29

Click here to load reader

Ceramica Corr

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Ceramica Corr

PIGMENTILA CERAMICA.

GeneralitàDopo aver sfaldato e levigato materiali non plastici come la selce per centinaia di migliaia di anni, gli umani del neolitico hanno certamente apprezzato la facile plasmabilità dell’argilla con le mani!L’argilla umida è plastica e pertanto può dare manufatti che, essiccando all’aria, induriscono mantenendo la forma. I manufatti di argilla essiccati all’aria sono però troppo fragili per essere utili nella vita quotidiana. Quando casualmente degli oggetti di argilla furono posti a contatto con il fuoco, si fece una grande scoperta: i manufatti diventano duri perché l’argilla si trasforma in ceramica:

Manufatti ceramici adatti per la vita quotidiana sono i contenitori di acqua o di derrate alimentari (prodotti circa 10000 anni addietro) e imitanti nella forma le zucche, i canestri e più tardi i manufatti in cuoio o in metallo. I manufatti ceramici costano meno di quelli in cuoio o metallici e l’imitazione di materiali più pregiati li rende attraenti.

Ceramiche imitanti le zucche

I primi manufatti sono figure di donne e di animali risalgono a a circa 20000 anni addietro

Page 2: Ceramica Corr

PIGMENTILe prime produzioni di ceramica

La fragilità tipica dei manufatti ceramici, vascolari o fittili, indica la presenza di insediamenti sedentari. Le prime produzioni sono ceramiche grossolane, usate nella vita di tutti i giorni, manufatti che spesso seguivano il defunto nella tomba come corredo funebre. L’argilla oltre che come materiale vascolare è anche usata come materiale da costruzione. Ad esempio le comunità dei paesi caldi hanno costruito, e continuano a costruire le pareti delle abitazioni usando l’argilla mescolata a vegetali, compattata in blocchi a forma di parallelepipedo, ed essiccata al Sole: questo materiale è molto poroso e assicura un clima fresco all’interno abitativo. Anche il pavimento in terra battuta può evolvere in uno di argilla scottata. Questi materiali sono comunque argillosi, non ceramici, e pertanto non durano neltempo.

Le prime produzioni sono impasti non depurati o poco depurati lavorati a mano con vari procedimenti:

- partendo da una palla di argilla.

- sovrapponendo a spirale un cordone di argilla (colombino) e poi pressando le spire

- unendo tra loro strisce di argilla

-applicando l’argilla umida in stampi

COSA AVVIENE QUANDO L’ARGILLA SI TRASFORMA IN CERAMICA?

L’argilla umida contiene molto acqua, l’acqua è indispensabile: l’argilla secca non si può modellare e quella troppo umida non mantiene laforma. Il contenuto ottimale di acqua è di circa il 25%. Dopo formazione del manufatto, (questo stato è chiamato VERDE o CRUDO), l’acqua che rendeva plastica l’argilla evapora. L’essiccazione del manufatto determina una contrazione di volume e spesso distorsioni nella forma.

Page 3: Ceramica Corr

PIGMENTIEffetto della temperatura di cottura

Parte di questa acqua di imbibizione è persa per evaporazione essiccando all’aria il manufatto formato. A temperature più alte, 300-500 gradi, l’argilla inizia a perdere anche l’acqua legata chimicamente: questa perdita di acqua costringe gli atomi di alluminio e silicio dell’argilla (che è un allumino-silicato) a riaggiustare le loro strutture. Il risultato è che l’argilla perde la sua plasticità. Continuando a scaldare l’argilla si hanno trasformazioni chimiche ancor più profonde. A partire dagli 850 gradi, le argille iniziano a vetrificare, dando una tipologia di ceramica chiamata terracotta.Per produrre una ceramica è necessaria una buona argilla. L’argilla usata è l’argilla bruna, un materiale secondario risultante dalla disgregazione meccanica e dall’alterazione chimica di rocce allumino-silicatiche primarie contenenti Al e Si. Argille e altri materiali inorganici di alterazione sono trasportati a distanza assieme ad altri materiali organici presenti nell’ambiente: l’argilla bruna è pertanto formata da una miscela di minerali argillosi (smettite, clorite, caolinite, mica, ecc), di minerali inorganici (quarzo, carbonati, ematite, ecc) e organici (residui di piante e animali). I minerali argillosi hanno una struttura lamellare e pertanto sono anche chiamati fillosilicati (phylon=foglia).

SmagrantiSpesso l’argilla era temperata con materiali NON PLASTICI chiamati temperati o smagranti: sabbia, feldspati, calcari, gusci di conchiglie, grafite, ceneri, segatura di legno, paglia, letame, piume, coccio pesto o chamotte cioè scarti ceramici polverizzati, ecc. L’addizione di materiali non plastici alla argilla permette una più facile evaporazione dell’acqua, minimizza le contrazioni e le distorsioni nell’essiccamento e nella cottura, abbassa la temperatura di cottura, ecc. In cottura l’argilla si trasforma in ceramica mediante una serie di reazioni chimiche irreversibili perché si formano componenti più stabili. NON si torna indietro per raffreddamento

Page 4: Ceramica Corr

PIGMENTIEffetto della T di cottura sulla argilla modificata dai materiali non plastici aggiunti (smagranti)

- Il carbonio dei residui organici vegetali ed animali, presenti nell’argilla bruna non depurata, è eliminato come anidride carbonica. Se nel forno la temperatura è bassa e l’aria è scarsa, il carbonio può essere eliminato dalla superficie ma restare all’interno del manufatto come blocco nerastro. In cottura l’anidride carbonica gassosa e il vapore acqueo devono poter uscire altrimenti le grosse bolle possono provocare fenditure. La fuoriuscita di questi gas però determina la formazioni di ceramica porosa. Si abbassa la porositàeliminando i residui organici delle argille e lasciando seccare all’aria i manufatti verdi.

- Se il forno ha un buon ricambio di aria, il ferro bivalente presente nella argilla bruna si ossida a ferro trivalente che dà ematite (Fe2O3). La ceramica presenterà allora un colore dal giallo al rosso-mattone perché l’ematite neoformata è di color rosso-bruno. Se il forno è sigillato, o a scarso ricambio di aria, il ferro trivalente presente nell’argilla bruna si riduce a ferro bivalente.

Allora la ceramica presenta un colore bruno o scuro o nero perché il ferro bivalente può essere presente come magnetite Fe3O4 di colore nero. Come si nota la trasformazione dell’argilla in ceramica porta a vistose variazioni di colore che riflettono l’ambiente di cottura: ossidante o riducente.

- Se la temperatura nel forno è bassa, cioè sotto gli 800 gradi, la ceramica non vetrifica neppure superficialmente. Si noti però che nei forni antichi la temperatura non era costante ma variava dallaparte periferica alla centrale: inoltre l’ambiente di cottura non era sempre ossidante o riducente ma alternato passando da riducente ad ossidante ed inversamente.

