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1 inserto marzo 2010 Marzo 2010 Ciasa de ra Regoles PIANO DI GESTIONE DELLA ZPS «DOLOMITI D’AMPEZZO». OBIETTIVO: TUTELA DELLE BIODIVERSITÀ di MICHELE CASSOL - Coordinatore del gruppo di lavoro «Piano ZPS» PREMESSA Ancora un piano? Ma non ne avevano già approvato uno per il Parco? A cosa serve una zona di protezione speciale se l’area è già protetta? Si tratta di domande più che legittime, che percorrono con ogni probabilità la mente di molti regolieri. E in effetti, questo è bene dirlo subito, il Piano di gestione della ZPS integra e completa quello del Parco, non andando mai in contrapposizione con esso. Per altre aree, invece, come nel caso del So- rapis, è il primo strumento di pianificazione in chiave prettamente ecologica. È importante sapere, infatti, che quasi tutte le aree della Rete Natura 2000, siano esse SIC o ZPS, devono essere dotate di un piano di gestione. In Provincia di Belluno ne sono in redazione 9, tutti relativi a ZPS; fra breve «partiranno» i piani delle aree del SIC, e il Conca glaciocarsica di Foses (Foto Michele Da Pozzo) INSERTO A L NR. 123

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Marzo 2010Ciasa de ra Regoles

PIANO DI GESTIONE DELLA ZPS «DOLOMITI D’AMPEZZO».OBIETTIVO: TUTELA DELLE BIODIVERSITÀ

di Michele cassol - coordinatore del gruppo di lavoro «Piano ZPs»

PREMESSAancora un piano? Ma non ne avevano già approvato uno per il Parco? a cosa serve una zona di protezione speciale se l’area è già protetta?si tratta di domande più che legittime, che percorrono con ogni probabilità la mente di molti regolieri. e in effetti, questo è bene dirlo subito, il Piano di gestione della ZPs integra e completa quello del Parco, non

andando mai in contrapposizione con esso. Per altre aree, invece, come nel caso del so-rapis, è il primo strumento di pianificazione in chiave prettamente ecologica.È importante sapere, infatti, che quasi tutte le aree della Rete Natura 2000, siano esse sic o ZPs, devono essere dotate di un piano di gestione. in Provincia di Belluno ne sono in redazione 9, tutti relativi a ZPs; fra breve «partiranno» i piani delle aree del sic, e il

Conca glaciocarsicadi Foses

(Foto Michele Da Pozzo)

INSERTO A L NR. 123

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primo sarà quello del sic Monte Pelmo - Mondeval - Formin, che interessa in parte il territorio ampezzano.

COS’È UN PIANO PER LA ZPS?Ma cos’è un piano di gestione di una ZPs e in che cosa si differenzia da un piano di parco? Vi è da dire che, mentre il secondo, di norma, tiene conto di tutti gli aspetti riguardanti un territorio, comprese, ad esem-pio, la disciplina urbanistica o la normativa venatoria, per fare due semplici esempi, il primo ha come oggetto specifico «solo» la tutela degli habitat e delle specie di interesse comunitario e non è tenuto ad interessarsi di altri questioni quali sono, ad esempio, la ma-teria edilizia o quella riguardante la caccia agli ungulati. Nelle «indicazioni operative per la redazione dei Piani di Gestione per i

siti della Rete Natura 2000», di cui all’al-legato a della DGR n. 4241 del 30.12.2008, si specifica che «il piano di gestione è uno strumento di pianificazione che ha come obiettivo fondamentale la salvaguardia della struttura e delle funzioni degli habitat e la conservazione a lungo termine delle specie, tenendo al contempo in adeguate considera-zioni i fattori socio-economici che insistono in ambito locale».

ALCUNI PRESUPPOSTIÈ molto importante ricordare che il piano di gestione non nasce dal nulla, ma prende le mosse dalla cartografia degli habitat e degli habitat di specie, predisposte da un gruppo di specialisti (gli stessi che si sono occupati del piano), coordinati e coadiuvati dal personale delle Regole. Tale cartogra-fia, di grande e pregevole dettaglio, è stata di fondamentale supporto per le scelte di piano.anche dal punto di vista normativo sussi-steva già un apparato di misure di conser-vazione, specifiche delle ZPs, e declinate habitat per habitat e specie per specie, ap-provate con la legge Regionale n. 1 del 5 gennaio 2007.

ARTICOLAZIONE DEL PIANOil piano è un documento molto articolato e complesso, la sola relazione consta di alcune centinaia di pagine; vi sono poi numerosi allegati (check list, rilievi, formulario stan-dard, banche dati e cartografie, esiti delle consultazioni).la relazione, che costituisce il documento più importante ed accessibile del Piano, si

Quadro generaledelle azioni proposte

dal piano

Potentilla Palustris(Foto Michele Da Pozzo)

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articola in alcuni capitoli. a quello intro-duttivo fa seguito il capitolo riguardante la descrizione del sito (cap. 2), che viene effettuato sotto i più diversi profili (ambien-te fisico, ambiente biologico, aspetti socio economici, aspetti normativi etc.).Nel capitolo 3 vengono esaminate le mi-nacce, anche solo potenziali, a carico di habitat e specie di interesse comunitario; nel successivo (cap. 4) sono invece definiti gli obiettivi di conservazione, che possono essere perseguiti attraverso opportune stra-tegie di gestione, illustrate al capitolo 5.È in quest’ultima parte che sono racchiuse sia le misure di conservazione, sia le azioni da attuare. Rientrano inoltre nel capitolo 5 altri im-portanti aspetti, come quello relativo alla Valutazione di incidenza, che ha portato a definire alcune fattispecie di interventi per le quali non sarà più necessario predisporre la valutazione di incidenza (per esempio, interventi edilizi nel centro di cortina).i capitoli finali comprendono la schedatura delle azioni (cap. 6), il programma di moni-toraggio (cap. 7), i criteri per la valutazione

e revisione del piano di gestione (cap. 8) e la bibliografia (cap. 9).

