molte scuole in tutto il mondo.

Nella regione Asia, Australia e Oceania ci sono una decina di scuole gestite da frati e suore carmelitane.

Il numero degli studenti iscritti in ogni scuola è di circa seimila l’anno.

Attraverso queste scuole, i carmelitani possono svolgere un ruolo importante nell’educazione dei giovani. Come ben sappiamo l’educazione è un processo di riconoscimento di valori e di chiarimento di alcuni concetti al fine di sviluppare competenze e strumenti necessari per capire e apprezzare le relazioni tra le persone, la loro cultura e l’ambiente circostante. Per mezzo di tali scuole i carmelitani possono aiutare gli studenti a preparare il loro futuro, ad apprendere e ad acquisire conoscenze per ampliare i propri orizzonti.

Le scuole carmelitane, inoltre, possono essere una buona opportunità per far conoscere la nostra spiritualità ai giovani: se le gestiamo bene e in esse, viviamo pienamente la nostra spiritualità, gli studenti e i diplomati saranno veramente carmelitani. Non dovranno essere necessariamente frati, suore o laici carmelitani, ma vivranno la spiritualità del Carmelo.

Dal 4 al 7 agosto a Malang, Indonesia, si è svolto il primo Congresso delle scuole carmelitane della Regione Asia, Australia e Oceania. Vi hanno preso parte una cinquantina di persone tra frati, suore e laici in rappresentanza delle scuole carmelitane della zona. Il congresso era in continuità con il primo incontro internazionale delle scuole carmelitane tenutosi a Dublino, in Irlanda, dall’8 al 13 aprile 2010 e una risposta alla motivazione data da padre Raúl Maraví, O. Carm. Questo congresso è stato molto speciale

perché vi hanno partecipato tre importanti esponenti dell’Ordine: padre Albertus Herwanta, O. Carm., consigliere generale per l’Asia-Australia-Oceania, padre Désiré Unen Alimange, O. Carm., consigliere generale per l’Africa e padre Raúl Maraví, O. Carm., consigliere generale per l’America.

Tra i cinquanta partecipanti a questo congresso sulle scuole carmelitane c’erano principalmente insegnanti e studenti del Mount Carmel College (Filippine), Mount Carmel High School Rosario (Filippine), Mount Carmel High School Siqiquore (Filippine), Whitefriar College (Melbourne, Australia), St. Alvares Senior High School (Indonesia), St. Paul Senior High School (Indonesia), St. Albert Senior High School (Indonesia).

Obiettivo di questo congresso era quello di co-struire una buona rete di comunicazione tra le scuole carmelitane nella regione Asia-Pacifico e promuovere la diffusione della spiritualità carmeli-tana tra gli insegnanti e gli studenti di dette scuo-le. Il network intende agire come una piattaforma per docenti e studenti per lo scambio di preoc-cupazioni, idee, strategie, azioni e progetti. Tale

obiettivo può essere specificato in questo modo: sviluppare una rete di studenti e docenti delle

scuole carmelitane che condividono le loro preoccupa-zioni su svariate

questioni; condi-videre programmi di

educazione innovativi e di successo; facilitare pro-

getti educativi congiunti che possono favorire lo scambio internazionale di informazio-ni e l’attività interdisciplina-

re; favorire rapporti di

P. Franciscus Xaverius, O.Carm.

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Le scuoLe carmeLitane diventano verdi

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fiducia, amicizia e collaborazione tra persone di di-versa estrazione culturale.

Il congresso faceva parte anche del programma per le celebrazioni del settantacinquesimo della St. Albert Senior High School: quest’anno infatti, la St. Albert Senior High School, prima scuola carmelitana in Indonesia, festeggia i settantacinque anni di fondazione. Si prevede di celebrare la ricorrenza facendo qualcosa di utile non solo per la scuola stessa, ma anche per tutto il mondo.

Tema del congresso è stato: Le scuole carmelitane diventano verdi. Tale tema è stato scelto dal momento che l’ambiente è l’argomento più significativo dal 2000 ai giorni nostri. Nel corso degli ultimi dieci anni questo problema ha rivestito un ruolo sempre più importante in quasi ogni aspetto della vita moderna, dalla politica e dagli affari alla religione e all’intrattenimento. L’ambiente, e in particolare il riscaldamento globale generato dal’uomo, è stato il fulcro di svariate ricerche scientifiche, di dibattiti politici, dell’attenzione dei media e della preoccupazione dell’opinione pubblica più di ogni altra questione ecologica nell’ultimo decennio. Tale problema ambientale globale è una preoccupazione crescente e dev’essere preso in considerazione immediatamente.

Come sappiamo, negli ultimi dieci anni, le aziende hanno sposato iniziative ecologiche, i leader religiosi hanno dichiarato la tutela ambientale imperativo morale, e le star hanno promosso la virtù del vivere in maniera ecologica e nel rispetto dell’ambiente. D’altro canto questo problema veramente globale richiedere una soluzione globale: il cambiamento climatico ha suscitato preoccupazione in tutto il mondo, ma finora non si è riusciti a convincere le persone a cambiare il proprio comportamento e

quegli stili di vita non eco-compatibili.Come far cambiare alle persone comportamento

e stili di vita? Naturalmente non possono essere costrette a cambiare il loro comportamento: c’è bisogno della loro volontà e della consapevolezza di volerlo fare. L’educazione è la risposta a questo problema. L’educazione, infatti, è il luogo ideale per rendere le persone consapevoli del loro ambiente in modo che possano cambiare comportamenti e stili di vita. Le scuole carmelitane, attraverso la promozione degli insegnamenti cattolici e della spiritualità carmelitana, possono diventare un attore importante nella sensibilizzazione dei loro studenti e potrebbero diventare leader nella promozione scuole eco-compatibili.

Il primo giorno del congresso è stato aperto da un seminario internazionale, in cui hanno parlato padre Raúl Maraví, O.Carm., e suor Jane Remson, O.Carm. A questo seminario hanno preso parte circa trecento persone che si sono unite insieme ad alcuni presidi, insegnanti e studenti delle scuole cattoliche di Malang e hanno sia ascoltato attentamente le conferenze e partecipato attivamente con le domande.

Padre Raúl Maraví, consigliere generale per l’America, ha parlato di quello che le scuole carmelitane dovrebbero essere e ha usato il termine wifi. W sta per completezza [wholeness, in inglese, ndt] e indica che le scuole carmelitane dovrebbero aiutare gli studenti a svilupparsi intergralmente. La prima i sta per ispirazione che significa che le scuole carmelitane dovrebbero ispirare gli studenti e la comunità. La F indica la famiglia, nel senso che le scuole carmelitane dovrebbero portare gli studenti a considerare tutti come membri della propria famiglia. La seconda i, infine, è sinonimo

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di identità e indica che l’identità delle scuole carmelitane è la spiritualità del Carmelo.

A questa è seguita la conferenza di suor Jane Remson, O.Carm., della Congregazione di Nostra Signora del Monte Carmelo, direttrice della sezione di New Orleans di Bread of the World e rappresentante della ONG carmelitana presso le Nazioni Unite. Suor Jane ha parlato dell’essere umano come parte del tempo passato e di quello futuro: l’essere umano dovrebbe essere responsabile della natura in cui vive. Ha anche sottolineato il ruolo del consumismo che degrada le condizioni del nostro ambiente.

Il seminario internazionale è terminato con il pranzo e poi i partecipanti hanno continuato

con le relazioni scolastiche: ogni scuola che ha preso parte al congresso ha relazionato sulle proprie condizioni, sui programmi e sulle attività, specialmente quelle relative all’ambiente.

Il secondo giorno il conferenziere è stato padre Hariawan Adji, O. Carm., responsabile della Commissione Giustizia, Pace e Integrità del Creato della Provincia Indonesiana dell’Ordine Carmelitano e direttore della ONG carmelitana indonesiana. Ha parlato del ruolo della Lectio Divina nella crescente consapevolezza ambientale degli studenti: ha usato il metodo della Lectio Divina non solo per la lettura del Vangelo, ma anche per la matematica, per la poesia e per le altre materie che si insegnano nelle scuole.

Altro relatore del secondo giorno è stato padre Eduardo Agosta Scarel, O.Carm., dottore in fisica, membro dell’Ordine Carmelitano per la Provincia spagnola di Castiglia in Argentina, docente presso la Pontificia Università Cattolica di Buenos Aires in Argentina e ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche Tecniche e Scientifiche. Padre Eduardo ha parlato delle cause del cambiamento climatico e del suo impatto, sottolineando l’idea di un

riscaldamento globale come problema socio-economico globale per l’emissione e il consumo dell’energia in relazione alle alte e sofisticate attività sociali.

Il terzo giorno i partecipanti si sono recati al Safari Park di Pandaan dove gli animali sono tenuti liberi nella natura. Lì hanno imparato a conoscere l’ambiente tropicale come una nuova ri-creazione. In serata i partecipanti si sono recati presso il centro studi ambientali Ulbaya a Trawas e hanno seguito un workshop sull’educazione ambientale e su atteggiamenti ecosostenibili. Il seminario è stato guidato da Suryo Wardoyo, esperto ambientale che da oltre venticinque si occupa di salvaguardia dell’ambiente, di conservazione e di educazione ed è stato premiato da vari organismi nazionali e internazionali come eccezionale attivista ambientale. Ha parlato della necessità di inserire l’educazione ambientale nei programmi scolastici e ha guidato i partecipanti in un’attività esperienziale sull’ambiente.

