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Numero speciale Youngs - Giovani cinofili si cimentano a scuola parlando di cani ai loro esami. Special Issue 'Youngs' - Young dog lovers test themselves at school talking about dogs to their exams.
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2
Eccoci finalmente qui con questo numero speciale dedica-
to ai ragazzi che quest’anno agli esami di maturità o uni-
versitari si sono voluti cimentare in tesine che hanno avu-
to come argomento il nostro amico a 4 zampe: il cane.
A quanto pare finalmente questo argomento sta entrando
nelle scuole. Ed io sono particolarmente orgoglioso per-
ché direttamente o indirettamente i ragazzi che le hanno
presentate, ottenendo fra l’altro un’alta valutazione, mi
hanno coinvolto nella ricerca di materiale informativo o
solo per qualche consiglio. Orgoglioso una volta di più,
perché Sara Filippini alla maturità scientifica ha citato fra
le sue fonti il mio libro elettronico (ebook in formato
PDF) “...E il cane decise di incontrare l’uomo”.
Tutti e tre, Sara, Stefano e Raffaella, fanno onore alla loro
età e mi auguro che in futuro possano diventare un buon
esempio da seguire fra i loro coetanei e anche fra gli an-
zianotti come me, perché hanno iniziato ad intraprendere
un percorso di formazione sicuramente difficile, ma anche
molto gratificante: la lunga strada per comprendere le ori-
gini, l’etologia ed il comportamento sociale del cane.
Credo che se potessi, non smetterei più di lodare questi
tre ragazzi che hanno dimostrato una rara capacità che è
quella di mettere in discussione se stessi ad un primo im-
portante esame nella loro vita didattica e cinofila. Ma ru-
berei spazio a ciò che loro hanno scritto ed esposto.
Dunque, un numero speciale YOUNGS con molte pagine
(80) e molte informazioni, con l’augurio che questo sia un
ulteriore passo verso l’obiettivo che io e gli altri cofonda-
tori di CINOFILI STANCHI abbiamo concepito al mo-
mento in cui decidemmo di avventurarci in questo perio-
dico online.
Buona lettura a tutti.
Giovanni Padrone
3
Editoriale pag. 2
La storia del cane - Il processo evolutivo del cane
di Sara Filippini pag. 4
La Psicologia applicata all’educazione del cane e
del cane - guida per non vedenti
di Raffaella Zampa pag. 39
Il cane nella storia dell’uomo
di Stefano Capodanno pag. 53
Il border Collie - di Raffaella Zampa pag. 64
4
I.S.I.S.S L. Geymonat
Tradate (VA)
La storia del cane Il processo evolutivo del cane
Filippini Sara
Classe 5st B
5
Indice: Premessa;
Introduzione;
La storia dell’evoluzione dei canidi;
Il rapporto tra i nostri antenati e i canidi;
Le origini del cane tra verità e leggenda;
Le prove a favore dell’origine del cane come “spazzino”;
Il processo di coevoluzione e non di addomesticazione;
Le analisi genetiche come prove;
I reperti archeologici e paleontologici come prove,
Alcuni dei siti più importanti:
Lazaret (Francia)-130.000 anni fa
Goyet (Belgio)-36.500 anni fa
Razboinichya (Russia)-33.000 anni fa
Předmosti (Repubblica Ceca) -31.500
anni fa
Chauvet (Francia)-28.000 anni fa
Akakus (Libia)-12.000 anni fa
Ein Mallaha (Israele)-12.000 anni fa
Danger Cave (Utah-USA)-10.000 anni
fa
I cani in Italia;
L’avvento della selezione;
Il tentativo di dare una spiegazione attraverso le analisi del DNA;
La presenza del DNA del lupo nel patrimonio genetico del cane;
Le linee di selezione:
Linea mediorientale
Linea Europea
Linea siberiano-americana
Linea Asiatica
Dal 5.000 a.C. ai giorni nostri: ecco cosa accadde.
6
Premessa Ho deciso di dedicare la mia tesina di maturità ad uno splendido anima-
le quale è il cane.
Questo perché il cane è l’animale con il quale l’uomo ha instaurato il
legame più profondo e antico che esista. È l’unico animale, se non si
considera il gatto, ad essere così legato e attratto dall’uomo, con il qua-
le condivide gioie e dolori e al quale dona un affetto incredibile.
E a sua volta è l’animale più amato e conosciuto dall’uomo, anche se
spesso viene maltrattato e considerato come un essere inferiore, ma no-
nostante questo è rimasto sempre al fianco dell’uomo nel corso della
storia, aiutandolo in vari ambiti della vita, che spaziano dalla caccia, al-
la guardia, fino ad arrivare alla guerra e alla ricerca di mine.
Introduzione Il cane, secondo la classificazione di Linneo, è chiamato Canis lupus
familiaris, fa parte del regno animale e del phylum dei cordati.
Questo animale è un vertebrato dell’ordine dei carnivori e appartenente
alla classe dei mammiferi, più specificatamente è un placentato.
Più dettagliatamente fa parte della sottofamiglia dei canidi che include
36 specie diverse, la maggior parte di questi, ha un muso allungato, o-
recchie erette e code folte. Alcune specie sono sociali (come i lupi), al-
tre semi solitarie (come le volpi). Se analizziamo il nome completo,
possiamo dedurre ulteriormente che appartiene al genere Canis, alla
specie Lupus e alla sottospecie familiaris.
Nei seguenti capitoli vedremo il processo di evoluzione dei canidi, a
cui il cane appartiene, e in particolare quello del cane stesso. Le fasi
dell’evoluzione che verranno trattate, saranno supportate da prove
scientifiche come analisi sul DNA, ritrovamenti archeologici, ritrova-
menti paleontologici e esperimenti, svolti al fine di capire le dinamiche
avvenute in epoca passata.
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La storia dell’evoluzione dei canidi Come ho annunciato nell’introduzione, per comprendere appieno come
si è evoluto il cane, bisogna prima capire il percorso di evoluzione se-
guito dalla famiglia dei canidi.
La storia dei canidi inizia nel Terziario quando in nord America, Asia
ed Europa apparvero i primi Miacidi, ovvero animali simili ai mustelidi
che diedero origine a tutti i carnivori.
Successivamente (39 milioni di anni fa) apparve una specie intermedia
che aveva la dentatura da Miacide e la base craniale da canide, questo
animale era chiamato Prohesperocyon wilsoni.
Intorno a 38,5 milioni di anni fa apparvero gli Hesperocyonidae che
rimpiazzarono i Miacidi che si estinsero 33 milioni di anni fa.
In un secondo tempo (34 milioni di anni fa) apparvero la Borophaginae
(famiglia che fa parte delle caninae come i canidi) e i primi canidi
(Leptocyon vulpinus), che convissero insieme alle Hesperocyonidae fi-
no a 14 milioni di anni fa.
La differenza tra le due specie è che i membri della prima si sviluppa-
rono con aspetti e taglie diversi mentre quelli della seconda rimasero
della dimensione e dell’aspetto di una volpe fino a 12 milioni di anni
fa.
Solo intorno a 10 milioni di anni fa i canidi iniziarono a differenziarsi
per aspetto, ovvero quando apparvero nuove specie di canidi di taglia
simile al coyote e con dentatura da mesocarnivoro (ovvero animale con
dieta al 70% di carne e il resto di vegetali).
In seguito, intorno a 8 milioni di anni fa, i canidi iniziarono a propagar-
si su tutto il pianeta. Emigrarono nell’Asia settentrionale attraverso la
Beringia (un ponte di terra che emergeva dal mare durante la glaciazio-
ne e univa l’Alaska e l’Asia siberiana) e non si spinsero però al sud o-
rientale, dove arrivarono due milioni di anni dopo.
In Africa, invece, arrivarono circa 6,5 milioni di anni fa attraversando il
Medio Oriente e la Spagna che allora erano unite all’Africa.
Tra tutti i canidi presenti sulla terra a quei tempi, quello che può essere
considerato il progenitore del lupo, e quindi del cane, è il Canis arnen-
sis, ovvero il cane dell’Arno, che visse intorno ai 3,5 milioni di anni fa
in Italia.
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Il Rapporto tra i nostri antenati e i canidi I primi veri e propri lupi apparvero solo intorno a 800.000 anni fa e
l’uomo (Homo heidelbergensis) provò ad addomesticarli a partire da
500.000 anni fa; di ciò abbiamo testimonianza grazie a dei ritrovamenti
in Europa (Teutevel, Francia – Boxgrove, Gran Bretagna).
Nella maggior parte dei siti sono stati ritrovati reperti che dimostrano il
fallimento della domesticazione del lupo, solo uno, quello di Lazaret
(Francia), dimostra che i nostri antenati (Homo sapiens neanderthalis)
ebbero successo.
I lupi, come gli altri canidi, emigrarono sia in Africa che in Asia dove
costituirono varie sottospecie. Contemporaneamente in Africa si evol-
vevano i primati che portarono alla nascita degli ominidi. Quindi pos-
siamo intuire che gli ominidi e i canidi entrarono presto in contatto tra
loro. Probabilmente, all’inizio ebbero un rapporto basato sulla caccia
reciproca, ovvero gli ominidi cacciavano e si cibavano dei piccoli cani-
di, mentre le specie più grandi che svilupparono comportamenti sociali
e quindi cacciavano in muta, fecero diventare i nostri antenati delle
prede.
In seguito divennero rivali per quanto riguarda il territorio e le prede,
infatti gli ominidi si cibavano degli stessi animali dei canidi, ma non si
cibavano più dei canidi, e questi a loro volta non cacciavano più gli o-
minidi. Lo stesso discorso lo si può fare anche per i lupi.
Questo viene dimostrato dai ritrovamenti di alcuni siti vicino a Pechi-
no, in Francia e in Inghilterra. Da questi non si può dire che tipo di rap-
porto si fosse instaurato, ma sappiamo solo che i canidi non costituiva-
no più l’alimentazione degli ominidi.
Il ritrovamento più noto fu quello di un australopiteco chiamato “figlio
di Lucy” che fu rinvenuto in Etiopia a fianco dei resti di un canide che
può essere considerato l’antenato del cane procione.
Quindi questi reperti dimostrano che l’evoluzione dei nostri antenati è
avvenuta in maniera ravvicinata a quella dei canidi.
9
Le Origini del cane tra verità e leggenda Sulle origini del cane vi sono varie teorie; c’è chi sostiene, come Kon-
rad Lorentz, che i cani derivano dai lupi o dagli sciacalli in base alla
razza a cui appartengono, altri, come Aristotele, credevano che i cani
avessero origini multi specie (ad esempio si credeva che alcune razze
derivano dagli orsi) e infine c’è chi sostiene, come Darwin, che il cane
derivi unicamente dal lupo.
La teoria più accreditata è quella di Darwin: infatti i vari studi sul DNA
mitocondriale dimostrano una discendenza materna dal lupo; del padre
non si può essere sicuri in quanto il DNA mitocondriale viene ereditato
solo dalla madre.
Sempre dai vari studi sul DNA è stato scoperto anche che tutti i canidi
viventi appartenenti al genere Canis, eccettuato lo sciacallo dorato,
hanno il medesimo numero di cromosomi e possono accoppiarsi tra di
loro dando origine a prole fertile.
Esistono molte leggende che parlano della domesticazione del lupo da
parte dell’uomo. La più famosa è quella che narra di un cacciatore prei-
storico che prese dei cuccioli di lupo, li addomesticò e li fece diventare
dei veri e propri cani.
Ciò però non accadde mai. In realtà il processo che portò al cane iniziò
circa 130.000 anni fa a Lazaret nel sud della Francia, quando un grup-
po di lupi, probabilmente poco abili a cacciare, si avvicinarono
all’uomo per cibarsi dei suoi scarti alimentari; per poter fare ciò quei
lupi dovettero mutare nel corso del tempo molti loro comportamenti nei
confronti dell’uomo, innanzitutto, come prima cosa, dovettero sicura-
mente ridurre la distanza di fuga. Poi, in seguito, i loro discendenti mu-
tarono anche l’aspetto fisico, ovvero diventarono più piccoli per potersi
adattare alla nuova vita e anche il cranio (come si nota sotto) divenne
più piccolo e leggero rispetto quello di un lupo coevo e lo stesso discor-
so lo si può fare per i denti carnassiali (quelli usati per triturare le ossa).
Questo processo avvenne intorno a 130.000 anni fa perché fu proprio in
questo periodo che si registrò un incremento demografico dell’uomo di
Neanderthal grazie alla sua abilità come cacciatore, quindi aumentando
la popolazione ed aumentando le abilità predatorie di conseguenza au-
mentarono pure i rifiuti alimentari e pertanto fu una conseguenza logica
il fatto che questi lupi poco abili nel procacciarsi prede si avvicinarono
10
per opportunismo agli accampamenti.
La teoria appena descritta fu sostenuta già da Konrad Lorenz nel suo li-
bro “E l’uomo incontrò il cane”, solo che egli individuò il progenitore
del cane non nel lupo ma nello sciacallo e datò questo evento circa
15.000 anni fa e non 130.000 anni fa.
- Cranio del lupo di Lazaret
Dunque furono proprio quei lupi a permettere la nascita del cane come
lo intendiamo noi oggi, infatti questi, nel corso delle generazioni, si di-
staccarono dal ramo evolutivo del lupo, mutarono aspetto fisico e com-
portamento diventando così dei cani “naturali”. Questo processo di e-
voluzione durò fino a 40.000 anni fa quando comparvero i primi veri e
propri cani.
I nostri antenati sfruttarono questi animali per smaltire i resti alimentari
e per la guardia alle proprie abitazioni. Quando la loro alimentazione
variò, ovvero col passaggio alla vita stanziale dovuta alla scoperta
dell’agricoltura, passarono a cacciare piccoli animali, quindi veloci e
agili, probabilmente gli umani incominciarono a sfruttare le abilità del
cane per cacciare le prede. Quindi cominciarono a far accoppiare fra lo-
ro cani più adatti alla caccia, quindi più abili. Fu così che iniziò la sele-
zione umana.
11
Le prove a favore dell’origine del cane come “spazzino” Un esperimento che spiegò i meccanismi dell’evoluzione del cane
(quindi ciò che successe ai lupi di Lazaret) fu svolto da Dimitri Bela-
yev, scienziato dell’unione Sovietica, durante la seconda metà del No-
vecento.
Belayev per il suo esperimento decise di utilizzare delle volpi aventi
due caratteristiche fondamentali che lui riteneva fossero ereditarie, ov-
vero dovevano mostrare una buona tolleranza nei confronti dell’uomo e
dovevano essere poco aggressive.