ITER DEL PIANOil Piano è giunto ad una formulazione de-finitiva dopo una serie di «passaggi», di cui l’assemblea regoliera costituisce l’ultimo tassello, attraverso i quali, nell’interlocuzion-ne costante con gli uffici regolieri e grazie al confronto con i cosiddetti «portatori di interesse», è stato possibile affinare progres-sivamente le scelte di piano, giungendo ad una versione delle stesse condivisa in modo unanime.Una volta adottato dalle Regole, il piano verrà trasmesso alla Regione che, seguen-do una procedura ben definita, all’interno della quale è previsto ulteriore spazio per consultazioni e osservazioni, lo approverà (l’approvazione viene effettuata dal consi-glio Regionale).

IL PIANO ZPS E L’ATTUALE GESTIONEcosa aggiunge e cosa toglie questo piano alla gestione che viene già ora effettuata

Col Rosà, Valle del Boitee Croda Rossa da Cianderou (Foto Michele Da Pozzo)

Tozzia Alpina(Foto Michele Da Pozzo)

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dalle Regole?Poco, si potrebbe rispondere, anche se, grazie agli approfondimenti effettuati (a parti-re dagli anni immediatamente successivi alla redazione del Piano del Parco), è ora possibile disporre di elementi conoscitivi adeguati per delineare con correttezza azioni di conservazione di eccezionali emergenze naturalistiche (laghi di Foses e altre zone umide, col dei Bos, etc.). inoltre, nel Piano sono definiti programmi di monitoraggio di habitat e di specie in quadro generale che, comunque, come già accennato, va a ribadi-re la perfetta coerenza fra i due strumenti di pianificazione: piano del Parco e piano della ZPs. Dal punto di vista normativo, è bene sottolinearlo, varranno ancora le norme del Piano ambientale del Parco.

ATTUAZIONE DEL PIANOe chi darà attuazione, e con quali risorse, al piano di gestione delle ZPs?al proposito è opportuno chiarire fin da subito che la Regione Veneto non ha an-cora promulgato una legge che definisca le competenze in merito alla gestione delle ZPs, anche se logica vorrebbe che, laddove esistano parchi, siano questi ad occuparse-ne. anche le indiscrezioni vanno in questa direzione.Quanto alle risorse necessarie, la risposta è più spinosa. Per ora la Regione si è rac-comandata di far presente quali siano le necessità, con l’intenzione di far poi pre-sente la cosa al Ministro competente e alla commissione europea.Nel piano si è avuta l’accortezza di far ri-

entrare la maggior parte degli interventi in azioni di «incentivazione», la cui realizza-zione va quindi subordinata alla messa in gioco di congrue disponibilità finanziarie, aggiuntive rispetto a quelle necessarie al funzionamento del Parco.Va da sé, ovviamente, che la gran parte delle azioni che le Regole già intraprendono hanno un’ovvia ricaduta positiva su habitat e specie di interesse comunitario, e così continuerà ad essere, anche a prescindere da ulteriori, ancorché auspicabili, nuovi apporti economici.

UNA CONCLUSIONE (speriamo) SENSATAal di là di quali siano gli ambiti formali di applicazione dei piani (Parco o ZPs), gli habitat e/o le specie oggetto di specifica tutela (di «interesse comunitario»o meno), in tutto il lavoro svolto ci si è lasciati gui-dare da un obiettivo sovraordinato, che si sostanzia nella «tutela della biodiversità», da attuarsi in linea e in armonia con la storia pluricentenaria delle Regole.se il piano riuscirà a concorrere al perse-guimento di questo obiettivo, anche solo in parte, sarà un successo e si potrà dire che risorse, tempo, energie e competenze saranno state ben spese.certo, i documenti cartacei e informatici sono importanti, ma è solo attraverso le mani e l’agire di chi gestisce il territorio che questi si possono trasformare in atti virtuosi, che sono poi quelli che hanno consentito a questo territorio di eccellere al livello che gli viene universalmente riconosciuto.

Lago e altopiano di Rudo (Foto Michele Da Pozzo)

Salamandra nera(Foto Andrea Ghedina)