L’ultimo giorno del congresso i partecipanti hanno assunto un impegno comune così riassunto: “Le scuole carmelitane nel solco della tradizione carmelitana (preghiera, comunità e servizio) si impegnano in un programma istituzionale per rispettare e proteggere il nostro ambiente e per diventare verdi, cioè ecosostenibili. Per raggiungere quest’obiettivo, ci impegniamo a:

rafforzare la comunicazione tra le scuole carmelitane (condivisione, sostegno e insegnamento vicendevole come una famiglia; creazione di un sito web delle scuole carmelitane che diventano verdi della regione Asia-Australia-Oceania; sostenere e continuare l’esperienza dei congressi regionali delle scuole carmelitane);

utilizzare il metodo “vedere, giudicare e agire” come approccio per analizzare i problemi ambientali e diffonderlo all’interno della comunità scolastica;

integrare le attività ambientali che coinvolgono l’intera comunità scolastica nel programma scolastico stesso (ridurre l’uso della plastica nelle scuole, insegnare la Dottrina Sociale della Chiesa)”.

Il programma conclusivo prevedeva una celebrazione eucaristica e una serata culturale. L’eucaristia è stata presieduta da padre Fr. Agung Wahyudianto O.Carm., preside della St. Albert Senior High School, e concelebrata dai padri Albertus Herwanta O.Carm., Désiré Unen Alimange O.Carm., Raúl Maraví O.Carm., Denny Sulistyo O.Carm., Eduardo Scarel O.Carm. e Hariawan Adji O.Carm. Durante la serata culturale ogni delegazione ha presentato un proprio pezzo: alcune hanno danzato sui ritmi tradizionali del proprio paese e altri hanno suonato musica tradizionale e cantato. Al programma di chiusura hanno preso parte non solo i congressisti, ma anche alcuni rappresentanti degli studenti della St. Albert Senior High School, come anche docenti, alunni e carmelitani che vivono a Malang.

FRA CELESTINO LUI, O. CARM. COMPIE 100 ANNI!

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Come dice il salmista: “Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti… Chi conosce l’impeto della tua ira e, nel timore di

te, la tua collera? Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio” (Salmo 89, 10-12). E il nostro fratello Celestino Lui ama far sue queste parole, al compiersi dei suoi cento anni di vita.

Il giorno del suo compleanno, il 14 giugno 2011, P. Celestino, il Carmelitano più anziano di tutto l’Ordine e appartenente alla Provincia brasiliana di Sant’Elia (Flum), ha voluto festeggiare celebrando una Messa solenne a Unaì, nello stato del Minas Gerais; a lui si sono uniti Mons. Leonardo de Pereira, Vescovo di Paracatù, Mons. Paulo Cardoso, O.carm., Vescovo di Petrolina, Mons. Antônio Muniz, O.Carm., Arcivescovo di Maceiò, Raúl Maraví, O.carm., Consigliere generale, Geraldo Maciel, O.carm., Priore Provinciale, insieme ad altri frati, religiose, familiari e molti membri della Famiglia Carmelitana.

Per sottolineare questo avvenimento la posta brasiliana ha emesso un francobollo commemorativo.

Padre Celestino è nato a Itù, San Paolo del Brasile, il 14 giugno 1911. A sette anni decise di abbracciare la vita religiosa, anche in seguito alle parole incoraggianti di un anziano sacerdote che gli assicurò che sarebbe stato sempre un religioso fedele e santo.

Ma padre Celestino, quando si guarda indietro per

fare un bilancio della sua vita, dice di aver molto peccato, ma anche di aver sempre sentito la mano di Dio, che lo proteggeva e lo incitava a continuare con perseveranza nel suo cammino.

Nonostante i suoi tanti anni, mantiene ancora il ritmo della sua vita religiosa e rimane sempre aperto alle richieste dei suoi superiori per continuare a svolgere bene e fedelmente la sua missione di Carmelitano.

Ancora oggi padre Celestino è per noi un maestro, che ci insegna ad amare, a studiare, a pregare sempre, ma anche a divertirci o a lamentarci, se è necessario.

Ai fratelli e agli amici presenti a Unaì ha voluto svelare il suo segreto di longevità: “Vivere nel timore di Dio, osservare diligentemente i comandamenti, coltivare la onestà e la santità in qualsiasi stato di vita. Pregare continuamente, perché la preghiera è il cammino verso la salvezza che ci porterà alla piena comunione con Dio. Credere che solo Dio può donarci la santità e la felicità, in questo mondo e nell’eternità”.

P. Celestino era il secondo di sette figli di una coraggiosa coppia di italiani, che emigrarono in Brasile. Il suo modo di parlare, ricco di esclamazioni e anche di modi di dire un po’ coloriti, tradiva questa sua ascendenza italiana, ma col passare degli anni, mano a mano che entrava nella maturità, la sua vita cambiava e riuscì ad entrare nel silenzio, nella preghiera, nella solitudine, propri della vita conventuale.

Padre Celestino continua a recitare costante-mente il Breviario, a pregare con la Bibbia e ama intrattenersi coi suoi libri di meditazione e con-templazione, ormai usurati dal tempo.

Ancora dice le sue preghiere in italiano, a voce alta, anche se i frati che lo accompagnano non riescono a capirlo completamente.

Padre Celestino, coi suoi cento anni, ripete sempre: “Grazie alla vita, che mi ha dato tanto; mi ha dato lunghi anni, gioia e occhi per vedere quanto è buono Dio con me, in mezzo alla comunità dei fratelli”.

qualcosa di nuovo comincia a crescere…

Rosario Vera e P. David del Carpio, O.Carm.

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GMG Carmelitana

Il 17 agosto a Madrid albeggiava. La GMG era iniziata appena qualche ora prima. La gioventù cristiana era in Spagna. E noi,

giovani carmelitani, come guidati da una “Stella”, ci avviavamo a vivere il nostro incontro (E.J.C., “Encuentro de la Juventud Carmelitana”).

I giovani con la maglietta gialla (il gruppo dello staff) stavano ultimando i preparativi. Per mesi avevano dedicato i momenti liberi a sognare e lavorare alla costruzione di questo incontro e alla fine era arrivato il gran momento. Una preghiera davanti all’icona di Maria li inviava a servire.

Abbiamo iniziato alle 10; Juanito Sogues di Vila-Real (Spagna), descrive così quel momento: “accogliere tutti e tutte i carmelitani arrivati dai cinque continenti è stato un momento che conservo con affetto speciale, anche se molti chilometri di distanza separano gli uni dagli altri, ho scoperto c h e non importava la lingua, né la

nazionalità, ma ciò che ci unisce; il carisma

carmelitano e la fede in Cristo…”

Tre frati erano stati incaricati di dare il benvenuto; P. John Keating, P. Raúl Maraví e Fra’ Luca Sciarelli. E insieme alla Madonna i primi pensieri: “sentirci eletti da Dio” (Mt 10, 1.5-8.16).

“Dopo questo momento – continua a raccontare Juanito – abbiamo fatto una piccola processione. Entravamo sventolando le bandiere delle differenti nazionalità presenti, poi veniva l’icona della Vergine della Speranza e dietro le bandiere dell’E.J.C., segno che una bandiera unisce tutti i carmelitani del mondo, chiudeva il gruppo il Priore Generale, P. Fernando Millán, che ci ha rivolto alcune parole molto emozionanti”.

P. Fernando ci invitava a “guardare, contemplare e amare” attraverso i pensieri di S. Giovanni della Croce. In gruppi linguistici abbiamo riflettuto sulla profonda lettera dedicata dal nostro Priore Generale ai giovani1, che ha favorito la condivisione di esperienze, sogni e la creazione di vincoli di fraternità (lettera del Priore Generale, P. Fernando Millán, pubblicata sulla pagina web carmelitana http://ocarm.org/madrid2011).

Erano arrivate le 13.30. Il CITOC aveva invitato chi non aveva potuto partecipare a rimanere, a quell’ora, unito in preghiera. Un nastro rosso indicava il cammino dall’icona fino al “Luogo di preghiera”, dove era stato ricreato il Monte

Carmelo; lì un piccolo gruppo di monache di clausura attendeva l’arrivo della Madonna. I

500 giovani in fila parevano formare un cordone che le univa ai nostri primi

padri del Carmelo. Il P. Generale ha preso l’icona tra le mani

alzandola al cielo, mentre ricordava la “presenza

nascosta” di tanti carmelitani che attraverso la

loro preghiera sostenevano anche

quell’icona. Ha consegnato la Madonna al primo giovane

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e così, di mano in mano, l’immagine è stata accolta da tutti i partecipanti, lasciando in loro l’orma della “Speranza”. Suor Sandra,

monaca di clausura

di Siviglia, concludeva questa catena umana e ha collocata la Madonna sul “Monte Carmelo”. Lei stessa ci comunica i suoi sentimenti: “in quell’istante mi sono sentita paralizzata, avrei desiderato baciare l’icona, ma al vedermi circondata da tante persone mi sono emozionata; la Vergine, Nostra Madre, ci univa…” I volti commossi dei giovani hanno fissato quel momento nel cuore di tutti. Un giovane ci diceva: “Eravamo pieni di euforia e gioia giovanile e si è fatto silenzio assoluto, sembrava che non

ci fosse nessuno, e in quel silenzio Dio ha parlato a

ciascuno di noi. Mentre l’icona passava nelle nostre mani abbiamo sentito il brivido della carezza e dell’abbraccio di Nostra Madre di cui avevamo tanto bisogno. È stato molto emozionante, edificante, e ristorante”.

Verso le 14.15 è arrivato il pranzo; l’ora di condividere il cibo; di chiedere il pane per coloro che hanno fame e fame di Dio per noi che abbiamo il pane. Dopo un po’ di riposo abbiamo ripreso le attività.