Per cui prese delle volpi con tali caratteristiche, le fece accoppiare e al-
levò la prole. Dopo alcune generazioni ottenne delle volpi con caratteri-
stiche fisiche e comportamentali diverse da altre volpi: queste avevano
cambiato il colore del manto (acquisirono macchie bianche sulla fronte
e sul petto chiamate macchie da domesticazione), la coda si arricciò e
le orecchie divennero pendenti.
Addirittura gli esemplari dell’ultima generazione che allevò, sembrava-
no dei veri e propri cani sia dal punto di vista fisico che comportamen-
tale, poiché presentavano segni di attaccamento nei confronti degli u-
mani, come lo scodinzolio e i rituali di accoglienza al loro arrivo e per-
sero l’istinto di fuga e l’aggressività verso gli uomini.
Quindi possiamo dedurre da questo esperimento che le volpi seleziona-
te trasmettevano alla prole, per via ereditaria, mutazioni sia comporta-
mentali che fisiche.
Questo esperimento (che tuttora prosegue grazie agli allievi di Belayev)
ci ha mostrato il processo di evoluzione che avvenne 130.000 anni or-
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sono e ha spiegato il motivo per cui i lupi di Lazaret erano più piccoli
rispetto agli altri, anche se probabilmente l’evoluzione di quei lupi fu
molto più lenta in quanto Belayev fece il tutto attraverso la selezione
artificiale e non naturale come avvenne all’epoca.
Il processo di coevoluzione e non di addomesticazione Fino ad ora abbiamo parlato di domesticazione, ma questo termine non
è corretto, infatti, come sostiene lo scienziato Ray Coppinger, non è
biologicamente possibile l’ipotesi di domesticazione attraverso un pro-
cesso di selezione artificiale avvenuto dopo la cattura di cuccioli di lu-
po, il loro allevamento e l’addestramento con la nascita finale di gene-
razione in generazione del cane.
Infatti se i nostri antenati ci provarono molto probabilmente fallirono .
Questo lo si può dimostrare dal fatto che:
I lupi vivendo a stretto contatto con l’uomo imparano a non temerlo,
ma se necessario lo possono attaccare senza alcun problema.
Ci sono uomini anche oggi che hanno tentato di addomesticare specie
di canidi selvatici senza riuscirci, ad esempio gli indios Cumagoto usa-
no lo speoto (Speothos venaticus) come animale da compagnia. Questo
è un animale che ha un comportamento sociale simile ai lupi ma è mol-
to aggressivo nei confronti degli invasori del suo territorio. Le tribù de-
gli indios sono riuscite a renderlo un animale socievole ma comunque
nel corso del tempo non ha subito mai nessuna modificazione fisica co-
me le volpi di Belayev.
Tutt’oggi i lupi che vengo messi in cattività diventano particolarmente
aggressivi e la convivenza con questi è molto pericolosa per l’uomo.
Anche gli esperimenti di ibridazione col cane non hanno avuto molto
successo: infatti, le razze risultanti hanno caratteri molto forti e difficili.
Un esempio di questo è il cane lupo cecoslovacco che si ottenne
dall’accoppiamento di una femmina di lupo e di un pastore tedesco, do-
po che questa aveva ucciso altri tre maschi. Quindi da tutto ciò possia-
mo capire che un processo di addomesticazione non poté avvenire
all’epoca, dato che non si è riusciti ad averlo nemmeno ai giorni nostri
sebbene possediamo conoscenze approfondite in materia di etologia e
genetica.
13
Perciò, dato che i nostri antenati non avrebbero potuto addomesticare il
lupo, si deve pensare più che altro a un meccanismo di co-evoluzione
nel quale i nostri antenati e quelli del cane si sono evoluti insieme.
Questo processo probabilmente iniziò quando un nostro antenato intuì
la possibilità di potersi avvicinare maggiormente ai protocani vincendo
quel minimo di diffidenza ancora presente .
Però va sottolineato che il meccanismo che portò dal lupo al cane non
fu a opera esclusiva dell’uomo, ma fu uno scambio di opportunità fra
due specie animali diverse che trovarono punti comuni che li portarono
a vivere insieme.
Anche Lorenz ebbe ipotizzato che furono gli antenati dei cani a distac-
carsi dai propri simili, avvicinandosi all’uomo per opportunismo e nel
corso dei secoli divennero dei canidi che non erano né cane né lupo e
poi con le generazioni successive modificarono il comportamento e
l’aspetto fisico per adattarsi alla nuova vita di spazzini di rifiuti ali-
mentari.
Le analisi genetiche come prove Dai lupi di Lazaret al primo vero cane trascorsero circa 90.000 anni e
ciò che avvenne in questo lasso di tempo lo si può solo ipotizzare .
Per cercare di fare luce su ciò, sono stati effettuati vari studi di geneti-
ca, esaminando il DNA mitocondriale (DNA che si trova in organuli
presenti all’interno delle cellule); alcuni affermano che il ramo evoluti-
vo che ha portato poi al cane si è distaccato dal lupo intorno a 130.000
anni fa, mentre altri studi affermano che ciò avvenne intorno a 14.000
anni fa.
Recentemente però è stato dimostrato che gli studi sul DNA mitocon-
driale sono poco affidabili, infatti ad esempio la seconda ipotesi è inat-
tendibile, questo perché sono stati trovati resti di cani antichi almeno il
doppio di quegli anni.
In seguito, nel 2009, è stato effettuato un nuovo studio di genetica, che
si basa sull’analisi del genoma di 912 cani di 85 razze diverse e 225 lu-
pi grigi.
Da questo studio è emerso che:
1. L’origine del cane è europea e non asiatica come alcuni studi ba-
sati sul DNA mitocondriale affermavano;
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2. Uno dei primi processi di selezione umana è avvenuto in Medio-
riente e non in Cina;
3. Le razze più antiche sono il Basenji e il Saluki, poi arrivarono lo
shar-pei, il levriero afgano, l’husky e l’alaskan malamute, mentre
tutte le altre razze chiamate primitive, arrivarono tempo dopo.
Successivamente ci fu uno studio che dimostrò che le razze autoctone
del Medioriente e dell’Asia subirono un processo di ibridazione con le
sottospecie di lupi locali, ciò probabilmente successe anche per i cani
dell’Europa.
Infatti, a causa di ciò, razze come il pastore tibetano, il chow chow, lo
shar pei, l’akita, lo shiba e le razze che discendono da queste hanno ge-
neticamente qualcosa in comune con il lupo cino/tibetano (Canis lupus
chanco).
Nel 2012 un gruppo di studiosi inglesi effettuarono uno studio sul DNA
nucleare, in cui furono presi in esame i DNA di 1375 cani di 35 razze
diverse e 19 lupi. Questo studio è stato integrato con i precedenti e con
i ritrovamenti archeologi.
Dall’analisi di tutti gli elementi ottenuti, si può dedurre che le uniche
razze veramente antiche sono il Basenji, il saluki, il Dingo australiano e
quello della Nuova Guinea. Delle altre razze non si può dire la medesi-
ma cosa in quanto negli ultimi duecento anni sono state quasi tutte ma-
nipolate geneticamente dall’uomo.
Quindi le prime razze selezionate furono proprio queste e ciò è dimo-
strato dai vari pittoglifi (dipinti tutti circa 13.000 anni fa) ritrovati in
vari paesi come la Libia, l’Algeria e l’Etiopia.
Altri cani con codice genetico molto antico sono i cani pariah dei vil-
laggi indiani e africani. Essi sono cani che vivono emarginati
all’interno della comunità, ma sono comunque in contatto con l’uomo e
spesso dipendono addirittura da lui, quindi non sono cani completa-
mente selvatici ma nemmeno del tutto addomesticati.
Probabilmente, secondo varie ricostruzioni, fu proprio da questi cani
che partì la prima selezione umana.
15
I reperti archeologici e paleontologici come prove Il secondo punto di contrasto, accennato prima, è il luogo di origine del
cane, ovvero c’è chi sostiene che il primo vero cane sia nato in Cina e
c’è chi sostiene che sia europeo. Quella più attendibile è la seconda: in-
fatti, a favore di questa tesi vi sono varie prove di tipo paleontologico,
ovvero fossili e reperti di cani antichi, e prove archeologiche, ovvero
siti tombali ad opera dell’uomo e opere artistiche di vario genere.
Questi reperti, oltre a contribuire a capire il vero luogo di origine del
cane, sono una testimonianza molto preziosa per conoscere il tipo di re-
lazione presente tra i nostri antenati e i primi cani.
Di siti archeologici ne esistono circa una quarantina, la maggior parte
dei quali si trova in Europa e hanno un’età superiore ai 9.000 anni.
Molti di questi siti (circa un terzo) è possibile datarli a circa 14.000 an-
ni fa, infatti fu proprio in questo periodo che in Europa avvenne la dif-
fusione dei cani, mentre negli altri continenti avvenne più recentemente
(circa 10.000/12.000 anni fa). Paradossalmente in America abbiamo e-
videnze che i cani erano presenti già circa 15.000 anni fa, questo per-
ché le popolazioni umane della Siberia orientale si spostavano
(attraversando la Beringia) frequentemente in nord America portando
con sé i propri cani che fungevano da animali da traino.
Vi sono siti in cui sono presenti pitture rupestri risalenti a
12.000/13.000 anni fa circa. Un altro importante sito è la grotta di
Chauvet (Francia) in cui sono presenti impronte di bambino e di cane
datate a circa 28.000 anni fa.
Vi sono anche petroglifi risalenti a circa 5.500 anni fa, ritrovati in Egit-
to, che confermano il risultato ottenuto dagli studi fatti con il DNA nu-
cleare. Infatti i nostri antenati ritrassero cani con sembianze di levrieri e
dingo. Ciò dimostra che queste razze sono sicuramente fra le più anti-
che selezionate dall’uomo. Gli egizi avevano una sorta di culto della
morte anche per i cani: lo testimonia il sito tombale ritrovato vicino a
Saqqara in cui sono presenti almeno 8 milioni di cani sepolti fra il 5 se-
colo a.C. ed il 3 d.C.
Tutti i reperti organici ritrovati, sono stati sottoposti alla datazione del
carbonio 14, ovvero un metodo che sfrutta il decadimento nel tempo di
questo isotopo. I risultati di questo metodo sono attendibili con reperti
di età inferiore a circa 60.000/70.000 anni; in presenza di reperti più
16
antichi il risultato diventa meno fedele e difficoltoso da determinare. I
reperti fossili che proporrò sono probabilmente più antichi di quanto
viene indicato (secondo la scala di Fairbanks vi è una certa differenza
in difetto fra la datazione al C14 e la datazione archeologica degli strati
del terreno in cui un reperto viene ritrovato).
Alcuni dei siti più importanti
Lazaret (Francia)- 130.000 anni fa Il sito più antico e importante per la storia dell’uomo è proprio quel-
lo di Lazaret. Infatti, come è stato già scritto, fu proprio qui che ini-
ziò a differenziarsi il ramo evolutivo che dal lupo portò al primo vero
cane. In questo sito, precisamente in una caverna, furono ritrovati
scheletri di Homo sapiens neanderthalis in associazione a scheletri
di lupo.
Cranio del lupo di Lazaret
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Goyet (Belgio)- 36.500 anni fa Un altro sito molto importante è quello vicino a Goyet in Belgio.
Qui, in una cava, fu ritrovato lo scheletro di un cane primitivo, datato
circa a 36.000 anni fa.
Questo reperto è molto importante in quanto è la testimonianza che
intorno a 40.000 anni orsono avvennero le più importanti modifiche
fisiologiche che differenziarono definitivamente il ramo evolutivo
del cane dal lupo (come già scritto il processo di evoluzione naturale
che portò dal cane al lupo richiese almeno 90.000 anni).
Ricostruzione del cane di Goyet
Razboinichya (Russia)-33.000 anni fa
Questo sito è molto interessante, infatti sono stati ritrovati un fossile
di cane (simile per forme e dimensioni ad un samoiedo) e dei ramo-
scelli bruciati.
Teschio dell’antico cane
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Questi sono l’indice del fatto che i nostri antenati usavano quello
spazio probabilmente come abitazione e questo cane presumibilmen-
te era il loro animale domestico prima di morire per cause sconosciu-
te.
Il cane è stato ritrovato in uno stato molto buono, ovvero non ha su-
bito una completa decomposizione, ciò è stato possibile grazie alle
temperature fredde tipiche della Russia e all’assenza di acidità nel
terreno. Questo ritrovamento è molto importante perché è la dimo-
strazione della cooperazione tra l’uomo e il cane.
Předmosti (Repubblica Ceca) -31.500 anni fa
Un altro sito molto interessante è quello di Předmosti in repubblica
ceca. Qui sono stati trovati i resti fossili di tre cani che assomiglia-
vano al Siberian Huski ma di dimensioni maggiori.
Su uno dei tre cani sono presenti segni di una sepoltura rituale con
introduzione di un osso di mammut in bocca. Da questo possiamo
capire che tra i cani e i nostri antenati che li avevano seppelliti c’era
un forte legame affettivo. Da questo ritrovamento capiamo anche che
i cani venivano usati come animali da traino e come spazzini, infatti
spolpavano le ossa dei mammut, che sono state tra l’altro ritrovate
nello stesso posto in grandi quantità.
Resti del cranio di Predmosti
Chauvet (Francia) – 28.000 anni fa Un altro reperto molto importante è stato ritrovato a Chauvet in Fran-
cia ed ha un’età pari a 28.000 anni . Qui sono state rinvenute le im-
pronte di un bambino e di un cane che camminava al suo fianco.
19
Questo reperto ci fa capire chiaramente quale forse il legame affettivo
presente tra i due . Insieme agli altri tre reperti precedenti, questo
conferma ancora una volta che la cooperazione tra i cani e i nostri an-
tenati è molto più antica di quanto si pensasse.
Impronte di un bambino e di un antico
cane
Oltre a questi reperti molto importanti e antichi, sono presenti altri ri-
trovamenti più recenti di età compresa tra i 28.000 e i 14.000 anni,
che si trovano in altre parti di Europa come in Spagna, in Svizzera,
ecc.