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l’emanazione delle direttive europee per la costituzione della Rete Natura 2000 ha suscitato molti interrogativi in merito al concetto di «conservazione» della natura, soprattutto quando le dinamiche evolutive naturali sono molto veloci e, talvolta, poco prevedibili. la conservazione tout-court, come era concepita qualche decennio fa, è un concetto già da tempo superato, mentre le politiche europee e regionali sono ora maggiormente orientate verso la conserva-zione degli habitat e dei loro meccanismi di funzionamento e meno orientate alle singole specie, salvo casi eccezionali di rischio immi-nente di estinzione, per i quali sono ancora prevedibili azioni di coltivazione in vitro o di allevamento in cattività. con la individuazione dei siti Natura 2000 viene messa inoltre in chiara evidenza l’esi-stenza di habitat perfettamente naturali e di habitat creati dall’uomo, molto estesi e in certi casi più ricchi e vulnerabili di quelli naturali (gran parte dei prati e dei pascoli è di origine antropica, ad esempio). Quando l’azione umana è stata di tipo agro-pastorale e si è protratta per secoli in maniera costan-te, si sono creati nuovi equilibri ambientali e nuove nicchie ecologiche che hanno arric-

chito la biodiversità dei siti rispetto ad altri ambienti, non alterati dall’uomo. «conser-vazione» assume in questo caso il significato di «manutenzione» di ambienti che, da soli, avrebbero una evoluzione diversa e significa pertanto intervenire attivamente per arre-stare dei processi naturali e mantenere una situazione artificiale, di maggiore diversità ecologica e biologica.la conservazione attiva ha comunque dei costi elevati (ogni azione che vada contro un processo naturale richiede dispendio di ener-gia) ed efficacia non sempre comprovata. le attuali conoscenze sulle dinamiche degli habitat e la cartografia di dettaglio fornisco-no indicazioni sul loro stato di conservazione e vulnerabilità e sulla loro distribuzione ed accessibilità. È quindi possibile, mediante un piano di gestione, stabilire dove lasciare libero adito alla evoluzione naturale, anche per inaccessibilità e costi troppo elevati, e dove è invece possibile intervenire in manie-ra attiva e, in una certa misura, prevedere l’efficacia che la gestione attiva potrà avere nel miglioramento dello stato di conserva-zione di habitat e specie. alla luce dei dati acquisiti e dello stato di conservazione assai buono in cui versa la

PIANO DI AZIONI PER LA GESTIONEDELLA ZPS «DOLOMITI D’AMPEZZO»

di Michele Da Pozzo

Panoramica su Col Bechéi, ra Ruoibese Bosco de Castel(Foto Michele Da Pozzo)

I Pantane de Fanes (Foto Michele Da Pozzo)

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maggior parte degli habitat del Parco, la miglior politica tecnicamente adottabile attenendosi alle direttive europee, e condi-visa dalla Deputazione Regoliera in fase di esame preliminare, è quella di concentrare risorse ed energie per una conservazione attiva e costante nel tempo di piccole e significative superfici di prato, di pascolo e di margine; senza tuttavia cadere nell’errore del sovraccarico ed eccessivo concentra-mento del pascolamento sulle medesime piccole superfici e del loro conseguente danneggiamento. in sostanza il pascolo va certamente favorito, ma nel contempo reso più estensivo, affinchè non si verifichi un sovraccarico in certe aree ed un abbandono, con recupero del bosco, in certe altre.si continuerà inoltre a gestire in maniera molto estensiva e con larga periodicità (10-20 anni) tutta la parte di territorio forestale che risulti accessibile ed economicamente

non svantaggiosa e si lasceranno viceversa alla evoluzione naturale tutte le aree mar-ginali e poco o per nulla accessibili, nonché alcune aree appositamente studiate ed indi-viduate come situazioni di elevata naturalità (ad esempio i boschi vetusti come il Bošco de ra ciòces e le torbiere).Vale la pena a questo proposito rammentare alcuni dati di superficie, giusto per rende-re conto di quanto la biodiversità di certi ambienti naturali possa essere concentrata e di quanto potrebbe essere localizzata la efficacia delle azioni mirate. la superficie totale della ZPs, che coincide con quella del Parco, è di 11.360 ettari; la effettiva estensione delle zone acquatiche e delle zone umide e di torbiera, è di 14 ettari in tutta l’area protetta, ovvero lo 0,12% del totale; su questa esigua area sono comprese quasi il 20% delle specie animali e vegetali pre-senti in tutto il Parco. l’estensione dei prati da sfalcio e delle superfici potenzialmente falciabili ammonta a 6,1 ettari, ovvero lo 0,05% del totale; l’estensione dei boschi ve-tusti, ovvero di quelle aree forestali che non hanno mai subìto alcun tipo di trattamento (nemmeno durante la Grande Guerra) e che albergano boschi di una certa struttura e consistenza, ammonta a 300 ettari circa, ovvero il 2,64% del totale.

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al di là di tutti gli aspetti conoscitivi e delle valutazioni sullo stato di conservazione degli habitat e sulla loro vulnerabilità, il Piano di Gestione della ZPs prevede una serie di «Misure di conservazione» ed una serie di «schede delle azione» finalizzate a conser-vare, anche in maniera attiva, gli habitat e le specie di interesse comunitario. Dal punto di vista normativo la legge istitutiva e il Piano del Parco sono già più che suffi-cienti a tutelare le situazioni più pregiate e vulnerabili dell’area protetta, (si ricordi che sono istituite già da 15 anni una decina di aree di riserva integrale, nelle zone meglio conservate del Parco) e non si è ravvisata la necessità di aggiungere ulteriori norme a quelle già esistenti, salvo una misura caute-lativa sullo sfruttamento idroelettrico delle acque con progetti di grossa portata; vicever-sa, dal punto di vista della gestione attiva le schede di azione proposte sono numerose, e investono diversi campi di attività. cercheremo di seguito di elencare il re-pertorio delle principali attività previste dal Piano di Gestione, in modo che ogni Regoliere abbia un’idea pratica di quanto verrà portato in discussione all’ordine del

Pascoli di Rozes e Col dei Bos(Foto Michele Da Pozzo)

Torbiera a Cianpo de Croš(Foto Michele Da Pozzo)