Il pomeriggio cominciò con molta creatività. Una zona del luogo dell’incontro si trasformò in un quartiere carmelitano. Gli spazi diventarono strade del nostro carisma: “Fraternity Street”, “Service Street”, “Prayer Route”. C’era perfino una piazza: “Contemplation Square”. Lì alcuni laboratori ci invitavano a vivere la fraternità, il servizio, la preghiera… e la contemplazione. Nei 12 stand c’erano diverse attività, tra queste il servizio dell’ONG carmelitana KARIT, in cui spiccava il

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lavoro compiuto dalle nostre suore carmelitane del Monte Carmelo e da quelle del Sacro Cuore, si poteva pregare imparando a cantare il “Flos Carmeli”, si faceva fraternità giocando, si assaporava la contemplazione… Si sentiva che i giovani desideravano vivere secondo lo stile proprio del Carmelo.

Ci preparavamo a vivere la preghiera della sera e di nuovo si è fatto silenzio. Le monache hanno portato l’icona dal “Luogo di Preghiera” (Monte Carmelo). La storia tornava a ripetersi, perché quell’icona era nata nella clausura del Monastero di Ravenna, e dalla clausura era stata consegnata ai giovani. Un applauso spontaneo e caloroso si è levato da tutti; applauso riconoscente per la testimonianza delle nostre sorelle, che voleva rendere grazie per la loro vocazione.

Ogni continente ha partecipato alla preghiera della sera con un canto; la gioia condivisa era grande ed è stato molto significativo il canto spagnolo conclusivo con tutti i giovani dello staff uniti sul palcoscenico: il servizio unisce.

Il giorno andava declinando e il “congedo”2 si avvicinava sempre di più (ci riferiamo al congedo dall’incontro e non a quello delle attività carmelitane durate la GMG). Il Carmelo è contemplativo e il P. Generale ci diceva che “contemplare non significa guardare il cielo incantati, ma guardare ciò che ci circonda e

cogliere (contemplare) i piccoli

segni della presenza di Dio nella nostra vita”. Tutti dovevamo tornare; i giovani avevano davanti una settimana di intense emozioni, e tutto quanto hanno vissuto sembrerà simile, se nei rispettivi luoghi di origine riusciranno a trasmettere e a far vivere quanto hanno ricevuto. La contemplazione, come diceva bene il

P. Fernando, non è evasione, e l’importanza di questo incontro iniziava quando “ci

siamo salutati”, da lì la bellezza di un gesto: la consegna della

bandiera dell’incontro ad ogni gruppo di partecipanti. Queste bandiere ci ricordano chi siamo e che siamo parte di un progetto comune. In mezzo alla moltitudine di giovani della GMG ci hanno aiutato a

non perdere la rotta e ad essere punto d’incontro. Quando queste

bandiere sventoleranno al soffio della “brezza leggera”, le emozioni, i

sentimenti, i volti, i sorrisi, la fraternità… di questa giornata rinasceranno nel cuore dei giovani e in quello di tutti gli altri che, dalla “presenza nascosta” della preghiera, hanno reso possibile questo incontro attraverso il “Luogo di preghiera”. Nel sito web carmelitano era stato attivato un luogo virtuale dove condividere e partecipare “on line” (Luogo di Preghiera). Sono state particolarmente significative le testimonianze dei giovani del “Progetto San José” e di “Vacare Deo”, ambedue del Perú, dei giovani Venezuelani, delle giovani monache contemplative e dei messaggi che venivano da ogni parte del mondo.

Saranno molte le gioie e le avversità che la vita ci metterà davanti, ma come in questo giorno

sempre nella vita, esisterà un “nastro” che ci indicherà il cammino e ci

unirà ad un Luogo sui fertili versanti del Monte Carmelo, un nastro che è il cordone ombelicale che ci unisce alla Madonna che “ci insegna a rimanere in silenzio, a contemplare e a conservare nel cuore…”. Lì, nel suo grembo, c’è la nostra VITA…

CARMELITAE SANCTI ELIAE (CSE)

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1. IntroduzioneIl 20 luglio 2011 i CSE hanno celebrato il venticinquesimo di fondazione.

L’eucaristia è stata presideduta dal vescovo locale, monsignor Michael C. Angkur, OFM, assistito da monsignor Datubara, OFMCap, vescovo emerito dell’Arcidiocesi di Medan, Sumatra del Nord. Per l’occasione erano presenti padre Albertus Herwanta, O. Carm., e padre Raúl Maraví, O. Carm., consiglieri generali. All’eucaristia hanno partecipato molti ospiti provenienti da diverse città. Dopo l’Eucaristia c’è stata una piccola celebrazione con gli ospiti.

2. La nascita dei Carmelitae Sancti Eliae (CSE)Nel 1976 padre Yohanes Indrakusuma insieme a padre Cyprian Verbeek

hanno dato inizio a un piccolo eremitaggio a Batu, Java Est, nella diocesi di Malang. Nel 1977 padre C. Verbeek ha lasciato l’eremitaggio e padre Yohanes ha continuato da solo. Nel 1978 si è trasferito a Ngadireso, attualmente Casa Madre di Putri Karmel (Figlie del Carmelo), fondate nel 1982 e che attualmente contano 132 membri.

Nel luglio del 1985 tre giovani uomini si sono uniti a padre Yohanes condividendone l’ideale. Dopo un anno di serio discernimento, il 20 luglio 1986, questo gruppo ha deciso di formare una nuova famiglia religiosa sotto la guida e la direzione di padre Yohanes e hanno assunto il nome di Carmelitae Sancti Eliae (Carmelitani di Sant’Elia). Nel 1988 i CSE si sono trasferiti nella diocesi di Bogor. Oltre al monastero e all’eremitaggio di Cikanyere hanno un grande Centro di Spiritualità sempre a Cikanyere, nella diocesi di Bogor. Gli studenti frequentano l’Istituto Teologico di Malang. Al momento sono 67 membri, di cui 10 sacerdoti.

Nel 1987 a Ngadireso è nata una comunità laicale che ha preso il nome

di Komunitas Tritunggal Mahakudus (KTM), che significa Comunità della Santissima Trinità. Sono riuniti in piccoli gruppi e al momento attuale contano circa 15.000 membri sparsi in tutto il mondo. Essi evangelizzano soprattutto per mezzo di ritiri popolari e il sistema dei piccoli gruppi, ma ci sono anche alcuni volontari che fanno evangelizzazione in diversi luoghi. I membri hanno ricevuto una solida formazione spirituale, soprattutto grazie all’aiuto delle Putri Karmel e dei CSE.

3. Spiritualità dei CSE

Radicati nel CarmeloI CSE e le Putri Karmel sono

radicati nella spiritualità del Carmelo, in particolare nella dimensione contemplativa. Ecco perché le loro case sono costruite in luoghi remoti, in piccoli villaggi, in modo da mantenere il silenzio e la solitudine. I CSE e le Putri Karmel hanno ognuno una “Comunità del Deserto”, vale a dire un eremo. Alcuni membri hanno deciso di rimanere in modo permanente nella comunità eremitica che, comunque, è aperta anche agli altri membri. Tutti i membri dei CSE e delle Putri Karmel dopo un certo numero di anni devono trascorrere almeno un mese nell’eremo e, dopo ancora altri anni, devono vivere un anno nell’eremo, al fine di preservare lo spirito di preghiera e di contemplazione.

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Integrazione nella realtà asiaticaI CSE e le Putri Karmel sono congregazioni

religiose indigene e hanno una propria originalità che cerca di vivere la spiritualità carmelitana integrando consapevolmente l’eredità spirituale dell’Asia in questo tipo specifico di vita carmelitana. Molto prima dell’avvento del cristianesimo, gli indonesiani – soprattutto i giavanesi – avevano già una propria cultura e un proprio patrimonio culturale e spirituale, caratterizzato da una grande ricerca interiore per l’Assoluto e da un grande desiderio d’Infinito.

Si coglie qui una grande affinità tra l’ideale carmelitano e l’eredità spirituale dell’Asia. Come il Carmelo è costantemente alla ricerca di Dio che supera ogni comprensione e conoscenza, quel Dio che abita specificatamente nel profondo del cuore umano e invita costantemente l’uomo a un’unione intima con Lui, così anche la tradizione asiatica. Nelle antiche tradizioni dell’Asia troviamo molte persone che erano – e che ancora sono – alla ricerca dell’Assoluto. Sono affamati dalla visione di Colui che per loro è sconosciuto e non smette di attrarli a Sé nel profondo del cuore. Le Putri Karmel e i CSE sentono che sono chiamati a rispondere a questa sfida con la loro vita e i loro studi, cercando di integrare tutti questi elementi in una unità di vita e di visione.

Integrare il dono dello Spirito attraverso il Rinnovamento Carismatico.

I CSE vogliono essere aperti a tutto quello che lo Spirito di Dio ha rivelato in modi diversi agli uomini moderni: desiderano essere particolarmente aperti alle nuove effusioni dello Spirito Santo nella Chiesa di oggi.

In questa situazione del mondo i CSE si sentono chiamati a rispondere alla chiamata dello Spirito che si sente in tutta la Chiesa: per la potenza dello

Spirito Santo annunciare che Gesù è il Signore. Per questo vogliono essere aperti a tutti i doni che lo Spirito Santo offre alla Chiesa per l’edificazione di tutto il Corpo di Cristo, il Popolo di Dio.