Akakus (Libia) -12.000 anni fa
Anche in Africa ci furono vari ritrovamenti sia archeologici che pale-
ontologici. Ad esempio in Libia furono trovati in alcune caverne dei
monti libici, dei petroglifi che raffiguravano dei cani, probabilmente
degli antichi levrieri. Questi reperti non sono visibili in quanto recenti
atti vandalici ne hanno cancellati molti. Qui erano presenti molti dise-
gni di cani, fra cui uno ritratto ‘all’ombra’ di una palma, ed un altro
tenuto al guinzaglio da un cacciatore.
20
La datazione di queste opere artistiche è intorno ai 12.000 anni. Pur-
troppo, pare sia molto difficile se non impossibile riuscire a recupera-
re questi importanti reperti dell’antichità.
Petroglifi raffiguranti antichi levrieri Ein Mallaha (Israele)- 12.500 anni fa
Un altro sito abbastanza recente ma molto importante si trova in Isra-
ele. Questo è noto perché è una testimonianza molto rilevante del le-
game affettivo fra i cani e gli esseri umani. Infatti, in una tomba sono
stati ritrovati i resti di un anziano abitante di quell’antico villaggio
posizionato su un fianco in posizione fetale con la mano sinistra pro-
tesa verso un cucciolo di cane posto sopra la sua testa, quasi volesse
accarezzarlo.
Resti umani
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Danger Cave (Utah – USA) -10.000 anni fa
Anche in America sono stati portati alla luce vari siti di età più recenti
rispetto a quelli Europei. In questa grotta è stata ritrovata una mandi-
bola appartenuta ad un cane vissuto in quei luoghi intorno a 10.000
anni fa. Le caratteristiche di questo reperto osseo ci fanno capire che i
cani presenti all’epoca in questi territori avessero un muso relativa-
mente corto. I cani più recenti ritrovati nell’area hanno un muso più
allungato e taglia più grande. Il cane ritrovato nella Danger Cave è
quello con caratteristiche più singolari rispetto a tutti gli altri ritrovati
in nord America di epoca precedente e successiva. Comunque non è
ancora chiaro se questo cane abbia avuto dei discendenti.
Denti di cane ritrovati presso il sito di Danger Cave (USA)
22
I cani in Italia Anche in Italia sono presenti siti archeologici, solo che, a differenza de-
gli altri paesi, quelli presenti sul nostro territorio sono molto più recen-
ti, poiché risalgono a circa 6.000/7.000 anni fa.
Ad esempio sono stati ritrovati resti riguardanti sepolture rituali fra
l’Emilia e il mantovano, anche in Liguria è presente un sito tombale
dove sono stati trovati denti di cani insieme a denti e ossa di altri ani-
mali carnivori che presumibilmente fungevano da ornamenti per i no-
stri antenati.
I siti presenti sul nostro territorio sono recenti per il fatto che in Italia il
cane è arrivato tardi rispetto agli altri paesi. Questo accadde perché il
nostro territorio era isolato geograficamente a causa del mare e a nord
dalle Alpi, per cui per i nostri antenati, che erano sprovvisti dei nostri
mezzi di trasporto, era difficile superare questi ostacoli naturali.
Orione e Sirio - Mantova - 5.000 a.C.
23
L’avvento della selezione Quindi, recapitolando, dopo che il processo che ha portato al cane ebbe
inizio, abbiamo un periodo di circa 90.000 anni in cui non si conosce
cosa successe. Come già visto, gli studi hanno dedotto che in questo
lasso di tempo i proto-cani continuarono a mutare morfologicamente e
si ibridarono naturalmente con i lupi locali.
Dopo ciò, abbiamo uno stadio intermedio in cui c’è la comparsa dei
primi veri e propri cani che iniziano a convivere a stretto contatto con
l’uomo. In questo stadio si presentano cani di varie dimensioni e tipolo-
gie.
Successivamente, i cani selvatici si spostarono dall’Europa all’Africa,
al Medio Oriente, India, Tibet, Cina e Asia sud orientale entrando in
contatto coi lupi di quei territori e ibridandosi con loro.
Contemporaneamente o successivamente agli episodi di ibridazione a
partire da 12.000/13.000 anni fa l’uomo intervenne nella genetica del
cane per produrre cani con funzionalità specifiche. Fu così che nacque-
ro le prime sottospecie canine (ovvero le razze).
Questo processo di selezione artificiale sappiamo che incominciò per
mano dell’Homo Sapiens, ma il motivo per cui lo fece non è conosciuto
in modo chiaro e preciso, infatti non sono presenti né documenti, né
rappresentazioni artistiche che narrano della nascita delle razze. Nem-
meno le teorie evoluzionistiche e i mezzi della scienza sono stati in gra-
do di chiarire questo aspetto. Quindi la ragione che portò l’uomo a sele-
zionare le razze è solo ipotizzabile.
Probabilmente l’uomo iniziò ad effettuare un processo di selezione
quando capì che avrebbe potuto utilizzare il cane per situazioni diverse
da quelle di spazzino e di guardiano.
Questo processo di selezione presumibilmente avvenne quando l’uomo
passò dalla vita nomade o seminomade a quella stanziale, ovvero fra il
Paleolitico finale ed il primo Neolitico (intorno a 12.000/13.000 anni
fa).
Infatti, con la scoperta dell’agricoltura l’uomo cambiò il proprio regime
alimentare, introducendo più carboidrati ed imparò a gestire meglio le
piante domestiche. Non dovendo dipendere totalmente da ciò che rac-
coglieva o predava incominciò a cacciare prede che prima non veniva-
no considerate, come conigli, lepri e pernici, animali molto agili e velo-
24
ci, quindi difficili da cacciare.
Forse quindi l’uomo incominciò a selezionare i cani quando notò che i
propri compagni riuscivano a catturare abbastanza facilmente quegli a-
nimali così veloci e abili nello sfuggire alle sue frecce e decise di sfrut-
tare questa loro abilità innata.
Verosimilmente la prima selezione è stato un caso fortunato, infatti un
nostro antenato avrà pensato di far accoppiare due dei suoi cani che gli
permettevano di catturare più facilmente le prede; non fu un calcolo ra-
gionato, anche perché allora non si aveva la minima idea di cosa fosse
la genetica.
Anche Darwin non propose mai nessuna ipotesi concreta su come av-
venne la prima selezione, egli si limitò a studiare gli allevamenti di cani
e in particolare il modo in cui gli allevatori riuscivano, selezionando, a
mantenere alcuni tratti che caratterizzavano una certa razza.
Sebbene le sue osservazioni erano limitate da una scarsa conoscenza in
ambito genetico (lo studio della genetica era solo agli inizi) a lui dob-
biamo riconoscere di aver ottenuto molti risultati validi, tant’è vero che
la maggior parte della sua teoria dell’evoluzione è ancora oggi valida.
Darwin notò soprattutto come gli allevatori erano capaci di isolare de-
terminati caratteri per creare una nuova razza, addirittura alcuni caratte-
ri selezionati in natura avrebbero determinato la non sopravvivenza
dell’animale e quindi della nuova razza, invece gli allevatori erano inte-
ressanti proprio a quel carattere recessivo e lo facevano emergere in
modo da migliorare la razza esteticamente.
Però con le sue osservazioni non riusciva a spiegarsi il motivo per cui
l’uomo iniziò a selezionare determinate razze e in che modo avviò que-
sto processo.
25
Il tentativo di dare una spiegazione attraverso le analisi del DNA La genetica moderna ha cercato di rispondere a queste ultime domande
che si è posto Darwin utilizzando vari tipi di analisi.
La prima analisi fu effettuata nel 1997 da Wayne e Vilà che esaminaro-
no il DNA mitocondriale. Dai risultati emerse che il cane si sarebbe dif-
ferenziato geneticamente dal lupo intorno a 135.000 anni fa.
Nel 2002 l’equipe del genetista Savolainen fece una ricerca simile e in
questo modo attribuì la nascita del cane a circa 15.000 anni fa.
Come si può notare i risultati effettuati sul DNA mitocondriale sono di-
scordanti e pertanto poco affidabili.
In seguito vennero eseguite analisi più approfondite e con una maggio-
re attendibilità che portarono a risultati più precisi e corretti.
Questi studi furono effettuati sul DNA SNP (cioè sui singoli nucleotidi
polimorfi, nucleotidi che causano variazioni nel materiale genico) e so-
no i primi ad essere aderenti alle scoperte archeologiche e paleontologi-
che, infatti confermavano che il cane è nato in Europa e non in Asia,
dove è arrivato tempo dopo, e le prime fasi della selezione umana av-
vennero in Medio Oriente.
Quindi possiamo capire che gli studi sul DNA SNP sono più affidabili
rispetto a quelli sul DNA mitocondriale, infatti i primi non sono in ac-
cordo con i vari ritrovamenti archeologici, mentre i secondi lo sono. I-
noltre i primi studi hanno esaminato solo un piccola parte di DNA
(ovvero quello mitocondriale), invece gli studi sul DNA SNP hanno e-
saminato 50.000 parti del genoma del cane.
Nel 2010 lo studioso Boyko fece una ricerca basata su sequenze di
DNA mitocondriale, su SNP DNA e marcatori micro satellitari dei cani
dei villaggi africani e asiatici e giunse a capire che il DNA mitocon-
driale, da solo, non è in grado di permettere la determinazione della po-
sizione e dei tempi della selezione. Questo perché gli stessi aplogruppi
mitocondriali ( raggruppamenti di mutazioni, chiamati aplotipi, che in-
dicano geneticamente tutta la linea evolutiva di una determinata popo-
lazione e le sue origini in linea materna) si trovano in molte popolazio-
ni canine diverse, quindi non sono ancora state trovate divergenze nel
DNA mitocondriale tra le varie popolazioni e anche se si trovassero,
potrebbero essere dovute al tipo di campionamento scelto , per cui non
si possono ritenere certe le informazioni raccolte tramite il DNA mito-
26
condriale.
Lo studio di Boyko non diede risultati concreti al contrario della ricerca
svolta dall’equipe di studiosi della Davis California University pubbli-
cata nel 2011.
Questo nuovo studio conferma che le analisi basate sul DNA mitocon-
driale non possono essere ritenute affidabili e dichiara, tramite lo studio
dei geni del cromosoma Y, che esistono differenze tra i cani dei villag-
gi africani e mediorientali e quelli del sud est asiatico.
La differenza principale è che nel patrimonio genetico dei cani africani,
come anche in quello del basenji e del saluki, è stato riscontrata la pre-
senza del Canis lupus pallipes, mentre in quello dei cani asiatici è stata
trovata traccia del Canis lupus chanco.
Quindi come previsto, le rezze dell’Asia orientale sono imparentate con
i cani dei villaggi asiatici, mentre le razze medio orientali sono assimi-
labili ai cani dei villaggi africani.
Ciò non è valido per le razze europee e americane, anche se queste so-
no raggruppate con i cani dei villaggi del sud est asiatico.
La cosa più sorprendente è che mancano quasi completamente aplotipi
del Medio Oriente e sono invece presenti quelli dell’Asia che rispetto al
primo, è molto più lontana. Anche se l’aver ritrovato influenze asiati-
che non è del tutto una sorpresa: infatti, nel periodo Vittoriano si svi-
lupparono molte razze che vennero mescolate con cani asiatici.
Dunque dai risultati ottenuti, possiamo capire che i moderni cani di raz-
za europea sono per la maggior parte derivati delle recenti importazioni
di cani asiatici e quindi non indicano l’antica origine indigena.
Quindi da questo studio possiamo capire che la seleziona umana degli
ultimi 150 anni, soprattutto quella effettuata dagli allevatori britannici,
ha influito pesantemente sul patrimonio genetico dei cani moderni e, a
causa di ciò , non è possibile conoscere precisamente né le origini del
cane, né l’esatto processo della selezione delle razze e soprattutto nem-
meno il motivo che spinse i nostri antenati a selezionare le razze. Oltre
a questo, non è nemmeno possibile determinare con precisione una
qualche linea di discendenza tra i cani antichi/naturali (non ancora ma-
nipolati dall’uomo) e quelli selezionati dall’uomo. Sicuramente esiste
una discendenza tra i cani antichi e quelli moderni, ma l’uomo ha mani-
polato talmente tanto il patrimonio genetico del cane che sarà impossi-
27
bile arrivare a conoscere perfettamente la storia e le origini del cane. I-
noltre non è nemmeno possibile, sempre a causa di ciò, determinare
l’antichità effettiva delle razze che vengono considerate primitive a ec-
cezione del basenji e del saluki, che, a causa dell’ isolamento ambien-
tale o grazie alla volontà delle popolazioni che li hanno allevati, non
sono caduti nelle mani degli inglesi e non hanno subito ibridazioni con
i cani asiatici.
Dunque, come appena detto, a causa della selezione effettuata
dall’uomo, una parte di storia del cane è stata come cancellata, in quan-
to tramite le analisi genetiche del DNA mitocondriale non si riuscirà si-
curamente a ricostruirla. Proprio per questo motivo, ci sono coloro che
sostengono che i cani più antichi non abbiano avuto alcuna discenden-
za, non riscontrando elementi comuni tra il DNA dei cani ritrovati e
quello dei nostri.
In realtà i discendenti di quei cani antichi esistono e hanno un patrimo-
nio genetico diverso dalle sottospecie del Canis familiaris; i cani in
questione sono i cani pariah detti anche cani dei villaggi.
Perciò, possiamo dire che questi animali sono lo stadio immediatamen-
te precedente la selezione artificiale che, come sappiamo, soprattutto a
causa degli incroci tra cani europei e cani orientali , ha reso impossibile
rilevare i legami genetici fra i cani antichi e quelli moderni.
La presenza del DNA del lupo nel patrimonio genetico del cane Oltre a ciò, dagli studi sul DNA, sono emerse tracce genetiche delle
varie sottospecie di lupo nel patrimonio genetico canino. Questo dimo-
stra che, come già detto in precedenza, poco prima della selezione uma-
na e/o successivamente alla stessa, i cani ebbero varie occasioni per i-
bridarsi in natura con i lupi dei territori da essi abitati e ciò non avven-
ne di certo per mano dell’uomo, come dimostrato infatti i tentativi falli-
mentari di incrocio tra cani e lupi effettuati in epoca contemporanea
(ricordiamo l’esempio del Cane lupo cecoslovacco portato precedente-
mente a favore dell’ipotesi).
Vediamo ora alcune ibridazioni con delle sottospecie di lupo.
Nel patrimonio genetico di molte razze canine moderne è presente il
DNA dei lupi del Medio Oriente, questo è testimoniato dai dati genetici
28
che legano Canis lupus pallipes ai cani pariah dell’Africa e dell’Asia ,
al saluki e al basenji.