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giorno dell’assemblea Generale e possa esprimere con maggiore cognizione il suo voto. la bozza di piano è stata esposta sul sito internet delle Regole da novembre, in modo che tutti i portatori di interesse potessero formulare eventuali osservazio-ni; a febbraio essa è stata aggiornata con integrazioni da parte del gruppo tecnico che ne segue la redazione (coordinatore il dott. Forestale Michele cassol) e da parte della commissione regoliera interna alla Deputazione. ad oggi non sono pervenute osservazioni da alcun portatore di interesse esterno (aNas, eNel, Demanio dello sta-to, Genio civile, corpo d’armata alpino, associazione Rifugi alpini, associazione impianti a Fune, Guide alpine, cai, as-sociazioni ambientaliste e altri). chiunque fosse interessato a maggiori approfondimenti potrà consultare la bozza di piano sul sito delle Regole o potrà venirla a consultare presso i nostri uffici.

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SCHEDE DELLE AZIONI Passiamo ora in rassegna le schede delle azioni e i relativi esempi; si consideri che buona parte di queste azioni rientra nella ordinaria attività regoliera e di gestione del Parco (didattica e ricerca scientifica comprese) e necessita di essere ricompresa nel piano delle azioni per dimostrare la sua utilità ai fini della Rete Natura 2000 e per poter essere finanziata con fondi specifici destinati al Piano di Gestione della ZPs. Buona parte delle azioni sono già state re-

golarmente intraprese in passato e siamo in possesso di una esperienza gestionale ormai consolidata; altre invece sono azioni nuove, in particolare i miglioramenti di habitat faunistici, il cui effetto andrà monitorato nel tempo prima e dopo l’intervento per dimostrarne l’efficacia. ogni scheda di azione è corredata da un piano dei costi e verrà attuata solamente nella misura in cui verrà finanziata con fondi europei specificamente destinati.

Miglioramento strutturale di boschiartificiali e perticaie coetaneesi tratta per lo più di diradamenti in giovani e densi popolamenti derivanti da tagli a raso della Grande Guerra o da impianti

Pascolo ovino sullaCima Falzarego (Foto Michele Da Pozzo)

Miglioramentostrutturale - forestale (Foto Michele Da Pozzo)

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artificiali; quasi tutte le superfici a perticaia sono già state diradate almeno una volta nel passato quindicennio, ma ogni vent’anni esse vanno ripassate. il materiale di risulta può essere utilizzato come legna da arde-re oppure abbandonato in loco, secondo l’accessibilità dell’area. l’area interessata segue la antica linea del fronte: cianderòu, Pošporcora, Progoito, costa dei sié, son Pòuses, caštel, l'ošpedà, Padeon, Pian del Forame, Rufiedo.

Gestione di particelle forestalidanneggiate dalla grande guerraNello stesso ambito di intervento preceden-te, ovvero la linea del conflitto mondiale, si trovano boschi maturi che sarebbero uti-lizzabili, ma attualmente hanno valore di macchiatico negativo, in quanto rifiutati dai mercanti di legname perché contenenti schegge metalliche potenzialmente dannose

per gli impianti di segagione. si propone in questo caso l’effettuazione di piccoli lotti di 100-200 metri cubi, concentrati in tagli a raso a piccole buche per favorire l’habitat dei tetraonidi e bonificare al contempo dei boschi attualmente fuori mercato; il ma-teriale di risulta può essere venduto come legna da ardere.

Mantenimento delle superfici a pascoloViene favorita la ripulitura della rinnova-zione forestale ed arbustiva invadente le superfici storicamente accatastate a pascolo e situate al di sotto del limite del bosco, non solo per favorire tale attività ove è ancora praticata (Ra Štua, Valon Šcuro, cianpo de crošc, Pian de loa), ma anche per man-tenere aperte, con finalità ambientali e di habitat faunistico e floristico, altre superfici pascolive attualmente sottoutilizzate ed in parte già invase dalla vegetazione arborea (antruiles, Padeon, Rozes).

Sfalcio di superfici prativesi tratta, come detto, di superfici esigue, che assommano in totale a 6,1 ettari, di-stribuiti fra i prati di caštel e 'l ošpedà ed alcune altre aree storicamente falcia-te, il cui foraggio veniva utilizzato anche

Prato umido (Molinieto) Pousa Marza(Foto Cesare Lasen)

Val Felizon - 'L Ošpedà(Foto Michele Da Pozzo)

Albergo de Antruiles(Foto Michele Da Pozzo)

Albergo de Padeon(Foto Michele Da Pozzo)

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per il rifornimento delle mangiatoie per gli ungulati selvatici. Ulteriori superfici da sottoporre a sfalcio, per il mantenimento di una particolare tipologia di prato umido (Molinieto) o per l’eliminazione dei cespi invadenti della Deschampsia caespitosa, sono il lago Bianco, il prato di Pousa Marza, la parte più a sud del prato di 'l ošpedà e alcuni lembi sull’alpe di Foses. Tutela delle aree di torbieraanche per questo tipo di habitat, molto prezioso e vulnerabile, è stata messa in evi-denza la sua occupazione estremamente ridotta (14 ettari) ed è derivata la necessità di porlo sotto una più stretta tutela, per evitare l’eccessivo calpestamento e l’eu-trofizzazione; ciò potrà essere conseguito liberando da vegetazione invadente altre superfici pascolive contigue alle torbiere, attualmente sottoutilizzate, e sgravando

in tal modo la concentrazione del pasco-lamento attorno alle aree umide; le parti più sensibili potranno essere perimetrate con filo elettrico. le zone sensibili sono Foses, le sorgenti di Travenanzes, cianpo de croš-cason dei cazadore, Tremonti ed altre aree minori.