Putri Karmel e CSE hanno ricevuto con cuore aperto il meraviglioso dono dello Spirito Santo portato nella Chiesa dal Rinnovamento nello Spirito o Rinnovamento Carismatico, soprattutto dal punto di vista teologico, che è un’apertura alle opere dello Spirito Santo e dei Suoi carismi, senza perdere la dimensione contemplativa delle loro radici carmelitane. In realtà le due grandi correnti di spiritualità, quella carmelitana e quella carismatica, sono stati miscelati in una splendida unità nella vita dei CSE e delle Putri Karmel. Hanno adottato la grande grazia del Rinnovamento Carismatico in senso teologico, dando una forma più carmelitana a questo rinnovamento, preservando la dimensione contemplativa della preghiera e della vita cristiana.

4. Diventare testimoni della Presenza amorevole e salvifica di Dio.

L’apostolato della comunitàLa missione delle Putri Karmel e dei CSE è

quella di testimoniare la presenza amorevole e salvifica di Dio in questo mondo, attraverso il loro stile di vita nonché per mezzo dell’annuncio del Vangelo. Apostolato principale è quello di portare le persone all’incontro con il Dio vivente, che si è incontrato nella conversione quotidiana e nella preghiera. Essi sono chiamati a guidare gli altri nella presenza viva del Signore e insegnare loro a camminare nello Spirito, a come vivere nello Spirito e a condurli nella vita della preghiera e della

Incontro dei formatori della Famiglia Carmelitana in Brasile

Dal 27 giugno al 2 luglio si è svolto a Belo Horizonte, Minas Gerais, l’incontro dei formatori della Famiglia Carmelitana del Brasile. L’incontro aveva come tema “La sfida della sequela di Gesù Cristo e la missione del formatore in questo compito” ed è stato guidato dai padri Jaldemir Vitório SJ e Carlos Mesters O. Carm. Sono stati giorni intensi di lavoro, preghiera, fraternità, ma soprattutto è stata un’importante occasione per riflettere e confrontarsi sulla realtà della formazione nella Famiglia Carmelitana in Brasile. Erano presenti a questo incontro membri della Provincia di S. Elia e della Provincia di Pernambuco, del Commissariato di Paraná, delle Suore Missionarie Carmelitane, delle Suore Carmelitane Figlie di Santa Teresa, delle Suore Carmelitane della Divina Provvidenza e delle Suore Missionarie Carmelit ane di Santa Teresa del Bambino Gesù.

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contemplazione; sono chiamati, inoltre, a insegnare alle persone come evitare le insidie e come superare tutti gli impedimenti e gli ostacoli e ad essere del tutto docili allo Spirito Santo e alla Sua attività.

Attraverso l’esperienza del cosiddetto “battesimo nello Spirito Santo” aiutano le persone a compiere una profonda conversione e poi approfondiscono questa esperienza attraverso gli insegnamenti dei nostri santi carmelitani.

Principale ministero dei CSE è quello dei ritiri, della formazione spirituale, della direzione, della preghiera per le persone, soprattutto per i laici, ma in questi ultimi anni molti religiosi si recano presso il loro monastero per la direzione e anche per una guarigione interiore. Alcuni ritiri – per esempio quello iniziale e quello della guarigione interiore – sono di solito molto affollati e a volte vi partecipano più di settecento persone.

Oltre a questi ritiri, i CSE, insieme alle sorelle del Putri Karmel, organizzano ogni anno quello che si chiama lo Youth-Camp, una sorta di ritiro di una settimana per i giovani. Ogni anno vi prendono parte oltre duemila giovani, e, spesso, tra 2100 e 2600 giovani. In questi campi i giovani dormono nelle tende.

Stile di vita anfibioConsapevoli che la richiesta di vari ministeri

necessita di energia e dal momento che sono consci che più sono cercati dalle persone e più hanno bisogno di Dio, le sorelle del Putri Karmel e i fratelli del CSE sottolineano l’importanza di un equilibrato stile di vita: rimarcano l’importanza della preghiera prima di ogni altra cosa e solo allora saranno pronti a servire i bisogni delle persone. In quest’era tecnologica hanno bisogno di uno stile di vita anfibio: come gli anfibi passano del tempo nell’acqua del silenzio, della solitudine e della preghiera in modo che poi possano tornare sulla terra per servire i propri compagni, portando con loro la fragranza dell’amore di Dio e della sua misericordiosa presenza. È per questo che la maggior parte delle loro case si trova in zone rurali, in modo che, dopo aver proclamato la Parola di Dio, essi possano ritirarsi in solitudine e rigenerarsi nuovamente.

noi laici carmElitani

Eugenie Bellanger, T.O.Carm., Coordinatore regionale per la formazione, Louisiana

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Nei giorni 22-24 luglio 2011 si è svolta a Chicago, nello Stato americano dell’Illinois, l’assemblea dei laici carmelitani, alla quale hanno preso

parte laici della Provincia del Cuore Immacolato di Maria (Chicago) e di sant’Elia (New York), insieme a molti frati e suore. In tutto circa 400 membri della Famiglia carmelitana, provenienti da comunità di tutti gli Stati Uniti e del Canada.

Abbiamo gioito del privilegio di poter avere come nostri ospiti d’onore il rev.mo padre generale, Fernando Millán, O. Carm., insieme al rev.do Carl Markelz, O.Carm., Priore Provinciale della Provincia del Cuore Immacolato di Maria e al rev.do Mario Esposito, O.Carm., Priore Provinciale della Provincia di Sant’Elia.

Il tema di questa Assemblea annuale era: “Laici carmelitani: eredità, identità e futuro”.

I lavori si sono aperti ufficialmente il venerdì sera con il saluto iniziale del rev.mo Priore Generale, che ha ci ha confidato come, negli ultimi tempi, avesse avuto la possibilità di prender parte a grandi raduni di laici carmelitani in diverse parti del mondo. A suo parere questo è un segno di come la Famiglia carmelitana stia veramente riscuotendo un buon successo e attirando l’attenzione nel mondo d’oggi.

“La Famiglia carmelitana”, ha detto, “è difficile da racchiudere in una definizione. Dovrebbe essere piuttosto vissuta che definita, nel senso che noi tutti siamo chiamati a pensare, costruire e pregare la nostra Famiglia. Questa assemblea è una buona opportunità per radunare insieme la Famiglia Carmelitana e per conoscere nuovi membri”.

I Santi e Beati carmelitani costituiscono una delle parti più preziose della nostra eredità. Per questo padre Fernando ha voluto scegliere come tema della sua

conferenza “Il beato Tito Brandsma: figura ispirante per i Laici carmelitani”.

Tito Brandsma era un frate, un consacrato, che viveva in una comunità, professando i voti religiosi. Se noi, in quanto laici, non possiamo imitarlo in questo, possiamo però coltivare i suoi stessi atteggiamenti e le sue caratteristiche. Il Beato Tito è per noi una figura ispirante, perché anche noi siamo chiamati a imitare le sue virtù nella nostra vita.

Padre Fernando ha sottolineato sette caratteristiche proprie del beato Tito che come laici carmelitani possiamo imitare, secondo il nostro stato di vita.

Tito era animato da uno spirito missionario, nel cuore, nella preghiera e nell’impegno per la giustizia sociale. Noi, come lui, dovremmo impegnarci ad essere missionari all’interno delle nostre famiglie, negli ambienti di lavoro, nelle nostre parrocchie e in tutta la Chiesa, in ogni parte del mondo.

Tito era un uomo capace di compassione, di simpatia e di empatia. La sua solidarietà lo spingeva a far sue le sofferenze della gente del suo tempo. Per es. quando era internato a Dachau e la giovane infermiera, che doveva fargli l’iniezione letale, gli si avvicinò, egli sentì compassione per lei, le regalo la sua corona del rosario, chiedendole di pregare la Santa Vergine per la pace. Lei accettò il regalo e poi gli iniettò il veleno. 20 anni più tardi quella giovane andò a Roma per dare la sua testimonianza in occasione della beatificazione di Tito Brandsma. E disse: “Lui ha avuto compassione di me”.

Anche nella vita dei laici carmelitani deve risplendere chiaramente la compassione, nel farci capaci di gioire con chi gioisce e di piangere con chi piange.

Tito era un uomo di grande tenerezza. Faceva suoi i sentimenti degli altri. Spesso offriva il suo cibo ai

a confronto con la nostra eredità, la nostra identità e il nostro futuro

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senza tetto che incontrava per la strada, quando tornava a casa dall’università in cui insegnava. Anche nel campo di concentramento condivideva con gli altri quel poco che gli veniva dato, tanto da rimanere spesso affamato. Padre Fernando ci ha incoraggiati ad essere come Tito, a mostrare sentimenti di tenerezza, specialmente per chi non ha casa, per chi è meno fortunato di noi, per chi è emarginato.

Tito era un uomo di gioia, nel senso spirituale della parola. Riusciva a mantenere un atteggiamento spirituale verso tutte le cose della vita. Accettava ogni nuovo giorno come una vita nuova, donata a lui come occasione per fare del suo meglio amando Dio. Anche noi laici carmelitani dovremmo essere persone spiritualmente gioiose. I momenti duri della nostra vita, le frustrazioni, gli imprevisti, non dovrebbero mai portarci via la gioia.

Specialmente caro al beato Tito era l’apostolato dell’ecumenismo. Sognava l’unificazione attraverso la riconciliazione; gettava ponti e lavorava instancabilmente per abbattere i muri che separavano le nazioni. I laici carmelitani sono chiamati ad essere persone di pace, capaci di costruire ponti per creare riconciliazione nel mondo che li circonda.

Tito fu anche un uomo di contemplazione. Era un vero contemplativo, non perché fosse sempre inginocchiato a pregare, ma perché sapeva guardarsi attorno nella vita di tutti i giorni e lì scorgeva la presenza di Dio. Davvero questa è una sfida importante per noi, chiamati ad imparare questo atteggiamento contemplativo nelle nostre vite.