Invece nel patrimonio genetico delle razze canine dell’Asia orientale
sono presenti tracce dei lupi tibetani, mentre in quello dei cani europei
e nordici sono presenti geni del lupo grigio europeo e, come visto in
precedenza, anche del lupo tibetano; infatti, non solo nel periodo vitto-
riano avvennero varie ibridazioni tra le razze europee e i lupi asiatici,
ma ci furono già ai tempi dei fenici che, durante le loro esplorazioni
navali, portavano con sé i propri cani. Anche se i geni del lupo tibetano
sono presenti in molte razze non solo asiatiche, questo non vuol dire
che la linea evolutiva dei cani si sia distinta nei territori asiatici, tant’è
vero che i reperti archeologici dimostrano l’origine del cane essere av-
venuta in Europa.
A differenza del lupo tibetano che è presente nel DNA di molte razze, il
lupo grigio americano non ha contribuito alla formazione del patrimo-
nio genetico dei cani attuali. Al contrario, è proprio il cane ad essere
presente nel patrimonio genetico del lupo grigio americano stesso. Una
dimostrazione di questo è la possibilità che alcuni esemplari nascano
con il manto di colore nero al posto del grigio, colore tipico del manto
di questa popolazione: l’unica spiegazione possibile è che siano avve-
nuti incroci spontanei con cani liberi.
E’ impossibile che siano avvenute per mano umana in quanto, ancora
oggi, gli allevatori moderni hanno quasi sempre fallito nell’intento di
ibridare i cani con i lupi (come accaduto per il cane lupo cecoslovacco),
per cui è impensabile che i nostri antenati, che erano privi di conoscen-
ze e mezzi tecnologici riuscissero nell’intento di addomesticare il lupo
o di ibridarlo con i loro cani. Un altro motivo a favore di ciò è che il lu-
po si accoppia difficilmente in condizioni di cattività con una femmina
della propria specie, quindi ciò può avvenire ancora con meno possibi-
lità se si tratta di una femmina di un’altra specie, quale il cane.
Quindi anche le leggende degli Inuit in cui si narra che le femmine di
cane in calore venissero portate nella foresta per farle accoppiare con i
lupi, per poi essere riprese in gravidanza qualche settimana dopo, sono
da considerarsi senza fondamento.
Infatti, solitamente il lupo considera il cane come un competitore e se si
presentasse nei propri territori di caccia, il suo istinto lo porterebbe
29
all’eliminazione del nemico e non di certo all’accoppiamento. Anche
ammettendo che il lupo non vedesse la femmina di cane come un nemi-
co e si accoppiasse con questa, i suoi istinti di assistenza durante il pe-
riodo della gestazione e durante l’allevamento della prole non cambie-
rebbero, e quindi non abbandonerebbe la femmina per farla ritornare
dagli umani, questo perché il lupo, a differenza del cane, è monogamo
e si impegna a difendere la propria femmina.
Le linee di selezione
Come ho scritto in precedenza, quando l’uomo mutò alimentazione e
passò quindi da una vita nomade a una sedentaria, cambiò anche il mo-
do di utilizzare i suoi cani, almeno questo avvenne in Medio Oriente.
In realtà esistono 4 o 5 direzioni in cui è andata la selezione artificiale,
ognuna delle quali è caratterizzata da tempistiche diverse e luoghi di-
versi.
Come detto precedentemente, la storia canina è molto controversa, per
cui anche in questo caso non si è sicuri del luogo di origine della prima
selezione; gli studi basati sul DNA mitocondriale, che sono quelli più
inaffidabili per le motivazioni espresse precedentemente, affermano
che sia avvenuta nel sud est asiatico, quelli basati sul DNA SNP danno
come luogo di origine il Levantino mediterraneo e infine le prove fossi-
li nominano l’Europa come luogo di inizio.
Come ho accennato, lo sviluppo delle razze ha seguito 5 linee di sele-
zione: quella mediorientale, quella europea, quella asiatica, quella sibe-
riana-americana e quella che portò ai cani nel Pacifico.
Linea mediorientale Ora prendiamo in considerazione quella mediorientale, per cui ipotiz-
ziamo che i primi cani ad essere selezionati dall’uomo furono nel terri-
torio dove oggi si trovano Israele, Siria, Libano e Giordania. Quindi in
questi territori avvenne il passaggio dalla vita nomade a sedentaria e
quindi incominciarono a cacciare prede di piccole dimensioni e agili,
come conigli e pernici.
Per cui, a questo punto, sentirono il bisogno di farsi aiutare dal cane
che, rispetto a loro, riusciva a cacciare questi animaletti in modo più
semplice e efficace.
30
Oltre che in questo, il cane venne impiegato anche nelle case dei nostri
antenati come cacciatore di topi e ratti, i quali venivano attirati dai de-
positi alimentari dei nostri antenati. Essi non utilizzavano ancora il
gatto in quanto all’epoca non era ancora stato addomesticato.
Per cui i nostri antenati iniziarono a incrociare cani con determinate ca-
pacità e caratteristiche fisiche, quindi fecero accoppiare tra loro esem-
plari aventi dimensioni ridotte, fisico snello, velocità nel cacciare e
spiccato senso di predazione nei confronti dei piccoli animali.
Linea europea Ora trattiamo la linea europea; innanzitutto, dobbiamo fare una consi-
derazione fondamentale, ovvero che probabilmente nel territorio euro-
peo non ci fu bisogno di selezionare i cani, in quanto verosimilmente i
cani antichi che abitavano in questa zona possedevano già tutte le carat-
teristiche utili all’uomo europeo.
Per capire meglio cosa si intende con ciò, dobbiamo prendere in esame
il cane più antico che fu ritrovato in territorio europeo, ovvero il cane
di Goyet. Questo cane antico assomigliava a un cane di tipo nordico o
spitz, aveva grandi dimensioni e quindi possiamo dedurre che i nostri
antenati utilizzassero il cane solo come animale da guardia, anche per-
ché il territorio europeo, all’epoca, era un’immensa tundra nella parte
sud, mentre nella parte nord il terreno era dominato dal permafrost.
Anche nei territori compresi tra Repubblica Ceca e Russia, si crearono
le medesime condizioni territoriali che erano presenti nel territorio che
circondava Goyet, per cui gli umani vivevano con cani aventi dimen-
sioni e aspetto simile al cane belga ed iniziarono a usarli per trainare
cose che l’uomo faceva fatica a trasportare.
A favore di questa ipotesi, possiamo considerare il ritrovamento dei
fossili dei tre cani di Predmosti (di cui ho già trattato) che erano robusti
di corporatura. Questo va forse a testimoniare che venivano utilizzati in
muta per trasportare pesi durante gli spostamenti effettuati dall’uomo
per cacciare e quindi probabilmente a quell’epoca l’uomo aveva già i-
niziato a utilizzare una sorta di slitte, anche se queste non sono mai sta-
te ritrovate, più che altro perché probabilmente erano fatte di materiali
facilmente deperibili, come il legno.
Oltre a questo, in Russia è stato ritrovato un cane avente uno scheletro
simile ad un siberian huski datato a circa 7.000/8.000 anni fa. Questo
31
quindi è una prova ulteriore al fatto che in Europa i cani domestici ve-
nivano utilizzati da guardia e da traino, vivendo in un clima glaciale e,
proprio per questo motivo, per molto tempo i nostri antenati non ebbero
l’esigenza di selezionare razze da utilizzare per altri impieghi.
Linea siberiano-americana I cani sappiamo che arrivarono anche nella regione remota della Sibe-
ria, la modalità con cui giunsero è a oggi solo ipotizzabile, o arrivarono
in questa regione perché accompagnarono i loro umani che cercavano
nuovi territori di caccia, oppure emigrarono essi stessi per cercare nuo-
vi territori in cui potersi nutrire. Quest’ultima ipotesi potrebbe sembra-
re poco valida, in quanto come sappiamo i lupi si adattarono alla vita in
compagnia dell’uomo, mutando le proprie dimensioni proprio per di-
ventare degli “spazzini”, evitando così di cacciare. Ma in realtà, essi
non avevano perso la loro abilità nel cacciare.
Sta di fatto che ciò che avvenne davvero è un mistero.
Sul territorio americano, il cane era già presente intorno a 15.000 anni
fa, come indicano i reperti fossili ritrovati. Questo perché in passato gli
uomini erano soliti spostarsi attraverso la Beringia dalla Siberia
all’Alaska, al Canada e viceversa.
Nel territorio dell’America sono stati ritrovati cani di dimensioni diffe-
renti: nel nord (ad esempio nel Canada) troviamo cani aventi dimensio-
ni simili ai cani nordici come l’Alaskan Malamute, man mano che
scendiamo a sud, le dimensioni dei cani diventano più ridotte rispetto a
quelle dei cani europei che li precedettero nella scala evolutiva, proba-
bilmente fu proprio l’uomo, nell’epoca pre-colombiana, a selezionare
cani di dimensioni minori.
E’ possibile inoltre che, dopo la fine della glaciazione, alcune popola-
zioni giunsero in America via mare e portarono probabilmente con sé i
propri cani. Infatti sono stati ritrovati dei piccoli cani in Ecuador aventi
un’ età di 10.000 anni. Di questi antichi cani non vi è alcuna traccia ge-
netica fra i cani attualmente viventi nel sud America, questo probabil-
mente fu a causa della colonizzazione europea avvenuta dopo Colom-
bo.
Linea asiatica
Questa linea di selezione iniziò molto dopo rispetto alle altre viste pre-
cedentemente, questo probabilmente è dovuto al fatto che iniziò
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nell’Estremo Oriente solo quando i cani dell’occidente giunsero con o
senza uomini in questa regione.
Secondo i cinesi, i cani di questa linea di selezione furono selezionati a
partire da 15.000 anni orsono, ma ciò non è in accordo con i ritrova-
menti fossili, infatti i resti più antichi di cane in territorio cinese risal-
gono a circa 10.000 anni fa. Ovviamente ciò non toglie il fatto che i ca-
ni potrebbero essere esistiti in quel territorio già da prima, solo che non
esiste alcuna prova scientifica che lo possa provare.
Inoltre i molossoidi, che potrebbero essere derivati dal pastore tibetano,
vennero raffigurati per la prima volta dagli egizi e dagli assiri molto
tempo dopo la raffigurazione ritrovata ad Akakus, che ricordiamo ritra-
eva degli antichi levrieri, probabili basenji e cani di tipo spitz, quindi a
rigor di logica nacquero più tardi.
Anche la maggior parte degli studi basati sulla genetica mostrano che le
razze del Medioriente e dell’Europa sono più antiche delle razze asiati-
che.
Le stesse razze orientali come lo Shar Pei, l’Akita e lo Shiba Inu hanno
una tradizione storica documentata che non va oltre i 3.000 anni fa,
mentre un cane antico, che probabilmente era l’antenato dello Shiba i-
nu, soprannominato ‘cane Jomon’, è stato ritrovato nel sito di Natsushi-
ma ed è stato datato a 9.500/10.000 anni indietro nel tempo.
Dunque, i cani erano già presenti in Asia nord-orientale circa 11.000
anni fa, periodo in cui si sciolsero i ghiacci in maniera abbastanza im-
provvisa (si teorizzano giorni o settimane) con un successivo rapido in-
nalzamento delle acque marine di 120/150 metri.
Anche se i cani erano già presenti nell’estremo nord asiatico e sulle co-
ste dell’Oceano Indiano, in Cina e nel sud est asiatico per una ragione
sconosciuta i cani arrivarono tempo dopo.
Tornando ai cani che sono stati selezionati in oriente, la maggior parte
di essi (come il pastore del Caucaso) sono stati ottenuti come cani da
guardia di greggi o case e sono discesi forse da cani simili ai pastori del
Tibet e della Mongolia.
Quindi ora sorge spontanea una domanda, ovvero come fecero i cinesi
a selezionare cani con il cranio più largo che lungo e il muso corto, par-
tendo da cani con caratteristiche opposte.
Il motivo può essere spiegato utilizzando l’esperimento di Belayev sul-
33
le volpi, che ho trattato in precedenza. Infatti dai suoi risultati possiamo
comprendere che, quando viene effettuata una selezione in base al com-
portamento (ovvero vengono fatti riprodurre solo gli esemplari che
hanno un rapporto migliore con l’uomo) questa, con il passare delle ge-
nerazioni, porta non solo a cambiamenti del comportamento, ma anche
a mutamenti dal punto di vista strutturale e quindi anche del cranio.
Quindi questo significa che gli antichi cinesi decisero di selezionare i
cani di quella regione con una particolare attrazione nei confronti
dell’uomo, perciò questo avrebbe dovuto comportare, secondo gli studi
svolti da Belayev, una riduzione delle dimensioni corporee ed una mo-
dificazione del cranio con allargamento della scatola cranica e riduzio-
ne del muso. Queste ultime due modifiche avvennero ma non ci fu una
riduzione delle dimensioni, infatti il mastino tibetano è uno dei cani di
taglia maggiore.
Ciò sta a indicare che deve essere intervenuto qualche altro fattore ad
unire tutte queste modifiche. Se poi guardiamo le analisi del DNA mi-
tocondriale ed SNP, lo Shar Pei in effetti risulta essere più antico del
mastino tibetano, anzi risulta essere il probabile progenitore di tutti i
molossi orientali: infatti, questa razza ha tutte le caratteristiche che de-
riverebbero da una selezione fatta basandosi su caratteristiche compor-
tamentali.
Possiamo, perciò, dedurre che gli antenati dei cinesi selezionarono fra i
cani liberi quelli con particolare attaccamento all’uomo e con il passare
delle generazioni arrivarono allo Shar Pei. In seguito, per avere dei cani
di dimensioni notevoli che mantenessero la stessa conformazione cra-
niale dovettero ricorrere ad un altro genere di selezione, che però non
possiamo conoscere, con i mezzi che abbiamo, quale sia.
Sull’origine dei molossoidi esiste un’altra teoria. Infatti, non vi è nulla
a dimostrazione del fatto che i molossi siano stati originati dal mastino
del Tibet, anzi le prove fossili dimostrano che i cani arrivarono in E-
stremo Oriente molto tempo dopo la prima selezione artificiale effet-
tuata dall’uomo. Perciò, può darsi che i grandi molossi del Medio O-
riente arrivarono successivamente in Estremo Oriente seguendo i propri
compagni umani e poi furono incrociati dagli allevatori cinesi con cani
particolarmente robusti, inclini alla guardia ed alla difesa del territorio
e che erano già presenti da tempo in quell’area. Crearono così prima lo
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Shar Pei e poi i propri giganteschi cani da pastore. Questa teoria è con-
fermata dal ritrovamento più recente (circa 8.000 anni fa) di un grosso
cane cinese.