Regolazione del livello delle ghiaienegli alvei torrentizzisu tutti i massicci montuosi del Parco sono presenti colate detritiche che, in occasio-ne dei temporali estivi, si mobilitano ed escono talvolta dall’alveo torrentizio per invadere i terreni circostanti. in certe aree il fenomeno è assolutamente naturale ed incontrollabile, come in Val Travenanzes; in altre, ove siano presenti infrastrutture viarie e vi sia un’accessibilità stradale, si rende necessaria una periodica ripulitura degli alvei e l’asportazione di una certa quantità

A sx pascolo degradatoa Deschampsia caespitosa (Foses)(Foto Cesare Lasen)

Sorgenti di Travenanzes(Foto Michele Da Pozzo)

Laghi di Foses(Foto Michele Da Pozzo)

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di materiale ghiaioso, anche per evitare danni agli ambienti circostanti. la misura proposta rende possibile questa at-tività di manutenzione, che ha risvolti anche economici non trascurabili, senza che essa debba configurarsi ogni volta come un’at-tività di cava, con i relativi adempimenti burocratici, ma che possa essere considerata come un’attività direttamente connessa alla gestione del sito. le località interessate sono le seguenti: Ru Bianco, Boite all'altezza delle colate del col Rosà e delle Pezories, Ru de ra Ruoibes de inze, Ru de colfiedo, Ru de Prà del Vecia e Rudavoi.

Piano di manutenzionedella rete sentieristicala rete sentieristica e viabile del Parco, svi-luppata per più di 200 chilometri, necessita di manutenzione costante per la sicurezza della sua percorribilità; su tale manutenzione viene investita ogni anno una buona per-centuale delle risorse del Parco, considerata l’importanza che le viene attribuita per la fruibilità turistica dell’area protetta. la rete si sviluppa spesso attraverso le mu-ghete, che sono habitat considerati prioritari dalla direttiva europea; per poter essere regolarmente effettuato, il taglio della vege-tazione invadente a mugo richiede di essere pianificato in anticipo e di essere proposto come un’attività di gestione diretta; se non lo fosse, le difficoltà burocratiche per ef-fettuarlo sarebbero tali da scoraggiarne la manutenzione e da portare all’abbandono dei tracciati. Miglioramento dell’habitatdel gallo cedronela specie è in evidente stato di sofferen- za negli ultimi decenni, non solo perché sensibile al disturbo turistico, ma anche perché necessita di spazi forestali semiaperti, che si stanno progressivamente chiuden-do, e di fruttificazione del sottobosco, che tende a sparire con l’ombreggiamento delle chiome. l’intervento consiste nell’effettuare picco-li tagli a raso a buche nelle zone forestali idonee alla presenza della specie, nell’effet-tuare i lavori lontano dal periodo riprodut-tivo (aprile - luglio) e nella messa a riposo

Piana alluvionale diSorabances: Ru de

Colfiedo, Ru Prà delVecia e Ru dei Chenope

(Foto Michele Da Pozzo)

Sentiero in mugheta(Foto Michele Da Pozzo)

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dell’area almeno per il decennio successivo. le aree interessate sono molteplici, dal Pian de ra Špines, all’area ancona - 'l ošpedà, a Rufiedo, alla bassa Val Padeon.

Miglioramento dell’habitatdel gallo forcellostessa sorte capita anche al gallo forcello, che vive a quote più elevate e predilige come habitat il limite superiore del bosco e i soprastanti arbusteti a pino mugo. Pur essendo meno vulnerabile del gallo cedrone, subisce la stessa problematica della chiusura delle radure; la manutenzione dell’habitat del gallo forcello consiste pertanto nell’im-pedire che la mugheta si chiuda su se stessa, effettuando anche in tal caso dei tagli mi-rati di smarginamento delle radure. le aree

interessate sono quelle di Rudo - lainores, suoghe, Tonde de cianderou e alta Val Padeon; l’epoca di intervento è anche in tal caso distante dal periodo riproduttivo.

Miglioramento dell’habitatdei picchi e delle civetteNel Parco vivono cinque diverse specie di picchi; due di esse, il picchio tridattilo e il picchio cenerino, nonché la civetta nana e la civetta capogrosso sono specie di interesse comunitario, per le quali le Dolomti d’am-pezzo sono considerate in europa fra le aree di elezione. Gli habitat di queste specie sono boschi di conifere di alta quota prossimo-naturali (per lo più larici-cembreti), ricchi di grosse piante deperienti o secche in piedi. l’azione consiste nel monitoraggio di tutte

Habitat del gallo cedrone(Foto Michele Da Pozzo)

Gallo forcello

Habitat del gallo forcello(Foto Cesare Lasen)

Gallo cedrone

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le piante con cavità di nidificazione e nel loro rilascio all’atto di eventuali martellate; il notevole calo della richiesta di legna da ardere nell’ultimo decennio e la estensio-ne di boschi poco accessibili al legnatico favorirà certamente l’attuazione di questa misura. le aree interessate sono i boschi di Rudo de sote, Ra Štua-lerosa-Gotres, Val Padeon, Fanes Šcura, Pošporcora, Rozes-sotecordes.