Page 5: Ceramica Corr

PIGMENTII primi manufatti ceramici

Anche se il nome ceramica deriva da Kerameikos (il nome di un quartiere di Atene specializzato in questa produzione) la ceramica èstata “inventata” molte volte da varie culture in modo indipendente. Il materiale di partenza è l’argilla bruna, generalmente molto impura. L’argilla bianca, a base di caolinite, è stata impiegata in area mediterranea solo come pigmento superficiale della ceramica e non per produrre ceramiche perché la produzione d ceramiche partendo da argilla ricca in caolinite richiede temperature più alte di quelle raggiungibili con i forni al legna. L’argilla dopo cottura si chiama BISCOTTO. E’ un nome entrato nell’uso corrente per indicare il corpo ceramico anche se è stato cotto una volta sola e non due come dice il nome.

A differenza dei giacimenti di metalli o minerali che affiorano solo in certe località, l’argilla bruna si trova quasi dappertutto, anche se la qualità non è sempre buona. Come si è già visto, la formazione dell’argilla bruna risulta dall’alterazione fisica, chimica e biologica di rocce primarie e dal trasporto a distanza dei prodotti di alterazione assieme alle impurezze raccolte nel tragitto.Le rocce di origine vulcanica, metamorfica e sedimentaria sono alterate fisicamente quando per vari fenomeni sono esposti all’aria: per espansioni dovute al congelamento dell’acqua, per riscaldamento, per insolazione, ecc. Alle alterazioni fisiche si sommano le alterazioni chimiche dovute all’azione dell’acqua, pH, presenza di acidi organici, anidride carbonica, formazione di complessi, processi redox, idratazione di sali, idrolisi, ecc.

I minerali che si trovano nelle rocce di origine vulcanica, metamorfica e sedimentaria, sono detti primari e possono passaredirettamente nel suolo. Con il procedere dell’alterazione dei materiali primari si formano nuovi materiali (detti secondari). I suoli, pertanto, oltre che da residui dei minerali primari, contengono anche minerali secondari formati successivamente; tra questi minerali secondari ci sono gli alluminosilicati come le argille, sali inorganici come i carbonati, i fosfati, i solfuri e i solfati, e gli ossidi e idrossidi

Page 6: Ceramica Corr

PIGMENTIdi Al, Fe, Mn, Ti e Si. Nel suolo è anche presente della materia organica proveniente dai detriti degli organismi viventi sul suolo. I minerali primari e secondari più comuni sono indicati nella seguente tabella. In generale i minerali secondari hanno dimensioni minori dei primari e avendo una maggiore superficie specifica sono più reattivi dei minerali primari

I PRINCIPALI COMPONENTI DELLE ARGILLEMINERALI PRIMARI COMPOSIZIONE ALTERABILITA’

QUARZO SiO2 - K-FELDSPATO KAlSi3O8 + Ca,Na-PLAGIOCLASO CaAl2Si2O8 fino a NaAlSi3O + MUSCOVITE KAl3Si3O10 (OH)2 + ANFIBOLO Ca2Al2Mg2Fe3Si6O22 (OH)2 + BIOTITE KAl (Mg, Fe)3 Si3O10 (OH)2 ++ PIROSSENO Ca2(Al, Fe)4(Mg,Fe)4Si6O24 ++ APATITE 3Ca3(PO4)2 . CaO ++ CALCITE CaCO3 +++ DOLOMITE (Ca, Mg) CO3 +++ GESSO CaSO4 . 2H2O +++

MINERALI SECONDARI COMPOSIZIONE TIPO

CAOLINITE

Al2Si2O5(OH)4 ALLUMINOSILICATO LAYERS 1:1

VERMICULITE (Al1.7Mg0.3 ) Si3.6 Al0.4O10(OH)2 ALLUMINOSILICATO LAYERS 2:1

MONTMORILLONITE (Al1.7Mg0.3 ) Si3.9 Al0.1O10(OH)2 ALLUMINOSILICATO LAYERS 2:1

CLORITE (Mg2.6 Fe0.4) Si2.5(Al,Fe)1.5 O10(OH)2 ALLUMINOSILICATO LAYERS 2:1

GIBSITE Al(OH)3 Idrossido

GOETITE FeO.OH Ossi-idrossido

EMATITE Fe2O3 Ossido

ELEMENTI IN TRACCE TIPO

Mn, Sr, Ba, Cu, Ni, Cr, Pb OSSIDI REFRATTARI

•I layers 1:1 della caolinite sono costituiti da un strato tetraedrico con unita’ ripetitive tipo SiO4 sovrapposti ad un strato ottaedrico tipo AlO4 (OH)2

•I layers 2:1 degli altri allumino-silicati sono costituiti da uno strato ottaedrico tipo AlO4 (OH)2 disposto tra due strati tetraedrici con unita’ ripetitive tipo SiO4

• Gli elementi in tracce sono presenti nell’argilla in quantità inferiori al 0.01%

Page 7: Ceramica Corr

PIGMENTIMinerali primari e secondari presenti nei suoli

La struttura degli alluminosilicati è dominata dal forte legame Si-O che spiega anche la loro scarsa solubilità. Altri elementi coinvolti nella costruzione di questi silicati sono l’Al, Mg, Fe coordinati con O e OH. La disposizione spaziale del Si e degli altri metalli con l’O e l’OH determina la formazione di strati tetraedrici ed ottaedrici. La combinazione di strati ottaedrici e tetraedrici in differenti raggruppamenti genera numerosi alluminosilicati. Una volta che l’alluminosilicato si è formato esso non rimane necessariamente nel suolo per sempre. Se cambiano le condizioni ambientali l’alluminosilicato si adatta alle nuove condizioni trasformandosi eventualmente in un nuovo alluminosilicato. Per esempio la concentrazione dei cationi come K, Ca o Mg è alta nei suoli giovani ma diminuisce con il procedere dell’alterazione dei minerali primari. Quando il contenuto dei cationi diminuisce un alluminosilicato, ad esempio la vermiculite, non è più stabile e può alterarsi dando un nuovo alluminosilicato come la montmorillonite o un altro alluminosilicato. Alla fine del processo la caolinite e gli ossidi di Fe e Al risultano favoriti perché sono i materiali più stabili e pertanto saranno più presenti nei suoli più antichi e più sviluppati.

Il trasporto a distanza dei prodotti della alterazione fisica e chimica assieme alle impurezze raccolte nel tragitto, determina la formazione nel tempo di depositi di argilla impura, bruna. Ne consegue che, prima di essere usata, l'argilla si deve spappolare in acqua eliminando i sassolini e i residui organici, impastare pereliminare le bolle d'aria ecc. L'argilla umida può essere più o meno plastica, più o meno "grassa" o ricca, cioè più o meno modellabile con le mani. Se il manufatto è troppo plastico non sta in piedi; se è poco plastico si modella con difficoltà. Una argilla troppo plastica si tempera aggiungendo dei temperanti. Una argilla è buona se si lavora facilmente a mano e a stampo e se sopporta bene l'aggiunta di temperanti. Inoltre il manufatto quando è essiccato all'aria o cotto deve mantenere la forma senza contrarsi e deve vetrificare in superficie rendendo l'oggetto più o meno impermeabile.