L’ultima caratteristica di Tito è che era un carmelitano! Lo spirito del Carmelo l’aveva affascinato e per questo aveva abbracciato con grande amore e passione la sua vocazione. Amava molto la sua Famiglia religiosa, la responsabilità e la bellezza del Carmelo. Carmelo significa “giardino”; per questo possiamo dire che il nostro è un Ordine chiamato ad annunciare la bellezza.

Tito era innamorato dei simboli e della tradizione del Carmelo e davvero grande era il suo orgoglio per la sua vocazione carmelitana. Padre Fernando ci ha chiesto: “E voi, state vivendo la vostra vocazione carmelitana con lo stesso amore e la stessa passione che hanno animato il beato Tito?”.

Le sessioni di sabato, invece, sono state aperte da Patricia Whitlock, TOC, Coordinatrice regionale per le comunità laicali della Carolina del Sud e del Nord e della Georgia e da Cynthia Perazzo, TOC, Coordinatrice regionale per le Comunità della California e del Nord e del Nevada, le quali hanno presentato una conferenza dal titolo: “Le radici della nostra identità si trovano nella nostra eredità”.

Le relatrici, prima di tutto, hanno voluto sottolineare che la conoscenza della nostra eredità è un presupposto vitale per capire quale deve essere il nostro cammino. Inoltre ci hanno ricordato che, in quanto laici carmelitani, riceviamo e portiamo dentro di noi il carisma tutto carmelitano della preghiera. I Carmelitani trovano conforto nei Salmi, nella Liturgia delle Ore e nell’ascolto della Parola di Dio nella lectio divina. Come ci viene detto nella Regola di Alberto: “Pregate giorno e notte, perché la meditazione della Parola sarà la vostra salvezza”. Siamo chiamati a fare spazio per Dio – vacare Deo.

La nostra tradizione ci insegna ad identificarci con Maria nostra Madre, ascoltando e meditando la Parola di Dio. Il nostro fiat è la nostra risposta alla chiamata che abbiamo ricevuto a far parte del Carmelo. In Maria noi possiamo contemplare tutto ciò che speriamo di essere. Nel Carmelo noi siamo in comunione con quanti ci hanno preceduto e quanti verranno dopo di noi. Anche questo fa parte della nostra eredità con Dio, quale nostro aiuto e nostra difesa.

Anche lo Scapolare del Carmine è un aspetto importante della nostra identità. Quando lo indossiamo, certamente non è l’attenzione della gente che noi cerchiamo, però è un fatto che le persone lo notano. E questo li rende più consapevoli del nostro coinvolgimento all’interno della vita della parrocchia, ma anche del fatto che da noi possono e devono aspettarsi dei comportamenti conseguenti dal punto di vista etico e morale.

Le due Coordinatrici hanno concluso il loro intervento affermando con convinzione che la nostra risposta alla vocazione carmelitana come laici, nella nostra di tutti i giorni, è uno strumento per unirci a Dio.

Il culmine della giornata di sabato è stata la celebrazione eucaristica, presieduta da p. Fernando, durante la quale abbiamo avuto anche la grazia di poter assistere con grande edificazione, alla rinnovazione dei voti di sr. Mary Martin, che festeggiava i 50 anni di vita religiosa.

La Liturgia è stata seguita da un pranzo conviviale, dopo il quale abbiamo offerto un dono a p. Fernando in onore del beato Tito Brandsma.

Durante il pomeriggio del sabato i partecipanti hanno partecipato ai lavori di gruppo, guidati dai Coordinatori regionali e dai Coordinatori regionali per la formazione, sia quelli in carica che gli emeriti.

Quattro erano gli argomenti trattati: la guida delle comunità, comunità sane, la vita quotidiana dei carmelitani e la formazione.

Noi carmelitani siamo incoraggiati ad amare la Parola di Dio, a prestarvi attenzione, ad aderire ad essa, in quanto è un mezzo privilegiato per sostenerci nella nostra vita di tutti i giorni.

I coordinatori che guidavano i lavori di gruppo sul tema della formazione hanno presentato una panoramica del Libro di Formazione della Fase I e hanno offerto una presentazione pratica di una lezione tipo.

LE MISSIONI SONO UNA NECESSITÀ

P. Anthony Scerri, O.Carm.

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PremessaIl segno della vitalità e della maturità di una

comunità all’interno della Chiesa sta nel suo zelo universale e missionario e nel suo senso di responsabilità (cfr AG 6; EN 15).

Nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, al n° 13 i padri conciliari così si esprimevano: “In virtù di questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che il tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo universale”. Questo vale per gli individui, le comunità, le istituzioni, poiché, come lo dice la Evangelii Nuntiandi (13) l’evangelizzazione ad gentes è un dovere essenziale della Chiesa. “Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sentirsi esentata da questo obbligo assoluto di annunciare Cristo a tutte le genti”.

La nostra epoca è molto stimolante, perché quasi ogni giorno siamo spettatori di nuove scoperte in campo scientifico, tecnologico ed elettronico, di nuovi passi avanti in campo medico, di nuove esplorazioni nell’universo ecc. Però stiamo anche vivendo in tempi molto dolorosi, in cui due terzi dell’umanità vivono in condizioni di povertà, se non di squallore e non sembrano beneficiare affatto dei progressi della scienza e della medicina; infatti

ancora centinaia di migliaia di persone muoiono di malaria, tubercolosi, aids e fame.

Se pensiamo, poi, alle lunghe e continue guerre in così tante zone del mondo, che provocano centinaia di migliaia di morti a causa della violenza e centinaia di migliaia di sfollati in campi profughi o di persone che rischiano la vita affidandosi a imbarcazioni di fortuna nella speranza di raggiungere una terra più sicura, da qualche parte, da qualsiasi parte.

Solo i paesi ricchi possono godere delle prospettive di speranza e del benessere, come l’Europa, il Nord-America, l’Australia e la Nuova Zelanda, il Giappone, Taiwan, Singapore e Hong-Kong. Mentre le popolazioni dell’Africa e dell’Asia, dell’Oceania e dell’America Latina devono portare quasi tutto il peso di un immenso dolore. In parole molto crude possiamo esprimere la verità di questa equazione: “Io ho fame perché tu vivi nel lusso; io sono povero, perché tu sei ricco”.

Anche noi carmelitani siamo coinvolti in questa realtà e condividiamo le speranze e i dolori di tutti i nostri fratelli e sorelle. Siamo infatti chiamati a condividere qualcosa di più che la nostra fede e il nostro carisma; dobbiamo fare tutto il possibile per alleviare la pena e il dolore. Noi carmelitani siamo privilegiati proprio per aver ricevuto, dallo Spirito santo, il dono di un carisma e una spiritualità così ricchi. Non dobbiamo tenere per noi questi doni; essi non sono nemmeno per la gloria dell’Ordine. L’Ordine, semmai, ne è il custode, per il bene della Chiesa e del mondo.

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Tenendo presente tutto questo, allora, possiamo capire che le nostre missioni dovrebbero avere queste caratteristiche: aiutarci a condividere le gioie e i dolori delle persone che serviamo, aiutarci anche a condividere concretamente i nostri beni materiali, così come il nostri carisma e la nostra spiritualità. È questo che Gesù ci ha comandato di fare, inviandoci in tutto il mondo ad annunciare la buona novella del Regno dei cieli.

Il nostro Ordine è sempre stato missionario, ma dobbiamo ammettere che mai come oggi le comunicazioni e i mezzi di trasporto hanno favorito il lavoro missionario ad gentes. È un segno dei tempi molto chiaro e noi siamo chiamati a dare una risposta a questa grazia di Dio nel modo migliore.

Alcune statistiche con dati che abbracciano tutta la Famiglia Carmelitana illustreranno meglio ciò che intendo dire.

Ma il mio lavoro prende in considerazione solo le missioni ad gentes, cioè quelle in Africa, Asia, Oceania e America Latina; inoltre si tratta di missioni fondate da frati carmelitani, ma anche da monache, suore e laici.

Nel XVI sec. è stata fondata una sola missione carmelitana; lo stesso vale per il XVII sec. Nel XVIII sec. nessuna e di nuovo una nel XI0 sec. Nella prima metà del XX sec. invece, sono state fondate ben 11 missioni e nella seconda metà, dopo la Seconda Guerra Mondiale, addirittura 67. E per quanto riguarda questi primi anni del XXI sec. appena trascorsi, sono state fondate già una quindicina di missioni.

Farò solo un veloce quadro della presenza carmelitana in Africa, Asia e Oceania. Inoltre non ho la possibilità di offrire notizie sulla nostra presenza carmelitana in America Centrale e del Sud, così come nei Carabi; lascio questo compito a qualcun altro, più qualificato di me.

AfricaIn Zimbabwe abbiamo i frati e le • Ancelle di Nostra Signora, una congregazione locale fondata dal Vescovo Donal Lamont, O.Carm. Nella Rep. Dem. del Congo abbiamo • i frati e le Suore della Vergine Maria del Monte Carmelo (HVMMC).