Attività generali di monitoraggioPer molte delle specie animali citate le conoscenze sulla reale consistenza delle popolazioni sono ancora molto scarse e frammentarie e vi è la necessità di un mi-gliore censimento dello stato di partenza e, in seguito, del monitoraggio dell’efficacia delle azioni intraprese. ciò è espressamen-te richiesto dalla comunità europea per giustificare l’impiego dei finanziamenti e la istituzione della Rete Natura 2000. Per le specie floristiche le conoscenze sono più approfondite, anche grazie allo storico ap-porto di Rinaldo Zardini, ma pure in questo caso, viene richiesta particolare attenzione per alcune specie prioritarie, che non sono

in assoluto le più rare, ma sono importanti a livello europeo, e vanno monitorate nella loro evoluzione, come la scarpetta della Madonna.

Attività didattiche e divulgativeParimenti all’azione precedente e alla suc-cessiva, le attività didattiche e divulgative fanno parte integrante di una politica am-bientale europea che non mira solamente alla conservazione di habitat e specie in se stesse, ma anche ad aumentare lo stato delle conoscenze sul patrimonio naturale del con-tinente e a rendere edotta la massa dei cit-tadini sul suo valore e sulle azioni intraprese per tutelarlo. le modalità di divulgazione sono ovviamente le più disparate, specie in un territorio ad elevata vocazione turistica come le Dolomiti d’ampezzo, anche con le moderne tecnologie informatiche.

Attività di ricerca scientificaognuno degli aspetti succitati è meritevole di studio e approfondimento scientifico, ma alcuni in particolare meritano attenzione in quanto indicatori dei cambiamenti climatici in atto o dell’interazione uomo-ambiente. la ricerca scientifica, che rientra non solo fra gli obiettivi della politica europea, ma anche fra i compiti istituzionali del Parco, si concentrerà in particolare su alcune specie animali particolarmente rare, come il pic-chio tridattilo, o vulnerabili, come la pernice bianca e il gallo cedrone, oppure anche su una categoria di animali praticamente sco-nosciuti, come i chirotteri (pipistrelli) e le altre specie di micromammiferi. si occuperà anche dell’estinzione delle specie vegetali

Scarpetta della Madonna(Foto Michele Da Pozzo)

Civetta nana(Foto Andrea Ghedina)

Picchio cenerino(Foto Mario Barito)

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delle zone cacuminali in seguito all’innal-zamento per il riscaldamento globale o dei boschi vetusti che non sono mai stati tagliati e sono ricchi di informazioni sull’evoluzione naturale delle foreste.

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le direttive per la redazione dei piani racco-mandano di individuare anche un repertorio di azioni non direttamente connesse alla ge-stione dei siti, ma che siano di miglioramen-to a situazioni di degrado e possano essere proposte come misure di compensazione per progetti che abbiano incidenza ambientale e richiedano l’adozione di opportune misure di questo genere; i progetti non devono essere necessariamente localizzati all’interno del Parco. l’ipotesi più verosimile è quella che enti pubblici come l’aNas o l’esercito, oppure società di esercizio di impianti a fune abbiano in progetto grosse opere, di cui dovranno in qualche maniera compensare l’impatto ambientale e che il Parco possa offrire loro delle occasioni per effettuare tali compensazioni. a tale proposito sono state proposte le seguenti azioni:

Eliminazione della brigliaterminale del FelizonÈ un’opera attualmente in disuso, un tempo realizzata dall’aRPaV come misuratore di portata, che interrompe il flusso idrico di collegamento fra il Boite e il Felizon e im-pedisce la risalita naturale del pesce lungo quest’ultimo corso d’acqua.

Demolizione della stazionedi Cima Tofana della Freccia nel CieloNel caso in cui, alla scadenza della con-cessione dell’impianto, la società esercente decidesse di non rinnovare la concessione stessa per il terzo tronco, il volume della stazione di cima Tofana perderebbe la sua funzione e cadrebbe in disuso. la sua de-molizione e la bonifica dell’area sarebbero senz’altro onerose, ma altrettanto opportune e necessarie ed è giusto che tale onere non sia a carico del Parco, né della comunità, ma di chi ha realizzato e gestito l’immobile stesso.

Bonifica dell’area militare di Rufiedo con demolizione di una parte dei fabbricati e valorizzazione naturalistica dei luoghiindipendentemente dalla questione della proprietà dell’area, al suo interno sono pre-senti numerosi fabbricati in disuso, la cui destinazione possibile, in caso di dismissione dall’uso militare, non è altro che la demoli-

zione. Nel caso in cui il corpo d’armata al-pino fosse d’accordo di demolire i fabbricati divenuti inutili e bonificarne l’area, sarebbe possibile chiedere appositi finanziamenti e porre in atto un’azione comunque positiva per l’ambiente. in seguito alla bonifica, l’area compresa fra le Fontanes de Rufiedo e i la-ghe di Rufiedo si presterebbe idealmente ad ospitare un sentiero naturalistico accessibile a tutti e di grande valenza ambientale.