Page 8: Ceramica Corr

PIGMENTIPer ottenere tutte queste caratteristiche era necessario mescolare argille provenienti da diverse cave di prelievo. Questa pratica complica gli studi di provenienza. Infatti mentre è relativamente facile correlare una argilla alla sua cava di estrazione (in base al contenuto degli elementi delle terre rare presenti) è più difficile scoprire da quali cave provengano le argille in una ceramica. Questo fatto spiega le difficoltà di stabilire connessioni tra argille e manufatti ceramici. E' più facile studiare le ceramiche per evidenziare caratteri specifici tra le varie produzioni.

Tecnologia di produzione del manufatto

Lavorazione della ceramica in una terracotta egizia. Il vasaio e’ seduto ed e’ la ruota a girare!

Fasi della lavorazione di vasi ceramici in una decorazione egizia. Si noti la ruota da vasaio, l’essiccamento dei crudi e il forno di cottura

Con la ruota da vasaio o girella (girata a mano) si inizia ad usare la forza centrifuga per aumentare la produzione di manufatti di forma piu’ regolare. La ruota da vasaio, inventata in Mesopotamia nel VII millennio, arriva in Grecia e in Europa attorno al 500 BC

Page 9: Ceramica Corr

PIGMENTI

Ruota con fulcro (da una tomba di El-Bersheh, 1800 BC

Levigatura superficiale

- Per rendere il manufatto meno poroso, la sua superficie esterna era levigata a specchio con una stecca fino a renderla lucida, chiudendo così le porosità superficiali. La levigatura finale era fatta con un panno umido.- Una variante era l’immersione del manufatto crudo in una sospensione di argilla finissima dispersa in acqua con successiva levigatura a specchio della superficie. Si noti pero’ che nei paesi caldi i contenitori di acqua erano volutamente lasciati porosi perche’l’evaporazione abbassa la temperatura dell’acqua.

Essiccazione all’aria

Il manufatto levigato acquisiva giusta consistenza per essere rigato o intagliato. Dopo essiccazione il manufatto era completato di anse, beccucci, manici, ecc., saldati mediante barbottina, cioe’ una sospensione di argilla finissima in acqua. La superficie esterna dei manufatti, formati ma non ancora essiccati, si poteva decorare imprimendo il crudo con punte, stecche, conchiglie ecc. (ceramica impressa) o per incisione di motivi vegetali o geometrici con stecche, pettini, ecc. (ceramiche decorate a bande o a nastro). In alcuni casi sono state fissate sulla superficie dei manufatti delle decorazioni metalliche anche se raramente sono arrivate fino a noi.

Pigmentazione

Il manufatto può anche essere dipinto con tocchi di colore.

Page 10: Ceramica Corr

PIGMENTIIl pigmento colorato steso sul manufatto crudo e’ stabilizzato in cottura ed e’ pertanto poco alterabile nel tempo. Invece il colore steso dopo cottura sulla ceramica e’ meno stabile e tende ad alterarsi nel tempo. La cottura limita la tavolozza dei colori ai pigmenti minerali resistenti alle temperature del forno. I pigmenti usati sono l’ocra rossa a base di ematite, la fritta verde o blu a base di rame, il nero degli ossidi di ferro o di manganese, la caolinite bianca, ecc. tutti provenienti da giacimenti locali.

Nei primi forni l’area di fuoco e di cottura non sono separate e pertanto temperatura e ambiente di cottura sono controllate con difficoltà. La cottura può durare giorni e il tempo di raffreddamento può essere lungo per evitare rotture dovute agli sbalzi di temperatura. Pero’ già nel neolitico, in medio oriente sono in uso forni con le aree di fuoco e di cottura nettamente separate. In questi forni l’ambiente riducente si otteneva chiudendo questa apertura, cioè sigillando il forno. L’ambiente ossidante si otteneva aprendo una apertura per l’immissione di aria.

Esempio di forno con l’area di fuoco separata da quella di cottura

Illustrazione di cottura da una decorazione su un vaso greco

Page 11: Ceramica Corr

PIGMENTIdecorazioni a rilievo

Le decorazioni a rilievo erano applicate direttamente sulla superficie del manufatto crudo da un serbatoio di argilla o erano prodotte in stampi pressando argilla umida. Diversamente dai vasi piccoli che erano modellati in un pezzo singolo, i vasi grandi erano modellati in più pezzi uniti tra loro con barbottina in punti particolari: fra il collo e la pancia e tra la pancia e il piede (le antiestetiche giunture erano nascoste da decorazioni). La superficie interna era lisciata solo nei vasi a imboccatura larga ed i segni delle varie manipolazioni erano eliminati con raschietti e spugne umide.

I FORNI DI COTTURA

La cottura dei primi manufatti e’ avvenuta all’aria aperta o in forni rudimentali a pareti di pietra ed argilla, riscaldati bruciando rami verdi e legna secca. I fattori critici della cottura sono la temperatura e l’ambiente di cottura. La fiamma, alimentata prima dal vento e, nel tempo, da mantici più’ o meno sofisticati, permette di raggiungere temperature dell’ordine degli 800-900 gradi, sufficiente per produrre terracotte e terraglie. Il tiraggio dell’aria era importante per avere una migliore combustione e quindi temperature più alte. In genere il tiraggio naturale era accoppiato all’uso di mantici, semplici o multipli, fatti con pelli di animali.Nell’area mediterranea, la ceramica antica e’ stata generalmente cotta sotto i mille gradi anche perchè il combustibile era relativamente scarso ed i carboni fossili non erano conosciuti. A queste temperature si ottiene una terracotta a scarsa vetrificazione, a superficie porosa e facilmente scalfibile.

Rifinitura a pennello da una decorazione su un vaso greco

Page 12: Ceramica Corr

PIGMENTI

Forno a tiraggio forzato

L’INGOBBIO

La porosità dei manufatti ceramici si poteva ridurre rivestendo la superficie del crudo con il cosiddetto ingobbio. L’ingobbio e’ una sospensione in acqua di argilla ferruginosa stesa a pennello o per immersione del crudo nella soluzione da ingobbio. L’operazione era detta ingobbiatura. Effetti decorativi si potevano ottenere nelle ceramiche graffite graffiando l’ingobbio crudo con una punta, in questo modo si evidenziava dopo cottura il colore biscotto.

Tipologia di ingobbioUn grosso limite dell’ingobbio a base di argilla ferruginosa, e’ il suo contenuto in ferro che in cottura può dare antiestetiche macchiecolorate. Si e’ rimediato a questo difetto usando un ingobbio bianco cioè una sospensione di argilla bianca di caolinite che non contieneferro o ingobbi colorati ottenuti aggiungendo pigmenti di vari colori alla sospensione. Ad esempio nel Rinascimento sono stati usati come pigmenti la ferraccia gialla contenente ferro, la ramina rossa contenente rame, la pirolusite bruna (MnO2 o sapone dei vetrai), la zaffera del Levante azzurra contenente cobalto.