In Tanzania abbiamo i frati e le Suore missionarie di Santa • Teresa del Bambino Gesù (SMSTBG).In Mozambico abbiamo i frati e le Suore carmelitane del Sacro • Cuore di Gesù (HCSCJ).In Burkina Faso abbiamo i frati e la Famiglia Donum Dei. E lo • stesso in Camerun.In Kenya abbiamo i frati, le monache e la Famiglia Donum • Dei.In Rwanda abbiamo le Suore della Vergine Maria del Monte • Carmelo (HVMMC).In Madagascar abbiamo la Famiglia Donum Dei.•

Asia In Indonesia abbiamo i frati, le monache, le Suore carmelitane • del Sacro Cuore di Gesù (HCSCJ), le Putri Karmel, la Congregazione di Sant’Elia e l’organizzazione laicale della Santa Trinità (KTM).Nelle Filippine abbiamo i frati, le monache, le Suore Carmelitane • di Nostra Signora (OL), la Congregazione di Nostra Signora del Monte Carmelo (OLMC), la Famiglia Donum Dei, le Suore Carmelitane Missionarie di Santa Teresa del Bambino Gesù (SCSTBG) e l’Istituto di Nostra Signora del Carmelo (INSMC).In India abbiamo i frati, l’Istituto di Nostra Signora del Carmelo • (INSC) e la Famiglia Donum Dei.In Vietnam abbiamo i frati e la Famiglia Donum Dei.• A Timor Est abbiamo i frati e le Suore della Vergine Maria del • Monte Carmelo (HVMMC).In Cina abbiamo i frati, lE Putri Karmel e la Congregazione di • Sant’Elia (CSE).

OceaniaIn Papua New Guinea abbiamo i frati.• In Nuova Caledonia abbiamo la Famiglia Donum Dei, così • come nelle Isole Wallis e Futuna.

Queste sono le nostre missioni al momento in Africa, Asia e Oceania. Africa e Asia sono continenti immensi con immense

P. Gioacchino Smet, o.Carm., 1915-2011

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una scuola cattolica, cosa che altrimenti sarebbe stata impossibile a quel tempo, per la grande crisi economica in atto.

Dopo il liceo (high school) Gioacchino entrò nell’Ordine Carmelitano ed emise la professione semplice il 15 agosto 1935. Per caso proprio in quei giorni il beato Tito Brandsma, carmelitano olandese, si trovava negli Stati Uniti per un ciclo di conferenze e così partecipò alla cerimonia della professione di P. Gioacchino. Il beato Tito fu uno dei 5 carmelitani che firmò il foglio con la formula di professione di P. Gioacchino. Purtroppo dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il beato Tito venne arrestato a causa del suo impegno per la Chiesa in Olanda e morì nel campo di concentramento di Dachau.

Fu durante il periodo a Niagara che Gioacchino concepì il progetto di scrivere una storia dell’Ordine Carmelitano, ma questo suo progetto iniziò a realizzarsi solo nel 1947. Quell’anno, durante il Capitolo Generale, qualcuno avanzò la proposta che venisse scritta una storia dell’Ordine e P. Matt O’Neill, Provinciale della Provincia del Purissimo Cuore di Maria, alla quale Gioacchino apparteneva, affermò di avere l’uomo adatto per quell’impresa.

Fu così che Gioacchino si trovò su una nave che lo stava portando a Roma. Da quel momento la sua vita cambiò radicalmente.

Giunto a Roma, però, si rese ben presto conto che l’impresa di scrivere una storia dell’Ordine sarebbe stata molto ardua. Parlando con lui molti anni dopo, mi ricordo di come sottolineasse la grande carenza di materiale disponibile, anche perché erano stati stampati solo pochi testi degli inizi dell’Ordine e i pochi reperibili si trovavano su edizioni datate al XVII-XVIII secolo. Rari erano gli studi sulla storia dell’Ordine alle origini e molti erano anche viziati da preconcetti devozionali. Non c’era da meravigliarsi, quindi, se gran parte degli storici non carmelitani, trattando degli Ordini mendicanti, non ritenessero affatto degni di menzione i Carmelitani e si limitavano a parlare solo dei Francescani e dei Domenicani.

Ma a Roma Gioacchino potè dedicarsi allo studio e al lavoro a suo agio, sviluppando così le sue competenze e conoscenze. Divenne uno dei personaggi chiave nel rivitalizzare lo studio e l’insegnamento all’interno dell’Ordine. Inizialmente Gioacchino seguì il suo programma di studio e nel 1954 venne pubblicato la prima delle sue opere maggiori, col titolo the Life of Saint Peter thomas by Philippe de Mézières, che costituiva l’argomento della sua tesi di Dottorato. Quest’opera, dedicata a P. Matt O’Neill, aveva già tutte le caratteristiche che anche in seguito avrebbero accompagnato tutte le sue pubblicazioni: uno studio supportato da ricerche

il carmElo ha pErso uno dEi suoi storici più EminEnti

Il 4 ottobre 2011, all’età di 95 anni, è morto P. Gioacchino Smet, O.Carm., uno degli storici più eminenti del nostro Ordine.

Dopo breve malattia, la sera del 4 ottobre 2011, è morto, nella pace del Signore, P. Gioacchino Smet, O.Carm., al Providence Hospital di Washington D.C.

Nato a Chicago il 9 ottobre 1915, appena per 5 giorni non ha potuto festeggiare i suoi 96 anni.

Cresciuto in una famiglia molto devota, Gioacchino fece la prima comunione il 17 maggio 1925, esattamente nel giorno in cui Santa Teresa di Lisieux veniva canonizzata dal papa Pio XI; è alla sua intercessione che P. Gioacchino ha sempre attribuito la propria vocazione religiosa.

Poco tempo dopo sostenne con successo gli esami per entrare al Seminario minore carmelitano a Niagara Falls. Sempre il 17 maggio gli venne notificato che aveva vinto una borsa di studio; questo permise ai suoi genitori di farlo studiare presso

P. Richard Copsey, O.Carm.

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meticolose, un’attenzione particolare alle fonti e un’introduzione ampia, esaustiva, sempre fornita di ricche note.

Allo stesso tempo Gioacchino divenne uno dei membri fondatori dell’institutum Carmelitanum, una piccola equipe di professori che lavoravano al Collegio Sant’Alberto a Roma. Fu anche il primo editore della rivista scientifica Carmelus, legata all’Institutum; mantenne questo incarico fino al 1993, anno in cui lo sostituii io, al mio arrivo a Roma. Per Gioacchino Carmelus doveva essere uno strumento per stimolare gli studenti carmelitani e fu proprio grazie al suo sostegno che molti giovani studenti dell’Ordine si sentirono incoraggiati a pubblicare i frutti delle loro ricerche di studio.

P. Gioacchino mise mano alla sua storia dell’Ordine, ma il lavoro richiedeva tempo ed era anche rallentato dall’acquisizione di ulteriori specializzazioni e l’assunzione di nuove responsabilità, fra cui la più degna di nota fu la sua elezione ad assistente generale dell’Ordine, servizio che P. Gioacchino svolse per sei anni durante il mandato di P. Kilian Healy. Durante questo periodo si dedicò anche all’edizione di una rivista trimestrale per suore carmelitane, che proponeva, in lingua inglese, articoli sulla spiritualità e la vita religiosa, ma anche traduzioni di alcuni importanti testi carmelitani delle origini.

A metà degli anni ’60 Gioacchino diede alle stampe un’edizione delle sue note storiche col titolo An outline of Carmelite History (Un sommario di storia carmelitana); quest’opera riuscì a dare un’idea entusiasmante di quali sarebbero stati i contenuti del suo capolavoro. Anche il contributo che preparò per la New Catholic Encyclopedia (Nuova enciclopedia cattolica) nel 1967, col suo articolo sui Carmelitani, dimostrava chiaramente fino a che punto egli possedesse la materia e avesse ben chiaro in mente tutto lo sviluppo della storia dell’Ordine. Con vari articoli P. Gioacchino poté dare il suo prezioso contributo anche ad altre prestigiose enciclopedie.

Però i 4 volumi della Storia dell’Ordine che aveva progettato non procedevano che a lentissimo ritmo e ancora nulla era venuto alla luce quando, nel 1975, il suo Provinciale, P. Paul Hoban, venne a trovarlo. Alle domande di P. Paul sul progresso del lavoro, Gioacchino rispose che il I volume era abbozzato, ma andava corretto. Allora il provinciale gli chiese di prestarglielo, così che potesse leggerlo. P. Gioacchino non rivide più il suo volume, perché P. Paul lo portò con sé in America e lo diede immediatamente in mano ai tipografi. Gioacchino rimase mortificato, perché le note non erano ancora organizzate e c’era bisogno ancora di molte correzioni. Ma, nella sua lungimiranza, seppe accettare il fatto compiuto e iniziò il lavoro sui restanti volumi. Nel 1976 venne alla luce il secondo volume e nel 1982 il terzo volume, in due parti; nel 1985, infine, completò il quarto volume. A quel punto riprese in mano il primo volume e finì di correggere il testo e le note;

in tal modo nel 1988 apparve un’edizione riveduta. Gioacchino si mise all’opera per rintracciare le copie della prima edizione, per sostituirle con quella nuova.

Presto cominciarono ad apparire traduzioni dell’opera di Gioacchino e l’elegante edizione Italiana, completa di belle illustrazioni, ha dato a questo lavoro la vera dignità che gli spettava. Lo stile inglese un po’ asciutto di Gioacchino non era adatto a un romanzo o a una storia d’avventura, ma la sua capacità stava proprio nel riuscire ad analizzare anche situazioni molto complesse e a condensare gli elementi più significativi in un testo di facile lettura. Questo tratto, insieme alla sua innata simpatia per i personaggi storici che incontrava, dona alla sua storia un valore unico. Forse le sue pagine migliori sono quelle dei primi capitoli del secondo volume, dove descrive con grande sensibilità e simpatia la serie di eventi che coinvolsero s. Teresa d’Avila e s. Giovanni della Croce e che portarono alla divisione dell’Ordine nei suoi due rami.