Boschi vetusti(Bosco de ra Ciòces)(Foto Michele Da Pozzo)

Zona militare di Rufiedo(Foto Michele Da Pozzo)

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14 inserto marzo 2010

LE TORBIERE DI FOSES l’eccezionalità del biotopo naturalistico di Foses è riconosciuta già da diversi anni. È sicuramente lo spettacolo paesaggistico che cattura l’interesse dell’escursionista di pas-saggio, ma il valore di quest’area va ben oltre questo; esso è supportato da altri aspetti, forse meno istintivamente comprensibili a coloro che non sono tecnici o grandi ap-passionati, ma sicuramente fondamentali per capire quale sia il valore del patrimonio ecologico in gioco e la fragilità dell’equili-brio dell’ecosistema delle zone umide qui presenti. Numerose ricerche mirate sono state svolte negli ultimi anni e da ciò emerge un quadro assolutamente degno dei migliori apprezzamenti in termini scientifici, il che si traduce più semplicemente in ciò che tutti possono ammirare, ovvero nel gioiello naturalistico che è la conca glaciocarsica di Foses. Due sono i motivi che hanno spinto alla proposta di attuazione di alcuni sem-plici provvedimenti di tutela dell’area: la presa d’atto del patrimonio naturalistico, che consta di numerose specie floristiche rare e minacciate d’estinzione, e la valuta-zione di una possibile incidenza di alcune attività praticate dall’uomo nei confronti dello stesso patrimonio. il pascolamento è il fattore di pressione che grava maggiormente

sulla buona conservazione dell’area. Que-sto accade soprattutto perché, rispetto ad un tempo, è cambiato il modo di svolgere detta attività: mentre una volta il bestia-me veniva frequentemente spostato da un luogo ad un altro, ora si tende a lasciare le greggi spostarsi autonomamente, sen-za preoccuparsi di regolamentare l’utilizzo della superficie pascoliva; si pensa perciò ad una regolamentazione. la posa di un filo elettrico a circoscrivere i piccoli lembi territoriali umidi (laghi e torbiere circostan-ti), per proteggerli dal calpestamento e dal costipamento del suolo, potrebbe rappre-sentare un provvedimento utile. inoltre, recuperando la qualità vegetazionale del pascolo in corrispondenza di zone in cui si è progressivamente diffusa una vegetazione poco appetita dagli animali, si renderebbe disponibile ulteriore spazio destinato all’uti-lizzo. l’eventuale problema di assicurare la necessaria disponibilità idrica ai domestici pascolanti sarebbe aggirabile valutando la possibilità di creare punti di abbeveraggio artificiali posizionati in ambiti meno delicati o già parzialmente degradati.la frequentazione turistica è un problema di minore portata, anche in questo caso risolvibile con il posizionamento di passerelle in corrispondenza del passaggio del sentiero

APPROFONDIMENTI DI ALCUNE AZIONIdi Martina siorpaes

Biotopo di Foses(Foto Martina Siorpaes)

Fioritura sul Caštel de Foses(Foto Michele Da Pozzo)

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perseguibile attraverso la conservazione o il miglioramento dell’habitat in cui la stessa specie trova la nicchia ideale di sopravviven-za. lo scopo degli interventi quindi è quello di rendere l’ambiente sempre più affine alle esigenze ecologiche della specie.le aree di canto dell’urogallo sono composte da formazioni arboree che, anche se attual-mente costituiscono un habitat idoneo per la specie, spesso sono in rapida evoluzione verso una struttura del popolamento più chiusa in assenza di interventi. Non si ritiene però opportuno «congelare» queste tipologie di habitat, in quanto sarebbe un’azione for-zata, ma è auspicabile la formazione di nuovi siti idonei che andranno a sostituire quelli divenuti inadatti. l’ambiente frequentato dal cedrone necessita di determinati interventi che assicurino all’interno del popolamento l’apertura di piccole «buche», più o meno regolari, dell’ordine di 300 m²; importante è il mantenimento di uno strato arbusti-vo, soprattutto ai margini delle radure, la creazione di nuclei di rinnovazione e la tutela di alcune piante di dimensioni ed età ragguardevoli. Una delle cause della grande vulnerabilità di questa specie, ma che in genere accomuna tutti i tetraonidi, è il fatto che essi nidificano a terra e perciò sono molto più soggetti ai fattori avversi di origine naturale, ma anche di origine umana, e ciò soprattutto nel periodo prima-verile, durante le covate. Nel primo caso si annoverano, per esempio, primavere molto piovose, che minano la buona riuscita delle covate e la predazione da parte di altre specie selvatiche, nel secondo caso, invece, ci si riferisce al grosso problema dei cani lasciati liberi di vagare sul territorio e delle utiliz-

Habitat di picchi e civette(Foto Martina Siorpaes)

Miglioramento habitat Gallo cedrone (area prioritaria di intervento)

Regolamentazione delle attività negli habitat fluviali

Interventi di miglioramento strutturale nei rimboschimenti artificiali e nellepeccete secondarie da ricondurre potenzialmente all'habitat delle peccete

Prosecuzione dello sfalcio del triseteto

Regolazione livello ghiaie negli alvei e nelle conoidi detritichecon elevato trasporto solido

Conservazione dell'habitat di faggeta

Estratto della carta delle azioni zona r'Ancona - 'L Ošpedà

nelle zone umide che, nella fattispecie, si localizzano nel punto di attraversamento dell’emissario del lago Gran, emissario che si getta poi nel vicino inghiottitoio.le azioni che vengono proposte in quest’ot-tica di mantenimento di un equilibrio dina-mico molto delicato delle superfici lacustri (circa 1,5 ettari) e delle adiacenti torbiere (poco più di 4 ettari) non vogliono andare contro la pratica di alcune attività, quali quelle sopra nominate, che rappresentano per tradizione una peculiarità del luogo e che contribuiscono con la loro presenza a valorizzare e far apprezzare ancor di più il territorio in questione. sono poche e ac-curate precauzioni che assicurerebbero il raggiungimento dei fondamentali obiettivi di tutela e di prosecuzione delle tradizionali attività dell’uomo rendendoli, allo stesso tempo, compatibili e conseguibili.