Page 13: Ceramica Corr

PIGMENTIProblemi conseguenti alla cotturaL’uso dell’ingobbio ha creato un nuovo problema. Argilla e ingobbio sono materiali simili ma non identici e pertanto possono avere coefficienti di dilatazione termica diversi. Se nel raffreddamento la ceramica si contrae piu’ dell’ingobbio, l’ingobbio puo’ saltare; se invece la ceramica si contrae meno dell’ingobbio, l’ingobbio puo’frammentarsi a ragnatela e screpolarsi. Questo problema e’ comune a TUTTI i rivestimenti ceramici (ingobbi, vernici, vetrine, smalti ecc.) ed e’ stato una delle cause della grande quantità di scarti accumulati nei cosiddetti riporti e butti.

Esempio di manufatto scadente

In alcuni casi le SCREPOLATURE o CRAQUELURES erano volute per ottenere effetti estetici ed erano spesso evidenziate con colori. Effetti sorprendenti sono stati ottenuti in alcune produzioni ceramiche cinesi.

Page 14: Ceramica Corr

PIGMENTICERAMICHE CLASSICHE

a vernice neraSono tipiche ceramiche Attiche ottenute in monocottura in due fasi: il manufatto crudo era immerso in una sospensione di argilla finissima a cui era aggiunto una liscivia alcalina, come ad esempio la cenere. Il potassio della cenere serviva a ridurre la temperatura di cottura dell’argilla usata come rivestimento che vetrificava così a temperatura più bassa. La cottura avveniva in due fasi:1. In atmosfera ossidante a circa 800 °C. In questa fase corpo e superficie del manufatto acquistano un colore rossastro per formazione di ematite(Fe2O3). 2. In atmosfera riducente a una temperatura più alta di circa 900 °C, con formazione di magnetite (Fe3O4) secondo la reazione:

3 Fe2O3+CO 2 Fe3O4+CO2 oppure Fe2O3+CO 2FeO+ CO2

La fase riducente interessa solo la superficie del manufatto chediventa nera, splendente, brillante, per formazione di ossidi contenenti ferro bivalente che è chiamata impropriamente vernice.

a figure rosse e nereSono tipiche ceramiche prodotte ad Atene attorno al 530 a.C. Le parti che dovranno apparire nere nella ceramica finale sono dipinte sul crudo a pennello con una sospensione di argilla finissima contenente una liscivia alcalina come, ad esempio, la cenere.La cottura avveniva in tre fasi:1. La prima fase ossidante a circa 800 °C conferisce a tutto il manufatto una colorazione rossa2. La seconda fase riducente a temperatura più alta (900-950 °C) conferisce a tutta la superficie una colorazione nera. Lo stratovetroso nero e brillante si forma però solo nella parte spennellata con la sospensione di argilla.3. La terza fase ossidante a bassa temperatura determina la formazione di una colorazione rossastra superficiale eccetto per le parti vetrificate che rimangono nere, splendenti e brillanti.

Naturalmente sono possibili varianti in questo schema.

Page 15: Ceramica Corr

PIGMENTIa vernice nera e figure rosseLa tecnica usata dai Greci per produrre le loro caratteristiche ceramiche “Attiche” a vernice nera-e-rossa ha per lungo tempo incuriosito gli studiosi. Solo negli ultimi trent’anni, tuttavia, sono stati fatti importanti progressi nell'analizzare e riprodurre questa tecnica. Per alcuni versi il termine “vernice” usato riferendosi alla superficie dei vasi attici è improprio. Una vernice è in realtà un vetro, con del materiale colorante sciolto in esso, che fonde e produce una superficie vetrosa. Ciò non è vero per le vetrine greche, che non fondono fino a formare un vetro ma sinterizzano soltanto, cioè, fondono parzialmente, trasformandosi in un solido compatto. Forse sarebbe più esatta chiamarle ingobbi sinterizzati. Il termine vetrina greca e vetrina nera sono stati usate, tuttavia, tanto spesso che la cosa più facile sembra mantenere questo nome. Greek Glaze è un'argilla reale del partofthe da cui i itselfwas degli articoli hanno fatto. Non è un materiale applicato, né è una glassa allineare. L'analisi spettrografica ha rivelato che la composizione della vernice nera e del corpo ceramico sottostante è essenzialmente la stessa; non è stato un elemento in quantità notevole nella glassa nera che inoltre non è trovata nel corpo dell'argilla (nobile 1960). Per produrre gli articoli nero-e-rossi, il vantaggio è stato preso delle proprietà particolari dei residui di singolo elemento, ferro, che sono rossi una volta ossidati e nero una volta ridotti. I residui del ferro, sospesi nella glassa sotto forma di le particelle conprecisione divise, sono stati ossidati o ridotto stati durante l'infornamento, per produrre i colori rossi e neri, rispettivamente. Il pigmento rosso è sempre ossido ferrico (Fe203) ed il nero, l'ossido ferroso (FeO) e la magnetite (Fe304) (Oberlies e Koppen1953, 1954, 1962; Oberlies 1968). Entrambi derivano dal ferro naturalmente presente nell'argilla usata nel fare le ceramiche (Schumann 1942, 1943; Rijken e Farejee 1941). Se l'intera cottura fosse fatta in condizioni ossidanti, sia il corpo ceramico che la vernice nera rimarrebbero rosse.

Page 16: Ceramica Corr

PIGMENTILa produzione dei vasi attici implicava, come primo stadio, la purificazione dell'argilla, cioè, la separazione delle particelle piùpiccole da quelle più grandi sospendendo in acqua l'argilla in polvere e lasciando sedimentare (fig. ).

il processo di separazione dell’argilla in frazioni di granulometria differente

Dopo una sedimentazione veloce, le particelle più grosse venivano scartate; la frazione più fine di argilla sedimentata era usata per fare il corpo ceramico e la parte più fine della sospensione, che non era sedimentata, era utilizzata per fare lo “slip” della vernice. Lo slip paint era preparato modificando le proprietà di sinterizzazione dell'argilla eluita. Per fare questo, l'argilla era in primo luogo peptizata, cioè colloidalmente dispersa in acqua per aggiunta di agenti disperdenti come i tannini. (Hofmann 1962) Ulteriori modifiche delle proprietà dello slip erano realizzate mediante aggiunta di alcali (probabilmente estratti dalla cenere di legno). Gli alcali agiscono da fondenti, abbassando la temperatura a cui ha luogo la sinterizzazione. La loro aggiunta in quantità adeguata allo slip, seguito da una attenta regolazione delle condizioni di cottura, portavano al denso, glaze-like (simile al vetro) e resistente all’ossidazione strato nero su un corpo rosso poroso, caratteristicodi questi tipi di vasi greci (Famsworth 1959). Dopo che i vasi erano stati modellati ed asciugati all’aria, le loro superfici erano lucidate ed uno strato molto sottile di slip, spesso probabilmente non più di 50 micron, allora era applicato nelle zone che si voleva divenissero nere. La cottura era effettuato in tre fasi. Il primo stadio eracondotto in condizioni ossidanti, cioè, con un eccesso di aria a circa