Invece altre razze, come il Chow Chow, probabilmente allo stesso mo-
do dei cani giapponesi, ebbero una discendenza dagli spitz nordici della
Siberia.
Ritornando ai molossoidi successivamente vennero selezionati per es-
sere aggressivi e furono impiegati anche nelle guerre; invece, quando
arrivarono in Egitto, furono utilizzati per la caccia di grossi animali in-
sieme ai levrieri, i quali erano veloci nel raggiungere le prede di grossa
taglia ma necessitavano di un maggiore aiuto per uccidere le stesse.
Di questa linea evolutiva, fanno parte anche i cani australiani. Essi pro-
babilmente arrivarono in questo continente o in compagnia degli abori-
geni (per poi ritornare per una qualche ragione a essere selvatici), op-
pure, più probabilmente, arrivarono al seguito delle migrazioni umane
nutrendosi dei loro rifiuti. Questo perché durante l’ultima glaciazione il
continente asiatico era collegato all’Australia attraverso un grande pon-
te di terra, mentre la Nuova Guinea era attaccata alla regione del Que-
ensland. E’ probabile quindi che i dingo si diffusero prima di tutto nella
Nuova Guinea e nelle isole Fraser e poi scesero a sud; a dimostrazione
di questo è il fatto che i discendenti sono presenti in queste località, ma
non in Tasmania, dove probabilmente non sono mai arrivati.
Dal 5.000 a.C. ai giorni nostri: ecco cosa accadde Ricordiamo che la selezione delle razze partì quando l’uomo cominciò
a vivere in modo sedentario e le prime testimonianze di questo proces-
so le troviamo a partire dal Neolitico. Fu proprio da questo periodo in
poi che i nostri antenati iniziarono a ritrarre i propri cani domestici, in-
fatti sono stati ritrovati vari pittoglifi in Africa che raffigurano razze an-
tiche, come levrieri, dingo, basenji e saluki.
Rappresentazioni canine relativamente più recenti (ovvero di circa
7.000 anni più giovani rispetto a quelle citate prima) le troviamo in E-
gitto; esse sono effettuate utilizzando una tecnica diversa, ovvero il
bassorilievo. Con questa tecnica gli egiziani raffigurarono come in pas-
sato i levrieri e i basenji, ma introdussero anche un nuovo tipo di cane
caratterizzato da zampe corte e orecchie erette, quindi questi potrebbe-
35
ro essere antenati dei bassotti. Successivamente, inserirono nelle loro
rappresentazioni anche i primi molossoidi, che furono portati in Egitto
dagli Assiri.
Rappresentazione di un Molossoide
Quindi da ciò capiamo che le prime razze selezionate furono proprio: il
basenji, i levrieri (in particolare il saluki), gli spitz ( ovvero i dingo, i
cani nordici e i cani giapponesi) e un po’ di tempo dopo comparvero
anche i molossoidi.
In seguito i fenici, durante le navigazioni portavano con sé i propri ca-
ni, che derivavano dai molossi degli Assiri, e praticando il baratto con
le popolazioni che incontravano nei vari territori, lasciavano i propri
cani alle popolazioni di quelle regioni come merce di scambio. Quindi
le popolazioni di quei territori ibridarono i forti cani dei fenici con
quelli presenti nel loro territorio e svilupparono così nuove razze.
Fino ad ora abbiamo parlato solo di documentazione artistica e non let-
teraria, infatti per poter trovare un documento scritto che parli di cani
bisogna giungere fino al IV secolo a.C. al tempo dei Greci quando
l’Ateniese conosciuto come Senofonte scrisse un testo chiamato “Il Ci-
negetico” .
In questo documento viene trattata la caccia con l’ausilio dei cani ( in
particolare è spiegato come bisogna addestrarli per fargli catturare le
prede), vengono anche indicate alcune tipologie di cani presenti allora
in Grecia e infine viene spiegato il modo in cui devono essere selezio-
nate determinate razze.
In particolare scrive delle seguenti razze:
- il Castoriano (chiamato così perché secondo i Greci fu selezionato dal
mitologico argonauta Castore) : cane di taglia media simile al basenji
36
da cui probabilmente discendono il Cirneco o il cane di Ibiza;
- il Volpinoide, razza che secondo i greci discese in parte dal cane e in
parte dalla volpe, anche se oggi sappiamo che i cani non possono ac-
coppiarsi con le volpi per dare prole fertile;
- i cani “indiani” erano probabilmente dei molossi grandi, veloci e co-
raggiosi utilizzati per cacciare i cervi;
- il cane cretese, cane usato anche lui per la caccia.
Poco tempo dopo, anche il filosofo Aristotele trattò delle razze canine
presenti nella sua patria trattandone nel suo “Historia Animalium”.
Da questi documenti gli scienziati hanno dedotto che ai tempi del filo-
sofo nell’antica Grecia esistevano quattro tipologie di cani:
I Laconiani : erano dei cani da caccia;
I molossi (ovvero i cani indiani) :erano usati per la guardia;
I cani cretesi :erano usati per la caccia;
I Melitani : erano cani piccoli caratterizzati dal pelo lungo.
I greci non effettuavano ancora delle selezioni sistematiche; infatti, i
primi ad attuarle furono gli antichi Romani 2.000 anni fa.
Essi selezionarono varie razze, di cui possiamo conoscere i nomi e le
caratteristiche grazie a un trattato chiamato “ De re rustica” scritto da
Columella.
Quindi gli studiosi hanno capito dai documenti che nell’antica Roma
erano presenti cinque tipologie di cani:
Canis venatici: erano cani veloci usati per cacciare;
Canis pastoralis: erano cani da pastore, un esempio è il pastore ma-
remmano;
Canis pugnaces: cane di tipo molosso che veniva utilizzato in guerra
o nei combattimenti contro i gladiatori;
Canis villatici, grossi molossi utilizzati per la guardia delle corti
Cani da compagnia;
In seguito vi furono altri studiosi che scrissero di cani e molto spesso
imitavano solo il testo di Senofonte. Per avere quindi un testo innovati-
vo e completo dobbiamo aspettare il 1570, quando il fisico John Caius
pubblicò un trattato riguardante i cani presenti in Inghilterra a quei tem-
pi che fu denominato “De Canibus Britannicis”.
In questo libro i cani vengono divisi in 4 tipologie:
Cani da caccia;
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Cani da fiuto e riporto;
Cani da compagnia;
Cani da campagna;
In seguito, i testi riguardanti i cani, furono scritti da pochi studiosi o al-
levatori; solo a partire dal XVIII secolo iniziarono ad abbondare. I
principali autori furono allevatori francesi e in seguito si aggiunsero an-
che gli allevatori inglesi.
Una nota di merito va al biologo Linneo che effettuò una propria classi-
ficazione delle razze canine individuandone una quarantina.
Ovviamente con il passare del tempo la selezione delle razze è conti-
nuata e a oggi l’E.N.C.I (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) rico-
nosce più di 400 razze canine.
Il lavoro di selezione però non è concluso. Infatti, per evitare di perdere
le caratteristiche di una determinata razza e pertanto per evitare che le
razze scompaiano, gli allevatori devono impegnarsi e continuare a la-
vorare per cercare di mantenere o di migliorare le caratteristiche di
quella determinata razza, senza però incidere negativamente sulla salu-
te degli esemplari e della prole; quindi dovrebbero seguire delle regole
morali ed etiche ed evitare di trascurare il benessere del cane in favore
della bellezza.
38
Bibliografia e sitografia Padrone,G, …E il cane decise di incontrare l’uomo, Narcissus, 2012
Lorenz,K,L’anello di re Salomone,Adelphi,2011
Lorenz,K,E l’uomo incontrò il cane,Adelphi,2014
http://www.dogjudging.com/2003/pages.php?node=03/05/24/2125057
http://www.tipresentoilcane.com/2012/02/22/genealogia-di-canidi-e-
umani/
http://scienceblogs.com/thoughtfulanimal/2010/06/14/monday-pets-the
-russian-fox-st/
http://eilcanedecise.bloog.it/cani-e-indagini-genetiche-probabilmente-
una-svolta.html
http://www.tipresentoilcane.com/2011/07/31/origine-del-cane-e-
selezione-delle-razze/
http://wwwcentroveterinariofioranese.blogspot.it/2012/10/lorigine-del-
cane.html
http://www.cdt.ch/la-fattoria-degli-animali/amici-pelosetti/52132/uomo
-e-cane-amici-da-20-000-anni.html
http://www.animalinelmondo.com/notizie/cani/868/l-evoluzione-del-
cane.html
http://www.tipresentoilcane.com/2013/12/19/clc-reincrociati-con-i-lupi
-blitz-della-forestale/
http://www.tipresentoilcane.com/2011/05/16/storia-del-cane-dalla-
domesticazione-ai-moderni-standard/
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I.S.I.S. “CATERINA PERCOTO”
Liceo della Scienze Sociali
Tesina per l’Esame di Stato
a. s. 2011/2012
LA PSICOLOGIA APPLICATA ALL'EDU-
CAZIONE DEL CANE E DEL CANE-GUIDA
PER NON VEDENTI
Raffaella Zampa
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INDICE
Premessa
Intelligenza del cane: tipologie
Condizionamento classico e operante
Il rinforzo e la punizione
Pet therapy
Cani guida per non vedenti
Intervista
Esperienza personale
Sitografia e bibliografia
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PREMESSA
La scelta di questo argomento nasce da una passione personale. Sin da bambina
ho sempre amato gli animali, soprattutto i cani con cui ho sempre convissuto.
Forse per il mio carattere molto introverso non avevo alcuna difficoltà ad instau-
rare un rapporto di fiducia e affetto reciproci, trovandomi a mio agio con loro.
I benefici positivi della relazione con gli animali ho potuto constatarli personal-
mente qualche anno fa durante alcune lezioni di equitazione svolte insieme a un
gruppo di ragazzi fra cui alcuni disabili motori e sensoriali.
E' ufficialmente riconosciuto che l'ippoterapia incrementa l'autostima e favorisce
la coscienza di sé.
Altra esperienza importante è stata durante il corso di quest’anno scolastico
quando ho avuto l'opportunità di partecipare ad uno stage di clicker-trainig tenu-
to a Treviso dall’istruttore cinofilo professionista Manuel Severin.
Ho avuto modo di apprendere che le metodiche di addestramento sono basate
sui principi della psicologia classica e in particolar modo sugli studi di Pavlov e
Skinner; pertanto in occasione del mio Esame di Stato ho pensato di interessar-
mi ed approfondire questo tema. Spero di poter applicare le mie conoscenze e la
mia passione per i cani per un futuro lavorativo nell' intenzione di aiutare perso-
ne in difficoltà.
INTELLIGENZA DEL CANE: TIPOLOGIE
Il Prof. S. Coren, docente di psicologia presso la University of British Columbia
ed appassionato cinofilo, in un suo libro ha evidenziato che a parer suo cani han-
no tre tipi di intelligenza che riguardano abilità specifiche:
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intelligenza adattativa che indica la capacità del cane di modificare il pro-
prio comportamento per adattarsi all'ambiente. E' composta da due princi-
pali componenti, la capacità di apprendimento, ossia, fino a che punto l'a-
nimale può apprendere nuove associazioni e la capacità di risolvere pro-
blemi, cioè di trovare le soluzioni corrette che permettono all'animale di
“aggirare gli ostacoli […] che bloccano l'accesso alle ricompense”; un e-
sempio descrive un cane che, per avere dell'acqua sposta con il muso la
ciotola verso il padrone attirando la sua attenzione.
intelligenza ubbiditiva ovvero la capacità che il cane possiede di capire il si-
gnificato dei nostri comandi e rispondervi appropriatamente.
intelligenza istintiva sono le capacità che il cane non apprende ma fanno
parte del corredo genetico. Riguardano l'esecuzione di compiti tipici della
razza.
Il cervello del cane in gran parte lavora sull'attività sensoriale e di riconoscimen-
to, mentre è molto poco usato per l'associazione di idee e quindi per l'apprendi-
mento.
CONDIZIONAMENTO CLASSICO E OPERANTE
Il cane apprende grazie ad associazioni e rinforzi positivi e nella fase di appren-
dimento si utilizzano due tipi di condizionamento: classico e operante.
Il condizionamento è il processo mediante il quale il cane associa uno stimolo
ad un altro stimolo o ad una risposta, ci sono due diversi tipi di condizionamen-
to, quello classico (Pavlov) e quello operante (Skinner) che si differenziano sol-
tanto nelle regole in base alle quali è stabilito quando il rinforzo viene sommini-
strato. In particolare:
nel condizionamento classico lo stimolo incondizionato precede lo stimolo che
produce il comportamento a seguito del quale c'è un rinforzo oppure una puni-
zione. Una volta terminato il processo lo stimolo incondizionato diventerà con-
43
dizionato portando all'esecuzione del comportamento richiesto.
Pavlov giunge a questa conclusione dopo aver condotto con un cane un esperi-
mento in cui associa il suono di un campanello alla presentazione del cibo.
nel condizionamento operante, invece, il comportamento è associato a uno sti-
molo discriminativo e questo porterà a un premio oppure a una punizione. Se
durante il processo di condizionamento lo stimolo discriminativo non si presenta
e non si rinforza ma si punisce, il cane nota che il comportamento rinforzato è
discriminato dallo stimolo presente durante il comportamento.
Al termine del processo di condizionamento operante, lo stimolo discriminativo
produrrà il comportamento desiderato.
Skinner osserva i comportamenti di un topo, messo all'interno della Skinner box,
che azionando una leva riceve il cibo e con il passare del tempo scopre “la rela-
zione esistente tra il toccare la leva e l'arrivo del cibo e impara così tale opera-
zione”
L’esperimento di Pavlov
Il box di Skinner
44
IL RINFORZO E LA PUNIZIONE
Il rinforzo è qualsiasi processo che fa in modo che un comportamento si ripeta.
Esistono due tipi di rinforzo, quello positivo e quello negativo; non indicano
qualcosa di bello o di brutto ma hanno soltanto valenza matematica, indicano se
si è dovuto aggiungere qualcosa o sottrarre qualcosa.