Dopo la storia dei frati carmelitani, Gioacchino si dedicò alle monache e nel 1987 pubblicò un breve volume dal titolo Cloistered Carmel (Il Carmelo claustrale).

Poi diede inizio a un progetto di catalogazione dei manoscritti carmelitani e nel 1994 vide la luce il suo volume sui manoscritti custoditi presso la Biblioteca Vaticana: Bibliotheca Carmelitana Manuscripta. Series 1: Biblioteca Apostolica Vaticana. Purtroppo questo rimane l’unico volume finora stampato, anche se Gioacchino tentò di coinvolgere altri carmelitani nella collaborazione a questo progetto, ma senza successo.

Un altro piccolo volume: Canons, monks, nuns, hermits, and friars in Crusader Palestine (Canonici, monaci, monache, eremiti e frati nella Palestina dei Crociati) sta ancora aspettando un editore.

Oltre a tutto questo, P. Gioacchino fece numerose traduzioni, fra le quali anche quella dell’autobiografia della beata Maria Teresa Scrilli nel 1995 e un volume di articoli scritti dal beato Tito Brandsma (in attesa di essere pubblicati).

Durante tutta la sua vita P. Gioacchino non dimenticò mai le necessità della sua Provincia e si dedicò a raccogliere libri per la biblioteca carmelitana di Washington. I suoi sforzi furono coronati da successo, quando la biblioteca venne traslocata in una sede adatta, finanziata dalla Fondazione Rogge. Questa biblioteca carmelitana non ha pari negli Stati Uniti ed è ora punto di riferimento per molti studenti che hanno bisogno di svolgere le loro ricerche.

Nonostante tutto questo imponente lavoro scientifico, molti di noi ricorderanno P. Gioacchino come un compagno molto umile e piacevole e come un amico generoso, come una persona la cui fede brillava attraverso le sue azioni. La sua generosità riusciva ad esprimersi in maniera serena e molto

segue a pagina 31

I Keniani piangono un medico e sacerdote Irlandese che ha servito i poveri con coraggio e devozione

Jody Clarke da Nairobi

P. Robbie MacCabe, o.Carm. 1926-2011

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Vestito con un paio di pantaloncini vecchio stile, mezzo emaciato dopo un altro anno trascorso nel deserto semi arido del Kenia, Padre Robbie

MacCabe non sembrava più terribile di un qualsiasi avversario di tennis.

Negli anni ’60 e ’70, quest’uomo eccentrico dall’aspetto invecchiato scendeva dalla sua motocicletta con un guanto di pelle nella mano destra, per andarsi a rifugiare nel Fitzwilliam Club o nel Rhiwbina a Cardiff. Il tipo di persona che consideresti un aversario facile, da buttare fuori con un paio di colpi.

E poi li stracciava, buttandoli fuori dal campo con colpi perfettamente piazzati che avresti potuto fare un segno a terra e lui lo avrebbe colpito perfettamente. Il primo set poteva anche risolversi in un punteggio abbastanza ravvicinato, ma dopo che tutti, tre volte più giovani, di lui erano sfiniti, il punteggio scendeva a 6-0-6-0.

Se la gente lo osservava e se la tubercolosi non lo avesse avuto fra i suoi studenti di medicina all’UCD, si poteva dire che era stato un campione giovanile Irlandese del 1944, che poi aveva giocato a Wimbledon ed eventualmente proseguito nella carriera sportiva.

Ma Padre MacCabe, deceduto il mese scorso all’età di 83 anni, era un uomo modesto, un missionario carmelitano e medico qualificato con una timidezza che contrastava una determinazione feroce per avere successo, sia sul campo di tennis che a Turkana, uno dei peggiori posti al mondo, dove l’ambiente non perdona.

Per più di 30 anni, nel Kenia settentrionale, ha gestito un’unità medica mobile che considerava solo un eufemismo per il SUV del 1965, senza servosterzo e che funzionava dando un colpo al cambio e qualche bottiglia di medicina, che usava per il suo servizio.

Nato nel 1926 a Mallow, Robert MacCabe era cresciuto a Sandycove, Dublino, l’ultimo di una lunga serie di medici. Suo nonno Patrick, un collegiale del “Royal College of Surgeons”, era stato nominato cavaliere per i servizi medici resi alla corona. Suo padre, Col Fred MacCabe veterano della Guerra dei Boeri e della Prima Guerra mondiale, aveva lavorato come medico nel corpo di nuova costituzione dell’Esercito dello Stato Libero. Gli orrori a cui aveva assistito impressionarono suo figlio, il quale aborriva la violenza.

MacCabe divenne un atleta appassionato, dedicandosi al tennis, al cricket e al nuoto. Studiò medicina all’UDC ma dopo aver contratto la tubercolosi venne costretto ad un periodo di completo isolamento per sei mesi. Disse a suo fratello che se fosse sopravvissuto alla malattia sarebbe entrato a far parte di un ordine

religioso. Nel 1960, quattro anni dopo essersi specializzato come medico, venne ordinato sacerdote carmelitano.

Padre MacCabe ricevette la Medaglia d’Oro della Scuola di Medicina Tropicale di Liverpool nel 1972 e la laurea di Dottore in Medicina dall’Università di Dublino nel 1973, con una tesi sullo “Studio sullo schema delle malattie fra gli africani che vivono in Nyamamaropa, Zimbabwe”.

Mentre si trovava ai confini fra la Rhodesia meridionale e il Mozambico, al culmine della guerra della macchia rhodesiana, stava mettendo a rischio la propria vita.

Il governo di minoranza bianca di Ian Smith nella Rhodesia del Sud era contrapposto al movimento indipendentista di Robert Maugabe, che usava il Mozambico come base da cui poter far partire incursioni. Era un momento pericoloso.

Mentre si recava ad una clinica sul campo, scampò al pericolo di un’esplosione di una mina. Due dei suoi colleghi perirono nell’incidente. Nel 1977 venne espulso con l’accusa di trattare pazienti considerati ribelli dal governo. Dopo essere stato costretto ad abbandonare un luogo remoto, ne trovò un altro, Lokitaung, ad ovest del lago di Turkana nel Kenia del nord, vicino ai confini con il Sudan, l’Etiopia e l’Uganda.

Missioni...(segue dalla pagina 25)

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popolazioni. In tutte queste missioni l’Ordine ha molte e buone vocazioni. I punti nevralgici sono l’aspetto economico e logistico e, naturalmente, il cammino di discernimento sulle vocazioni. Ma dobbiamo continuare a cercare nuove possibilità di aprire altre missioni; infatti le nostre missioni già esistenti hanno a disposizione del personale da inviare per cominciare altre esperienze missionarie.

I carmelitani del Congo stanno dando una mano alla fondazione di una missione in Cameroun. La Provincia Indonesiana ha dato l’avvio alla missione in Cina e si sta preparando per la fondazione di una missione a Hong Kong. La Provincia indiana di San Tommaso ha contribuito ad avviare la missione in Kenya. I carmelitani delle Filippine hanno assunto la responsabilità della missione in Papua Nuova Guinea. La Provincia di Pernambuco, che è la più antica e la prima missione ad gentes dell’Ordine (1583), ha la responsabilità della missione in Mozambico.

Le nostre missioni stanno inviando anche missionari nel vecchio mondo, in uno sforzo di evangelizzazione al contrario.

Il problema, come sempre, sono i fondi. Comunque i soldi sono sempre arrivati, grazie alla Provvidenza che ha suscitato la generosità di cattolici di buona volontà in ogni parte del mondo; in particolare viene da pensare agli aderenti alla “Little Flower Society”.

Ma ciò che più conta è la continua presa di coscienza, da parte di tutti, che ognuno di noi, nessuno escluso, in forza del Battesimo, è missionario, in un modo o in un altro. Come si legge in Ad Gentes (2): “La Chiesa è, per sua natura, missionaria”, e la Chiesa siamo noi!

Tutte le volte che qualcuno mi chiede cosa sia necessario per essere un buon missionario, io rispondo così: “Due cose sono necessarie: una fede forte e uno stomaco altrettanto forte”.

E, da quello che vedo, tantissimi carmelitani hanno uno stomaco forte!

Turkana è situata in una zona collinare molto calda, storicamente isolata dal resto del Kenia, con frequenti attacchi di siccità.

Padre MacCabe imparò la lingua locale ed impiantò un unità medica mobile, dopo aver realizzato che un ospedale e delle cliniche fisse non avrebbero funzionato, poiché la popolazione si spostava da una sistemazione transitoria ad un’altra.

Il cielo nottuno a Turkana è molto bello, in quanto non c’è elettricità e non ci sono nuvole e si possono ammirare le stelle sparse su una vasta area. Non a caso nel 2009 disse all’ “irish time” che “la popolazione a Turkana usa il termine “akui” per descrivere sia il cielo che Dio”.

Gli operatori umanitari vanno e vengono, ma Padre MacCabe rimase con i Turkana fino ai suoi ultimi giorni, vivendo in una capanna con poco più di una zanzariera e un frigorifero, dove teneva i suoi farmaci ed i sieri anti-veleno.

Nove mesi dell’anno lì trascorreva visitando i pazienti, somministran-do antipolio, BCG e vaccini contro il morbillo, curando le persone con la tubercolosi, l’Aids e la malaria. Cele-brava battesimi e la Messa e regolar-mente portava i malati in viaggio ver-so l’ospedale di Lodwar, viaggio che poteva richiedere anche otto ore su strade spesso impraticabili.

Il resto dell’anno lo passava a Dublino, dove era docente presso il “Royal College of Surgeons”. Proprio lì, nel 2010, gli venne conferita una laurea ad honorem.