Page 17: Ceramica Corr

PIGMENTI850°C. Dopo questa fase l'intero vaso-corpo ceramico e zona slip-verniciata – diventava colorato di rosso. Per sviluppare il colore nero, la cottura era continuata in condizioni riducenti: i condotti di aerazione del forno erano chiusi e il forno rifornito con legno ricco in resina o legno bagnato, o dell’acqua era versata sul carbone di legna caldo. In queste condizioni si producevano idrogeno e monossido di carbonio -entrambi buoni agenti riducenti.Il monossido di carbonio riduce l' ossido ferrico rosso ad ossido ferroso nero:

Fe2O3 + CO 2FeO + CO2

in presenza di vapore acqueo, la riduzione dovrebbe anche dare la magnetite (Fe3O4) più nera dell’ossido ferroso:

3Fe203 + CO 2 Fe3O4 + CO2

Il riscaldamento sotto condizioni riducenti era continuato per un tempo breve (probabilmente 5-10 minuti) fino a quando lo slip sinterizzava e diventava resistente all’ossidazione. Dopo questo secondo stadio, l’intera superficie del vaso era nera. Nella terza ed ultima fase che di cottura veniva ripristinato l’ingresso dell’aria ed erano ristabilite le condizioni ossidanti. Durante questo stessotempo la temperatura probabilmente era aumentata a quasi 900°C. Durante questa fase di riossidazione lo slip sinterizzato rimaneva nero ed il corpo sottostante ridiventava rosso. Il forno infine era lasciato raffreddare in atmosfera ossidante. La microscopia elettronica ha mostrato che le superfici rosse sono rough e porose; l'ossigeno poteva così penetrare attraverso i pori durante l'ultima fase ed ossidare l'ossido ferroso e la magnetite neri ad ossido ferrico rosso. La superficie nera, d'altra parte, èmolto smooth e a granulometria molto fine.

Ceramiche rosso intenzionaleIl colore rosso nelle ceramiche attiche è quello del corpo ceramico ed è chiamato rosso occasionale o accessory. Alcune ceramiche greche hanno superfici brillanti rosso corallino che sembrano essere verniciate, come il nero. Questo colore rosso solitamente è

Page 18: Ceramica Corr

PIGMENTIQuesto colore rosso solitamente è denominato vernice rossa intenzionale. Le evidenti differenze fra il rosso occasionale e il rosso intenzionale sono la brillantezza ed il colore. Il rosso intenzionale è realizzato aggiungendo ocra (cioè, ossido ferrico) ad un buon slip nero. La quantità di ocra aggiunta non era sempre la stessa. Dipendeva dalla qualità dell'argilla usata. Le analisi indicano che veniva aggiunta abbastanza ocra per portare il contenuto delferro dello slip di vernice all’11%. Nel ciclo di cottura a tre fasi giàdescritto (ossidazione-riduzione-ossidazione) lo slip nero della vernice rimarrebbe nero, mentre quello con ocra aggiunta virare ad un colore rosso intenso (Famsworth e Wisely 1958).

decorazione nera al manganeseUn’rgilla arricchita con manganese-nero usata come slip di coloring, rendeva possibile la produzione simultanea di ceramiche colorate di nero-e-rosso cotte solo in condizioni ossidanti. La tecnica della decorazione con manganese-nero è stata ricostruita dai dati analitici ottenuti dalla diffrazione di raggi X, dalla microanalisi dei raggi X e dalla microscopia elettronica a scansione (Noll, Holm, ed altri 1973). Il minerale di Maganese, contenente biossido di manganese (MnO2) e ossido del ferro (Fe2O3), era aggiunto allo slip di argilla usato per la decorazione dei vasi. La cottura a 900-1000°C portava a composti del manganese molto neri. A causa della sua semplicità, questa tecnica per fare le decorazioni nere èdiventata molto popolare e una volta scoperta è stata usata ogni qualvolta le materie prime erano disponibili.

Page 19: Ceramica Corr

PIGMENTIbuccheroE’ una tipica produzione Etrusca. Il manufatto, realizzato con un’argilla ricca di residui vegetali, è ricoperto con una sospensione di argilla ferruginosa e sostanze alcalina utili per abbassare la temperatura di formazione delle vetrine. Il manufatto è cotto in atmosfera riducente ottenuta sigillando il forno e esponendolo ai fumi della combustione. Si ottiene una ceramica nera nella massa e nera e lucente in superficie per parziale vetrificazione.

terra sigillataE’ una tipica ceramica romana, spesso con figure in rilievo, prodotta a partire dal I sec. a.C. E’ anche chiamata aretina perché prodotta ad Arezzo o sigillata perché spesso i manufatti portano il sigillo del produttore. Le ceramiche sono rosse nella massa e rosso lucido in superficie. La colorazione è ottenuta ricoprendo il manufatto con una sospensione liquida ferruginosa con sostanze alcaline. La colorazione è dovuta all’alta temperatura di cottura in ambiente ossidante.

CERAMICA RINASCIMENTALENel Medioevo in occidente la manifattura ceramica si riduce ad artigianato locale con produzione di stoviglie per uso quotidiano a costi più bassi di quelle in legno o metallo. Gli scambi commerciali tra i Romani d’Occidente e quelli dell'impero bizantino sono relativamente scarsi anche perché l'Occidente ha poco da offrire per comprare i pregiati manufatti orientali. Con la fine delle varie invasioni dal Nord, dall'Est e dal Sud inizia in occidente un ciclo virtuoso dell'economia in cui il surplus delle attività agricole è impiegato in attività commerciali e di impresa. Rifioriscono gli scambi commerciali nell’area mediterranea grazie a Venezia, Amalfi, Pisa, Genova, tutte città nominalmente appartenenti all'impero bizantino. La ricchezza di queste città si basa sui profitti di intermediazione ottenuti operando sui mercati bizantini, islamici e cristiani. Questi floridi commerci sono messi in pericolo dal predominio dei Turchi Selgiuchidi nel mondo islamico, dalla conquista di Gerusalemme nel 1076 e dalla chiusura dei Luoghi Santi ai

Page 20: Ceramica Corr

PIGMENTIpellegrini cristiani. Hanno così inizio sette Crociate (1095-1270), grazie alle quali l'Occidente conosce tra l'altro ceramiche mai viste prima: la maiolica, la ceramica a lustro metallico e la porcellana cinese. Durante le Crociate vengono occupati e gestiti da Veneziani, Genovesi, Pisani ecc., i porti della Siria (Antiochia, Sidone, San Giovanni d'Acri), dell'Egitto (Alessandria) e Costantinopoli, terminali occidentali delle antichissime vie commerciali della seta, delle spezie, dell'incenso e della mirra. Attraverso queste vie, merci e idee hanno sempre viaggiato

•da e per il Catai (Cina) con carovane terrestri, •da e per l'India e le isole dell'Indonesia per via marittime utilizzando i monsoni, venti stagionali, •da e per l'Arabia Felix e l'Africa attraversando i deserti.