MIGLIORAMENTO DELL’HABITATPER IL GALLO CEDRONEil gallo cedrone rappresenta una specie che sta andando incontro ad un forte declino all’interno dei boschi di tutto l’arco alpino e questo fenomeno può essere ricondotto in buona parte anche all’abbandono dell’atti-vità selvicolturale, ovvero delle utilizzazioni forestali, conseguente alla sempre minor rimuneratività delle attività del settore primario. Nel contesto ampezzano vi è, inoltre, un ulteriore problema da tenere in considerazione: una notevole quantità di superficie boschiva è stata interessata dagli eventi bellici della Grande Guerra e perciò il legname contenente schegge di ferro non viene accettato dai potenziali acquirenti.Questi lotti rimangono in piedi ed il bosco continua ad invecchiare senza poter essere sottoposto a tagli. all’interno della ZPs «Dolomiti d’ampezzo» la situazione può ritenersi ancora buona, ma non vi è dubbio che anche qui la numerosità della specie, seppur con ritmo più basso rispetto a molti altri contesti territoriali, vada progressiva-mente calando.Questo affascinante tetraonide costituisce, in termini di taglia, il più grande rappresen-tante dell’avifauna alpina ed è compreso tra le specie dell’allegato i della direttiva Uccelli, ovvero la stessa direttiva per cui si prevede l’istituzione delle Zone di Protezio-ne speciale di cui si sta trattando. Questo significa che, per questo componente del-la fauna volatile si prevede la necessità di adottare provvedimenti concreti di tutela, ove se ne presenti realmente la necessi-tà, per assicurarne il mantenimento e, se possibile, l’incremento. Questo obiettivo è

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zazioni forestali eseguite in periodi errati. Gli interventi in bosco dovranno essere perciò regolamentati ed avvenire in periodi compresi tra l’estate e l’autunno.l’area sottoponibile ad azioni di questo tipo coincide con quella, già riportata in carto-grafia, dell’areale potenziale di sopravviven-za del gallo cedrone. all’interno di questo ambito vengono però selezionate delle su-perfici in cui gli interventi sono ritenuti più accessibili e maggiormente necessari.

CONSERVAZIONE E INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE DI PICIDIcome già accennato, sono ben 5 le specie appartenenti alla famiglia dei picidi che vivono all’interno del territorio di corti-na e della ZPs, e la buona consistenza e distribuzione di tutte le popolazioni può essere tradotta con un’eccellente stato di conservazione dell’habitat per questa avi-fauna. Tra queste cinque specie ve n’è una in particolare la cui presenza è di assoluta rile-vanza, per cui, senza tema di smentita, l’area ampezzana svolge un ruolo di prim’ordine in termini di idoneità ambientale, non solo considerando l’ambito territoriale regionale. si tratta del picchio tridattilo, senza dubbio una delle specie di interesse comunitario, incluse nella direttiva Uccelli, più rare, non solo a livello alpino. essa rappresenta un relitto dell’epoca glaciale che, a seguito del disgelo, trovò rifugio solamente in alcune aree; è infatti una specie molto esigente in termini di habitat e richiede la presenza di ecosistemi intatti e ben conservati.assieme al tridattilo, anche il picchio ceneri-no e il picchio nero sono citati nella direttiva come particolarmente meritevoli di tutela; quest’ultimo risulta tuttavia molto comune nella nostra valle, mentre il cenerino non è mai abbondante e piuttosto schivo.

i picchi possono essere considerati come «specie ombrello», ciò significa che pen-sando alla conservazione del loro habitat è possibile simultaneamente ottenere l’effetto di protezione anche di diverse altre specie che convivono nello stesso ambiente; in questo caso, gli altrettanto pregevoli rapaci notturni, come le civette e i gufi, che spesso nidificano nelle cavità scavate precedente-mente dal picchio.i principali provvedimenti, che spesso vengono già ora adottati nel corso delle utilizzazioni boschive, prevedono il rilascio di legno morto, piante secche in piedi o schianti, il mantenimento delle piante con cavità che sarebbe utile segnalare e marcare con un sistema GPs, cosicché esse possano essere individuate facilmente nel corso della martellata. sarebbero da rilasciare i vecchi individui arborei e, in fustaie mature, man-tenere piccoli nuclei di piante da destinare ad invecchiamento indefinito.esiste già una cartografia in cui viene in-dicato l’areale potenziale all’interno del territorio del Parco delle tre specie di picchi considerati, areale che spesso si sovrappone. Gli interventi mirati potranno essere appli-cati all’interno di questi luoghi calibrando gli interventi in funzione delle condizioni ambientali proprie di un’area e delle possi-bilità di essere eseguiti.Per inciso, le altre due specie di picchi, cioè picchio rosso maggiore e picchio verde, non sono considerati nella direttiva comunitaria perché la loro diffusione è estremamente ampia e non presentano particolari problemi di adattabilità ambientale. il picchio verde non è molto comune nei boschi ampezzani, ma questo solamente per motivi biogeogra-fici: esso frequenta volentieri anche par-chi, giardini, campagne alberate e ambienti meno naturaliformi.

Picchio tridattilo(Foto Mario Barito)

Civetta capogrossoin nido di picchio

(Foto Andrea Ghedina)