Un amatissimo zio e fratello, che trascorreva ore a parlare con i nipoti a Dublino e nel Galles, parlando di quale SUV avrebbe dovuto guidare, di moto e pneumatici speciali per evitare che questi potessero scoppiare a causa dei rovi sul terreno in Kenya, delle sue auto e delle macchine fotografiche. Per molti, era l’incarnazione di ciò che significa essere umani. Alcuni lo hanno chiamato un santo.

Le sue due pronipoti, di età compresa tra gli 8 e 11 anni, hanno detto al suo funerale; “Possiamo dirvi che era l’uomo più premuroso con cui stare ed era veramente bravo a farti sentire speciale”. “Ci mancherà”.

Monsignor Donal Lamont, O.Carm.

Laici Carmelitani... (segue dalla pagina 23)

Reverendissimo P. Fenando Millán, O.Carm.

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Il molto rev.do P. Mario Esposito, O.Carm., Priore Provinciale della Provincia di Sant’Elia, ha concluso i lavori dell’Assemblea, offrendo una riflessione dal titolo: “Il futuro trae forma dall’identità”. In essa ci ha posto una domanda importante: “Perché siete qui?” e ha anche dato una sua risposta. Siamo qui, seguendo le orme di quelli che ci hanno preceduto. Siamo alla ricerca del volto di Dio e, come pellegrini, la nostra ricerca ci guiderà verso il futuro. Siamo qui come penitenti, a imitazione del primo gruppo di penitenti radunati sul Monte Carmelo; siamo gente in cammino, desiderosa di conversione e di purificazione della nostra mente, del nostro cuore e del nostro spirito. L’ascolto e la contemplazione fatti con un cuore limpido e puro, ci condurranno verso il futuro. Siamo qui per combattere, come fecero i crociati, dando testimonianza alla causa di Cristo con la Parola di Dio, quale nostra sola arma. Questo ci condurrà nel futuro.

E infine, come gli eremiti dei tempi antichi, anche noi abbiamo come scopo di vita l’unione con Cristo, nel silenzio, nella solitudine e nella preghiera.

Guardiamo a Elia e a Maria quali nostri modelli e figure ispirative.

In conclusione, per poter rispondere alla domanda: “Perché siete qui?”, dobbiamo vivere la risposta come pellegrini (alla ricerca di Dio), come penitenti (purificati e aperti a Dio), come crociati (combattendo le battaglie di Dio con le armi spirituali) e come eremiti (nella solitudine con Dio).

L’assemblea si è conclusa con la Liturgia, celebrata dal molto rev.do P. Carl Merkelz, O.Carm., Priore Provinciale della Provincia del Cuore Immacolato di Maria.

Ci siamo lasciati con il calore di abbracci fraterni e con i migliori auguri di poter continuare a dare testimonianza di una autentica vita carmelitana.

Desideriamo ringraziare padre Joseph Atcher, O.Carm., Sr. Mary Martin, O.Carm., sr. Libby Dahlstrom, O.Carm., e la Commissione inter-provinciale per i Laici Carmelitani, che hanno dedicato tanto tempo e impegno per organizzare e rendere possible questa Assemblea annuale.

Il nostro affetto e le nostre preghiere, uniti alla benedizione di Dio possano essere la loro ricompensa. Amen.

Donal Lamont, carmelitano irlandese e primo vescovo di Umtali (oggi Mutare, in Zimbabwe) nacque nella

contea di Antrim in Irlanda del Nord nel 1911. Perciò, durante quest’anno 2011 si è celebrato il centenario della nascita. Tra l’altro, nel 2009 era stato celebrato anche il 50º anniversario della pubblicazione della sua celebre lettera pastorale Purchased People (Popolo acquistato). Questa lettera pastorale costituì una pietra miliare nella storia della Chiesa africana ed una presa di posizione chiara e decisa contro il sistema di discriminazione razziale. Per l’occasione, Analecta, la rivista ufficiale dell’Ordine, ha ripubblicato il testo originale inglese di questa lettera (vol. 61, pp. 117-147), il cui titolo è preso dalla frase della I Lettera di Pietro (1Pt 2,9).

Varie riviste e pubblicazioni si sono fatte eco del centenario; tra di esse the irish Catholic o la rivista Acontecimiento dell’Istituto Emmanuel Mounier di Madrid. Inoltre, lo scorso 29 settembre è stata presentata presso l’Università Pontificia Comillas di Madrid la traduzione spagnola della Purchased People. Il libro appartiene alla prestigiosa collana “Textos para un Milenio”, patrocinata dal gruppo misto della Regione Iberica Carmelitana, e include due studi che analizzano la teologia della lettera pastorale,

la partecipazione di Lamont al Concilio Vaticano II e la biografia del Carmelitano irlandese. Vi è contenuta anche la traduzione della sua opera autobiografica “Discorso dal banco degli accusati” (Speech from the Dock). Alla presentazione hanno preso parte il Priore Generale, Fernando Millán Romeral, O.Carm., il Priore Provinciale dell’Irlanda, Martin Kilmurray, O.Carm., il Priore del Terenure College, Michael Troy, O.Carm., e vari professori dell’Università che hanno collaborato al progetto.

Oggi che il Carmelo cresce con forza nel continente africano e si apre a un futuro ricco di speranza, la figura di Lamont può essere uno sprone ed un motivo di speranza e di ispirazione per la nostra presenza in questo continente.

metodi comuni. Infine il commentario intende incoraggiare i terziari ad assumere la propria responsabilità, specialmente riguardo alla vita comunitaria laddove questa non è ancora pienamente realizzata.

Settimana di studi carmelitani in Kenya

Dal 4 all’8 luglio 2011 si sono riuniti nella casa OCD di Karen, Nairobi, Kenya, circa 40 membri della Famiglia Carmelitana per partecipare al seminario sul tema “Carmelo e Maria: la spiritualità mariana del Carmelo e la sua importanza per la Chiesa e il mondo d’oggi”. I partecipanti, frati O.Carm e OCD, suore OCD, monache O.Carm. e alcuni laici venuti da Kenya, Uganda e Tanzania. Il seminario è stato organizzato da P. Steven Payne OCD, direttore dell’Istituto di Spiritualità del Tangaza College di Nairobi, e guidato da P. Kevin Alban, O.Carm., Economo Generale e docente di Mariologia a Roma e Londra.

Incontro regionale degli economi nelle Filippine

Dal 17 al 22 ottobre 2011 si è tenuto al Carmelite Missionary Retreat House, Tagaytay City nelle Filippine, il secondo incontro regionale degli economi. Erano presenti diciassette partecipanti (economi, economi per le missioni e raccoglitori di fondi) due dall’India, sette dalle Filippine e da Papua Nuova Guinea, quattro dall’Indonesia, due dall’Australia, P. Kevin Alban, Economo Generale e P. Albertus Herwanta, Consigliere Generale per l’Asia, Australia e Oceania. Durante l’incontro sono stati discussi il questionario e le considerazioni preliminari elaborate nel comitato regionale per la raccolta di fondi incontratosi nel gennaio 2011 a Jakarta.

Il tema centrale dell’incontro riguardava la raccolta di fondi: ogni provincia e commissariato ha presentato la propria esperienza e metodologia. La condivisione è stata molto ricca e ha incoraggiato tutti. È stata creata una task force ad hoc formata dai PP. Jim DesLauriers (Aust), Paul Poovan (Ind), Aris Escobal (Phil) e Alexander Agung (Indo). Resta ancora da nominare un membro del Vietnam. La task force deve raccogliere e analizzare dati della ricerca di fondi nell’area asiatica e di preparare materiale per il terzo incontro degli economi dell’Asia, che si terrà durante l’incontro internazionale triennale degli economi nell’ottobre 2012 a Sassone in Italia.

Incontro del Segretariato per il

Laicato

Dal 28 al 2 dicembre si è incontrato il Segretariato per il Laicato carmelitano. L’incontro aveva lo scopo di elaborare e completare il commentario alle line guida per la formazione dei laici carmelitani. Il nuovo documento è adesso pronto per gli ultimi commenti e correzioni. Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito a questo lavoro. Il commentario è visto come un punto di partenza per la compilazione dei manuali locali per la formazione, adattati alla situazione specifica di ogni paese. Inoltre dovrebbe anche aiutare a offrire ai laici carmelitani temi e

Notizie

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umile e, durante la sua vita, usava i soldi che gli venivano dati per i suoi bisogni personali per pagare le tasse scolastiche di alcuni ragazzi in India. Durante i suoi viaggi in Inghilterra era solito volersi assicurare che le persone che si occupavano della sua biancheria o della sua stanza avessero una ricompensa. A Roma la sua camera era sempre aperta e molti di noi, alle prese con le questioni storiche, poterono trarre grande beneficio dalle conversazioni che, prima del pranzo, avevano luogo nella sua stanza, rallegrate, dobbiamo confessarlo, ance da un buon bicchiere di whisky.

Gioacchino era estremamente generoso nel condividere le sue conoscenze, le sue osservazioni e i risultati delle sue ricerche. Era sempre contento che gli altri potessero utilizzare il suo materiale; ciò che a lui importava non era la sua propria fama, ma il bene dell’Ordine.

Molte delle cose che io stesso ho scritto sulla storia carmelitana, hanno la loro fonte in conversazioni con Gioacchino e nel materiale che lui condivideva con me. Non sempre ci trovavamo d’accordo sulle conclusioni a cui io giungevo, ma Gioacchino rimane sempre un grande amico e un grande esempio di virtù cristiane vissute. Ci mancherà molto.

Smet... segue dalla pagina 27

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