La caduta di Costantinopoli nel 1453, con il bombardamento e la distruzione delle antiche mura ad opera dei Turchi Ottomani, e ipesanti pedaggi imposti agli occidentali, mettono in crisi i commerci con l'Oriente. Inizia la decadenza economica di Genova e Venezia e si cercano altre vie per raggiungere le Indie, il Catai (Cina) e il Cipangu(Giappone): - navigando verso Occidente - circumnavigando l'Africa, doppiando il Capo di Buona Speranza eraggiungendo il sud-est asiatico - seguendo le rotte polari del Nord.Attraverso la rotta del Capo di Buona Speranza, oltre alle spezie e ai prodotti esotici, arriva in Occidente dall'Estremo Oriente una enorme quantità di ceramica. In particolare, la porcellana cinese invade il mercato europeo ed influenza profondamente la tecnologia e l'estetica della ceramica occidentale. La manifattura ceramica occidentale è costretta, per sopravvivere, a trasformarsi in un paio di secoli in una industria sofisticata; i ceramisti occidentali sono costretti ad imitare stile e qualità della porcellana cinese, che la Cina esporta in Occidente.

Page 21: Ceramica Corr

PIGMENTIL’INVETRIATURA

Nella ceramica INVETRIATA, il biscotto e’ rivestito da un film di vetro, chiamato vetrina. L’invetriatura è stata impiegata in Egitto fin dal IV millennio, in Cina fin dal III e in Mesopotamia fin dal II. Una delle prime invetriatura è stata realizzata con acqua e sabbia finissima (SiO2) a cui si aggiungevano sostanze alcaline di origine minerale o vegetale. In cottura il sodio o il potassio tendono arompere i forti legami chimici tra il silicio e l’ossigeno del quarzo (la cui temperatura di fusione e’ attorno ai 1600 °C) formando aggregati meno complessi costituiti da silicato di sodio o di potassio (con temperatura di fusione attorno ai 1000 °C). I silicati di sodio o di potassio dell’invetriatura sono però molto diversi dagli alluminosilicati della ceramica e durante la fase di raffreddamento del manufatto, questo tipo di invetriatura si contrae in maniera differente dalla ceramica sottostante e tende a saltare soprattutto nelle zone a maggiore curvatura.

Impiego del piombo nella vetrinaQuesto problema e’ stato superato in un nuovo tipo di invetriaturascoperta in Mesopotamia attorno al 1700 BC. La nuova invetriaturaera ottenuta aggiungendo polvere di ossidi di piombo (PbO o Pb3O4) alla sabbia dispersa in acqua. Il biscotto era immerso in questasospensione e cotto in forno. L’invetriatura ottenuta utilizzando PbOsi basa sulla bassa temperatura di fusione di questo ossido, 888 °C. A questa temperatura la struttura ordinata del PbO e’ distrutta con formazione di una fase vetrosa.

Effetto decorativo e funzionale della vetrinaIl rivestimento vetroso e’ trasparente, impermeabile all’acqua, resistente agli urti e decorativo. Può essere colorato aggiungendo alla sospensione acquosa pigmenti inorganici a base di ferro (bruno), rame (verde), antimonio (giallo), manganese (porpora) e cobalto (blu profondo). Se nella cottura si passa da ambiente ossidante a riducente (o da riducente ad ossidante), il metallo dei pigmenti può ridursi (o ossidarsi) producendo altri colori.

Page 22: Ceramica Corr

PIGMENTILA SMALTATURA

La smaltatura e’ stata scoperta (probabilmente riscoperta) dai ceramisti islamici della Mesopotamia del IX sec. Lo smalto era ottenuto da sabbia finissima dispersa in acqua, biossido di stagno (SnO2) e ossido di piombo (PbO). Lo smalto e’ bianco-latteo ed opaco. Aumentando la quantità di SnO2 aumenta l’opacità, il candore e la lucentezza dello smalto. Lo smalto e’ impermeabile all’acqua, resistente agli urti meccanici e decorativo (la superficie può essere colorata con pigmenti metallici). Lo smalto e’ opaco perchè i granuli di biossido di stagno non sono completamente fusi nella vetrina.

Mattonella smaltata da Toledo, XVI sec.

IL LUSTRO METALLICO

Il lustro metallico e’ ottenuto spennellando sullo smalto o sulla vetrina una sospensione in olio di sali di rame o di argento o di oro. Ricuocendo il manufatto a 650-700 °C in atmosfera riducente, l’olio evapora ed i sali metallici ridotti allo stato metallico (i sali d’argento danno una colorazione gialla; i sali d’oro una colorazione rossa; i sali di rame bivalenti se ridotti a rame monovalente danno una colorazione rossa, se ridotti a rame metallico una colorazione arancio). In questo modo si sono ottenuti il lustro dorato (persiano), il lustro dorato scuro (siriano), il lustro rosso (Bagdad), il lustro dorato pallido (moresco) ecc. ad iridescenze cangianti. Queste iridescenze sonoprodotte per diffrazione della luce operata dal sottile strato metallico della decorazione.

Page 23: Ceramica Corr

PIGMENTIMATERIALI CERAMICI RINASCIMENTALI E POSTRINASCIMENTALI

LA TERRACOTTA e’ una ceramica tenera, porosa graffiabile, a pasta colorata non rivestita. Si ottiene in monocottura in ambiente ossidante a temperatura non superiore ai 900 °C. Questa tipologia include i mattoni, le tegole, le statuine, i modelli usati dagli artisti. Per la sua fragilità la terracotta non e’ adatta per usi domestici.

LA TERRAGLIA (EARTHENWARE) e’ una ceramica porosa ottenuta in ambiente ossidante a temperatura superiore a 1300 °C.

LA PORCELLANA e’ una ceramica ottenuta da argilla bianca a base di caolinite AL2Si2O5(OH)4, e feldspati. Il biscotto vetrificato, compatto duro, bianco, era ottenuto per cottura ad oltre 1300 °C. Il nome porcellana, secondo Marco Polo, deriva da “porcella”, una conchiglia bianca usata come denaro in Cina.