La punizione, invece, è quel processo che fa in modo che il comportamento non
si ripeta. Anche qui, come nel rinforzo esiste la punizione positiva che va a indi-
care se ho dovuto aggiungere qualcosa, e quella negativa che va a indicare se, al
contrario, ho dovuto sottrarre qualcosa.
RINFORZO
qualsiasi processo che fa in
modo che un comportamento
si ripeta
NEGATIVO
sottraggo qualcosa di
spiacevole
POSITIVO
aggiungo qualcosa di
piacevole
PUNIZIONE
qualsiasi processo che fa in
modo che un comportamento
non si riproponga
POSITIVA
aggiungo qualcosa di
spiacevole
NEGATIVA
sottraggo qualcosa di
piacevole
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PET THERAPY
Pet therapy is a gentle therapy, based on the interaction between humans and
animals.
It's a therapy that integrates, reinforces, and helps the traditional terapies and can
be used with patients suffering from different pathologies with the objective of
improve behaviour, physical, cognitive, psycosocial adn psycological-emotional
problems. Pet therapy is also used in cases in wich the patient doesn't show
spontaneous collaboration. It facilitate the approach of the different medical and
rihabilitative specialists that work with him. This is possible because the ani-
mal's presence allows to reinforce the emotional relation with the patient and
through this establish a comunication channel between patient, animal and doc-
tor and also to stimulate the patient to participate actively.
STORY
it was Boris Lewinson, a child psychiatrist, to enunciate around the 1960s his
theories on the benefits of pet company which he himself applies to his patient's
healthcare. In particular he saw that taking care of a pet can calm anxiety, con-
vey affective warmth and help to overcome stress and depression.
In 1981 the Delta Society that studies the therapeutic effects linked to pet com-
pany was founded in the U.S.A.
Today pet therapy finds application in many social-assistential sectors like hos-
pitals, rest homes and rehabilitation communities.
PET THERAPY TODAY
Up to April 2011, with the exception of the region Veneto, there is no clear ju-
46
ridicial definition regarding the procedure and the minimum necessary require-
ments to do pet therapy. This because every region makes its own norms in this
matter. This cause the development of a heterogeneous outline of self-
management work environments, with operational methods that are always very
different from one reality to another. These approaches are always dangerous for
the patient but also for the animal because of the missing of an equipe who can
monitor the patient’s conditions and the animal’s conditions at the same time.
To solve the problem the region Veneto has elaborated the MOR (operational re-
gional manual) that defines:
the A.A.A. that are educative-recreational interventions and psycho-relational
supports aimed at improving the quality of life of different categories of
users like children, the elderly, handicapped people, hospitalized patients,
psychiatric patients or prisoners realized with the help of animals that have
specific characteristics. This activity doesn’t have therapeutic relevance
and a specific medical prescription isn’t necessary, however the indication
of a medical specialist who can assume the responsibility of the interven-
tion would be more appropriate.
The T.A.A. that are interventions individualized on the patient that are used to
support the normal therapies to cure his pathologies, practised with spe-
cially educated animals. These are therapies that improve diseases of the
psychological, emotional, cognitive, motor or physical area and are pro-
jects based on the sanitary and relational indications given by the doctor or
the psychologist of the patient.
Both AAA and TAA are projects planned by an equipe who have to prepare the
most appropriate activity for the patient, then the activity will be applied by an
operational equipe. Pet therapy can be prescribed by the reference specialist of
47
the patient, from his general practioner, or by the psychologist or psychothera-
pist who takes care of the patient. Pet therapy rehabilitative intervention is fo-
cused on:
1) the rehabilitation of a functional ability that is lost for pathological reasons
2) the recall of an ability that has never appeared during the development
3) the necessity to keep in check the degenerative and cronic illnesses
4) the possibility to have alternative facility formulas.
48
CANI GUIDA PER NON VEDENTI
I cani adatti a fare il Cane Guida sono quelli con un’indole tranquilla e docile,
molto attenti, con un innato senso dell’orientamento e che non conoscano la pa-
ura. Non sono adatti i cani troppo piccoli o troppo alti, troppo vivaci o troppo
aggressivi e neanche i cani da caccia. Le femmine sono ritenute più adatte a
questo “lavoro” anche se spesso vengono sterilizzate perché anche una femmina
in calore può creare problemi al padrone non vedente.
Al Cane Giuda viene insegnato ad evitare gli ostacoli che incontra lungo il per-
corso come gradini, sedie e tavolini dei bar, tombini aperti o insegne; a non di-
strarsi se incontra altri cani o altri animali; ad attraversare la strada solo quando
è libera dal traffico; a condurre, dietro comando, il padrone in linea retta, a sini-
stra, a destra, a tornare indietro e, se si presenta per il padrone un pericolo, an-
che a disobbedire ai comandi.
L'equipaggiamento del Cane Guida è composto da una bardatura con maniglia
rigida e da un guinzaglio. Quando il cane indosserà il guinzaglio si comporterà
come un qualsiasi cane, mentre, quando avrà indosso la bardatura con la mani-
glia rigida si comporterà secondo gli insegnamenti ricevuti durante l'addestra-
mento.
Equipaggiamento del Cane Guida
49
Intervista
alla dott.ssa Edda Calligaris sul cane guida Matilda
D: E’ stata Sua la decisione di avere un cane guida?
R: Si, la decisione è soggettiva. Prima fai la domanda e arriva un questionario
che deve compilare il medico curante con domande tipo “se ti trovi in una stanza
sei capace di trovare la porta?- (ma cosa ne sa il mio medico se riesco a orientar-
mi bene da sola?)- ti chiedono anche com'è fatta la tua casa, quante sono le stan-
ze, se ci sono scale, in quanti vi abitano e anche la tua corporatura è importante
per gli istruttori affinché valutino la taglia e il temperamento del cane;
D: Com'è stata addestrata Matilda?
R: Il Cane Guida viene addestrato solo con il rinforzo positivo, non viene mai
punito.
Viene lasciato con la madre fino allo svezzamento e a quel punto dato a una fa-
miglia “affidataria” che ha il compito di far socializzare il cane portandolo in gi-
ro dappertutto, in autobus, al parco, nei supermercati ecc.. in modo tale da fargli
sperimentare tutti gli ambienti in cui potrà ritrovarsi a “lavorare”. Dopo il perio-
do affidatario, che dura fino all’anno del cucciolo, questo viene portato alla
scuola e se supera un primo test di idoneità alla Guida è pronto per iniziare i 6
mesi di addestramento.
Solo negli ultimi 15 giorni l’addestramento “è fatto insieme fra te e il cane”.
Il primo giorno a scuola ti osservano soltanto per confermare l'idea
dell’istruttore che il cane sia quello giusto per te ; facendo una passeggiata valu-
tano la tua capacità di cogliere cosa c'è a destra o a sinistra, cosa calpesti, com’è
il terreno ecc….. e solo il secondo giorno ti danno il cane.
Nei giorni successivi si va a passeggiare insieme all’istruttore che, gradualmen-
te, si allontana finché resti da solo con il TUO Cane.
A quel punto lo porti a casa e li, non c'è l'istruttore, il cane è in un nuovo am-
biente che non conosce con persone che non conosce,….. e allora devi pian pia-
no riaddestrarlo.
D: Da quanto tempo Matilda è con Lei?
R; Matilda ha 10 anni, mi è stata consegnata che aveva un anno e mezzo dun-
que, facendo un po' di conti ce l'ho da 8 anni
D: In che cosa l'aiuta e come lo fa?
R: Ti devo correggere, Matilda “mi ha aiutata” perché per i suoi problemi di sa-
lute da luglio la considero in pensione. Matilda mi guidava soprattutto nei per-
corsi stradali e nel muovermi in ambienti più o meno familiari perché la diffe-
renza tra andare con il bastone e andare con il cane è che, “con il bastone vai pi-
50
ano mentre con il cane vai veloce”.
D: Le hanno insegnato a prendere la Guida come un gioco o come un lavo-
ro?
R: A Matilda è stato insegnato che quando è in Guida sta lavorando e non deve
distrarsi, ragion per cui, chi ci incontra per strada non dovrebbe carezzarla per
non distoglierla dal suo compito. Questo è però un lavoro che la stressa moltissi-
mo e quindi, appena posso, la lascio libera per un paio d'ore affinché si sfoghi e
faccia il cane!
D: Chi corregge Matilda quando sbaglia?
R: Quando sbaglia devo essere io a correggerla come mi dissero alla scuola. Una
volta dovevo andare a casa, sono scesa dall'autobus e, mentre le dicevo “gira,
Matilda gira”, lei niente, non svoltava mai, continuava ad andare dritta. Attra-
verso il tatto ho capito di essere vicino a casa ma la mia cagnetta non doveva più
andare dove voleva lei. A mio marito venne l’idea di far squillare, attraverso il
telecomando apri-porta che tenevo sempre in borsa, un campanello posto
all’ingresso della nostra abitazione per poter comprendere dove dovevo andare.
Trainavo io Matilda fin sul portone di casa ma solamente qui, le davo il biscotti-
no come premio. Dopo qualche tempo, non avevo più bisogno di tirare il guin-
zaglio perché era la stessa cagnetta a portarmi a casa.
D: Anche se ha solo 10 anni il suo cane è già, per così dire, “in pensione?”
R: Si. Ha problemi di ipertiroidismo che, aggiunti alla cataratta, le hanno provo-
cato un invecchiamento precoce. La veterinaria ma ha consigliato di sostituirla
ma le sono troppo affezionata e poi mi sembra di farle un dispetto a uscire in
guida con un altro cane e lasciarla a casa.
51
ESPERIENZA PERSONALE
Per applicare quanto ho imparato solo a livello teorico durante le lezioni di com-
portamentismo classico e operante, ho partecipato a un corso di clicker-training
che è un metodo di addestramento per cani che vengono, appunto, addestrati uti-
lizzando il clicker.
Appena arrivata sul posto, l’istruttore ha suddiviso la giornata in due parti: nella
prima ha fatto una lezione teorica e ha spiegato che cos’è il clicker, cioè una
scatoletta di plastica che produce un suono che il cane associa all’arrivo di un
premio. Esso viene utilizzato come rinforzo condizionato associato al metodo
naturale e come si applica nell’addestramento.
La seconda parte è stata pratica. I protagonisti erano i cani con i quali abbiamo
provato il clicker in alcuni esercizi in cui dovevano capire da soli cosa volevo da
loro, senza dire usare alcuna parola.
Ho subito deciso di mettere in pratica quanto mi era stato insegnato, applicando
i principi del metodo naturale con la mia cagnolina Milly, un mix-breed di 4 an-
ni.
La prima fase dell'associazione suono/ricompensa è stata acquisita in tempi dav-
vero brevi. Successivamente ho lavorato sulla ricerca del contatto visivo, fattore
essenziale per ottenere l'attenzione da parte del cane. In seguito, sono riuscita ad
insegnarle gli esercizi di base dell'educazione: seduto, terra, vieni e resta.
Gli esercizi sono sempre stati proposti in diverse sedute per evitare di confonde-
re il cane in fase di acquisizione del comportamento. Esse erano sempre di breve
durata per mantenere alta la motivazione e l’interesse. Come ricompensa ho usa-
to le crocchette del pasto per evitare un eccessivo apporto calorico, prima del
pasto serale.
La cosa più straordinaria è stato vedere come Milly ha imparato con piacere ed
entusiasmo esercizi particolarmente divertenti e come il nostro rapporto e la no-
52
stra comunicazione sono migliorate.
L'utilizzo del clicker è stato solo una parte del lavoro: la componente più impor-
tante nella comunicazione è stato il mio atteggiamento, sempre positivo, il tono
di voce e il rinforzo sociale che hanno potenziato il legame e il rapporto tra me e
Milly. In questo modo ho avuto modo di imparare che insegnare al cane equiva-
le a comunicare, divertendosi attraverso un atteggiamento collaborativo e di
complicità sviluppando la sua capacità propositiva e migliorando l'intesa per vi-
vere un rapporto con l’animale più profondo nel rispetto e nella collaborazione
reciproca.
SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA
www.correrenelverde.it
www.psicologiacanina.it
www.wikipedia,it
Dispensa dell'istruttore del corso di clicker training
Luigi D'Isa, Psicologia generale, evolutiva e sociale
Stanley Coren, L'intelligenza dei cani
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Stefano Capodanno
Classe 5^ G
Liceo Classico Jacopo Sannazaro
Esame di Stato 2013-2014
Il cane nella storia dell’uomo
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Ho scelto l’argomento della mia tesina perché da sempre mi sono inte-
ressato al comportamento animale e in particolar modo alle interazioni
fra questi e l’uomo. Ecco la ragione per cui ho focalizzato la mia atten-
zione sull’animale che più di tutti ha modificato la vita dell’uomo e che
a sua volta è stato modificato nel profondo dal rapporto con l’uomo,
ovvero il cane.
Ho diviso il mio percorso in tre filoni argomentativi:
1. Il cane come portatore di valori e disvalori
2. Il cane come strumento dell’uomo
3. Il cane come allegoria dell’uomo nella letteratura
Il cane come portatore di valori e disvalori
Nel mondo classico vediamo come siano state molteplici le concezioni
del cane; infatti, già con Omero vediamo che nell’Iliade Zeus appella
Era a “faccia di cane”, grandissima offesa in quanto il cane era un ani-
male maligno, calunniatore in quanto era l’animale che si nutriva dei
cadaveri sui campi di battaglia che non avevano avuto degna sepoltura,
segno di grandissima onta. Ma già nell’Odissea vi è un cambiamento in
quanto troviamo Argo, il cane di Odisseo (Ulisse) che non è un sempli-
ce cane ma un vero e proprio “philos” della famiglia, dove per philos si
intende un individuo non appartenente alla famiglia, ma che può presie-
dere ad attività della famiglia,quali banchetti o altre attività.
Troviamo diverse concezioni dei cani anche nel teatro, nella filosofia e
nella trattatistica classica. Nel teatro vediamo che Eschilo, nella trage-
55
dia “Orestea” , fa indossare alle Erinni, dee della vendetta, la maschera
di cane infernale e come segugi su una pista di sangue, perseguitano O-
reste per aver ucciso la madre, guidate dalla dea Dike, dea della giusti-
zia.
Ulisse ed Argo in una rappresentazione pittorica
Nella filosofia vediamo che Platone nella sua “Repubblica” espone la
tesi di come i cani siano portatori di valori che devono essere presi co-
me paradigma dai governanti.
Nella trattatistica vediamo come Senofonte nel suo “Cinegetico” mo-
stra come il cane per le sue attitudini e inclinazioni sia lo strumento i-
deale per l’uomo per portare avanti la più nobile delle arti, ovvero la
caccia.