IL GRES (STONEWARE) è una ceramica a pasta vetrificata, compatta, dura, colorata, ottenuta in ambiente ossidante a temperatura maggiore di 1300 gradi. Il gres è generalmente invetriato e/o smaltato e decorato con pigmenti. Le produzioni piùsignificative sono note nella letteratura inglese con i nomi di redBöttger, caneware, dry-bodied ware,ironstone, scratch blue, scratch brown, stoneware Turner, ecc

Nel periodo 1475-1530 è di gran moda la MAIOLICA ITALIANA che è sostanzialmente una ceramica a pasta porosa, colorata, invetriata e/o smaltata. Uno dei maggiori centri di produzione è Faenza, da cui il nome di faenze o faience o fayence con cui sono anche chiamate le maioliche. Il nome maiolica probabilmente deriva dal nome di Maiorca, un’isola delle Baleari, possibile scalo portuale autorizzato per l’esportazione. Altri centri di produzione sono Deruta, Orvieto, Urbino, Gubbio, Firenze, Pesaro, Forlì, Venezia, Siena, Padova, Napoli.

Page 24: Ceramica Corr

PIGMENTI

Piatto di maiolica smaltata, diametro 4.4 cm, “bianco su bianco” da Urbino

Piatto da pompa a lustro

Albarello smaltato, tipico contenitore di prodotti farmaceutici, Faenza, 1480

Piatto forato, maiolica di Faenza, 1550-1570

Page 25: Ceramica Corr

PIGMENTITecnologia di produzione della maiolica

La maiolica e’ prodotta con le procedure schematizzate nel grafico:

1) Si parte da un impasto di miscele di argille raffinate e di buona qualità. Il manufatto e’ essiccato all’aria e cotto in ambiente ossidante a gran fuoco (prima cottura).

2) Il biscotto e’ smaltato per immersione in una sospensione in acqua di biossidodi stagno, ossido di piombo e sabbia. Lo smalto e’ essiccato all’aria.

3) Dopo essiccamento lo smalto e’ decorato a pennello usando pigmenti inorganici di rame, cobalto, manganese, ecc. La decorazione e’ ricoperta da una vetrina trasparente (il soprasmalto) e cotto (seconda cottura).

Page 26: Ceramica Corr

PIGMENTILA SELEZIONE DEI CAMPIONI

La selezione dei campioni da sottoporre ad indagine archeometrica rappresenta un’operazione estremamente delicata da cui dipende la qualità del risultato finale. Tale operazione è funzione delle domande precedentemente formulate ma, al contempo, deve mantenere un buon grado di elasticità in grado di favorire la risoluzione di domande impreviste.I criteri da osservare sono molteplici e presuppongono un attento studio archeologico del repertorio in esame. Tra altri, la tipologia, l’evidenza epigrafica, il luogo di rinvenimento, il luogo di produzione, la cronologia e lo stato di conservazione rappresentano forse i criteri fondamentali per selezionare un contesto rappresentativo.

I criteri per la selezione dei campioni: la tipologia.Lo studio tipologico raccoglie le informazioni desumibili mediante lo studio morfologico e funzionale, l’analisi stilistica ed artistica delle superfici (prive o fornite di rivestimento) e la classificazione degli impasti. La forma di un reperto ceramico costituisce un criterio selettivo fondamentale quando si esaminano contesti eterogenei. Ad ogni modo, qualsiasi insieme di reperti ceramici deve essere ricondotto ad una tipologia nota od interna al contesto in esame, prima di essere campionato.L’analisi stilistica ed artistica affina la selezione dei tipi in contesti eterogenei mentre può rappresentare un criterio primario quando si esamina una produzione morfologicamente uniforme. Lo studio delle caratteristiche del rivestimento èparte integrante dell’analisi stilistica e rappresenta un criterio selettivo importantissimo per gli studi tecnologici. Caratteristiche differenti nel colore, nella distribuzione e nell’applicazione del colore o nel decoro possono infatti fornire utili indicazioni per la ricostruzione del ciclo produttivo e per l’acquisizione dell’informazione funzionale. Per lo studio del rivestimento è utile descrivere innanzitutto il tipo (vernice, smalto, etc.), la struttura (liscia, ruvida, granulosa, bollosa, etc.), lo stato di conservazione (ben conservato, alterato, disomogeneo, a luoghi), la tonalità (bianco, marrone, rosso, blu, etc.) e la distribuzione del colore (uniforme o non uniforme, netto o con sbavature, aree risparmiate, riflesso), il comportamento alla luce (lucente, opaco) e l’eventuale presenza di tracce di lavorazione (impronte digitali, tracce di lavorazione al tornio, etc.). La classificazione degli impasti costituisce un ulteriore criterio, particolarmente utile per la selezione dei campioni in repertorimorfologicamente e stilisticamente uniformi. Per evitare ingenuità e banalità, la classificazione degli impasti deve attenersi a un rigido ordine interno, deve essere condotta dalla/e stessa/e persona/e in condizioni di luce uniformi, deve essere verificata a distanza di tempo e deve essere considerata uno strumento di indagine macroscopica, talora largamente soggettivo.

Page 27: Ceramica Corr

PIGMENTILa classificazione degli impastiUna scheda indicativa per la classificazione degli impasti deve contenere i settori per la descrizione del colore, della durezza, della frattura, della porosità, e degli inclusi. All’interno di ognuno di questi settori devono essere creati i campi descrittivi. Il colore del corpo ceramico è indicativo della materia prima utilizzata, del ciclo produttivo effettuato e dello stato di conservazione del reperto. Per descrivere il colore è utile specificarne l’area di osservazione (in superficie alterata od in frattura fresca), la tonalità (marrone, rosso, arancione, rosa, etc.) e la distribuzione (uniforme o non uniforme ed in questo secondo caso se a luoghi, al bordo, al nucleo, in parete esterna od interna). Qualora non si disponga di strumenti atti alla misurazione del colore (colorimetri), la determinazione ad occhio nudo deve essere ritenuta soggettiva.La durezza è indicativa della materia prima utilizzata, del ciclo produttivoeffettuato e dello stato di conservazione del reperto. Per descrivere la durezza è utile impiegare la scala di Mohs. La frattura è indicativa della materia prima utilizzata, della lavorazione dell’impasto e delle condizioni di giacitura. La terminologia descrittiva da impiegare è variabile. I termini regolare ed irregolare descrivono l’uniformitàdel comportamento in un medesimo corpo ceramico ma è utile specificare ulteriormente se la frattura è netta, a scaglie, concoide o quant’altro.La porosità è indicativa della preparazione dell’impasto e del ciclo di cottura e raffreddamento subito dal reperto in fase produttiva. Nella descrizione è utile indicare la frequenza (scarsamente, mediamente e molto poroso), la forma (arrotondata o allungata) e le dimensioni dei vacuoli (piccoli, medi e grandi, variabili o omogenei). In questo caso, l’osservazione si presta ad essere largamente soggettiva ed è quindi opportuno descrivere la porosità dei campioni nell’arco di una medesima giornata o, per contesti numerosi, effettuando controlli incrociati. La presenza di inclusi è indicativa della materia prima utilizzata e di eventuali accorgimenti tecnici impiegati dai vasai per accrescere la resistenza allo shock termico o adattare il manufatto a determinate caratteristiche funzionali. Nella descrizione degli inclusi è utile descriverne la frequenza (rarissimi, rari, numerosi, numerosissimi), la forma (allungata, arrotondata), le dimensioni (piccole, medie, grandi) e la distribuzione all’interno del reperto (omogenea, aree di concentrazione, etc.). I criteri per la selezione dei campioni: l’evidenza epigraficaNumerose produzioni ceramiche (vasellame da mensa, anfore, laterizi, lucerne, etc.) recano l’iscrizione impressa od incisa. Ai fini della selezione dei campioni, la lettura di tale iscrizione risulta importantissima perché permette di operare un’ulteriore distinzione all’interno di tipologie uguali o aree geograficamente ristrette.