Il cane come strumento dell’uomo
Nel corso della storia, il rapporto dell’uomo col cane è stato modificato
e spesso è stato portato agli estremi, rendendo il cane come un vero
strumento, un semplice oggetto nelle mani del burattinaio uomo. Ecco
56
che allora ho evidenziato due momenti storici in cui il cane fu sfruttato,
la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda.
Nella seconda guerra mondiale vediamo che sui due fronti i cani veni-
vano sfruttati come armi non convenzionali, nei lager nazisti e nelle
pianure russe.
Nei lager vediamo che ai gerarchi nazisti inca-
ricati di sorvegliare e purtroppo seviziare gli
ebrei e tutti coloro che non appartengono ai ca-
noni della razza ariana, vengono associati cani,
come il pastore tedesco, che diventano così ve-
re e proprie armi da usare per ottenere il con-
trollo sugli uomini.
Nelle pianure russe, invece, dal momento che nel 1941 Hitler invase
l’URSS rompendo il patto Molotov - Ribbentrop del 1939, i sovietici
cercavano armi non convenzionali per colpire le forze tedesche e fra
queste armi vollero sfruttare i cani. Difatti, riempiendo i cani di tritolo,
gli si insegnava di andare sotto i carri armati per poi farli brillare una
volta arrivati sotto i mezzi bellici. Questa fu però una azione che venne
interrotta, perché i cani iniziarono a cercare di andare anche sotto gli
stessi carri armati sovietici.
Nella guerra fredda, in particolare nel clima di distensione del conflitto,
vediamo come comunque la competitività fra i due blocchi, quello sta-
tunitense e quello sovietico, rimaneva una constante e difatti, per mo-
57
strare la propria superiorità,
l’URSS inviò nel 1957 nello
spazio due satelliti, lo Sputnik
e lo Sputnik 2. Su quest’ultimo
fu posta la cagnetta Laika, in
modo da avere informazioni
sulla possibilità della vita nello
spazio. Ovviamente la cagnetta morì pochi secondi dopo aver attraver-
sato l’atmosfera. Ecco che allora la critica animalista e gli stessi scien-
ziati denunciarono la gratuità della violenza, in quanto era impensabile
che si potessero avere informazioni sulla vita nello spazio, inviando u-
na cagnetta nello spazio.
Successivamente, la critica animalista si svilupperà sempre di più, fino
ad arrivare all’antispecismo di Singer, criticato poi da Regan. Peter
Singer, considerato il più influente filosofo moderno, ha voluto modifi-
care il pensiero occidentale, anche per quanto riguarda la questione ani-
malista. Difatti, lui è il padre dell’antispecismo, ovvero quella corrente
che reputa lo specismo, ovvero la convinzione umana che la specie u-
mana sia superiore alle altre, alla pari del razzismo e del sessismo.
Singer reputa che il dolore è negativo a prescindere dalla specie che lo
prova e dai metodi di espressione delle singole specie che lo provano.
Singer inoltre si esprime circa la liceità delle azioni ritenute moralmen-
te giuste, affermando che l’azione moralmente giustificabile è quella
che comporta beneficio per la maggior parte degli individui senzienti
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(umani e non).
In virtù di questa affermazione, gli si contrappone Tom Regan, padre
del movimento animalista che critica a Singer di aver sbagliato i sog-
getti della questione sulla azione moralmente giusta. Infatti, Regan af-
fermando che ogni essere vivente ha diritti inalienabili, dice che Singer
doveva mettere al centro non gli interessi degli individui, ma i diritti
dei singoli individui portatori di interessi. Ecco che allora Regan si
schiera contro qualunque forma di sfruttamento animale, dalla vivise-
zione, allo sfruttamento a fini scientifici, dalla macellazione allo sfrut-
tamento di derivati di origine animale.
Il cane come allegoria dell’uomo
Passiamo ora all’ultimo filone del mio percorso tematico, ovvero un e-
xcursus nelle varie letterature, con particolare attenzione a quella latina,
di inizio Novecento e di fine Novecento, della figura del cane preso co-
me allegoria dell’uomo.
Letteratura Latina
Fedro, celebre autore di favole, utilizza il cane come allegoria nei suoi
componimenti sia per la propria condizione sia per la condizione uma-
na. Per quanto riguarda la sua condizione sappiamo che fu condotto in
tribunale per Seiano, dal momento che l’azione pubblica di Fedro era
ormai ininfluente. Ecco che allora utilizza nella favole del cane e del
cacciatore il cane che ormai il cacciatore vuole eliminare in quanto im-
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possibilitato dalla vecchiaia ad aiutarlo nella caccia,come allegoria del
suo processo con Seiano, facendo accusare il cacciatore dal cane di vo-
lerlo eliminare solo ora che non gli era più utile al suo scopo. Per quan-
to riguarda la condizione umana, Fedro usa il cane per indicare
l’individuo ingordo, calunniatore e corrotto che si contrappone al lupo,
sua forma più antica, simbolo di sfrenato amore per la libertà. Difatti
nella favola “Il cane e il lupo” il lupo accuserà il cane per essersi ven-
duto al padrone per una ciotola piena di cibo, denunciando così il servi-
lismo in atto a Roma a quel tempo.
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Letteratura di inizio Novecento
Pirandello utilizza il cane per indicare la condizione di crisi in cui vive-
va l’uomo all’inizio del ‘900 a causa della caduta di tutte le certezze e
valori, provocata dalle varie e innovative scoperte nei vari ambiti dello
scibile umano. Ecco che allora il cane viene utilizzato sia nella raccolta
“ Novelle per un anno” e ne “Il fu Mattia Pascal”
Nelle “Novelle per un anno” vediamo che Pirandello utilizza il cane per
mostrare come il valore della fedeltà, crollato nella condizione umana,
abbia ripercussioni anche a livello dei rapporti dell’uomo non solo con
i suoi simili ma anche con gli animali. Proprio per questo Pirandello at-
tua dei parallelismi fra le vicende umane e quelle canine, come nella
novella “Pallino e Mimì”, per mostrare il patto di fedeltà fra gli uomini
sia ormai crollato e come ciò abbia conseguenze in qualsiasi ambito
della vita umana.
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Ne “Il fu Mattia Pascal”,nella costante dialettica fra Forma e Vita, fra
Maschera e Flusso vitale, Pirandello evidenzia come anche il cane non
diventa che espressione di una maschera dell’uomo che può essere in-
dossata. Ecco che allora Mattia Pascal,divenuto Adriano Meis per dive-
nire forestiere della vita, vorrebbe comprare un cane ma non può per-
ché ciò lo porterebbe ad indossare un’altra maschera, quella del pro-
prietario di cani per la quale bisogna avere rapporti con altri esseri u-
mani al fine di pagare una tassa per il possesso dell’animale, distrug-
gendo in tal modo il suo progetto di allontanarsi dalla moltitudine di
maschere che popolano il mondo e di rigettarsi a pieno nel Flusso della
Vita.
Letteratura di fine Novecento
Anche nella letteratura di fine Novecento è utilizzato il cane come ca-
pacità dell’uomo di andare oltre i suoi limiti e riuscire ad avere
un’armonia con sé stesso e la natura. Per questo ho scelto l’opera di
Daniel Pennac “L’occhio del lupo”.
La storia racconta che un vecchio lupo dell’Alaska, portato in uno zoo,
abbia perso un occhio e nessuno comprendeva il perché. Un giorno un
giovane si avvicina alla gabbia del lupo e, incuriosito
dall’atteggiamento del lupo, chiude anch’egli un occhio e quel gesto fa
sì che nasca un intesa fra i due, un’armonia che li porta ad essere una
cosa solo tanto che il giovane vede tutta la vita del lupo, da quando era
solo un cucciolo in Alaska, quando trovò la sua compagna e anche
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quando fu catturato e portato nello zoo e quando purtroppo in quella
prigione perse la compagna. Ma non solo il giovane vide la vita del lu-
po, ma anche viceversa, difatti il lupo visse tutte le esperienze del gio-
vane, tutti i suoi spostamenti, i suoi viaggi e le mille peripezie fra
l’Africa Gialla,Verde e Blu.
Ecco che allora il lupo apre l’occhio e così si scopre che in effetti il lu-
po non aveva perso l’occhio ma semplicemente non voleva vedere il di-
sgustoso spettacolo offertogli dai visitatori dello zoo, fin quando non
incontrò il giovane dell’Africa che con la sua sensibilità non ha fatto al-
tro che entrare in armonia col lupo e far sì che egli si sentisse vivo nelle
vicende del fanciullo e viceversa.
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Università degli Studi di Udine
facoltà di Agraria
CdL: Allevamento e salute animale
IL BORDER COLLIE
Raffaella Zampa
NM: 114244
a.a. 2013/2014
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INDICE
Premessa
Presentazione della razza
Origini e descrizione
Standard di razza
Colorazioni del mantello
Il mantello “merle”
Carattere
Allevamento e addestramento
Riproduzione
Alimentazione del cucciolo e dell'adulto
Discipline sportive
Sheepdog
Agility Dog
Flyball
Disc Dog
Obedience
Dog Dance
Sitografia
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PREMESSA
Ho scelto il border collie perché ho avuto l'opportunità di stare a diretto contat-
to con alcuni esemplari di questa razza, e mi hanno subito affascinata per la lo-
ro obbedienza, agilità, intelligenza e vivacità nonché per il loro affetto incondi-
zionato nei confronti del padrone a cui si legano moltissimo.
Nella stesura di questa tesina ci avvarremo anche dell' ausilio del testo
“L'intelligenza dei cani” dello scrittore e insegnante di psicologia americano
Stanley Coren.
PRESENTAZIONE DELLA RAZZA
ORIGINI
Il Border Collie è una razza proveniente dalla Gran Bretagna, più esattamente
da una regione al confine tra Scozia ed Inghilterra da cui deriva il nome
“Border”. L'etimologia della parola “collie”, invece, è incerta. Secondo alcuni
deriverebbe dalla parola gallese “Coleius” che significa “fedele”, secondo altri
deriverebbe invece da “coley” che significa “nero”; una terza teoria, inoltre, af-
ferma che il nome deriverebbe da una razza di pecore scozzesi.
Secondo una teoria il Border Collie discende da un ceppo comune ai cani da
pastore da renna giunti in Scozia con l'invasione dei Vichinghi i quali sarebbe-
ro poi stati incrociati con cani da pastore autoctoni. Da questi incroci sarebbero
stati selezionati soltanto soggetti con spiccate attitudini a guidare e proteggere
le greggi di pecore. La razza, frutto di una severa selezione atta a ottenere sog-
getti con una grande resistenza e un adeguata costituzione fisica, si è affermata
all'epoca del boom della produzione laniera nel XIII secolo.
DESCRIZIONE
Il Border Collie è un cane di taglia media, dolicomorfo mesocefalo, molto resi-
stente, atletico, dall'aspetto armonioso e ben proporzionato. L’attaccatura della
coda è bassa, e la coda è moderatamente lunga, ben fornita di peli e termina ri-
curva verso l'alto, non deve essere portata sul dorso, ma quando il cane è in a-
zione può alzarsi. Il pelo può essere lungo o corto tanto che possiamo avere il
Border Collie “smooth” a pelo corto, e il “rough” a pelo lungo. Gli occhi sono
ben distanziati tra loro, di media grandezza, ovali e di colore bruno tranne che
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per i soggetti blue merle nei quali posso-
no essere entrambi chiari oppure uno so-
lo. Il cranio è abbastanza largo. Il muso
è forte e di lunghezza quasi pari a quella
del cranio. Le guance non sono piene ne
tondeggianti. I piedi sono ovali, ben alli-
neati gli anteriori e i cuscinetti plantari
sono spessi e forti. Il cane deve avere
un'andatura regolare, scorrevole e sciol-
ta.
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STANDARD DI RAZZA
Estratto dallo Standard di razza FCI N° 297/ 28.10.2009
DATA DI PUBBLICAZIONE DELLO STANDARD ORIGINALE VIGENTE:
24.06.1987
UTILIZZAZIONE: Cane da pastore
CLASSIFICAZIONE F.C.I. Gruppo 1 Cani da pastore e bovari (esclusi i
Bovari Svizzeri) Sezione 1.1 Cani da pastore
Con prova di lavoro
ASPETTO GENERALE
Ben proporzionato, dalle linee morbide, mostra qualità, grazia e perfetto equili-
brio, associato a sufficiente sostanza in modo da dare l’impressione di resisten-
za. E’ indesiderata ogni tendenza alla grossolanità o a eccessiva magrezza.
PROPORZIONI IMPORTANTI
Cranio e muso approssimativamente della stessa lunghezza.
La lunghezza del corpo è leggermente superiore all’altezza alla spalla.
CARATTERISTICHE
Cane da pastore tenace e strenuo lavoratore, di grande docilità. Sveglio, atten-
to, responsabile e intelligente. Né nervoso né aggressivo.
TESTA
Cranio: piuttosto ampio, occipite non pronunciato.
Stop: ben distinto
Tartufo: nero, tranne nei soggetti color cioccolato o marrone, dove può essere
marrone. Nei blu dovrebbe essere color ardesia. Narici ben sviluppate.
Muso: si restringe verso il tartufo; è moderatamente corto e forte
Mascelle/denti: denti e mascelle forti, con una perfetta, regolare e completa
chiusura a forbice (i denti superiori strettamente sovrapposti agli inferiori e im-
piantati perpendicolarmente nelle mascelle).
Guance: non piene o rotonde
Occhi: distanziati, di forma ovale, di media misura, di colore marrone tranne
che nei soggetti “merle” dove un occhio o ambedue, o parte di uno o dei due
possono essere blu. Espressione mite, sveglia, attenta e intelligente.
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Orecchi: di media misura e tessitura, ben distanziati. Portati eretti o semi-eretti
e molto sensibili.
COLLO di buona lunghezza, forte e muscoloso, leggermente arcuato e che si
allarga verso le spalle.
CORPO dall’aspetto atletico. Leggermente più lungo dell’altezza al garrese.
CODA moderatamente lunga, con l’ultima vertebra che arriva almeno al gar-
retto; inserita bassa, ben fornita di pelo e con una curva finale verso l’alto;
completa elegantemente la sagoma e l’armonia del cane.
La coda può essere alzata quando il cane è eccitato, mai portata sul dorso.
Kira, border collie smooth Border collie rough
ARTI
Anteriori: paralleli se visti dal davanti, con ossatura forte ma non pesante.