Page 28: Ceramica Corr

PIGMENTID’altro canto l’adozione di questo criterio risulta di estrema importanza per leindagini di provenienza, dato che si è soliti assumere che a medesimo bollo - vale a dire l’iscrizione impressa - corrisponda il medesimo centro produttivo.

I criteri per la selezione dei campioni: il luogo di rinvenimentoI reperti possono esser stati rinvenuti mediante ricognizione di superficie o scavo stratigrafico, oppure, possono far parte di collezioni museali. Il criterio selettivo legato al luogo di rinvenimento è quindi da commisurare alla scala territoriale e cronologica dell’intera ricerca.L’unità topografica (UT) costituisce l’unità di riferimento per i repertori rinvenuti mediante ricognizione di superficie mentre l’unità stratigrafica (US) costituisce l’unità di riferimento per i reperti rinvenuti mediante scavo archeologico. In questo secondo caso, l’US è preferibile rispetto all’attività, alla fase od al periodo, per i quali si tracciano limiti interpretativi.La selezione dei campioni in base al luogo di rinvenimento può presentare maggiori difficoltà nel caso delle collezioni museali ma, in linea di massima, èpossibile gestire il repertorio in esame come uno scavo archeologico o una ricognizione di superficie.

I criteri per la selezione dei campioni: il luogo di produzioneIl luogo di produzione può costituire sia una domanda di partenza che un criterio da osservare per la selezione dei campioni. Nel primo caso, i campioni devono essere selezionati secondo i luoghi di distribuzione. Le analisi avranno così modo di raggruppare i campioni secondo la loro composizione, individuare le aree produttive e favorire la ricostruzione delle vie della commercializzazione. Nel secondo caso, invece, la campionatura è funzionale alla creazione dei “gruppi di riferimento”. La condizione ottimale in questo caso è rappresentata dall’indagine di un sito produttivo. Lo studio archeologico e le analisi chimiche e minero-petrografiche permettono infatti di creare uno o più gruppi di riferimento che vanno a costituire i parametri di confronto per le analisi dei contesti di distribuzione.

I criteri per la selezione dei campioni: la cronologiaLa cronologia del manufatto può costituire sia una domanda di partenza che un criterio da osservare per la selezione dei campioni. Nel primo caso, i campioni vengono selezionati in base agli altri criteri disponibili, quali la tipologia, il luogo di rinvenimento, etc. Nel secondo caso, invece, l’osservazione del criterio cronologico è indispensabile per ricostruire la storia di una produzione ceramica in senso diacronico. Occorre infatti tener presente che le indagini archeometriche devono usufruire di un campionario rappresentativo di tutti i periodi produttivi, specialmente nel caso

Page 29: Ceramica Corr

PIGMENTIin cui la produzione abbia lunga continuità di vita.

I criteri per la selezione dei campioni: lo stato di conservazioneLo stato di conservazione del manufatto può costituire sia una domanda di partenza che un criterio da osservare per la selezione dei campioni. Nel primo caso, la selezione dei campioni deve essere rappresentativa di tutti i fenomeni riconducibili alla fase post-deposizionale. Nel secondo caso, invece, è importante tener presente che lo stato di conservazione dei corpi ceramici e dei rivestimenti influisce nei risultati analitici e deve esser quindi studiato e descritto.Riferimenti bibliograficiAttas, M., Fossey, J. M. & Yaffe, L. (1982). Variations of ceramic compositions with time : a test case using Lakonianpottery, Archaeometry, 24, 181-190.Bearat, H., Dufournier, D., Nguyen, N. & Raveau B. (1998). Influence de NaCl sur la couleur et la composition chimique des pâtes céramiques calcaires au cours de leur cuisson, Revue d’Archéométrie, 13.Buxeda I Garrigós, J. (1999). Alteration and Contamination of Archaeological Ceramics. The Perturbation Problem, Journal of Archaeological Science, 26, 295-313.Buxeda I Garrigos, J. (2001). Chemical and mineralogical alteration of ceramics from a late bronze age kiln at Kommos, Crete: the effect on the formation of a reference group, Archaeometry, 43, 3, 349-371.Cuomo di Caprio, N. (1985). La ceramica in Archeologia. Antiche tecniche di lavorazione e moderni metodi di indagine, Roma.Lemoine, C. &. Picon, M. (1982). La fixation du plosphore par les céramiques lors de leur enfouissement et ses incidences analytiques, Revue d'Archéométrie, 6, 101-112Olcese, G. (1993). Il contributo delle analisi di laboratorio allo studio e alla classificazione della ceramica in archeologia, in Archeometria della Ceramica. Problemi di Metodo. Atti 8° SIMCER – Simposio Internazionale della Ceramica (Rimini, 10-12 novembre 1992), Bologna, 1993, 35-53.Piccioli, C. (1998). Questioni di organizzazione, campionamento e campionatura in Archeometria, in C. D’Amico & C. Albore Livadie (a cura di), Le Scienze della Terra e l’Archeometria, Napoli, 165-170.Picon, M. (1985). Un exemple de pollution aux dimensions kilométriques: la fixation du barium par les céramiques, Revue d'Archéométrie, 9, 27-29.Picon, M. (1991). Quelques observations complementaires sur les altérations de composition des céramiques au cours du temps: cas de quelques alcalins et alcalino-terreux, Revue d’Archéométrie.Picon, M. & Ricq, J. C. (1986). Un exemple d'altération de la composition des amphores massaliètes: le cas d'Olbia, Archéologie du Midi méditerranéen, 12, 65-67.

La campionatura.Il distacco del campione deve essere effettuato secondo le indicazioni dello scienziato che conduce le analisi. Differenti tecniche analitiche richiedono differenti quantità e preparazioni del materiale in esame. In alcuni casi il campione non viene manipolato (analisi non distruttive), in altri invece viene segato e molato, oppure polverizzato (analisi paradistruttive e distruttive). Talora la polvere viene ulteriormente elaborata mediante fusione o attacco in soluzione acida o pressatura.Per i motivi sopra esposti, la campionatura deve ovviare a due tipi di rischi: l’insufficienza del campione, l’inadeguatezza del frammento distaccato e la contaminazione in fase di prelievo.La quantificazione dei campioni viene omessa volontariamente. I calcoli statistici da effettuare sui dati analitici necessitano frequentemente di almeno 30 campioni ma l’imposizione aprioristica di un numero è procedura arbitraria.