Posteriori: groppa ampia, muscolosa, in profilo scende elegantemente fino
all’inserzione della coda.
MANTELLO
Due varietà di pelo:
1) moderatamente lungo
2) corto
In ambedue i casi: pelo di copertura fitto e di media tessitura, sottopelo
morbido e fitto per una buona resistenza alle intemperie.
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Nella varietà a pelo moderatamente lungo, il pelo abbondante forma una
criniera, culottes e spazzola (coda di volpe). Sul muso, orecchi, arti
anteriori (tranne per le frange), arti posteriori dal garretto a terra, il pelo
dovrebbe essere corto e liscio.
Colore: permesse varietà di colori. Il bianco non dovrebbe mai dominare.
DIFETTI ELIMINATORI:
Cane aggressivo o eccessivamente timido. Qualsiasi cane che dimostri in modo
evidente delle anomalie d’ordine fisico e comportamentale sarà squalificato.
COLORAZIONI DEL MANTELLO
La più ricorrente è il classico bianco e nero ma possiamo avere anche soggetti
choccolate, rosso-bianco, blue, tricolor, australian red, lilac, sable, blue merle e
red merle.
Border collie tricolor
Border collie rosso
Border collie red merle
Border collie blu
a sinistra border collie austra-
lian red, a destra choccolate
tricolor, al centro
bianco e nero
Border collie blue merle
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IL MANTELLO MERLE
Il gene che porta alla formazione del mantello merle è un gene a dominanza in-
completa. Questo vuol dire che il gene è dominante, quindi si esprime sempre
se c’è, e lo fa in modo “parziale” cioè agisce sul colore di base provocando una
diluizione del colore del mantello, dando origine alla tipica “pezzatura” visibile
nei mantelli merle. Se il gene agisce sul colore nero, la diluizione del mantello
che si ottiene darà origine al soggetto blue merle, mentre se agisce sul colore
rosso, la diluizione del mantello darà origine ad un soggetto red merle. I merle
non sono solamente blue o red, ma le altre colorazioni (black merle, sable mer-
le, lilac merle, slate merle, australian red merle) sono ancora più rare.
Due soggetti merle non andranno mai accoppiati poiché l'accoppiamento po-
trebbe dare dei cuccioli double merle. Questi cuccioli saranno molto più bian-
chi rispetto ad un comune merle e inoltre potranno avere gravi problemi alla
vista e all'udito fino a completa cecità e/o sordità. Un soggetto merle quindi si
otterrà solamente accoppiando un soggetto merle e uno non merle
border collie black merle border collie double merle
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CARATTERE
Il Border Collie è un cane tranquillo ma giocherellone al tempo stesso, molto
intelligente tant'è che lo scrittore inglese Stanley Coren nel suo libro L'intelli-
genza dei cani lo colloca al primo posto nella classifica da lui stilata sull'intel-
ligenza ubbiditiva e lavorativa delle 79 razze di cani da lui considerati per que-
sta classifica.
E' inoltre un cane dotato di velocità e agilità impressionanti, a cui piace render-
si utile nel lavoro e fa tutto il possibile per aiutare il padrone a cui dimostra una
grande affettuosità.
Il Border Collie è un cane che ama giocare con la sua famiglia, ma non può es-
sere soltanto un cane da compagnia poiché necessita di passeggiate e esercizio
quotidiani altrimenti diventa frustrato e difficile poi da gestire.
E' un cane che viene utilizzato per coadiuvare il pastore nella conduzione delle
greggi, compito che svolge sulla base di cinque “istruzioni” (“Questi compor-
tamenti venatori si basano su cinque istruzioni geneticamente programmate”)
geneticamente programmate che richiamano il “rituale” di caccia dei lupi. La
prima e la seconda “istruzione” riguardano l'avvicinamento alla preda “la nu-
mero uno ordina che, una volta avvistata la preda, ogni lupo le si avvicinerà
più o meno alla stessa distanza; la numero due dice che ogni lupo resterà equi-
distante dai compagni di destra e di sinistra”1, la terza riguarda le imboscate
“quando un branco di lupi è impegnato in una caccia, a volte un singolo indi-
viduo si allontana e si nasconde. Acquattato, attende che i compagni sospinga-
no le prede verso di lui”1, la quarta istruzione riguarda la conduzione del greg-
ge mentre l'ultima concerne l'organizzazione sociale adottata naturalmente dai
lupi i quali sono guidati dal maschio “alfa” il capobranco che “inizia e control-
la i vari spostamenti del branco, e tutti gli altri lo osservano con attenzione e
lo imitano”1.
Per i cani da pastore il “capobranco” è il pastore il quale conta molto sulla loro
intelligenza ubbiditiva e lavorativa per controllarne il comportamento istintivo.
(1)S. Coren, L'intelligenza dei cani, Milano, Mondadori, 2011
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ALLEVAMENTO E ADDESTRAMENTO
E' un cane robusto e longevo che facilmente raggiunge i 15 anni di età e non
ha bisogno di particolari cure. Perché il mantello sia sempre in buone condizio-
ni sono sufficienti delle spazzolate quotidiane che vanno intensificate durante i
periodi di muta.
Il Border Collie è ritenuto estremamente intelligente e dato che riesce ad impa-
rare un nuovo comando velocemente, è importantissimo non commettere errori
nelle fasi di educazione e addestramento o si rischia che il cane impari qualco-
sa di sbagliato che poi sarà difficile correggere.
RIPRODUZIONE
La femmina manifesta il primo calore intorno ai 6 mesi d'età e poi a seguire
due volte l'anno. E' sconsigliato far accoppiare la femmina già al primo calore
poiché la maturità sessuale non coincide con quella fisica e psicologica; a 6
mesi è ancora una cucciola e se la si accoppiasse potrebbero insorgere proble-
mi perciò è auspicabile attendere almeno il terzo calore.
La cucciolata si compone, indicativamente di 5 cuccioli, tuttavia possono an-
che essere di più.
I cuccioli dopo la nascita staranno con la madre per 60 giorni circa, periodo nel
quale apprenderanno tutto quello che gli servirà poi nella vita.
Fattrice con 7 cuccioli
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ALIMENTAZIONE DEL CUCCIOLO E DELL'ADULTO
Per il primo mese di vita i cuccioli saranno alimentati esclusivamente con il
latte materno che è un alimento molto più calorico di altri tipi di latte, contiene
infatti 135 kcal/100 g.
Tra la terza e la quarta settimana di vita inizierà la fase di svezzamento in cui,
gradualmente gli si somministreranno mangimi specifici oppure bocconcini ad
hoc come ad esempio dei pezzettini di cibo secco ammorbiditi con dell'acqua.
Attorno alle sei settimane circa un quarto del fabbisogno dei cuccioli sarà co-
stituito dall'alimento nuovo che sarà costituito da pezzetti sempre più grandi e
con sempre meno acqua.
Nei primi mesi di vita è importante evitare un eccessiva alimentazione per far
si che i cuccioli abbiano meno probabilità di sviluppare patologie osteo-
articolari.
Durante lo svezzamento è consigliabile somministrare ai cuccioli 4 pasti al
giorno ad intervalli di almeno quattro-sei ore l'uno dall'altro per permettere un'
adeguata digestione.
Il border collie adulto non ha particolari esigenze alimentari. Richiede un ali-
mentazione equilibrata al suo stile di vita, è sufficiente un alimentazione a base
di cibi secchi talvolta integrata con pasta, riso, formaggio, uova e pollo.
76
DISCIPLINE SPORTIVE
Il border collie è un cane atletico che eccelle senza difficoltà in molte delle di-
scipline in cui lo si può veder competere e che ora andremo ad illustrare cer-
cando tuttavia di essere brevi.
SHEEPDOG: lo sheepdog, letteralmente “cane da pecore” è la disciplina per
cui il border collie è “nato”. Questa disciplina vede competere, assieme al con-
duttore cani di qualsiasi razza purché siano cani da pastore o almeno abbiano
l'istinto di lavorare come tale. Lo sheepdog si compone di un percorso che il
cane deve compiere, guidato dai comandi del conduttore, allo scopo di raduna-
re, condurre da un posto all'altro, rinchiudere in un recinto e separare greggi di
pecore. In tutto questo il conduttore è a distanza dal cane e lo guida solo con
una decina di comandi impartiti con la voce o con un fischietto apposito.
Il border collie ha una tecnica particolare sia per condurre il gregge, il cosid-
detto “occhio” sia di avvicinamento alle pecore con la parte anteriore abbassata
rispetto al posteriore, lavora comunque sempre a distanza.
Kira in posizione "predatoria"
Percorso di gara
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AGILITY DOG: l'agility è una disciplina che nacque in Inghilterra negli anni
'70 e traeva spunto dai concorsi ippici. Approda in Italia verso la fine degli an-
ni '80 e nel '90 iniziarono a svolgersi anche qui le prime gare.
L'agility è uno sport cinofilo aperto a tutti i cani, di razza e meticci, in cui il
conduttore, assieme al proprio cane deve affrontare un percorso ad ostacoli cer-
cando di non commettere errori e impiegando il minor tempo possibile. I cani
vengono divisi in tre categorie in base all'altezza al garrese: small con altezza
inferiore ai 35 cm, medium con altezza compresa tra 35-43 cm e large con al-
tezza superiore a 43 cm.
Gli ostacoli che compongono il percorso si dividono in ostacoli di superamento
(salto, in alto, salto in lungo e muro), di penetrazione (gomma, tubo rigido, tu-
bo morbido e slalom) e di contatto (passerella, bascula, palizzata e tavolo)
FLYBALL: il flyball è uno sport cinofilo le cui gare si compongono di una staf-
fetta tra due squadre di quattro cani ciascuna. Il primo cane deve affrontare
quattro salti in successione per arrivare ad una macchina che, grazie alla pres-
sione delle zampe lancia un pallina; una volta presa la pallina il cane torna in-
dietro ripetendo i salti per portare la pallina al proprietario. Quando il primo
cane ha superato la linea del traguardo parte il secondo cane e così via.
I salti devono avere altezza diversa a seconda della taglia del cane; 10 cm per
quelli di taglia piccola, non inferiore a 22,6 cm per quelli di taglia media e 40,5
per quelli di grossa taglia.
Il ruolo del padrone in questo sport è quello di incitare a gran voce il proprio
cane a effettuare velocemente e correttamente il percorso. L'andata non richie-
de grande incitamento perché il cane sa che dall'altra parte dei salti avrà in pre-
mio la pallina, è piuttosto il ritorno che richiede l'incitamento poiché il cane,
dopo aver avuto la pallina potrebbe rallentare o addirittura scartare i quattro
salti per tornare dal padrone.
DISC DOG: è il termine corretto della disciplina conosciuta come frisbee dog,
disciplina in cui il cane e il proprietario gareggiano in prese a distanza e Free-
style.
Il disc dog prese il via nel 1970 quando un diciannovenne statunitense e il suo
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cane saltarono la recinzione di un campo da baseball durante una partita e il ra-
gazzo cominciò a lanciare i dischi al cane che entusiasmò il pubblico per le
prese.
OBEDIENCE: è una disciplina che nasce per valutare le capacita del binomio
uomo-cane di eseguire degli esercizi. E' aperta a tutti i cani di età superiore ai
12 mesi purché iscritti al Libro Genealogico del cane di razza oppure ad un Li-
bro delle origini riconosciuto dalla FCI.
La disciplina ha lo scopo di insegnare al cane un comportamento controllato e
collaborativo verso il padrone; difatti per poter gareggiare in questa disciplina
ci dev'essere una buona intesa e armonia cane-conduttore anche se il condutto-
re è distante dal cane.
DOG DANCE: è una disciplina creata attorno agli anni '80 da cinofili canadesi
che pensarono di mettere insieme esercizi a corpo libero e la musica cosa che
rese più gradevoli le esibizioni. Nel '90 approdò in Inghilterra e con Mary Ray
iniziarono le prime esibizioni e, nel 2005 arrivò in Italia e venne fondata l'asso-
ciazione Dog Dance Italia.
E' una disciplina aperta a cani di qualsiasi razza, taglia e età e non richiede par-
ticolari requisiti da parte del conduttore se non il voler divertirsi insieme al
proprio amico a quattro zampe e la conoscenza base dei metodi di addestra-
mento gentili e della comunicazione col proprio cane. Il conduttore, attraverso
il linguaggio del corpo e i comandi standard, deve guidare il cane nello svolgi-
mento di una serie di figure a tempo di musica.
Si divide in due categorie: il Freestyle e l'Heelwork to music. Il primo, come
suggerisce il termine stesso, prevede uno schema libero, creativo, senza movi-
menti obbligatori all'interno del ring. Il secondo invece è maggiormente legato
alle condotte nelle diverse direzioni e posizioni e all'interno del ring ci sono dei
movimenti obbligatori.
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SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA
http://it.wikipedia.org/wiki/Border_collie
www.agraria.org/cani/bordercollie.htm
http://www.enci.it/libroorigini/standard.php
http://www.storyrexbordercollie.it/border-collie/gene-merle/
http://www.albanesi.it/veter/alimentazione_cane.htm
www.deifieschi.it/Sheepdog.html
www.gruppocinofilomonzese.it/agility.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Fly_ball
http://it.wikpedia.org/wiki/Dsc_Dog
http://it.wikipeda.org/wiki/Obedience
http://www.centrocinofilomoka.it/attivita-del-centro/dog-dance/
www.tuttozampe.com/dog-dance-video-esercizi-fare-cane/31420/
http://www.ficss.it/attivita/dog-dance/7
Coren S., L'intelligenza dei cani, Milano, Mondadori, 2011
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Cinofili Stanchi nasce dall’idea di tre cinofili
(Marcello Messina, Gianluca Gherghi e Giovan-
ni Padrone) che hanno unito le proprie menti
ed esperienze per creare un punto di riferi-
mento per chi vive col proprio cane e necessita
di corrette informazioni per migliorare il pro-
prio regime di vita.
‘Cinofili stanchi’, perché stanchi della totale di-
sinformazione che regna nella cinofilia nostrana,
stanchi di chi fa marketing sulla ignoranza delle
persone, stanchi delle leggende metropolitane
che sembrano governare le menti di chi do-
vrebbe diffondere una corretta cultura cinofila
e non lo fa.
Chiunque desideri contribuire col proprio sa-
pere sarà ben accetto dopo aver aderito al no-
stro codice etico che pone avanti a tutto il be-
nessere psicofisico del cane.
I FONDATORI
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